Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

un paio di racconti, femdomilregno.

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view post Posted on 23/12/2016, 10:50     +1   +1   -1
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Professore/essa SM

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Donna Agnese dedicava i suoi week-end interamente al sesso e alle pratiche sadomaso. Aveva una scuderia personale composta da 6 schiavi, che amava alternare di continuo. Ogni due mesi, metteva un’inserzione per trovarne di nuovi, ne sceglieva uno o due e licenziava senza ripensamenti un paio dei più vecchi.
Quando, un anno dopo, mi buttò via come una scarpa vecchia , soffrii come un cane e mi sentii vuoto ed inutile per vari mesi. Ma per Donna Agnese gli uomini contavano meno di una bestia, di un oggetto domestico ed io non tardai a capirlo.
Risposi al suo annuncio. Alla mia supplica di poter essere preso in considerazione per le sue esigenze, seguì una breve corrispondenza. Due settimane dopo Donna Agnese aveva deciso che potevo essere idoneo per il suo harem.
-Non chiedermi mai amore o comprensione. Io ti userò a mio piacimento e quando non mi interesserai più, ti cancellerò dalla mia vita-
-Si signora-
-Non voglio complicazioni e pretendo un’assoluta dedizione. Ti chiamerò ogni volta che lo vorrò, ma tu non mi potrai cercare mai-
-Certo signora-
-Ho altri schiavi e non ammetto gelosie tra i mie devoti-
-Si signora è giusto- balbettai sottovoce.
Il primo incontro Donna Agnese lo utilizzò per conversare. Per tutto il colloquio, che durò circa un ora, rimasi completamente vestito, mani dietro la schiena anche se non mi era stato ordinato, in piedi davanti a lei seduta sul divano. Quando pensò di aver sentito tutto quello che riteneva importante mi liquidò porgendomi la mano da baciare.
-L'addestramento vero e proprio lo inizieremo tra due settimane. Suonerai alla mia porta venerdì a mezzanotte. Puntuale inizierà il tuo w.e -
Quando lasciai la sua casa mi girava la testa, ero frastornato. C'era in me un senso di responsabilità altissimo che rendeva tutto molto reale.

