Respira affannosamente. Il mio switch si è attivato in maniera rapida, ma non indolore. Il mio sorriso luminoso, accogliente, i miei occhi vibranti di entusiasmo di bimbo, la mia voce pacata e calda hanno virato verso il mio alter ego, così imperatorio, pur sempre rassicurante, ma oscuro, indecifrabile e soprattutto imprevedibile...Io non prevedo mai me stessa. Do fiato e anima alla mia personale rappresentazione di un incubo alla David Lynch. Ora tutto è improvvisazione. Attimo dopo attimo. Gesto dopo gesto. La panca da fitness che avevo richiesto non è presente nella suite. Dovrò ricreare in qualche modo la base di appoggio dove stenderlo per condurlo negli abissi del waterboarding. “Hai sete?”. Annuisce. Ma non ha ancora guadagnato nulla, deve ancora dimostrarmi tutto. Quindi tranquillamente mi dirigo scalza in bagno con il calice in mano, scosto dal lato dello spacco la lunga veste nera e, restando in piedi, getto l’essenza che racchiude la minerale e il corvina nera del ristorante. Non è ancora degno delle mie nudità. Torno e gliela porgo con gentilezza. Tre sorsi. Si ferma. Lo guardo implacabile: “finiscila”. Dispongo alcune sedie in fila, le ancoro con la corda da bondage. Lo faccio stendere supino, la testa leggermente reclinata all’indietro in sospensione. Dal bagno porto il necessaire: asciugamani e una bacinella di acqua. “Apri la bocca. Completamente aperta”. Spingo l’asciugamani in fondo e mi assicuro che aderisca alle pareti fino a sfiorare l’inizio della gola. La cinghia dei suoi pantaloni sarà bastevole per immobilizzarlo all’altezza del torace durante, ma al contempo veloce da sciogliere quando starà per annegare. Non lo bendo. Voglio guardare in quegli occhi ogni riflesso di terrore e vuoto pieno. Perchè lo faccio? Qualcuno mi ha detto che si tratta della vecchia storia di Eros e Thanatos. Ed io l’ho interpretata non secondo Freud, ma secondo l’innata pulsione di creature, come la sottoscritta, che non sanno vivere senza danzare con entrambi in un eterno ritorno senza tregua. Inizio a versare l’acqua dall’alto, (quante volte l’ho fatto...ma è sempre la “prima volta”), inizia qualche spasmo, aumento la colata. L’acqua ha già totalmente imbevuto l’asciugamani, ora inizia la sensazione di annegamento. I suoi occhi lacrimano e si spalancano. Cerca di liberarsi, ma la cinghia è ben stretta alla sedia. Butto l’acqua restante e sento la scossa, il brivido, il cuore che pompa : l’adrenalina mi dilata la pupilla come un gatto nelle tenebre. Ancora qualche decina di secondi e l’acqua sarà nelle vie respiratorie. Si dimena. Lamenti soffocati nell’apnea. Vedo la sua disperazione. E’ quasi in ipossia. Sciolgo veloce la cinghia della cintura, strappo via di bocca il cotone imbevuto, lo afferro da dietro la nuca con entrambe le braccia e lo sollevo, lo piego verso i suoi genitali e gli faccio sputare l’acqua. “Respira dal naso!”Colpi sul torace. L’acqua non è nei polmoni. Mi siedo di fronte a lui. Siamo faccia a faccia. Pian piano riprende a saturare. Pian piano torna qui. Pian piano torna da me. Un esperienza di pre morte porta il cervello ad illuminarsi come una supernova. Le onde gamma prendono il sopravvento e creano un paradosso biologico. C’ è chi dice di vedere tutta la propria vita scorrergli davanti, chi di vedere una luce intensa in fondo a un tunnel, chi di vedere se stesso dal di fuori mentre sta per morire. La mia verità è che solo vivere la morte ti consente di vivere la vita in quanto tale. Se non sai danzare con Thanatos non conosci i passi per ballare con Eros. Se non sai ballare con la morte e con l’amore non puoi danzare con me. (continua...)
PILLOLA NUMERO 7 L’adrenalina lascia il posto alle endorfine, ma anche al rientro alla base della mia potente emicrania. Seduto nudo a terra in un angolo della suite, lo guardo. Anche lui ascolta il battito cardiaco scendere. Un silenzio puro ci avvolge e ci coccola. Aspetto molto prima di infrangere questo momento estatico e denso di significati. “E’ ora di disporci per la notte, Morfeo ci attende”. Gli porgo la mano per alzarsi, per tornare di fronte a me, ci stiamo svegliando pian piano dal sogno. “Non dormirai a terra vicino al mio letto, passerai la notte sulla moquette del bagno. Non ti legherò, non serve, le catene invisibili che già indossi sono per me la sicurezza che non ti muoverai da dove ti dirò di stare”. Vedo un lampo di delusione attraversagli lo sguardo, uno sguardo che comunque ora è sereno, perfettamente a suo agio nel “post tortura”. E’ fisiologico. Anche dopo un attacco di panico la sensazione è quella di aver sollevato un auto e nello stesso tempo di essere stati calpestati da un carrarmato. Un senso di svuotamento e sfinimento totalizzante. Invece qui con me hai aperto il tuo vaso di Pandora e i tuoi demoni dapprima sono usciti come Furie...Aletto, Megera e Tisifone hanno saturato l’aria mentre io ti toglievo quella poca rimasta nell’asfissia dell’annegamento. Lo invidio, lui ora conosce la pace del “trapasso”. Rieccola..precisa e diretta come una lama infuocata: l’emicrania mi attanaglia le tempie e contrae la fronte. Torno alla chimica in velocità e butto giù in un unica soluzione miorilassante e Toradol sublinguale. Il tempo di un “Buonanotte” a Lui rannicchiato nudo sul pavimento del bagno e crollo nel king size schiacciando la testa tra centomila cuscini. Una luce fioca attraversa le tende oscuranti. Non oso aprire gli occhi...è degenerata nella notte ed ora è chiaramente cefalea a grappolo, il dolore è lancinante. Tutto è amplificato. Percepisco passi nella stanza, ombre in movimento, piccole cose che producono piccoli rumori che mi devastano. “Io devo rientrare. Ti ho già ordinato la colazione in camera, quando te la sentirai. Ho chiamato la reception e spostato il check-out, puoi rimanere in hotel tutto il tempo che vuoi. Spero ti passi. Grazie.” Biascico un “grazie a te” ad occhi chiusi. Qualcosa di leggero e vellutato come un petalo di American Beauty mi sfiora le labbra delicatamente...In una frazione di secondo sbarro gli occhi e mi sollevo dal cuscino sorretta da un istinto innato e primordiale, feroce e sbalordita: “ Come hai osato baciarmi??” “Non ho resistito. Eri così inerme e dolorante...bellissima”. Da quel giorno il vero RACK ebbe inizio...e ad oggi non ha ancora avuto una reale “Fine”. Lui rimane il mio Re Giorgio III ed io la sua regina Carlotta.
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