| Questa storia è il frutto della mia immaginazione, ogni riferimento a persone o avvenimenti reale è puramente casuale. Si tratta di un racconto giallo con sfumature femdom. Spero che entrambe le linee (quella gialla e quella fetish) saranno di vostro gradimento.
Capitolo I
Emma ansimava forte. Impazziva di piacere e desiderio quando sentiva le calde labbra di Chris sul suo collo e le sue mani sul suo corpo. Dal canto suo Chris aveva il membro alla massima erezione, ma non era sicuro che fosse una buona idea possedere Emma quella sera. Si erano spinti a tal punto coi preliminari e si erano stuzzicati così tanto a vicenda che entrambi stavano per venire, e una penetrazione in quelle circostanze sarebbe stata alquanto sprecata. Emma afferrò e strinse molto forte il membro di Chris con la sua mano destra e lo guardò negli occhi. «Ti ho in pugno!» gli sussurrò sensualmente. La ragazza aveva raggiunto il suo scopo: Chris era arrivato al punto di non ritorno ed Emma amava avere sotto il suo stretto controllo il piacere del suo ragazzo. Ma in quel momento qualcuno bussò alla porta. «Signor Traiani?». Era stata una giovane voce femminile a parlare al di fuori della stanza da letto in cui si trovavano Chris ed Emma. E fu proprio in quel momento che Chris Traiani venne abbondantemente, schizzando fiotti di sperma ovunque sul corpo di Emma, che non smetteva di provocargli il glande con i polpastrelli e fece un sorrisetto malizioso. L’estremo piacere fisico che provò Chris non lenì la sua irritazione dal momento che dovette trattenersi dall’ansimare e non si godette appieno il momento. «Stiamo venendo!» urlò Emma con la voce leggermente marcata dall’eccitazione. «Va bene» disse la ragazza che aveva parlato al di fuori della porta, poi si sentirono dei passi che si allontanavano. Chris sbuffò. «Direi che hai proprio poco da lamentarti» puntualizzò Emma, mollandogli il membro e indicandogli col dito le numerose macchie di sperma sulla sua pancia. «Mi toccherà rifarmi la doccia e tra quindici minuti dobbiamo essere tutti di sotto per la lettura del testamento di tuo nonno». «Mi sa che tocca farcela insieme la doccia» buttò lì Chris maliziosamente, baciando Emma sulle labbra. «Piano, piano» lo fermò Emma, «così ci metteremmo un’ora perché inizieremmo a scopare e tra quindici minuti dobbiamo essere di sotto. Ricordi?» ripeté. «E chi lo dice che tra quindici minuti dobbiamo essere di sotto?» si lagnò Chris con una certa supponenza. La baciò sul collo. Per un istante Emma socchiuse le palpebre e ansimò di piacere con la tentazione di lasciarsi andare, poi tornò in sé, si discostò e guardò Chris negli occhi con una certa durezza. «Hai espressamente ordinato a Emily di venirti a chiamare quando mancassero quindici minuti esatti alla lettura del testamento» gli ricordò Emma. «Forse…» disse a voce più bassa mordendogli il lobo dell’orecchio con delicatezza, leccandolo poi con la lingua, ottenendo l’effetto di rifargli ottenere un’importante eccitazione a pochi secondi da un orgasmo potentissimo, «hai calcolato male i tempi. La prossima volta lascia fare a me. Le cose vanno bene quando il potere è in mano alle donne, ricordalo». Chris scoppiò a ridere. «Tu in mano adesso dovresti avere solo una cosa». «Queste?» gli chiese Emma afferrandogli le palle e stringendole con una certa forza, scoccandogli un’occhiataccia alquanto feroce. «Ahi! Ma sei scema?» le urlò Chris. «Ma stavo scherzando, quanto sei permalosa… era solo una battuta. E mollale!». Emma mollò la presa ma continuò a guardarlo con durezza. «Niente battutine sessiste, tieni a freno quella lingua». Poi sorrise maliziosa. «Tranne quando te lo ordino io e nel modo in cui dico io. Ora ripulisciti e vestiti mentre io faccio una doccia veloce. Obbedisci schiavo». Emma entrò nel bagno privato di quella camera da letto e Chris sentì l’acqua scrosciare.
