Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

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view post Posted: 15/11/2022, 19:16     Accademia per leccapiedi - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Riletto tra ieri e oggi, complimenti proprio un racconto da sogno.
Una curiosità, che fine ha un fatto lo schiavo spedito in rianimazione da Diomira?
view post Posted: 4/4/2021, 09:06     Rumene - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
racconto travato su legami

Quando bevo un bicchiere di troppo tendo a fare il simpatico.
La cameriera mi guardava sorridendo appoggiata al bancone mentre avevo cominciato a raccontarle storielle divertenti ma poi si ricompose la scollatura e vedendo che le ammiravo troppo il davanzale disse scherzando: "vuoi prendere una sberla?" con accento est-europeo.
E io per pronta battuta risposi ridendo:"...potrebbe anche piacermi"
"Ah sì?" Disse lei "Allora aspetta...chiamo mie amiche"...io stetti al gioco e mi misi a ridere. Un paio di allusioni dopo che le reggevo il gioco sempre in tema, mi disse:"Ma sei sicuro che ti piace questo genere di cose? Davvero?" E io, complice l'alcool. Anuii. E lei fece davvero una telefonata, di cui però non capii l'esatto significato, subito dopo mi porse la mano e mi disse:" Andiamo, vieni." E io complice la naturalezza,la bellezza e la simpatia la seguii in macchina, dove mi sedetti al lato passeggero.

Arrivammo dopo poco al parcheggio dell'Ikea, dove c'era un'altra macchina ad aspettarmi con altre ragazze: c'erano tre rumene. La prima fumava nervosamente, in piedi, con i capelli castani lunghi e mossi, i jeans e le ballerine. La seconda aveva i capelli nero corvino, era anch'essa in piedi vicino alla macchina impaziente e portava stivali neri alti alla coscia, calze nere e gonna nera.
La terza invece era seduta in macchina, aveva i capelli chiari raccolti e riuscivo a malapena a vederla.
Nel parcheggiare le guardavo sorridendo compiaciuto di tante donne che mi stessero aspettando.
Cominciarono a parlare tra di loro e decisero di spostarsi da quel parcheggio, troppo pieno di gente.

Noi due arrivammo per primi in una sorta di cantiere edile deserto, scendemmo dalla macchina e andammo verso l'altra macchina che stava arrivando nel frattempo. Lei camminava dietro di me mentre le altre parcheggiarono poco lontano quasi sbarrandoci la strada e le due davanti scesero subito.
"mettiti giù" mi sospirò all'orecchio con tono che infondeva fiducia.
Così mi inginocchiai e guardai le altre incedere con decisione, mentre sentivo distintamente il suono della ghiaia del cantiere che si schiacciava come sabbia ad ogni passo degli stivali.
La donna con i capelli corvini si fermò a pochi centimetri da me e mi fece cenno di baciarle gli stivali. Così feci. Qualcuna sghignazzò, poi la ragazza dietro di me si accovacciò alle mie spalle, con una mano mi teneva e stringeva il petto, mentre con l'altra mi sollevava la testa tenendola per i capelli.
La ragazza nero corvina mi tirò una sberla, non troppo forte e allora l'altra cominciò a darmi calci sui fianchi, mentre quella dietro cercava in qualche modo di darmi dei pugni come meglio riusciva.
Belle e statuarie, con lo sguardo fiero e ricco di rabbia presero man mano confidenza col mio corpo e ,vedendo la mia sottomissione, rincararono piano piano la dose, dandomi schiaffi sempre più potenti, calci sempre più forti, alzando sempre di più il tono della voce.
Il mio respiro aumentava, il dolore si faceva insopportabile, mi chiedevo come mai ero finito lì e volevo andarmene. Non so cosa mi tenesse lì a subire, forse la paura di fare una figuraccia chiedendo pietà dopo la prima sberla seria. Sentii una goccia sul viso e io sperai nella pioggia.
Le mie paure erano anche il fatto che potesse restare qualche segno, visto che ogni tanto pioveva qualche pugno sulla faccia. La ragazza castana allora mi prese per i capelli e mi premette forte contro il pube, poi mosse più volte il bacino come nell'atto di scoparmi in bocca.
Allora l'altra ragazza chiamò quella che era rimasta in macchina , seduta con la portiera aperta a guardare, invitandola ad approfittare.
Arrivò anche lei, la più giovane, con poca convinzione, a darmi qualche schiaffetto leggero con le dita morbide e fini, quasi piacevole al confronto. E qualche piccolo calcio con le adidas bianche che forse aveva paura di sporcare. Allora la più grande le suggerì di provare una cosa: fu così che si tolse una scarpa e, sorretta dalle altre due, mi passò il piede sulla faccia più volte, dicendomi qualcosa nella sua lingua.
Adesso cominciava a piovere serio, decisero di andarsene e mi guardarono un'ultima volta prima di salire in macchina, fumandosi una sigaretta in piedi sotto l'ombrello aperto.
Ce ne andammo anche noi, finalmente mi alzai, le gambe mi facevano male e sotto le ginocchia sentivo la fastidiosissima ghiaia.

