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La festa della donna, Ipazia e l'ennesima strage nel nome di un dio

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fkafka
view post Posted on 8/3/2017, 09:52     +4   +1   -1




Lo storico della Chiesa Socrate Scolastico scrive che nel mese di marzo del 415 ad Alessandria d’Egitto un gruppo di cristiani «dall'animo surriscaldato, guidati da un predicatore di nome Pietro, si misero d'accordo e si appostarono per sorprendere la donna (Ipazia, filosofa e matematica) mentre faceva ritorno a casa. Tiratala giù dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario; qui, strappatale la veste, la uccisero usando dei cocci. Dopo che l'ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati i brandelli del suo corpo nel cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia bruciandoli. Questo procurò non poco biasimo a Cirillo (vewscovo di Alessandria d’Egitto, che poi la chiesa ha pensato bene di fare anche santo!) e alla chiesa di Alessandria. Infatti stragi, lotte e azioni simili a queste sono del tutto estranee a coloro che meditano le parole di Cristo».
La colpa di Ipazia? Lo stesso Socrate Scolastico spiega che Ipazia «era giunta a tanta cultura da superare di molto tutti i filosofi del suo tempo, a succedere nella scuola platonica riportata in vita da Plotino e a spiegare a chi lo desiderava tutte le scienze filosofiche. Per questo motivo accorrevano da lei da ogni parte tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico».
Il filosofo pagano Damascio che si trasferì ad Alessandria intorno al 485, quando ancora «vivo e denso di affetto era il ricordo dell'antica maestra nella mente e nelle parole degli alessandrini» ne scrisse, cento anni dopo la morte, la biografia di Ipazia. In essa sostiene la diretta responsabilità di Cirillo nell'omicidio, più esplicitamente di quanto non faccia Socrate Scolastico: accadde che il vescovo, vedendo la gran quantità di persone che frequentava la casa di Ipazia, «si rose a tal punto nell'anima che tramò la sua uccisione, in modo che avvenisse il più presto possibile, un'uccisione che fu tra tutte la più empia». Anche Damascio rievoca la brutalità dell'omicidio: «una massa enorme di uomini brutali, veramente malvagi [...] uccise la filosofa [...] e mentre ancora respirava appena, le cavarono gli occhi».
 
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