Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

Posts written by silwus

view post Posted: 20/2/2011, 22:07     La mia vecchia compagna di classe - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Ciao a tutti,

scusate se mi sono fatto aspettare, ma questa parte era importante e ci tenevo a scriverla bene.
Spero sia di vostro gradimento.


PARTE QUINTA

Non appena rientrai in stanza, mi tolsi la divisa da servo i cui pantaloni erano tutti impregnati della mia orina, li sciacquai nella vasca e li stesi ad asciugare. Ne approfittai per fare una doccia in modo da darmi una rinfrescata, non solo al corpo ma anche alla mente. Mentre l'acqua colava sulla mia testa ripensai all'ennesima umiliazione patita, mai avrei creduto di poter raggiungere un simile stato, e non era passato nemmeno un giorno!
Cercai di mantenere la calma e mi dissi di pazientare. Qualcosa sarebbe sicuramente cambiato, non poteva continuare cosi'. Per il momento pero' dovevo fare buon viso a cattivo gioco e quindi accettare di buon grado gli ordini che mi sarebbero stati impartiti.
Uscito dalla doccia, mi asciugai e guardai l'orologio appeso nella mia stanza. Avevo ancora una mezz'ora di tempo: ne approfittai per sdraiarmi un attimo sul letto e riposarmi un poco, facendo ben attenzione a non addormentarmi (chissa' cosa mi sarebbe accaduto se mi fossi addormentato e presentato in ritardo!).
Dopo essermi riposato un poco, lasciai la mia stanza. Ero completamente nudo, dal momento che mi era stato ordinato di non indossare piu' alcun vestito. Giunsi in salone: non c'era nessuno. Rimasi quindi li' fermo ad aspettare.
Dopo circa 10 minuti arrivo' Anna che mi guardo' sorridendo. Io tenevo lo sguardo fisso a terra, non avevo voglia di incrociare il suo sguardo, mi vergognavo ancora troppo dell'umiliazione subita prima.
– Le Signore sono andate a fare shopping e rientreranno per cena.- mi disse Anna – Vieni a prendere l'occorrente per pulire e dai una bella pulita al salone, deve brillare.
Iniziai quindi a pulire con cura l'intero salone cercando di togliere la polvere anche negli angoli piu' remoti. Eseguire le faccende domestiche non era mai stato un'attivita' di mio gradimento, ma in quel frangente, devo ammettere, lo feci volentieri: era decisamente meglio che sottostare a qualche pratica umiliante come quelle che avevo subito.
Dopo circa un'ora avevo finito di pulire e proprio in quel momento le Signore fecero rientro, dal salone potevo sentirle parlare tra loro: - Sai Gina, ci voleva proprio questo giretto di shopping – diceva Cristina – abbiamo comprato un sacco di belle cosette! -
- Si' Cristina – rispose Gina – Vedrai che ci divertiremo proprio – e risero di gusto.
- Dov'e' il servo? – chiese poi Gina ad Anna.
- E' a pulire il salone, Signora Gina – rispose Anna.
- Bene, Anna, puoi servire la cena fra un quarto d'ora, giusto il tempo di andare nelle nostre stanze e sistemarci un attimo - fece Gina - Poi dopo cena, vedrai, ci divertiremo tanto ... – la sentii dire. Che cosa aveva in mente?
Anna entro' in salone ed esamino' il mio lavoro – Bravo, vedo che hai pulito con cura. - disse – Bene, cosi' le Signore non ti puniranno e sarai piu' fresco per questa sera – aggiunse con un sorriso malizioso. Poi prosegui' – Adesso aspetta qui le Signore, presto arriveranno e verra' servita la cena.
Sentii infatti poco dopo i loro passi scendere dalle scale, mi misi quindi in ginocchio con la fronte a terra, come Gina gradiva che la ricevessi.
Le Signore entrarono in stanza, elegantemente vestite, si accomodarono sul divano e si misero a chiacchierare tra loro ignorandomi completamente. Nel frattempo arrivo' anche Anna che si mise ad apparecchiare il tavolo per la cena. Passarono cosi' circa 10 minuti in cui io rimasi prostrato a terra senza che nessuno mi impartisse degli ordini, ne' si degnasse di notarmi.
Arrivo' alla fine Anna con le pietanze pronte: spaghetti con le vongole, da quanto riuscii a sentire dall'odore. Le Signore si alzarono quindi e si diressero al tavolo.
Improvvisamente Cristina si rivolse a me – Perche' te ne stai li' fermo? - mi disse – Non ricordi cosa ho detto oggi? Dovrai farmi da sedia ad ogni pasto. Forza, sbrigati a prendere posizione e non farmi perdere la pazienza. -
Rapidamente raggiunsi il tavolo a quattro zampe e mi disposi opportunamente cosi' che Cristina si potesse sedere sulla mia schiena. La cena ebbe quindi inizio.
Con calma le Signore consumarono la loro cena, degustando le pietanze, sorseggiando il vino chiacchierando allegramente. Io, nel mio ruolo di sedia personale per Cristina, fui ignorato del tutto. Dovetti per tutto il tempo, circa una mezz'ora, sostenere il peso della ragazza. Verso la fine della cena incominciai ad essere davvero stanco, tuttavia Cristina sembrava non preoccuparsene affatto e continuava chiacchierare tranquillamente con Gina.
Dopo aver preso il dessert Gina disse – Che vogliamo fare, Cristina? Lasciamo che anche il servo possa mangiare e ci andiamo a preparare?
- D'accordo Gina – rispose Cristina alzandosi (finalmente) – andiamoci pure a preparare. - Poi mi diede un calcetto sul fianco e mi disse – E tu, mi raccomando, mangia e rimettiti in forza, che dovrai essere in forma questa sera ... - e cosi' dicendo si allontano' ridendo con la sua amica.
Che cosa intendeva dire? Che diavoleria avevano in mente stavolta? Cosa avrei dovuto subire ancora quel giorno?
Mentre facevo queste riflessioni, arrivo' Anna con una ciotola piena d'acqua ed una ciotola vuota che riempi' con gli avanzi della cena. Pose le due ciotole davanti a me, mi applico' il guinzaglio al collo, si sedette sulla sedia vicina e disse – Forza cagnolino, mangia la pappa che le tue padroncine ti hanno lasciato.
Rimanendo per terra a quattro zampe iniziai a mangiare e bere dalla ciotola mentre Anna mi teneva al guinzaglio e mi osservava sorridendo compiaciuta. Di tanto in tanto la ragazza si divertiva a mettermi un piede sopra la testa e a schiacciarmi la faccia nella ciotola. Il suo lato sadico stava di nuovo affiorando e, visto pure quel che aveva detto Cristina poco prima, avevo la netta sensazione che per me quella non sarebbe stata una bella serata.
Dopo che terminai il mio pasto, Anna sgancio' il guinzaglio e disse – Adesso alzati, porta le ciotole in cucina e vatti a dare una bella sciacquata in bagno. Poi torna subito qui e mettiti a quattro zampe di fronte al divano, in attesa delle Signore.
Feci come mi aveva detto: portai le ciotole in cucina, andai in bagno a sciacquarmi e tornai nel salone. Anna era seduta sul divano. Mi misi a quattro zampe come mi aveva ordinato e rimasi fermo in attesa. Anna restava seduta e sembrava non badare a me.
Dopo qualche minuto udii in corridoio i passi delle Signore che poco dopo fecero il loro ingresso nel salone. Rimasi sbalordito dal loro abbigliamento: Cristina indossava dei lunghi stivali neri che le coprivano le ginocchia e un completo di latex nero molto aderente, anche alle braccia aveva dei lunghi guanti neri in latex, ma la cosa che piu' mi impressiono' era che indossava un fallo finto di gomma di proporzioni considerevoli. Gina invece indossava solamente un soprabito violaceo quasi trasparente sotto il quale era completamente nuda.
Cristina si avvicino' a me, mi afferro' per i capelli e mi tiro' su il capo facendomi mettere in ginocchio con il viso proprio davanti al suo fallo finto. - Che dici, servetto – mi disse – ti piace il cazzo nuovo della tua Padrona?
Compresi subito che quello era uno degli “acquisti” fatti dalle Signore nel pomeriggio. Dallo stupore non riuscii a dire parola.
Cristina mi colpi' con uno schiaffo in volto – Forza, rispondi – mi disse irata – ti ho fatto una domanda!
- Ehm, Si', certamente – risposi io per non irritarla.
Fui colpito da un secondo schiaffo – E' cosi' che ci si rivolge ad una delle tue Signore? Forza, rispondi come si deve.
- Si', Signora Cristina.
- Si', cosa? - disse ancora Cristina dandomi un terzo schiaffo.
- Si', Signora Cristina, mi piace il suo cazzo nuovo – riposi.
- Bene – riprese allora Cristina – Avrai modo di assaporarlo per bene. Vedrai, stasera ci divertiremo un mondo. Adesso apri' la bocca -
Non appena aprii la bocca, lei ci infilo' il fallo finto (che a dire il vero non entrava tutto) e, prendendomi sempre per i capelli, inizio' a farmi muovere il capo in avanti e indietro.
- Da bravo – mi diceva – lecca bene il mio cazzo. Deve essere ben bagnato prima dell'uso.
E cosi', con il fallo che mi arrivava quasi in gola, e respirando con grossa difficolta' mi misi all'opera e cercai di passare la lingua sul fallo mentre Cristina mi muoveva ritmicamente il capo. Non avrei mai pensato prima di quel momento che un giorno sarei stato costretto a “spompinare” una donna.
Mentre eseguivo il mio compito, notai con la coda dell'occhio che Anna aveva tolto la vestaglia a Gina e questa, ora completamente nuda, aveva divaricato le gambe. Anna gli stava ora massaggiando sapientemente le zone intime, con Gina che, chiudendo gli occhi, emetteva dei sospiri di piacere. Sembrava che la stesse preparando per un rapporto sessuale.
Dopo circa un paio di minuti in cui spompinai Cristina, quest'ultima sfilo' il fallo dalla mia bocca e mi disse – Cosi' puo' bastare. Adesso rimettiti a quattro zampe.
Mi disposi a carponi, solo allora realizzai che Cristina avrebbe potuto usare quel fallo su di me. Per un attimo pensai di ribellarmi, non avrei potuto sopportare una simile violenza. Ma proprio in quel momento Gina si diresse verso di me e, dopo avermi guardato con un perfido sorriso, mi disse – Non temere, non e' per te. Almeno per ora ...
Cosi' dicendo passo' oltre e si sedette sul mio coccige. Dopo si sdraio' poggiando la sua schiena sopra la mia schiena e allargo' le gambe (dallo specchio posto sulla parete dietro il divano potevo vedere l'intera scena).
Cristina ando' anche lei dietro di me, si inginocchio' e, con delicatezza, infilo' il fallo dentro il sesso di Gina che emise un mugolio di piacere. Cristina inizio' cosi' a muoversi lentamente in avanti e indietro, per farla breve, stava iniziando a scoparsi Gina che emetteva gemiti di piacere, mentre io facevo da panca per il loro rapporto.
Nel frattempo Anna inizio' a spogliarsi, si tolse scarpe, camicia, gonna e reggiseno, rimanendo solo con calze e mutandine. Si sedette quindi per terra di fronte a me appoggiando la schiena sul divano e inizio a sfilarsi le mutandine muovendosi davanti a me in modo provocatorio. Nonostante l'umiliante situazione in cui mi trovavo non riuscii a contenere l'eccitazione che stava crescendo in me, che pero' rimase frenata dalla maledetta cintura di castita' che indossavo.
Dopo essersi sfilata le mutandine, Anna si protese verso di me e me le infilo' in bocca, poi si appoggio' nuovamente con la schiena sul divano e, sollevando il piede sinistro, me lo mise in bocca. Anna porto' inoltre una mano verso il suo sesso, che era gia' bagnato, e inizio a masturbarsi. Io mi trovavo li' impotente, a fare da panca per il piacere delle Signore, con la bocca riempita dalle mutandine di Anna e dal suo piede calzato che muoveva avanti e indietro seguendo il ritmo con cui Cristina penetrava Gina. E la cosa incredibile fu che ero terribilmente eccitato, il mio pene stava esplodendo all'interno della cintura di castita' che ne conteneva l'erezione.
Col passare dei minuti, Cristina aumentava sempre di piu' il ritmo dei suoi movimenti e Gina emetteva gemiti di piacere sempre piu' intensi. Anche Anna, muovendo sempre a tempo il piede infilato nella mia bocca, si toccava piu' rapidamente ed emetteva mugolii di piacere muovendo la lingua sulle labbra. Per me era una vera e propria tortura: dovevo sopportare il peso di Gina che si agitava di piacere sopra la mia schiena mentre Cristina muoveva il proprio bacino sempre piu' vigorosamente, respiravo a fatica con il naso mentre la mia bocca era spalancata al massimo dal piede di Anna, e il mio pene eccitato non poteva andare in erezione per via della cintura di castita'.
Non so dire esattamente quanto tempo dovetti rimanere in quella posizione duro', forse un quarto d'ora. Cristina ormai dava dei violenti colpi di bacino e Gina ora emetteva strilli sempre piu' acuti di piacere fino a raggiungere un poderoso orgasmo. Anche Anna aveva goduto ed era tutta bagnata.
Alla fine Cristina sfilo' il fallo da Gina e questa si alzo' andandosi a rimettere la vestaglia, mentre Anna mi sfilo' il piede dalla bocca e si alzo' in piedi anche lei. Tirai fuori le mutandine di Anna dalla bocca e trassi un enorme sospiro di sollievo in quanto pensavo che fosse tutto finito, ma mi sbagliavo.
Gina prese il guinzaglio e me lo applico' al collare, si ando' poi a sedere sul divano di fronte a me e divarico' le gambe mostrandomi il suo sesso, poi disse – Anna, eccoti il premio promesso. Puoi venire a leccarmi.
- Subito, Signora Gina, La ringrazio. – rispose Anna e cosi' dicendo scavalco' con una gamba la corda del guinzaglio con cui mi teneva Gina in modo da passarsela in mezzo alle gambe e si mise anche lei a quattro zampe davanti a me posizionandosi in modo che aveva la testa rivolta verso il sesso di Gina e il sedere verso di me. Anna incomincio' a leccare il sesso di Gina che tiro' il guinzaglio in modo da farmi affondare il viso nel sedere di Anna.
- Leccale il culo mentre riceve il suo premio – ordino' perentoria Gina.
Quasi incredulo per quel che mi stava accadendo, tirai fuori la lingua e la infilai nelle fessure di Anna che gia' emetteva mugolii di piacere. La corda del guinzaglio, tra l'altro, strofinava proprio sul sesso della ragazza aumentandone ulteriormente l'eccitazione.
Improvvisamente Cristina (mi ero quasi dimenticato di lei) infilò due dita dentro il mio ano; io, come normale reazione, contrassi i glutei.
- Stai morbido – udii Cristina dire – altrimenti soffrirai ancora di più – e così dicendo incominciò a muovere le dita dentro il mio ano sempre con maggior vigore in modo da dilatarne l'apertura.
Rimasi un attimo inebetito nel sentire il mio ano violato dalle dita di Cristina e smisi per un attimo di leccare il culo di Anna tirandomi indietro con la testa, ma Gina tirò con forza il guinzaglio in modo da farmi affondare nuovamente con la faccia fra le chiappe della ragazza e ordinandomi – Forza, continua a leccare!
Tirai fuori nuovamente la lingua e ripresi a leccare il culo di Anna, che, dal canto suo, non aveva mai smesso di accarezzare con la lingua il sesso di Gina. Nel frattempo Cristina aveva tirato fuori le dita dal mio ano e sentii che lo stava ora penetrando con qualcosa di più grosso. Capii immediatamente che voleva fottermi con il suo fallo di gomma. In quel momento non fui capace di opporre la minima reazione: Cristina pian piano riuscì a infilare l'intero fallo nel mio ano, provocandomi non poco dolore (ero vergine di dietro, allora).
- Bravo, così – disse la ragazza – Lasciati scopare per bene, vedrai che alla fine ti piacerà! - e così dicendo iniziò a muovere il bacino in avanti e indietro, iniziando così a sodomizzarmi.
Io ero completamente impotente nelle mani di quelle tre donne: Gina sedeva sul divano a gambe divaricate e si faceva leccare la fica da Anna che stava a carponi e, mentre dava piacere a Gina, strusciava il suo sesso tutto bagnato sulla corda del guinzaglio dimenandosi come una cagna in calore. Io, a quattro zampe, leccavo il culo di Anna e al tempo stesso venivo penetrato da Cristina che col passare del tempo aumentava sempre di più il ritmo e l'intensità dei suoi movimenti.
Per circa quindici minuti quel gioco, se così lo si può chiamare, continuò incessantemente. Ora Cristina gridava come un'ossessa e sferrava con il suo bacino dei veri e propri colpi andando con il suo fallo sempre più in profondità; soffrivo terribilmente ma non avevo la forza per tentare alcuna reazione, subivo semplicemente. Gina continuava ad emettere gemiti di piacere per le carezze della lingua di Anna che era quella che sembrava godere più di tutti: affondava la sua lingua sul sesso bagnato di Gina mentre la sua fica si strofinava sulla corda del guinzaglio e io le leccavo il culo senza pausa.
Proprio quando credetti di morire, Gina emise un acuto grido di piacere, aveva raggiunto un secondo intenso e indescrivibile orgasmo. Cristina diede un ultimo violento colpo di bacino e poi si fermò, sfilò quindi con lentezza il fallo dal mio ano e si andò a sedere sul divano opposto a quello dove sedeva Gina. Anna si sedette per terra e io finalmente potei accasciarmi al suolo esausto con la schiena a terra.
Dopo mezzo minuto, mentre ancora ansimavo cercando di riprendere le forze, Anna montò sopra il mio petto e, dopo avermi bloccato le braccia con le ginocchia, mi spinse il suo sesso tutto bagnato davanti al mio viso e mi ordino' – Lecca.
Io, oramai distrutto nel fisico e nello spirito, non avendo più la minima forza di opposizione e tirai fuori la lingua e mi misi al lavoro. Mentre Anna, sopra di me, godeva ancora dei movimenti della mia lingua, Cristina andò con un piede a premere sui miei genitali, causandomi un dolore leggero, ma costante. Per qualche minuto dovetti passare la lingua sulla fica di Anna, mentre Cristina ruotava il suo piede schiacciandomi i testicoli. Il dolore aumentava, ma io non ero in grado di fare alcunché.
Alla fine Gina disse – Andiamo Cristina, abbiamo goduto abbastanza per oggi. Vedrai, anche domani ci divertiremo - e si alzò dal divano dirigendosi verso la porta.
Cristina dopo avermi schiacciato con forza un ultima volta i genitali, tolse il piede, si alzò e seguì la sua amica.
Prima di andarsene Gina disse ad Anna – Anna, spero che anche tu ti sia divertita. Domani mattina faremo colazione un pochino più tardi, alle 9:00. Fai mettere in ordine e poi manda il servo a riposare. Lo voglio in forza domani. - e così dicendo lasciò la stanza insieme a Cristina.
- Sì, Signora Gina – rispose Anna – è stato bellissimo. Grazie per avermi concesso questo piacere. - Poi si alzò e, dopo avermi poggiato un piede sul petto mi disse – Adesso metti in ordine la stanza e vai a lavare i piatti. Poi potrai andarti a riposare. Mi raccomando, fatti trovare pronto domani mattina.
Dopo avermi dato tali disposizioni raccolse i suoi vestiti e se ne andò lasciandomi completamente senza forze sul pavimento.
view post Posted: 9/2/2011, 16:04     La mia vecchia compagna di classe - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Ciao a tutti, come promesso ecco la quarta parte:


