| Guardo la busta. La mia indole sparagnina mi indurrebbe a prenderla ed andarmene. In fondo ho ottenuto il massimo risultato investendo zero ed avendo di nuovo tutto il capitale. Ho soddisfatto la fantasia che avevo sin da quando ero adolescente. Mi ero divertito ed ora ero in grado di chiedere a qualunque ragazza in un casino di farmi esattamente la stessa cosa: indossare scarpe che mi piacevano, farmi un massaggio manuale fino al godimento su di esse e poi farmi ripulire. Tutto questo grazie a Clara che, in un certo senso, mi aveva sbloccato e reso meno timido. Ora mi sembra che non ci sia nulla di male nel chiedere e nel fare certe cose, mentre prima al solo pensiero di parlarne stavo male. Ma c'è un grande ma...il mio animo da commerciante appoggiato anche dalla mia curiosità, unita ad una certa propensione al rischio, mi fa vedere le cose da una diversa prospettiva. In fondo il capitale era già considerato speso quando avevo deciso di incontrare Clara nella sua cabina. Quindi è come se in questo momento io non ci rimettessi nulla proseguendo. Un po' come quando uno va a giocare d'azzardo, punta mille lire e vince la stessa cifra: può andarsene felice di aver provato un brivido gratis oppure può pensare di giocarsele un' altra volta: se va male comunque quei soldi li aveva già considerati persi nel momento in cui se li è giocati, ma se va bene può anche vincerne di più. Tutto questo ragionamento mi sembra che avvenga in meno di un secondo, ma invece deve durare qualche attimo in più, visto che lo sguardo interrogativo di Clara si accentua.
In definitiva faccio quello che, al di là di tutte le considerazioni razionali, sapevo avrei fatto sin dall'inizio:"Vorrei proseguire con lei Miss Clara". "Ti ho visto un po' indeciso ma ero certa che avresti proseguito." La guardo. Nonostante il trucco sia un po' sbavato, è sempre stupenda. Armeggia con la brocca e riempie un po' di più la bacinella con l'infuso di camomilla tiepida. Apre una valigetta ed estrae una bottiglia da cui versa nel catino una generosa dose di un liquido oleoso. Dalla stessa valigetta estrae una grossa peretta in gomma. La schiaccia un paio di volte e poi la fa rigonfiare, quindi usa la punta per mescolare il liquido oleoso con la camomilla nel catino. "Hai mai fatto un clistere, Ambrogio?" "Veramente solo da bambino, da adulto li ho sempre accuratamente evitati, Miss Clara." "A me invece piace molto farli. Ma sono anche necessari per certe pratiche che andremo a fare dopo. Sdraiati sul letto, sul fianco sinistro, con il culetto verso di me e le ginocchia al petto." Eseguo. "Ah, Ambrogio, ti avviso che se non ti trattieni e dovessi sporcare, non solo sarai costretto a ripulire con la lingua, ma riceverai una pesante punizione a mia scelta dopo essere stato legato e ", qui dà un paio di colpi secchi con le nocche alla parete, "dato che le pareti sono sottili, imbavagliato."
Mette un po' di olio sul dito indice della mano sinistra. Sento la mano di Clara che mi solleva il gluteo e si fa strada verso il mio buchetto. Lì il suo ditino lubrificato inizia a giocherellare sul bordo, con lenti movimenti circolari, abbastanza piacevoli. Poi piano piano si infila nell'ano delicatamente, con calma, entrando ed uscendo spesso, leggero come una farfalla. È fastidioso, ma non spiacevole. "Che buchetto stretto! Proprio verginello come piace a me. Sarà un vero piacere allargartelo un po'. Soffrirai all'inizio ma poi, vedrai che piacere!" E sull'ultima parola introduce a fondo il dito, lo muove all'interno ed a me viene duro. Non faccio in tempo a stupirmi di ciò che mi introduce la peretta e con ferma dolcezza la preme per irrorarmi l'intestino. Mi ordina di fare dei bei respiri profondi, per permettere al liquido di risalire. Poi velocemente estrae la peretta, la riempie ancora di liquido tiepido e, questa volta senza tanti complimenti, mi infila il beccuccio nel buchino e schiaccia molto più decisa di prima. Sento la pressione del liquido che sale ed ho lo stimolo di espellerlo. "Trattieniti, Ambrogio. Dobbiamo farne altre due. Respira." Io cerco di farlo. È veramente dura. Ripete il procedimento ancora una volta, ogni volta il beccuccio della peretta viene spinto più all'interno e la pressione con cui viene immessa è maggiore. Dopo la quarta non ne posso più. Devo correre in bagno. "La prego Miss Clara, non ce la faccio più, rischio di sporcare tutto, la prego, mi faccia andare in bagno". Il dolore all'intestino è atroce, la voglia di alleviarlo sparando fuori tutto anche. "Non vorrai andare in giro nudo. Almeno rivestiti." e mi porge pigiama e la giacca da camera. Mentre mi rivesto si raccomanda:"Assicurati di svuotarti bene, prenditi il tempo necessario, aspetta tranquillo. Non avere fretta. E poi pulisciti bene, se vuoi evitarti una decina di colpi con la canna." Appena rivestito schizzo fuori dallo scompartimento. Se l'addetto alla carrozza vedendomi uscire in pigiama dalla cabina di una signora per dirigermi a spron battuto verso il bagno si stupisce, non lo lascia intendere. Ha un'espressione che sembra scolpita nella roccia. Deduco che sia abituato alle stravaganze dei ricchi, di solito pronti a tacitare coscienze e pettegolezzi con laute mance. La porta del bagno mi sembra l'anticamera del paradiso, almeno fino a quando tento, freneticamente, di aprirla. Una voce sorda all'interno recita la classica frase che nessuno vorrebbe mai udire in quei momenti delicati:"Occupato!" Mi dondolo sui due piedi, tentando di alleviare dolore e stimolo, mentre vaglio le possibili alternative: bussare alla porta della mia cabina, sperando che Gastone apra, per utilizzare il catino di cui è dotata a mo' di bugliolo oppure andare al vagone ristorante, sperando sia ancora aperto e dotato di ritirata. Prendo anche in considerazione l'idea disperata di fermarmi nel passaggio tra una carrozza e l'altra e scaricare verso l'esterno, sporgendo il sedere un po' in fuori.
