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Roberta: Il demone della foresta di Burkh, share3000 presa dalla rete

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view post Posted on 24/4/2013, 08:36     +1   -1

Professore/essa SM

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Agosto 2007. Sardegna.


In un villino a due piani al centro di una pineta, si è da poco svolto l'atto finale di una storia di sesso, violenza e potere.
Nella terrazza inondata dal caldo sole estivo dorme lei. Roberta. La padrona.
Poco distante, nascosto nell'ombra di una stanza, piegato a carponi c'è Abdou. La puttana. Lo schiavo. O, per inquadralo con un termine consono al ruolo che interpreta con ammirevole abnegazione da almeno due settimane... il "cane".

Inusuale destino quello di Abdou, nato in Africa sulle sponde dell'Atlantico e finito in Europa a vendersi come escort per ricche ed annoiate occidentali.
Fatale l'incontro con la donna della sdraio.
Spezzato nel corpo e nella mente dal trattamento ricevuto e forzato impietosamente a regredire al livello di una bestia da compagnia
il lungo viaggio di Abdou era terminato nelle stanze di quel villino sardo.
Ridotto ad un lontato fantasma dell'uomo che era stato, passava le giornate caracollando come la goffa parodia di un cane per prati e corridoi, lo sguardo spento privo d'intelligenza e il massiccio corpo scuro spoglio di qualsivoglia lembo di tessuto.

L'autrice di quel piccolo capolavoro di psicologia applicata, Roberta, era una donna dalle innumerevoli doti.
Energica, intraprendente e abile manipolatrice possedeva un corpo di una bellezza prorompente.
Una morbida pelle olivastra dava alla sua elegante e generosissima silouette un tocco esotico e selvaggio che ben si sposava con il modo che aveva di muoversi e gesticolare, fluida e sicura nei movimenti come nelle decisioni.
Alla statuaria bellezza del corpo sommava poi l'incredibile espressività di una faccia tonda incorniciata da un caschetto di foltissimi capelli neri e dominata da due grandi e guizzanti occhi castani.
In pratica era la perfezione fatta carne ed ossa che se ne andava sgambettando in giro su due tacchi.
O meglio... sarebbe stata la perfezione in carne ed ossa se non fosse stato per un piccolo dettaglio.
Roberta era una folle assassina matta da legare.
Era a causa di questo piccolo neo, che quella mattina in Sardegna un uomo adulto totalmente rincoglionito le si aggirava per casa mentre era intenta a godersi il sole assolutamente nuda su una sdraio.
Per riassumere brevemente gli antefatti che avevano portato a quella situazione, basterà dire che la bella mora aveva braccato, stanato e malmenato Abdou e dopo averlo neutralizzato brutalmente si era esercitata efficientemente un gran lavoro di plagio mentale tutto a base di sesso, sottomissione e botte. E i risultati non erano tardati.
Tuttavia, la lunga catena di eventi sui generis che avevano portato i protagonisti del nostro racconto in quel buffo stato di cose stava per prendere una piega ancor più stramba e improbabile, tanto da trascendere l'umana comprensione e ogni legge della fisica.

Mentre la nostra adorabile psicopatica era impegnata a prendere beatamente la tintarella in quel tranquillo angolo del bel paese, indiscussa ed incontrastata dominatrice del suo mondo... in un altro tempo e in un altro luogo forze misteriose ed oscure stavano per mettersi in moto.

Nel cuore della foresta di Burkh, nel preciso istante nel quale le due lune che danzavano in cielo da miliardi di anni ebbero raggiunto il perielio, l'anziana matrona delle Enadi comiciò ad intonare un triste lamento.
Il canto espresso in una lingua antichissima, raccontava della crudelle tirannia degli uomini che regnavano in quei luoghi, del dolore patito dalle figlie della foresta e di come esse pregassero le due grandi madri celesti di mandare qualcuno a sarvarle.
La matrona non aveva una bella voce e il modo con il quale le parole erano state accostate di sicuro non aiutavano a rendere gradevole il canto, ma per qualche insondabile prodigio del destino le sue preghiere risultarono tanto spiacevoli all'udito quanto efficaci nei fatti.

Al di sopra del villaggio di legno e paglia, proprio sul grande falò che bruciava al centro, una meraviglioso globo di luce celeste comincio a volteggiare in cerchio tra i gemiti di meraviglia emessi dalle ragazze dell'insediamento. Il rugoso volto della matrona fu segnato in silenzio da una lacrima.