In macchina regnava il silenzio, poi la cameriera mi guardò dispiaciuta e sorridendo mi disse:" Non pensavo che le mie amiche fosserò così violente..." poi tornammo fuori dal bar, "aspetta" mi disse e con un fazzoletto di carta mi tolse un po' di sporco dalla faccia.
Scesi dalla sua vettura e entrai finalmente nella mia comoda, calda, auto.
Accesi il motore e l'autoradio e mi diressi a casa, verso una dolce doccia restaurante.
view post Posted: 9/1/2021, 16:34     Sottomissione totale - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Finalmente è venerdì. Fra qualche ora sarò completamente suo. A sua completa disposizione.
Ciao buon week-end ci vediamo lunedì, mi salutano i colleghi ed io rispondo incominciando a sentire avvampare il calore che avvolge il mio corpo.
Salgo in macchina e mi avvio; fra qualche minuto sarò a casa dove mi sta aspettando Lei ‘..
Sarà un week-end di totale sottomissione.
Arrivo a casa, parcheggio la macchina e suono il campanello, il cancello è già aperto ‘.
Entro e chiudo il cancello e comincio a spogliarmi ‘. Completamente come mi aveva ordinato Lei. Sono nudo. Piego i miei vestiti guardandomi in giro, potrebbe vedermi qualcuno ‘. Una macchina infatti sta arrivando, faccio in tempo a nascondermi dietro una colonna. Pochi secondi che mi sembrano un’eternità ‘ finalmente entro in casa.
Appoggio la borsa con i vestiti su una sedia e mi metto in ginocchio in attesa che arrivi Lei ‘.
Perdo la cognizione del tempo saranno passati 10 minuti forse 20’ non sento nessun rumore ‘
Finalmente mi chiama
‘Sei arrivato finalmente!!!!’ vieni subito qui da me!!!!
Mi alzo e la raggiungo è seduta sul divano ‘.
Indossa solo il suo body nero con ai piedi delle ciabatte con il tacco alto
‘Buonasera Padrona’ le dico con gli occhi abbassati e devotamente mi inginocchio per baciarle i piedi, ma uno schiaffone mi colpisce sulla faccia e poi un altro e un altro ancora.
‘Chi ti ha detto di alzarti? Ritorna immediatamente da dove si venuto e ritorna qui come un cane muoviti!!!’
Immediatamente mi alzo e faccio per andare, ma Lei mi blocca per un braccio
‘Allora non ci siamo capiti’ mi prende i capezzoli tra le dita e li strizza violentemente costringendomi ad inginocchiare. ‘Forse adesso hai capito ‘ fila in ginocchio ‘. muoviti!!!’ e mi molla un calcione nel sedere facendomi cadere a faccia in giù. ‘Anzi ‘ striscia come un verme’ ‘. e mi molla una cinghiata sul sedere.
Strisciando ritorno sulla porta d’ingresso e mi rimetto in ginocchio aspettando il suo ordine.
Dopo qualche minuto mi richiama ‘Vieni qui miserabile inetto di uno cane’ . Questa volta come un cane a quattro zampe mi accingo a raggiungere la mia padrona.
Quando arrivo vicino incomincio a leccarle i piedi. Lei mi accarezza la testa e mi fa una carezza invitandomi ad alzare la testa. Comincio a leccarle la mano.
‘Vedi che quando vuoi sai essere docile come un cane, e non come hai fatto questa settimana che sei stato veramente cattivo. E quando sei cattivo poi la tua Padrona ti punisce ‘ Giusto?’ ‘Si Padrona ‘ sono stato cattivo e non ho ubbidito ai suoi ordini. Merito tutte le punizioni che mi vorrà dare’
Lei si alza e prende un guinzaglio che mi mette al collo. Così mi trascina fino al garage. Apre la porta e mi spinge fuori in giardino. Il nostro giardino dà su una strada ed è recintato da una staccionata. Chiunque passi di li può tranquillamente vedere quello che avviene nel giardino.
Io sono titubante a uscire e, questa titubanza fa arrabbiare la mia Padrona, che comincia a darmi cinghiate sul sedere e sulla schiena.
Esco fuori e lei lega il guinzaglio alla gamba del tavolo. Mi lascia li e se ne rientra dentro. Mi guardo intorno ‘ arriva una macchina, mi nascondo sotto il tavolo ‘. Arriva un’altra macchina ‘ ho l’impressione che mi abbiano visto. Vedo la luce degli stop che si accendono ‘ per fortuna se ne va.
‘Che fai sotto il tavolo? vieni fuori’ non mi ero accorto che si era affacciata alla porta.
Viene verso di me slega il guinzaglio e mi strattona per cercare di mostrarmi. Mi porta al centro del giardino, mi toglie il guinzaglio e mostrandomi un pezzo di legno lo lancia vicino il recinto ‘ in ginocchio devo andarlo a raccogliere il viso si avvampa vedo una signora con un cane vero che si sta avvicinando.
Corro sperando non mi abbia visto. Arrivo e alzando le braccia porgo il bastone stretto tra i denti alla mia padrona e, con gli occhi la supplico perché mi faccia entrare. Lei capisce la mia vergogna e mi spinge verso il tavolo. Scappo sotto e cerco di accucciarmi per evitare che mi veda. Lei si siede e quando arriva la signora, la saluta cordialmente scambiando qualche parola sul suo cane. Le sento parlare sottovoce e poi una gran bella risata di entrambe. Dalla voce mi sembra di riconoscerla, è Anna la nostra vicina, non ho il coraggio di alzare la faccia ‘ ma quando va via fa i complimenti alla mia padrona per il suo originalissimo cane. Ma noi non abbiamo nessun cane!!!!!
Mi ha visto!!!! Avvampo di calore il mio volto sarà sicuramente paonazzo!!!! La mia padrona ringrazia e dice che magari qualche giorno potremmo portarli a spasso insieme. E ridono ancora più divertite.
Credo che Anna sia ancora vicino al recinto quando la mia padrona mi sferra un calcio e mi ordina di uscire ‘ e ridendo ‘quante mosse ‘ tanto ti ha visto e, a quanto mi ha detto , non è la prima volta che ti vede in versione cane, credo sia molto interessata a te. Sarà sicuramente un’amante di cani’
Mi mette il guinzaglio e mi fa girare intorno al tavolo, e ora vedo la faccia di Anna con il suo risolino. Vorrei sprofondare ‘ ‘Scodinzola’ mi ordina la mia padrona e io cercando di farla contenta muovo il culo proprio mentre sto davanti ad Anna. Il suo cane abbaia e la mia padrona mi ordina ‘Abbaia anche tu , rispondi al saluto del tuo simile’ . Io abbaio goffamente e, mentre mi riporta in casa con la mano fa un segno e poi saluta Anna che ricambia, molto divertita, con un occhiolino.
Una volta dentro si toglie la vestaglia che aveva indossato per uscire e rimane ancora col suo body nero e ciabatte dal tacco alto. Mi strattona il guinzaglio e mi fa alzare le mani lasciandomi ancora in ginocchio. Quindi mi pinza i capezzoli con due pinzette a denti di coccodrillo e mi molla due ceffoni che mi fanno barcollare. Si tira fuori una tetta e mi ordina di leccargliela, io con molta devozione la incomincio a baciare e a leccare arrivando fin sul capezzolo che comincio a ciucciare. Mi ama la mia padrona e ogni tanto mi da qualche bella ricompensa, come leccarle le tette. Mi stavo deliziando a sentire il suo sapore ma ancora due ceffoni mi riportano alla realtà.
Prende un grosso pene di plastica e me lo mette in bocca ‘guai a te se lo fai cadere, mettiti giù a quattro zampe, non lamentarti, non parlare, silenzio assoluto. Ora ti colpirò 50 volte con la cinghia e guai a te se ti muovi ‘. Intesi? ‘ Faccio segno di si con la testa.
Arriva il primo colpo non molto forte e poi il secondo e il terzo ‘ incomincia a tirare più forte ‘ non mi muovo, so che poi la punizione diventa terribile. Siamo a dieci, undici ‘.’Sai, Anna, la nostra vicina, ha detto che le piacerebbe tenerti al guinzaglio ” dodici colpi, tredici, quattordici ‘ non rispondo ma avverto un forte calore alla faccia.
‘Dice che lei sa come trattare i cani’ ‘ quindici, sedici, diciassette, ‘. venti ‘ma le ho detto che anche io non scherzo’ ‘ ventuno ‘. venticinque ‘ ‘ Ormai è oltre un anno che il fine settimana addestro cani! ‘ ‘ trenta, trentuno ‘ incomincio a muovermi leggermente e questo lei lo nota e allora comincia a picchiare più forte ‘ ‘ Mi ha detto Anna che spesso sente i tuoi lamenti ‘ una volta stava venendo per vedere se ti sentissi male, ma quando è arrivata alla finestra ha visto te tutto nudo e me che ti stavo frustando ‘ non ha voluto disturbarci , anche se avrebbe avuto tanta voglia di entrare, ed è rimasta li a guardare molto divertita’ ‘ Quaranta, quarantuno ‘. Non ce la faccio più ‘ lei ancora più forte ‘. Quarantacinque, quarantasei ‘ mi cade il pene che avevo in bocca e comincio a lamentami ‘ giù un colpo fortissimo che mi fa cadere a terra ‘. E un altro e un altro ancora e ancora altri sette otto colpi ‘. dieci ormai ‘. non li conto più ‘. Lei la mia padrona è arrabbiata ‘ e ha ragione! Non sono stato bravo a sopportare solo 50 colpi di cinghia!.
Mi fa alzare, mi molla cinque, sei ceffoni e mi sgrida per non essere stato ubbidiente; mi toglie le due pinzette a denti di coccodrillo, e piego le ginocchia ‘ ancora sei ceffoni ‘ la mia faccia è un fuoco.
‘Lo sai che ora devo punirti ancora?’ ‘ Si mia padrona non sono stato ubbidiente e merito tutti i castighi che mi vorrai dare’ ‘ e faccio per mettermi in ginocchio per baciarle i piedi, ma lei mi da un calcio ‘chi ti ha detto di inginocchiarti? La punizione sarà ancora più tremenda.’ Mi prende per il guinzaglio e mi porta alla croce a X, mi toglie il guinzaglio, mi lega le braccia e i piedi, mi fa passare una cinta che mi blocca la pancia alla croce. ‘Avevo pensato di darti 20 colpi ai capezzoli, ma considerato che sei disubbidiente te ne darò 50. Dovrai contarli e ringraziarmi ad ogni colpo con voce alta e sei anche autorizzato a lamentarti, ma non chiedermi di smettere, altrimenti ti darò 100 colpi. Hai capito?’ ‘Si padrona’ mi colpisce con due ceffoni.
‘Hai capito’ mi ripete ed io gridando a squarciagola ‘ Si padrona’. ‘Adesso hai capito ‘ voglio sentire i tuoi lamenti, voglio vederti piangere! Voglio che anche Anna senta le tue urla’
Si tira fuori entrambe le tette e le avvicina alla mia bocca ‘. Delizia ‘. Incomincio a ciucciarle una, si sposta e mi offre l’altra ‘.. come amo la mia padrona ‘. In fondo lei mi vuole bene e le punizioni che mi dà sono solo perché me le merito perché sono un incapace e non riesco ad ubbidirle come si deve.
‘Ora basta’ e si sposta lasciandomi il dolce sapore sulle mie labbra e nella mia bocca ‘ prende la benda e mi copre gli occhi ‘Non devi vedere quando arrivano i colpi ‘. Ma li devi sentire!’
Il primo colpo è sul pene ‘ non molto forte ‘. Ma mi fa uscire il primo lamento e ‘Uno, grazie padrona’;
poi una serie di colpi sui capezzoli, martoriati dalle pinzette a denti di coccodrillo, abbastanza forti che mi fanno lamentare, e non poco, ‘Due, grazie padrona, tre, grazie padrona ‘ otto , grazie padrona’.
I colpi incominciano ad essere sempre più forti sui capezzoli, intervallati da colpi meno potenti sul pene, io ogni volta grido il numero del colpo e il grazie padrona. Ogni tanto la mia padrona mi dice di gridare più forte e di lamentarmi di più. Io cerco di fare del mio meglio, come potrei non farlo col dolore sempre più forte. Ma c’è un motivo per cui mi dice questo, ne sono sicuro, anche se non vedo, mentre con una mano mi colpisce, con l’altra si sta masturbando e più mi lamento e più gode. La mia padrona è una vera sadica, gode a vedermi soffrire! Al quarantacinquesimo colpo penso di non farcela più ‘ vorrei dire basta ‘ il dolore ai capezzoli è incredibile, altrettanto al pene ‘ lei colpisce sempre più forte ‘. Vorrebbe sentirmi dire ‘basta” ma io resisto ‘ ‘Quarantotto, grazie padrona ‘ che male ” il quarantanovesimo e tremendo sul pene ‘ secondo me sta godendo ‘ la sento come sta ansimando ‘. L’ultimo colpo arriva fortissimo insieme ad un suo grido di godimento e mi fa quasi svenire ‘ ‘cinquanta, grazie padrona, grazie padrona, grazie padrona’ . La sento che mi si avvicina e mi abbraccia ‘ mi fa ancora più male perché mi sfiora i capezzoli con le mani e si struscia col mio cazzo sulla sua passera ‘. Si era denudata sento tutto il suo calore e il suo sudore che si mischia al mio ‘. Mi ha frustato nuda ‘ come mi sarebbe piaciuto poterla vedere!
Mi offre le sue tette da baciare ed io tra un lamento e un singhiozzo lo faccio con passione ‘ la mia faccia è tutta rigata da lacrime e per questo il suo seno ha un sapore salato. ‘ Sei stato bravo ‘ ti sei comportato bene ‘ avrei voluto colpirti ancora ‘. Ma non mancherà occasione, ora per premio ti farò leccare i mie umori ‘ e così dicendo mi stacca la bocca dai suoi capezzoli e mi fa leccare la sua mano con tutto il suo sapore ‘ ‘Come ti amo mia padrona’ ‘
