Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

La spietata Ludovica

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view post Posted on 7/4/2014, 01:01     +3   +1   -1
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Ho deciso di scrivere un racconto inventato da me di sana pianta. In realtà è una mia fantasia che da tempo mi aleggia nella mente, spero sia di vostro gradimento.

L’anno scolastico stava stranamente volgendo al termine in maniera molto rapida e, sebbene non vedessi l’ora di godermi le vacanze estive, ero un po’ triste perché avrei passato meno tempo con Ludovica. Ludovica è stata mia compagna di classe fin dalle medie, una ragazza bella da mozzare il fiato, bionda, occhi marroni, fisico perfetto e un sorriso oltremodo affascinante. Ma ciò che di Ludovica colpiva più di tutto era il carattere: era consapevole della sua bellezza sin dalla tenera età e ciò la portò a sentirsi sempre al di sopra degli altri, in particolare era solita snobbare e deridere chiunque, specialmente chi, sia per motivi estetici o caratteriali, aveva più difficoltà a relazionarsi con le persone (gli sfigati per intenderci). Amava essere al centro dell’attenzione e godeva nel vedere il disagio di tutti i ragazzi che provavano ad avere un approccio con lei. Un carattere naturalmente votato alla dominazione.
È inutile dire che dal primo momento in cui la vidi ne fui perdutamente innamorato e, consapevole del fatto che un essere superiore come lei non sarebbe mai potuto stare con una nullità come me, decisi di diventarle amico, o meglio di diventare il suo cagnolino. Infatti solevo offrirle i miei servigi per qualsiasi necessità e col tempo lei imparò ad approfittarne in maniera sempre più spudorata. Le dovevo puntualmente svolgere i compiti perché i compiti si sa sono per gli esseri inferiori, portare la cartella poiché è un lavoro che ben si addice alle bestie come me, scarrozzarla a mie spese ogniqualvolta lo desiderasse nonostante questo da parte sua non arrivò mai alcuna riconoscenza, anzi non perdeva occasione per deridermi ed umiliarmi. Ma in fondo a me andava bene cosi, mi sentivo onorato di stare in sua presenza e già solo il fatto che mi rivolgesse la parola, anche se per umiliarmi, mi pareva un regalo. Questa situazione col tempo degenerò fino a condurmi ad un sentimento di totale sottomissione e pervase la mia anima il desiderio che lei prendesse il totale controllo su di me e mi umiliasse senza ritegno per il semplice gusto di farlo.
Quel giorno decisi di fare la mia mossa. Quando la vidi vicino al cancello d’uscita era sola (poiché la campanella era suonata da un pezzo) ed era intenta a fumare una sigaretta . Mi avvicinai e, senza degnarmi di uno sguardo, dalla sua bocca uscì una nuvola di fumo accompagnata dalle parole: “Ciao Bobby” (penserete che sia il mio soprannome e invece quello è il nome del cane di Ludovica, infatti, considerandomi alla stregua di un cagnolino, aveva deciso di chiamarmi così). “Ciao Ludo” risposi “scusa per il ritardo ma la prof ci ha trattenuto in classe”. Non disse nulla e si limitò a gettare il mozzicone della sua sigaretta, ormai finita, in direzione mia, tanto che mi sfiorò una guancia. “Andiamo! Devi accompagnarmi a casa”. Fece per avviarsi verso la mia macchina, quando le dissi “Aspetta! Ho un regalo per te” e tirai fuori dallo zaino una scatola. “Un regalo? Un pezzente come te che regalo potrà mai farmi? Ahahah!!! Dai finiscila e muoviti a salire in macchina o giuro che domani ti compro un guinzaglio per portarti a spasso e ti obbligo a indossarlo davanti a tutti, e so che lo faresti”.l’ultima frase uscì con tu tono velenoso, quasi fosse carico di disprezzo.
Era ormai seduta sul sedile e stava per chiudere la portiera quando con uno scatto la fermai, mi inginocchiai di fronte a lei e le porsi la scatola aperta. Ero riuscito a stupirla, dentro la scatola infatti ci erano un paio di decolté Louboutin nere ricoperte di borchie argentate del valore di più di 1000€. Pochi giorni prima infatti avevo vinto una schedina di scommesse calcistiche con quella cifra e all’inizio avevo deciso di incassare i soldi e portarli ai miei genitori, poiché per noi questo è un periodo un po’ difficile dal momento che mio padre è stato licenziato e mia madre è in cassa integrazione e io sapevo che ogni centesimo avrebbe fatto comodo, ma poi la mia indole sottomessa aveva preso il sopravvento e decisi di gettare letteralmente quei sodi sotto i piedi di Ludovica (la quale tra l’altro era ben a conoscenza della mia situazione economica).