Roberta si sveglio di soprassalto rizandosi sulla sdraio.
Un vento freddo e sinuoso era cominciato a scorrerle tra i grossi seni scivolandole attorno come un guanto invisibile.
Era qualcosa di assolutamente innaturale e inspiegabile visto il luogo dove si trovava.
Preoccupata la ragazza comincio a lanciare occhiate alle cime degli alberi che si intravedevano dalla terrazza.
Erano assolutamente immobili.
La donna tentò di mettersi in piedi, ma le era impossibile. Una forza misteriosa la circondava rendendo vano ogni tentativo. Improvvisamente fredde fiamme di luce bluastra le si materializzarono intorno e cominciarono a scivolarle addosso seguendo ogni curva del corpo. La donna terrorizzata provò con un violento colpo di reni a balzare giù dalla sdraio. Ma la spinta ebbe come unico effetto quello di farla rimanere a mezz'aria, sospesa nel vuoto.
Con i grossi occhioni da sgranati, Roberta ebbe modo di lanciare un ultima occhiata ad Abdou, che richiamato dal trambusto aveva trotterellando a carponi fin alla terrazza giusto in tempo per osservare con il suo sguardo ebete la donna che l'aveva sottomesso ed addomesticato sospesa a mezz'aria, avvolta da un'iridescente aura di luce blu.
Poi Roberta scomparve.

Nella notte, le scintille rosse del fuoco cominciarono a mescolarsi e a fondersi nella scia lasciata dal globo azzurro che volteggiava nell'aria. Ad un tratto il globo mutò forma fino tramutarsi in una moltitudine di nastri luminosi che saettavano ovunque nel cielo stellato. Poi la luce smise di seguire un percorso casuale e cominciò a fluire come se stesse scorrendo sulla superficie di un oggetto. In breve, tra le grida di stupore delle ragazze dell'insediamento, sottili fasci luminosi presero a definire con precisione il contorno di quello che sembrava un magnifico corpo femminile.
La donna tentò di mettersi in piedi, ma le era impossibile. Una forza misteriosa la circondava rendendo vano ogni tentativo. Improvvisamente fredde fiamme di luce bluastra le si materializzarono intorno e cominciarlono a scivorlarle addosso seguendo ogni curva del corpo. La donna terrorizzata provò con un violento colpo di reni a balzare giù dalla sdraio. Ma la spinta ebbe come unico effetto quello di farla rimanere a mezz'aria, sospesa nel vuoto.
Con i grossi occhioni da sgranati, Roberta ebbe modo di lanciare un ultima occhiata ad Abdou, che richiamato dal trambusto aveva trotterellando a carponi fin alla terrazza giusto in tempo per osservare con il suo sguardo ebete la donna che l'aveva sottomesso ed addomesticato sospesa a mezz'aria, avvolta da un'iridescente aura di luce blu.
Poi Roberta scomparve.

Nella notte, le scintille rosse del fuoco cominciarono a mescolarsi e a fondersi nella scia lasciata dal globo azzurro che volteggiava nell'aria. Ad un tratto il globo mutò forma fino tramutarsi in una moltitudine di nastri luminosi che saettavano ovunque nel cielo stellato. Poi la luce smise di seguire un percorso casuale e cominciò a fluire come se stesse scorrendo sulla superfice di un oggetto. In breve, tra le grida di stupore delle ragazze dell'insediamento, sottili fasci luminosi presero a definire con precisione il contorno di quello che sembrava un magnifico corpo femminile...


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... ci fu un lampo ed altri versi di stupore e sorpresa riempirono l'aria.
Poi luce e fuoco come risucchiati si unirono ed implosero su se stessi lasciarono il villaggio nell'oscurità. Ma anche se per pochi istanti, tutte le presenti erano
riuscite a vedere che prima di sparire all'interno dell'involucro di luce si era materializzata una donna nuda.
La matrona corse verso quel il cumulo di ceneri che fino a pochi attimi prima erano stati una pila di sterpi in fiamme facendosi luce con una torcia.
E tra braci ormai spente e carbone, vide emergere dal buio della notte una silhouette adagiata al suolo.
Era una donna, ed era di una bellezza portentosa. Anche se per metà riversa nella cenere e mortificata dalle conseguenze del duro ed improvviso atterraggio se ne intuiva la voluttuosità.
Le curve e i lineamenti svelati dall'incerta luce della fiaccola erano pochi e tuttavia sufficienti allo scopo.
Emozionata come una ragazzina, la matrona sfiorò con le mani nodose quel giovane corpo che giaceva al suolo. Respirava.
Gettò a terra la fiaccola e afferò un braccio facendoselo passare sulle spalle. La donna emise un gemito.

