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Ester: la storia di una donna in carriera

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view post Posted on 17/4/2022, 16:35     +10   +1   -1

Maestro di Piedi

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PREMESSA
Questo è un racconto frutto della mia fantasia, ogni riferimento a persone o eventi reali è puramente casuale.

Antefatto: la serata che cambiò il destino di Ester

I tacchi sembravano particolarmente scomodi quella sera.
Ester tremava. Era forse più di mezz’ora che aspettava lì in piedi in quel viottolo. Ormai aveva perso la cognizione del tempo. Estrasse il cellulare dalla sua minuscola borsa e guardò l’orario: erano passate le 22 da qualche minuto. Ripose il cellulare nella borsetta e sbuffò. Si chiedeva chi glielo facesse fare di stare lì impalata ad aspettare. La tentazione di scappar via a gambe levate era molto forte. Fuggire via e ricominciare tutto da capo. Ma da cosa voleva fuggire esattamente? La risposta era solo una, e lei la conosceva benissimo.
Ma Ester alla fine rimase lì paralizzata. Almeno fino a che non sentì in lontananza il rumore di un’auto che si avvicinava. Rise di sé mentre i fari dell’auto la costrinsero a chiudere per qualche istante gli occhi. Era davvero così codarda da non riuscire a scappar via? Ma una parte di sé le suggeriva invece che ci voleva molto più coraggio per restare e inoltrarsi in quell’avventura piuttosto che darsela a gambe.
Ester aveva 24 anni e si era laureata da poco. La sua ambizione era quella di proseguire gli studi. Sfortunatamente non apparteneva ad una famiglia benestante ma non aveva diritto ad una borsa di studio o qualcosa di simile, e avrebbe dovuto sborsare una cifra notevole se avesse davvero voluto continuare a studiare. Suo padre era andato via di casa quando lei aveva pochi mesi e di lui non ricordava praticamente nulla, se non la sua totale assenza nella sua vita.

I capelli di Ester erano biondi come l’oro. Di solito li portava mossi, più raramente lisci. L’altezza non le mancava, era snella e molto slanciata, aveva gli occhi nocciola ed era fornita di tette e un culetto molto rotondi, tanto da sembrare quasi disegnati.
Il suo cuore prese a battere nervosamente quando la macchina accostò vicino a lei. Aprì lo sportello, si accomodò al lato del passeggero ed allacciò la cintura.
«Sei in ritardo» disse Ester, dando al suo tono di voce più autorità di quanto le appartenesse.
«Belle calze» fu la risposta dell’uomo che era alla guida, i cui pensieri erano rivolti a tutt’altro. Squadrò Ester, studiandola da capo a piedi. La ragazza indossava una minigonna molto corta che metteva in risalto le sue gambe sexy.
Dal canto suo, Ester osservò in modo obliquo il conducente dell’auto: era un uomo di mezza età, molto affascinante e taciturno. Era brizzolato e aveva degli occhi azzurri stupendi, e fisicamente era messo molto bene: non avrebbe avuto nulla da invidiare a un ventenne o un trentenne.
Il tragitto in auto durò circa dieci minuti, dopodiché l’uomo rallentò e infine arrestò la macchina. Erano in una zona molto isolata e poco illuminata, e in lontananza si sentiva solo il frinire dei grilli.

«Possiamo cominciare» disse la ragazza. «Calati pure i pantaloni».
Era ben consapevole quanto quell’uomo nella vita reale fosse un uomo molto gentile, ma che sapesse ricoprire fin troppo bene il suo ruolo nella società: era un gran lavoratore, una persona molto intelligente e benestante, sapeva vivere bene e godersi i lussi e i piaceri della vita, ma aveva anche una moglie e dei figli.
Ester conosceva benissimo anche la sua inclinazione sottomessa, e aveva indovinato che gradisse essere dominato da una donna giovane e che desiderasse essere masturbato a piedi nudi o avvolti in delle calze. Gli piaceva anche farsi fare del male a causa di quel suo pizzico di masochismo.
L’uomo obbedì all’ordine di Ester: la sua eccitazione, a giudicare dal rigonfiamento, era notevole. Ester avrebbe potuto soddisfare le sue fantasie, ma tutto quello aveva un prezzo ed anche piuttosto salato.

Ester slacciò la cintura e mise una sua gamba su quella di lui, che gemette.
«Secondo me stasera verrai nel giro di pochi secondi» disse Ester, usando una sfacciataggine che non sentiva come propria. Gli premette il suo tacco in una zona molto vicino all’inguine, schiacciando sadicamente per fargli molto male.
«Fai giusto un po’ più piano, per favore» sussurrò l’uomo.
Ma la ragazza non accennò a diminuire la pressione. Piuttosto, prese a premere con più quanta forza avesse.
«Ehi» disse lui, afferrando il piede di Ester tra le mani come per fermarlo.
Si fissarono negli occhi: l’uomo in modo interrogativo, Ester in segno di sfida.
«Non vedevi l’ora di essere sottomesso da una donna molto più giovane di te. Cosa c’è, non fa per te? Lasciami fare, ne rimarrai estasiato. Fidati di me».
Ester sembrava un po’ temere che all’uomo potesse non piacere la cosa. E dal momento in cui aveva deciso di mettere piede in quella macchina, la giovane donna era ben decisa a rendere quell’uomo il suo schiavo.