La prima settimana di prova, quella che Donna Agnese non considera far parte dell'addestramento, serve per mettere alla prova la disponibilità dello schiavo. Non ti da tregua. Io non ero sposato e sono un libero professionista, non avevo problemi a dedicarmi completamente a lei, ma so che un paio d’altri schiavi dovevano fare i salti mortali per correre da lei nei momenti più strani, senz’alcun preavviso. Una telefonata secca, un ordine perentorio. Ogni forma di richiesta, anche la più capricciosa, poteva venire all'improvviso, senza mai avere la possibilità di incontrare direttamente Donna Agnese.
Trascorse le due settimane a mezzanotte in punto suonai il campanello della sua abitazione dove venne ad aprirmi uno dei tre schiavi scelti per passare con lei quel fine settimana.
Precedentemente istruito lo schiavo, vestito da serva, con abiti molto umili composti da un grembiule grigio lungo fino ai piedi che lo impacciava nei movimenti e un foulard marrone in testa, mi fece accomodare in una stanza consegnandomi un foglio di carta dove Donna Agnese aveva scritto degli ordini per me.
Seguendo le istruzioni dovetti spogliarmi nudo e attendere la signora in quella stanzetta spoglia della sua casa, in paziente attesa, in ginocchio sul freddo pavimento di marmo.
Erano passate forse un paio di ore quando sentii aprire la porta. Il cuore cominciò a battermi forte. Sapevo che Donna Agnese mi avrebbe usato a suo piacimento fino al lunedì mattina: due interi giorni alla mercé di una sadica perversa. Ero più spaventato che eccitato.
Quando mi disse con voce ferma ma gentile che potevo alzare lo sguardo vidi che calzava sandali aperti dal tacco vertiginoso ed un abito nero aderente. I biondi capelli sciolti sulle spalle. Niente trucco, solo un velo di rossetto scurissimo, sulle labbra.
Ricordando la sua disponibilità al dialogo, mi aspettavo che si rivolgesse subito a me con qualche affermazione o domanda, invece Donna Agnese, si avvicinò senza parlare. Teneva in mano un collare di cuoio marrone, un guinzaglio a catena, dei morsetti a vite, un paio di manette di metallo, una catena corta con anelli regolabili. Buttò tutto per terra accanto a me con indifferenza ordinandomi di prendere con la bocca gli oggetti che aveva portato con sè e porgerglieli man mano che li nominava.
Per primo il collare che lei mi cinse al collo.
-Da oggi sei il mio cane -
-Grazie signora- dissi quasi gridando, spinto dall'emozione e dalla felicità, ma ricevetti un calcio sul fianco.
-Non puoi parlare fino a mio nuovo ordine! Un cane può solo guaire, abbaiare e camminare a quattro zampe-
Ed io abbaiai per dimostrare che avevo capito e accettato ogni sua parola.
-Ora passami il guinzaglio.- Lo fissò al collare e provò a farmi girare per la stanza, guidandomi con esso. La divertiva molto umiliarmi in quel modo.
Poi fu la volta delle manette, che fissò ai miei polsi, dietro la schiena.
Quando indicò i morsetti sentii il mio corpo fremere. Ad uno ad uno, glieli porsi tra i denti e lei li pinzò ai miei capezzoli. Non sarebbero stati troppo dolorosi se non si fosse divertita a girare la vite con forza crescente, fino a diventare un’ininterrotta, lancinante sofferenzafino al limite della sopportazione. Mi pareva che i capezzoli mi venissero dilaniati da pinze roventi fino a quando Donna Agnese allentò improvvisamente i morsetti ricordandomi che uno schiavo ben istruito resiste un giorno intero con i morsetti stretti al massimo. Umiliato abbassai lo sguardo.
Un anello di metallo mi fu infilato sul pene e a esso fissata una catenella fatta poi passare tra le natiche e fissata quindi ad un anello posteriore del collare. In tal modo, se mi fossi eccitato, l'erezione avrebbe fatto tendere la catena, che mi avrebbe segato le natiche:
-Anche la tua erezione mi appartiene-
- Si signora, grazie signora-
-La catena ad anello te lo ricorderà ogni secondo della tua giornata-
Mi trascinò fuori dalla stanza, in giro per la casa. Dovevo tenere il ritmo del suo passo per non essere strattonato continuamente per il guinzaglio. Ad ogni passo la catena collegata alla base del mio cazzo tendendosi mi dava ogni volta dolorose fitte allo scroto.
Dopo circa un quarto d'ora di passeggiata mi portò in una sala chiusa a chiave in fondo alla casa: la sala delle punizioni. Questa era anche l'unica stanza della casa ad aver i muri insonorizzati ed era attrezzata da far invidia ai più famosi dungeons inglesi.