Ma la doccia di Emma non fu veloce come promesso. Il quindicesimo minuto dall’avviso di Emily arrivò e fu anche oltrepassato. Chris era già pronto e aspettava impaziente la sua ragazza; il giovane Traiani aveva indossato un paio di pantaloni di colore blu scuro, stesso colore della giacca al di sotto della quale aveva indossato una semplicissima camicia bianca. Chris aveva 28 anni ed era un ragazzo decisamente attraente: sfiorava i 1,85 di altezza, aveva dei bei folti capelli castani e la sua barba era molto ben tenuta e curata. I suoi occhi erano invece azzurri. Aveva un fisico atletico dovuto a tantissimi anni di duro allenamento ed era sempre stato molto ambito dalle ragazze più carine della sua generazione sin dai tempi dei primi anni delle superiori. Emma era una bellissima donna di 29 anni, decisamente molto forte e tosta: non c’erano aggettivi migliori per descrivere la sua personalità. Era molto istruita e spesso era attiva politicamente e culturalmente. La sua bellezza era molto fine, aveva dei lineamenti davvero delicati, dei capelli castani che le arrivavano un po’ più giù delle spalle, un naso così fine e perfetto che sembrava quasi disegnato, un paio di labbra sottili, due begli occhi marroni e un portamento altezzoso. Non era molto alta ma neanche troppo bassa, superava infatti di poco i 1,65, ma un po’ per il suo portamento da donna fiera, altezzosa e sicura di sé, un po’ per la sua abitudine di indossare spesso dei tacchi – la maggior parte delle volte molto alti anche – sembrava molto più alta di quanto fosse e la sua persona sembrava quanto più di dissimile potesse esistere da quella di Emilia, detta Emily, una ragazza di origini molto umili di 25 anni. Emily aveva dei lunghissimi capelli biondi che le arrivavano quasi al sedere e un paio di bellissimi e glaciali occhi azzurri, un naso molto piccolo e grazioso e un paio di labbra fantastiche, quella sera ricoperte di un bellissimo rossetto. Al contrario di Emma, Emily era generosa di seno e piuttosto bassa: a malapena raggiungeva il metro e 60 di altezza, ma la bassa statura non sminuiva neanche un po’ la sua bellezza.
Si sentì di nuovo bussare alla porta. «Signor Traiani?» ripeté incerta Emily al di fuori della porta con voce un po’ esasperata. Chris aprì la porta e si ritrovò faccia a faccia con Emily, che alla sua vista arrossì lievemente: la ragazza era sempre sembrata un po’ timida e riservata, motivo per il quale stava quasi sempre sulle sue. Emily quella sera indossava dei tacchi, cosa insolita per il suo ruolo in quella villa dove vi aveva lavorato come governante per Carlo Traiani, il defunto nonno di Chris, anche se era laureata in infermieristica ed era appunto di professione infermiera. Ma per l’occasione della lettura del testamento del signor Traiani dinanzi a tutti i membri della sua famiglia anche lei era vestita elegante: indossava un abito di satin blu pervinca che si abbinava perfettamente al colore dei suoi occhi, e portava i capelli raccolti in una bella coda elegante. Emily era sempre stata una ragazza molto carina, ma con una buona dose di trucco e un paio di scarpe coi tacchi che le slanciavano l’aspetto era decisamente superba, e questo dettaglio parve non sfuggire a Chris, che se la mangiò con gli occhi. «Puoi dire di giù che io ed Emma tarderemo di qualche minuto» riferì Chris a Emily. «Porta le nostre scuse e di’ che potete iniziare senza di noi». Emily parve in difficoltà. Guardò Chris dal basso verso l’alto ed esitò per qualche secondo. «Suo padre richiede fortemente la sua presenza» disse la ragazza in tono pratico. «Dovrete pazientare una decina di minuti» disse una voce alle spalle di Chris. Entrambi – Chris ed Emily – si voltarono e fissarono Emma, che era appena uscita dalla doccia e aveva un asciugamano in vita. «Devo asciugare i capelli, vestirmi e truccarmi». Emily inarcò le sopracciglia. «Non è necessario che lei sia truccata» disse Emily. «È irrilevante ai fini della lettura del testamento». La ragazza dubitava fortemente che Emma riuscisse a prepararsi in soli dieci minuti, ma il suo tatto e la sua educazione le imposero di parlare in modo educato e perplesso, anche se con una certa e notevole sfumatura ironica. «Però tu sei ben truccata» osservò Emma. «Se il trucco è irrilevante ai fini della lettura, perché allora tu ti sei truccata?». «Perché io mi sono preparata con largo anticipo e rispettando i tempi» disse Emily semplicemente. «Ma il trucco è solo un in più». «Per favore» si intromise Chris, senza però lasciar intendere se si riferisse a Emily perché smettesse di fare l’impertinente o a Emma incitandola a sbrigarsi. «Ho capito. Riferirò» tagliò corto Emily, fece un piccolo inchino che sembrava di ironia più che di rispetto e sparì.
