Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

Decameron, Giovanni Boccaccio

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view post Posted on 17/7/2012, 18:03     +1   +1   -1
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Mon-Sieur benché io puzzi maledettamente di ban, mi lavo tutti i giorni

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Fratelli e Sorelle,

vedendo questa Sezione libera :alienff: , riporto in essa un piccolo contributo.

Giornata prima, novella quarta - racconta Dioneo

Già si tacea Filomena, dalla sua novella espedita, quando Dioneo, che appresso di lei sedeva, senza aspettare dalla reina altro comandamento, conoscendo già, per l'ordine cominciato, che a lui toccava il dover dire, in cotal guisa cominciò a parlare.
Amorose donne, se io ho bene la 'ntenzione di tutte compresa, noi siam qui per dovere a noi medesimi novellando piacere; e per ciò, solamente che contro a questo non si faccia, estimo a ciascuno dovere essere licito (e così ne disse la nostra reina, poco avanti, che fosse) quella novella dire che più crede che possa dilettare; per che, avendo udito per li buoni consigli di Giannotto di Civignì Abraam aver l'anima salvata Melchisedech per lo suo senno avere le sue ricchezze dagli agguati del Saladino difese, senza riprensione attender da voi, intendo di raccontar brievemente con che cautela un monaco il suo corpo da gravissima pena liberasse.


Fu in Lunigiana, paese non molto da questo lontano, uno monistero già di santità e di monaci più copioso che oggi non è, nel quale tra gli altri era un monaco giovane, il vigore del quale né la freschezza né i digiuni né le vigilie potevano macerare. Il quale per ventura un giorno in sul mezzodì, quando gli altri monaci tutti dormivano, andandosi tutto solo dattorno alla sua chiesa, la quale in luogo assai solitario era, gli venne veduta una giovinetta assai bella, forse figliuola d'alcuno de' lavoratori della contrada, la quale andava per gli campi certe erbe cogliendo; né prima veduta l'ebbe, che egli fieramente assalito fu dalla concupiscenza carnale.

Per che, fattolesi più presso, con lei entrò in parole e tanto andò d'una in altra, che egli si fu accordato con lei e seco nella sua cella ne la menò, che niuna persona se n'accorse. E mentre che egli, da troppa volontà trasportato, men cautamente con lei scherzava, avvenne che l'abate, da dormir levatosi e pianamente passando davanti alla cella di costui, sentì lo schiamazzio che costoro insieme faceano; e per conoscere meglio le voci, chetamente s'accostò all'uscio della cella ad ascoltare e manifestamente conobbe che dentro a quella era femina e tutto fu tentato di farsi aprire; poi pensò di voler tenere in ciò altra maniera e, tornatosi alla sua camera, aspettò che il monaco fuori uscisse.

Il monaco, ancora che da grandissimo suo piacere e diletto fosse con questa giovane occupato, pur nondimeno tuttavia sospettava; e parendogli aver sentito alcuno stropiccio di piedi per lo dormentorio, ad un piccolo pertugio pose l'occhio e vide apertissimamente l'abate stare ad ascoltarlo e molto bene comprese l'abate aver potuto conoscere quella giovane essere nella sua cella. Di che egli, sappiendo che di questo gran pena gli dovea seguire, oltre modo fu dolente; ma pur, senza del suo cruccio niente mostrare alla giovane, prestamente seco molte cose rivolse, cercando se a lui alcuna salutifera trovar ne potesse; e occorsegli una nuova malizia, la quale al fine imaginato da lui dirittamente pervenne. E faccendo sembiante che esser gli paresse stato assai con quella giovane, le disse:

- Io voglio andare a trovar modo come tu esca di qua entro senza esser veduta; e per ciò statti pianamente infino alla mia tornata.

E uscito fuori e serrata la cella colla chiave, dirittamente se n'andò alla camera dello abate, e presentatagli quella, secondo che ciascuno monaco faceva quando fuori andava, con un buon volto disse:

- Messere, io non potei stamane farne venire tutte le legne le quali io avea fatte fare, e perciò con vostra licenzia io voglio andare al bosco e farlene venire.

L'abate, per potersi più pienamente informare del fallo commesso da costui, avvisando che questi accorto non se ne fosse che egli fosse stato da lui veduto, fu lieto di tale accidente, e volentier prese la chiave e similmente li die' licenzia. E, come il vide andato via, cominciò a pensar qual far volesse più tosto, o in presenza di tutti i monaci aprir la cella di costui e far loro vedere il suo difetto, acciò che poi non avesser cagione di mormorare contra di lui quando il monaco punisse, o di voler prima da lei sentire come andata fosse la bisogna. E, pensando seco stesso che questa potrebbe essere tal femina o figliuola di tale uomo, che egli non le vorrebbe aver fatta quella vergogna d'averla a tutti i monaci fatta vedere, s'avvisò di voler prima veder chi fosse e poi prender partito; e chetamente andatosene alla cella, quel la aprì ed entrò dentro e l'uscio richiuse.