L’uomo dal canto suo rimase interdetto. Osservava le gambe di Ester con immenso desiderio, un desiderio che sembrava andare al di là di un rapporto di dominazione e sottomissione.
«Voglio che mi metti i piedi nudi sulla faccia» disse ansimando. Era l’unica cosa che in quel momento lo avrebbe potuto distogliere dal desiderio di possedere Ester come donna.
«Non ti metterò i piedi nudi sulla faccia» disse Ester, poggiandoglieli però sul cazzo eretto e duro. «Non dovevo essere io a comandare? E stasera voglio penetrarti la carne coi miei tacchi. Voglio farti male, e non era questo che volevi? Che ti facessi male?».
«Vuoi o non vuoi che ti aiuti con gli studi?» chiese l’uomo, che sembrava furente.
Ester arrossì.
«Non ho bisogno dei tuoi soldi. Sei tu che hai bisogno di me» rispose Ester, con la voce incerta. Stava bluffando, e lo sapeva benissimo. Aveva eccome bisogno di soldi. Ma non voleva rendersi debole agli occhi di lui.
Ci fu una pausa di pochi secondi. Il silenzio era rimbombante, ma diceva praticamente tutto.

«Credo sia meglio finirla qui. Torniamo a casa» disse infine l’uomo.
«Non voglio che finisca qui» disse Ester, che iniziava ad essere preoccupata. «Non abbiamo neanche ancora iniziato. Ora devi lasciarti traforare dai miei tacchi».
L’uomo per tutta risposta mise in moto la macchina.
«Spegni l’auto» disse subito Ester. «Altrimenti urlerò con quanto fiato ho in gola».
La sfida gliel’aveva lanciata, ora bisognava vedere lui come reagisse alla cosa.
L’uomo guardò verso l’esterno di lungo e in largo: non c’era anima viva, e dubitava ce ne sarebbe stata per un bel pezzo.
«Urla pure quanto vuoi» le disse, «non ti sentirà nessuno».
Ester sorrise e spense l’auto. Il suo era un ghigno alquanto malefico. Stava velocemente rendendosi conto che l’uomo l’avrebbe dovuta temere se avesse voluto ottenere dei risultati.
«Vogliamo provare allora?» disse la ragazza, con quel ghigno sempre stampato sul volto.
L’uomo fissò Ester per qualche secondo, sbattendo ripetutamente le palpebre. Sembrava nervoso. Anche se le possibilità erano le minori possibili, non avrebbe voluto dare l’idea di essere uno stupratore o un rapitore. Non ne valeva la pena di rischiare.
«Ti riaccompagno a casa» ripeté. Si ricompose e fece per rimettere in moto, ma Ester fu più veloce. Afferrò la chiave della macchina, aprì la portiera e la lanciò fuori con violenza, piuttosto lontano.
«Ma sei impazzita!» urlò l’uomo, furente e in preda al panico. «Esci e raccoglile immediatamente!».
«Lo farò» disse Ester, «se tu prima ti fai schiacciare il glande dal mio tacco».
«Sei solo una sciocca ragazzina ribelle» disse l’uomo, guardando Ester come se non l’avesse mai vista prima. La ragazza per tutta risposta gli diede uno schiaffo così forte da spiazzarlo. L’impatto fu molto doloroso, eppure la mano di quella ragazza sembrava così delicata.

L’uomo uscì dall’auto e prese a cercare le chiavi, aiutandosi con la torcia del suo cellulare. Fu un’operazione che richiese qualche minuto.

«Accompagnami a casa» disse Ester quando lui fu di ritorno. «Ma prima» aggiunse «devi leccarmi le scarpe».
L’uomo era in estrema difficoltà. Era eccitato forse come non lo era mai stato in vita sua, e sentirsi nelle mani di una ragazza che era apparentemente molto instabile emotivamente aumentava a dismisura la sua voglia di schizzare abbondantemente.
Ester gli avvicinò i piedi al viso, e questo lo riportò con i piedi per terra.
«Una sola leccata per scarpa» disse Ester. «Prima farai, prima ti sarai tolto il pensiero».
L’uomo fissò le scarpe della ragazza. Le suole erano molto sporche. Aveva davvero il desiderio di obbedire ad ogni singolo ordine di quella ragazza?
Il sussulto che ebbe alle parti basse sembrò suggerirgli di sì.
Prese tra le mani i piedi di Ester e avvicinò il viso alla suola della sua scarpa destra. Cacciò fuori la lingua ed era a pochi millimetri dal leccarla, quando Ester ritirò bruscamente i piedi e gli impedì di fare quello che doveva.
«Ma…?» mugolò confusamente l’uomo.
«Non c’è bisogno che lecchi le mie scarpe. Non ora. Era necessario sapere che tu fossi disposto ad obbedire. Ora se vuoi puoi riportarmi a casa» disse Ester, che col passare dei minuti cominciava ad avere sempre più consapevolezza di sé e dei propri mezzi.