«Ma come si permette» disse Emma contrariata e con una smorfia sul viso non appena Emily ebbe chiuso la porta. «Potresti fissarla con ancora un pochino di insistenza, non credi?» disse poi con un tono seccato e al tempo stesso pungente. «Che fai, la gelosa?» le rispose Chris scettico, alzando un sopracciglio. «Io? Gelosa di…» esitò, «di quella? Meglio che sto zitta. Lei scompare quando è accanto a me. Puoi iniziare a scendere, vai schiavo altrimenti papà si chiederà dove sei finito». Chris ed Emma si fissarono entrambi con uno sguardo aggressivo, e per giunta il tempo scorreva inesorabile. Farsi trattare da schiavo da Emma era sempre stato molto piacevole ed eccitante, e in quel momento Chris provava un misto di irritazione ed eccitazione, ed entrambe le sensazioni non erano tra le più adatte appena prima della lettura di un testamento. «Sì, credo proprio che andrò» disse Chris. «Non perché me lo dici tu, ma perché voglio evitare litigi inutili». Il ragazzo si voltò, uscì dalla camera e sbatté forte la porta. «Tu invece ci vai proprio perché lo dico io!» sussurrò tra i denti Emma, senza abbandonare i suoi atteggiamenti duri.
Il salotto era affollato ma insolitamente silenzioso quando Emma l’ebbe raggiunto una mezz’oretta più tardi, quindi con certo ritardo rispetto ai tempi che aveva promesso. La dimora di Carlo il capostipite era molto lussuosa. Era una villa ubicata su tre livelli: pianterreno, primo piano e attico. Carlo l’aveva ereditata dalla famiglia di suo padre ed era nata come dimora per le vacanze al lago, salvo poi edificarla come casa per la propria residenza fino alla propria morte. Anche da vedovo Carlo intese vivere lì da solo, anche se nei fatti non era mai stato davvero solo, visto che aveva trascorso molto tempo con Emily, che gli aveva fatto da domestica, da amica e anche da infermiera quando necessario. Carlo era sempre stato un bell’uomo fino ai suoi ultimi giorni e non era così diverso dal suo nipote maggiore Chris nell’aspetto. Era stato un rispettabile e amato medico, per anni era stato un primario in un ospedale e un po’ di anni addietro aveva anche fondato una clinica privata che non aveva mai mancato di visitare.
Emma si sentì addosso gli occhi di tutti mentre prendeva posto a sedere, ma c’era qualcosa di strano nell’atmosfera di quella sera. Oltre a Chris, Emily e ora Emma, nel salotto erano presenti altre sette persone: Walter, il padre di Chris e figlio maggiore di Carlo, un uomo di 52 anni di qualche centimetro più basso del suo primo figlio, con dei cortissimi capelli castani e un po’ stempiato, con gli stessi occhi di suo padre e suo figlio; Giovanna, la moglie di Walter, una donna di 50 anni molto attraente e alta quasi quanto suo marito, sempre in perfetto ordine e ben truccata, con dei capelli tinti di biondo e occhi chiari anche lei; Caterina, 23 anni, la sorella intermedia di Chris, capelli castani molto lunghi – ancora più lunghi di quelli di Emily – e occhi azzurri, alta grosso modo come Emma; Giacomo, 19 anni, il fratello minore di Chris, molto somigliante a suo fratello nei lineamenti e nei colori, ma di aspetto molto più giovane e senza un filo di barba; Cristina, la secondogenita di Carlo e sorella di Walter, un’attraente donna di 43 anni, capelli castani quasi sul rosso relativamente lunghi che le ricadevano sulle spalle, e a differenza di suo fratello aveva gli occhi scuri, indossava un paio di occhiali blu a farfalla e dimostrava almeno cinque anni in meno rispetto a quelli che realmente aveva, ed era la più bassa della famiglia, infatti a malapena raggiungeva i 1,55 metri; Cristina non si era mai sposata, aveva avuto una breve relazione da cui era nata Fabiana, l’unica sua figlia, anche lei presente quella sera, che aveva 21 anni, dei capelli neri lunghi e ricci, e anche lei, come la maggior parte della famiglia, dei begli occhi azzurri; era alta su per giù come Emily. L’ultima persona lì presente era un membro completamente estraneo alla famiglia: era un uomo sui sessanta ed era il notaio a cui Carlo aveva affidato il suo testamento.
