Salve a tutti,
chiedo perdono se ho fatto attendere così tanto prima di postare questa sesta parte ma purtroppo per vari motivi non ho potuto prima. Spero che anche questa volta il racconto sia di vostro gradimento. Vi assicuro che continuerò a proseguire la storia, ma abbiate pazienza se ogni tanto dovrete aspettare un po' ...
PARTE SESTA
Dopo qualche minuto a fatica mi rialzai, misi in ordine il salotto e andai in cucina a lavare i piatti come mi era stato ordinato da Anna, dopodiche' andai nella mia stanza e mi gettai esausto sul letto. Incominciai a pensare a quanto accaduto: ero stato depilato completamente, costretto a indossare un collare e una cintura di castita' che mi impediva la minima erezione, sottoposto a innumerevoli e mortificanti umiliazioni, sodomizzato e usato come oggetto di piacere sessuale da quelle terribili donne. E il tutto in un solo giorno! La cosa peggiore era poi che dentro di me non avevo avuto la forza di reagire, avevo subito la situazione passivamente senza mai tentare di oppormi ad essa. Adesso gli eventi avevano preso veramente una brutta piega per me... ben presto pero' sprofondai in un profondo sonno. Fui bruscamente svegliato da un ceffone: era Anna che mi schiaffeggiava – Svegliati, dormiglione!- mi disse - Sono le otto e mezzo e tu sei ancora al letto! Forza vieni subito con me in cucina! Ancora intontito sbadigliai incominciai a stiracchiarmi restando pero' ancora disteso sul letto e non dando cenno di volermi alzare. Anna mi afferro' allora i testicoli e li strinse con forza, sussultai improvvisamente gemendo per il dolore. Tenendomi sempre i testicoli la ragazza mi trascino' giu' dal letto e lascio' poi la presa: io mi accasciai al suolo per il dolore. Poggiandomi un piede in testa mi disse – Te lo ripeto per l'ultima volta: vieni con me in cucina ! E vedi di non farmi piu' arrabbiare! Sorpreso per il brusco risveglio e per il severo comportamento di Anna (era veramente trasformata), non osai replicare e, con i testicoli ancora doloranti, mi alzai e la seguii, nudo come sempre ovviamente, ancora un po' barcollando. Entrammo in cucina e Anna mi ordino' di mettermi a quattro zampe nei pressi del tavolo, cosa che feci prontamente (non volevo farla arrabbiare nuovamente, quella mattina non mi sembrava certo dell'umore migliore). Anna prese un ciotola e me la mise davanti al viso e ci mise dentro dei biscotti. - Forza, mangia – disse – questa sara' la tua colazione stamattina. Non volendola contrariarla mi misi a mangiare accucciato a terra come un cane mentre lei preparava un vassoio con le colazione per le due Signore. Una volta che ebbi finito di mangiare i biscotti, Anna pose il vassoio con la colazione per le Signore sulla mia schiena e disse – Adesso seguimi a quattro zampe e bada a non far cadere niente, altrimenti per te saranno dolori. La ragazza si diresse quindi verso il corridoio e io la seguii camminando lentamente a quattro zampe con il vassoio sulla mia schiena facendo la massima attenzione a rimanere il piu' fermo possibile con il tronco per non far cadere nulla dal vassoio. Seguii Anna per tutto il lungo corridoio fino ad arrivare ad una porta sul fondo. Anna busso' leggermente ed apri' con delicatezza la porta quanto bastava per poter fare capolino con la testa. - Signora Gina – sussurro' Anna dolcemente Dall'interno della stanza udii' la voce di Gina – Si' Anna - - Mi perdoni, spero di non svegliarLa, ma avevo pensato di farvi servire la colazione al letto – disse Anna. - Ottima idea – udii Gina rispondere – Hai fatto benissimo. Tant'e' che Cristina dorme ancora e lo sai, per farla alzare dal letto, ci vuole sempre tanto ... Su, fai portare pure la colazione - - Subito, Signora Gina – rispose Anna e poi, rivolgendosi a me, – Forza, porta la colazione alle Signore – disse aprendo la porta in modo che potessi entrare. Camminando a quattro zampe entrai nella stanza con il vassoio della colazione sulla schiena. Entrambe le donne giacevano su un letto matrimoniale. Gina stava seduta con la schiena appoggiata sul cuscino mentre Cristina dormiva ancora. Non appena mi vide Gina scoppio' a ridere e disse – Ma che bravo il nostro schiavetto, adesso ci porta pure la colazione al letto.