PARTE QUARTA

Una volta raggiunta la mia stanza potei finalmente andare un attimo in bagno e darmi una rinfrescata. Dopo essermi sciacquato il viso cercai di esaminare la situazione in cui mi trovavo. Ero finito nelle mani di due sadiche che in nemmeno mezza giornata erano riuscite ad umiliarmi in tutti i modi, inoltre anche Anna, che mi era sembrata una ragazza gentile e cordiale, aveva dato prova di non essere da meno delle altre. Che fare però? Andarmene? Se me ne fossi andato mi sarei trovato nuovamente a combattere con la mia disperata situazione economica e inoltre mi trovavo quella maledetta cintura di castità ... dovevo fare qualcosa, però dovevo essere paziente e aspettare il momento giusto. Mi guardai nel piccolo specchio che si trovava nel bagno e mi promisi di resistere, sicuro che la mia tenacia avrebbe prima o poi dato i suoi frutti.
Dopo aver fatto queste riflessioni mi affrettai ad andare in salone, non volevo certo prendermi qualche punizione per essere arrivato in ritardo, e mi misi in ginocchio di fronte al tavolo come indicatomi da Anna.
Il tavolo era già stato apparecchiato per il pranzo, mancavano solo le portate, e le Signore. Dopo qualche minuto la porta si aprì ed entrò Cristina: indossava un abito attillato nero, calze a rete e scarpe nere col tacco a spillo. Dovevo riconoscere che era anche lei un gran bella ragazza. Mi guardò con un sorriso canzonatorio ma non disse nulla.
Poco dopo fece il suo ingresso nel salone anche Gina. Era elegantissima con un completo blu scuro di tessuto pregiato e una gonna fino al ginocchio, calze nere e scarpe nere, ovviamente col tacco alto. Mi guardò con aria sprezzante e poi sorrise con complicità alla sua amica. Mi chiesi cosa potevano avere in mente questa volta.
Le due donne presero posto una di fronte l'altra e Gina suonò il campanellino per chiamare Anna.
La ragazza arrivò dopo pochi secondi.
- Anna, per favore, puoi portare il pranzo
- Subito, Signora Gina – e lasciò la stanza per rientrarvi poco dopo. Anna aveva preparato delle melanzane alla parmigiana, che dall'aspetto sembravano essere molto appetitose. La ragazza doveva cavarsela bene ai fornelli, pensai.
Le Signore iniziarono quindi a mangiare chiacchierando amabilmente tra loro, ignorandomi come se io non esistessi affatto, il che da un lato, pensai, poteva non essere poi una cattiva cosa, dal momento che potevo restarmene tranquillo in ginocchio senza subire ulteriori umiliazioni. Non feci in tempo a pensarlo che subito Cristina disse – Uhm, questa sedia la trovo troppo morbida oggi. Voglio sedermi su qualcosa di più consistente. - Così dicendo si alzò in piedi e mi ordino' – Forza, sposta la mia sedia e mettiti tu al suo posto, a quattro zampe. Voglio sedermi su di te!
Spostai la sedia come ordinatomi e appoggiai le mani a terra. Cristina si sedette quindi sulla mia schiena e le due proseguirono a pranzare e a chiacchierare tranquillamente.
Devo ammettere che Cristina, pur non essendo una ragazza grassa, non era proprio un peso leggero e dopo qualche minuto incominciai a soffrire non poco, considerando anche il fatto che era dalle prime ore dell'alba che non mangiavo niente e la fame incominciava a farsi sentire prepotentemente, tuttavia non potevo far altro che stringere i denti e sopportare.
Dopo le melanzane alla parmigiana, le due Signore chiesero ad Anna di portare un po' di frutta. Per via della stanchezza il peso di Cristina sembrava aumentare sempre di più, e la cosa che più mi pesava era il fatto che le due donne continuavano tranquillamente a mangiare e a chiacchierare tra loro come se nulla fosse. Ero diventato proprio come un mobile.
Gina chiese poi ad Anna di portare il caffè, che sorseggiò con calma insieme alla sua amica che stava sempre seduta sopra di me. Dopo una decina di minuti, che a me parvero un'eternità, Gina disse – Come va la nuova sedia, Cristina?
- Magnificamente, d'ora in poi penso che utilizzerò sempre questa, se per te va bene.
- Va benissimo mia cara, ma credo che adesso anche il nostro servetto abbia diritto a mangiare un po'. Che dici?- (Non mi pareva vero che Gina mi venisse in soccorso).
- Uff, stavo così comoda ... - fece Cristina – però va bene, è giusto che anche lui abbia il suo pasto quotidiano – e così dicendo si alzò dandomi non poco sollievo.
Gina chiamò nuovamente Anna e, non appena questa arrivò, le disse – Anna, il nostro servetto ha fame, portagli il pranzo.
- Come desidera, signora Gina - rispose Anna con uno strano sorriso.
Anna uscì e poco dopo tornò con una ciotola che riempì con gli avanzi delle due Signore e le pose per terra ai piedi del tavolo.
- Forza, mangia – disse Cristina.
Sempre a quattro zampe mi avvicinai alla ciotola e iniziai a mangiare, ma fui quasi subito interrotto da Gina – Fermati! - disse – cosi' e' troppo facile – Poi rivolgendosi ad Anna: - Anna, per favore, vai a prendere il guinzaglio.
- Subito, Signora Gina – rispose Anna ed usci' dalla stanza.
Io rimasi a quattro zampe, immaginando che mi avrebbe allacciato il guinzaglio al collare e mi avrebbe fatto fare il cane.
Anna rientro' dopo nemmeno un minuto e porse il guinzaglio a Gina.
- No, Anna. - disse Gina – Usalo per legargli i polsi dietro la schiena.
- Come desidera, Signora Gina – rispose Anna che si avvicino' a me e, dopo avermi fatto tirare sul il busto e mettere le braccia dietro la schiena, mi lego' ben stretti i polsi con il guinzaglio.
Cristina scoppio' a ridere – Bella idea, Gina. - e poi rivolgendosi a me – Forza, mangia adesso! -
Feci per inchinarmi col busto per poter raggiungere la bocca con la ciotola quando Gina mi blocco' nuovamente – Fermati – mi ordino' – Vai all'angolo della stanza, quello piu' lontano.
Io mi alzai e incominciai ai dirigermi dove mi era stato ordinato quando Gina disse con tono perentorio – Chi ti ha detto di poterti alzare?!?!?! Rimettiti in ginocchio e raggiungi l'angolo in ginocchio!
Dovetti quindi inginocchiarmi nuovamente e raggiungere l'angolo camminando in ginocchio, il che mi costo' non poca fatica, considerando che era ad almeno a 8 metri di distanza e che avevo anche le mani legate dietro la schiena.
Una volta raggiunta la meta Gina mi ordino' – Adesso voltati verso di noi e mettiti con la pancia a terra. - Cosa che feci prontamente.
- Adesso striscia fino alla ciotola se vuoi mangiare! - disse Gina.
Facendo uso delle sole gambe iniziai a strisciare per terra sotto gli sguardi divertiti delle tre donne. Cristina rideva a crepapelle – Ma guarda come striscia, sembra proprio un verme!
Strisciando lentamente avevo quasi raggiunto la ciotola quando Anna la sposto' con un piede allontanandomela di circa un metro e posizionandola porprio sotto i piedi di Gina.
Strisciai quindi ancora un po' e raggiunsi la ciotola, finalmente potei iniziare a mangiare.
Non era affatto facile: sdraiato con la pancia a terra e i polsi legati dietro la schiena faticavo non poco a prendere il cibo con la sola bocca. A complicare ulteriormente le cose poi fu Gina che pose i suoi piedi su di me: uno sopra la schiena in mezzo alle scapole che mi teneva il corpo a terra limitandomi sensibilmente la capacita' di movimento, l'altro appoggiato sopra la testa che dovette quindi anche sostenerne il peso.
Mentre mangiavo (o meglio tentavo di mangiare) gli avanzi nella ciotola, sentivo i commenti derisori delle due Signore – Guardalo, sembra proprio un verme - diceva Cristina. - Hai ragione – rispondeva Gina – d'altronde e' la posizione che piu' gli compete ... - e scoppiarono entrambe a ridere.
Di tanto in tanto Gina si divertiva per premere con forza col piede spingendomi la faccia dentro la ciotola mentre Cristina rideva sempre di piu' divertita. Ciononostante riuscivo, pur con qualche difficolta', a mangiare. Ad un tratto Cristina disse – Voglio proprio vedere come se la cava come tappeto – e' cosi' dicendo si alzo' in piedi e mi sali' col tutto il peso del corpo sulla schiena mentre con le mani si teneva appoggiata al tavolo.
Mi trovavo adesso co corpo completamente schiacciato a terra dal peso di Cristina e con Gina che continuava a tenere un piede poggiato sulla mia testa. Oltretutto Cristina indossava scarpe col tacco a spillo che mi provocavano un intenso dolore. Riuscivo a malapena a respirare.
Cristina, calcando con i piedi sulla mia schiena, mi incitava – Forza verme, continua a mangiare! Se non finisci tutto, non ti faremo mangiare fino a domani! -
Con gran difficolta' riuscii pian piano a ingurgitare il cibo contenuto nella ciotola, ma Gina disse – Lecca la ciotola, non la vorrai mica lasciare cosi' sporca! - . Fui costretto quindi a tirare fuori la lingua e leccare la ciotola con Cristina che di tanto in tanto gravava il peso ora su un piede, ora sull'altro. Mi sembrava di morire.
Dopo che terminai di leccare la ciotola, Gina mi chiese – Come va servetto? Hai gradito il pranzo?
Per un attimo non riuscii a parlare schiacciato dal peso di Cristina che gravava sul mio corpo
- Ti ha fatto una domanda – disse Cristina calcando con un tacco sulla mia schiena – Forza, rispondi!
- Si', Signora Gina – risposi a fatica – Il pranzo era buono.
- Hai sete? - mi chiese nuovamente Gina.
Effettivamente avevo molta sete. - Si', Signora Gina – risposi – ho molta sete.
- E quindi vorresti bere ... - disse lei – Ebbene, allora supplicami, se vuoi bere!
Mi pareva strano infatti che Gina avesse potuto aver quel riguardo nei miei confronti. Tacqui per un attimo pensando bene a cosa dire. Subito Cristina premette nuovamente con il tacco sulla mia spina dorsale dicendo – Hai sentito? Forza, supplica come si deve!
- Ti prego, Gina. - dissi – Ti supplico, fammi bere, ho sete.
- E questa sarebbe una supplica? - disse Gina – Devi fare di meglio se vuoi che ti conceda di bere.
Presi tutto il respiro che potei e dissi – Ti supplico, ti scongiuro, ti imploro Gina: concedimi di poter bere! - conclusi sospirando per lo sforzo.
