| Terzo episodio
BERLINO Aprile 1939
Manfred Bauer era completamente rilassato a fianco di Karin. Ogni volta, dopo che tutto era terminato, si chiedeva il motivo per cui amasse così tanto interpretare la parte dello schiavo. Non riusciva a comprenderlo. Nella vita era sempre stato dominante, sia con le donne che nei rapporti con gli altri uomini, come colonnello sapeva dare ordini e sapeva farsi rispettare eppure aveva sempre fantasticato su una donna capace di farlo tremare con uno sguardo. Bastava un ordine impartito da Karin e il suo membro diventava duro, la sua eccitazione diventare palpabile e addirittura perdeva quasi completamente il suo autocontrollo. In quei momenti avrebbe fatto di tutto, qualunque cosa Karin gli avesse ordinato. Poi però, terminato il sesso, si imponeva di tornare ad essere l’uomo sicuro di sé stesso e Karin, quella donna che fino a pochi minuti prima guardava quasi come se fosse una dea, diventava una donna abbastanza attraente ma nulla di più anche se… Anche se fantasticava spesso, come quando era adolescente, su come avesse potuto essere una vita al servizio di una donna e doveva ammettere con sé stesso che la cosa lo eccitava come non mai. Ma poi tornava a fare i conti con la realtà, con la vita quotidiana e in quella realtà lui doveva essere quello che appariva agli occhi di tutti ovvero duro, autoritario e anche un po’ spietato. Si era spesso chiesto anche quali fossero i suoi sentimenti verso quella donna che in quel momento gli stava a fianco e stava poggiando la sua testa sul suo petto. Non era una domanda facile. Amore? No, assolutamente. Non era amore ciò che provava verso Karin. Era qualcosa di molto più complicato. Lui non poteva fare a meno di lei. Karin riusciva a soddisfare tutte le sue esigenze, quei desideri che si portava appresso da quando aveva memoria ma non si trattava certo di un sentimento nobile come l’amore. Pertanto, era soprattutto ciò che lei rappresentava ad eccitarlo e non ciò che lei era realmente. Inoltre, cosa certo non trascurabile, Karin era una gran bella donna e lo eccitava sessualmente anche prima, quando era semplicemente la sua amante ma quando lei vestiva i panni della padrona diventava per lui irresistibile. Anche Karin dal canto suo era immersa nei suoi pensieri. La sua relazione con Manfred proseguiva ormai per forza d’inerzia. Non poteva non ammettere che il colonnello le piaceva ma quando aveva iniziato quella relazione l’aveva fatto perché pensava che lui avesse un matrimonio alla deriva e che lei potesse diventare la sua donna pur rimanendo un’amante. Non sarebbe stata la prima né l’ultima ad avere una simile relazione e soprattutto gli uomini potenti non si facevano scrupoli nel dividersi tra due donne. Inoltre, si era un po’ stancata di quella messa in scena. Erano situazioni ripetitive che stavano cominciando ad annoiarla. E’ vero che alla fine il sesso era piacevole ma… Non le dispiaceva fare la padrona anzi, trovava una grande eccitazione quando vestiva i panni della donna dominante ma si era ormai resa conto che in realtà comandava poco o niente. Il suo potere era enorme nel momento dell’eccitazione di Manfred e riusciva a fargli fare qualunque cosa ma poi, dopo che lei aveva soddisfatto i desideri dell’uomo, quel potere si disintegrava e lei tornava ad essere semplicemente un’amante. L’amante dell’uomo potente senza però avere alcun vantaggio se non quello di abitare in una bella casa e di avere disponibilità di denaro per comprarsi abiti, accessori e tutto quello di cui aveva bisogno. Cosa che però non la gratificava affatto e che la faceva sentire alla stregua di una mantenuta o peggio, di una prostituta. Karin alzò la testa dal petto nudo e villoso di Bauer e lo guardò quasi con aria di sfida “ Mi sono stancata di questa situazione” Il colonnello volse lo sguardo verso la sua amante “ E di cosa ti saresti stancata?” Il suo sguardo era duro e sprezzante. Niente a che vedere con l’uomo che quasi balbettava fino a poco tempo prima, con quell’uomo che tremava di desiderio nei confronti della sua padrona “ Di questa faccenda, di tutto. Sono stanca di non fare niente, sono stanca di dover aspettare i tuoi ritagli di tempo, sono stanca di stare sempre in casa. Ne ho fin sopra i capelli di questa situazione” La donna si alzò coprendo la nudità del suo corpo con un lenzuolo bianco col quale si era avvolta. Anche Manfred si alzò senza però curarsi di coprirsi e andò di fronte alla donna. La afferrò per il mento “ Non mi interessa che