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La schiavitù amorosa di Properzio per Cinzia

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sissymaid
view post Posted on 25/11/2011, 12:40     +1   -1




PROPERZIO, ELEGIA I 1

Cynthia prima suis miserum me cepit ocellis,
contactum nullis ante Cupidinibus.
Tum mihi constantis deiecit lumina fastus
et caput impositis pressit Amor pedibus,
donec me docuit castas odisse puellas
improbus, et nullo vivere consilio.
Et mihi iam toto furor hic non deficit anno,
cum tamen adversos cogor habere deos.
Milanion nullos fugiendo, Tulle, labores
saevitiam durae contudit Iasidos.
Nam modo Partheniis amens errabat in antris,
ibat et hirsutas ille videre feras;
ille etiam Hylaei percussus vulnere rami
saucius Arcadiis rupibus ingemuit.
Ergo velocem potuit domuisse puellam:
tantum in amore preces et bene facta valent.
In me tardus Amor non ullas cogitat artis,
nec meminit notas, ut prius, ire vias.
At vos, deductae quibus est fallacia lunae
et labor in magicis sacra piare focis,
en agedum dominae mentem convertite nostrae,
et facite illa meo palleat ore magis!
Tunc ego crediderim vobis et sidera et amnis
posse Cythalinis ducere carminibus.
Aut vos, qui sero lapsum revocatis, amici,
quaerite non sani pectoris auxilia.
Fortiter et ferrum saevum patiemur et ignis,
sit modo libertas quae velit ira loqui.
Ferte per extremas gentes et ferte per undas,
qua non ulla meum femina norit iter:
vos remanete, quibus facili deus annuit aure,
sitis et in tuto semper amore pares.
In me nostra Venus noctes exercet amaras,
et nullo vacuus tempore defit Amor.
Hoc, moneo, vitate malum: sua quemque moretur
cura, neque assueto mutet amore locum.
Quod si quis monitis tardas adverterit auris,
heu referet quanto verba dolore mea!

Un anno è passato da quando Cinzia ha conquistato il giovane poeta con la bellezza dei suoi occhi, ma lui non è felice (miserum me, v. 1), perché avverte opprimente sul suo collo il giogo d’Amore, senza peraltro riuscire a soddisfare la sua passione, dato che la sua donna lo rifiuta. Questa situazione senza sbocchi lo sta logorando al punto di fargli perdere la razionalità e l’equilibrio interiore. La sua vicenda sembra proprio quella dei mitici Milanione e Atalanta, solo che Milanione alla lunga, con preghiere e con servigi, era riuscito a piegare la dura scorza della vergine cacciatrice, mentre nessuna tecnica di conquista risulta utile al poeta. Che fare allora? Affidarsi, come tanti, alle maghe e ai loro riti magici per tentare di far cambiare opinione all’amata? Sarebbe la volta che finirebbe per credere ai loro millantati poteri. Meglio forse ricorrere a quegli amici già da tempo preoccupati per il suo stato e affrontare con il loro aiuto ogni cura medica che possa riuscire a farlo tornare in sé; oppure, se necessario, partire con loro per un lungo viaggio allo scopo di dimenticare Cinzia. Non tutti, però, lo devono seguire; c’è chi si deve ben guardare dall’allontanarsi da Roma, lasciando sola la persona che ama: sono gli innamorati felici, quelli cui il dio Amore ha concesso una relazione gioiosa e concorde. A loro il poeta rivolge nel finale un accorato appello: apprezzate la vostra fortuna, rimanete fedeli alla vostra passione, senza andare in cerca di altre avventure, che potrebbero riservarvi delusioni e sofferenze, proprio come ora sta capitando a me.


(...) Innanzitutto, l’elegia chiarisce come meglio non si potrebbe un tema costitutivo non solo della silloge properziana ma di tutta la poesia elegiaca romana: quello del cosiddetto servitium amoris (= «schiavitù d’amore»), lo stato di assoggettamento del poeta-innamorato alla sua donna, per la quale è disposto, anche masochisticamente, a soffrire ogni pena. I verbi della prima parte del componimento (capio, «catturare», v. 1; contingo, «colpire», v. 2; deicio, «far abbassare, spingere verso il basso», v. 3; premo, «schiacciare», v. 4; doceo, «indurre», v. 5; cogo, «costringere», v. 8) danno l’idea di una passione che colpisce e costringe all’obbedienza, senza lasciare spazio a nessun intervento attivo di colui che ne è soggetto. E la donna? La donna è domina (v. 21), «padrona» e le sue caratteristiche, ben tratteggiate nella figura di Atalanta all’interno dell’excursus mitologico (vv. 9-16), sono la saevitia (v. 10) e la duritia (durae, v. 10), ossia la «crudeltà», l’«insensibilità», ovviamente nei confronti dell’amante. Ne derivano due caratteristiche fondamentali dell’amore elegiaco:
1) è un amore infelice, non corrisposto (non a caso fin dal primo verso Properzio si dichiara miser, termine chiave della condizione elegiaca, come a chiarire il clima psicologico in cui prende forma l’opera);
2) è un amore che conduce all’irrazionalità, alla perdita di equilibrio (nullo … consilio, v. 6; furor, v. 7) e di conseguenza alla nequitia, ossia a quella sorta di inettitudine che rende inadatti alla vita sociale. (...)

Il testo completo di Fabio Macciò qui www.loescher.it/mediaclassica/latino/autori/Properzio.pdf
 
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