Il viaggio di ritorno fu molto silenzioso. Ester sembrava in una sorta di trance.
L’uomo accompagnò Ester al punto stabilito, ma lei non si mosse.
«Be’…?» chiese lui.
«I soldi» disse Ester. «Hai dimenticato la cosa più importante».
«Ma non hai detto che non avevi bisogno dei miei soldi?».
«Sì, l’ho detto. Ma ho cambiato idea» ripeté la ragazza, tendendo la mano. «I soldi. Non per il mio corpo. Ma per il mio silenzio. Credi che a tua moglie e ai tuoi figli farebbe piacere sapere che paghi per farti torturare?».
L’uomo, dopo qualche istante di smarrimento, si decise finalmente a darle la grana.
«Molto bene» disse soddisfatta Ester. «Ora» aggiunse, allungando un piede verso di lui, «puoi leccare sotto la scarpa. Anzi, devi. Avrai questo onore».
L’uomo obbedì ciecamente e leccò la suola della scarpa di Ester. Il sapore era disgustoso, e tutta quella polvere gli diede quasi un senso di nausea, che però fu celato dal senso di eccitazione che aveva ricominciato a provare.
Ma in men che non si dica, Ester ritrasse la gamba, lasciando l’uomo imbambolato, in preda ai suoi desideri.
«Molto bravo, mi piace vederti così docile e obbediente» gli disse Ester. «Comunque sappi che non avrei mai rivelato la cosa, è che mi piace vederti tremare dalla paura come un pulcino indifeso. A presto, mio plebeo».
Gli scoccò un bacio sulla guancia e uscì dalla macchina con un sorriso. Dopotutto, avere il potere tra le mani non era così male.

Una volta a casa, Ester si stese sul suo letto e prese a fissare il soffitto, quando improvvisamente arrivò una notifica sul suo cellulare.
Sbuffò quando vide che era stata sua suocera ad inviarle il messaggio. Ma dentro di sé sapeva che avrebbe sbuffato chiunque fosse stato.
La madre del suo ragazzo le scriveva per riferirle che l’indomani mattina suo marito sarebbe passato a prenderla per recarsi in ospedale per far visita a Bernardo, il ragazzo di Ester, ricoverato perché quel buono a nulla si era spaccato il muso mentre sciava e doveva fare degli accertamenti.
Ester odiava il suo ragazzo. Non aveva mai avuto con lui particolare feeling caratteriale né sessuale, ma la goccia che aveva fatto traboccare il vaso c’era stata quando la ragazza, con una pressione incessante, era riuscita a fargli ammettere che lui l’aveva tradita con una donna sudamericana.
In realtà ad Ester non fregava nulla.
Lei e Bernardo si sarebbero dovuti sposare entro qualche anno, ma la loro relazione, seppur giovane, era grigia e spenta. Era stata sua madre ad insistere perché si mettesse con Bernardo.
Bernardo aveva 25 anni ed era il cosiddetto “buon partito”, quindi ciò che le interessava era il riscontro economico. Voleva garantire alla figlia un futuro con un marito benestante, ritenendo che lei fosse incapace di lì a breve di intraprendere una qualunque carriera lavorativa. E forse era questo uno dei motivi per cui non aveva intenzione di spendere altri soldi per i suoi studi. Li riteneva soldi buttati.
Ester odiava il suo ragazzo perché lui si voleva far passare per un santarellino quale non era. Ma lei sapeva benissimo che il suo improbabile matrimonio non avrebbe mai garantito loro la soddisfazione sessuale. Questo i genitori di lui non lo sapevano. Credevano che Ester fosse la classica ragazza acqua e sapone, che avrebbe sfornato due o tre figlioletti e che avrebbe badato alla casa con tanto amore e dedizione. E questa era l’ultima cosa che Ester desiderava.
Chissà cosa avrebbe detto Bernardo se l’avesse vista coi piedi sul cazzo di quell’uomo di mezza età.
Ester ridacchiava quando ci pensava.