- Così va meglio! - disse Gina – però non ho sentito bene, ripeti la tua supplica.
Che bastarda, pensai. Sapeva bene che potevo parlare a fatica con Cristina che gravava con tutto il peso sopra la mia schiena.
Provai quindi a ripetere - Ti supplico, ti scongiuro, ti imploro Gina: conce ... - e non riuscii a terminare la frase perché Cristina premette con forza con un tacco della scarpa provocandomi un intenso dolore.
- Non ho sentito bene – esclamò Gina – Forza ripeti di nuovo.
Mi feci forza e ripetei - Ti supplico, ti scongiuro, ti imploro Gina: concedimi di poter ... - ma anche stavolta Cristina premette col tacco impedendomi di portare a termine la supplica.
- Cosa? - fece Gina – Non ho capito bene. Puoi ripetere?
E quel gioco continuò per un paio di minuti: ogni volta che stavo per terminare la frase, Cristina premeva con forza con un tacco sulla mia schiena impedendomi di concludere la supplica. Era una vera e propria tortura.
Alla fine Gina disse – Va bene, lasciamo perdere. Sei proprio un incapace. - E mentre Cristina scendeva da sopra il mio corpo, Gina disse ad Anna – Anna, porta per favore da bere per il nostro servetto.
- Subito, Signora Gina – ed uscì rientrando poco dopo con una bottiglia piena d'acqua ed un imbuto piuttosto grande.
Gina mi ordinò quindi di strisciare fino ai piedi del divano e di rivoltarmi in modo da mettermi a pancia in su. Ancora tutto indolenzito per il “trattamento” subito da Cristina strisciai, non senza difficoltà fino al divano e mi rivoltai come ordinatomi.
Gina e Cristina si alzarono e andarono ad accomodarsi sul divano, nel farlo si tolsero le scarpe e poggiarono i loro piedi calzati su di me: Cristina sui genitali e Gina sul petto.
Arrivò anche Anna che porse la bottiglia d'acqua a Cristina e mi infilò l'imbuto in bocca dicendomi di tenerlo bene in verticale e di non muovermi.
Gina aprì la bottiglia, riempì l'imbuto d'acqua e disse – Forza, bevi adesso. Non avevi sete? - e così dicendo batté con un piede sul mio petto.
Potei finalmente bere, ma non appena incominciai a far entrare l'acqua nel mio stomaco, subito Gina riempì nuovamente l'imbuto. Ero quindi costretto a bere di continuo e per poter riprendere fiato dovevo mantenere l'imbuto in equilibrio; non volevo immaginare cosa mi sarebbe successo se avessi fatto rovesciare l'acqua per terra. Nel frattempo Cristina aveva incominciato a strusciare i suoi piedi sui miei genitali provocandomi subito una forte eccitazione, che però mi causava ulteriore disagio in quanto il mio pene era imprigionato in quella maledetta cintura di castità.
Con gran fatica riuscii a bere tutta l'acqua che Gina aveva versato nell'imbuto, senonché lei chiese ad Anna di portare un'altra bottiglia. Fui quindi costretto, sempre attraverso l'imbuto, a bere una seconda bottiglia d'acqua, con le signore che tenevano sempre i piedi poggiati sopra di me (Cristina ovviamente continuava a strofinare i suoi piedi sui miei genitali) e Anna che osservava la scena divertita. Mi sembrava di poter scoppiare da un momento all'altro.
Dopo aver bevuto il contenuto della seconda bottiglia, Gina disse che poteva bastare. Anna mi tolse quindi l'imbuto dalla bocca e Gina mi pose quindi un piede sul viso schiacciandomi la testa al suolo. Chiese poi ad Anna di slegarmi i polsi e, non appena ebbi di nuovo le mani libere, mi ordinò di mettermi a quattro zampe. Non appena mi disposi in tal modo, sia lei che Gina mi appoggiarono comodamente i piedi sulla schiena. Le Signore quindi accesero la televisione e si misero a guardare un film, tenendo sempre i piedi poggiati su di me.
Dopo un po' mi abituai a quella posizione e, seppur non fosse particolarmente comoda, riuscii a riprendermi un poco. Le due Signore sembravano non badare più a me, ero diventato semplicemente il loro poggiapiedi. Nonostante fosse una situazione piuttosto degradante e umiliante, tutto sommato era sempre meglio che ricevere le loro “attenzioni”.
Non saprei dire quanto tempo passò, forse un'ora o più. Ad un certo punto incominciò a farsi sentire prepotentemente lo stimolo di dover andare in bagno, del resto con tutto quell'acqua che ero stato costretto a bere ... Poiche' non mi era stato dato il permesso di parlare ne' mi era stata rivolta alcuna domanda, decisi di rimanere in silenzio e aspettare, prima o poi avrei avuto l'occasione di poter andare in bagno e vuotare finalmente la vescica.
Passo' un'altra mezz'ora, in cui dovetti sempre fare da poggiapiedi per le signore. Lo stimolo aumentava sempre di piu' ed incominciavo ad avere seri problemi a sopportarlo. Quasi inconsciamente incominciai a muovermi con il corpo. - Perche' ti muovi? - disse infastidita Cristina assestandomi un calcio sul fianco – Stai fermo! Dobbiamo far riposare le nostre gambe affaticate.
Cercai di rimanere fermo ma dopo pochi minuti lo stimolo divenne veramente insopportabile e ripresi a muovermi.
- Si puo' sapere cos'hai? - chiese Gina.
- Mi perdoni, Signora Gina – risposi io – ma ho assoluto bisogno di andare in bagno.
- Ah, e' cosi' allora – e cosi' dicendo sia lei che Cristina tolsero i piedi dalla mia schiena. Per un attimo pensai che avevano capito il mio stato e mi avrebbero concesso di poter andare al bagno. Ma mi illudevo.
- Forza, allontanati di un paio di metri e mettiti in ginocchio con le mani sopra la testa. - mi ordino' seccamente Gina. Io eseguii.
- E cosi' tu vorresti andare in bagno ... – riprese Gina – pensi di essertelo meritato?
- Beh, credo di si', Signora Gina – provai timidamente a rispondere.
- Tu che ne pensi Cristina? - chiese Gina alla sua amica accavallando in modo provocatorio le sue splendide gambe.
- Cara Gina, io non credo proprio che il nostro servetto si sia meritato questo privilegio. - rispose Cristina - Pensaci bene: prima avrebbe dovuto supplicarti per avere da bere, ma non e' riuscito a recitare una supplica adeguata e tu, nella tua grande generosita', gli hai concesso comunque di potersi abbeverare. E come e' stata ripagata la tua generosita'? Con lui che non riesce a stare fermo mentre ti fa da poggiapiedi! No Gina, decisamente non se l'e' proprio meritato.
- Hai ragione, Cristina – disse Gina – Non si e' affatto comportato bene, il nostro servetto. Quindi non merita di andare in bagno! - Poi guardandomi negli occhi mi disse – Adesso rimani cosi': in ginocchio con le mani sulla testa di fronte a noi fino a che non te lo diciamo. Cio' detto chiamo' Anna e le disse di rimanere ad assistere alla scena.
Fui allora che compresi. Era tutto un piano prestabilito: prima mi avevano fatto mangiare per farmi avere sete, poi mi avevano impedito di poter dire tutta la supplica per avere un pretesto per punirmi e poi mi avevano fatto bere ben due bottiglie d'acqua affinche' avessi avuto bisogno poi di andare in bagno.
Rimasi in ginocchio con le mani sopra la testa, la vescica mi stava per scoppiare e io non potevo fare niente, se non soffrire terribilmente mentre le tre donne mi guardavano divertite.
Dopo 5 minuti non potei piu' resistere e iniziai ad orinare. Sentii l'orina calda colarmi lungo le gambe e i pantaloni bagnarsi; ben presto l'orina inizio' a colare anche sul pavimento al che Gina, Cristina ed Anna scoppiarono tutte e tre a ridere. Sebbene non stessi subendo punizioni fisiche dolorose, l'umiliazione che in quel momento provai fu superiore a tutte quelle finora patite. Gina si era dimostrata di un sadismo senza eguali.
Cristina disse ridendo – Guarda Gina: il nostro servetto non riesce a trattenere la pipi'
- Hai proprio ragione Cristina, – rispose Gina – guarda: ha bagnato i pantaloni come un bambino piccolo –
- Forse dovremmo mettergli un pannolino.- propose Cristina – Cosi' almeno non si bagnera' piu' i pantaloni. - e di nuovo scoppiarono a ridere.
Io non potevo far altro che rimanere in ginocchio a sentire i loro commenti canzonatori, mi vergognavo profondamente e tenevo lo sguardo basso per l'umiliazione.
Perfino Anna, sempre composta fino a quel momento, rideva di gusto alle battute delle Signore.
Dope qualche minuto in cui fui deriso senza pieta', Gina si rivolse a me dicendomi – Guarda cosa hai combinato! Ti sei bagnato tutti i pantaloni! D'ora in poi non indosserai piu' alcun abito, cosi' eviteremo il rischio che tu lo possa sporcare! - Poi disse ad Anna – Anna, per favore, porta uno straccio.
- Subito Singora Gina – rispose Anna e torno' poco dopo con uno straccio che getto' davanti a me.
Gina mi ordino' – Adesso pulisci bene per terra, non voglio vedere nemmeno una goccia della tua orina! - Presi lo straccio, mi chinai e pulii il pavimento come mi era stato ordinato.
Non appena terminai, Gina mi disse – Adesso vieni qui e baciaci i piedi.
Camminando a quattro zampe mi avvicinai al divano e iniziai a baciare i piedi di Gina, dovetti farlo per almeno 5 minuti. Poi fu il turno dei piedi di Cristina. Ovviamente il tutto con loro che continuavano a fare battute canzonatorie.
Dopo aver baciato adeguatamente anche i piedi di Cristina, Gina mi disse – Adesso fila nella tua stanza, togliti i vestiti e pulisciti, poi ripresentati qui tra un'ora, pensera' Anna a dirti cosa fare. Vai sparisci! - io mi alzai e mi ritirai il piu' velocemente nella mia stanza, ancora sconcertato per l'umiliazione subita e chiedendomi quali altre sorprese ci sarebbero state per me.

(to be continued)
view post Posted: 7/2/2011, 19:51     La mia vecchia compagna di classe - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Abbiate pazienza, ultimamente ho avuto veramente poco tempo per poter andare avanti con il racconto.
Ma vi prometto che quanto prima pubblicherò la quarta parte!
view post Posted: 28/1/2011, 21:55     La mia vecchia compagna di classe - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Scusatemi, ma anch'io, come il povero Sergio, debbo lavorare per vivere e posso proseguire il racconto solo nei pochi ritagli di tempo che ho.
Ecco la terza parte, che spero sia di vostro gradimento.