Dopo qualche secondo in cui fissò un po’ stupita il contenuto della scatola, disse: “Allora non sei proprio solo una bestia inutile” “Grazie Ludo ne sono molto onorato, permettimi di indossartele cosi che tu le possa provare”. Lei annuì e subito iniziai a slegarle le stringhe delle sue All Star bianche, gliele sfilai, sfilai anche i calzini i quali erano leggermente umidi di sudore dovuto alla mattinata passata a scuola ed infine le calzai quelle splendide decolté. Inutile dire che le stavano divinamente e nell’insieme la rendevano ancora più bella, ancora più perfetta, ancora più Ludovica.
Fece qualche passo avanti e indietro e nel farlo si atteggiò (giustamente) come una modella, poi si girò verso di me, che ero rimasto in ginocchio imbambolato a fissarla, e disse”Hai la bava alla bocca vero Bobby?! È incredibile quanto tu sia patetico, mi veneri a tal punto da comprarmi un regalo fuori dalla tua portata piuttosto che aiutare la tua famiglia! Fai proprio schifo”. Il suo egoismo sconfinato mi travolse tanto che abbassai la testa, conscio però che ogni singola parola che aveva detto, per quanto dolorosa, era sacrosanta.
Il parcheggio era sterrato e quando Ludovica tornò verso la macchina le splendide scarpe che le avevo appena regalato erano già ricoperte da un alone bianco di terra. Mi superò e andò a sedersi sul sedile e fu allora che le dissi “Aspetta Ludo, ti si sono sporcate!” e senza aspettare una sua risposta mi avvicinai e iniziai a leccale le scarpe che aveva ancora indosso, centimetro per centimetro.
Scoppiò in una risata divertita aveva un espressione tra lo stupito e il soddisfatto , che si trasformò definitivamente quando le sollevai il piede e, scoppiando in lacrime, iniziai a leccare anche la suola.
“Il servizio completo eh?! Finalmente hai capito qual è il posto che spetta alle bestie come te! Falle brillare, non ci voglio vedere nemmeno il ricordo della polvere sopra e ritieniti onorato di poter ingoiare il terreno su cui ho camminato, pezzente che non sei altro!”
La metamorfosi del nostro rapporto era decisamente avvenuta e mi fu ancora più chiara pochi secondi dopo.
Quando finii il mio lavoro, e ci impiegai un quarto d’ora buono poiché volevo che quelle decolté splendessero come quando gliele avevo mostrate pochi minuti prima, Ludovica mi ordinò di sfilargliele e riporle nella scatola in modo da non rovinarle e pretese che le rimettessi le sue scarpe. Completato il mio compito feci per alzarmi e finalmente andare al posto di guida per poterla accompagnare a casa, quando il suo piede, che ora calzava le All Star bianche, calò pesantemente sulla mia mano appoggiata al suolo, schiacciandola dolorosamente e impedendomi di fatto di rialzarmi. “Non credi che, sebbene queste scarpe non siano così costose come le altre, dal momento che sono indosso a me meritino lo stesso trattamento?! Avanti pezzente lecca!”. Non melo feci ripetere due volte e incominciai a leccare con colpi larghi e lenti le sue Converse che, essendo le scarpe che usa tutti i giorni, erano ben più sporche delle precedenti. Vinsi il disgusto e mi decisi a leccare anche le suole, nere e sudice, come nera e sudicia sarebbe poi diventata la mia lingua terminato il compito. Ludovica intanto godeva di tutto ciò, stava vivendo l’esperienza che avrebbe sempre voluto provare e che era convinta di meritare per la sua sconfinata bellezza: possedere uno schiavo da umiliare nei modi peggiori, pronto ad esaudire ogni suo capriccio e a svolgere i compiti più disdicevoli senza alcun motivo.
“Quello è il posto che ti spetta e quello che da ora in poi dovrai occupare! Quel minimo di considerazione che ancora nutrivo per te è completamente sparita. Per me tu d’ora in poi sarai solo un lurido verme e sbrigati con quelle scarpe che ho voglia di tornare a casa”
Leccai freneticamente finché non fu soddisfatta, dopodiché l’accompagnai a casa e quando arrivammo le aprii la portiera, mi inginocchia in mezzo alla strada e le baciai di nuovo le scarpe. “Vedi di essere puntuale domani mattina lurido perdente leccapiedi” così mi congedò e sparì dietro il cancello della villa.

Se vi è piaciuto ho in mente anche qualche episodio per continuarlo. Fatemi sapere se volete che continui e soprattutto se avete dei consigli sono felice di leggerli e (se sono affini al mio interesse e alle pratiche di dominazione che mi intrigano) sono felice di inserirli nei prossimi episodi .
 