Queste ultime cose mi hanno un poco addolcito i dolori ‘ ‘Adesso rimarrai legato qui, mentre io andrò a fare una doccia, dopo verrò a slegarti e mi preparerai la cena, e visto che sei stato bravo non ti pinzerò i capezzoli ‘ ” grazie padrona’ ma non avevo capito nulla ” non ti pinzerò i capezzoli con le pinzette a denti di coccodrillo ‘. Ma ti metterò delle mollette da bucato’ .
Comunque mi era andata bene lo stesso perché non sarei riuscito a sopportare il dolore del coccodrillo ‘ almeno le mollette da bucato mi strizzeranno soltanto i capezzoli.
Quando me li pinza, mi rendo conto che sarebbe stato lo stesso molto doloroso e comunque le dico ‘grazie amore padrona’ ‘ lei mi passa la mano sulla testa, una carezza della mia padrona mi farà sopportare meglio quel dolore. Sento spegnere la luce e i suoi passi che si allontana.
I capezzoli mi fanno male, il pene altrettanto ‘. Ripenso a come è iniziata questa storia ‘
Noi siamo stati fino a circa un anno fa, una coppia come tante altre; io 53 anni lei 50, facevamo l’amore normalmente con la posizione del missionario e con qualche sessantanove, più o meno due/tre volte a settimana. Ma circa un anno fa è incominciato un periodo, diciamo, un poco diverso. Nel senso che il mio pene non teneva più come prima ma si afflosciava prima che lei riuscisse a godere. Abbiamo pensato allo stress del lavoro, molto intenso in quel tempo, a motivi di salute legati all’influenza. Ma tanté. Dopo circa un mese le cose non andavano più come prima. Un giorno, mentre sembrava che lui reggesse la situazione, all’improvviso ha iniziato a perdere. Mia moglie tutta arrabbiata ha cominciato a prenderlo a sberle, e quando io cercavo di difendermi ha cominciato a schiaffeggiarmi poi ha sfilato la mia cinghia dai pantaloni e ha cominciato a colpirmi in maniera isterica e violenta. Io cercavo di coprirmi con le mani per non ricevere i colpi ma lei, con voce molto autorevole, mi gridava di non muovermi e di mettermi in ginocchio. Io sentendomi in colpa per quello che era successo e cercando di farla calmare, mi misi a quattro zampe. Allora lei comincia a frustarmi il sedere e man mano che mi colpisce mi ordina di non muovermi. I colpi sono tremendi e sento il sedere in fiamme, ma succede una cosa strana: al dolore iniziale, incomincio ad avvertire un piacere sempre più intenso e comincio a chiedere perdono a mia moglie, ma anziché chiederle di smettere la incito a continuare e che merito quella punizione. In un momento di lucidità, alzando la testa la vede che mentre con una mano mi frusta, con l’altra si masturba e spontaneamente mi viene di farlo anch’io. La cosa con turba affatto mia moglie che continua ancora più forte a colpirmi anche sulla schiena. Un grido incredibile di godimento viene lanciato da mia moglie che gode con una serie di orgasmi a ripetizione e quasi contemporaneamente anche io godo lanciando schizzi di sperma che cadono per terra. Entrambi ci abbracciamo e rimaniamo per circa venti minuti avvinghiati, baciandoci appassionatamente. All’improvviso mi tira un ceffone e mi dà uno spintone. Si alza riprende la cinghia e mi ordina di inginocchiarmi e mostrare le mani col palmo rivolto sopra. Io eseguo e lei comincia a darmi delle forti cinghiate sul palmo della mano dicendomi che mi doveva punire per essermi masturbato senza il suo consenso. Comincio a chiederle scusa e che non sarebbe successo più, ma lei continuava a somministrarmi la giusta punizione. Inutile dirlo, il mio pene cominciava ad indurirsi ancora. Tutto quello che stava succedendo era strano, ma mi rendevo conto che mi piaceva tantissimo. La stessa cosa succedeva a lei e mentre mi picchiava ricominciava a masturbarsi e a godere per l’ennesima volta. Finalmente, calmatasi nuovamente, comincia a baciarmi e ad accarezzarmi sui numerosi lividi che mi aveva procurato e spostandomi la faccia sui numerosi schizzi di sperma mi ordina di leccare. Mai prima di allora avevo assaporato lo sperma. Molto devotamente e con molta sottomissione leccai tutto lo sperma.
Qualche giorno dopo, al mio rientro dal lavoro, la trovo seduta sul divano vestita semplicemente con un body nero e con della ciabatte con tacco alto. Subito le vado vicino e cerco di baciarla, ma un violento ceffone mi fa capire che non era cosa:
‘Ho pensato tanto a quello che è successo l’altro giorno ‘ mi sono informata su internet e ho scoperto di avere una forte propensione al sadismo, mi piace tanto infliggere dolore e la cosa mi eccita molto, ma ho scoperto anche che tu, invece, sei un masochista e ti piace tanto soffrire. E’ vero?’
Ho ripensato a quello che era successo l’altro giorno, al ceffone che mi aveva appena dato e ho iniziato a sentire un forte calore che iniziava dal basso ventre e raggiungeva la mia testa ‘ fu semplice inginocchiarmi e cominciare a baciarle i piedi ‘ ‘Si mia padrona hai fatto centro! Voglio essere il tuo schiavo e darti tanto piacere’ ‘..
Sento dei passi, è lei sta tornando, sento il click dell’interruttore, si avvicina, tocca le mollette, le stringe un poco, mi scappa un lamento, mi accarezza sulla testa, mi leva le mollette e mi tocca i capezzoli ‘. mi fanno male ma il tocco delle sue dita mi piace ‘. Mi toglie la benda dagli occhi ‘. Faccio fatica a vedere ‘. Apro gli occhi piano e la vedo in tutta la sua bellezza ‘. Profumata ‘. Indossa una sottoveste nera trasparente ‘. Si intravedono i suoi meravigliosi seni e la sua dolce fragola ‘.
Mi slega le mani e i piedi ‘. Mi rimette il guinzaglio e mi metto a quattro zampe ‘ mi porta in cucina.
Mi fa alzare, mi toglie il guinzaglio quattro cinque ceffoni mi raggiungono, mi pizzica i capezzoli facendomi inginocchiare di nuovo mette i suoi piedi vicino alla mia bocca ‘. Incomincio a leccare di gusto ‘ un calcio sul muso e un ordine ‘preparami la cena che ho fame!’ mi lascia dolorante per terra e se ne va sul divano a guardare la tv.
Mi alzo e comincio la preparazione della cena. Sono felicissimo di preparare la cena alla mia padrona.
Ogni tanto uno scampanellio mi fa capire che la mia padrone ha bisogno di me. Molto velocemente la raggiungo e prostrandomi in ginocchio le chiede di cosa avesse bisogno. Per dire la verità non ha bisogno di nulla, però le piace vedere la mia devozione e la mia umiliazione. E così una volta ha sete, una volta vuole sgranocchiare qualcosa, una volta devo cambiare canale alla tv ‘.. E’ passato circa un’ora la cena finalmente è pronta. Ritorno dalla padrona e inginocchiandomi le dico che è tutto pronto. Mi sale in groppa e, usandomi come un cavallo, si fa portare a tavola. Servo la cena sulla tavola imbandita e mi inginocchio sotto il tavolo per massaggiarle e leccarle i piedi. Ogni tanto mi butta qualche avanzo sotto il tavolo che io prontamente e senza usare le mani mangio. Una volta terminata la cena, raccoglie gli avanzi e li mette in una ciotola, quindi l’appoggia per terra e mi ordina di mangiare. Così come fatto prima mi è assolutamente vietato usare le mani ‘ devo mangiare come un cane! Lei mi osserva e ogni tanto ci sputa anche dentro ‘. Le piace vedermi così. Quando ho finito tutto e leccato la ciotola mi fa inginocchiare mi prende per i capezzoli e mi solleva fino a farmi mettere in piedi mi molla una decina di ceffoni e mi ordina di sparecchiare e ripulire. Mentre lei va a guardarsi la tv io provvedo ad ubbidire ai suoi ordini.
Quando tutto è sistemato, mi rimetto in ginocchio e vado da lei. Lei mi accarezza la testa e me la spinge sui suoi piedi. Io comincio a leccare. Ma gli errori sono sempre in agguato. Mentre lecco i piedi lei si accorge che guardo la tv. Quattro, cinque colpi di cinghia mi colpisce sulla schiena e sul sedere ‘bravo! Chi ti ha detto di guardare la tv?’ E giù altri sei sette colpi. Prende le pinzette a coccodrillo e mi pinza i capezzoli poi scalciandomi mi prende per i capelli e mi porta nell’angolo vicino alla tv ‘per punizione starai qui in ginocchio con le mani dietro la nuca e faccia al muro e senza muoverti fino al mio ordine’ giù altri cinque colpi di cinghia che io prendo senza muovermi e senza battere ciglio.
Lei si risiede sul divano e continua a guardare la tv. Saranno passati circa venti/trenta minuti quando il suono del citofono mi fa sobbalzare. Incomincio ad essere inquieto, chi sarà a quest’ora. Vorrei scappare, nascondermi, ma l’ordine è stato di non muovermi e, così rimango fermo sperando sia qualcuno che ha suonato per sbaglio.
Nel frattempo la mia padrone è andata al citofono, sento aprire la porta ‘.’mio Dio, chi sarà? E che figura farò guardandomi in questo stato?’ spero sia qualcuno che abbia bisogno di qualcosa e magari la mia padrona non la farà entrare qui dove sono io in castigo.
‘Ciao Anna sei stata puntuale’ saluta mia moglie l’ospite che stava entrando. Si ho capito bene l’ha salutata chiamandola Anna. No, non può essere lei, la nostra vicina ‘ e invece ‘Ciao Wanda, come potevo non accettare il tuo invito’ la voce è proprio la sua : è Anna. Vorrei scappare, ma non riesco a muovermi.
‘Vieni, accomodati ‘ sento i passi, stanno per entrare nel salotto ‘ eccole credo siano entrate ‘ una risata di Anna è la conferma che sono dietro di me!. ‘Brava Wanda l’hai messo in castigo e dai numerosi segni sul suo corpo vedo che gli hai già dato una bella razione di frustate’ ‘sai è ancora da poco che cerco di addestrarlo a fare lo schiavo ma non è ancora molto bravo e con le punizioni cerco di farglielo capire’ poi viene verso di me e mi ordina di alzarmi e di girare su me stesso per far vedere tutti i segni del mio corpo.
Mi sento sprofondare la mia faccia avvampa, mai ero stato mostrato nudo ad estranei. Molto titubante mi alzo e, cercando di coprirmi abbasso le mani sul pene, ma due cinghiate mi fanno riportare le mani dietro la schiena e molto lentamente mi giro mostrandomi ad entrambe, continuando a girare su me stesso.
La mia padrona mi ordina di salutare Anna, e io ubbidisco inginocchiandomi e togliendo le ciabatte e comincio a baciarle i piedi, prima uno e poi l’altro. Anna mi prende per i capelli e alzandomi la testa mi guarda negli occhi e mi dice è da tanto tempo che desideravo stare qui ed averti a mia disposizione, sai quante volte ti ho visto in giardino, o in casa che le prendevi da tua moglie; stai tranquillo che so come si trattano gli esseri inferiori come te. Mio marito è mio schiavo da oltre due anni e nonostante le dure punizioni che subisce quotidianamente, mi adora e non può fare a meno di me. Mi dispiace che adesso non c’è perché fuori per lavoro, ma presto sarete entrambi ai nostri ordini’ un ceffone mi fa capire che anche lei non scherza. ‘Alzati in piedi’ mi ordina Anna e quando sono in pieni mi strizza le pinzette procurandomi un dolore lancinante ai capezzoli che mi fa cadere in ginocchio. Mia moglie, intanto mi assesta alcuni colpi di cinghia ordinando di rialzarmi. E ancora una volta Anna mi strizza le pinzette e questa volta cerco di rimanere in piedi. Si siedono entrambe sul divano e la mia padrona mi ordina di preparare qualcosa da bere. Corro di corsa in cucina e, credendo di non essere visto, tolgo le pinzette dai capezzoli massaggiandoli un poco. Li appoggio sul tavolo e preparo un cocktail alle due padrone. Rimetto le pinzette procurandomi un dolore acuto e ritorno in salotto. ‘hai tolto le pinze dai capezzoli?’ chiede la mia padrona ‘no’ rispondo d’istinto, ma mi rendo conto che dallo specchio del salotto si vede benissimo la cucina ‘ mi inginocchio immediatamente e chiedo perdono giustificandomi che Anna mi aveva dato tantissimo dolore.
Entrambe guardandosi in faccia scoppiano in una fragorosa risata promettendomi una dura punizione.
Mi strizza con forza le pinzette sui capezzoli e ‘fila in castigo’ mi ordina la mia padrona, ed io eseguo prontamente.
view post Posted: 22/2/2018, 10:30     +3Nuovo moneyslave - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Ho sempre una sensazione fortissimo quando uno schiavo inebetito dal mio fascino mi lascia rovistare il suo portafoglio e poi non riesce a resistere e mi consegna la sua carta di credito.