PARTE TERZA

Avevo appena terminato di raccogliere i peli dal pavimento che Anna entro’ nel salone: mi disse di andare a buttare i peli nel secchio della cucina e poi di aspettarla fuori in giardino.
Come indicatomi portai i peli in cucina e li gettai nel secchio ed uscii fuori in giardino. Dopo pochi minuti arrivo’ Anna con un secchio ed uno straccio e mi disse – Riempi il secchio d’acqua, e pulisci bene tutto il vialetto fino al cancello. Ha detto la signora Gina che deve brillare come uno specchio.
- D’accordo – risposi e mentre andavo a riempire il secchio alla fontanella li’ in giardino le chiesi – Dove posso trovare uno scopettone per passare lo straccio?
- Niente scopettone – rispose Anna – Dovrai chinarti e passare lo straccio con le mani. Cosi’ ha stabilito la signora Gina.
Che stronza, pensai, non le bastava farmi subire tutte quelle umiliazioni, mi rendeva anche il lavoro piu’ pesante. Per un attimo ebbi la forte tentazione lasciare tutto e andarmene ma poi pensai alla cintura di castità che mi era stata messa: le chiavi le avevano Gina e Cristina e se me ne fossi andato mi sarebbe rimasta per sempre. Maledizione, quelle due stronze mi tenevano in pugno. Mi ripromisi di attendere pazientemente un momento migliore.
Sospirai, immersi lo straccio nel secchio pieno d’acqua, lo strizzai, mi inchinai e iniziai a passarlo sul vialetto che conduceva al cancello. Era lungo circa una decina di metri e lavorando con impegno avrei terminato il lavoro in meno di un’ora.
Proprio in quel momento uscirono le due Signore in veste da jogging: entrambe indossavano scarpe da ginnastica, pantacollant e body che mettevano in risalto i loro stupendi corpi. Nel vedermi chino a terra intento a pulire il vialetto si misero a ridere.
- Mi raccomando – disse Gina – quando torniamo deve essere luccicante come uno specchio! – e la sua amica Cristina mi diede un calcio sul sedere. Poi le due uscirono dal cancello e iniziarono ridendo la loro corsetta.
Dopo circa tre quarti d'ora terminai di pulire il vialetto d'ingresso, avevo le membra tutte indolenzite per il lungo tempo chino a terra. Mi sedetti quindi sul pianerottolo per risposarmi un poco.
La mia pausa duro' solo qualche minuto, poco dopo infatti tornarono Gina e Cristina dalla loro corsa. Avevano le scarpe sporche di terra ed entrando lasciarono le loro impronte sul vialetto che avevo appena finito di pulire. Gina, giungendo al pianerottolo dove sedevo, si guardò indietro e vide le orme lasciate da lei e Cristina e mi disse – Ti avevo detto che doveva brillare come uno specchio, guarda invece come è sporco. E tu te ne stai qui seduto a riposare ... -
Provai a protestare dicendo – Ma Signora Gina ...- ma fui interrotto da un violento schiaffo – Chi ti ha dato il permesso di parlare. - Forza, vai a pulire immediatamente, poi spogliati e raggiungici in giardino - Così dicendo mi diede poi un calcio sul petto che mi fece cascare con la schiena a terra.
Mi affrettai a raccogliere nuovamente secchio e straccio, e mi rimisi al lavoro. Le due Signore erano invece andate sul prato del giardino per fare un po' di stretching dopo la lunga corsa.
Dopo circa 10 minuti terminai di ripulire il vialetto, posai il secchio e lo straccio, mi tolsi i vestiti e raggiunsi le due Signore sul prato come ordinatomi.
Cristina disse – Sai Gina, dopo questa bella corsa, ho i piedi un po' stanchi, penso che avrebbero bisogno di un bel massaggio.
- Hai proprio ragione, Cristina – disse Gina – un bel massaggio e' proprio quello che ci vuole. Beh, vediamo come se la cava il nostro servo con i massaggi, inizia te, cosi' intanto io finisco di fare stretching.
- Con piacere – rispose Cristina; cio' detto ando' a sedersi su una sdraio li' vicino e mi ordino' di raggiungerla e di inginocchiarmi di fronte a lei, cosa che feci prontamente.
- Toglimi le scarpe – ordino' e io gli sfilai delicatamente le scarpe.
Cristina agito' soddisfatta le dita dei piedi nudi che erano ora all'aria aperta dopo la corsa. Accavallo' le gambe poggiando un piede sulle mie cosce e porgendomi l'altro davanti al viso. Avendo corso senza indossare i calzini, era piuttosto sudato e non emanava certo un buon odore.
- I miei piedi sono un po' sudati – mi disse con aria provocatoria – avrebbero bisogno di una bella rinfrescata. Forza, lecca!
Io mi misi subito all'opera tirando fuori la lingua e iniziandogliela a passare sulla sua odorosa estremita'.
Cristina mi dirigeva dicendo in che zone del piede voleva essere rinfrescata, emettendo sospiri di soddisfazione e andando con l'altro piede a strofinare sui miei genitali. Oltre all'umiliazione in se' dovevo sopportare l'odore non proprio fine del piede sudato e l'eccitazione che l'altro piede mi provocava sui genitali. Cristina, debbo riconoscerlo, ci sapeva proprio fare con i piedi, strofinava leggermente col metatarso e muoveva ritmicamente le dita in modo da provocarmi un'erezione. Sarebbe stata una cosa gradita se non avessi indossato quella maledetta cintura di castita' che costringeva il mio pene a contenersi. Il risultato era che, a mano a mano che l'eccitazione cresceva, aumentava anche la mia sofferenza.
- Non cosi' veloce, lecca piu' lentamente – mi diceva Cristina – voglio sentire bene la tua lingua passare sulla pianta del piede ... Bene, cosi'. Bravo il mio schiavetto!
Dopo 5 minuti di abbondanti leccate mi disse – Bene, adesso asciugami il piede, non vorrai lasciarlo bagnato dalla tua saliva.
Io rimasi un attimo interdetto: come avrei potuto asciugarle il piede dal momento che non avevo un asciugamano? Poi mi ricordai che ogni esitazione avrebbe potuto irritarla, quindi incominciai ad asciugare la saliva dalla pianta del piede usando le mani.
- Non con le mani, deficiente! - disse bruscamente Cristina – Usa la tua faccia! - e cosi' dicendo distese la gamba piantandomi il piede sul viso. Io incominciai quindi a strofinare il mio viso sulla pianta del piede di Cristina che rideva divertita. Non appena la pianta del piede fu sufficientemente asciutta mi disse – Adesso puoi pure usare le mani per asciugarmi il collo e le dita del piede!. - E cosi' feci.
Dovetti ripetere poi lo stesso trattamento: prima con la lingua per rinfrescare il suo piede sudato e poi con il viso per asciugarlo.
Una volta terminato di asciugare anche il secondo piede, mi porse nuovamente il primo e mi disse in modo canzonatorio – Forza, massaggiamelo. Sai, il mio piede e' tanto affaticato e ha proprio bisogno di un bel massaggio.
Dovetti massaggiarglielo mentre lei mi osservava soddisfatta e con l'altro piede continuava a provocarmi stuzzicando i miei genitali – Lo sai che non te la cavi affatto male? - disse - Vuol dire che sfruttero' piu' spesso questa tua dote. - poi rivolgendosi a Gina – Lo sai Gina che il nostro servetto e' proprio bravo con i massaggi. Dovresti provarlo .... -
- Certo Cristina, mi faro' fare anch'io un bel massaggio tra poco. - rispose Gina terminando gli esercizi di stretching.
Mentre massaggiavo il secondo piede a Cristina, vidi con la coda dell'occhio arrivare Anna e porgere qualcosa a Gina, ma non riuscii a vedere bene cosa; non volevo girarmi e distogliere lo sguardo dal piede che stavo massaggiando onde far arrabbiare Cristina.
A un certo punto sentii un 'click', mi girai e vidi che Gina aveva attaccato un guinzaglio al collare che indossavo. Ecco cosa le aveva portato Anna.
- Che dici Cristina, non e' piu' carino il nostro servetto con un guinzaglio?
Cristina rispose – Si', decisamente. Sembra proprio un bel cagnolino – e scoppiarono a ridere.
Ancora una volta avevano trovato il modo per umiliarmi.
- Su Cristina – disse a un certo punto Gina – lascia che il nostro cagnolino si occupi un po' anche dei miei piedi – e cosi' dicendo ando' a sedersi su una sdraio vicino a quella di Cristina accavallando le sue meravigliose gambe e diede uno strattone con il guinzaglio per richiamarmi verso di se'.
- Non in ginocchio – mi disse Gina – mettiti a quattro zampe, come un cane. Ricorda: ogni volta che ti mettero' questo guinzaglio, tu dovrai comportarti proprio come un cane. Quindi forza, mettiti a quattro zampe, non si e' mai visto un cane che sta in ginocchio!
Mi misi quindi a quattro zampe e Cristina ne approfitto' subito per poggiarmi i piedi sopra la schiena.
- Adesso toglimi le scarpe – ordino' Gina.
La guardai con aria interrogativa. Come potevo toglierle le scarpe se dovevo rimanere a quattro zampe e non potevo usare le mani.
Cristina mi colpi' con un piede sul fianco e mi disse – E' possibile che non capisci mai niente?!?! Forza, usa i denti per slacciarle le scarpe. Bisogna sempre dirti tutto ... -
Protesi quindi il viso verso il piede di Gina e cercai di afferrare con i denti il laccio della scarpa da ginnastica. Tale operazione pero' non era affatto facile, inoltre Gina muoveva il piede su e giu', a destra e a sinistra, allontanandolo ogni volta che stavo per afferrarne il laccio della scarpa. - Forza, che fai? Non riesci ad afferrarlo? - mi canzonava mentre allontanava il piede, con Cristina che rideva divertita. Dopo un paio di minuti Gina mi consenti' di afferrarne il laccio, tirai con la mascella e riuscii a sciogliere il nodo. Dovetti poi usare ancora i denti per allentare i passanti. Ora pero' dovevo sfilarle la scarpa e non sapevo come fare. Fu Gina stessa che mi venne in aiuto sollevando un poco la gamba e mettendomi la parte posteriore della scarpa in bocca, dopodiche' sfilo' il piede dalla scarpa. Dovetti ripetere poi la stessa procedura per toglierle l'altra scarpa.
Una volta scalza (anche lei aveva indossato le scarpe da ginnastica senza calzini), sollevo' un piede e mi ordino' – Forza, leccalo. Un bravo cagnolino lecca sempre i piedi della sua padrona -
Io iniziai a passare la lingua sul suo piede sudato e odorante. A un tratto Gina mi ordino' di spalancare bene al bocca e non appena lo feci ci infilo' con decisione il piede dentro costringendomi ad aprire le mascelle fino al limite. - Forza, prosegui adesso - mi disse – voglio sentire bene la tua lingua fra le dita dei piedi!
Con buona parte del suo piede dentro la bocca, mossi la lingua per quanto potevo cercandola di passargliela in mezzo alle dita del piede, mentre lei mi osservava soddisfatta. Ogni tanto muoveva il piede provocando non poco dolore ai muscoli della bocca gia' indolenziti per la tensione. Con le mascelle spalancate la bava incomincio' a colare copiosamente.
- Ma guarda che cane bavoso che abbiamo – disse Gina dando un leggero strattone al guinzaglio.
- Gia', proprio un cane bavoso – disse Cristina scoppiando a ridere.
Sollevai lo sguardo e i miei occhi incrociarono quelli di Gina: in quel momento mi resi conto di quanto mi fossi sottomesso a lei e fino a che punto era riuscita ad umiliarmi. E questo era solo l'inizio.
Cinque minuti dopo, ritenendosi soddisfatta, Gina mi infilo' l'altro piede in bocca e dovetti ripetere lo stesso trattamento, con Cristina che si divertiva accarezzandomi la testa con un piede di tanto in tanto e facendo commenti canzonatori su quale bravo cagnolino io fossi.
Dopo essersi fatta rinfrescare abbondantemente anche l'altro piede, Gina me lo sfilo' dalla bocca. - Adesso ci vorrebbe proprio un bel massaggio - disse.
Io mi sollevai e le afferrai il piede con le mani per massaggiarglielo. Lei ritiro' immediatamente il piede e mi rifilo' un sonoro ceffone – Ma allora si proprio stupido! - mi disse – Che ti avevo detto?!?! Quando hai il guinzaglio devi comportarti come un cane! E un cane non usa le mani! Saro' io a massaggiarmi i piedi su di te! Forza sdraiati a pancia in su con la testa sotto di me! - mi ordino'.
Io prontamente rotolai a terra mettendomi a con la pancia rivolta verso l'alto.
- Solleva le gambe e le braccia – disse ancora Gina – proprio come stanno i cani quando si rotolano per terra. - e cosi' io feci. Gina mi pianto' quindi un piede sul petto e l'altro sulla faccia e inizio a strofinarli sopra il mio corpo. Con quel movimento massaggiava le piante dei piedi su di me e al tempo stesso scioglieva i muscoli delle gambe affaticati dalla corsa.
Cristina scoppio' a ridere divertita dalla scena – Che bella trovata hai avuto Gina. Lo sai, anch'io voglio provare questo tipo di massaggio – e cosi' dicendo appoggio' i piedi sui miei genitali. Per me fu una vera tortura: Gina mi premeva coi suoi piedi sul viso e sul petto, solleticandomi talvolta con un piede sul fianco, mentre Cristina con un piede mi premeva sui testicoli (causandomi un dolore leggero ma costante) mentre con l'altro strusciava sul mio pene imprigionato provocandone l'erezione che veniva pero' soffocata dal gabbiotto della cintura di castità. Il tutto con i loro continui commenti canzonatori - Su cagnolino, muovi le zampette, fai vedere alle tue padroncine come sei contento di stare ai loro piedi – dicevano scoppiando a ridere fragorosamente.
Passò credo una decina di minuti, che a me parvero un'eternità, dopodiché arrivò Anna che chiese - Signora Gina, mi scusi se la disturbo, volevo sapere a che ora desiderate pranzare.
- No Anna, non disturbi, avevamo finito. Puoi preparare il pranzo per l'una, così io e Cristina avremo tutto il tempo per farci una bella doccia.
- Come desidera, Signora Gina.
Anna stava per rientrare in casa quando Gina la chiamò – Scusami Anna, ancora una cosa: occupati tu di questo cagnolino nel frattempo. – le disse porgendole il guinzaglio – Puoi divertirti un po' con lui, ma mi raccomando, non lo stancare troppo, non siamo nemmeno a metà giornata – e si mise a ridere insieme a Cristina.
- Con grande piacere, la ringrazio Signora Gina. Non si preoccupi, non lo stancherò troppo. - Rispose Anna sorridendo divertita.
Le due Signore si incamminarono nella casa mano nella mano, lasciando le scarpe sul prato.
Anna mi disse – Non vedi che le Signore hanno lasciato le scarpe sul prato? Su, da bravo, portagliele fuori dalla porta.
Io mi alzai e feci per prenderle con le mani allorche' Anna diede uno strattone al guinzaglio e disse – Come? Non ti ricordi cosa ha detto la signora Gina? Quando hai il guinzaglio devi comportati come un cane. Forza quindi, mettiti a quattro zampe e da bravo cagnolino raccogli le scarpe con la bocca.
- Ma Anna ... – cercai di dire
Anna mi ammollo' un calcio e disse piuttosto irata – I cani non parlano! Fai come ti ho detto, mettiti a quattro zampe e prendi le scarpe con la bocca! Non farmi perdere la pazienza, altrimenti riferiro' tutto alla signora Gina!
La reazione di Anna mi colse di sorpresa. Era sempre stata cosi' gentile fino a quel momento e ora mi sembrava trasformata, come se il guinzaglio passatogli da Gina l'avesse fatta diventare un padrona sadica e severa.
Onde evitare problemi, feci come mi aveva detto, mi misi nuovamente a quattro zampe e andai con la bocca a raccogliere una scarpa. - Bene, vedo che hai capito – disse Anna - Su, ora, da bravo cagnolino, porta la scarpa sul pianerottolo e mettila all'uscita della porta.
A quattro zampe e con la scarpa in bocca camminai fino al pianerottolo con Anna che mi seguiva tenendomi al guinzaglio. Un'ulteriore umiliazione che Gina aveva trovato modo di infliggermi.
Ripetei lo stesso con le altre tre scarpe, con Anna che, divertita, mi dava le indicazioni parlandomi come si quando parla ad un cane.
Dopo aver posato la quarta scarpa, Anna disse – Pero' non possiamo lasciare le scarpe delle Signore cosi' sporche – e cosi' dicendo prese una delle scarpe da ginnastica e mi porse la suola davanti al viso. - Forza, lecca! - ordino' – Pulisci bene la scarpa della Signora Gina!
E' inutile dire che dovetti tirare fuori la lingua e leccare completamente la suola della scarpa rimuovendo tutti i piccoli pezzetti di terra che vi erano rimasti incastrati. Una volta pulite le scarpe della Signora Gina, dovetti naturalmente applicarmi a quelle della Signora Cristina sotto gli incitamenti canzonatori di Anna..
Terminato di pulire la quarta scarpa, guardai Anna. Stavo letteralmente morendo di sete e avevo la bocca completamente asciutta, visto che tutta la saliva l'aveva dovuta usare per l'operazione di pulitura Presi coraggio e dissi – Ti prego Anna, ho sete. Consentimi bere qualcosa.
Anna mi fisso' per un attimo e poi disse – E cosi' il cagnolino ha sete ... Ma i cani non parlano. Se vuoi avere qualcosa da bere, devi chiedermelo come lo farebbe un bravo cane. Forza abbaia!
Cercai di abbaiare al meglio che potei – Wow! Wow! - emisi cercando di simulare il latrato di un cane.
Anna si mise a ridere e disse – Forza adesso tira fuori la lingua e respira affannosamente come fanno i cani quando vogliono qualcosa!
Tirai fuori la lingua e mi misi ad ansimare.
- Bene, abbaia di nuovo adesso – fece Anna
E mi rimisi ad abbaiare. Dovetti sottostare a quel gioco per un paio di minuti, alternando latrati a guaiti per il divertimento di quella ragazza che stava mostrando sempre di piu' il suo lato sadico e dominante.
Infine, ridendo divertita, mi disse – Va bene, sei stato bravo. Adesso rimani qui a cuccia che la tua padroncina Anna ti porta qualcosa da bere. - Detto cio', lego' il guinzaglio ad un gancetto che stava sul muro vicino alla porta ed entro' in casa.
Dopo circa un minuto la porta si apri' ed usci' Anna: teneva in mano una ciotola piena d'acqua che depose per terra, ai suoi piedi.
- Forza cagnolino, ora bevi tutta l'acqua dalla ciotola.
Compresi subito cosa dovevo fare. Mi chinai con il capo e iniziai a sorseggiare l'acqua nella ciotola, proprio come fanno i cani. Di Anna non riuscivo a vedere il volto, solo i piedi, che stavano in prossimita' della ciotola, tuttavia ero sicuro che mi stava osservando divertita.
Dopo un po' mi fermai per riprendere fiato e Anna disse – Su dai, cagnolino. Bevi tutta l'acqua. - e cosi' dicendo poggio' un piede sopra la mia nuca spingendomi il viso verso la ciotola. Fui costretto a bere l'acqua che ancora rimaneva nella ciotola di getto per poter respirare, ma inevitabilmente un po' me ne ando' di traverso e diedi diversi colpi di tosse che causarono le risate della ragazza. Il suo sadismo non sembrava inferiore a quello di Gina e Cristina.
- Bene – prosegui' poi Anna riprendendo il guinzaglio in mano.– ora che ti sei rifocillato, leccami le scarpe! - e cosi' dicendo, sollevo' la punta di un piede in modo da porgermi la suola della scarpa. In silenzio tirai fuori la lingua e iniziai a leccare la suola della scarpa. – Bravo cagnolino – mi diceva Anna – Le mie scarpe si sono un po' sporcate. Su, puliscimele come si deve. Fai contenta la tua padroncina.
Terminato di leccare la suola, Anna sollevo' il piede e mi infilo' il tacco della scarpa in bocca – Bene, adesso puliscimi il tacco. Mi raccomando, voglio vedrelo brillare.- e cosi', con il tacco della scarpa completamente infilato in bocca, ebbi non poche difficolta' a muovere la lingua per lucidarglielo.
Ovviamente, dovetti ripetere il trattamento per l'altra scarpa, sotto il suo sguardo severo. Una volta che anche la seconda scarpa fu completamente pulita, mi guardo' con un sorriso beffardo e disse – Forza, abbaia!
E io abbaiai, come mi era stato ordinato. Anna scoppio' in una fragorosa risata e mi guardo' con aria trionfante: ero diventato il suo cagnolino.
- Bene – mi disse togliendomi il guinzaglio – Hai quindici minuti per rivestirti, andare nella tua stanza e darti una rinfrescata. Poi fatti trovare in salone mettendoti in ginocchio di fronte al tavolo.
Poi si giro' e rientro in casa lasciandomi li' sul pianerottolo.
Ora che anche Anna aveva rivelato la sua vera natura, mi chiesi cosa mai potevo ancora aspettarmi ...