In fondo nell'angolo più lontano ndella stanza vidi una gabbia di ferro, che conteneva al suo interno un uomo in posizione carponi. Un uomo non più giovanissimo, calvo e molto robusto, vi giaceva lamentandosi piano. Aveva anche lui i polsi ammanettati dietro la schiena e la posizione carponi gli veniva imposta da un collare che lo bloccava alle sbarre della gabbia tramite grossi anelli di ferro. Vidi che aveva dei morsetti ai capezzoli ed allo scroto e che era penetrato da un dildo di dimensioni molto grandi e il pene infilato in una serie di anelli di ferro che gli impedivano di indurirsi oltre una certa misura. Aveva gli occhi coperti da due strisce larghe di nastro adesivo e quando ci sentì arrivare, con voce roca, ci supplicò di liberarlo, perché non ce la faceva più a resistere così.
-È lì dentro da ieri mattina- mi spiegò Donna Agnese, imperturbabile - prima l’ho costretto a leccare da terra del sale. Stasera, forse, gli darò da bere la mia urina-
Avrei voluto chiedere cosa avesse fatto mai di tanto grave quel povero cristo per dover sopportare tanta sofferenza, ma intimorito, preferii non esprimere nessuna osservazione.
Donna Agnese però sembrò leggermi nel pensiero e disse indicando un vassoio in un angolo: "Ha rifiutato di mangiare le mie feci ieri mattina-
Guardai il vassoio e vidi che conteneva delle feci, ormai indurite e scure.
-Le ho conservate per lui. Domani leccherà perfino il fondo del vassoio, vedrai-
Avevo la pelle d’oca. I gemiti rauchi dello schiavo nella gabbia erano continui, come la sua supplica. Donna Agnese si soffermò a godere di questi lamenti. Infilò una mano tra le sbarre e gli torse uno dei morsetti al capezzolo destro e l’uomo urlò, sbarrando ridicolmente la bocca.
-La mangi, adesso?-chiese.
-Si miss, la mangio, la mangio. Vi prego, vi prego, la mangio, sì, la mangio tutta... ma datemi un sorso d’acqua- Balbettò l’uomo.
Donna Agnese gli rise in faccia e se ne andò.
-Pietà, vi prego pietà-
Il monotono, debole lamento dello schiavo sofferente si spense alle nostre spalle. Donna Agnese mi fece fermare e alzando in aria il braccio che teneva il guinzaglio mi sollevò il mento, fissandomi negli occhi.
-Hai visto come tratto gli uomini? come li uso?-
- Assoluamente si padrona-
- Ora andremo a giocare un po’ insieme e se non mi soddisferai completamente, domani nella gabbia ci sarai tu-
Mi portò in camera da letto. Adagiatasi tra i cuscini, mi ordinò di farla godere. Ma capii presto che non intendeva un piacere sessuale ma che quello che voleva da me era un compito da leccapiedi.
Nel corso di quell’anno, feci il suo cane da lecca innumerevoli volte. Era molto esigente, per quanto riguardava quell’operazione, e si irritava molto se lo schiavo in azione non dimostrava sufficiente entusiasmo e devozione.
Dopo mesi al suo servizio la mia frustrazione sessuale divenne veramente tanta. Donna Agnese non mi concedeva di fare sesso con le ragazze e ovviamente non si concedeva a me sessualmente. Per il suo piacere c'erano due schiavi appositamente addestrati per questo compito. Ma per me e gli altri schiavi non scelti al ruolo di "stalloni" l'unico contatto fisico con la padrona erano i suoi piedi e il suo sedere.
Amava sentire la saliva su tutta la pianta del piede, lisciata con colpi di lingua lenti e ritmici, dal calcagno alle dita, a lungo. A volte ordinava che la lingua fosse mossa molto rapidamente e che il piede venisse solleticato di punta, con colpetti frullanti e a spirale. La seduta poteva durare anche ore.Terminato il servizio di leccatura dei piedi, lo schiavo doveva quindi occuparsi del suo delizioso culo. Doveva infilare la lingua nel suo ano. A volte tale operazione provocava emissioni naturali di gas, ma guai se lo schiavo mostrava ripugnanza o si spostava. Anzi, doveva affondare ancor più il viso e leccare con maggior foga.
Fu la mia perizia di leccatore a mettermi in una posizione relativamente privilegiata, a poter evitare prove peggiori e più difficili.
In cambio della mia dedizione Donna Agnese mi insegnò tutti i piaceri del masochismo. Imparai ad assaporare le emissioni corporali della mia padrona, a tollerare il dolore della frusta, degli spilli, delle più raffinate torture genitali. Ma fin dall’inizio non mi illusi mai di durare a lungo.
Un giorno toccò anche a me di essere messo alla porta. Donna Agnese per la prima volta in un anno, venne ad aprirmi personalmente la porta di casa. Con un nuovo schiavo al guinzagli, porgendomi il mio collare, mi congedò sul posto senza nemmeno farmi entrare in casa...