«Ce l’avete fatta» commentò Walter, il padre di Chris. «Non avete mostrato il minimo rispetto per nessuno di noi e il notaio non può perdere tutta la serata a causa vostra». «Ci vorranno dieci minuti» disse il notaio che sembrava un po’ imbarazzato. Era un uomo bassino e grassoccio con un viso gradevole e i capelli brizzolati. «Ma avevo già anticipato che non fosse necessaria la presenza di tutti i membri della famiglia. In ogni caso, tornando al discorso testamento, vi devo informare che c’è stata una correzione dell’ultimo momento». L’uomo, che indossava una giacca di qualità eccelsa, aveva tra le robuste mano una busta dall’aria ufficiale. Si sedette dietro una scrivania, prese un paio di occhiali da una fodera, li indossò, aprì la busta e vi estrasse un foglio. Chris non disse nulla, si limitò a sedersi su un divanetto comodo vicino a un camino scoppiettante. «Molto bene» disse il notaio. «Seguendo le indicazioni del testamento, devo andare a recuperare delle cose. Sarò di ritorno tra un paio di minuti».
«Vedo che ti sei fatto vivo finalmente» disse Cristina a Chris, approfittando dell’assenza dell’uomo estraneo. «Al funerale del nonno non ti ho visto». «Ero troppo sconvolto» disse Chris, senza tuttavia risultare credibile. «Okay, ognuno elabora il lutto a modo proprio» intervenne Giovanna, la madre di Chris. Gli occhi di Cristina si posarono poi su Emma. «Quindici minuti, dieci minuti» le disse. «Mezz’ora ci hai messo. Perché ci hai messo tutto questo tempo? Non dovevi prepararti per andare a un matrimonio». «Potrei avere un caffè?» chiese Chris a Emily, cambiando bruscamente discorso e interrompendo la ramanzina di sua zia. «Emily non è la tua serva» intervenne Caterina. «Se vuoi un caffè fattelo da solo». «Ciao Cate» disse Chris come se avesse visto sua sorella per la prima volta quella sera. «Come procedono gli studi?». «Sei sempre il solito stronzo» disse Caterina, guardando suo fratello maggiore facendo trasparire un certo disgusto dal suo sguardo. Fortunatamente il notaio fu di ritorno e mise fine a quella sterile e inutile discussione. «Rieccomi di ritorno. Procediamo pure con la lettura del testamento» disse l’uomo. Il notaio scrutò attentamente tutti i presenti nel salotto poi prese a leggere il testamento. Sembrava corrucciato per qualche strano motivo. L’atmosfera tra i presenti cambiò sensibilmente: era un mix di tensione, attesa e nervosismo. L’uomo ruppe gli indugi e iniziò a leggere. «Io, Carlo Traiani, nel pieno delle mie facoltà fisiche e mentali, lascio a Emilia Sarnelli la mia villa di residenza al numero 7 di viale dei Gelsomini e tutto ciò che contiene, compresa la mia automobile; lascio a Emilia Sarnelli la mia seconda casa di proprietà al numero 2 di via Carlo Alberto, e dispongo inoltre che la stessa Emilia Sarnelli diventi proprietaria dell’immobile della clinica privata che ho fondato e direttrice della stessa, all’indirizzo c.so Mazzini numero 44. Il mio conto bancario verrà così suddiviso: il 50% diverrà legittima proprietà di Emilia Sarnelli, l’altro 50% andrà nelle casse della clinica».