(to be continued)
view post Posted: 23/1/2011, 22:18     La mia vecchia compagna di classe - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Ciao a tutti,

viste le richieste, vado col seguito della storia.

x Mephistophele: certamente, se hai dei suggerimenti o idee da darmi sono ben accetti.

x Mezzasega: certo, anche i contributi sono regolarmente pagati, ma non so se Sergio arriverà alla pensione ...

E proseguiamo con il racconto.



PARTE SECONDA

Quella notte non riuscii a prender sonno facilmente. Tanti confusi pensieri frullavano nella mia testa: che cosa mi aspettava? Visto quello che era accaduto dopo il primo incontro, non presagivo nulla di buono. In che guaio mi ero andato mai a cacciare? Quali altre umiliazioni mi avrebbe fatto subire Gina? Quanto avrei potuto sopportare tale situazione?
Per un momento pensai di mollare tutto e non presentarmi l’indomani, poi riflettei e mi dissi che ormai mi ero messo in gioco e sarebbe stato sciocco abbandonare, dopo aver con tanta difficolta’ superato la “prova”. Per quanto duro avrebbe potuto essere il lavoro in fin dei conti avrebbe risolto i miei problemi economici e soprattutto in quel momento non avevo proprio alternative. Presi pertanto la risoluzione di andare e di prestare servizio presso Gina; poi, se le cose avessero preso una brutta piega, avrei potuto sempre chiamarmi fuori.
Alle 6:30 del mattino suono’ la sveglia e, sebbene non fossi del tutto riposato, mi alzai subito per prepararmi e prendere i minimi effetti personali; non volevo certo presentarmi in ritardo, chissa’ cosa mi sarebbe toccato subire altrimenti.
Alle 8 meno 10 ero davanti alla villa di Gina e suonai al citofono. Riconobbi subito la voce di Anna che mi disse di entrare. Mi accolse alla porta con sorriso piuttosto malizioso e, dopo avermi fatto entrare, mi condusse lungo una scaletta che scendeva in una sorta di scantinato fino a condurmi in una stanza decisamente spartana: un letto, un armadio e una porticina che dava su un bagno piuttosto piccolo. Sul letto si trovava un completo da uomo di color blu scuro.
- Ecco – disse Anna – questa e’ la stanza dove dormirai, e questa e’ la divisa che dovrai portare quando sarai in servizio. – Osservai la stanza piuttosto incuriosito, non pensavo che la villa avesse un piano sotterraneo.
- Adesso ti spiego un paio di regole che dovrai sempre seguire:
Per prima cosa, devi usare sempre con l’appellativo ‘Signora’: ‘Signora Gina’, ‘Signora Cristina’ e dare del Lei alle signore.
Dovrai eseguire alla lettera ogni ordine che ti verra’ impartito dalla Signora Gina cosi’ come dalla Signora Cristina.
Non dovrai parlare se non quando ti verranno rivolte delle domande o verrai autorizzato a farlo.
Dovrai essere pronto ogni mattina alle 8:00 in punto e farti trovare nel salone grande dove sei stato l’altra volta, salvo diversa disposizione da parte delle Signore.
A me potrai rivolgerti dando del tu e chiamandomi semplicemente Anna, ma ti consiglio di mostrare sempre deferenza nei miei confronti, in quanto ho una certa influenza sulla Signora Gina e se mi contrariassi potrai poi pagarne le conseguenze.
Per il resto poi non c’e’ molto da dire, i servizi che dovrai prestare ti verranno indicato di volta in volta dalle Signore -
- Va bene, Anna – risposi – seguiro’ le tue indicazioni.
- Bene, adesso spogliati e mettiti la divisa che sta sul letto.
Mi accinsi a togliermi la camicia, ma poi, preso dal pudore, guardai Anna, non volevo spogliarmi di fronte a lei. La graziosa ragazza capi’ al volo le ragioni della mia titubanza e disse – Forza, spogliati e indossa la divisa. All’eta’ tua non avrai mica problemi a spogliarti di fronte a una donna? –
- Ehm, no – dissi io un po’ imbarazzato.
- Bene, lo spero per te, altrimenti non avrai vita facile qui – disse con un sorriso molto malizioso. Mi chiesi a cosa mai alludeva.
Come indicatomi mi tolsi camicia e pantaloni e indossai la divisa che mi calzava a pennello sotto lo sguardo, piuttosto divertito invero, di Anna.
- Ah, dimenticavo – aggiunse – dovrai indossare sempre questo – e cosi’ dicendo ando’ all’armadio e tiro’ fuori un oggetto che getto’ sul letto. Era un collare, come quelli che si mettono ai cani, con tanto di anello per agganciarvi un guinzaglio.
- Ma … cosa? – dissi incredulo
- Poche discussioni – disse perentoriamente Anna – indossa questo collare altrimenti e’ meglio che cambi aria subito.
Presi allora il collare e me lo misi intorno al collo, stringendo opportunamente la cinghia.
- Bene, adesso seguimi – disse Anna – ora si incomincia.
Seguii Anna fino al salone grande dove il tavolo era gia’ imbandito abbondantemente per la colazione.
- Ora aspetta qui. – disse Anna – Le signore arriveranno tra poco – e detto cio’ se ne ando’ lasciandomi solo nella stanza.
Rimasi fermo in attesa. Nel frattempo continuavo a chiedermi in che razza di situazione mi ero andato a ficcare. Dovevo pernottare li’, obbedire alla lettera agli ordini delle ‘Signore’ … e il collare poi? Questa era veramente una cosa assurda! Tuttavia cercai di mettermi in testa dovevo fare tutto quel che mi dicevano, non importa quanto umiliante poteva essere il compito. Mi promisi di resistere almeno per un giorno, poi, se fosse stata troppo duro, me ne sarei andato. D’altronde non avevo firmato nessun contratto.
Passo un bel po’ di tempo, credo 20 o 30 minuti, prima che udii dei passi che si avvicinavano. La porta si apri’: era Gina. Indossava una splendida vestaglia da notte di seta molto variopinta, l’abito era corto e faceva vedere le sue splendide gambe. Ai piedi indossava dei zoccoletti con tacco alto molto rifiniti che risaltavano in modo perfetto i suoi stupendi piedi. Non potei non notare lo smalto rosso acceso che il giorno prima ero stato costretto a passare per superare la prova.
Mi squadro’ da capo a piedi e disse sorridendo – Ma bene, oggi e’ il primo giorno di servizio per il nostro Sergio. Voglio proprio vedere come se la cava. – Poi aggiunse con tono autoritario – Inginocchiati e mettiti con la fronte a terra!
Rimasi spiazzato da quell’ordine cosi’ perentorio. Ma ricordandomi delle indicazioni di Anna, obbedii senza fiatare e mi prostrai in ginocchio con la fronte a terra.
Sentii i suoi passi avvicinarmi e poi un piede mi fu poggiato sulla testa. – Bene – disse Gina – mi piace questa posizione. D’ora in poi dovrai attendermi ogni mattina in questo modo: in ginocchio e con la fronte a terra. E rimarrai cosi’ fino a che non te lo diro’. Hai capito?
- Si’, Signora Gina – risposi io.
Gina strofino’ lo zoccolo sulla mia testa calcando un pochino, come se volesse farmi capire chi era a comandare. Poi lo tolse e disse – Ora dà il buongiorno alla tua Signora: baciami i piedi.
Obbedii’ e poggiai le mi labbra sul collo del suo piede.
- No – disse Gina – non ci siamo. Dai un bel bacio come si deve, voglio sentire lo schiocco delle labbra.
Feci schioccare le labbra come ordinatomi.
- Bene, cosi’ anche su ciascun dito del piede – ordino’ Gina
Baciai facendo schioccare le labbra su tutte e cinque le dita del piede. Dopidiche’ Gina ritrasse il piede e mi porse l’altro. Senza che ci fu bisogno che impartisse ordini, ripetei la medesima procedura.
- Bene, disse Gina. Vedo che capisci al volo. Penso proprio che ci darai tante soddisfazioni. Adesso seguimi – e si diresse verso il tavolo per la colazione. Io mi rialzai e la seguii.
Gina si sedette, mi guardo’ e mi disse – No mio caro, non cosi’. Dovevi seguirmi a quattro zampe, come il cane che sei. Adesso ritorna dove ti trovavi e vieni qui a quattro zampe.
In silenzio tornai indietro, mi misi a quattro zampe e la raggiunsi fino al tavolo. Gina mi guardo’ soddisfatta. Nel frattempo era entrata Anna che portava la caraffa con il caffe’ caldo; anche lei assistette alla scena sorridendo.
- Adesso sdraiati con la schiena a terra sotto il tavolo.
Io prontamente eseguii.
- No, non cosi’ – disse Gina – la testa deve essere rivolta’ verso la mia sedia.
Da terra mi girai in modo da mettermi nella posizione ordinata. Da li’ potevo ammirare le splendide gambe di Gina. Ma quella vista ebbe breve durata: Gina si tolse gli zoccoli, poggio’ i suoi piedi sulla mia faccia e io non potei piu’ vedere nulla.
Dopo qualche minuto, con i piedi di Gina sempre poggiati sulla mia faccia, udii’ la porta aprirsi e dei passi avvicinarsi al tavolo.
- Buongiorno Cristina – disse Gina.
- Ciao Gina – rispose Cristina con voce un po’ roca, probabilmente si era svegliata da poco. – Dov’e’ il nostro servo? Non doveva incominciare oggi?
- Certo, Cristina – fece Gina – E’ gia’ in servizio.
- Dov’e’ allora? Non lo vedo.
- Mi sa che ancora non ti sei svegliata bene, ma ti capisco, abbiamo passato una notte meravigliosa … Comunque guarda bene, e’ qui vicino. – Disse Gina in modo canzonatorio.
- Dove? Non lo vedo proprio.
- Guarda sotto il tavolo. Mi sta facendo da poggiapiedi.
Cristina scoppio’ a ridere – Vedo che hai gia’ incominciato a usarlo come si deve. Bene, sono sicura che ci divertiremo proprio. – E cosi’ dicendo ando’ a sedersi al posto di fronte a Gina poggiano i piedi nudi proprio sui miei genitali. Come naturale reazione piegai le gambe.
- Cosa fai deficiente? – Disse Cristina irritata – Tieni le gambe a terra – e premette con forza con i piedi sul mio pacco provocandomi non poco dolore. Onde evitare ulteriori problemi distesi le gambe come ordinatomi.
Passarono diversi minuti, in cui le Signore fecero tranquillamente colazione con me disteso sotto i loro piedi. Dopo un po’ Cristina incomincio’ a strofinare il piede sul mio pacco: nonostante la situazione umiliante, quel movimento provoco’ ben presto in me un’erezione che non potei controllare.
- Oh, ma cosa sento – disse Cristina con voce canzonatoria – il nostro servetto non riesce a controllarsi ...
- Cosa c’e’ Cristina? – chiese Gina.
- A quanto pare il nostro servo non riesce a dominare i suoi istinti – rispose Cristina continuando a strofinare con il piede – Pensa, ho appena strofinato un poco il mio piede sul suo pacco, e gli e’ gia’ diventato duro!
- Vorra’ dire che gli correggeremo questo suo deprecabile comportamento – disse Gina – E tu sai bene come … - ed entrambe scoppiarono in una fragorosa risata. Mi chiedevo cosa mai avessero in mente.
Le Signore terminarono la colazione, con Cristina che di tanto in tanto continuava a strofinare col piede sui miei genitali.
Gina tolse i piedi dalla mia faccia e mi ordino' di uscire da sotto il tavolo e di mettermi in ginocchio di fronte a loro. Cosa che eseguii rapidamente.
- Bene – fece Gina – dai il buongiorno alla mia amica Cristina come ti ho insegnato.
Mi chinai e baciai un piede di Cristina facendo schioccare le labbra, e poi diedi un bacio su ciascuna delle dita, con Cristina che rideva divertita e, mentre mi protendeva l’altro piede affinche’ omaggiassi anche quello disse – Sai Gina, vedo che lo stai addestrando proprio bene il servetto!
- Non siamo che all’inizio – fece Gina - C’e’ ancora tanto lavoro da fare. Ma in questo ci dara’ un mano anche Anna. – Cosi’ dicendo suono il campanellino e dopo pochi istanti Anna entro’ nuovamente in stanza.
- Si’, Signora Gina?
- Anna, dobbiamo preparare il servo. Porta l’occorrente per favore.
- Subito Signora – e lascio’ la stanza.
Cosa intendeva dire per “preparare” il servo? Cosa aveva in mente Gina?
Gina si rivolse poi a me – Ora spogliati.
Rimasi un attimo interdetto.
- Cosa aspetti? Sbrigati, non farmi perdere la pazienza. Quando ti do' un ordine tu devi eseguirlo subito.