tu ti sia stancata. Tu continui a fare quello che hai sempre fatto. Mi aspetti e quando sono disponibile… Beh, diciamo che entri nel personaggio. E’ chiaro Karin?” La giovane donna lo guardò con aria di sfida “ Perché altrimenti che fai?” Un ceffone violento arrivò sul bel viso di Karin “ Non penserai che io ti permetta di andartene come e quando vuoi. Tu conosci alcuni miei segreti che non vorrei diventassero di pubblico dominio. Non te lo ripeterò un’altra volta. Tu fai la padrona perché io ti permetto di farlo ma questo deve rimanere un segreto che dovrai portarti nella tomba. Perché… Vedi tesoro, se tu dovessi parlare con qualcuno in quella tomba ci entreresti prematuramente” Lo schiaffo era stato doloroso. Alcune lacrime scendevano dagli occhi di Karin che si era rannicchiata tra il muro e l’armadio. Allora aveva ragione sua sorella! Manfred non l’avrebbe mai lasciata libera e quando lui si sarebbe stancato l’avrebbe probabilmente uccisa. Un tradimento da parte di un uomo non era mal visto da quella società patriarcale. Ovviamente se quel tradimento fosse stato effettuato da un uomo. Anzi, dimostrava che si era veramente maschi, tanto da aver bisogno di più di una donna e semmai la colpa sarebbe ricaduta sulla moglie incapace di soddisfare le brame di un vero maschio. Ma quello che facevano… Quei giochini particolari… E’ vero che poi tutto si concludeva con il sesso ma era in effetti impensabile che i suoi superiori avrebbero potuto tollerare un soldato amante di quelle cose. E come avrebbe fatto a farsi obbedire dai suoi sottoposti? Karin guardò quell’uomo che in quel momento le sembrava un perfetto sconosciuto e scoprì cosa significasse avere paura. La donna si accorse che aveva fatto dei ragionamenti del tutto sbagliati. Pensava di avere un certo potere nei confronti di Bauer ma era vero fino a un certo punto e Manfred non ci avrebbe pensato due volte prima di toglierla di mezzo. Il respiro della donna si era fatto affannoso e stava scoprendo quanto fosse pericoloso quell’uomo che la sovrastava in piedi “ Io… Io mi stavo semplicemente lamentando del fatto che sto sempre da sola, tutto qui” gli disse addolcendo molto il suo tono di voce. Doveva prenderlo con le buone “ E io già ti ho detto che dovresti ringraziarmi per il fatto che ti faccio fare la signora. Non vorrei più tornare su quest’argomento” “ Va bene Manfred. Se è una cosa che ti dà fastidio non te l’accennerò più” Il colonnello le fece segno di alzarsi e Karin obbedì quasi tremando mentre l’uomo si posizionò di fronte a lei. Con il dito le stava delineando i contorni delle labbra e vide che il dito si era macchiato di sangue, segno che lo schiaffo aveva aperto una ferita sul suo volto. Mise quel dito sporco di sangue all’interno della bocca della ragazza e Karin succhiò quel dito avidamente, accettando quel gioco perverso che le era stato proposto. L’uomo tolse finalmente il dito e guardò la giovane che continuava quasi a tremare “ Io devo andare. Come ti ho detto prima, non voglio più tornare su questo discorso. Lo hai capito, vero Karin?” “ Sì certo. Io… Io non farò più questi discorsi” “ Brava Karin. Sai, mi stava venendo il dubbio che tu confondessi la realtà con la fantasia. Ad esempio, le tue parole mi facevano immaginare che tu pensassi di essere la mia padrona anche fuori dal letto” “ Oh no Manfred. Ho capito perfettamente che… Insomma, è solo un gioco per fare poi l’amore in modo più bello. Non ho mai pensato di essere realmente una padrona” “ Molto bene. Adesso però è meglio che mi rivesta. Ho degli impegni importanti” La donna osservò Manfred mentre si rimetteva quella lugubre divisa nera. Afferrò con mano tremante una sigaretta e se l’accese fingendo assoluta normalità quando in realtà era terrorizzata. Attese con impazienza che Bauer uscisse e quando finalmente il colonnello delle SS chiuse la porta alle sue spalle si rassicurò un po’. Aveva comunque bisogno di sfogarsi e si gettò sul letto piangendo a dirotto. Avrebbe dovuto ascoltare le parole di Helga. Manfred non avrebbe mai permesso che lei lo lasciasse. Ma lei non avrebbe atteso che quell’uomo la uccidesse. Telefonò a sua sorella e prese appuntamento per il giorno seguente. Gran bell’invenzione quella del telefono, poter sentire una persona amata e prendere un appuntamento subito e a voce senza dover attendere le lunghezze della posta. Aveva bisogno di parlare con sua sorella. Lei avrebbe saputo darle il consiglio giusto.
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