- e poi tocco' Cristina scuotendole la spalla – Su Cristina, e' ora di svegliarsi - - Mmmhh – borbotto' Cristina – Dai, Gina, fammi dormire ancora un po' - - Su Cristina, svegliati che oggi il nostro schiavetto ci porta la colazione al letto - Borbottando ancora un po' Cristina apri' gli occhi e non appena mi vide a quattro zampe col vassoio sulla schiena scoppio' anche lei in una fragorosa risata. Mi sentii ancora una volta tremendamente umiliato. - Forza, portami la colazione nel frattempo che la mia amica si sveglia – ordino' Gina. A quattro zampe mi avvicinai al suo lato del letto. Gina prese la brioche e inizio' a mangiarla, nel frattempo verso' il caffe' sulla tazza (che stava sempre sul vassoio sopra la mia schiena) ci mise un cucchiaino di zucchero e inizio' a mescolarlo. Nel frattempo Cristina si stiracchiava e si sedeva anche lei appoggiando la schiena sul cuscino e guardandomi con aria divertita. Anche Anna era rimasta in stanza e assisteva alla scena. Gina termino' di mangiare la brioche, prese la tazza di caffe' e mi disse di portare la colazione alla sua amica. Obbedii e, camminando a quattro zampe, raggiunsi l'altro lato del letto in modo che anche Cristina potesse servirsi. Cristina prese la sua brioche, tiro' fuori un piede dalle lenzuola e disse: - Forza, schiavo! Leccami il piede mentre faccio colazione! - poi aggiunse – E bada di non far cadere il caffe', che devo ancora berlo.! Lentamente mi girai su me stesso in modo da volgere il viso verso il piede di Cristina e lentamente incominciai a leccarglielo come ordinatomi. Le due donne ridevano fra loro mentre passavo la lingua fra le dita deil piede. A un certo punto sentii la mano di Cristina infilarsi tra le mie gambe, ando' ad afferrarmi i testicoli e, senza stringere, incomincio' a giocarci un poco con le dita. Io per un momento smisi di leccare ma Cristina mi disse – Chi ti ha detto di smettere?!?! Forza continua a leccarmi il piede e mi raccomando, non far cadere il caffe'! Io tirai fuori nuovamente la lingua e proseguii nel mio compito mentre Cristina continuava a giocare con le mie palle. Dentro di me fremevo terribilmente, sapevo bene che avrebbe potuto stringermi con forza le palle da un momento all'altro e sicuramente sarei sobbalzato dal dolore facendo cadere il caffe' a terra. Cercando di rimanere impassibile continuai a passare la lingua sulla sua estremita' mentre lei teneva in mano i miei testicoli. Cristina di tanto in tanto aumentava la stretta, tuttavia lo faceva in modo graduale e quindi ero in grado di sopportare il dolore senza dover fare movimenti bruschi. Quel che pero' inizialmente credei essere un accorgimento di pieta' nei miei confronti, in realta' era una tattica ben studiata: aumentando la stretta gradualmente io ero in grado di mantenermi in posizione per non far rovesciare il vassoio, e quindi la tortura continuava. Forse sarebbe stato meglio sussultare e far cadere il vassoio: avrei subito la punizione ma almeno avrei posto termine a quella sofferenza che aumentava sempre di piu'. Le due donne ridevano mentre leccavo il piede di Cristina e questa mi stringeva le palle. Soffrivo terribilmente, ma continuavo a passare la lingua sul piede della mia aguzzina che di volta in volta lo muoveva facendomi capire che parte dovessi leccare. Quando pensai di raggiungere il limite e di accasciarmi Cristina allento' la presa e fece sporgere l'altro piede dal letto. - Forza – mi disse – Adesso lecca l'altro. Io incominciai quindi a muovere la lingua sul secondo piede e Cristina riprese a stringermi gradualmente i testicoli. Dopo un brevissima pausa il sadico gioco di Cristina era nuovamente ripreso. Passai altri cinque minuti di sofferenza dopodiche' Cristina lascio' definitivamente la presa dicendo – Ora indietreggia, ho voglia di prendermi il caffe'.