Normalmente non metto nessuno sul lastrico, ma qualche volta è pure capitato.

Mi ricordo di Raffaele, 50 anni sposato e naturalmente di brutto aspetto !.

In effetti i moneyslave molto spesso sono uomini di mezza età e neppure tanto belli, anzi direi che una pancia di notevoli dimensione è il loro tratto caratteristico.

Un’altra caratteristica è la loro impotenza o semi-impotenza, accompagnata da un dotazione veramente ridotta al minimo.

Devo ammettere che se non fossero utili per le mie finanze, non gli degnerei neanche di uno sguardo perché mi fanno veramente schifo.

Raffi, così inizia a chiamarlo, era grasso, impotente e sudava come un maiale.

La sua piazza e il suo fetore lo rendevano veramente una schifezza per i miei occhi.

Mi contatto su Facebook, in uno dei tanti profilo che mi dilettavo ad aprire.

Nonostante non avessi da tempo problemi economici, ma anzi vivevo nell’agiatezza, mi divertivo un mondo succhiare i piccoli risparmi di questi omuncoli insignificanti !.

Il gioco era sempre quello.

Scrivevo in bella vista sul mio profilo questo messaggio: chi è quello schiavo che mi accompagna a fare shopping.

Non passava un minuto che subito correvano in decine a darmi la loro disponibilità.

La maggior parte erano dei fake, che si accontentavano di masturbarsi dopo qualche scambio di messaggi con me.

Ormai sapevo come riconoscerlo ed infatti Raffi lo riconobbi subito.

“Mi chiamo Raffaele, ho 45 anni di Milano, sono serio e sottomesso”, mi mandò un messaggio.

“Bene speriamo che tu sia veramente serio”.

Gli chiesi cosa cercava e lui mi rispose ovviamente una Padrona. Da lì partì l’inondazione della sua mente.

“Come mai non ce l’hai ?”.

“Beh forse per tanti motivi, probabilmente non ho mai avuto coraggio di andare fino in fondo e propormi come schiavo”.

“Che tipo di schiavo sei ?”.

“Direi che prediligo la dominazione psicologica”.

“Ottimo anch’io. Saresti disposto a fare shopping con me ?”.

“Certo Padrona”

“Ottimo, potremmo inziare così per conoscerci”

“Certo Padrona, sarei contentissimo”

“Ottimo possiamo già fissare la data. giovedì pomeriggio ti va bene ?”

“Certo Padrona a me va benissimo”

“Ottimo non vedo l’ora. Hai un limite di budget ?”

“Fissare un limite mi imbarazza, per cui io Le proporrei questo percorso. Io le dico le mie entrate e le mie spese. Lei mi prepara un piano di contributi che le devo gradualmente. All’inizio bassi poi in salita. Così incomincerebbe a controllare le mie finanze e a darmi anche delle direttive comportamentali. Cosa ne pensa Signora ?”

“Ottimo, aspetto allora domani le tue entrate. E per giovedì ti va bene alle 14,30 alla fermata Famagosta della metropolitana ?”

“Si Padrona”.

“Ottimo a domani”.

“A domani Padrona”.
Il giorno dopo si presentò realmente. Compresi subito che era un caso unico, pronto a farsi spennare senza fiatare e soprattutto non chiedendo nulla in cambio.

Lo squadrai subito e rimasi inorridita della sua presenza.

“Fai proprio schifo schiavo”, gli dissi con una smorfia che rappresentava più delle parole la mia sensazione.

“Mi scusi..”, rispose.

Non c’era molto da scusarsi perché lui era veramente una nullità incapace di avere qualsiasi relazione con una donna.

“Ti piaccio ?”, gli chiesi mentre lui guardava le mie gambe nude con una minigonna in jeans e i miei soliti sandali tacco 15.

“E’ bellissima, poi è così alta e snella”, mi rispose ormai con la saliva che gli stava riempiendo la bocca e la lingua a penzoloni.

“Certo ciccione. Io sono irraggiungibile per un essere inutile come te !”.

Abbasso gli occhi ed annuì.

“Hai portato i soldi ?”.

“Certo Padrona”, mentre stava già tirando fuori il portafoglio.

“Bene.. dammi quanto pattuito”.

Mi diedi i 200 € di omaggio per potermi solo conoscere.

Quell’incontro si concluse così pochi attimi e poi via con l’impegno da parte sua che mi avrebbe presentato una sua proposta di.. debito da pagare.