A quel suono, tutte le altre donne dell'accampamento, che fino a quell'attimo erano rimaste impietrite a guardare furono prese da una certa frenesia e cominciarono a correre avanti ed indietro per le capanne. Un gruppetto si avvicinò alla matrona con l''intento di aiutare. In un battibaleno la donna misteriosa venne sollevata da terra, avvolta in pelli di animale e trasportata a braccio in una capanna dove l'attendevano un giaciglio e una botte colma d'acqua calda. Ancora incosciente venne delicatamente ripulita lavata ed asciugata, e quando l'opera fu completa venne messa a riposare.
Nessuna delle abitanti del villaggio aveva visto una donna tanto bella prima d'ora. E se quello che la matrona aveva raccontato era vero... finalmente la miseria ed il terrore nel quale erano sempre
vissute volgevano al termine per sempre. Tutte erano eccitatissime e non stavano più nella pelle.

Alla fine, nella capanna dell'ospite rimasero solo la matrona ed alcune giovani assistenti. Poi, poco prima dell'aurora, LEI riprese conoscenza.


Roberta aveva un mal di testa allucinante. Si sentiva stanca e confusa. E le pizzicava dappertutto. Di colpo si mise a sedere, e si guardò intorno. Era su un cumulo di fieno, coperta da quella che le sembrava essere la pelle di qualche genere di bestia. Si trovava all'interno di qualche sorta di bracca primitiva, con un focolare al centro. E cosa che l'inquietò moltissimo, c'erano altre persone con lei.
Una roca voce femminile pronunciò parole incomprensibili. Da una delle figure che l'osservavano saettò un lampo di luce azzurrina che percorse tutta la stanza e la colpì.
Roberta lanciandò in aria pelle e fieno scattò in piedi e con un balzo si mise in guardia accanto al fuoco pronta a fronteggiare gli sconosciuti. Non aveva idea di chi fossero e cosa ci facessero li, ma di certo ricordava bene cosa significasse essere una cintura nera, ed era pronta a dimostrarlo. Se ne stette in quella posizione per qualche istante... nuda, pugni chiusi e ginocchia piegate.
Poi una delle persone parlò. In italiano.

Era chiaramente una donna anziana a giudicare dal timbro della voce.
Si rivolse a Roberta con un tono pacato e sereno "Ave a te, divina redentrice. Ora puoi comprendere le mie parole. Non aver paura, poiché sei tra le tue sorelle e non vogliamo arrecarti alcun danno"
Roberta fece una faccia sconvolta e senza abbassare la guardia si lasciò andare in una banalissima quanto sincera esclamazione "Che?!? Mi state prendendo per culo?"
L'anziana replicò seria "Assolutamente no divina, ti abbiamo evocato grazie all'aiuto delle dee gemelle affinché tu possa liberarci dal crudele giogo che gli uomini della città di pietra ci hanno imposto!"
Roberta scosse la testa "Capanne, paglia, saette magiche... essere sincera non ci capisco nulla di sta faccenda. Che ci faccio in questo letamaio?"
"Sei stata richiamata in questo luogo grazie alla mia magia, per volere degli dei. Tra tutti i mondi esistenti nell'universo sei stata prescelta dalle divinità per rispondere alle nostre preghiere d'aiuto. Sei la nostra unica speranza. Ti prego, ascolta le nostre storie" l'anziana si fece avanti lasciandosi guardare bene in viso. Aveva un aspetto orribile.
"Cosa volete farmi farmi?" chiese Roberta a denti stretti. "Vogliamo solo che tu ci ascolti" risposero le altre ragazze facendosi avanti. Quando il bagliore del fuoco le illuminò, fu chiaro a Roberta quanto fossero brutte. Come una belva con le spalle al muro, senza mai abbassare la guardia, Roberta soppesò con occhio attento le donne che aveva davanti. Erano tutte basse, malaticcie e rachitiche. "Parlate, vi ascolto."

Ed in questo modo, vincendo perplessità e paura, Roberta apprese le vicende di quel mondo. Si trovava in un bosco posto al centro di una valle circondata da monti impervi e deserti.
La valle era l'unico luogo abitato di quel mondo ed era percorso da un unico grande fiume chiamato "Ro-Bur". Era un mondo dove gli esseri umani vivevano ancora in uno stato pre-industriale, simile a quello delle grandi civiltà storiche dell'età del ferro. Solo che a quanto pare la magia in quei luoghi era un fatto reale e concreto.

