| Ciao a tutti,
sto scrivendo un racconto e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Ecco la prima parte:
LA MIA VECCHIA COMPAGNA DI CLASSE
PARTE PRIMA
Avevo perso il lavoro da un mese: non mi era stato rinnovato il contratto a tempo determinato, tutta colpa della maledetta crisi economica. Avevo inviato curricula su curricula a tutte le aziende possibili e immaginabili, ma senza alcun risultato. Con il mutuo da pagare e il conto in banca da tempo in rosso la situazione era veramente drammatica e i pochi lavori saltuari che riuscivo a rimediare bastavano a mala pena a coprire i costi per il mio sostentamento, e per fortuna che non avevo famiglia. Fu cosi’ che, al culmine della disperazione, decisi di rivolgermi a Gina, una mia vecchia compagna di classe ai tempi del liceo. Gina era di famiglia benestante e suo padre gestiva una grossa impresa, forse avrebbe potuto aiutarmi. In realta’ non ero contento di dovermi rivolgere a lei, era sempre stata una ragazza altezzosa e superba, guardava sempre tutti con aria di superiorita’ e con lei non avevo mai avuto un buon rapporto: era sicuramente la ragazza piu’ bella e piu’ ricca della classe e trattava tutti gli altri con disprezzo. Un giorno le avevo detto chiaramente quel che pensavo di lei: che era solo una stronzetta figlia di papa’ e che la sua ricchezza non le dava il diritto di sentirsi superiore agli altri. Da quel giorno non ci eravamo mai piu’ rivolti la parola. Ed erano passati piu’ di dieci anni. Era l’ultima persona a cui avrei voluto rivolgermi, ma la situazione disperata mi diede la motivazione necessaria a comporre il numero di telefono che ero riuscito a rimediare da un’altra nostra ex-compagna di classe che aveva mantenuto i contatti con lei. Dall’altra parte una voce gelida e decisa rispose: - Pronto, chi parla? - Ehm, ciao Gina sono Sergio, il tuo vecchio compagno di classe ai tempi del liceo, ti ricordi? Dopo qualche secondo di silenzio. - Si’, mi ricordo bene, eri quello che mi aveva definito un “stronzetta figlia di papa’”. Certo che aveva buona memoria ... - Beh ... sai a volte si dicono cose che non si vorrebbero dire quando si e’ ragazzi. Spero che tu non mi serba rancore ... - Dimmi che cosa vuoi, non ho tempo da perdere. Il suo tono secco e deciso mi mise un poco in difficolta’. - Ehm, vedi Gina ... mi dispiace di chiamarti cosi’ dopo tanto tempo, il fatto e’ che ultimamente le cose non mi vanno tanto bene, sono senza lavoro e avevo pensato che magari tu … forse … potevi forse aiutarmi. Se ben ricordo tuo padre gestiva una grossa impresa e forse potrebbe aiutarmi a trovari un impiego, anche temporaneo ... Lei rispose in modo sprezzante. - Certo che hai una bella faccia tosta a chiamarmi dopo tanti anni e chiedermi un favore come se nulla fosse. Era sempre la solita stronza. Purtroppo pero’ dovevo mettere da parte l’orgoglio e ingoiare il rospo. - Si’, hai ragione. Ti prego di scusarmi. Ma credimi, ho veramente bisogno di trovare un impiego, sono disperato! - E speri che io ti aiuti? Perche’ mai dovrei farlo? - Ti supplico, Gina. Dopo alcuni interminabili secondi di silenzio - Mi supplichi? Questa non e’ cosa da farsi al telefono. Presentati a casa mia oggi pomeriggio alle 4. Abito in una villa poco fuori citta’ in via .... La’ potrai supplicarmi come si deve. Detto cio’ riattacco’ di colpo. Che cosa intendeva dire con “La’ potrai supplicarmi come si deve”? Il suo tono di voce secco non lasciava presagire nulla di buono, tuttavia era pur sempre una possibilita’ e al momento non avevo proprio alternative. Alle 16 in punto mi presentai all’indirizzo indicatomi. Mi trovai di fronte al cancello di una lussuosa villa, con un grande giardino e un bella piscina. I soldi non dovevano mancarle proprio. Suonai al citofono e mi annunciai. Mi fu aperto il cancello e mi incamminai per il vialetto