| Usciti dalla stazione ci dirigemmo verso casa, lasciammo i bagagli in soggiorno e decidemmo i fare una passeggiata tra i vicoli veneziani per sfruttare a pieno la mattinata. Visti da fuori sembravamo una normale compagnia di ragazzi, nessuno avrebbe potuto sospettare che all’interno due persone avessero un legame così profondo e particolare. Tra scherzi e risate però io riuscivo comunque ad intravedere le particolari occhiate che Federica mi mandava, ammiccanti, cariche di impazienza e desiderio di vedermi strisciare ad ogni suo comando che all’improvviso svanivano, rimanendo inosservate dagli altri. Ciò rendeva la nostra situazione segreta stando alla luce del sole, lasciandomi in preda all’eccitazione più totale, alla voglia di buttarmi ai suoi piedi in mezzo a tutta piazza San Marco che faticavo a trattenere, nell’impazienza di quel momento in cui ci saremmo trovati soli ed esso non tardò. Rientrammo in casa e subito nacque il problema della spesa, avevamo solo un po’ di pasta che sarebbe bastata solo per quel pranzo. Federica colse l’occasione al volo e si offrì di rimanere a casa per preparare il pranzo mentre gli altri avrebbero sbrigato le commissioni ed io, capite le sue intenzioni mi proposi di aiutarla. Il piano andò alla grande poiché tutti si trovarono d’accordo e ci lasciarono soli in casa. Non appena tutti uscirono io mi gettai subito a terra, prostrandomi di fronte alla mia regina, che tuttavia mi passò davanti senza preoccuparsi di me e andò in camera. Ero distrutto, aspettavo quel momento da tutto il giorno e lei non voleva concedermi nulla. Rimasi in quella posizione per una decina di minuti, finché non tornò e quando mi vide disse:” ti ho addestrato proprio bene, ora vieni con me” la seguii carponi fino ad una poltrona, molto simile ad un trono, dove si sedette. Aveva un aspetto così superiore e regale che al solo guardarla mi venne un erezione istantanea. Accavallò le gambe e poi disse:” ti avevo avvertito che ti avrei fatto pulire le mie scarpe e così sarà, ma prima voglio che tu pensi a tutti i posti in cui sono state da stamattina: la stazione centrale di Milano, il treno, i bagni della stazione di Venezia, piazza San Marco con tutti i suoi piccioni”. Non era la prima volta che le leccavo le scarpe ma non mi ero mai soffermato a pensare a dove avesse messo i piedi e quell’immagine mi diede un’incredibile senso di disgusto tanto che cercai di evitare il mio compito, ma la risposta fu:” sbrigati prima che arrivino gli altri e ti vedano e tu non vuoi questo vero?”. Spaventato da quella frase iniziai a leccare prima timidamente i lacci, poi mi pervase il desiderio di servire la mia padrona come meritava e allora incominciai a leccarle le suole spalmando il più possibile la mia lingua sulla gomma sporca per cercare di ripulirle nel migliore dei modi, arrivando fino ad aprire dei piccoli tagli sulla lingua con delle pietruzze che si erano incastrate tra le scanalature della suola. Continuai per un quarto d’ora ed ingoiai tutto lo sporco possibile, sperando che dopo mi avrebbe concesso ciò di più prezioso potevo aspirare di avere: i suoi divini piedi da onorare con tutta l’umiltà della mia lingua. Raggiunsi un risultato più che accettabile quando, interrompendomi, mi di disse di andare a mettere l’acqua sul fuoco e preparare il pranzo. Mentre ero in cucina la sentii andare in camera e ne uscì pochi minuti dopo con un paio di pantaloncini da calcio (che aveva preteso che le regalassi e che io ero più che felice di averlo fatto) e una canotta, poiché voleva mettersi comoda per guardare un po’ di tv, facendomi segno di seguirla. Mi prostrai di fronte a lei e mi ordinò di slacciarle le scarpe, lo feci puntualmente, diedi un bacio sulla punta di ognuna senza che mi fosse stato ordinato e le posai ordinatamente aspettando un suo ordine:” ora accendi la tv e mettiti in ginocchio di fronte a me, con la testa rivolta al soffitto e le mani appoggiate sul pavimento dietro i tuoi piedi e non provare a muoverti per nessuna ragione al mondo altrimenti mi riterrò delusa e offesa” Lo feci e notai subito che era una posizione molto scomoda e faticosa anche senza dover fare cose particolari. Successivamente si mise di fianco a me, mi disse di aprire la bocca, si tolse