La reazione dei presenti fu scioccante. Emily diventò tutta rossa e sembrava presa di sprovvista; fu su di lei che indugiarono gli occhi di tutti. Chris scoppiò a ridere, ma fu l’unico che sembrava averne voglia. «Che cosa?» saltò su Cristina. «Non può essere vero tutto questo» disse Walter, avvicinandosi al notaio e afferrando il foglio per leggerlo. La sua espressione si incrinò, perché leggendo aveva riconosciuto la grafia e la firma di suo padre. «È tutto vero invece» disse, porgendo il foglio a sua sorella Cristina; la donna lo lesse ma non fece nessun commento. Tutti gli altri guardavano da Emily al notaio con espressioni contrariate e ostili, con l’eccezione di Fabiana che sembrava essere capitata lì per caso e che si stesse semplicemente annoiando. «Questo testamento deve essere impugnato, papà non era lucido per aver fatto una cosa del genere. Lasciare tutto a… a…» disse Cristina, guardando Emily con aria risentita. «Vi assicuro che è stato estremamente lucido fino ai suoi ultimi giorni» disse il notaio. «Non c’è nulla che possiate fare. Le sue volontà erano queste e vanno rispettate. È tutto perfettamente legale, anche se eticamente discutibile». Cristina guardò corrucciata il notaio ma non aggiunse nulla. Fu Walter a rompere quel silenzio carico di tensione. «C’è altro?» chiese. «Può dirci quali sono state queste modifiche dell’ultimo minuto? Ci è dato saperlo?». «Sì» rispose il notaio. «C’è un unico allegato che Carlo ha deciso di non lasciare a Emilia Sarnelli, ma a un’altra persona qui presente. È questa la modifica di cui parlavo». Prese un ulteriore foglio dalla busta e lo indicò. Tutti continuavano a fissare l’uomo, anche se qualche sguardo dardeggiò sul foglio. «E cos’è?» chiese Walter incitandolo a sbrigarsi. «Il medaglione che era appartenuto alla nonna, quello con su inciso lo stemma di famiglia» disse l’uomo senza nemmeno leggere dal foglio. «Il medaglione è stato lasciato a Cristina Traiani, perché per volontà di Carlo, secondo le indicazioni della nonna, deve essere tramandato di madre in figlia». Cristina sgranò gli occhi. Era chiaro che non si era aspettata una cosa del genere, proprio come nessun altro nella sala. Persino Chris sembrò sorpreso, anche se ancora evidentemente divertito. L’attenzione di tutti si soffermò proprio su di lei. Emily fece uno strano sorriso ma nessuno sembrò notarlo. «E dov’è?» chiese la donna, che sembrò un po’ nervosa ora che l’attenzione di tutti fu riversata su di lei. Il notaio fissò la donna con un’espressione indecifrabile. Poi estrasse una chiave dorata dalla busta e la posò sul tavolo. «Il signor Traiani mi ha fornito le istruzioni necessarie per recuperare il medaglione» disse l’uomo. «È un oggetto il cui valore supera il migliaio di euro come minimo. Si trovava in una cassaforte dietro un dipinto». Il notaio aprì la sua valigetta, estrasse un bellissimo medaglione d’oro luccicante e lo consegnò a Cristina, che assunse un’espressione indecifrabile e a tratti commossa. Gli occhi di tutti erano puntati sull’oggetto. Lo sguardo di Walter era incrinato. «È tutto?» chiese bruscamente l’uomo, che sembrava un po’ risentito. «Non esattamente» rispose il notaio. «Suo padre possedeva un secondo medaglione, che era il doppione di questo» e indicò con l’indice il medaglione che era tra le mani di Cristina, «ma era un falso. È una copia fatta alla perfezione ma il suo valore è inferiore e soprattutto non c’è lo stemma di famiglia inciso su. Quello, come qualunque altro oggetto presente in questa casa, va di diritto alla signorina Emilia Sarnelli» e indicò Emily. «Ma sono desolato di dovervi riferire che il falso medaglione risulta sparito».
Edited by Flover - 26/3/2023, 09:19
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