Busso disperatamente alla porta, cercando di fare capire all'occupante che la situazione qui fuori è abbastanza disperata. "Un attimo!" bofonchia dall'altra parte la solita voce.
A questo punto vado a bussare alla porta della mia cabina ma si vede che Gastone dorme il sonno dei giusti. Oppure...mi viene un atroce sospetto. Mi vengono in mente i colpetti con le nocche dati da Clara alla parete.
Ormai la pressione all'intestino ed il dolore sono quasi insopportabili, diventa sempre più difficile trattenermi.
Corro alla porta della toeletta, come fascisticamente è stata ribattezzata la toilet, e nel bussare questa volta sussurro un:"Gastone, lo so che sei tu li dentro. Apri, che non resisto più! Lo so che stai eseguendo gli ordini di Clara". Nel frattempo mi accorgo che l'inserviente ha osservato tutta la scena con aria indifferente, come se per lui fosse normale vedere un tizio in pigiama e giacca da camera correre e saltellare mentre si massaggia l'intestino. Dopo ancora una trentina di secondi, serafico, il maledetto apre la porta e mi apostrofa: "Miss Clara, per te, pezzente." Non so dove trovi la forza, ma la disperazione è un potente alleato, per tirarlo via dall'ingresso, entrare e chiudergli la porta alle spalle. Appena ho abbassato i pantaloni, non aspetto neppure di essere seduto per espellere con un violento schizzo acqua e materia fecale. Risparmio ai lettori impressionabili la descrizione dei successivi momenti ed evito di entrare nei particolari sul tipo di aria mefitica di cui si era impregnato il piccolo locale dopo pochi secondi.
Dopo circa un quarto d'ora e diverse scariche, una volta certo di non avere più alcuno stimolo, mi pulisco con l'apposita carta e cerco di lavarmi alla bell'e meglio la zona interessata nel piccolo lavandino.
Finalmente, più leggero, ritorno a bussare alla porta di Miss Clara.
Come feci la prima volta entro lestamente, ma questa volta so cosa aspettarmi.
Lei è ancora nel medesimo abito, ma si è rifatta il trucco.
"Carino lo scherzetto di mandare Gastone ad occuparmi il bagno con i due colpetti. Avrei dovuto immaginare che avresti concordato con lui una serie di segnali, quanto meno nel caso fossi stata in pericolo, ma non avrei mai pensato ad una cosa simile. Eri sicura che sarei rimasto?" Non mi accorgo neppure che le ho dato del tu contrariamente agli ordini e che il mio tono non è proprio cordiale.
Senza dire una parola e senza alcun preavviso, con un movimento sciolto e fluido, si allunga e mi afferra le palle con la mano e le strizza decisa. Mi piego in due urlando di dolore. E per di più mi arriva anche un sonoro schiaffone seguito da un bel manrovescio. Poi la mano che per un attimo aveva lasciato i miei gioielli per colpirmi in faccia, ritorna al suo posto e riprende il lavoro di pochi istanti prima. Diversi lampi di dolore mi affollano il cervello. "Ti sembra forse che io sia in pericolo? O possa mai esserlo stata? Con quelli come te, che bramano solo essere schiavi di una donna come sarebbe possibile essere in pericolo? Ti tengo per le palle e non provi nemmeno ribellarti, eppure potresti farmi del male se volessi." Mi guarda, severa. "Avevo previsto che saresti rimasto ma non questa tua insubordinazione. Evidentemente devi ancora provare il morso della cinta per essere domato." Poi mi sussurra, la voce roca, non so se perché pregusti la futura punizione che mi infliggerà o se per rabbia, ma propendo per la prima ipotesi: "Se dici pietà Miss Clara te ne puoi tornare alla tua cabina e finisce qui. Altrimenti sappi che dieci colpi di cinghia non te li leva nessuno. Hai proprio deciso di farmi impazzire di piacere questa sera, non è vero Ambrogio?" La guardo: "Mi scusi Miss Clara." "In ginocchio,Ambrogio! Adesso. Le scuse non bastano "
Mi metto di nuovo un ginocchio, come all'inizio, pancia sul letto. Vengo legato ed imbavagliato.