verso la porta d’ingresso. La porta mi fu aperta da una giovane donna sui 22-23 anni, dai capelli lunghi ondulati castano scuri. Era una ragazza piuttosto carina. - Tu sei Sergio? – mi disse - Si’ sono io. - Bene, la Signora Gina l’aspetta in salotto. Seguimi. La seguii per un lungo corridoio raffinatamente ammobiliato e pieno di oggetti che sembravano piuttosto preziosi, non potei fare a meno di ammirare la graziosa figura della ragazza che vestiva un completo nero attillato e una gonna fino alle ginocchia che metteva in risalto il suo corpo ben proporzionato. Ma questo non era il momento di fantasticare, avevo ben altro a cui pensare e mi preparai psicologicamente all’incontro con Gina. La ragazza busso’, apri’ la porta e disse: - Signora Gina, e’ arrivato Sergio. - Puoi farlo entrare, Anna. – disse Gina con il suo solito tono di voce distaccato. Fui quindi introddotto in un ampio e magnifico salotto. Su un lato del salotto c’era un grande divano su cui stava seduta Gina mentre su una poltrona vicino al divano sedeva un’altra ragazza giovane con i capelli castani tendenti al rosso, non troppo lunghi. Gina era elegante come sempre, con i suoi lunghi capelli biondi lisci e il fisico longilineo, indossava un abitino rosso corto che lasciava scoperte le sue lunghe e splendide gambe accavallate in modo piu’ che sensuale. Anche l’altra ragazza era piuttosto attraente e mi squadro’ da cima a fondo con aria provocatoria. - Salve Gina – esordii io. Lei mi guardo’ in modo freddo e sorridendo disse: - Ecco il mio Sergio che e’ venuto qui a supplicarmi. - Beh, ecco Gina, non potremmo parlarne a quattr’occhi per favore? – dissi facendo un cenno con gli occhi all’altra ragazza che si trovava in salotto. Avrei preferito che non ci fossero altre persone. - Non ci sono segreti tra me e la mia amica Cristina – rispose lei – quindi puoi fai la tua supplica in sua presenza. Altrimenti sei liberissimo di andartene e non farti vedere mai piu’. Che stronza, voleva umiliarmi di fronte alla sua amica. Tuttavia, vista la situazione, non avevo altra scelta. Feci un profondo respiro e iniziai: - Beh Gina, innanzitutto volevo scusarmi per averti contattato dopo tanto tempo solo per chiederti aiuto. Mi rendo conto che non e’ stato proprio il modo corretto. Mi dispiace pure che in passato ci possano essere stati screzi tra noi e che magari ti abbia rivolto parole non proprio gentili. Gina continuava a guardarmi con aria impassibilie, mentre la sua amica, Cristina, sembrava alquanto divertita dalla situazione. Probabilmente Gina l’aveva messa al corrente della situazione. - Come ti dicevo al telefono – ripresi io – mi trovo al momento senza lavoro. Ho un mutuo da pagare e ho assolutamente bisogno di un impiego, anche temporaneo. So che la tua famiglia possiede una grossa impresa e volevo pregarti di vedere se era possibile di trovare qualcosa per me. Ti prego, ne ho veramente bisogno. - Beh, tutto qui? Questa sarebbe la tua supplica? Puoi anche andare ora ... – Era veramente una stronza, voleva che la supplicassi di fronte alla sua amica. Cercai di trattenere l’orgoglio. - Ti supplico Gina, se e’ questo che vuoi. Ti supplico, ho bisogno di un lavoro. Ti prego, aiutami – dissi nel modo piu’ supplichevole che potei. Dopo avermi squadrato alcuni interminabili secondi, Gina disse rivolgendosi alla sua amica: - Che dici Cristina, ti sembra abbastanza supplichevole? - Sinceramente non e’ che mi abbia impressionato particolarmente – disse Cristina. - Hai ragione Cristina, penso che debba fare di piu’ – e poi rivolgendosi a me – Hai visto? La tua supplica non e’ abbastanza convincente. Forza, supplica meglio, se vuoi avere un lavoro. Il sangue mi ribolliva nelle vene. Quella stronza mi stava mettendo alla berlina di fronte alla sua amica consensiente. Ero tentato di mandarla al diavolo e di andarmene, ma