Secondo episodio
Non è facile insegnare l’italiano. Non è facile soprattutto quando si deve comunicare in una lingua che l’allievo non conosce perfettamente. E già perché pur riuscendo a dialogare con Kamile in inglese, sia pur in modo raffazzonato, la bellissima modella non conosce la grammatica d’oltre Manica. Mi sono informata comunque sulla lingua lituana e ho scoperto che a Vilnius e dintorni si parla una lingua indoeuropea, cosa che mi ha alquanto meravigliata. Credevo che si parlasse una lingua slava o al più finnica e invece ho scoperto che si tratta di un linguaggio molto particolare e quasi unico che prende spunto appunto dalle lingue indoeuropee ma revisionata nei paesi baltici tanto che l’unica lingua che assomiglia al lituano è infatti il lettone parlato dai loro vicini. Per di più, come ben sanno tutti gli stranieri, imparare l’italiano è davvero cosa molto complicata. Insomma, dopo tre lezioni stiamo ancora quasi a < Carissimo amico> e la bella Kamile ha imparato ben poco. Cerco di spiegarle alcune cose ma mi rendo conto che la ragazza proveniente dall’estremo nord non riesce a recepire. Sbuffo “ Kamile, devi impegnarti altrimenti tra dieci anni ancora staremo a zero” la rimprovero ovviamente in inglese. Lei mi guarda con quegli occhi azzurrissimi “ It’s very difficult” “ Dai, non è molto difficile. Devi però studiare se hai intenzione di parlare in italiano” la rimprovero. Lei annuisce ma le squilla il telefonino. E non è la prima volta. Si alza e risponde a voce bassa “ Io chiamo te dopo” ha parlato in italiano e almeno questo sembra esserlo imparato visto che risponde sempre alla stessa maniera. Questa è la terza lezione e Kamile ha ricevuto almeno una decina di telefonate alle quali ha risposto sempre nello stesso modo. Attacca e si risiede di fronte a me “ Si dice < Ti richiamerò dopo>. Non c’è bisogno che tu metta il soggetto perché è sottinteso. E non si deve dire < chiamo te> bensì < ti chiamo>. In realtà è meglio usare il futuro ma anche il presente non è completamente errato” Mi guarda come se avessi cercato di spiegarle uno dei problemi matematici di Hilbert “ Che significa < sottinteso>?” Allargo le braccia “ Non è come in inglese dove bisogna mettere sempre il soggetto. In italiano i verbi vanno coniugati e quindi si capisce immediatamente chi è appunto il soggetto. Non c’è bisogno quindi che tu dica < Io vado a scuola> ma va benissimo anche < Vado a scuola>. Soprattutto nella lingua parlata. Va beh dai, facciamo una pausa. Mi preparo un caffè, ci fumiamo una sigaretta e poi riprendiamo. Che ne dici?” “ Va bene. Ho bisogno di staccare un po’” “ Ok. Lo preparo anche a te?” “ Oh sì, adoro il caffè italiano” “ Allora dillo in italiano” Si tocca i biondissimi capelli “ Io amo italiano caffè” Sbuffo infastidita “ No, no e no” Prendo una penna e il quaderno e glie lo scrivo “Non devi tradurre parola per parola. In inglese l’aggettivo va sempre prima del sostantivo. In italiano no. E in questo caso ci vuole l’articolo” Scuoto la testa. Mi sono messa in un bel guaio acconsentendo di insegnare l’italiano a questa tipa. Però i soldi che guadagno con lei mi fanno comodo e quindi è meglio che non mi lamenti troppo. Anche perché non è che avessi chissà cosa da fare e la puntata della mia serie preferita del momento me la posso gustare anche finita la lezione con questa ragazza. Mi alzo e vado in cucina a preparare il caffè per tutte e due. Prendo le cialde e aspetto i pochi secondi che ci vogliono per preparare i due espressi e li porto nel salone dove Kamile mi sta aspettando. Poso le due tazzine e poi torno con la zuccheriera e con due cucchiaini. Io lo prendo quasi amaro mentre lei, incurante del buon senso e della linea, ci mette tre cucchiaini di zucchero. Come si fa a bere un caffè in quel modo? E soprattutto come farà a non ingrassare? Se io bevessi il caffè con tre cucchiaini di zucchero, dopo un mese avrei messo su un’altra decina di chili, come se non bastassero quelli che già ho in abbondanza. Ci beviamo comunque i caffè e ci accendiamo una sigaretta. Lei mi guarda. Ho la sensazione che vorrebbe dirmi qualcosa. E in realtà anche io vorrei dirle un sacco di cose. A cominciare ovviamente da quelle telefonate. Sembrano clienti. Possibile che Kamile sia in realtà una prostituta? Ma no, non debbo farmi fuorviare dal solito stereotipo della ragazza dell’est che in Italia non trova di meglio che prostituirsi. Però diamine, i presupposti sembrerebbero esserci tutti. Una prostituta di gran classe, bella come il sole ma tutto lascia trapelare