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ristic
view post Posted on 7/4/2014, 16:24     +1   -1




E' sulla falsariga della mia Sabrina, continua fratello!!!!!
 
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demian2
view post Posted on 7/4/2014, 17:26     +1   -1




Bella fratellino.
 
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view post Posted on 7/4/2014, 21:21     +1   -1
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Mi piace!
 
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sempre sottomessoalla donna
view post Posted on 8/4/2014, 07:40     +1   -1




Continua continua.....perfetta questa linea da apprezzare tantissimo il soffermarsi su ogni singolo istante.....bravissimo...aspetto il seguito con ansia!
 
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view post Posted on 8/4/2014, 18:22     +2   +1   -1
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Eccomi di nuovo con il secondo capitolo! ringrazio tutti per i bei commenti! buona lettura!

I giorni passavano e il suo comportamento diventava sempre più irrispettoso nei mie confronti, non che potessi aspettarmi altro dopo che in pratica ero stato io a volere questa situazione, e tutto sommato a me stava più che bene così. Oltre al rituale della pulitura delle scarpe, diventato ormai un appuntamento fisso prima del rientro da scuola, erano decisamente aumentate le umiliazioni verbali e psicologiche, anche in pubblico, e ad esse si aggiunsero anche quelle fisiche.
Un pomeriggio ad esempio mi inviò un messaggio dicendomi di presentarmi da lei con la mia macchina e che avrei dovuto accompagnarla a svolgere delle commissioni.
Arrivai sotto casa sua qualche minuto prima dell’ora stabilita e mi feci trovare prostrato di fronte al cancello (l’idea mi venne perché la casa aveva un viale d’accesso privato, in più non vi era nessuno nell’abitazione perché i suoi genitori erano al lavoro e quindi ero sicuro di non essere visto). Quando uscì di casa rimasi incantato: indossava una maglia leggera rosa che lasciava scoperta una spalla, jeans chiari attillati, un paio di occhiali da sole con lenti marroni e ai piedi delle splendide decolté bianche lucide con tacco a spillo discretamente alto. Stranamente aveva con sé una borsa davvero molto capiente e mi domandai a cosa le servisse e quanto doveva pesare, ma, visto che non mi aveva specificato cosa avesse dovuto fare nel pomeriggio, pensai che doveva ritirare qualche cosa di molto voluminoso. Comunque chinai subito il capo così da avere la fronte sul pavimento e rimasi immobile ad aspettarla.
“Cos’è? Non si saluta più ora?” disse con tono seccato ed io automaticamente iniziai a baciare e leccare le sue scarpe inserendo uno o due “scusa,mi dispiace” tra un colpo di lingue e l’altro. Nel frattempo si chinò e appoggiò il mozzicone della sigaretta che stava fumando sulla dorso della mia mano, accompagnando il gesto con un “Guai a te se ti muovi!”, attese qualche secondo (giusto per farmi soffrire un po’ il dolore della sigaretta ancora accesa sulla pelle) e, alzando la suola che avevo appena finito di lucidare con la mia lingua, spense il mozzicone che stava sulla mia mano, senza dimenticarsi di ruotare sadicamente la pianta per causare più attrito. Il dolore che provai fu elevato, tanto che una lacrima mi colò su un guancia, ma non fu nulla in confronto alla fitta interiore che mi causò ciò che disse subito dopo Ludovica: “Brutto incapace non sai nemmeno pulire un paio di scarpe come si deve, anche come schiavo non vali niente! ahahahah”. Il mozzicone e la cenere infatti si erano attaccati alla suola a causa della mia saliva che ancora la ricopriva. “Mangialo Pezzente! Voglio vedere che lo ingoi” disse questo puntando il tacco sull’asfalto e porgendomi la suola così impreziosita. “M-m-ma Ludo io…cioè non so se…” “Non esistono ma con me, io sono un essere superiore e tu sei solo feccia, anzi dovresti ringraziarmi che ti faccio mangiare la feccia sotto le mie scarpe perché non saresti degno nemmeno di quella!!” e cosi dicendo piantò il tacco con violenza sulla mia mano strappandomi un grido di dolore. Mi feci coraggio e staccai quel pezzetto di materia rivoltante con la mia lingua e lo ingurgitai non senza difficoltà, infine leccai via la cenere rimasta, così finalmente Ludovica tolse il suo tanto stupendo quanto sadico piede dalla mia mano.
Con un calcio mi fece capire che era tempo di andare, quindi le aprii la portiera, la feci accomodare ed infine partimmo.
Io mi limitavo a guidare mentre Ludovica, sdraiata sul sedile posteriore (quando la scarrozzavo mi considerava alla stregua di un autista perciò non si sognava minimamente di sedersi sul sedile anteriore e ciò mi causava un po’ di imbarazzo) distrattamente mi dava indicazioni su dove dirigermi, mentre scriveva messaggi con il cellulare. Le sue indicazioni mi parevano prive di senso poiché, dopo un po’, mi accorsi che ci stava facendo girare in tondo per le vie del paese, ma nonostante ciò non osai farglielo notare, memore di come mi aveva trattato solo qualche minuto prima.