- IL CAPO -
Capo esigente Luca, pretendeva sempre il massiomo dai suoi dipendenti. Letizia, ad esempio, la sua segretaria personale era stata scelta dopo una rigida selezione e fortuna volle che la migliore tra tutti fosse anche la più carina tra tutte le candidate: bionda, alta e formosa. Appena assunta Luca le impose di indossare sul lavoro sempre minigonne vertiginose e scarpe coi tacchi a spillo e Letizia, che era una ragazza non meno ambiziosa del suo capo, aveva di buon grado accettato la "richiesta" del suo datore di lavoro, pensando che vedersi davanti un paio di splendide lunghe gambe affusolate, fasciate da velate calze nere, ben disponeva ogni cliente maschio a parlare d'affari.
-"Letizia!"- chiamò Luca a gran voce con quel tono autoritario, che la ragazza sembrava temere molto- "Prenda dal terzo cassetto dell'archivio il fascicolo numero 56 e torni subito da me. Ecco la chiave, svelta!"
La ragazza uscì dalla stanza, se pur di fretta non dimenticò di salutare con il solito "mezzo inchino" che era abituata a fare in segno di saluto al suo capo. L'uomo sorrise, Letizia era stata proprio un' ottima scelta. Una dipendente efficente, dall' eccezionale capacità di risolvere brillantemente ogni problema burocratico e legale. Ambiziosa e fedele, era la collaboratrice perfetta per lui, pur così diversa delle donne che tanto lo affascinavano: autoritarie e capricciose. In realtà non ne aveva conosciute molte di donne autoritarie, fino a quel momento solo sognate. Avrebbe voluto partecipare a qualche riunione pubblica a tema femdom ma ogni volta che confermava la sua partecipazione poi, con una scusa o con un'altra, rinunciava lasciando che gli unici contatti con donne dominati restassero i soli contatti virtuali al computer. "Forse per questo aveva preso l'abitudine di scrivere su un diario i suoi più intimi pensieri femdom?" Stava riflettendo proprio su questa cosa Luca, quando all'improvviso un pensiero immobilizzò il suo corpo e un grido usci dalla sua bocca. -"Il diario!"- Il sangue gli si gelò in corpo. Aveva ordinato a Letizia di andare in archivio a prendere il fascicolo e improvvisamente ricordò che quel documento era chiuso nello stesso cassetto dove aveva riposto il suo diario, sul quale scriveva della sua incofessabile voglia di sottomissione alla donna. Sentì un calore improviso spandersi per tutto il corpo e se pur il pensiero della ragazza, intenta a leggere ogni suo più intimo segreto, lo eccitava da morire, quando vide Letizia aprire la porta del suo ufficio e senza bussare nè chiedere permesso, avanzare fino alla scrivania, si sentì soffocare. - "Ecco il tuo fascicolo capo"- gli disse la ragazza, dandogli del tu e porgendogli il documento.
Era chiaro che usare adesso la parola "capo", con quel tono beffardo, divertiva molto la ragazza e questo mise ancor più in agitazione Luca, che faticò a trovare il coraggio per guardarla neglio occhi. - "Oppure preferiresti essere chiamato verme?"- la ragazza non attese risposta - "No, che sciocchina che sono, a te piace essere chiamato schiavo!"- e continuando a ridere indicò con il dito indice il pavimento. Luca, grato di poter abbassare lo sguardo, si affrettò ad obbedire, inginocchiandosi ai suoi piedi, mentre emozioni forti, mai provate prima, stavano invadendo la mente e i sensi di Letizia. -"Come si saluta la tua padrona?!" chiese la ragazza, con voce che non nascondeva la sua eccitazione. -"Buongiorno padrona". rispose Luca ma il silenzio di Letizia gli fece comprendere che non era la risposta che la ragazza voleva da lui.