- Obbedii e camminai a quattro zampe all'indietro in modo da avvicinare nuovamente il vassoio alla donna che verso' il caffe sulla tazza. Nel frattempo Gina si era alzata dal letto e si stava togliendo il pigiama quando noto' che lo smalto sulle unghie dei piedi (che io ricordavo bene …) era un poco sbiadito. - Uhm – disse – penso proprio che dovro' rimettermi lo smalto sulle unghie. - Fattelo fare dal nostro schiavetto – disse Cristina. - Meglio di no – fece Gina – Altrimenti mi tocchera' rimproverarlo come l'altra volta. Preferisco fare da me – e cosi' dicendo chiese ad Anna di portarle l'occorrente. Mentre la ragazza si diresse a prendere quanto richiesto Gina ando' a sedersi sulla parte del letto vicino a Cristina e poggio' i piedi sulla mia testa. Adesso mi trovavo a quattro zampe col vassoio sulla schiena e i piedi di Gina sopra la nuca. Anna rientro dopo pochi istanti e porse a Gina il beauty case. Gina si mise l'ovatta fra le dita dei piedi e, tenendomi sempre i piedi in testa, inizio' a passarsi lo smalto sulle unghie. Cristina nel frattempo aveva terminato di bere il caffe' e, dopo aver riappoggiato la tazza sul vassoio, aveva nuovamente infilato una mano in mezzo alle mie gambe. Stavolta pero' si limito' ad accarezzarmi dolcemente i testicoli ticchettando di tanto in tanto con la punta delle dita sulla cintura di castita'. Nonostante i testicoli ancora fortemente doloranti, non potei controllare l'eccitazione che le carezze di Cristina mi provocavano e ben presto il mio pene incomincio' a ingrossarsi. La cintura di castita' pero' lo teneva indissolubilmente intrappolato. Inizio' cosi' per me una nuova tortura. Per tutto il tempo in cui Gina si passo' lo smalto sulle unghie dei piedi appoggiati sulla mia nuca, Cristina continuo' ad accarezzarmi i genitali in modo da mantenermi viva l'eccitazione e prolungare cosi' le mie sofferenze. Non appena Gina termino' di smaltarsi le unghie, Cristina strinse improvvisamente con forza la presa sui miei testicoli, io non potei non urlare per il dolore e poi mi accasciai a terra facendo cascare il vassoio con tutte le tazze che si ruppero al suolo al suolo. Cristina esclamo' – Razza di imbecille, guarda cosa hai fatto! Ti avevo detto di non far cadere niente! Verrai severamente punito per questo! Gina allora poggio' entrambi i piedi sulla mia schiena e, montandomi sopra con tutto il peso, disse tranquillamente ad Anna - Anna, porta lo schiavo in giardino e fallo stare buono. Poi vieni per favore a raccogliere i cocci. Nel frattempo Cristina ed io ci prepareremo e poi gli impartiremo una bella lezione! - cosi' dicendo scese dalla mia schiena calcando bene con i talloni e usci' di stanza seguita dalla sua amica, che mi calpesto' nell'andarsene. - Guarda cosa hai combinato! - mi disse Anna con un tono di rimprovero. - Oggi non ci siamo proprio!Vedi di impegnarti, altrimenti passerai dei seri guai – aggiunse minacciosa. Poi la ragazza mi afferro' per il collare e mi fece alzare in piedi, mi condusse fuori in giardino e mi fece mettere a quattro zampe sotto il portico. Ando' a prendere il guinzaglio, lo applico' al collare e mi lego' nei pressi della porta di casa. - Adesso stai qui buono ad attendere le Padrone – mi ordino' e, dopo avermi dato un calcio nel sedere, rientro' in casa. Rimasi accucciato (che altro potevo fare?) ad attendere. Dopo circa una ventina di minuti arrivarono le Signore; erano entrambe in bikini: Gina indossava un bikini nero, Cristina uno viola acceso. Erano scalze e Cristina teneva in una mano una palla da tennis. Non appena mi videro li' legato e accucciato come un cane sorrisero perfidamente. Cristina disse – Bene, e' pronto il nostro cagnolino a correre? - disse Cristina ridendo mentre mi prendeva per il guinzaglio. Le due donne si diressero sul prato e Gina si sedette su una sdraio a prendere il sole al bordo della piscina, era una magnifica giornata.