Fu quando si accese la spia della riserva che la situazione mutò: Ludovica aveva abbandonato il cellulare e aveva iniziato a dirigere attentamente il nostro percorso fuori città, verso la campagna. Più l’indicatore di benzina scendeva più noi ci trovavamo su strade sperdute e disabitate, allorché non riuscii più a trattenermi e dissi “La benzina sta quasi per finire del tutto, non sarebbe megl…” uno schiaffo mi colpì in pieno la faccia e il rumore risuonò sordo all’interno dell’abitacolo. Non serviva aggiungere altro e continuai dritto per quella stradina di campagna che mi aveva indicato in mezzo ai campi fino a che, tossendo un po’ la macchina non decise di fermarsi.
“E adesso come facciamo? Non penso ci siano benzinai in zona per poter rifornire?” dissi io con tono preoccupato. Il viso di Ludovica si illumino e un sorriso oltremodo sadico si dipinse sulla sua bocca perfetta: “Hai perfettamente ragione, il primo benzinaio è a oltre 10km da qui e sai ora cosa succede, vero bestia da soma?!”. Le ultime parole mi avevano fatto capire quale fosse il piano che aveva architettato fin dall’inizio e la disperazione invase le mie membra: “No ti prego Ludovica non farmi questo, è davvero disumano ti prego” “Ma tu non sei un essere umano ahahahahah” e cosi dicendo aprì la famosa borsa dalla quale tirò fuori diverse corde e catene.
Fu lei la prima a scendere dalla macchina e venne addirittura ad aprirmi la portiera (non stava nella pelle all’idea che il suo sadico piano fosse andato in porto e ogni suo gesto era guidato dalla più profonda eccitazione). Mi indicò un punto di fronte alla macchina, io con riluttanza mi alzai dal posto di guida e con la faccia di chi implora pietà mi posizionai dove voleva. Iniziò a legare le varie corde e catene alla macchina (i suoi avevano una barca a vela da prima che lei nascesse e quindi Ludovica se la cavava decisamente bene con i nodi) così che, in men che non si dica, mi trovai bardato come un cavallo da traino in piena regola. A lavoro ultimato mi gettai sulle ginocchia e in lacrime cominciai a baciarle le scarpe come un forsennato, supplicandola di non farmi questo. Rimase un po’ a godersi la scena, la faceva sentire estremamente potente, poi all’improvviso si mosse di scatto e le uniche cose che sentii furono qualcosa che mi stringeva il collo e un “click” dietro la nuca. Ero terrorizzato, ma il mio terrore sarebbe di li a poco aumentato in maniera esponenziale quando sentii: “ Te l’avevo detto che ti avrei comprato un bel collare da bravo cagnolino, però questo è un colare un po’ diverso dal solito” ZAAAAP!!! Improvvisamente una fitta al collo mi fece crollare completamente a terra in preda a spasmi dolorosissimi “Hai capito di cosa si tratta? È un collare elettrico come quello che usano per addestrare le bestie rognose come te!! Io se fossi in te non proverei nemmeno ad avvicinare le mani al collo per cercare di toglierlo, altrimenti sappi che non alzerò più il mio regale dito da questo bottone ahahahaha”.
Non potevo crederci, come poteva essere così senza cuore? Come poteva trattare così un altro essere umano? La sua indole mi era ben nota sin da subito, ma mai e poi mai avrei pensato che potesse spingersi così oltre. La cosa mi spaventava a morte, ma non so come, nel profondo del mio cuore, sentivo che ciò che Ludovica faceva era giusto, infatti lei era un essere superiore ed io al suo cospetto solo una bestia da soma, pertanto aveva tutto il diritto di trattarmi come tale, o peggio.
“Ringraziami!” tuonò e accompagnò l’ordine con una violenta scossa. Come di consueto mi dilaniai la lingua sulle su splendide calzature, o forse con anche maggior convinzione del solito dovuta alla costante minaccia che il diabolico arnese esercitava su di me. successivamente un’altra scossa accompagnò i’ordine di mettermi a quattro zampe davanti al paraurti anteriore. Mi usò come gradino per salire sul cofano della macchina e, badando bene a conficcarmi più del dovuto i suoi tacchi appuntiti nella schiena nel farlo, si sedette sul tettuccio a mo di “sadico cocchiere infernale” o come un’imperatrice farebbe su una portantina trasportata a braccia da un gruppo di schiavi: “Io ora prendo un po’ di sole e mi rilasso quassù, mentre tu là sotto sgobberai disumanamente per riportare indietro la macchina, è chiaro?! E vedi di non battere la fiacca altrimenti saprò come farti accelerare ahahaha!” disse l’ultima frase facendo ciondolare tra due dita il telecomandino del collare in direzione mia, poi lo afferrò e con decisione ZAAAAAAAPPP! Quello era il segnale che mi avrebbe fatto cominciare quel compito così disumano.