Tre anni dopo

I.
Ne era passato di tempo da quella sera in cui una Ester ancora un po’ timida ma allo stesso tempo ribelle e sfacciata aveva estorto furbamente del denaro all’uomo di mezza età.
Ora di anni ne aveva 27, ed era sempre fidanzata con Bernardo, 28, che tradiva regolarmente alla sua insaputa. Il loro matrimonio era in una perenne “data da destinarsi” e così proseguiva la loro infelice relazione.
Ester era risultata vincitrice di una borsa di studio per il Dottorato di Ricerca in Studi Letterari, Linguistici e Storici presso la sua università e contemporaneamente lavorava per una redazione giornalistica, per cui aveva pubblicato un articolo formidabile sul femminismo e sui diritti delle donne. Aveva anche pubblicato un testo molto interessante, intitolato Chi sono io? Una vittima oppure un mostro?, in cui aveva trattato anche gli aspetti psicologici sulle riflessioni ed esperienze di ricerca sulla violenza di genere, in un mondo dove era l’uomo ad essere la vittima.
Era esperta di storia contemporanea, di antropologia ed etnologia, parlava fluidamente almeno tre lingue oltre alla sua lingua materna e conosceva anche alcuni linguaggi antichi.
Il suo nuovo obiettivo era quello di conseguire il titolo di Dottore di Ricerca ed aveva in mente di discutere una tesi piuttosto controversa sul doppio standard, un concetto applicato a diverse strutture morali, in particolar modo sugli uomini rispetto alle donne e viceversa.
L’idea le era venuta leggendo un romanzo pubblicato negli anni Sessanta dalla scrittrice statunitense Sylvia Plath, La campana di vetro, nella cui protagonista si rivedeva moltissimo.
A differenza del romanzo della Plath, ambientato negli Stati Uniti degli anni Cinquanta, in piena prosperità postbellica, dove la donna era palesemente vista come un essere subordinato all’uomo e vittima delle convenzioni sociali, il fulcro dell’elaborato di Ester, così come era successo col suo articolo, verteva su una grottesca alterazione del femminismo, laddove erano gli uomini vittime di violenza da parte delle donne, e soprattutto sulla presunta rovina della reputazione del maschio che si trova ad essere vittima di una donna: perché ci si scandalizzava (e giustamente!) se un uomo praticava violenza sulle donne, mentre al tempo stesso poteva ben capitare che l’uomo venisse preso in giro e deriso se denunciava di essere stato menato o maltrattato da una donna?

Edited by Flover 991 - 19/4/2022, 18:04
 
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view post Posted on 17/4/2022, 18:46     +1   +1   -1
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A metà tra schiavo e spirito libero

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Bravo, scrivi bene!
 
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Grande Flo. Finalmente!
 
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Molto bello e interessante. Grazie
 
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II.
Due colpi sordi alla porta dell’ufficio dell’università del Professor Ranieri, docente di Lingue e Letterature Angloamericane.
«Avanti» disse Ester, l’unica persona presente in quel momento nell’ufficio del docente.
Ad entrare fu Alessio Pisani, uno studente del corso di laurea magistrale. Era un ragazzo sui 25 anni, aveva i capelli neri e ricci, occhi neri, era alto e magro e portava gli occhiali. Era una persona molto a modo e vestiva bene.
«Buon…» disse mentre entrava, ma poi si paralizzò. Osservò con espressione stupita Ester, che aveva le gambe poggiate sulla scrivania del Professor Ranieri.
Pisani non poté che osservare quanto Ester fosse uno schianto.
Ester si mise composta, togliendo velocemente le gambe dalla scrivania, ma non sembrava per nulla a disagio per il fatto che uno studente l’avesse scoperta in una posizione così provocante in un ambiente così poco consono, anche se con l’attenuante che in quel momento era sola nella stanza.
«Sì?» disse interrogativa Ester.
«Io… sì, ehm…» disse Pisani, un po’ impacciato. «Ho appuntamento col Professor Ranieri».
«Non è orario di ricevimento del Professor Ranieri» fu la risposta di Ester. Osservava con aria di importanza e prepotenza Pisani, come una professoressa molto severa che da dietro una scrivania si tenesse pronta a fare un aspro rimprovero ad un suo scolaretto indisciplinato.
«Ma è stato lui a dirmi di venire oggi a quest’ora» disse Pisani sulla difensiva, un po’ in difficoltà. Possibile che avesse capito male?
Ester diede un’occhiata al ragazzo. Lo conosceva, eccome se lo conosceva. Era uno studente modello, e non credeva avesse avuto mai meno di trenta ad un esame. Sapeva che gli mancavano pochi esami al termine e che aveva intenzione di scrivere la tesi della magistrale con il Professor Ranieri come relatore, e questo per qualche motivo a Ester non faceva per nulla piacere. Era uno studente colto e fin troppo preparato.
«Avrai sbagliato a capire» disse Ester col tono di chi la sapeva lunga. «Oppure si sarà dimenticato. Non credo che tu sia abbastanza importante da farlo scomodare in un orario in cui non fa ricevimento. E come vedi, lui non è qui».