- Inizia pure te Cristina, a giocare col cagnolino, pero', mi raccomando, lasciamene un po' pure per me dopo .. - e si mise a ridere. - Non preoccuparti, Gina – rispose Cristina – te lo tengo in caldo cosi' poi potrai divertirti ben bene – e cosi' dicendo lancio' la palla da tennis che aveva in mano nel lato opposto del giardino (per raggiungerla bisognava fare il giro di tutta la piscina). Poi slego' il guinzagli o– Forza cagnolino, vai a prendere la palla e riportamela subito! Con la bocca, mi raccomando! - mi disse dandomi un calcio sul sedere Immediatamente incominciai a correre, per quanto potevo a quattro zampe, fino a raggiungere la palla da tennis. La presi con la bocca e di nuovo ritornai da Cristina come un bravo cagnolino: le due Signore assistevano alla scena divertite. Non appena raggiunsi Cristina, questa mi fece deporre la pallina ai suoi piedi ordinandomi di baciarglieli entrambi, cosa che feci prontamente. - Bene – disse la sadica donna – adesso tira fuori la lingua e ansima come farebbe un bravo cagnolino desideroso di giocare! Tirai fuori la lingua e mi misi ad ansimare cercando di imitare al meglio che potei il verso di un cane, le due donne scoppiarono in una fragorosa risata. Cristina lancio' nuovamente la palla dall'altro lato della piscina e, colpendomi nuovamente sul sedere con una pedata, mi ordino' di riportargliela. Io mi rimisi quindi a correre, la presi con la bocca e gliela riportai come un fedele cagnolino. Cristina incomincio' a passeggiare per il prato costringendomi a seguirla, di tanto in tanto lanciava la palla lontano e mi faceva andarla a prendere. Ogni volta dovevo riportargliela, deporla ai suoi piedi che poi baciavo come ringraziamento per farmi giocare. Ogni tanto venivo premiato con una carezza sulla testa, altre volte, quando non ero celere nel riportarle la palla, riceve invece un bel calcio sulle natiche. Il tutto sotto lo sguardo divertito di Gina che prendeva comodamente il sole sulla sdraio al bordo della piscina. Quel giochetto duro' per circa una mezz'ora, ogni volta la palla veniva lanciata dall'altra parte e io dovevo riportargliela. Alla (credo) ventesima volta che dovetti riprendere la palla lanciata da Cristina, non appena tornai mi accasciai al suolo, avevo le ginocchia ferite e doloranti. Cristina mi assesto' un paio di calci sul fianco dicendomi – Forza, alzati! Mi feci forza e, a fatica, mi rimisi a quattro zampe. Di sicuro pero' non sarei stato capace di andare a riprendere la palla se Cristina l'avesse nuovamente lanciata. Gina pero' disse – Dai Cristina, fai riposare un poco il nostro cagnolino, altrimenti non potremmo piu' divertirci. - Hai ragione, Gina – disse Cristina – lasciamolo riposare un poco - e cosi' dicendo si ando' a sedere sulla sdraio vicino a quella dell'amica. - Su, cagnolino – fece Gina – vieni qui e sdraiati con la schiena a terra ai nostri piedi. Trascinandomi sulle mie ormai logore ginocchia feci come ordinatomi. Gina ne approfitto' per poggiare i piedi sui miei genitali, mentre Cristina me li mise in faccia. - Forza, leccameli – mi ordino' Cristina – Non vedi che sono sporchi? Su puliscimeli. Effettivamente avendo camminato per il prato, le piante dei piedi di Cristina erano un po' sporche di terra. Tirai