CONTINUO?
 
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view post Posted on 8/4/2014, 20:23     +1   -1
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tappetino per signora

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evviva! Un altro scrittore! Complimenti, scrivi davvero bene, mi sembra di essere li con la frustante Ludovica :)
 
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view post Posted on 8/4/2014, 21:06     +1   -1
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CITAZIONE (andybis @ 8/4/2014, 21:23) 
evviva! Un altro scrittore! Complimenti, scrivi davvero bene, mi sembra di essere li con la frustante Ludovica :)

Non è il mio primo lavoro sul forum. Se può interessare questo l'ho scritto quasi un paio d'anni fa https://smfetish.forumcommunity.net/?t=53094600
 
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view post Posted on 8/4/2014, 22:25     +1   -1
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Devi continuare! E mettere anxhe l'ultimo capitolo dell'altro! Li sta leggendo anche la mia compagna, che non pratica ma sa della mia passione, non si sa mai che...
 
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view post Posted on 8/4/2014, 22:43     +1   -1
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CITAZIONE (piccolo strong @ 8/4/2014, 23:25) 
Devi continuare! E mettere anxhe l'ultimo capitolo dell'altro! Li sta leggendo anche la mia compagna, che non pratica ma sa della mia passione, non si sa mai che...

quoto al 100%, nel senso che dovresti continuarli entrambi, sono bellissimi!

Edited by ^winston^ - 9/4/2014, 01:42
 
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sempre sottomessoalla donna
view post Posted on 9/4/2014, 07:40     +1   -1




Sei uno scrittore eccezionale complimenti!Spero continui molto presto....
 
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ristic
view post Posted on 9/4/2014, 11:30     +1   -1




E lo chiedi pure se devi continuare????? Sbrigati senno' schiaccio anch'io il bottone del telecomando!!
 
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view post Posted on 9/4/2014, 21:42     +2   +1   -1
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ringrazio di nuovo tutti per i commenti. sebbene l'eccitazione che mi guida a scrivere questa storia sia altissima, i vostri apprezzamenti giocano un ruolo fondamentale sulla mia volontò di continuarla

ecco a voi il nuovo capitolo! Buona lettura!