Pisani sembrò molto a disagio. Il suo volto si colorò di rosa.
«Puoi riferirgli…» chiese Pisani, ma Ester lo interruppe.
«Può» lo corresse la ragazza. «Non sono più una studentessa al tuo livello, sono di un livello superiore ora. Ti tocca darmi del lei».
Pisani era spaesato.
«Può riferirgli che sono passato?» si corresse.
«Certo che posso» rispose Ester, ma presto fu chiaro che la sua temporanea gentilezza era solo una messa in scena. «Posso ma non lo farò. Mandagli una mail. Forse ti risponderà».
«Lei crede» disse Pisani, sfidandola, cacciando fuori tutto l’orgoglio che fino a quel momento l’aveva tenuto calmo e trattenuto dal risponderle a tono, «che solo perché il Professor Ranieri è il suo tutor lei si può permettere di trattare le persone come meglio crede, guardandole dall’alto verso il basso?».
«Porta rispetto, ragazzino» gli rispose Ester, con un’irritante aria di superiorità e con un tono sensualmente minaccioso. «Sono abituata ad avere gli uomini ai miei piedi, non credere di poter alzare i toni con me. Altrimenti…» si alzò e gli si avvicinò, per poi sussurrargli nell’orecchio: «altrimenti laurearti ti costerà il triplo dell’impegno».
«È una minaccia?» chiese Pisani, tremante ed ansimante.
Ester sorrise, ma non rispose. Tornò a sedersi alla scrivania del Professor Ranieri.
«Posso esserle ancora d’aiuto, Signor Pisani? Ha bisogno di altro?» chiese la ragazza, cambiando drasticamente tono, ornando la sua bocca di un sorriso falso col quale spaesò Pisani, che però non disse nulla. Si limitò a voltare le spalle ad Ester e uscì dall’ufficio del Professor Ranieri.

III.
«Buongiorno ragazzi».
Quella mattina non fu il Professor Ranieri a tenere la lezione del corso di Lingue e Letterature Angloamericane; fu Ester, che entrò in aula vestita e truccata elegantemente, come se invece di dover andare a spiegare degli argomenti a degli studenti universitari fosse dovuta andare ad una festa, o peggio, a sedurre.
«Questa mattina il Professor Ranieri ha avuto degli impegni improrogabili. Di conseguenza sarò io a sostituirlo. Mi prenderò io il disturbo di tenere la lezione».
Ester seppe di aver catturato in un istante l’attenzione di tutta l’aula. C’era chi la fissava con desiderio, chi con ammirazione, chi con un pizzico d’invidia. E chi con odio feroce.
«A quanto ne so» riprese Ester, mettendosi seduta sulla cattedra ed accavallando le gambe, «una delle autrici che affronterete nel corso è Margaret Atwood. Mi ricordate quali sono le altre autrici?».
«Sylvia Plath, Kate Chopin e Charlotte Perkins Gilman» rispose una studentessa, troppo ingenua perché capisse che Ester sapeva fin troppo meglio di lei e di chiunque altro presente in quell’aula quali fossero tutte le autrici affrontate in quel corso.
«Un vero e proprio corso sul femminismo» disse Ester con finto stupore. «E ritenete che un uomo stia affrontando in modo idoneo certi argomenti? Quanto si immedesima il Professor Ranieri nelle protagoniste delle varie opere?».
Gli studenti in aula si fissarono tra di loro, incerti sul se e sul come rispondere.
Ester diede in una risatina, facendo sciogliere di un po’ la tensione che si stava venendo a creare.
«Scherzo, ragazzi» disse. «Il Professor Ranieri è preparatissimo e credo che in pochi in questo Ateneo siano in grado di tenere un corso sul femminismo alla perfezione quanto lui. Il fatto che sia un maschio non vuol dire assolutamente nulla. Ha tantissimo cervello quell’uomo. Ma torniamo a noi. Stamattina desidero affrontare un argomento riguardo la Atwood. Scommetto che la maggior parte di voi qui dentro ha un abbonamento Netflix. Avete mai visto la serie L’altra Grace? È ispirata al romanzo omonimo della Atwood. Dubitando che molti di voi ne abbiano mai sentito parlare, vorrei parlarne io stamattina».