Secondo quanto gli fu raccontato, all'inizio dei tempi donne ed uomini vivevano insieme in pace ed armonia in una grande città-stato posta vicino alle sorgenti del Ro-Bur. Tuttavia, accadde che una potente strega malvagia riuscì grazie ai suoi poteri a sedurre l'erede al trono della città di pietra (questo era il nome che la matrona utilizzava per designarla) finendo col diventarne la regina. Una volta al potere la strega utilizzò la sua posizione e i suoi poteri per mettere in piedi una setta formata esclusivamente da donne con lo scopo di sottomettere tutti gli uomini dell'insediamento istaurando una ginarchia retta da donne iniziate alle arti arcane. Purtoppo per lei venne la congiura venne scoperta e stroncata nel sangue. Fu ella stessa deposta dal trono e uccisa. Gli uomini della città terrorizzati dall'idea che qualcun'altra potesse riuscire nell'impresa fallita, evocarono grazie ai sacerdoti di corte la protezione dello spirito del Ro-Bur, che fece loro dono della pietra oscura e delle piante di Grifoglio, in modo che quest'ultimi potessero controllare le donne e renderle schiave.

La "pietra oscura" era il minerale magico di uno sperone roccioso sul quale scorrevano le acque delle sorgenti del fiume. In seguito all'intervento divino l'intero sperone roccioso che una volta dominava la scarpata sovrastante le sorgenti era franato sulle sorgenti stesse dopo esser stato tramutato in "pietra oscura" capace, se bagnato dall'acqua, di avvelenarla. Qualunque donna avesse bevuto l'acqua contaminata, era destinata a crescere debole e brutta mentre il minerale era assolutamente innoquo per gli uomini. Solo mangiando i semi della sacra pianta di grifoglio donata dallo spirito del fiume agli uomini era possibile impedire al minerale di fare il suo effetto sulle donne. Tuttavia tale pianta aveva il "difetto" di ridurre chiunque ne avesse fatto uso ad un automa privo di volontà ed intelletto.

In questo modo, tutte le donne scappate dalla città prima di essere sottomesse finirono col dare origine ad una stirpe debole e malaticcia, in quanto l'unica fonte d'acqua presente nella vallata era avvelenata alla sorgente. Le donne che invece restarono entro le mura della città di pietra, furono costrette ad ingurgitare i semi della pianta. In questo modo nessuna di loro e delle loro discendenti risentì delle menomazioni fisiche provocate dall'acqua avvelenata.
Tuttavia seppur sane fisicamente a causa delle loro ridotte capacità mentali rappresentavano delle schiave perfette per gli uomini della città. Incapaci di intendere e di volere, erano sempre pronte a adempiere ogni ordine loro impartito. Il loro unico compito era quello di ubbidire gli uomini e di soddisfare ogni loro richiesta e desiderio sessuale.
Inutile dire che agli uomini la situazione andava benone. Ben presto divenne cosa comune per ogni uomi della città avere un proprio "harem" personale con decine di schiave. Nel giro di qualche generazione la considerazione per le appartenenti al gentil sesso divenne pari a quella che si riserva di solito agli animali domestici. Fu costruita una grande arena di marmo dove le schiave erano armate e costrette a lottare per deliziare i loro sadici padroni. L'effetto della pianta di grifoglio era tanto potente che bastava ai padroni ordinare di combattere alle poverette e quelle proseguivano fino alla morte. A volte venivano organizzati anche degli incontri misti, dove agli spettatori più sadici che meglio se la cavavano con la spada era concesso di affrontare le sciagurate gladiatrici in combattimento. Nel migliore dei casi gli incontri terminavano con uno stupro. Nel peggiore le ragazze venivano brutalmente macellate.

Ovviamente le povere fuggiasche che vivevano al di fuori della città soffrivano da tempo immemore per la loro condizione e per il destino riservato alle loro sorelle all'interno della città. Tuttavia a causa delle loro menomazioni fisiche non avevano alcun mezzo per cambiare lo stato delle cose. Non erano abbastanza forti per imporsi agli uomini con la forza, e il destino crudele aveva loro tolto ogni bellezza, cosa che le rendeva assolutamente inutili agli occhi degli uomini della città di pietra.

Ed a questo stato di cose, una sera d'estate, era comparsa Roberta.

Era una donna.
Era bella.
Era intelligente.

E cosa ancor più importante, nessun uomo di quel mondo ne sospettava l'esistenza. In altre parole, si trattava di bomba pronta ad esplodere.
Quando ebbe finito d'ascoltare la storia dell'anziana donna Roberta emise un sospiro malinconico e si accoccolò stancamente a terra braccia conserte e gambe incrociate, nuda come quando era balzata fuori dal giaciglio.