fuori la lingua e pian piano incominciai a passarla sulle sue estremita' cercando di ripulirle dalla terra. Gina nel frattempo aveva iniziato a muovere dolcemente i piedi sui miei genitali causandomi inevitabilmente l'eccitazione e, come previsto, il mio pene rimase bloccato dalla cintura di castita' che lo avvolgeva e, sebbene in quella posizione potessi riposare un poco le mie membra, la mia sofferenza continuava. Passai circa un quarto d'ora in quel modo, ripulendo per bene i piedi di Cristina, mentre Gina mi strofinava i suoi sui genitali; di tanto in tanto Gina si divertiva ad aumentare la pressione sui miei testicoli facendomi soffrire ulteriormente. Gina infine disse – Adesso e' il mio turno di giocare – si alzo' quindi in piedi e si fece dare la palla da tennis e il frustino da Cristina. Io, senza nemmeno che mi fosse ordinato, mi rimisi a quattro zampe. Le ginocchia pero' erano ferite e non sarei durato credo a lungo. Gina mi guardo' e mi disse con aria canzonatoria – Come sta il mio piccolo cagnolino? Sei pronto a giocare? Io guaii lamentosamente, per farle capire che non potevo rimettermi a correre a quattro zampe. - Cosa c'e' cagnolino? Hai le ginocchia ferite? - disse Gina in tono canzonatorio – Ebbene, la tuo padroncina e' tanto buona e non vuole che tu ti rovini le ginocchia – e cosi' dicendo lancio' la palla dentro la piscina. - Vai a prenderla e riportamela – mi ordino'. Io la guardai stupito. - Forza, cosa stai aspettando? - fece Gina – Tuffati nell'acqua e vai a prendere la palla. Nuotare non ti fara' certo male alle ginocchia – Cristina scoppio' a ridere. Non potevo far altro che obbedire: mi gettai in acqua (era piuttosto fredda) e incominciai a nuotare verso la palla che galleggiava nel mezzo della piscina. - Non cosi' – mi fece Gina – Nuota come fanno i cani, agita bene le zampe anteriori. Mi misi quindi a nuotare a “cagnolino” fino a raggiungere la palla che presi, come al solito con la bocca, mentre le due Signore ridevano divertite. Riportai la palla a Gina che di nuovo la scaglio' dentro la piscina ordinandomi di riportargliela. Per circa una decina di volte dovetti ripetere quel tremendo giochetto, alla fine mi accasciai al suolo stremato. - Come, sei gia' stanco? - chiese Cristina ridendo – Su, forza, rimettiti a quattro zampe. Non penserai mica di cavartela con cosi' poco dopo quello che hai combinato stamattina. Gina si risedette sulla sdraio e mi ordino' – Forza, cagnolino, vieni di fronte a me. A fatica mi rimisi in piedi (cioe' a quattro zampe volevo dire) e raggiunsi Gina che aveva accavallato le sue lunghe e splendide gambe e muoveva il piede in modo provocante. Cristina nel frattempo era andata a sedersi sulla sdraio vicino alla sua amica. - Adesso dovrai espiare per aver fatto cadere il vassoio! - mi disse in tono severo – Forza mettiti in posizione per fare i piegamenti sulle braccia. Distesi le gambe indietro e mi misi in posizione per fare le flessioni proprio davanti a Gina. Cristina ne approfitto' subito per distendere le gambe e poggiarmele sopra la schiena. Dopo qualche secondo di silenzio, Gina pose i suoi piedi sotto il mio viso e disse – Adesso abbassati lentamente fino a poggiare le labbra sul mio piede e baciami un dito del piede. E mi raccomando, senza toccare per terra con il corpo. Come ordinatomi mi abbassai lentamente fino a raggiungere i suoi piedi e baciai l'alluce del piede destro. - Adesso tirati di nuovo su e ripeti l'operazione fino a che non hai baciato tutte le dita. - disse imperiosa Gina. Flettei nuovamente le braccia e baciai il secondo dito del piede destro e ritornai su. - Piu' lentamente – disse Gina – altrimenti ti faccio ricominciare da capo. Con maggior lentezza flettei nuovamente le braccia e andai a baciare il terzo dito. L'operazione era piuttosto