Colui che aveva accolto con odio l’ingresso di Ester in aula, e cioè lo studente Pisani, ebbe la faccia tosta di interromperla.
«Ma L’altra Grace non fa parte del programma. Della Atwood dobbiamo studiare La porta. Null’altro».
Ester fissò Pisani e gli si avvicinò.
«Gli studenti alzano la mano e chiedono il permesso se vogliono parlare mentre io sto spiegando» disse con tono severo. «Si alzi e mi segua alla cattedra».
«Perché?» chiese Pisani a disagio.
«Si avvicini alla cattedra» incalzò Ester. «Niente domande. O per me può anche abbandonare l’aula».
Seppur titubante, Pisani si alzò e raggiunse Ester alla cattedra.
«Ora può spiegare a tutti i suoi colleghi un buon motivo per cui lei reputa opportuno dire a me di cosa parlare durante una lezione che sto tenendo io e non lei. Credo che saranno tutti affascinati dalle sue motivazioni» gli disse Ester, porgendogli il microfono. Pisani lo afferrò, incerto. Fu un gesto automatico, ma la sua intenzione non era di certo quella di parlare davanti a tutti i suoi colleghi.
In aula si respirava un’aria piuttosto strana. Qualcuno fece una risatina nervosa, qualcun altro sembrava in apprensione. In quegli istanti il silenzio era assordante, ma la cosa non durò moltissimo. Ester riprese il microfono dalla mano di Pisani e disse con aria trionfante: «Ecco, come immaginavo». Sorrideva soddisfatta. «Lei non ha neanche una buona motivazione per dirmi come insegnare. Quindi torni al suo posto e taccia, a meno che non abbia qualcosa di intelligente e interessante da dire. Se non le piace l’argomento del giorno, quella è la porta».
Rosso in faccia, Pisani tornò al suo posto, senza osare guardare nessuno negli occhi.

«Dopo questa brusca e inutile interruzione, riprendiamo il nostro argomento» disse Ester agli studenti. «A meno che qualcuno non abbia qualcosa da obiettare» aggiunse, ma nessuno in quell’aula sembrava particolarmente voglioso di farsi mettere alla prova da Ester. «L’altra Grace» riprese a parlare dopo qualche attimo di silenzio, constatando che nessuno era contrariato dalla novità dell’argomento che aveva intenzione di affrontare. «Come ha fatto notare il vostro collega, non fa parte del programma. Ma potrete dormire sogni tranquilli: L’altra Grace non sarà oggetto di esame. Per una lezione possiamo parlare di femminismo affrontando anche un argomento che non è oggetto diretto del corso. Ragioneremo sull’aspetto cruciale della trama, senza tuttavia spoilerare troppo. Per chi cova il desiderio proibito di vedere la serie, o meglio ancora, di leggere il romanzo della Atwood dal quale è ispirata la serie. Grace Marks: assassina o vittima? Perché una donna viene quasi sempre considerata una vittima? Essere una donna, e questo in epoche più remote era la regola del giorno, obbliga a sopprimere alcune parti della propria personalità. Cosa succede a tutta quell’energia negativa accumulata? Viene trasformata in rabbia? Quanto può far male una donna?».
Gli unici suoni in quell’aula, oltre alla voce di Ester, provenivano dai suoi tacchi. Tutti gli studenti ascoltavano rapiti il discorso che, tutti erano certi, Ester aveva preparato alla perfezione. E questo diede da pensare a Pisani: se il Professor Ranieri fosse stato semplicemente colto da un imprevisto, come aveva fatto Ester a preparare così velocemente il suo discorso? Lo teneva già pronto, era stata una cosa programmata?

«Pisani?» disse Ester, facendo sobbalzare il ragazzo, che per un attimo temette che Ester avesse letto nella sua mente, interpretandone i suoi pensieri e i suoi dubbi. «Pisani, torni qui alla cattedra. Ho un quesito da porle».
Pisani si alzò, e nervosamente raggiunse il posto cattedra.
«Lei è fidanzato?» chiese Ester, per poi ridargli nuovamente il microfono.
«No» rispose il ragazzo. Aveva la voce agitata e gli sudavano le mani.
«No» gli fece eco Ester. «Immagina di essere fidanzato con una ragazza. E immagina che la sua fidanzata, dopo una discussione, la picchi. E poi mi risponda a due domande. La prima: quanto, secondo lei, una donna può far del male? La seconda: se la sua ragazza la picchiasse, lei come si sentirebbe? Avrebbe il coraggio di denunciare la cosa, o si sentirebbe solo un debole, avendole prese da una donna? Avrebbe vergogna? Si sentirebbe umiliato?».
«Stessi diritti e doveri» disse Pisani, con la voce tremante per il nervoso. «Se una donna fa del male a chiunque esso sia, deve essere denunciata e punita. La legge è uguale per tutti».
«Come mai non è a Giurisprudenza, Signor Pisani?» chiese Ester. «Forse ha capito bene come funziona il mondo. Siamo nel XXI secolo, è ovvio che gli uomini e le donne debbano avere stessi diritti e doveri. Ma il mondo non funziona così. Non ancora. E non saremo di certo noi a cambiarlo. Vero?».
«Vero» confermò Pisani.
«Vero?» ripeté Ester. «E lei si arrende così? Accetta passivamente per buono qualunque cosa gli venga detta? Non potremo mai veramente cambiare il mondo se non ci crediamo nemmeno noi. Torni al suo posto, grazie».
 