questa ipotesi. Da quando abbiamo iniziato le lezioni, avrà ricevuto, come sostenevo prima, una decina di telefonate alle quali ha risposto sempre allo stesso modo. E quasi evocata dai miei pensieri, arriva un’altra chiamata che Kamile riceve allo stesso modo. Si alza e con la voce bassa dice la stessa frase di prima. Anzi, sembra aver capito la lezione perché stavolta non ci mette il soggetto “ Chiamo te dopo” Si rimette seduta e incrociamo i nostri sguardi. E lei capisce quali sono le mie sensazioni e le mie perplessità “ No puttana. Io no puttana” Me lo ha detto in italiano. La osservo e sembra quasi avere le lacrime agli occhi. Ma chi sono io per giudicarla? Le sorrido “ Non mi devi dare spiegazioni” glie l’ho detto in inglese e anche lei mi sorride e mi risponde nella lingua di re Carlo “ Grazie ma ho capito dal tuo sguardo che pensavi quello. Io…” “ Stai tranquilla. Se ti va di dirmelo, bene. Se non ne hai voglia, sono problemi tuoi” Deglutisce nervosamente e sospira. Si vede che ha una gran voglia di sfogarsi “ Io sono venuta in Italia per fare la modella. Tutti mi hanno sempre detto che sono bella ma poi non è stato facile. Mi sono iscritta a un’agenzia ma al massimo mi hanno fatto fare la ragazza evento. Qualche shoot fotografico ma niente di particolare” Considerando la difficoltà delle frasi e malgrado io le dica continuamente di parlare in italiano, sono costretta ad accettare che mi stia parlando in inglese “ Come è possibile? Sei bellissima” “ Grazie Carol ma la bellezza non basta. Le agenzie di modelle sono piene di ragazze molto belle e io ho bisogno di guadagnare se voglio campare. Oppure dovrò tornare a Vilnius. Ero andata ad abitare con un’altra ragazza, una moldava, ma non riuscivo nemmeno a pagarle la metà dell’affitto e lei mi disse che se avessi voluto guadagnare un bel po’ di soldi, avrei potuto fare un lavoro particolare” “ E quel lavoro non è fare la prostituta?” “ No. Insomma, un po’” La guardo incuriosita “ Non mi sembrano che ci siano vie di mezzo. O sì o no” “ Beh ecco, non è proprio come dici tu. C’è una via di mezzo” La osservo esterrefatta “ Ti va di spiegarmi?” “ Ecco… Insomma, quella ragazza moldava mi ha detto che in realtà non faceva la modella perché aveva avuto le mie stesse difficoltà ma faceva la… la mistress?” Rimango per qualche istante a bocca aperta senza riuscire a comprendere del tutto. Sono abituata a parlare in inglese senza dover tradurre prima la frase a mente ma stavolta sono costretta a farlo. La parola <mistress> ha un significato molto ampio e variegato. Può significare diverse cose. Semplicemente < signora>, addirittura <insegnante> e Kamile, pur parlando abbastanza speditamente la lingua dei perfidi albionici, incorre spesso in errori molto grossolani. Il suo è un inglese piuttosto scolastico da un punto di vista grammaticale. Per chi non conosce l’inglese può sembrare che lei sia padrona della lingua ma in realtà ha diverse lacune. Ma mistress ha un significato ben preciso in un certo mondo. E finalmente comprendo. Tuttavia, le chiedo di continuare “ Vuoi spiegarti meglio per favore?” “ Quella ragazza moldava faceva la padrona degli uomini. Loro la pagano per farsi fare alcune cose ma non ci faceva sesso” “ E anche tu ti sei messa a fare lo stesso lavoro, suppongo” le dico ormai conscia di cosa faccia la bella lituana “ Sì Carol. E guadagno bene. Sono dovuta andare via dalla casa di quella ragazza perché a lei serviva anche per il suo lavoro e ho trovato questa” “ Non mi dirai che porti i tuoi clienti dentro casa?” “ Oh no! Di solito con loro vado in albergo ma sto mettendo i soldi da parte per prendere in affitto un’altra casa da adibire a dungeon” Rimango di nuovo a bocca aperta. Anche in questo caso sono costretta a tradurre la parola <dungeon> che in italiano ha l’oscuro significato di prigione, cella, segrete, sotterranei, e ovviamente faccio fatica a comprendere ma Kamile mi viene in aiuto “Ci metterei tutti gli attrezzi per dominare e i miei clienti sarebbero anche più tranquilli” Comprendo quindi che in questo caso il dungeon dovrebbe essere la stanza dove effettuare la sessione con i clienti “ E quindi guadagni bene?” le chiedo dopo il mio ragionamento “ Oh sì, 100 euro l’ora per ogni cliente. Ma se avessi il mio dungeon potrei chiedere anche 150 perché non dovrebbero pagare l’hotel. Ma non riesco a comunicare coi clienti. Ho tante difficoltà. Una mistress deve farsi comprendere, dare ordini e nello stesso tempo capire cosa il cliente ha richiesto. Purtroppo, quasi nessuno parla inglese