Infatti lui aveva un debito verso di me per la mia bellezza che gli donavo, e doveva pagarmelo con gli interessi !.

Il giorno dopo mi mandò un altro messaggio.

“Padrona, io potrei darle 100 € al mese”.

“Ma stai scherzando !”, gli risposi veramente innervosita.

“Mi scusi Padrona..”.

“Domani incontriamoci allo stesso posto, porta l’omaggio, che ti darò le direttive”.

E venne per la seconda volta, dandomi di nuovo il mio omaggio di 200 €. Ma che bravo era il mio sfigato !.

Andammo a bere un caffè, ovviamente pagato da lui.
”Palla di lardo fammi vedere il tuo bilancio famigliare. Spero che tu l’abbia fatto”, gli dissi con uno sguardo che presagiva una punizione pesantissima.

“Si..si Padrona”, me lo passò mentre anche le mani gli sudavano.
”Ma quanto fai schifo…. sudi in continuazione ciccione schifoso”.

Raffi stava piuttosto bene economicamente e perlomeno 500 € il mese mi poteva passare.

“Senti tu hai un debito di 6.000 € con me, che mi deve dare in sei mesi”, gli dicevo mentre accavallavo le gambe e mi umettavo le labbra.

Lui affascinato dal mio atteggiamento e dalla bellezza crollò.

“Si Padrona”.

“Bravo.. ora firma questo contratto”. Lo firmò senza colpe ferire. Il contratto era reale come se fosse un vero debito e lui doveva lasciarmi ogni mese 1000 € più interessi !.

Quando incominciò a leggerlo gli venne un colpo.

“Ma Padrona Lei mi rovina “.
”ZItto ciccione e paga!”.

Il giorno dopo mi mandò il primo bonifico. Quando lo sentivo al cellulare era sempre più sconvolto e mi supplicava di non rovinarlo ma io non ebbi pietà.

“Coglione impotente tu devi pagare il tuo debito.. altrimenti ti rovino!”.

In effetti potevo portarlo in tribunale, pignorare i suoi beni. Insomma potevo metterlo sul lastrico.

E questo avvenne a settembre quando non ricevetti il suo bonifico mensile perché non aveva più una lira.

“Padrona la supplico non mi rovini..”, piagnucolava mentre eravamo seduti al solito bar di Famagosta.

“Va bene palla di lardo, mi puoi pagare con le tue cose. Voglio la tua macchina!”.

“Padrona la prego…”.

Non ci furono preghiere e implorazioni che mi fermarono la sua bella Opel Mokka divenne mia. Era la donazione di uno sfigato impotente alla sua sadica Padrona.

Ormai era entrato in un circuito di totale dipendenza e lo prosciugai in tutte le sue finanze fino a che stanca lo cacciai con una pedata nel sedere.

“Questa è l’ultima volta che ci vediamo coglione”.

“La prego Padrona.. mi troverò un secondo lavoro, firmo un altro contratto.. ma la prego io ho bisogno di Lei..”.

“No, nullità, tu non mi servi più”.

E per lui fu la fine. Non lo vidi più e non ci pensai più a lui, essere goffo, lardoso ed inutile.
view post Posted: 23/12/2016, 10:50     +1un paio di racconti - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Donna Agnese dedicava i suoi week-end interamente al sesso e alle pratiche sadomaso. Aveva una scuderia personale composta da 6 schiavi, che amava alternare di continuo. Ogni due mesi, metteva un’inserzione per trovarne di nuovi, ne sceglieva uno o due e licenziava senza ripensamenti un paio dei più vecchi.
Quando, un anno dopo, mi buttò via come una scarpa vecchia , soffrii come un cane e mi sentii vuoto ed inutile per vari mesi. Ma per Donna Agnese gli uomini contavano meno di una bestia, di un oggetto domestico ed io non tardai a capirlo.
Risposi al suo annuncio. Alla mia supplica di poter essere preso in considerazione per le sue esigenze, seguì una breve corrispondenza. Due settimane dopo Donna Agnese aveva deciso che potevo essere idoneo per il suo harem.
-Non chiedermi mai amore o comprensione. Io ti userò a mio piacimento e quando non mi interesserai più, ti cancellerò dalla mia vita-
-Si signora-
-Non voglio complicazioni e pretendo un’assoluta dedizione. Ti chiamerò ogni volta che lo vorrò, ma tu non mi potrai cercare mai-
-Certo signora-
-Ho altri schiavi e non ammetto gelosie tra i mie devoti-
-Si signora è giusto- balbettai sottovoce.
Il primo incontro Donna Agnese lo utilizzò per conversare. Per tutto il colloquio, che durò circa un ora, rimasi completamente vestito, mani dietro la schiena anche se non mi era stato ordinato, in piedi davanti a lei seduta sul divano. Quando pensò di aver sentito tutto quello che riteneva importante mi liquidò porgendomi la mano da baciare.
-L'addestramento vero e proprio lo inizieremo tra due settimane. Suonerai alla mia porta venerdì a mezzanotte. Puntuale inizierà il tuo w.e -
Quando lasciai la sua casa mi girava la testa, ero frastornato. C'era in me un senso di responsabilità altissimo che rendeva tutto molto reale.