Le donne di Burkh ne osservarono i movimenti in silenzio, con riverenza. Era impossibile fare altrimenti, poiché Roberta era bella, infinitamente più bella di loro e probabilmente anche delle donne che vivevano schiave nella città di Ro-Bur.

Nella testa di Roberta mille domande e pensieri non cessavano di accavallarsi, tormentandola.

Era chiaramente confusa e sotto shock. La matrona fece cenno a due rachitiche ragazze che attendevano silenziose nell'ombra, e quelle subito con movimenti gentili si avvicinarono alla straniera e le circondarono le spalle con delle delle calde pelli di lupo.
Roberta ringraziò con un cenno del capo e continuò a fissare il fuoco con uno sguardo perso.

Poi avvenne qualcosa. I lineamenti del viso di Roberta fremettero e di colpo la ragazza chiuse gli occhi. Strinse i lembi delle pelli tra le mani con forza per qualche secondo e poi si rilassò. E sulle sue labbra si disegno inequivocabilmente un sorriso.

Schiuse gli occhi e si ritrovò difronte i volti sfigurati della matrona e le altre che la fissavano in silenzio.
"Quindi, i vostri uomini vi hanno costretto a vivere in questo buco" disse "sfregiate e deboli, mentre loro se ne stanno in una città a fare i loro porci comodi con le loro schiave"

La matrona annuì. Roberta continuò "Le trattano come animali, e loro non possono nulla. E volete che io li punisca, e li rimetta al posto che gli spetta?"
La matrona annuì nuovamente e aggiunse con voce commossa "Vogliamo che tu ci liberi."

La ragazza finalmente comprese il suo ruolo in quel mondo. Il suo sorriso si tramutò in un ghigno compiaciuto.
Si rialzò in piedi stringendosi le pellicce al corpo e poi si rivolse nuovamente alle donne della foresta con voce calda e misurata "Credo che mi divertirò parecchio in questo posto" disse.

Nei giorni successivi Roberta imparò a conoscere la vita nella foresta. Le abitanti dell'insediamento le mostrarono come sopravvivere con la pesca e la caccia. Le insegnarono a tirare con l'arco e a montare a cavallo senza sella (attività che peraltro Roberta praticava nel nostro mondo regolarmente, nelle loro varianti civilizzate), ad orientarsi e a riconoscere i luoghi adatti per trascorrere la notte. Apprese inoltre di essere immune agli effetti dell'acqua avvelenata del fiume, grazie alla benedizione delle due lune gemelle.

Di contro si divertiva a raccontare alle fanciulle del villaggio quello che aveva fatto agli uomini del nostro mondo.
Gli spiegò cosa era un killer seriale e godette nel vedere le facce sbalordite ed entusiaste delle sue compari quando appresero
che lei ne era una che sceglieva le sue vittime esclusivamente fra gli uomini. Raccontò di come aveva sottomesso e plagiato i suoi amanti fino a trasformarli marionette alla sua mercè e di come li aveva crudelmente piegati nel corpo e nella mente prima di assassinarli.
Quando poi narrò anche che una volta ne ebbe persino cannibalizzato uno come se fosse stato un manzo da carne venne adorata come un dio sceso in terra.

Roberta leggeva chiaramente negli occhi lucidi di quelle donne un sincero e puro sentimento di devozione .


Si divertivano ad immaginarsela, con quel suo corpo statuario e il suo tondo viso ammiccante, fare a pezzi e piegare senza pietà schiere infinite di uomini, inermi innanzi a quella formidabile incarnazione di potenza declinata al femminile.

In breve Roberta divenne un'abile e silenziosa abitante della foresta. E si preparò a mettersi in cammino sulla strada che l'avrebbe portata alla città degli uomini.

Le sarte del villaggio le prepararono un paio di pantaloni in pelle di daino, resistenti e caldi, come anche una giacca foderata con pelle di lepre e una sacca in cuoio d'asino. inizialmente ebbero alcuni problemi a confezionare degli indumenti che ben si adattassero alle sinuose forme della giovane donna, ma alla fine il risultato fu ottimo. Salendo verso nord il clima ben presto si sarebbe fatto molto meno rigido, quindi si trattava di indumenti necessari solo per uscire dalla foresta.

E fu così che una bella mattina Robertà lasciò il villaggio con due guide fidate e si incamminò con passi svelti e decisi verso i monti, mentre la brezza le scompigliava il corto caschetto di capelli neri.
 
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