faticosa, sia perche' dovevo scendere lentamente, sia perche' sulla mia schiena grava il peso delle gambe di Cristina che comodamente assisteva divertita alla scena. Inoltre ero anche stanco per aver dovuto far il cagnolino e riprendere la palla per buona parte della mattinata. Gia' alla settima ripetizione le braccia mi dolevano fortemente per lo sforzo, all'ottava iniziarono a tremare. - Mi raccomando di non cedere – disse Gina impietosa – Altrimenti dovrai ricominciare dall'inizio. Cristina scoppio' a ridere e spinse un po' con le gambe verso il basso in modo da rendermi ancor piu' faticoso il lavoro. Il dolore dei muscoli era quasi insopportabile pero' strinsi e denti e mi abbassai per la nona volta baciandole il penultimo dito e con grande fatica riuscii a ritirarmi su. Mancava ora una sola ripetizione, ero allo strenuo delle forze, ma non dovevo assolutamente cedere, non sarei mai stato in grado di ricominciare dall'inizio. Con uno sforzo indicibile mi abbassai lentamente fino ad arrivare con le labbra a baciare il decimo ed ultimo dito, dopodiche' crollai al suolo esausto. - Sei stato bravo – disse Gina – purtroppo pero' hai ceduto proprio all'ultimo e non sei riuscito a ritirarti su. Ora dovrai ricominciare da capo. Provai a protestare dicendo che ero riuscito a baciare il decimo dito ma Cristina mi colpi' con una pedata – Zitto, verme! - mi grido' – Chi ti ha dato il permesso di parlare? Non hai sentito cosa ti ha detto Gina? Forza, tirati nuovamente su e ricomincia dall'inizio. Cercai di tirarmi nuovamente su me le mie braccia erano troppo stanche, non riuscii a sollevarmi da terra. Cristina inizio' quindi a incitarmi prendendomi a pedate, ma non ce la facevo proprio. - Vedo bene che le tue braccia sono troppo stanche per poter ricominciare. – disse Gina – Voglio essere generosa, ti concedero' un altro modo per poter espirare le tue colpe. Io, a terra con il visto immerso sui suoi piedi, mi chiedevo cosa avesse in mente e cos'altro ancora avrei dovuto subire. - Mettiti con la schiena a terra, con le gambe rivolte verso di me. Con fatica rigirai il mio corpo su se stesso per mettermi come ordinatomi. - Avvicinati di piu' – disse Gina – Fletti le ginocchia e divarica bene le gambe. Feci come mi aveva detto e non appena divaricai le gambe, lei poggio' un piede sui miei genitali e accavallo' le gambe in modo che l'altro piede rimanesse sospeso a mezz'aria sopra il mio petto. - Forza – disse Gina – adesso metti le mani dietro la nuca e, senza muovere le gambe, tirati su e vienimi a leccare il piede. Contraendo gli addominali sollevai il busto fino a portare il mio viso vicino al piede di Gina, tirai fuori la lingua e iniziai a leccarglielo. La posizione era alquanto faticosa, dovevo rimanere col busto inclinato mentre Gina nel frattempo aumentava la pressione sui genitali con il piede piu' in basso. Inoltre Gina di tanto in tanto alzava un poco il piede allontanandomelo dal viso e costringendomi a sollevare ulteriormente il busto, poi lo riavvicinava di nuovo premendomelo sul viso e facendomi abbassare il busto senza pero' che io potessi mai poggiare la schiena a terra per riposarmi un attimo. Cristina rideva a crepapelle nel vedere il grande sforzo che stavo facendo mentre continuavo a leccare la pianta del piede della sua amica. Dopo circa un minuto in quella scomoda posizione Gina mi premette con forza il piede sulla faccia spingendomi indietro fino a farmi portare la schiena a terra (potei finalmente rifiatare un attimo). Dopodiche' cambio' la posizione delle gambe e mi ordino' di leccarle l'altro piede. Avevo gli addominali che mi dolevano, tuttavia strinsi i denti e risollevai nuovamente il busto per andarle a leccare l'altro piede. Anche in questa occasione Gina lo sollevava e lo abbassava facendomi faticare