La prima settimana di prova, quella che Donna Agnese non considera far parte dell'addestramento, serve per mettere alla prova la disponibilità dello schiavo. Non ti da tregua. Io non ero sposato e sono un libero professionista, non avevo problemi a dedicarmi completamente a lei, ma so che un paio d’altri schiavi dovevano fare i salti mortali per correre da lei nei momenti più strani, senz’alcun preavviso. Una telefonata secca, un ordine perentorio. Ogni forma di richiesta, anche la più capricciosa, poteva venire all'improvviso, senza mai avere la possibilità di incontrare direttamente Donna Agnese.
Trascorse le due settimane a mezzanotte in punto suonai il campanello della sua abitazione dove venne ad aprirmi uno dei tre schiavi scelti per passare con lei quel fine settimana.
Precedentemente istruito lo schiavo, vestito da serva, con abiti molto umili composti da un grembiule grigio lungo fino ai piedi che lo impacciava nei movimenti e un foulard marrone in testa, mi fece accomodare in una stanza consegnandomi un foglio di carta dove Donna Agnese aveva scritto degli ordini per me.
Seguendo le istruzioni dovetti spogliarmi nudo e attendere la signora in quella stanzetta spoglia della sua casa, in paziente attesa, in ginocchio sul freddo pavimento di marmo.
Erano passate forse un paio di ore quando sentii aprire la porta. Il cuore cominciò a battermi forte. Sapevo che Donna Agnese mi avrebbe usato a suo piacimento fino al lunedì mattina: due interi giorni alla mercé di una sadica perversa. Ero più spaventato che eccitato.
Quando mi disse con voce ferma ma gentile che potevo alzare lo sguardo vidi che calzava sandali aperti dal tacco vertiginoso ed un abito nero aderente. I biondi capelli sciolti sulle spalle. Niente trucco, solo un velo di rossetto scurissimo, sulle labbra.
Ricordando la sua disponibilità al dialogo, mi aspettavo che si rivolgesse subito a me con qualche affermazione o domanda, invece Donna Agnese, si avvicinò senza parlare. Teneva in mano un collare di cuoio marrone, un guinzaglio a catena, dei morsetti a vite, un paio di manette di metallo, una catena corta con anelli regolabili. Buttò tutto per terra accanto a me con indifferenza ordinandomi di prendere con la bocca gli oggetti che aveva portato con sè e porgerglieli man mano che li nominava.
Per primo il collare che lei mi cinse al collo.
-Da oggi sei il mio cane -
-Grazie signora- dissi quasi gridando, spinto dall'emozione e dalla felicità, ma ricevetti un calcio sul fianco.
-Non puoi parlare fino a mio nuovo ordine! Un cane può solo guaire, abbaiare e camminare a quattro zampe-
Ed io abbaiai per dimostrare che avevo capito e accettato ogni sua parola.
-Ora passami il guinzaglio.- Lo fissò al collare e provò a farmi girare per la stanza, guidandomi con esso. La divertiva molto umiliarmi in quel modo.
Poi fu la volta delle manette, che fissò ai miei polsi, dietro la schiena.
Quando indicò i morsetti sentii il mio corpo fremere. Ad uno ad uno, glieli porsi tra i denti e lei li pinzò ai miei capezzoli. Non sarebbero stati troppo dolorosi se non si fosse divertita a girare la vite con forza crescente, fino a diventare un’ininterrotta, lancinante sofferenzafino al limite della sopportazione. Mi pareva che i capezzoli mi venissero dilaniati da pinze roventi fino a quando Donna Agnese allentò improvvisamente i morsetti ricordandomi che uno schiavo ben istruito resiste un giorno intero con i morsetti stretti al massimo. Umiliato abbassai lo sguardo.
Un anello di metallo mi fu infilato sul pene e a esso fissata una catenella fatta poi passare tra le natiche e fissata quindi ad un anello posteriore del collare. In tal modo, se mi fossi eccitato, l'erezione avrebbe fatto tendere la catena, che mi avrebbe segato le natiche:
-Anche la tua erezione mi appartiene-
- Si signora, grazie signora-
-La catena ad anello te lo ricorderà ogni secondo della tua giornata-
Mi trascinò fuori dalla stanza, in giro per la casa. Dovevo tenere il ritmo del suo passo per non essere strattonato continuamente per il guinzaglio. Ad ogni passo la catena collegata alla base del mio cazzo tendendosi mi dava ogni volta dolorose fitte allo scroto.
Dopo circa un quarto d'ora di passeggiata mi portò in una sala chiusa a chiave in fondo alla casa: la sala delle punizioni. Questa era anche l'unica stanza della casa ad aver i muri insonorizzati ed era attrezzata da far invidia ai più famosi dungeons inglesi.
In fondo nell'angolo più lontano ndella stanza vidi una gabbia di ferro, che conteneva al suo interno un uomo in posizione carponi. Un uomo non più giovanissimo, calvo e molto robusto, vi giaceva lamentandosi piano. Aveva anche lui i polsi ammanettati dietro la schiena e la posizione carponi gli veniva imposta da un collare che lo bloccava alle sbarre della gabbia tramite grossi anelli di ferro. Vidi che aveva dei morsetti ai capezzoli ed allo scroto e che era penetrato da un dildo di dimensioni molto grandi e il pene infilato in una serie di anelli di ferro che gli impedivano di indurirsi oltre una certa misura. Aveva gli occhi coperti da due strisce larghe di nastro adesivo e quando ci sentì arrivare, con voce roca, ci supplicò di liberarlo, perché non ce la faceva più a resistere così.
-È lì dentro da ieri mattina- mi spiegò Donna Agnese, imperturbabile - prima l’ho costretto a leccare da terra del sale. Stasera, forse, gli darò da bere la mia urina-
Avrei voluto chiedere cosa avesse fatto mai di tanto grave quel povero cristo per dover sopportare tanta sofferenza, ma intimorito, preferii non esprimere nessuna osservazione.
Donna Agnese però sembrò leggermi nel pensiero e disse indicando un vassoio in un angolo: "Ha rifiutato di mangiare le mie feci ieri mattina-
Guardai il vassoio e vidi che conteneva delle feci, ormai indurite e scure.
-Le ho conservate per lui. Domani leccherà perfino il fondo del vassoio, vedrai-
Avevo la pelle d’oca. I gemiti rauchi dello schiavo nella gabbia erano continui, come la sua supplica. Donna Agnese si soffermò a godere di questi lamenti. Infilò una mano tra le sbarre e gli torse uno dei morsetti al capezzolo destro e l’uomo urlò, sbarrando ridicolmente la bocca.
-La mangi, adesso?-chiese.
-Si miss, la mangio, la mangio. Vi prego, vi prego, la mangio, sì, la mangio tutta... ma datemi un sorso d’acqua- Balbettò l’uomo.
Donna Agnese gli rise in faccia e se ne andò.
-Pietà, vi prego pietà-
Il monotono, debole lamento dello schiavo sofferente si spense alle nostre spalle. Donna Agnese mi fece fermare e alzando in aria il braccio che teneva il guinzaglio mi sollevò il mento, fissandomi negli occhi.
-Hai visto come tratto gli uomini? come li uso?-
- Assoluamente si padrona-
- Ora andremo a giocare un po’ insieme e se non mi soddisferai completamente, domani nella gabbia ci sarai tu-
Mi portò in camera da letto. Adagiatasi tra i cuscini, mi ordinò di farla godere. Ma capii presto che non intendeva un piacere sessuale ma che quello che voleva da me era un compito da leccapiedi.
Nel corso di quell’anno, feci il suo cane da lecca innumerevoli volte. Era molto esigente, per quanto riguardava quell’operazione, e si irritava molto se lo schiavo in azione non dimostrava sufficiente entusiasmo e devozione.
Dopo mesi al suo servizio la mia frustrazione sessuale divenne veramente tanta. Donna Agnese non mi concedeva di fare sesso con le ragazze e ovviamente non si concedeva a me sessualmente. Per il suo piacere c'erano due schiavi appositamente addestrati per questo compito. Ma per me e gli altri schiavi non scelti al ruolo di "stalloni" l'unico contatto fisico con la padrona erano i suoi piedi e il suo sedere.
Amava sentire la saliva su tutta la pianta del piede, lisciata con colpi di lingua lenti e ritmici, dal calcagno alle dita, a lungo. A volte ordinava che la lingua fosse mossa molto rapidamente e che il piede venisse solleticato di punta, con colpetti frullanti e a spirale. La seduta poteva durare anche ore.Terminato il servizio di leccatura dei piedi, lo schiavo doveva quindi occuparsi del suo delizioso culo. Doveva infilare la lingua nel suo ano. A volte tale operazione provocava emissioni naturali di gas, ma guai se lo schiavo mostrava ripugnanza o si spostava. Anzi, doveva affondare ancor più il viso e leccare con maggior foga.
Fu la mia perizia di leccatore a mettermi in una posizione relativamente privilegiata, a poter evitare prove peggiori e più difficili.
In cambio della mia dedizione Donna Agnese mi insegnò tutti i piaceri del masochismo. Imparai ad assaporare le emissioni corporali della mia padrona, a tollerare il dolore della frusta, degli spilli, delle più raffinate torture genitali. Ma fin dall’inizio non mi illusi mai di durare a lungo.
Un giorno toccò anche a me di essere messo alla porta. Donna Agnese per la prima volta in un anno, venne ad aprirmi personalmente la porta di casa. Con un nuovo schiavo al guinzagli, porgendomi il mio collare, mi congedò sul posto senza nemmeno farmi entrare in casa...