CAPITOLO 3
Decisi di accorciare il più possibile la mia sofferenza e di impegnarmi al massimo delle mie forze per compiacere la volontà della mia Dea. Puntai i piedi nel terreno e cominciai a tirare vigorosamente. I primi metri sono sempre i più duri perché bisogna smuovere la macchina ancora ferma, ma appena le ruote stavano per cominciare a girare ecco che ZAAAAPP! e una scossa mi fece bloccare dal dolore, vanificando tutti i miei sforzi. Inutile dire che Ludovica scoppiò subito a ridere “Che c’è mezza sega? Non riesci a fare nemmeno un metro? Ahahaha! Dovrai impegnarti di più!!”. Feci altri tentativi, ma ogni volta la storia si ripeteva la stessa situazione e io non riuscivo a smuovere l’auto nemmeno di un centimetro e, dopo la sesta scossa consecutiva in pochi minuti, caddi pesantemente prima sulle ginocchia e poi sulle mani. “Ti muovi o no? In piedi schiavo! Guarda che se scendo sono dolori seri, ti farei rimpiangere 10 minuti di scosse ininterrotte!”. La mia odissea non era nemmeno cominciata e già ero al limite delle mie forze, ma,un po’ perché spaventato dalle sue parole, un po’ perché non volevo deluderla, mi rialzai di scatto e, dando un forte strattone, riuscii a mettere in movimento la moderna carrozza. Dopo i primi metri, in cui mi aiutai anche piantando le mani nel terreno, lo sforzo diminuì sensibilmente e l’andatura si fece regolare e “spedita”; dopo tutto avevo 10km da percorrere e, sebbene fossero le 2 di pomeriggio, avrei impiegato molto tempo a compiere la traversata, perciò avrei dovuto sbrigarmi per essere a casa entro l’ora di cena. Ludovica era comodamente sdraiata sul tettuccio dell’auto, con un sorriso stampato sul viso che non riusciva a mandare via: era soddisfatta, si sentiva bene…infliggere sofferenza la faceva sentire bene e aveva finalmente capito che a quella sensazione non avrebbe mai più rinunciato. Al piano inferiore invece le cose non andavano così bene, infatti, anche se a livello psicologico le mie sensazioni erano molto affini alle sue, poiché anch’io non avrei più voluto rinunciare al suo dominio su di me, a livello fisico iniziavano a manifestarsi i primi problemi. Ogni passo era sempre più faticoso, le vene pulsavano nel mio corpo, il viso era completamente rosso e una doccia di sudore aveva ricoperto le mie membra. Più combattevo per avanzare, più le corde che si intrecciavano sul mio petto e sulle mie spalle affondavano nella carne, ricoprendo la mia pelle di abrasioni e lividi, ma tutto ciò no sembrava turbare minimamente Ludovica che, come si accorse di un impercettibile rallentamento dovuto alla mia evidente stanchezza, non si fece nessuno scrupolo ad infliggermi un’impietosa scarica elettrica.
“Pietà ti scongiuro, non posso continuare, non ce la faccio, davvero…sono stremato” e nel dirlo mi girai verso il cofano della macchia e cominciai a leccare le suole delle sue splendide decolté sperando che un briciolo di compassione la guidasse in direzione della mia salvezza. Ancora adesso mi stupisco della mia stupidità: Ludovica non conosceva la pietà! Non so per quanto tenne il dito sul pulsante che aziona il collare, fatto sta che caddi a terra semi svenuto e ci misi qualche minuto per riprendermi. “Quando il signorino ha finito di fare il suo riposino di bellezza potremmo ripartire?” disse in tono tra lo scherno e il seccato “Avanti , non sto scherzando vedi di muoverti pezzente, sto iniziando ad avere caldo stando ferma qui, voglio un po’ di brezza tra i miei capelli e sai che ciò che voglio lo ottengo, anche a costo di calpestare il tuo corpo morente ahahahah!”. Non sapevo più cosa fare, quindi feci semplicemente ciò che mi era stato ordinato e ricominciò il mio supplizio.
Era una calda giornata di giugno e per di più era pieno pomeriggio. Il sole scagliava i suoi raggi con la massima intensità , senza pietà, tanto che fantasticai addirittura che fosse anche lui soggiogato a Ludovica e che lei, con il suo potere, potesse usarlo per infliggermi ancora più sofferenza. Volontà sua o meno il sole rimaneva cocente e ben presto prosciugò tutte le mie forze, ero pericolosamente disidratato credo.
Rallentai di nuovo, ma questa volta nemmeno le terribili scosse riuscivano a risvegliare le mie forze: “ACQUA…A-ACQUA…ho bisogno di a-c-qua…ti supplico a-c-q-ua…”.
Se non avessi avuto la vista così annebbiata dal caldo atroce e il cervello sconnesso per lo sforzo che stavo compiendo e fossi riuscito a vedere l’incarnazione del sadismo che si impossessava di Ludovica quando menzionai quella parola, sicuramente non avrei gioito nel sentire la sua risposta: “Acqua? Perché no?! In fondo anche alle bestie più spregevoli non si nega qualche sorso d’acqua ogni tanto”.