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view post Posted on 21/4/2022, 10:21     +1   +1   -1

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Bello. Mi sembrava di star seduto all'università. Tema nuovo e personaggio femminile per il momento stupendo e anche credibile. Il grande ritorno di una delle penne migliori del forum.
P. S. Sarebbe possibile l'ingresso di una zia? Una che non conosca i congiuntivi e rida hihihi. Tanto per uniformarsi agli altri racconti.
 
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view post Posted on 21/4/2022, 16:43     +1   +1   -1

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Un racconto nuovo... basterebbe già questo per renderlo interessante.
Scrivi benissimo
 
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view post Posted on 21/4/2022, 16:46     +1   +1   -1
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Sottomesso anomalo. Più unico che raro

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Bentornato Flover. Inizio col botto. Ma leggere i tuoi racconti dopo essere stato costretto a leggerne altri è come respirare una boccata d'aria fresca. Fare un paragone con padrona Sofia è come mettere in campo il Real Madrid e il Portonaccio football club. Si denota cultura, ricerca e una capacità di scrittura che quasi nessuno su questo forum possiede.

Compienti quindi
 
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view post Posted on 21/4/2022, 18:34     +1   +1   -1

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CITAZIONE (Maxslave5 @ 21/4/2022, 11:21) 
Bello. Mi sembrava di star seduto all'università. Tema nuovo e personaggio femminile per il momento stupendo e anche credibile. Il grande ritorno di una delle penne migliori del forum.
P. S. Sarebbe possibile l'ingresso di una zia? Una che non conosca i congiuntivi e rida hihihi. Tanto per uniformarsi agli altri racconti.

C'è stato l'ingresso già di una suocera all'inizio :) spero non ti sia sfuggita.

CITAZIONE (piedisporchi79 @ 21/4/2022, 17:43)
Un racconto nuovo... basterebbe già questo per renderlo interessante.
Scrivi benissimo

Grazie!

CITAZIONE (Davide Sebastiani @ 21/4/2022, 17:46)
Bentornato Flover. Inizio col botto. Ma leggere i tuoi racconti dopo essere stato costretto a leggerne altri è come respirare una boccata d'aria fresca. Fare un paragone con padrona Sofia è come mettere in campo il Real Madrid e il Portonaccio football club. Si denota cultura, ricerca e una capacità di scrittura che quasi nessuno su questo forum possiede.

Compienti quindi

Ormai lo sai benissimo, io cerco sempre di creare una storia complessa e articolata in cui inserire delle fantasie. Ci sono dei capitoli in cui non c'è traccia di una pratica, ma in quei capitoli cerco di far trasparire aria di dominazione. Cosa che ovviamente può non piacere ad alcuni lettori, che magari cercano una storia più semplice ma che vada dritta al punto, alla pratica. È sempre degustibus alla fine. Su questo racconto ci sto da un po' di tempo, ma poi ho deciso di dividerlo in due racconti diversi, il prossimo sarà il prosieguo di questo.

Grazie a chi leggerà e apprezzerà. E a chi non apprezzerà anche.
 
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view post Posted on 23/4/2022, 17:09     +4   +1   -1

