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Cammino spedito tra le torri di vetro e acciaio che riflettono il blu di questa limpida mattinata ottombrina. Mi chiama l’assistente, si è presa il covid, mi dice. È giovane ma non mi turba. Non è il mio tipo. Preferisco signore più “donne”. Entro nel building (se li chiamassero palazzi costerebbero di meno): buongiorno, buongiorno, ciao, ci sei in call, ci sei a pranzo.. Mi siedo e apro il pc, le prime mail, una chiamata, parlo spedito di una cosa che padroneggio e che mi serve per far passare un progetto che ho in mente. Mentre ascolto la risposta abbozzata da un anglofrancese che non sa pronunciare il “th” si diffonde nella mia mente l’immagine dolce e severa della mia Padrona. “Stai fermo quando ti schiaffeggio, altrimenti rischio di farmi male alle mani. E allora si che sono dolori..” Ho perso il filo del discorso. Ripeto quello che avevo detto prima facendo intendere che il mio interlocutore non aveva capito, ma mentre parte rispondendo con il suo accento transalpino inascoltabile mi ritorna in mente il modo in cui la mia padrona commentava la mia posizione, fronte a terra prostrato ai suoi piedi “come ti piace tenere la testa al suo posto ..”. Mi sembra quasi di risentire la suola sfregare sulla mia nuca, come se fossi una sigaretta da spegnere. “Senk you for you help” conclude il collega francese. “Your welcome Sir” I pantaloni mi stringono troppo, scrivo alla mia padrona, è tempo di ritornare al mio posto..
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