Mi precipitai davanti al paraurti a quattro zampe per farle da scalino e permetterle di scendere. Ovviante nel farlo non risparmiò la sua consueta attenzione a piantarmi nella maniera più dolorosa possibile i tacchi nella schiena, ma non mi importava e appena poggiò i piedi a terra mi precipitai a baciarglieli e a ringraziarla. “Eh no! Non basta questa volta! Ci ho riflettuto un po’ e ho concluso che da ora in poi dovrai baciare anche la terra su cui cammino!”. Riuscivo a pensare solo alla mia sete e così iniziai a baciare il sentiero sterrato in corrispondenza dell’orma lasciata dalle sue scarpe dopo ogni passo che fece per dirigersi verso il bagagliaio, ignorando anche il fatto che la terra secca su cui posavo le labbra asciugava sempre di più la mia gola. Prese una bottiglia d’acqua che tenevo sempre in macchina in caso di necessità e un recipiente di plastica simile ad un piccolo catino. Il mio sguardo divenne perplesso quando la vidi allontanarsi una cinquantina di metri oltre il muso della macchina, posare la bacinella e riempirla d’acqua. Tornò indietro e mi fece posizionare davanti all’auto, ma questa volta non più in piedi, bensì a quattro zampe. Si tolse le scarpe infilandomi il tacco della prima in bocca e posizionando la seconda in bilico sulla mia schiena, così che le sorreggessi entrambe. e disse: “Non avrai mica ceduto che ti avrei fatto bere senza prima guadagnartelo? Sono così magnanima che ti permetto di bere, però dovresti sapere che tutto in questo mondo ha un prezzo e per i pezzenti come te è giusto che anche le cose più semplici costino immensi sacrifici ahahaha! È semplice: devi solo raggiungere la bacinella….trainando la macchina….a quattro zampe, come la bestia da soma che sei…..e senza osare far cadere le mie scarpe è chiaro?! Ahahahah!!”.
Sbarrai gli occhi e iniziai a piangere, o almeno ci tentai visto che ero talmente assetato che non avevo più liquidi nemmeno per le lacrime. Il segnale di partenza fu l’ormai consueta scossa, a cui ora rispondevo come un animale ammaestrato, ma già quella rischiò di farmi cadere entrambe le sue scarpe: quella sulla schiena per il brusco contrarsi dei muscoli sottoposti all’elettricità, quella in bocca poichè stava automaticamente per uscire un urlo di dolore, che prontamente soffocai sul nascere. La macchina non si spostava di un millimetro perché nella posizione in cui mi trovavo la quantità di forza applicabile era decisamente inferiore che stando in piedi. Le ginocchia cominciarono a slittare sul terreno, lacerando dapprima i sottili jeans estivi che indossavo e successivamente la mia pelle. Gocce rosse iniziarono ad espandersi sotto di me, sgorgando da dolorosissimi tagli che si erano aperti lungo tutta l’articolazione, ma almeno questo sforzo produsse un qualche risultato, perché la macchina cominciava a muoversi. Arrancavo strenuamente verso la tanto agognata meta, soffrendo come un disperato ogni volta che una delle mie ginocchia poggiava per terra e nel continuo timore che in tutto questo sforzo facessi scivolare accidentalmente una delle preziose scarpe di Ludovica.
Già…Ludovica; dov’era Ludovica in tutto questo? Era di fianco a me che, scalza, seguiva il mio andamento sciancato e sofferente con un’espressione oltremodo divertita, come se stesse assistendo ad uno sketch comico di qualche cabarettista. Il mio ritmo, per quanto lento e goffo, era divenuto più regolare, forse anche per merito delle “scosse di incitamento” (come aveva deciso di chiamarle) che la mia Dea mi infliggeva lungo tutto il percorso. Quest’andamento regolare però la disturbava e il suo innato istinto da padrona sadica la spinse ad agire per rimescolare di nuovo le carte. Prese la scarpa che stava sulla mia schiena e me la cacciò violentemente in bocca a fare compagnia alla sua gemella, poi, con un balzo, mi salì in groppa atterrando pesantemente sulla mia spina dorsale. “Ti piace vincere facile tu lì sotto vero? Volevi prendermi in giro fingendo che fosse un compito difficile? E ora come la mettiamo? Ahahah”.
Sebbene fosse magra da far invidia ad una modella, in quel momento il suo peso sembrò vicino a quello di un tir venuto a parcheggiare proprio sulla mia schiena. Lo sforzo divenne insopportabile, il cuore aveva deciso che di lì a breve avrebbe fatto una capatina a prendere un po’ d’aria schizzandomi direttamente fuori dal petto, senza contare le braccia che volevano cedere sempre di più istante dopo istante e le ginocchia, che ormai avevano iniziato a lasciare dietro di me due righe parallele rosse e continue, tanto che sembrava avessero deciso di dipingere le linee stradali anche in aperta campagna, mandavano fitte atroci e strazianti.
L’obbiettivo, l’acqua, la necessità, ciò fu quello che mi spinse ad arrancare in preda alla sofferenza più assoluta, ignorando anche le risate di scherno di Ludovica che si erano fatte più intense e che ora erano accompagnate da tallonate sulle mie guance per spronarmi ad andare più veloce. Sembrava una bambina la prima volta che saliva su una giostra: la sofferenza, il potere, la totale adorazione nei suoi confronti la facevano sentire bene, la soddisfacevano, la rendevano speciale e ciò la incitava ad alzare sempre di più l’asticella della crudeltà, che ora sembrava non avere più nessun limite.