- IL CAPO -
Capo esigente Luca, pretendeva sempre il massiomo dai suoi dipendenti. Letizia, ad esempio, la sua segretaria personale era stata scelta dopo una rigida selezione e fortuna volle che la migliore tra tutti fosse anche la più carina tra tutte le candidate: bionda, alta e formosa. Appena assunta Luca le impose di indossare sul lavoro sempre minigonne vertiginose e scarpe coi tacchi a spillo e Letizia, che era una ragazza non meno ambiziosa del suo capo, aveva di buon grado accettato la "richiesta" del suo datore di lavoro, pensando che vedersi davanti un paio di splendide lunghe gambe affusolate, fasciate da velate calze nere, ben disponeva ogni cliente maschio a parlare d'affari.
-"Letizia!"- chiamò Luca a gran voce con quel tono autoritario, che la ragazza sembrava temere molto- "Prenda dal terzo cassetto dell'archivio il fascicolo numero 56 e torni subito da me. Ecco la chiave, svelta!"
La ragazza uscì dalla stanza, se pur di fretta non dimenticò di salutare con il solito "mezzo inchino" che era abituata a fare in segno di saluto al suo capo. L'uomo sorrise, Letizia era stata proprio un' ottima scelta. Una dipendente efficente, dall' eccezionale capacità di risolvere brillantemente ogni problema burocratico e legale. Ambiziosa e fedele, era la collaboratrice perfetta per lui, pur così diversa delle donne che tanto lo affascinavano: autoritarie e capricciose. In realtà non ne aveva conosciute molte di donne autoritarie, fino a quel momento solo sognate. Avrebbe voluto partecipare a qualche riunione pubblica a tema femdom ma ogni volta che confermava la sua partecipazione poi, con una scusa o con un'altra, rinunciava lasciando che gli unici contatti con donne dominati restassero i soli contatti virtuali al computer. "Forse per questo aveva preso l'abitudine di scrivere su un diario i suoi più intimi pensieri femdom?" Stava riflettendo proprio su questa cosa Luca, quando all'improvviso un pensiero immobilizzò il suo corpo e un grido usci dalla sua bocca. -"Il diario!"- Il sangue gli si gelò in corpo. Aveva ordinato a Letizia di andare in archivio a prendere il fascicolo e improvvisamente ricordò che quel documento era chiuso nello stesso cassetto dove aveva riposto il suo diario, sul quale scriveva della sua incofessabile voglia di sottomissione alla donna. Sentì un calore improviso spandersi per tutto il corpo e se pur il pensiero della ragazza, intenta a leggere ogni suo più intimo segreto, lo eccitava da morire, quando vide Letizia aprire la porta del suo ufficio e senza bussare nè chiedere permesso, avanzare fino alla scrivania, si sentì soffocare. - "Ecco il tuo fascicolo capo"- gli disse la ragazza, dandogli del tu e porgendogli il documento.
Era chiaro che usare adesso la parola "capo", con quel tono beffardo, divertiva molto la ragazza e questo mise ancor più in agitazione Luca, che faticò a trovare il coraggio per guardarla neglio occhi. - "Oppure preferiresti essere chiamato verme?"- la ragazza non attese risposta - "No, che sciocchina che sono, a te piace essere chiamato schiavo!"- e continuando a ridere indicò con il dito indice il pavimento. Luca, grato di poter abbassare lo sguardo, si affrettò ad obbedire, inginocchiandosi ai suoi piedi, mentre emozioni forti, mai provate prima, stavano invadendo la mente e i sensi di Letizia. -"Come si saluta la tua padrona?!" chiese la ragazza, con voce che non nascondeva la sua eccitazione. -"Buongiorno padrona". rispose Luca ma il silenzio di Letizia gli fece comprendere che non era la risposta che la ragazza voleva da lui.
-"Buongiorno signora padrona?". Ancora silenzio. Letizia porse in avanti un piede e Luca comprese e stavolta non sbagliò. Iniziò a leccare a lungo la scarpa, poi prese il tacco tra i denti e tirò verso il basso togliendole la scarpa e iniziando a leccare il piedino con desiderio e passione. Letizia fu piacevolmente colpita da questa iniziativa spontanea.
-"Mi perdoni padrona se non l'ho salutata subito come si deve". -"Non preoccuparti schiavo, avrai tempo per imparare i miei desideri e soddisfarli alla perfezione". -" Si signora, certo!" rispose Luca, riprendendo a leccerle il bellissimo piedino. -"Lo sai schiavo cosa stò pensando?"
-"Cosa padrona?" Luca non riusciva a staccare gli occhi dai piedi della giovane donna. -"Che il tuo abbigliamento va migliorato, proprio come tu hai voluto migliorare il mio". Voleva umiliarlo! L'obbligò a togliersi i vestiti. Lo voleva nudo davanti a lei, denudato dei vestiti e dell'orgoglio. Luca obbedì.
Non riuscì a trattenere l'erezione davanti a Lei e questo gli procurò un imbarazzo pazzesco. Lei lo percepì e giocò con questo suo imbarazzo. Calcolatrice perfetta stava lavorando nella mente della sua vittima, gli ordinò di masturbarsi e di farlo in fretta. La ragazza sembrava aver trovato pienamente confidenza con il suo nuovo ruolo. -"Questa sarà la tua ultima eiaculazione".
Luca confuso non riusciva a dare un senso a queste parole. -"Comprerai una cintura di castità"- spiegò Letizia, come se avesse letto nel pensiero dell'uomo -" e comprerai anche abiti femminili: mutandine, calze e ovviamente minigonne vertiginose e scarpe coi tacchi a spillo, che in questo ufficio tanto sono apprezzate. Giusto capo?" "Abiti femminili signora? Come posso indossare abiti femminili in uffico? Ma, ma , ma... i clienti? Sia comprensiva la prego!"
Era la prima volta che veniva sottomesso e umiliato da una donna e la cosa lo eccitava da impazzire. Così, nonostante l'imbarazzo non trascorse molto tempo, che il pensiero di questa sua nuova condizione lo fece eiaculare. -" Bene, adesso pulisci, lecca tutto!" Letizia sembrava essere rimasta totalmente indifferente alla "scena" appena vista.
Luca capì che non aveva senso insistere con le sue domande e comunque insistere non gli interessava più. Finalmente si stava realizzando il suo sogno. Sentì che non era più importante chiedersi cosa Letizia volesse da lui, gli interessava solo che non smettesse di volerlo! Guardò la ragazza e gli sembrò ancora più bella, con quella sua aria da regina. Possibile non lo avesse notato prima? Bellissima, alta, autoritaria! Luca sentì il cuore battergli forte, pieno di riconoscenza.
Letizia sembrò ancora una volta leggergli nel pensiero. Gli si avvicinò, lo accarezzò in volto e sorrise. -" Dai vestiti e esci da questa stanza. Ti concedo il pomeriggio libero per fare le compere che ti ho chiesto".
Luca le ricambiò il dolce sorriso, poi abbassando la testa, in segno di sottomissione e di resa, uscì silenziosamente dalla stanza, come gli era stato ordinato.
view post Posted: 25/7/2014, 10:24     La Padrona di Sergio - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
La padrona di Sergio, Paola, è una bellissima assistente universitaria. Sergio uno studente.
Si erano conosciuti in facoltà.
Lui doveva preparare la tesi e lei avrebbe dovuto assisterlo in questo.
Paola ha provato subito una certa attrazione per il giovane studentello che le stava davanti tutto intimidito ed imbarazzato.
Dal canto suo sergio è immediatamente stato soggiogato dalla bellezza e, soprattutto, dalla forza di carattere della donna chiaramente autoritaria. Sergio già altre volte aveva avuto esperienze di sado masochismo con altre donne.
Gli piaceva essere schiavo, essere umiliato e trattato duramente, essere picchiato e frustato.
Anche Paola aveva già avuto altri rapporti di dominazione sia su donne che su uomini.
Lei, ovviamente, aveva sempre fatto la parte della padrona.
Dopo qualche incontro aveva capito che tipo era Sergio.
Ora lo voleva ai suoi piedi.
Un giorno l'aveva ricevuto nel suo studio.
Era sera tardi e non c'era più nessuno.
Lui era arrivato.
L'aveva fatto aspettare per più di un'ora.
Finalmente l'aveva fatto entrare nel suo ufficio.
Non gli aveva detto di sedersi e così lui era rimasto in piedi.
Lei aveva continuato a leggere un documento ignorandolo.
Sergio era in apprensione per il lavoro svolto.
La lunga attesa non aveva certo contribuito a farlo stare più tranquillo.
Restando fermo in piedi davanti alla Dottoressa, aveva avuto modo di poterla ammirare bene.
Stava osservando una splendida donna, nonostante l'età.
Lei indossava una gonna corta, ma questo lui l'avrebbe notato dopo, una maglietta aderente con una vistosa scollatura sui magnifici seni.
Nonostante la sua agitazione sergio era eccitato.
Quella donna gli piaceva.
Dopo altri lunghissimi e snervanti minuti, lei aveva alzato la testa e l'aveva guardato con disprezzo.
Si era accorta che lui le stava fissando la scollatura (era quello che voleva).
Gli si era rivolta con tono arrabbiato.
<come osi guardarmi i seni?>.
Sergio era rimasto sbigottito.
Era stato colto sul fatto e si sentiva in colpa.
<mi scusi, io ...>.
<mi scusi un cazzo, tu non ti devi permettere di guardarmi in quel modo così lascivo>.
<mi scusi Dottoressa, ero distratto, non voleva offenderla>.
<taci stronzo ed inginocchiati>.
Paola aveva così deciso di scoprire le carte del gioco.
Quello doveva essere il suo schiavo personale.
Era un rischio calcolato in quanto lei aveva una certa esperienza di schiavi ed oramai riusciva ad individuarli al primo sguardo.
Questo era veramente carino.
Sergio era rimasto sbalordito.
Benché da tempo aveva sognato di potersi trovare prostrato ai piedi di quella splendida donna, non si aspettava un ordine così secco.
Anche il linguaggio duro lo aveva colpito.
Aveva avuto una prima reazione e si era eccitato istintivamente.
Lo sbigottimento dura qualche istante e così ritarda ad eseguire l'ordine.
Il comando giunge nuovamente.
<stronzo, sei sordo? Ti ho detto di inginocchiarti davanti a me>.
Lo stronzo esegue.
<la tua relazione fa schifo>.
<ma io ...>.
<taci deficiente, tu puoi parlare solo quando te lo dico io>.
Lei era sempre più eccitata.
Oramai il gioco era fatto: quello sarebbe stato il suo nuovo schiavetto con il quale si sarebbe divertita fino a quando non si fosse stancata di lui.
In quel caso lo avrebbe cacciato via con un calcio nelle palle ordinandogli di non farsi più vedere da lei.
<ora, mentre ti dico le carenze della tua relazione, portati ai miei piedi e leccami prima le scarpe fino a tirarmele pulitissime, poi i piedi che sono stanchi e sudati>.
Il ragazzo aveva eseguito prontamente.
Si era chinato sotto alla scrivania dove aveva avuto modo di poter vedere bene da vicino la magnifiche gambe della donna.