poi ripensai nuovamente alla difficile situazione in cui mi trovavo e cercai di sforzarmi. - Ti supplico Gina. – dissi implorante – Ti scongiuro. Ho bisogno di un lavoro, ti prego aiutami. Faro’ qualsiasi cosa tu mi chieda. Te ne prego. Ti supplico! - Ora sembra un po’ piu’ convincente – disse Gina – Che ne pensi, Cristina? - Non saprei, Gina. Certo, si sta impegnando un po’ di piu’, pero’ non e’ che mi convinca del tutto. Dovrebbe fare qualcosa di piu’. Mettersi in ginocchio, per esempio. – disse ridendo Cristina - Giusto. Hai sentito cosa a ha detto la mia amica? – disse Gina rivolgendosi nuovamente a me – Su mettiti in ginocchio a supplicarmi. Questo era troppo, rimasi immobile per la rabbia. - Forza – insistette Gina – Che vuoi fare? Lo vuoi un lavoro oppure no? - S-si certo – balbettai io. - Allora forza, mettiti in ginocchio e supplicami. Oppure sparisci e non farti piu’ vedere. La tentazione di mandarla in quel posto fu fortissima, questo era veramente troppo. Mi aveva chiesto di supplicarla in ginocchio davanti agli occhi della sua amica che assisteva divertita alla scena. Stavo proprio sul punto di mandarla al diavolo e abbandonare la villa quando pensai che in fin dei conti sarebbe stato solo un attimo: mi sarei inginocchiato, mi sarei umiliato per farla contenta e poi, una volta ottenuto il posto, mi sarei ben presto dimenticato dell’accaduto. Troppe volte avevo pagato a caro prezzo il mio orgoglio. Pur con riluttanza flettei le gambe e mi misi in ginocchio sotto lo sguardo trionfante di Gina e dissi nel tono piu’ supplichevole possibile: - Ecco Gina, ti sto implorando in ginocchio. Ti supplico, ho bisogno di un lavoro. Le due donne si misero a ridere. Poi Gina disse: - E quindi vorresti un lavoro? Che tipo di lavoro? - Qualsiasi cosa, Gina. Sono disposto a fare qualsiasi cosa, ti prego, ho bisogno di denaro, non riesco piu’ ad arrivare a fine mese ed ho un mutuo da pagare. - Mmh, lasciami pensare – fece lei – Non mi sembra che al momento stiamo cercando nuovi dipendenti nell’azienda di famiglia, e d’altronde, con la crisi che c’e’ in giro, non possiamo assumere nuovo personale senza una valida ragione. - Ti supplico Gina, ti sto implorando in ginocchio. Qualsiasi cosa, ma ti prego dammi un lavoro. Dopo qualche interminabile secondo, disse: - Proprio qualsiasi cosa? - Si’ Gina, qualsiasi cosa. - Mmh, ora che ci penso forse qualcosa ci sarebbe. Potresti diventare il mio servitore personale. Dovrai essere a mia disposizione tutto il giorno e occuparti della mia persona, obbedendo ai miei comandi senza discutere. Ti garantisco che sarai pagato abbastanza in modo che non dovrai piu’ preoccuparti dei tuoi problemi economici. Che ne dici? Cristina, dal canto suo, continuava ad osservare la scena divertita. - Va bene, Gina. Saro’ il tuo servitore personale, se lo desideri. Ti scongiuro, ho bisogno di un lavoro! Gina riflette’ un momento e poi disse: - Se aspiri a diventare il mio servitore personale, dovrai pero’ prima dimostrare di esserne all’altezza. Ora ti sottoporro’ ad una prova: se la supererai, allora ti concedero’ di diventare il mio servitore personale, altrimenti dovrai sparire e non farti piu’ vedere! - D’accordo, mettimi alla prova. Faro’ del mio meglio per non deluderti. - Bene – disse Gina in tono perentorio – Vediamo come te la cavi con lo smalto per le unghie – Dopodiche’ suono’ un campanellino che aveva accanto a se’ e dopo pochi secondi Anna, l’assistente, si presento’ alla porta. - Anna, porta per favore l’occorrente per passare lo smalto sulle unghie. Voglio vedere come se la cava questo signorino qui. Anna fece un sorriso accondiscendente e torno’ poco dopo portando una borsetta. Sembrava divertita ma non pareva sorpresa di vedere un uomo in ginocchio di fronte alla padrona. Mi chiesi se per caso non avesse gia’ assistito a scene del