Questa volta so cosa aspettarmi e tremo, cosa che sembra eccitare Clara ancora di più.
Il sedere fa ancora male da prima. I colpi mi vengono dati non forti come la prima volta, ma si susseguono velocemente. Tranne gli ultimi due, che sono molto duri. Ho gli occhi in lacrime.
"La prossima volta non sarò così clemente." Si vede che le è piaciuto. Passa una mano sul mio povero sedere e ne avverto il bruciore. Per non sbagliare mormoro "Grazie Miss Clara". Con l'altra mano si masturba, ma non tanto da venire.
Mi libera le mani ma lascia le polsiere attaccate. "Adesso riprendiamo da dove avrei dovuto iniziare se tu non avessi fatto le bizze. Sdraiati sulla cuccetta a pancia in su, sedere sul bordo." Eseguo. Mi mette anche delle cavigliere. Mi fa alzare le gambe verso le mani e poi lega insieme, con delle cinghie in cuoio, la mano con la rispettiva caviglia. Ho le gambe aperte ed il buco del sedere ben in vista. Apre una custodia di legno imbottita,al cui interno ci sono, ordinatamente riposti, dal più piccolo al più grande una serie di...no, non è possibile. L'occhio inganna. Invece si. Sono proprio una serie di falli in legno scuro, tipo ebano, lisci, con i dettagli della cappella perfettamente riprodotti. Dalla parte opposta al glande, al posto dei testicoli, vi è semplicemente un manico tipo quello dei pugnali, ma terminante in un occhiello dove ci può passare comodamente un indice. Mi accarezza il membro con la mano fino a farlo diventare durissimo. Guarda nella scatola e seleziona un fallo. Lo accosta al mio per confrontarlo. Non soddisfatta ne prende uno un po' più grande. È il penultimo della serie. Me lo mostra. "Purtroppo per te, in questo momento non è un vantaggio essere ben dotati!" Fa una pausa ad effetto mentre io deglutisco. "Sai Ambrogio, anche se sono un po' arrabbiata con te ed avrei voglia di sfondarti il culo direttamente con questo, visto che sei ancora vergine ed è mio dovere di precettrice introdurti a certi piaceri particolari e non farteli odiare, cercherò di trattenermi e di iniziare come era mia intenzione, per gradi. A dispetto del proposito originale, ove se avessi visto che arrivare a questo era un po' difficile, mi sarei fermata, adesso no. Potrai sempre chiedere pietà, visto che non è una punizione." Pesca uno dei falli più piccoli, direi un po' più grosso di un dito. Lo unge abbondantemente. Poi ne appoggia la punta allo sfintere. "Spingi un po' come se dovessi andare in bagno." Appena si accorge che sto spingendo, ne introduce una parte fino a metà circa. Sento con l'ano il disegno della cappella. O forse è la mia immaginazione. Lo estrae e poi, con un colpo secco, me lo spinge di nuovo dentro, più in profondità. Fa male. Non capisco come facciano i sodomiti a provare piacere nel prenderselo in culo. Poi lo muove delicatamente avanti ed indietro, facendolo uscire e rientrare. Parte del dolore si attenua. Ma non diventa certo piacevole. "Aumentiamo la dimensione, che questo è quasi un giocattolo per bambini" mi dice. "A dir la verità a me già questo non piace e fa un po' male, Miss Clara." "Tra un po' vedrai che arriverà il piacere. Anche se non a tutti i miei servi, pochi, effettivamente piace." Scrolla le spalle. "Ma a me piace farlo, quindi..." Lo estrae. Io mi sento subito meglio, con quella bella sensazione di vuoto. Ma dura poco. Infatti ne prende uno di una misura più grande, lo lubrifica e lo introduce, gradualmente, a volte facendolo tornare indietro,ma decisa a farmelo gustare fino in fondo. È sempre fastidioso. Lo muove avanti, indietro, lo gira e lo rigira, provocandomi solo dolenzia e disagio. Se ne accorge perché mi dice:"Questo lo lasciamo lì ben inserito per il momento. E ci dedichiamo ad altro. Vediamo se migliora". Nel frattempo il mio pene si è messo a riposo. Sale sul letto a fianco a me, si sdraia e mi sussurra in un orecchio: "Adesso ci penso io a farti dimenticare il dolore al tuo culetto", seguita da una risatina che non mi sembra promettere nulla di buono. Ma forse è solo la mia immaginazione.
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