Finalmente, dopo uno sforzo titanico, oltre il limite delle umane possibilità, arrivai ad avere la bacinella d’acqua sotto il mento. Ce l’avevo fatta, vedevo sotto di me quel liquido cristallino che risplendeva come un diamante raro ad ogni piccola increspatura colpita dal sole. Istintivamente cercai di tuffarmici letteralmente dentro con il viso, ma Ludovica mi afferrò per i capelli prima che potessi farlo, tirandomi violentemente all’indietro: “Nessuno ti ha insegnato l’educazione in quella stalla dove vivi? Prima le signore! Non ci arrivi che dopo aver camminato scalza i miei piedi sono completamente ricoperti di fango? E tu vorresti addirittura rubarmi l’acqua con quella bocca ingrata prima che io possa lavarli? Dopo quest’affronto non meriteresti nemmeno di bere, dovrei continuare a sfruttarti fino a vederti stramazzare al suolo privo di vita! Ahaha !!! Ma ormai mi conosci, io sono troppo buona con te - lo disse con un evidente tono di scherno – infatti, al posto di puniti, ti farò addirittura un regalo!” e nel dirlo, rimanendo fermamente seduta sulla mia schiena, immerse i piedi nell’acqua che, lungi dal rimanere cristallina ed invitante, si trasformò all’istante in una brodaglia marrone piena di terra e resti vegetali.
Il pediluvio durò una decina di minuti, con il suo peso che continuava a gravare sulle mie membra sfinite. Quando fu soddisfatta ritrasse a se i piedi e, dopo esserseli asciugati sulla mia maglia, estrasse le scarpe dalla mia bocca e se le infilò. “Prego è tutta tua!! Goditela perché quella è un’acqua particolare, è acqua santa, santificata dal contatto con i miei sacri piedi! Non ti basterebbe una vita per ringraziarmi di ciò che ti ho donato!!ahaha”. Quanto la divertiva vedere uno schiavo ai suoi piedi pronto a bere un miscuglio disgustoso, intriso della sporcizia dei suoi piedi e che l’avrebbe addirittura ringraziata per questo!
L’aspetto era terribile, ma dopo tutto ciò che avevo passato per ottenerla e dato il mio estremo bisogno di assumere liquidi, affondai il viso in quel catino e cercai di bere tutto il possibile. Sorso dopo sorso mi persi a rimuginare su ciò che mi aveva detto Ludovica e mi sentii veramente una sensazione gratitudine per avermi concesso di bere quell’acqua così arricchita. Non so se fu il mio troppo pensare, o il fatto che nemmeno una bestia sarebbe riuscita a sopportare ciò che avevo sopportato io, o addirittura che in tutto questo a Ludovica non era passata nemmeno lontanamente nella testa l’idea di scendere dalla mia schiena, anche mentre, con fatica, cercavo di abbeverarmi; fatto sta che le mie braccia cedettero di schianto e caddi di testa nel catino, che si rovesciò e con lui l’ultimo goccio d’acqua che non ero ancora riuscito a bere.
“E’ così che mi ringrazi? – tuonò fuori di sé Ludovica - Rovesciando l’acqua che ti concedo di bere?! Schifoso ingrato!” e così dicendo si alzò di scatto, mi conficcò il tacco in mezzo alle scapole, ruotandolo con furia, tanto che aprì una ferita da cui scese un rivo di sangue e contemporaneamente prese dalla tasca il telecomando iniziando a premere il bottone a più non posso, in preda all’ira più ardente.
Io (o ciò che rimaneva di me) iniziai a contorcermi in modo macabro sotto il suo piede, urlando e dibattendomi come un disperato, ma tutto ciò non fu abbastanza per farla fermare. Dopo un paio di minuti, che furono per me di assoluta sofferenza, fortunatamente si calmò e dalle mie labbra, in uno stato di semi incoscienza, sussurrai: “p-p-p-i-et-t-aaa…”.
“Bevi! -fu la risposta, secca e spietata, in modo quasi totalmente distaccato -succhia l’acqua dal terreno fino all’ultima goccia e poi ringraziami come si addice ad un verme come te”. Piegai il capo ed eseguii ciò che mi era stato ordinato, poi mi girai e con riverenza e sottomissione leccai le scarpe alla mia Padrona.

Questo pezzo mi sta venendo abbastanza lungo quindi ho deciso di postare per ora solo fino a qui. Il prosieguo è già in cantiere: sta a voi dirmi se è il caso di postarlo o no. Aspetto vostri commenti con ansia!
 
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ristic
view post Posted on 9/4/2014, 22:59     +1   -1




avanti avanti semplicemente fantastica e in continuo crescendo, attedo con ansia il seguito fratello
 
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view post Posted on 10/4/2014, 18:21     +1   -1
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mi spiace ragazzi ma ho avuto qualche contrattempo e, sebbene il capitolo sia a buon punto, non riuscirò a postarlo stasera. spero comunque abbiate letto il capitolo 3 che ho pubblicato ieri sera.
Fatemi sapere fin'ora cosa ne pensate!
 
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28 replies since 7/4/2014, 01:01   16959 views
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