le calze e strizzò fuori da esse il suo sudore, buono come la rugiada del mattino, dentro la mia gola (era una giornata di fine luglio molto afosa e lei aveva camminato tutto il giorno con delle all star quindi i suoi calzini erano davvero zuppi). Io mandai tutto giù sperando che nemmeno una goccia andasse persa poi lei appallottolò i calzini e me li mise in bocca dicendomi: “così sarò sicura che non leccherai i miei piedi senza un mio ordine” e sedendosi sulla poltrona allungò i suoi piedi sulla mia faccia lasciando cadere pesantemente il tallone. Ero in ginocchio in una posizione scomodissima e dovevo sostenere il peso delle gambe della mia padrona che stava guardando la tv ignorandomi totalmente, inoltre la tallonata mi aveva aggiunto altra sofferenza alla sofferenza tanto che una lacrima mi colò sulla guancia. Mi tenne in quella posizione per un tempo che mi sembrava infinito, il dolore si accumulava lentamente e mi teneva in una morsa costante e sempre maggiore ma non osavo muovere un muscolo, non volevo deludere la mia padrona, dovevo resistere, sopportare. Non era tempo di essere egoista e dovevo fare cose più importanti del mio benessere fisico, garantire la comodità di Federica. Il contatto dei suoi piedi con la mia pelle e l’odore (che non era affatto sgradevole per quanto fossero sudati), li rendeva così perfetti che avrei resistito a tutto. Respiravo a fatica perché il mio collo era tutto esteso all’indietro e la mia bocca foderata dalle calze, ma non se ne curava anzi decise di darmi il colpo di grazia spostando i piedi e appoggiando ora completamente la pianta di entrambi coprendo l’intero viso e di conseguenza anche il naso che era l’unica cosa che mi faceva respirare. Mi sentii soffocare e pregai che li spostasse perché io non avevo alcuna intenzione di muovermi o avrei disobbedito agli ordini, cosa che non mi sarei mai perdonato. Quei secondi sembrarono un eternità ma alla fine tolse completamente le sue estremità e disse:” saresti stato disposto a rischiare di soffocare pur di non disobbedirmi, bravo è questo quello che voglio da te, totale devozione”. Detto questo mi ordinò di scolare la pasta e preparare il tavolo poiché di li a poco sarebbero rientrato con la spesa. Appena finito strisciai letteralmente fino ai piedi della mia padrona, che ora stava seduta aspettando l’arrivo dei nostri amici, la guardai con occhi imploranti e lei capendo le mie intenzioni disse:” hai fatto ciò che ti è stato richiesto senza fiatare, togli pure le calze dalla bocca e sei libero di leccarmi e di baciarmi i piedi, so quanto lo desideri, però ad una condizione che tu non dia più di tre tra baci e leccate ad ognuno dei miei piedi, non vorrei che ti sentissi appagato” i suoi piedi erano ciò che di più perfetto avesse mai toccato questa terra e solo vederli mi mandava fuori controllo, ma nonostante ciò mi limitai a due leccate e a due baci lunghi e profondi, non usufruendo del terzo di ognuno in segno di pieno e totale rispetto del suo volere, cosa che mi sembrò apprezzare molto perché sul suo viso si dipinse l’espressione serena di piena soddisfazione e consapevolezza di una superiorità assoluta. Arrivati gli altri tutto tornò alla normalità, mangiammo chiacchierammo e poi ci sdraiammo in sala un po’ a casaccio (chi per terra, chi sui divani, chi sulle sedie) e decidemmo di riposarci un po’ dopo il viaggio e la mattinata. Io cercai come al solito di mettermi in una posizione vicina ai piedi di Federica che era completamente sdraiata sul divano con i piedi sul bracciolo. Avvicinai una sedia e finsi di essere tanto stanco da appoggiare la testa sul bracciolo, una misera scusa per godermi quello spettacolo di piedini e ogni tanto, assicurandomi di non essere visto, davo qualche veloce bacio sulle dita e nel vedere il mio impegno e la mia volontà di servirla anche in mezzo a tutti gli altri mi sorrise. Il pomeriggio passò e la sera pure visto che andammo in un ristorantino, facemmo un giro sul canal grande col vaporetto e verso mezzanotte tornammo a casa.
Quello che successe la notte lo racconterò nel prossimo episodio. se lo volete lasciate un commento così capaisco che la storia vi sta piacendo altrimenti la chiudo.
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