Le aveva pulito le scarpe e le aveva leccato i piedi sudati.
Dopo qualche minuto, la signora, che ora si sentiva i piedi ben massaggiati si era rivolta al verme accucciato a terra.
<stronzo schifoso, rimettimi le scarpe e poniti carponi in mezzo alla stanza>.
Lo stronzo era eccitatissimo e, un pochino, spaventato perché non sapeva quello che lo stava attendendo e le intenzioni della bellissima donna alla quale aveva avuto l'onore di leccare i piedi.
La signora gli si era avvicinata fermandosi con le gambe a pochi centimetri dalla testa chinata del verme.
<ora stammi bene a sentire pezzo di merda: se vuoi da oggi in poi sarai il mio schiavo personale, dovrai fare tutto ciò che ti verrà ordinato; non avrai la possibilità di fare nulla senza il mio esplicito consenso; se invece non accetti
vattene immediatamente dal mio studio e per la tua tesi ti verrà affidato un altro assistente; ma sappi che se accetti diventerai una bestia alla quale non spettano diritti ma solo doveri>.
Il ragazzo non aveva creduto alle sue orecchie.
Da tempo desiderava essere lo schiavo di quella splendida donna che turbava tutti i suoi sonni.
Così, senza esitazione alcuna, si era chinato a terra, con estrema sottomissione aveva baciato le scarpe della sua dominatrice e le aveva risposto che sarebbe stato onoratissimo di poterla servire senza condizione alcuna.
Lei gli si era seduta sulla schiena e gli aveva ordinato di portarla in giro per la stanza.
Dopodiché gli aveva ordinato di prendere il posto della sua sedia e lo aveva utilizzato come sedile.
Era rimasta comodamente seduta sulla sua umile schiena per diverso tempo.
Da allora sarebbe stato spesso utilizzato come seggiola, poggiapiedi, zerbino, sputacchiera, posacenere, water.
Lei gli aveva ordinato di trasferirsi a casa sua per poterla servire meglio.
Lo aveva fatto completamente depilare e lo aveva iscritto ad una palestra di pesi per farlo diventare più forte e così per poterla portare meglio e reggerla per più tempo sulla schiena.
Durante i pasti veniva usato come sedia o come leccapiedi/leccafica. Mangiava gli avanzi freddi quando lei era andata a dormire.
Più volte veniva prestato alle sue amiche altrettanto sadiche.
Una volta la sua padrona era andata a trovare una sua amica nella sua casa di campagna.
Naturalmente lui l'aveva seguita.
Lì era stato costretto a servire il pranzo stando in ginocchio e ricevendo una enorme quantità di frustate sulla schiena e sul petto.
Le padrone, dopo avere preso il caffè, si erano recate nella stalla seguite dallo schiavo nella sua posizione canina.
Lì avevano legato l'animale, questa volta in posizione eretta, ad un vecchio calessino ove, poi, le due signore aveva preso posto.
Lo schiavo aveva i finimenti come fosse un cavallo.
Erano stati adattati per una persona.
Quindi era chiaro che altre volte la signora aveva utilizzato schiavi come cavalli.
Gli aveva infilato il paraocchi ed il morso cui erano attaccate le briglie.
La padrona di casa aveva in mano le redini e, con un deciso colpo di frusta sulla schiena, aveva dato inizio alla trottata.
Attraverso le redini aveva diretto l'animale su una stradina sterrata. Fortunatamente gli aveva fatto indossare delle comode scarpe da corsa.
Dopo qualche chilometro, le padrone avevano avuto voglia di sperimentare la forza e la resistenza della bestia.
Così il cavallo era stato frustato più volte fino a raggiungere una buona velocità di crociera.
Se appena accennava a diminuire l'andatura la padrona non esitava a colpirlo fino a che ritornava alla velocità desiderata.
Dopo qualche chilometro a quel passo l'animale era veramente stanco.
A quel punto le dominatrici avevano voluto vedere fino a che velocità poteva arrivare.
Così era stato frustato sulla schiena, sul culo, sulle cosce, sulla testa.
Aveva aumentato ancora l'andatura.
Aveva raggiunto la massima velocità per lui possibile e le padrone continuavano a colpirlo per spronarlo ancora.
Non ce la faceva più.
Cominciava a perdere un po' di bava.
Tuttavia le donne non si erano fatte di certo impietosire dalla fatica fisica di una stupida bestia, così continuavano a frustarlo.
La sua schiena era piena di striscioline rosse.
Dopo qualche centinaio di metri ancora la padrona aveva tirato un po' le redini per fare diminuire un po' la velocità dando così modo al cavallo di riprendere fiato.
Dal galoppo erano passati ad un leggero trotto.
Ora l'andatura era accettabile.
Avevano fatto un bel giro.
Le padrone si era fermate all'ombra di un albero.
Erano scese dal calesse e si erano sedute sull'erba fresca.
Si erano portate un cestino da picnic con alcuni panini e delle bibite fresche.
La bestia era stata fatta mettere a quattro zampe ma non era stata staccata dal calesse.
Lui era stato lasciato al sole come un cavallo in attesa di poter servire ancora i suoi padroni.
Naturalmente non gli era stato dato nulla da mangiare.
Dopo un bel riposo ristoratore, la due padrone erano risalite sul calesse.
La bestia aveva assunto nuovamente la posizione eretta.
Ora era la sua amatissima proprietaria ad avere le redini e la frusta in mano. Subito lo aveva colpito forte sulla schiena per dargli il via.
Dopo qualche chilometro di andatura leggera, lo aveva colpito ripetutamente per fargli aumentare la velocità.
Lo schiavo era stanchissimo, ma non poteva fare a meno di ubbidire agli ordini.
La velocità era aumentata sempre più ed ancora veniva colpito con la frusta.
La sua padrona voleva portarlo allo stremo delle forze per valutare la fedeltà, la dedizione e lo spirito di sacrificio del suo schiavo.
La bestia si rendeva conto che quella era una prova così non voleva deludere la sua sublime a adoratissima padrona.
Ancora la bava aveva fatto la comparsa.
La sua signora era soddisfatta.
Da quello schiavo poteva aspettarsi molto.
Aveva tirato un po' le redini per fargli diminuire la velocità.
Al trotto erano poi ritornati alla fattoria.
La bestia era stata sciolta dai finimenti ed era stata legata ad una sbarra della stalla.
Lì, a quattro zampe, era stato lasciato dalle padrone che si dirigevano verso casa.
Alla sera tardi lo schiavo aveva lo stomaco che quasi urlava dalla fame.
A mezzogiorno nulla aveva mangiato e lo sforzo al calesse gli aveva sottratto molte energie.
Poco prima di mezzanotte si apre la porta della stalla.
Sente un passo leggero di donna che si stava avvicinando.
La bestia si era immediatamente posta in ginocchio con la fronte che toccava terra.
La donna gli si era avvicinata.
Si trattava dell'amica della sua padrona.
Aveva in mano un piatto sporco con tutti gli avanzi, ormai freddi, della cena.
La signora aveva rovesciato tutto il contenuto del piatto sul pavimento sporco.
Poi gli si era avvicinata fino a porre i suoi bellissimi piedi a pochi centimetri dalla testa della bestia ancora prostrata.
Con un colpo di frusta sulla schiena ed un imperioso movimento del piede gli aveva fatto capire che doveva leccarle la scarpa che, per venire lì nella stalla, si era impolverata.
Così lo schiavo si era avvicinato bene alla calzatura sporca e aveva cominciato il suo lavoro di lingua.
Dopo qualche minuto la scarpa era pulitissima.
Ora toccava all'altra.
Al termine la donna, tutta eccitata, aveva indicato, a suon di colpi di frusta, alla bestia di sdraiarsi a terra.
I comandi veniva dati a gesti, utilizzando la frusta ed i calci.
La padrona non aveva mai parlato.
Si comportava come se effettivamente si stesse rivolgendo ad un animale che tanto non era in grado di capire. Inizialmente lo schiavo si era sdraiato sul torace a faccia in giù.
Non era quella la posizione che la sua padrone voleva assumesse.
Così la donna lo aveva colpito a frustate e con qualche calcio nei fianchi.
La bestia si era girata sdraiandosi così sul dorso.
La padrona aveva messo la suola della sua scarpa sulla bocca della bestia che subito aveva cominciato a leccarla.
Da quell'umile posizione aveva avuto modo di poter ammirare bene il corpo della sua attuale dominatrice.
Si trattava di una bellissima donna sui trent'anni.
Aveva un corpo bello sodo.
Era alta e ben fatta con un bellissimo paio di gambe inguainate in calze autoreggenti nere.
Gli si era rizzato subito il cazzo.
Dopo qualche minuto la donna si era spostata e gli aveva messo i piedi ai lati della testa.
Si era alzata la gonna.
Sotto non portava le mutandine e rivelava così una bellissima fica completamente depilata.
Si era chinata fino a porre il suo sesso a pochi millimetri dalla bocca dell'animale che, subito aveva estratto la lingua ed aveva cominciato a leccare.
Dopo qualche minuto la donna si era alzata ed era andata a sedersi sul cazzo eretto della bestia.
Si alzava e si abbassava a suo piacimento.
In preda all'eccitazione aveva graffiato il torace del sottomesso.
Finalmente lei aveva goduto.
Lo schiavo no.
La padrona si era nuovamente andata a sedere sulla faccia della bestia per farsi fare il bidè.
Poi aveva comodamente urinato nella sua bocca.
Naturalmente nemmeno una goccia era caduta sul pavimento.
Tutto era stato ingoiato dal cesso umano.
Espletati i suoi bisogni si era alzata.
Si era messa con i piedi a pochi centimetri dagli scarti di cibo gettati sul pavimento e, a colpi di frusta, aveva incitato la bestia a chinarsi in posizione canina per consumare la sua cena.
Il pavimento della stalla, ovviamente, era tutto sporco.
Tuttavia la sadica padrona voleva umiliare la bestia costringendola a mangiare da terra direttamente con la bocca.
Voleva vedere che tutto veniva mangiato.
Per stare più comoda era andata a sedersi sulla schiena dell'animale.
Terminata la cena, si era alzata, aveva frustato ancora, per puro divertimento, il cane a terra, e si era allontanata.
Da quella donna era rimasti altri giorni.
A parte quella sera, non era più stato costretto a restare nella stalla, ma adibito al servizio delle due donne peraltro molto esigenti.
Altre volte era stato usato come cavallo.
Ora la sua vita era destinata al servizio della sua bellissima padrona.
Faceva i lavori di casa, andava a fare la spesa e preparava i pranzi.
Soddisfaceva i desideri sessuali, per lo più perversi, della sua proprietaria.
Ritornando al presente, lo schiavo Sergio è ancora intento a leccare i piedi e le scarpe della sua proprietaria.
Matteo è ancora usato come comodo tappeto per i piedi dell'amatissima padrona.
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