Non volevo farla arrabbiare e quindi mi alzai per spogliarmi.
- Chi ti ha detto di poterti alzare?!?! – intervenne bruscamente Cristina – Spogliati rimanendo a terra.
Intimorito, mi rimisi in ginocchio e mi tolsi la camicia rimanendo a petto nudo. Poi mi sedetti e mi tolsi le scarpe, infine mi dovetti contorcere non poco per terra per potermi togliere i pantaloni, il tutto sotto lo sguardo divertito delle due Signore e anche di Anna che nel frattempo era rientrata in stanza con una borsetta. Una volta in mutande e mi rimisi in ginocchio.
- Ma allora sei proprio un idiota!!! – disse Cristina irritata – Ti e' stato detto di spogliarti. Perche’ hai ancora indosso le mutande? – E cosi’ dicendo si alzo’ e mi diede un ceffone sonoro in faccia. – Forza togliti le mutande, devi rimanere completamente nudo! – Il tutto sotto lo sguardo impassibile di Gina.
Stupito da quella reazione, mi risedei a terra e mi tolsi le mutande. Ritornai quindi in ginocchio. Ero completamente nudo (a parte il collare che avevo ancora intorno al collo) al loro cospetto.
- Bene, adesso alzati, divarica le gambe e metti le mani sopra la testa – ordino’ Gina.
Feci come mi era stato ordinato.
Cristina mi squadro’ fondo e disse – Pero’, mi sembrava piu’ dotato prima quando giocavo con i suoi genitali. Invece ce l’ha piuttosto piccolo.
In effetti non sono mai stato particolarmente dotato.
- Hai ragione, Cristina. Ce l’ha veramente piccolo. E pensare che a scuola invece faceva sempre il macho … Comunque, poco importa, imparera’ a farci divertire in qualche altro modo … - e scoppiarono a ridere fragorosamente.
Mi sentivo veramente umiliato.
- Anna – fece poi Gina rivolgendosi alla sua assistente – puoi procedere: prepara il servo.
Anna apri’ la borsetta e tiro’ fuori una bomboletta con schiuma da barba. Si avvicino’ a me e mi spruzzo’ la schiuma sul petto. Poi torno’ alla borsetta, tiro’ fuori un rasoio, come quelli che usano barbieri, e ritorno’ verso di me.
In un attimo compresi quel che avevano intenzione di fare: volevano depilarmi il corpo. Involontariamente feci un passo indietro.
- Non aver paura – disse Gina – Anna ci sa fare. Vedrai, non ti succedera’ niente. Purche’ resti fermo – e si mise a ridere insieme alla sua amica.
Feci un profondo respiro e mi rimisi in posizione con le gambe divaricate e le mani sopra la testa. Anna inizio’ pian piano a passare il rasoio sul petto togliendomi i peli, mentre io la guardavo con timore.
Comunque Gina aveva ragione: Anna ci sapeva veramente fare. Passo’ il rasoio con delicatezza togliendo ogni pelo dal mio petto senza farmi il minimo graffio.
Anna mi disse poi di voltarmi, passo’ la schiuma lungo la mia schiena e inizio a depilarmi anche il dorso. Dopo qualche minuto anche la schiena fu completamente depilata. Anna mi fece girare di nuovo e mi passo’ la schiuma sulle gambe e si mise al lavoro. Gina e Cristina seguivano la scena divertite e di tanto in tanto facevano dei commenti canzonatori.
Ben presto anche le gambe furono depilate.
- E ora inizia il divertimento – disse Anna e cosi’ dicendo mi passo’ la schiuma intorno ai genitali. Dio mio, aveva veramente intenzione di depilarmi i genitali?!?! Quasi senza volerlo feci nuovamente un passo indietro. – Stai fermo – disse Anna – se ti muovi rischi che ti taglio.
Feci un altro profondo respiro e mi rimisi in posizione. Stavolta pero’ chiusi gli occhi: preferivo non vedere, altrimenti mi sarei potuto spaventare e avrei potuto fare qualche movimento brusco.
Anna pero’ era davvero brava e mi depilo’ intorno ai genitali senza provocarmi il minimo graffio, probabilmente aveva esperienza con quel tipo di lavoro. Quando termino’, aprii gli occhi e tirai un bel sospiro di sollievo.
- Non ho ancora terminato – disse Anna sorridendomi – Il bello deve ancora venire – e si diresse nuovamente verso la borsetta. Gina e Cristina sorridevano, probabilmente non era la prima volta che assistevano ad un simile spettacolo e stavano gia’ pregustandosi la scena successiva.
Anna torno’ verso di me con delle pinzette in mano. Si inginocchio’ di fronte a me, con una mano mi afferro’ la punta del pene e me la sollevo’ verso l’altro in modo che i testicoli fossero ben esposti, poi con l’altra mano, che teneva le pinzette, inizio’ a staccarmi uno ad uno i peli che erano rimasti sui testicoli. Ogni pelo staccato mi provocava un piccola fitta di dolore che molto spesso mi faceva sobbalzare. – Stai fermo – mi ripeteva Anna – se ti muovi e’ peggio. - Gina e Cristina ridevano divertite vedendo le smorfie di dolore che comparivano sul mio volto ad ogni pelo che veniva staccato.
Per Anna fu invece un vero e proprio divertimento, ogni volta che mi staccava un pelo un’espressione di piacere appariva sul suo volto. Sembrava godesse in quel che stava facendo. Inoltre, mentre mi staccava i peli dai testicoli, muoveva lentamente la mano con cui mi teneva il pene in modo da eccitarmi e provocarmi un’erezione. Era una sensazione che non avevo mai provato: soffrivo ogni volta che un pelo mi veniva staccato, ma ero al tempo stesso eccitato dal sapiente movimento della mano di Anna. La ragazza era terribilmente esperta: muoveva la mano lentamente in modo da mantenere il mio pene in erezione senza pero’ farmi raggiungere l’orgasmo: ogni volta che la mia eccitazione saliva, ecco che veniva staccato un pelo e provavo nuovamente dolore. Per me fu una vera e propria tortura che duro' almeno un quarto d’ora, mentre le signore ridevano divertite.
Quando tutti i peli furono staccati, Anna interruppe anche il “trattamento” con l’altra mano e si rialzo’ lasciandomi nudo, a gambe aperte e in piena erezione.
- Molto bene, Anna: hai fatto un ottimo lavoro. Ci siamo veramente divertite. Presto avrai la ricompensa che meriti … - disse Gina strizzandole l’occhio.
- Grazie, Signora Gina. E’ stato un vero piacere. – rispose Anna che si diresse nuovamente verso la borsetta per riprovi le pinze e poi lascio’ la stanza.
Ero di nuovo solo con le due Signore, nudo, con le gambe aperte e il pene in erezione grazie allo speciale trattamento di Anna.
Cristina si alzo e’ si diresse verso di me – Che ti dicevo Gina? Il nostro servetto non sa proprio controllare i suoi istinti animaleschi. Guarda ha di nuovo il pisellino duro –
- Hai ragione Cristina, dobbiamo insegnargli noi le buone maniere. Non sta affatto bene che si presenti in questo stato di fronte a noi. E’ ora di incominciare a fargli capire come ci si comporta. Lascio a te il compito, Cristina.
- Grazie Gina, sai quanto mi piace addestrare i servi – rispose Cristina e improvvisamente mi sferro’ un calcio sui testicoli che mi fece accasciare a terra.
Mentre mi contorcevo al suolo gemendo per il dolore, Cristina mi poggio’ un piede in testa e disse – Vedi cosa succede a comportarsi male? Adesso, per farti perdonare, leccami i piedi.
Sempre a terra dolorante, mi feci forza, tirai fuori la lingua e iniziai a leccare il piede di Cristina che soddisfatta disse – Sai Gina, devo ammettere che pur se manca di buone maniere, con la lingua ci sa fare il servetto. Credo proprio che ci divertiremo parecchio con lui.
- Si’ Cristina, lo penso anch’io. Sono sicura che il nostro bravo servetto ci dara’ un sacco di soddisfazioni, pero' adesso dobbiamo correggergli una volta per tutte questo suo terribile vizio di eccitarsi.- e cosi' dicendo suono nuovamente il campanellino e Anna entro' di nuovo nella stanza.
- Si' Signora Gina?
- Anna, il servo non riesce a dominare i suoi istinti. Porta l'occorrente.
- Subito, Signora Gina – e scomparve.
Cosa intendeva dire con “porta l'occorrente”? Che diavoleria aveva mai in mente quella pazza? Facendo queste riflessioni mi fermai un attimo nel leccare i piedi di Cristina che, irritata, mi diede un calcetto sulla faccia dicendomi – Chi ti ha detto di fermarti, cane? Forza continua a leccarmi i piedi fino a che non ti dico basta!
Ripresi immediatamente a leccarle i piedi. Cristina aveva dato prova di essere una persona facilmente irritabile e in quel momento non era proprio il caso di contrariarla.
Dopo un paio di minuti Anna entro' nuovamente in stanza tenendo uno strano oggetto in mano che pero' non riuscii a vedere bene in mano in quanto a terra intento a leccare i piedi di Cristina.
Dopo che ebbi terminato di leccare i piedi della sua amica, Gina mi ordino di alzarmi nuovamente e di rimettermi con le gambe divaricate, le mani sopra la testa e gli occhi chiusi. Obbedii.
- Procedi pure, Anna – disse Gina.
- Subito, Signora Gina – rispose la ragazza.
Sentii che il mio pene, ormai di nuovo afflosciato in seguito al devastante calcio di Cristina, veniva afferrato dalle sue mani e che qualcosa di rigido gli veniva applicato. A un certo punto senti un 'click', come quello di una serratura che scatta.
- Puoi aprire gli occhi adesso – disse Gina.
Non appena aprii gli occhi vidi subito che una sorta di gabbiotto di plastica stava intorno al mio pene, era un poco ricurvo e costringeva il mio pene ad essere rivolto verso il basso. A questo gabbiotto vi era attaccato un lucchetto chiuso che ne impediva la rimozione.
Anna diede una chiavetta a Gina ed una a Cristina.
- Vedi, mio caro servetto – disse Gina – Quel che hai indosso e' una cintura di castita' maschile. Essa ti consentira' di usare il tuo inutile pisellino per i bisogni fisiologici ma ti impedira' di avere erezioni.
- All'inizio soffrirai un poco – aggiunse Cristina andando con le dita a tamburellare sul gabbiotto che mi teneva imprigionato il pene, ma presto ti ci abituerai. Solo Gina ed io possediamo le chiavi del lucchetto e il tuo piccolo pisellino resterà là intrappolato fino a che non lo decidiamo noi. E' inutile che provi a romperla, rischieresti solo di danneggiarne il contenuto ... - e scoppiò a ridere.
Non potevo crederci: mi era stato messo un congegno che mi teneva intrappolato il pene impedendomi di avere la benche' minima erezione.
- D'altronde la colpa è solamente tua – fece Gina – se fossi stato capace di controllare i tuoi istinti come si conviene a un bravo servo, questo provvedimento non sarebbe stato necessario. Tuttavia se col tempo dimostrerai di aver imparato la lezione e ci servirai bene, chissà che ogni tanto non ti venga concesso il privilegio di poter liberare il tuo pisellino ... - ed entrambe scoppiarono in una nuova fragorosa risata davanti alla mia espressione incredula. Anche Anna sorrideva divertita.
Poi Gina mi ordino'- Ora baciami nuovamente i piedi come ringraziamento per l'educazione che stiamo cercando di impartirti.
Ancora non del tutto cosciente della situazione mi inginocchiai e iniziai a baciarle i piedi, mentre Cristina mi poggio' un piede sulla schiena.
Dopo un paio di minuti Gina disse – Adesso rimettiti la divisa e pulisci il pavimento da tutti i tuoi peli. – Poi rivolgendosi a Cristina – Dai Cristina ora andiamo. Ricordi? Oggi dobbiamo andare a fare un po’ di jogging. Ci pensera’ Anna a tenerlo occupato fino al nostro ritorno.
- Uff, Gina. Proprio ora che mi stavo divertendo …
- Non preoccuparti Cristina, ti assicuro che il divertimento non ci manchera’, ma oggi e’ il suo primo giorno, diamogli un po’ di tempo per abituarsi.
- Hai ragione Gina, andiamo a correre, cosi’ ci verra’ in mente qualche altro gioco …
Scoppiarono entrambe a ridere e se ne andarono. Ancora un po’ frastornato per quanto accaduto, mi rialzai in piedi e mi rivestii. Sotto lo sguardo divertito di Anna, iniziai quindi a raccogliere tutti i miei peli che erano sul pavimento chiedendomi cosa ancora mi aspettava …