genere. Anna fece per andarsene, ma Gina la fermo’ – Rimani Anna, voglio che tu assista alla prova - Che stronza, voleva umiliarmi anche di fronte a lei. Poi, rivolgendosi a me disse – Guarda bene, adesso ti mostrero’ io stessa come si passa lo smalto sulle unghie dei piedi. Io passero’ lo smalto su un piede, poi tu dovrai ripetere l’intera procedura per filo e per segno sull’altro. Fai attenzione pero’: se sbagli un solo passaggio la prova verra’ considerata fallita e tu dovrai sparire dalla mia vista. Non osai fiatare e la fissai con attenzione. - Per prima cosa bisogna mettere dell’ovatta tra le dita dei piedi: questo serve a impedire che pelle si macchi in caso di sbavature – disse Gina infilandosi dei batuffoli di ovatta tra le dita dei piedi. Poi, prendendo una boccetta di smalto di color rosso intenso, prosegui’ – Prima di applicare lo smalto bisogna agitare un poco la boccetta, dopodiche’ si estrae il pennellino e lo si fa scolare un poco sui bordi onde evitare che vi sia troppo smalto accumulato. Io, sempre in ginocchio, ascoltavo con attenzione sotto lo sguardo divertito di Cristina e di Anna. - Si puo’ quindi procedere a passare lo smalto sulle unghie – continuo’ Gina – con una pennellata delicata ma decisa, fino a ricoprire di smalto l’intera superficie dell’unghia e facendo attenzione a non sbafare sui bordi. Dopo aver completato un’unghia vi si soffia sopra per far asciugare lo smalto, cosi’ – e inizio’ a soffiare delicatamente sul dito appena smaltato. Ripete’ la procedura descritta anche per le altre dita, scolando ogni volta il pennellino e soffiando sul dito una volta applicato lo smalto. Quando tutte le dita del piede furono ben smaltate ripose il pennellino nella boccetta e si tolse l’ovatta; poi distese la gamba portando il piede davanti al mio viso muovendone provocatoriamente le dita proprio davanti ai miei occhi. – Hai visto che belle unghie smaltate che ho? Forza, vediamo come te la cavi tu con l’altro piede. Ma bada bene: un solo errore, e verrai messo subito alla porta! – e cosi’ dicendo accavallo’ le sue lunghe e splendide gambe porgendomi l’altro piede. Conoscendo Gina, sapevo che dovevo stare molto attento in quanto non mi avrebbe fatto passare nemmeno la piu’ piccola imprecisione. E in quel momento non potevo permettermi passi falsi. Feci un profondo respiro e mi accinsi ad affrontare la “prova”. Presi dell’ovatta e la misi con la massima delicatezza possibile tra le dita del piede. Cio’ fatto presi la boccetta con lo smalto e, dopo averla un poco agitata, tirai fuori il pennellino facendolo scolare lungo i bordi come indicatomi, poi presi con l’altra mano il tallone di Gina in modo da tenere ben fermo il piede e iniziai a passare lo smalto sull’unghia dell’alluce. Scelsi di iniziare proprio da quel dito in quanto aveva l’unghia piu’ grande e quindi la possibilita’ di una sbavatura era minore e avrei quindi avuto un po’ di tempo per “fare la mano”. L’atmosfera era pesante e regnava un profondo silenzio. Io, inginocchiato di fronte a Gina e sotto lo sguardo attento di Cristina ed Anna, trattenevo il respiro per la tensione cercando di non far tremare la mano. Sapevo bene che il minimo errore avrebbe potuto essere determinante, inoltre temevo che Gina potesse muovere il piede di proposito in modo da farmi sbagliare e farmi cosi’ fallire la prova. Sarebbe bastato un piccolo movimento del dito che stavo smaltando per causare una sbavatura. Ero alla sua merce’. Con la massima attenzione terminai di passare lo smalto sull’unghia dell’alluce e poi soffiai delicatamente sul dito in modo da far asciugare lo smalto. Gina mi osservava attentamente senza pero’ far trapelare nulla. Mi chiedevo se stesse per prepararmi qualche sorpresa. Mi dedicai quindi al dito successivo e passai lo smalto anche su quello senza problemi e soffiai nuovamente per farlo