La giovane, vedendo venire l'abate, tutta smarrì, e temendo di vergogna cominciò a piagnere. Messer l'abate, postole l'occhio addosso e veggendola bella e fresca, ancora che vecchio fosse, sentì subitamente non meno cocenti gli stimoli della carne che sentiti avesse il suo giovane monaco, e fra se' stesso cominciò a dire: - Deh, perché non prendo io del piacere quando io ne posso avere, con ciò sia cosa che il dispiacere e la noia, sempre che io ne vorrò, sieno apparecchiati? Costei è una bella giovane, ed è qui che niuna per sona del mondo il sa; se io la posso recare a fare i piacer miei, io non so perché io nol mi faccia. Chi saprà? ai più; io estimo che egli sia gran senno a pigliarsi del bene, quando Domenedio ne man da altrui -. E così dicendo, e avendo del tutto mutato proposito da quello per che andato v'era, fattosi più presso alla giovane, pianamente la cominciò a confortare e a pregarla che non piagnesse; e, d'una parola in altra procedendo, ad aprirle il suo desiderio pervenne.

La giovane, che non era di ferro né di diamante, assai agevolmente si piegò a' piaceri dello abate; il quale, abbracciatala e baciatala più volte, in sul letticello del monaco salitosene, avendo forse riguardo al grave peso della sua dignità e alla tenera età della giovane, temendo forse di non offenderla per troppa gravezza, non sopra il petto di lei salì, ma lei sopra il suo petto pose, e per lungo spazio con lei si trastullò.

Il monaco, che fatto avea sembiante d'andare al bosco, essendo nel dormentorio occultato, come vide l'abate solo nella sua cella entrare, così tutto rassicurato, estimò il suo avviso dovere avere effetto; e veggendol serrar dentro, l'ebbe per certissimo. E, uscito di là dov'era, chetamente n'andò ad un pertugio, per lo quale ciò che l'abate fece o disse, e udì e vide. Parendo allo abate essere assai colla giovanetta dimorato, serratala nella cella, alla sua camera se ne tornò; e dopo al quanto, sentendo il monaco e credendo lui esser tornato dal bosco, avvisò di riprenderlo forte e di farlo incarcerare, acciò che esso solo possedesse la guadagnata preda; e fattoselo chiamare, gravissimamente e con mal viso il riprese e comandò che fosse in carcere messo.

Il monaco prontissimamente rispose:

- Messere, io non sono ancora tanto all'ordine di san Benedetto stato, che io possa avere ogni particularità di quello apparata; e voi ancora non m'avavate mostrato che i monaci si debban far dalle femine priemere, come dà digiuni e dalle vigilie; ma ora che mostrato me l'avete, vi prometto, se questa mi perdonate, di mai più in ciò non peccare, anzi farò sempre come io a voi ho veduto fare.

L'abate, che accorto uomo era, prestamente conobbe costui non solamente aver più di lui saputo, ma veduto ciò che esso aveva fatto. Perché, dalla sua colpa stessa rimorso, si vergognò di fare al monaco quello che egli, sì come lui, aveva meritato. E perdonatogli e impostogli di ciò che veduto aveva silenzio, onestamente misero la giovinetta di fuori, e poi più volte si dee credere ve la facesser tornare.


Pace e bene ;)

Edited by -ADMINISTRATOR- - 18/7/2012, 14:16
 
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Henry
view post Posted on 18/7/2012, 09:29     +2   +1   -1




Io sapevo questa su Filomena. :D

 
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Lady Le Lien
view post Posted on 18/7/2012, 23:45     +1   +1   -1




Prima giornata, quinta novella: la marchesana di Monferrato, con un convito di galline e con alquante leggiadre parolette, reprime il folle amore del re di Francia. Racconta: Fiammetta

La novella da Dioneo raccontata, prima con un poco di vergogna punse i cuori delle donne ascoltanti e con onesto rossore né loro visi apparito ne diedon segno; e poi quella, l'una l'altra guardando, appena del ridere potendosi astenere, sogghignando ascoltarono. Ma venuta di questa la fine, poiché lui con alquante dolci parole ebber morso, volendo mostrare che simili novelle non fosser tra donne da raccontare, la reina verso la Fiammetta, che appresso di lui sopra l'erba sedeva, rivolta, che essa l'ordine seguitasse le comandò. La quale vezzosamente e con lieto viso a lei riguardando incominciò.
Sì perché mi piace noi essere entrati a dimostrare con le novelle quanta sia la forza delle belle e pronte risposte, e sì ancora perché quanto negli uomini è gran senno il cercar d'amar sempre donna di più alto legnaggio ch'egli non è, così nelle donne è grandissimo avvedimento il sapersi guardare dal prendersi dello amore di maggiore uomo ch'ella non è, m'è caduto nell'animo, donne mie belle, di mostrarvi, nella novella che a me tocca di dire, come e con opere e con parole una gentil donna se' da questo guardasse e altrui ne rimovesse.