e… Insomma, devo assolutamente imparare l’italiano” Adesso è tutto chiaro. La lezione sembra in stand by e sono mossa dalla curiosità “ Loro come ti contattano?” “ In molti modi. Su instagram, su facebook, su portali a pagamento, su forum tematici. Mi faccio chiamare Domina Natasha. Però poi per prendere un appuntamento c’è bisogno del telefono. Mi devono spiegare cosa vogliono e allora ecco i problemi. Sono costretta a rifiutare tanti clienti perché non ci comprendiamo” Sorrido e le afferro le mani per farle capire che non la giudico “ Tranquilla, L’importante è che a te piaccia tutto questo” “ Oh sì, è bellissimo. Mi sento come una dea. Quegli uomini mi fanno sentire come un essere superiore. Ti va di leggere cosa mi scrivono?” “ Certo” le rispondo e lei si mette a digitare qualcosa sul telefonino. Me lo dà in mano. E’ la sua pagina facebook. Oddio santo! Ci sono foto da infarto e anche se ha coperto gli occhi e parte del volto con una mascherina, la perfezione dei suoi lineamenti è ben visibile. Il corpo poi lascia ben poco all’immaginazione e anche se il viso è appunto parzialmente nascosto, si percepisce che si tratta di una strafiga. Cosa che poi è nella realtà. Non sono foto di nudo ma diciamo che ci vanno abbastanza vicino. E’ spesso in reggiseno e mutandine, con le natiche di fuori, con minigonne da sballo, calze a rete e tacchi altissimi. Ci sono anche diverse foto che raffigurano piedi, dedicate probabilmente a quelli che sono feticisti di quella parte del corpo. Leggo anche i commenti e ho un sussulto. Non ci sono parole volgari, come avevo immaginato, ma soltanto frasi di uomini che farebbero qualsiasi cosa pur di sottomettersi a una come lei. Dovrebbe essere meraviglioso sentirsi adorata in quel modo e comprendo come Kamile ami quello che fa. Mi sorride “ Vedi? Nessuna foto di nudo. Io non mi spoglio mai del tutto. Al massimo rimango in intimo. E’ come se stessi in costume. Anzi, spesso al mare mi mettevo in topless. Ai miei clienti non faccio vedere nemmeno le tette e non mi faccio toccare quando faccio sessioni” “ E tu li tocchi?” “ Beh ecco… Tocco le parti intime col piede. Però con alcuni… “ Con alcuni?” le chiedo incuriosita “ Sono costretta a far vedere loro la mia pussy” Scoppio a ridere. La pussy altro non è che la fica ma devo ammettere che in inglese ha un suono più dolce e meno volgare rispetto all’italiano “ Come mai? Per eccitarli?” “ Oh no, loro sono già eccitati. Quando li faccio spogliare hanno già hard dick” “ Si dice cazzo dritto. Visto che devi imparare l’italiano, tanto vale imparare anche i termini usati nel linguaggio quotidiano. E allora perché devi far vedere la tua dolce pussy?” Mi guarda e alza le spalle come per dire < te lo dico, non capirai ma chissenefrega> “ Perché io piscio loro in bocca” Ah cazzo! Devo avere la faccia un po’ stravolta perché insiste “Ma è tutto ciò che faccio. Non sono una puttana” Beh, adesso come glie lo spiego che in realtà lo è? Ma non sono fatti miei. Quello che mi ha colpito è il modo in cui lei viene idolatrata. Tutti le danno del lei, la chiamano < signora> o mistress o addirittura dea e si propongono come schiavi disposti a fare di tutto. Da quello che vorrebbe farle da cesso a quello che invece vorrebbe essere il suo schiavo domestico per farle le pulizie a casa. Tutti comunque pronti ad obbedirle. Leggo anche le sue risposte molto approssimative da un punto di vista grammaticale e mi viene facile immaginare che usi un’app per tradurre che ovviamente tortura la lingua italiana. Riprende il telefonino in mano e mi fa vedere il suo profilo instagram e la cosa cambia di poco. Ancora commenti entusiasti e adoranti. Mi scopro invidiosa. Non lo sono. Non lo sono mai stata ma leggere quelle frasi ha smosso qualcosa dentro di me. Quanto vorrei anch’io essere trattata in quel modo! Ma presumo che bisogna avere la fortuna che ha avuto Kamile con quel fisico che si ritrova. E se vedessero anche il suo viso completamente, presumo che quegli elogi sperticati aumenterebbero a dismisura. Le chiedo se ha voglia di proseguire la lezione e acconsente ma certo la visione di quei profili, le frasi di quegli uomini, fanno fatica ad abbandonarmi. Sapevo che esistevano certe realtà ma toccarle con mano è una cosa ben diversa. Mi chiedo come faccia Kamile a rimanere una ragazza piuttosto semplice. Io mi monterei la testa, sarei una stronza patentata. Mah! Forse lei è abituata a ricevere elogi ma io che non ho mai avuto tale fortuna potrei perderci la testa.
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