asciugare. Cosi’ feci anche per il terzo, quarto e quinto dito, e tutto filo’ liscio. Non mi pareva vero di essere riuscito a completare il lavoro senza alcun problema. Dopo aver terminato di passare lo smalto sull’ultimo dito e avervi soffiato sopra, richiusi il flaconcino con lo smalto e dissi a Gina – Ho terminato. Puoi vedere tu stessa che ho passato lo smalto senza nemmeno una sbavatura. Gina mi fisso’ per qualche secondo e infine disse con freddezza – La prova non e’ superata. Ora sparisci dalla mia vista. Ero incredulo: avevo fatto tutto quanto come mi aveva detto senza nemmeno un errore e lei mi diceva che avevo fallito la prova. Protestai – Ma come? Ho passato lo smalto su tutte le dita proprio come mi hai mostrato e senza nemmeno la benche’ minima sbavatura. Perche’ dici che ho fallito la prova? Gina irritata rispose – Gia’, ma ti sei scordato di togliere alla fine l’ovatta dalle dita dei piedi. Vedi? Ho ancora l’ovatta ai piedi, la prova non e’ stata completata come avrebbe dovuto. Ora puoi andare Non potevo credere alle mie orecchie. Cercai di replicare – Perdonami Gina, ma e’ solo un piccolo dettaglio. Il resto del lavoro l’ho eseguito impeccabilmente, penso di aver dimostrato di essere affidabile … - Quel che pensi tu non ha importanza! – mi interruppe – Ti avevo detto chiaramente di fare attenzione, e tu ti sei dimenticato di togliermi l’ovatta dai piedi dichiarando invece di aver terminato il lavoro con successo. Come vedi non hai dimostrato affatto di essere affidabile come affermi. Di uno come te non so che farmente. Adesso sparisci, mi hai fatto perdere sin troppo tempo! Rimasi di stucco. Allora, rimanendo sempre in ginocchio incominciai a supplicarla – Ti scongiuro Gina, non puoi farmi questo. Ho bisogno di questo lavoro. Ti supplico, dammi un’altra possibilita’, vedrai non ti deludero’ stavolta. Gina mi squadro’ per alcuni istanti senza dire nulla, poi rivolgendosi a Cristina – Tu che ne pensi Cristina? Merita un’altra possibilita’? - Non saprei, Gina – disse Cristina con aria divertita mentre io in ginocchio la osservavo implorante – Ci ha messo impegno, tuttavia ha commesso un grave errore. Se lo accetti come servitore, ti ritroverai un incapace e bisognera’ perderci poi un sacco di tempo per addestrarlo a modo. Io non gliela darei, non la merita - Che stronza. - Gia’, hai ragione – disse Gina annuendo che poi si rivolse alla cameriera Anna – E tu Anna che ne pensi? Anna, che sembrava piuttosto divertita dalla situazion, rispose – Beh Signora, deve essere comprensiva. Puo’ capitare a tutti di sbagliare. Io penso che una seconda possibilita’ non vada negata a nessuno. - Poi aggiunse con aria complice - E se serve poi di addestrarlo un po’, posso sempre aiutarvi io … Gina le sorrise e poi rivolse nuovamente lo sguardo da me soppesandomi con gli occhi, infine disse – E sia, voglio concederti una seconda possibilita’. Ma bada a non fare errori questa volta. - Non ne faro’ – risposi io prontamente. - Bene, porta a compimento la tua opera, allora. Toglimi l’ovatta dal piede. Ma senza usare le mani! – e cosi’ dicendo allungo’ il piede davanti al mio viso. Rimasi un attimo interdetto. Come potevo toglierle l’ovatta dalle dita del piede senza usare le mani? Rimasi indeciso per qualche secondo. - Hai sentito cosa ha detto? – intervenne Cristina – Che aspetti? Gina e’ stata generosa e ti ha offerto una seconda possibilita’, non farle perdere tempo. Sbrigati! Non sapevo cosa fare – Ma, veramente io … – balbettai. - Che ti dicevo, Gina? – disse Cristina – E’ un vero incapace! Bisognera’ insegnargli proprio tutto … Dai stupido! Te lo devo spiegare io? Usa la lingua! – Non potevo crederci, avrei dovuto usare la lingua per togliere l’ovatta dai piedi di Gina. Effettivamente non mi pareva ci fossero altre soluzioni. Ma era un’azione veramente troppo