notevolmente, stavolta inoltre pigiava con piu' forza col piede che teneva sui miei genitali schiacciandomeli gradualmente sempre di piu'. Dopo circa 30 secondi il dolore e la fatica divennero insopportabili e stremato mi accasciai con la schiena a terra. Gina aumento' la pressione sui miei genitali intimandomi di riprendere a leccarle il piede, provai a risollevare il busto per qualche secondo ma ero troppo stanco e mi riaccasciai nuovamente. Gina allora sollevo' il piede che teneva sui miei genitali e lo fece scendere di scatto in modo da colpirli con forza. Mi piegai in due per il dolore. - Guarda che pappamolla – disse Gina alla sua amica – non riesce a reggere per piu' di pochi secondi. - Hai proprio ragione – disse Cristina – Dovremmo trovare qualche altro sistema per punirlo. - Gia' - disse Gina mentre io mi contorcevo dolorante ai suoi piedi. - Mi e' venuta un'idea! – disse improvvisamente Cristina – Che ne dici se facciamo un po' di step visto che oggi non andiamo a correre? - Ottima idea! - esclamo' Gina che aveva compreso immediatamente cosa aveva in mente la sua sadica amica. Le due donne si alzarono dalle sdraio e, dal momento che ero ancora dolorante a terra, mi afferrarono per le caviglie e mi trascinarono sul prato, mettendomi con la pancia in su. - Adesso rimani fermo in questa posizione e non ti azzardare a muoverti' – mi ordino' Cristina in tono perentorio. Iniziarono quindi a turno a salirmi sul petto, prima con un piede e poi con l'altro, come se stessero facendo step in palestra, con la differenza che lo step ero io. Inizialmente riuscii a sopportare bene il loro peso, salivano a turno e rimanevano sul mio corpo per una frazione di secondo. Ben presto pero' le mie sofferenze aumentarono, le due donne infatti incominciarono a salire con un piede sollevando il ginocchio della gamba opposta in modo da gravare maggiormente col loro peso e presero a farlo in coppia contemporaneamente, Gina saliva sul petto mentre Cristina sull'addome. Rimanevamo poi ferme sopra di me per qualche secondo poi scendevano per risalire con il piede opposto. Proseguirono con quella “ginnastica” per circa una decina di minuti facendo esercizi sempre piu' dolorosi (per me ovviamente). Ogni tanto mi contorcevo per il dolore, venivo allora preso subito a pedate, e costretto a rimettermi in posizione. Infine si divertivano a saltarmi sul corpo con entrambi i piedi, prima lo fecero singolarmente e poi assieme. Al quinto salto che fecero entrambe sopra di me non potei resistere e mi piegai in due per il dolore. Non potevo resistere oltre. Gina mi poggio' allora un piede in testa e Cristina sul fianco e mi guardavano ridendo dall'altro verso il basso. Non dissero nulla ma i loro sguardi erano piu' che eloquenti: mi avevano fatto capire ancora una volta chi e' che comandava e quale sarebbe stato il mio ruolo di li' in poi. Alla fine mi ricostrinsero con la schiena a terra e, dopo essermi nuovamente salite sopra il corpo, si abbracciarono e si scambiarono un appassionato bacio mentre io giacevo sotto i loro piedi. Poi scesero e fecero un tuffo in piscina mentre io rimasi dolorante al suolo, stremato, nel fisico e nello spirito. Dopo qualche minuti giunse Anna che annuncio' che a breve sarebbe stato pronto il pranzo e chiedendo cosa fare di me. - Legalo ad un palo e portagli un po' di cibo – disse Gina uscendo dall'acqua insieme a Cristina – Pranzeremo senza di lui. E mentre le due amiche si incamminavano verso casa, Gina aggiunse – Ah dimenticavo Anna, oggi andiamo al circolo e staremo fuori anche la sera. Fallo riposare un po' nel pomeriggio, ne ha bisogno. Stasera te lo lasciamo, e' tutto tuo. - Come desidera, Signora Gina – disse Anna e mi guardo' con un diabolico sorriso ...
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