-"Buongiorno signora padrona?". Ancora silenzio. Letizia porse in avanti un piede e Luca comprese e stavolta non sbagliò. Iniziò a leccare a lungo la scarpa, poi prese il tacco tra i denti e tirò verso il basso togliendole la scarpa e iniziando a leccare il piedino con desiderio e passione. Letizia fu piacevolmente colpita da questa iniziativa spontanea.
-"Mi perdoni padrona se non l'ho salutata subito come si deve". -"Non preoccuparti schiavo, avrai tempo per imparare i miei desideri e soddisfarli alla perfezione". -" Si signora, certo!" rispose Luca, riprendendo a leccerle il bellissimo piedino. -"Lo sai schiavo cosa stò pensando?"
-"Cosa padrona?" Luca non riusciva a staccare gli occhi dai piedi della giovane donna. -"Che il tuo abbigliamento va migliorato, proprio come tu hai voluto migliorare il mio". Voleva umiliarlo! L'obbligò a togliersi i vestiti. Lo voleva nudo davanti a lei, denudato dei vestiti e dell'orgoglio. Luca obbedì.
Non riuscì a trattenere l'erezione davanti a Lei e questo gli procurò un imbarazzo pazzesco. Lei lo percepì e giocò con questo suo imbarazzo. Calcolatrice perfetta stava lavorando nella mente della sua vittima, gli ordinò di masturbarsi e di farlo in fretta. La ragazza sembrava aver trovato pienamente confidenza con il suo nuovo ruolo. -"Questa sarà la tua ultima eiaculazione".
Luca confuso non riusciva a dare un senso a queste parole. -"Comprerai una cintura di castità"- spiegò Letizia, come se avesse letto nel pensiero dell'uomo -" e comprerai anche abiti femminili: mutandine, calze e ovviamente minigonne vertiginose e scarpe coi tacchi a spillo, che in questo ufficio tanto sono apprezzate. Giusto capo?" "Abiti femminili signora? Come posso indossare abiti femminili in uffico? Ma, ma , ma... i clienti? Sia comprensiva la prego!"
Era la prima volta che veniva sottomesso e umiliato da una donna e la cosa lo eccitava da impazzire. Così, nonostante l'imbarazzo non trascorse molto tempo, che il pensiero di questa sua nuova condizione lo fece eiaculare. -" Bene, adesso pulisci, lecca tutto!" Letizia sembrava essere rimasta totalmente indifferente alla "scena" appena vista.
Luca capì che non aveva senso insistere con le sue domande e comunque insistere non gli interessava più. Finalmente si stava realizzando il suo sogno. Sentì che non era più importante chiedersi cosa Letizia volesse da lui, gli interessava solo che non smettesse di volerlo! Guardò la ragazza e gli sembrò ancora più bella, con quella sua aria da regina. Possibile non lo avesse notato prima? Bellissima, alta, autoritaria! Luca sentì il cuore battergli forte, pieno di riconoscenza.
Letizia sembrò ancora una volta leggergli nel pensiero. Gli si avvicinò, lo accarezzò in volto e sorrise. -" Dai vestiti e esci da questa stanza. Ti concedo il pomeriggio libero per fare le compere che ti ho chiesto".
Luca le ricambiò il dolce sorriso, poi abbassando la testa, in segno di sottomissione e di resa, uscì silenziosamente dalla stanza, come gli era stato ordinato.
 
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manservetta
view post Posted on 23/12/2016, 15:59     +1   -1




Fantastico il secondo
 
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view post Posted on 24/12/2016, 23:54     +1   -1
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Maestro di Piedi

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Anche il primo è meraviglioso...avrei voluto leggere qualcosa di più sugli schiavi stalloni ...
 
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