umiliante. Guardai Gina e vidi che mi fissava impassibile senza lasciare trapelare nulla. Esitai. - Cosa stai aspettando? – continuo’ Cristina – Vuoi che Gina perda la pazienza e ti cacci via definitivamente. Forza, poggia le mani a terra e usa quella benedetta lingua per toglierle l’ovatta dal piede! In un attimo pensai alla situazione disperata in cui mi trovavo e a cosa avrebbe significato non riuscire ad ottenere quel lavoro. Purtroppo non avevo scelta: ci sono momenti nella vita in cui bisogna mettere da parte l’orgoglio. Appoggiai le mani a terra (mettendomi in pratica a quattro zampe) e infilai la lingua in mezzo alle dita del piede di Gina per toglierle l’ovatta. Gina mi guardava con un sorriso trionfante. Contemporaneamente Cristina allungo’ le sue game poggiandomi i piedi sulla schiena, come se fossi un normale poggiapiedi, mentre Anna, la cameriera, osservava divertita la scena. Non ero mai stato cosi’ umiliato in vita mia. Allungai la lingua e tolsi il primo batuffolo d’ovatta lasciandolo cadere a terra. - Chi ti ha detto di lasciarlo cadere a terra! – disse bruscamente Gina – Forza riprendilo con la bocca e ingoialo. In silenzio mi chinai e ripresi il batuffolo con la bocca e lo ingoiai (per fortuna era piuttosto piccolo e non ebbi problemi ad ingerirlo). Dopodiche’ mi rimisi al lavoro. Con l’aiuto della lingua tolsi anche gli altri tre batuffoli d’ovatta dalle dita dei piedi (stavolta ingoiandoli direttamente). Cio’ fatto, mi fermai e guardai Gina. Lei mi fisso’ e disse – Su forza, continua il tuo lavoro. Leccami tutto il piede, come ringraziamento per averti concesso una seconda possibilita’ – Cristina scoppio’ a ridere, e anche Anna tratteneva a stento il riso. Guardai Gina con aria supplichevole, ma il suo sguardo parlava chiaro: obbedire o andarsene. Mi feci forza e iniziai quindi a passare la lingua sulla sua estremita’. - Con piu’ delicatezza – disse Gina – e lentamente, molto lentamente. Voglio sentire bene il contatto della tua lingua con il mio piede. – Rallentai quindi il ritmo e proseguii a leccarle il piede mentre Cristina continuava a tenermi i piedi poggiati sulla schiena e a ridere di gusto. Passarono circa una decina di minuti prima che le ebbi leccato l’intero piede (dita, pianta e collo). Gina inverti’ la posizione delle gambe e mi mise davanti al viso anche l’altro. Senza che ci fosse bisogno di dire niente, capii cosa voleva e misi subito al lavoro la mia lingua. - Bravo – disse Gina – vedo che incominci a capire. Penso che potrai darmi tante soddisfazioni come servitore. E non solo a me … – Aggiunse ammiccando a Cristina e ad Anna. Dopo che ebbi finito di leccare completamente anche l’altro piede, Gina lo ritrasse dicendo – Basta cosi’ per oggi. Non mancheranno certo le occasioni in cui potrai occuparti dei miei piedi ... Adesso puoi andare. Presentati domani mattina alle 8:00 in punto, cosi’ potrai iniziare il tuo servizio, Anna ti dara’ le dovute istruzioni. Alloggerai qui, porta con te solo i tuoi effetti personali strettamente indispensabili. Per il vestiario non ti preoccupare, ti verra’ messo a disposizione – disse sorridendo. – Ora va, sparisci. Cristina ritrasse le gambe che teneva poggiate sulla mia schiena, e potei finalmente rimettermi in piedi. Non avevo il coraggio di guardare Gina negli occhi. Anna mi riaccompagno’ alla porta. Prima di andarmene le dissi – Grazie per aver convinto Gina a darmi una seconda possibilita’. Anna rispose – Oh, non preoccuparti. Avrai modo per restituirmi il favore, e con gli interessi … – e fece un sorriso che non lasciava presagire nulla di buono. Prima che me ne andassi, mi disse ancora – Ricorda bene: domani mattina alle 8 in punto. Annuii e ripresi il cammino verso casa, domani sarebbe stato il mio primo giorno di servizio …
(to be continued)
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