Era il marchese di Monferrato, uomo d'alto valore, gonfaloniere della Chiesa, oltre mar passato in un general passaggio da' cristiani fatto con armata mano. E del suo valore ragionandosi nella corte del re Filippo il Bornio, il quale a quel medesimo passaggio andar di Francia s'apparecchiava, fu per un cavalier detto non essere sotto le stelle una simile coppia a quella del marchese e della sua donna; però che, quanto tra' cavalieri era d'ogni virtù il marchese famoso, tanto la donna tra tutte l'altre donne del mondo era bellissima e valorosa.

Le quali parole per sì fatta maniera nell'animo del re di Francia entrarono, che, senza mai averla veduta, di subito ferventemente la cominciò ad amare e propose di non volere, al passaggio al quale andava, in mare entrare altrove che a Genova; acciò che quivi, per terra andando, onesta cagione avesse di dovere andare la marchesana a vedere, avvisandosi che, non essendovi il marchese, gli potesse venir fatto di mettere ad effetto il suo disio.

E secondo il pensier fatto mandò ad esecuzione; per ciò che, mandato avanti ogni uomo, esso con poca compagnia e di gentili uomini entrò in cammino; e avvicinandosi alle terre del marchese, un dì davanti mandò a dire alla donna che la seguente mattina l'attendesse a desinare. La donna, savia e avveduta, lietamente rispose che questa l'era somma grazia sopra ogni altra e che egli fosse il ben venuto. E appresso entrò in pensiero che questo volesse dire, che un così fatto re, non essendovi il marito di lei, la venisse a visitare; né la 'ngannò in questo l'avviso, cioè che la fama della sua bellezza il vi traesse. Nondimeno, come valorosa donna dispostasi ad onorarlo, fattisi chiamare di que' buoni uomini che rimasi v'erano, ad ogni cosa opportuna con loro consiglio fece ordine dare, ma il convito e le vivande ella sola volle ordinare. E fatte senza indugio quante galline nella contrada erano ragunare, di quelle sole varie vivande divisò a' suoi cuochi per lo convito reale.

Venne adunque il re il giorno detto, e con gran festa e onore dalla donna fu ricevuto. Il quale, oltre a quello che compreso aveva per le parole del cavaliere, riguardandola, gli parve bella e valorosa e costumata, e sommamente se ne maravigliò e commendolla forte, tanto nel suo disio più accendendosi, quanto da più trovava esser la donna che la sua passata stima di lei. E dopo alcun riposo preso in camere ornatissime di ciò che a quelle, per dovere un così fatto re ricevere, s'appartiene, venuta l'ora del desinare, il re e la marchesana ad una tavola sedettero, e gli altri secondo la lor qualità ad altre mense furono onorati.

Quivi essendo il re successivamente di molti messi servito e di vini ottimi e preziosi, e oltre a ciò con diletto talvolta la marchesana bellissima riguardando, sommo piacere avea. Ma pure, venendo l'un messo appresso l'altro, cominciò il re alquanto a maravigliarsi, conoscendo che quivi, quantunque le vivande diverse fossero, non per tanto di niuna cosa essere altro che di galline. E come che il re conoscesse il luogo, là dove era, dovere esser tale che copiosamente di diverse salvaggine avervi dovesse, e l'avere davanti significata la sua venuta alla donna spazio l'avesse dato di poter far cacciare; non pertanto, quantunque molto di ciò si maravigliasse, in altro non volle prender cagione di doverla mettere in parole, se non delle sue galline, e con lieto viso rivoltosi verso lei disse:

- Dama, nascono in questo paese solamente galline senza gallo alcuno

La marchesana, che ottimamente la dimanda intese, parendole che secondo il suo disidero Domenedio l'avesse tempo mandato opportuno a poter la sua intenzion dimostrare, al re domandante, baldanzosamente verso lui rivolta, rispose:

- Monsignor no, ma le femine, quantunque in vestimenti e in onori alquanto dall'altre variino, tutte perciò son fatte qui come altrove.

Il re, udite queste parole, raccolse bene la cagione del convito delle galline e la virtù nascosa nelle parole; e accorsesi che invano con così fatta donna parole si gitterebbono, e che forza non v'avea luogo; per che così come disavvedutamente acceso s'era di lei, così saviamente era da spegnere per onor di lui il mal concetto fuoco. E senza più motteggiarla, temendo delle sue risposte, fuori d'ogni speranza desinò; e, finito il desinare, acciò che col presto partirsi ricoprisse la sua disonesta venuta, ringraziatala dell'onor ricevuto da lei, accomandandolo ella a Dio, a Genova se n'andò.

 
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