(to be continued)
view post Posted: 20/1/2011, 17:07     La mia vecchia compagna di classe - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Ciao a tutti,

sto scrivendo un racconto e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.
Ecco la prima parte:

LA MIA VECCHIA COMPAGNA DI CLASSE


PARTE PRIMA

Avevo perso il lavoro da un mese: non mi era stato rinnovato il contratto a tempo determinato, tutta colpa della maledetta crisi economica. Avevo inviato curricula su curricula a tutte le aziende possibili e immaginabili, ma senza alcun risultato. Con il mutuo da pagare e il conto in banca da tempo in rosso la situazione era veramente drammatica e i pochi lavori saltuari che riuscivo a rimediare bastavano a mala pena a coprire i costi per il mio sostentamento, e per fortuna che non avevo famiglia. Fu cosi’ che, al culmine della disperazione, decisi di rivolgermi a Gina, una mia vecchia compagna di classe ai tempi del liceo.
Gina era di famiglia benestante e suo padre gestiva una grossa impresa, forse avrebbe potuto aiutarmi. In realta’ non ero contento di dovermi rivolgere a lei, era sempre stata una ragazza altezzosa e superba, guardava sempre tutti con aria di superiorita’ e con lei non avevo mai avuto un buon rapporto: era sicuramente la ragazza piu’ bella e piu’ ricca della classe e trattava tutti gli altri con disprezzo. Un giorno le avevo detto chiaramente quel che pensavo di lei: che era solo una stronzetta figlia di papa’ e che la sua ricchezza non le dava il diritto di sentirsi superiore agli altri. Da quel giorno non ci eravamo mai piu’ rivolti la parola. Ed erano passati piu’ di dieci anni.
Era l’ultima persona a cui avrei voluto rivolgermi, ma la situazione disperata mi diede la motivazione necessaria a comporre il numero di telefono che ero riuscito a rimediare da un’altra nostra ex-compagna di classe che aveva mantenuto i contatti con lei.
Dall’altra parte una voce gelida e decisa rispose:
- Pronto, chi parla?
- Ehm, ciao Gina sono Sergio, il tuo vecchio compagno di classe ai tempi del liceo, ti ricordi?
Dopo qualche secondo di silenzio.
- Si’, mi ricordo bene, eri quello che mi aveva definito un “stronzetta figlia di papa’”.
Certo che aveva buona memoria ...
- Beh ... sai a volte si dicono cose che non si vorrebbero dire quando si e’ ragazzi. Spero che tu non mi serba rancore ...
- Dimmi che cosa vuoi, non ho tempo da perdere.
Il suo tono secco e deciso mi mise un poco in difficolta’.
- Ehm, vedi Gina ... mi dispiace di chiamarti cosi’ dopo tanto tempo, il fatto e’ che ultimamente le cose non mi vanno tanto bene, sono senza lavoro e avevo pensato che magari tu … forse … potevi forse aiutarmi. Se ben ricordo tuo padre gestiva una grossa impresa e forse potrebbe aiutarmi a trovari un impiego, anche temporaneo ...
Lei rispose in modo sprezzante.
- Certo che hai una bella faccia tosta a chiamarmi dopo tanti anni e chiedermi un favore come se nulla fosse.
Era sempre la solita stronza. Purtroppo pero’ dovevo mettere da parte l’orgoglio e ingoiare il rospo.
- Si’, hai ragione. Ti prego di scusarmi. Ma credimi, ho veramente bisogno di trovare un impiego, sono disperato!
- E speri che io ti aiuti? Perche’ mai dovrei farlo?
- Ti supplico, Gina.
Dopo alcuni interminabili secondi di silenzio
- Mi supplichi? Questa non e’ cosa da farsi al telefono. Presentati a casa mia oggi pomeriggio alle 4. Abito in una villa poco fuori citta’ in via .... La’ potrai supplicarmi come si deve.
Detto cio’ riattacco’ di colpo. Che cosa intendeva dire con “La’ potrai supplicarmi come si deve”? Il suo tono di voce secco non lasciava presagire nulla di buono, tuttavia era pur sempre una possibilita’ e al momento non avevo proprio alternative.
Alle 16 in punto mi presentai all’indirizzo indicatomi. Mi trovai di fronte al cancello di una lussuosa villa, con un grande giardino e un bella piscina. I soldi non dovevano mancarle proprio.
Suonai al citofono e mi annunciai.
Mi fu aperto il cancello e mi incamminai per il vialetto verso la porta d’ingresso. La porta mi fu aperta da una giovane donna sui 22-23 anni, dai capelli lunghi ondulati castano scuri. Era una ragazza piuttosto carina.
- Tu sei Sergio? – mi disse
- Si’ sono io.
- Bene, la Signora Gina l’aspetta in salotto. Seguimi.
La seguii per un lungo corridoio raffinatamente ammobiliato e pieno di oggetti che sembravano piuttosto preziosi, non potei fare a meno di ammirare la graziosa figura della ragazza che vestiva un completo nero attillato e una gonna fino alle ginocchia che metteva in risalto il suo corpo ben proporzionato. Ma questo non era il momento di fantasticare, avevo ben altro a cui pensare e mi preparai psicologicamente all’incontro con Gina.
La ragazza busso’, apri’ la porta e disse:
- Signora Gina, e’ arrivato Sergio.
- Puoi farlo entrare, Anna. – disse Gina con il suo solito tono di voce distaccato.
Fui quindi introddotto in un ampio e magnifico salotto. Su un lato del salotto c’era un grande divano su cui stava seduta Gina mentre su una poltrona vicino al divano sedeva un’altra ragazza giovane con i capelli castani tendenti al rosso, non troppo lunghi. Gina era elegante come sempre, con i suoi lunghi capelli biondi lisci e il fisico longilineo, indossava un abitino rosso corto che lasciava scoperte le sue lunghe e splendide gambe accavallate in modo piu’ che sensuale. Anche l’altra ragazza era piuttosto attraente e mi squadro’ da cima a fondo con aria provocatoria.
- Salve Gina – esordii io.
Lei mi guardo’ in modo freddo e sorridendo disse:
- Ecco il mio Sergio che e’ venuto qui a supplicarmi.
- Beh, ecco Gina, non potremmo parlarne a quattr’occhi per favore? – dissi facendo un cenno con gli occhi all’altra ragazza che si trovava in salotto. Avrei preferito che non ci fossero altre persone.
- Non ci sono segreti tra me e la mia amica Cristina – rispose lei – quindi puoi fai la tua supplica in sua presenza. Altrimenti sei liberissimo di andartene e non farti vedere mai piu’.
Che stronza, voleva umiliarmi di fronte alla sua amica. Tuttavia, vista la situazione, non avevo altra scelta. Feci un profondo respiro e iniziai:
- Beh Gina, innanzitutto volevo scusarmi per averti contattato dopo tanto tempo solo per chiederti aiuto. Mi rendo conto che non e’ stato proprio il modo corretto. Mi dispiace pure che in passato ci possano essere stati screzi tra noi e che magari ti abbia rivolto parole non proprio gentili.
Gina continuava a guardarmi con aria impassibilie, mentre la sua amica, Cristina, sembrava alquanto divertita dalla situazione. Probabilmente Gina l’aveva messa al corrente della situazione.
- Come ti dicevo al telefono – ripresi io – mi trovo al momento senza lavoro. Ho un mutuo da pagare e ho assolutamente bisogno di un impiego, anche temporaneo. So che la tua famiglia possiede una grossa impresa e volevo pregarti di vedere se era possibile di trovare qualcosa per me. Ti prego, ne ho veramente bisogno.
- Beh, tutto qui? Questa sarebbe la tua supplica? Puoi anche andare ora ... –
Era veramente una stronza, voleva che la supplicassi di fronte alla sua amica. Cercai di trattenere l’orgoglio.
- Ti supplico Gina, se e’ questo che vuoi. Ti supplico, ho bisogno di un lavoro. Ti prego, aiutami – dissi nel modo piu’ supplichevole che potei.
Dopo avermi squadrato alcuni interminabili secondi, Gina disse rivolgendosi alla sua amica:
- Che dici Cristina, ti sembra abbastanza supplichevole?
- Sinceramente non e’ che mi abbia impressionato particolarmente – disse Cristina.
- Hai ragione Cristina, penso che debba fare di piu’ – e poi rivolgendosi a me – Hai visto? La tua supplica non e’ abbastanza convincente. Forza, supplica meglio, se vuoi avere un lavoro.
Il sangue mi ribolliva nelle vene. Quella stronza mi stava mettendo alla berlina di fronte alla sua amica consensiente. Ero tentato di mandarla al diavolo e di andarmene, ma poi ripensai nuovamente alla difficile situazione in cui mi trovavo e cercai di sforzarmi.
- Ti supplico Gina. – dissi implorante – Ti scongiuro. Ho bisogno di un lavoro, ti prego aiutami. Faro’ qualsiasi cosa tu mi chieda. Te ne prego. Ti supplico!
- Ora sembra un po’ piu’ convincente – disse Gina – Che ne pensi, Cristina?
- Non saprei, Gina. Certo, si sta impegnando un po’ di piu’, pero’ non e’ che mi convinca del tutto. Dovrebbe fare qualcosa di piu’. Mettersi in ginocchio, per esempio. – disse ridendo Cristina
- Giusto. Hai sentito cosa a ha detto la mia amica? – disse Gina rivolgendosi nuovamente a me – Su mettiti in ginocchio a supplicarmi.
Questo era troppo, rimasi immobile per la rabbia.
- Forza – insistette Gina – Che vuoi fare? Lo vuoi un lavoro oppure no?
- S-si certo – balbettai io.
- Allora forza, mettiti in ginocchio e supplicami. Oppure sparisci e non farti piu’ vedere.
La tentazione di mandarla in quel posto fu fortissima, questo era veramente troppo. Mi aveva chiesto di supplicarla in ginocchio davanti agli occhi della sua amica che assisteva divertita alla scena. Stavo proprio sul punto di mandarla al diavolo e abbandonare la villa quando pensai che in fin dei conti sarebbe stato solo un attimo: mi sarei inginocchiato, mi sarei umiliato per farla contenta e poi, una volta ottenuto il posto, mi sarei ben presto dimenticato dell’accaduto. Troppe volte avevo pagato a caro prezzo il mio orgoglio.
Pur con riluttanza flettei le gambe e mi misi in ginocchio sotto lo sguardo trionfante di Gina e dissi nel tono piu’ supplichevole possibile:
- Ecco Gina, ti sto implorando in ginocchio. Ti supplico, ho bisogno di un lavoro.
Le due donne si misero a ridere. Poi Gina disse:
- E quindi vorresti un lavoro? Che tipo di lavoro?
- Qualsiasi cosa, Gina. Sono disposto a fare qualsiasi cosa, ti prego, ho bisogno di denaro, non riesco piu’ ad arrivare a fine mese ed ho un mutuo da pagare.
- Mmh, lasciami pensare – fece lei – Non mi sembra che al momento stiamo cercando nuovi dipendenti nell’azienda di famiglia, e d’altronde, con la crisi che c’e’ in giro, non possiamo assumere nuovo personale senza una valida ragione.
- Ti supplico Gina, ti sto implorando in ginocchio. Qualsiasi cosa, ma ti prego dammi un lavoro.
Dopo qualche interminabile secondo, disse:
- Proprio qualsiasi cosa?
- Si’ Gina, qualsiasi cosa.
- Mmh, ora che ci penso forse qualcosa ci sarebbe. Potresti diventare il mio servitore personale. Dovrai essere a mia disposizione tutto il giorno e occuparti della mia persona, obbedendo ai miei comandi senza discutere. Ti garantisco che sarai pagato abbastanza in modo che non dovrai piu’ preoccuparti dei tuoi problemi economici. Che ne dici?
Cristina, dal canto suo, continuava ad osservare la scena divertita.
- Va bene, Gina. Saro’ il tuo servitore personale, se lo desideri. Ti scongiuro, ho bisogno di un lavoro!
Gina riflette’ un momento e poi disse:
- Se aspiri a diventare il mio servitore personale, dovrai pero’ prima dimostrare di esserne all’altezza. Ora ti sottoporro’ ad una prova: se la supererai, allora ti concedero’ di diventare il mio servitore personale, altrimenti dovrai sparire e non farti piu’ vedere!
- D’accordo, mettimi alla prova. Faro’ del mio meglio per non deluderti.
- Bene – disse Gina in tono perentorio – Vediamo come te la cavi con lo smalto per le unghie – Dopodiche’ suono’ un campanellino che aveva accanto a se’ e dopo pochi secondi Anna, l’assistente, si presento’ alla porta.
- Anna, porta per favore l’occorrente per passare lo smalto sulle unghie. Voglio vedere come se la cava questo signorino qui.
Anna fece un sorriso accondiscendente e torno’ poco dopo portando una borsetta. Sembrava divertita ma non pareva sorpresa di vedere un uomo in ginocchio di fronte alla padrona. Mi chiesi se per caso non avesse gia’ assistito a scene del genere.
Anna fece per andarsene, ma Gina la fermo’ – Rimani Anna, voglio che tu assista alla prova - Che stronza, voleva umiliarmi anche di fronte a lei.
Poi, rivolgendosi a me disse – Guarda bene, adesso ti mostrero’ io stessa come si passa lo smalto sulle unghie dei piedi. Io passero’ lo smalto su un piede, poi tu dovrai ripetere l’intera procedura per filo e per segno sull’altro. Fai attenzione pero’: se sbagli un solo passaggio la prova verra’ considerata fallita e tu dovrai sparire dalla mia vista.
Non osai fiatare e la fissai con attenzione.
- Per prima cosa bisogna mettere dell’ovatta tra le dita dei piedi: questo serve a impedire che pelle si macchi in caso di sbavature – disse Gina infilandosi dei batuffoli di ovatta tra le dita dei piedi. Poi, prendendo una boccetta di smalto di color rosso intenso, prosegui’ – Prima di applicare lo smalto bisogna agitare un poco la boccetta, dopodiche’ si estrae il pennellino e lo si fa scolare un poco sui bordi onde evitare che vi sia troppo smalto accumulato.
Io, sempre in ginocchio, ascoltavo con attenzione sotto lo sguardo divertito di Cristina e di Anna.
- Si puo’ quindi procedere a passare lo smalto sulle unghie – continuo’ Gina – con una pennellata delicata ma decisa, fino a ricoprire di smalto l’intera superficie dell’unghia e facendo attenzione a non sbafare sui bordi. Dopo aver completato un’unghia vi si soffia sopra per far asciugare lo smalto, cosi’ – e inizio’ a soffiare delicatamente sul dito appena smaltato. Ripete’ la procedura descritta anche per le altre dita, scolando ogni volta il pennellino e soffiando sul dito una volta applicato lo smalto.
Quando tutte le dita del piede furono ben smaltate ripose il pennellino nella boccetta e si tolse l’ovatta; poi distese la gamba portando il piede davanti al mio viso muovendone provocatoriamente le dita proprio davanti ai miei occhi.
– Hai visto che belle unghie smaltate che ho? Forza, vediamo come te la cavi tu con l’altro piede. Ma bada bene: un solo errore, e verrai messo subito alla porta! – e cosi’ dicendo accavallo’ le sue lunghe e splendide gambe porgendomi l’altro piede.
Conoscendo Gina, sapevo che dovevo stare molto attento in quanto non mi avrebbe fatto passare nemmeno la piu’ piccola imprecisione. E in quel momento non potevo permettermi passi falsi. Feci un profondo respiro e mi accinsi ad affrontare la “prova”.
Presi dell’ovatta e la misi con la massima delicatezza possibile tra le dita del piede. Cio’ fatto presi la boccetta con lo smalto e, dopo averla un poco agitata, tirai fuori il pennellino facendolo scolare lungo i bordi come indicatomi, poi presi con l’altra mano il tallone di Gina in modo da tenere ben fermo il piede e iniziai a passare lo smalto sull’unghia dell’alluce. Scelsi di iniziare proprio da quel dito in quanto aveva l’unghia piu’ grande e quindi la possibilita’ di una sbavatura era minore e avrei quindi avuto un po’ di tempo per “fare la mano”.
L’atmosfera era pesante e regnava un profondo silenzio. Io, inginocchiato di fronte a Gina e sotto lo sguardo attento di Cristina ed Anna, trattenevo il respiro per la tensione cercando di non far tremare la mano. Sapevo bene che il minimo errore avrebbe potuto essere determinante, inoltre temevo che Gina potesse muovere il piede di proposito in modo da farmi sbagliare e farmi cosi’ fallire la prova. Sarebbe bastato un piccolo movimento del dito che stavo smaltando per causare una sbavatura. Ero alla sua merce’.
Con la massima attenzione terminai di passare lo smalto sull’unghia dell’alluce e poi soffiai delicatamente sul dito in modo da far asciugare lo smalto. Gina mi osservava attentamente senza pero’ far trapelare nulla. Mi chiedevo se stesse per prepararmi qualche sorpresa.
Mi dedicai quindi al dito successivo e passai lo smalto anche su quello senza problemi e soffiai nuovamente per farlo asciugare. Cosi’ feci anche per il terzo, quarto e quinto dito, e tutto filo’ liscio. Non mi pareva vero di essere riuscito a completare il lavoro senza alcun problema.
Dopo aver terminato di passare lo smalto sull’ultimo dito e avervi soffiato sopra, richiusi il flaconcino con lo smalto e dissi a Gina – Ho terminato. Puoi vedere tu stessa che ho passato lo smalto senza nemmeno una sbavatura.
Gina mi fisso’ per qualche secondo e infine disse con freddezza – La prova non e’ superata. Ora sparisci dalla mia vista.
Ero incredulo: avevo fatto tutto quanto come mi aveva detto senza nemmeno un errore e lei mi diceva che avevo fallito la prova. Protestai – Ma come? Ho passato lo smalto su tutte le dita proprio come mi hai mostrato e senza nemmeno la benche’ minima sbavatura. Perche’ dici che ho fallito la prova?
Gina irritata rispose – Gia’, ma ti sei scordato di togliere alla fine l’ovatta dalle dita dei piedi. Vedi? Ho ancora l’ovatta ai piedi, la prova non e’ stata completata come avrebbe dovuto. Ora puoi andare
Non potevo credere alle mie orecchie. Cercai di replicare – Perdonami Gina, ma e’ solo un piccolo dettaglio. Il resto del lavoro l’ho eseguito impeccabilmente, penso di aver dimostrato di essere affidabile …
- Quel che pensi tu non ha importanza! – mi interruppe – Ti avevo detto chiaramente di fare attenzione, e tu ti sei dimenticato di togliermi l’ovatta dai piedi dichiarando invece di aver terminato il lavoro con successo. Come vedi non hai dimostrato affatto di essere affidabile come affermi. Di uno come te non so che farmente. Adesso sparisci, mi hai fatto perdere sin troppo tempo!
Rimasi di stucco. Allora, rimanendo sempre in ginocchio incominciai a supplicarla – Ti scongiuro Gina, non puoi farmi questo. Ho bisogno di questo lavoro. Ti supplico, dammi un’altra possibilita’, vedrai non ti deludero’ stavolta.
Gina mi squadro’ per alcuni istanti senza dire nulla, poi rivolgendosi a Cristina – Tu che ne pensi Cristina? Merita un’altra possibilita’?
- Non saprei, Gina – disse Cristina con aria divertita mentre io in ginocchio la osservavo implorante – Ci ha messo impegno, tuttavia ha commesso un grave errore. Se lo accetti come servitore, ti ritroverai un incapace e bisognera’ perderci poi un sacco di tempo per addestrarlo a modo. Io non gliela darei, non la merita - Che stronza.
- Gia’, hai ragione – disse Gina annuendo che poi si rivolse alla cameriera Anna – E tu Anna che ne pensi?
Anna, che sembrava piuttosto divertita dalla situazion, rispose – Beh Signora, deve essere comprensiva. Puo’ capitare a tutti di sbagliare. Io penso che una seconda possibilita’ non vada negata a nessuno. - Poi aggiunse con aria complice - E se serve poi di addestrarlo un po’, posso sempre aiutarvi io …
Gina le sorrise e poi rivolse nuovamente lo sguardo da me soppesandomi con gli occhi, infine disse – E sia, voglio concederti una seconda possibilita’. Ma bada a non fare errori questa volta.
- Non ne faro’ – risposi io prontamente.
- Bene, porta a compimento la tua opera, allora. Toglimi l’ovatta dal piede. Ma senza usare le mani! – e cosi’ dicendo allungo’ il piede davanti al mio viso.
Rimasi un attimo interdetto. Come potevo toglierle l’ovatta dalle dita del piede senza usare le mani? Rimasi indeciso per qualche secondo.
- Hai sentito cosa ha detto? – intervenne Cristina – Che aspetti? Gina e’ stata generosa e ti ha offerto una seconda possibilita’, non farle perdere tempo. Sbrigati!
Non sapevo cosa fare – Ma, veramente io … – balbettai.
- Che ti dicevo, Gina? – disse Cristina – E’ un vero incapace! Bisognera’ insegnargli proprio tutto … Dai stupido! Te lo devo spiegare io? Usa la lingua! –
Non potevo crederci, avrei dovuto usare la lingua per togliere l’ovatta dai piedi di Gina. Effettivamente non mi pareva ci fossero altre soluzioni. Ma era un’azione veramente troppo umiliante. Guardai Gina e vidi che mi fissava impassibile senza lasciare trapelare nulla. Esitai.
- Cosa stai aspettando? – continuo’ Cristina – Vuoi che Gina perda la pazienza e ti cacci via definitivamente. Forza, poggia le mani a terra e usa quella benedetta lingua per toglierle l’ovatta dal piede!
In un attimo pensai alla situazione disperata in cui mi trovavo e a cosa avrebbe significato non riuscire ad ottenere quel lavoro. Purtroppo non avevo scelta: ci sono momenti nella vita in cui bisogna mettere da parte l’orgoglio.
Appoggiai le mani a terra (mettendomi in pratica a quattro zampe) e infilai la lingua in mezzo alle dita del piede di Gina per toglierle l’ovatta. Gina mi guardava con un sorriso trionfante. Contemporaneamente Cristina allungo’ le sue game poggiandomi i piedi sulla schiena, come se fossi un normale poggiapiedi, mentre Anna, la cameriera, osservava divertita la scena. Non ero mai stato cosi’ umiliato in vita mia.
Allungai la lingua e tolsi il primo batuffolo d’ovatta lasciandolo cadere a terra.
- Chi ti ha detto di lasciarlo cadere a terra! – disse bruscamente Gina – Forza riprendilo con la bocca e ingoialo.
In silenzio mi chinai e ripresi il batuffolo con la bocca e lo ingoiai (per fortuna era piuttosto piccolo e non ebbi problemi ad ingerirlo). Dopodiche’ mi rimisi al lavoro. Con l’aiuto della lingua tolsi anche gli altri tre batuffoli d’ovatta dalle dita dei piedi (stavolta ingoiandoli direttamente). Cio’ fatto, mi fermai e guardai Gina. Lei mi fisso’ e disse – Su forza, continua il tuo lavoro. Leccami tutto il piede, come ringraziamento per averti concesso una seconda possibilita’ – Cristina scoppio’ a ridere, e anche Anna tratteneva a stento il riso.
Guardai Gina con aria supplichevole, ma il suo sguardo parlava chiaro: obbedire o andarsene. Mi feci forza e iniziai quindi a passare la lingua sulla sua estremita’.
- Con piu’ delicatezza – disse Gina – e lentamente, molto lentamente. Voglio sentire bene il contatto della tua lingua con il mio piede. – Rallentai quindi il ritmo e proseguii a leccarle il piede mentre Cristina continuava a tenermi i piedi poggiati sulla schiena e a ridere di gusto.
Passarono circa una decina di minuti prima che le ebbi leccato l’intero piede (dita, pianta e collo). Gina inverti’ la posizione delle gambe e mi mise davanti al viso anche l’altro. Senza che ci fosse bisogno di dire niente, capii cosa voleva e misi subito al lavoro la mia lingua.
- Bravo – disse Gina – vedo che incominci a capire. Penso che potrai darmi tante soddisfazioni come servitore. E non solo a me … – Aggiunse ammiccando a Cristina e ad Anna.
Dopo che ebbi finito di leccare completamente anche l’altro piede, Gina lo ritrasse dicendo – Basta cosi’ per oggi. Non mancheranno certo le occasioni in cui potrai occuparti dei miei piedi ... Adesso puoi andare. Presentati domani mattina alle 8:00 in punto, cosi’ potrai iniziare il tuo servizio, Anna ti dara’ le dovute istruzioni. Alloggerai qui, porta con te solo i tuoi effetti personali strettamente indispensabili. Per il vestiario non ti preoccupare, ti verra’ messo a disposizione – disse sorridendo. – Ora va, sparisci.
Cristina ritrasse le gambe che teneva poggiate sulla mia schiena, e potei finalmente rimettermi in piedi. Non avevo il coraggio di guardare Gina negli occhi.
Anna mi riaccompagno’ alla porta. Prima di andarmene le dissi – Grazie per aver convinto Gina a darmi una seconda possibilita’.
Anna rispose – Oh, non preoccuparti. Avrai modo per restituirmi il favore, e con gli interessi … – e fece un sorriso che non lasciava presagire nulla di buono. Prima che me ne andassi, mi disse ancora – Ricorda bene: domani mattina alle 8 in punto.
Annuii e ripresi il cammino verso casa, domani sarebbe stato il mio primo giorno di servizio …

(to be continued)
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