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IV.
«Buonasera eh» disse Ester arrabbiata, entrando in un’auto e sbattendo molto forte la porta. «Sei in ritardo. Tu sei sempre in ritardo».
«Lo sai benissimo che sono sposato» disse l’uomo di mezza età, lo schiavo di Ester.
«Mollala, no? Sono tre anni che mi fai da schiavo, tua moglie avrà intuito qualcosa voglio sperare».
«Vuoi sperare?» disse l’uomo. «Stai scherzando, spero. Se mia moglie lo venisse a sapere…».
«Oh dai smettila» esclamò Ester divertita, con un sorrisetto furbo. «Tua moglie sa. È una donna, alle donne difficilmente sfugge qualcosa. Vuole semplicemente salvare il matrimonio. Ma forse si aspetta che tu abbia una semplice amante. Se sapesse quello che fai davvero» sorrise maliziosamente, «probabilmente ti chiederebbe il divorzio. Parti» gli ordinò con tono autoritario.
«Sì padrona».
L’uomo obbedì e in men che non si dica furono giunti in un luogo molto appartato.
«Perché hai voluto che venissimo in un luogo isolato?» chiese l’uomo un po’ in apprensione.
«Si fa quello che decido io» disse la ragazza. «Ti stai abituando troppo alle comodità domestiche, non va bene. Spero che i vestiti che indossi stasera non siano molto costosi» aggiunse Ester con un ghigno.
«Perché?» chiese lui, un po’ preoccupato.
«Perché stasera ti metterai steso per terra, sul terreno freddo e umido. Ti si sporcheranno tutti i vestiti. E se mi va te li romperò con le suole delle scarpe». Ester fissò l’uomo negli occhi, aspettando che si muovesse ad eseguire ciò che lei gli aveva ordinato, ma non senza sperare di vederlo supplicare che non fosse troppo severa. Amava tantissimo negargli quello che lui le chiedeva pregandola in ginocchio. «Non mi interessa se non sei d’accordo. E ora muoviti, obbedisci ai miei ordini».
«Non possiamo la prossima volta? Per favore» supplicò l’uomo, e nel suo tono di voce era più che percepibile il suo timore.
«Non se ne parla» disse Ester categorica, diabolicamente eccitata dal fatto che lui l’avesse davvero supplicata. «E ora vai giù. Muoviti!» urlò la ragazza, spaccando quasi i timpani allo schiavo.
L’uomo sembrò rassegnato all’idea di non avere scelta. Scese dall’auto e, come gli fu ordinato dalla sua giovane e seducente padrona, si mise disteso sul terreno. Provava una sensazione di umiliazione e di debolezza estrema.
«Mettiti su di un lato, schiavo» gli ordinò con tono caldo Ester dall’alto, a migliaia di chilometri più su.
Quella nuova posizione richiesta da Ester era ancora più scomoda e umiliante di quella che aveva appena abbandonato, ma l’uomo non ebbe nemmeno il tempo di rimuginarci troppo che Ester gli mise un piede sulla guancia. Indossava delle scarpe coi tacchi a spillo: gli mise la punta del piede sulla parte superiore della testa e il tacco sulla guancia.
Faceva una pressione piuttosto forte, cosa che mise a dura prova la resistenza dell’uomo. Iniziò a tremare e a lamentarsi dal dolore. Era leggermente in affanno e il suo cuore batteva forte. Per tutta risposta Ester premette ancora più forte col tacco, facendogli seriamente male. L’uomo si sentiva umiliato a stare lì, su quel terreno freddo, schiacciato dai tacchi di quella ragazza così bella e seducente, a dover fare le cose più strambe per i suoi capricci, e questa cosa lo eccitava come nessun’altra cosa al mondo. Avvertì un tremolio molto forte, quasi come se fosse stato uno spasmo orgasmico.

L’improvviso squillo del cellulare di Ester salvò in un certo senso l’uomo. Lei continuava a tenergli il piede sul volto, col tacco che gli perforava la pelle, ma la pressione si allentò di un po’ mentre cercava il telefono.
«Pronto? Ehi… ciao amore! No, no mi dispiace, stasera non ci sono. Sì esatto. Sono con lo schiavo. Mi hai chiamato troppo tardi… ma possiamo vederci domani se vuoi. Sì, domani sera va benissimo… non vedo l’ora di vederti, ti devo raccontare un sacco di cose! Bene, bene, a domani allora! Ciao ciao».
«Era il tuo ragazzo?» le chiese debolmente lo schiavo, molto dolorante al volto e in una posizione incredibilmente scomoda.
Ester rise.
«Il mio ragazzo? Nemmeno gli avrei risposto».
L’uomo fece una faccia un po’ strana, come se avesse ricevuto un forte schiaffo in faccia.
«Ma tu vai dicendo in giro…?».
«Quello che dico in giro non ti riguarda! E ora voglio che ti cali i pantaloni. Voglio provocarti i genitali coi miei tacchi».
Lo schiavo deglutì, ma lo squillo del cellulare di Ester salvò l’uomo per la seconda volta in pochissimi minuti.
«Chi diamine…?» disse la ragazza, che sembrava colta di sorpresa.

Il volto di Ester si irrigidì di botto. Per la tensione schiacciò ancor più forte la guancia del suo schiavo.
«Ahi!» protestò l’uomo.
«Zitto e non fiatare!» gli intimò Ester. «Pronto, buonasera! Come sta?».
Il suo tono era totalmente differente da quello severo e austero che aveva utilizzato con il suo schiavo, ma anche da quello allegro e cordiale che aveva usato durante la prima telefonata. Ester sembrava adulatrice e molto nervosa.
«Non bene, come lei immagina. Ho dovuto disturbarla di sabato sera e non ho piacere di questo» disse l’interlocutore di Ester, un uomo dalla voce profonda.
Ester esitò qualche istante, poi si fece forza.
«Cosa è successo? Qualcosa di grave?».
Questa volta fu il misterioso interlocutore ad esitare.
«Qualcuno ha mandato una lettera di reclamo al Rettore. C’è stata una lamentela secondo cui lei sarebbe troppo aggressiva e inoltre affronterebbe argomenti troppo forti. Ma ne parleremo dal vivo, non è questo il momento né tantomeno il mezzo opportuno. Volevo solo avvisarla».
Ester premette, se possibile, ancora più forte sulla faccia del pover uomo ai suoi piedi, che urlò forte dal dolore. Quindi Ester lo guardò storto, con fare minaccioso, come a dire “guai a te se fai un solo rumore”, sfilò via la scarpa e gli poggiò un piede velato dalla calza sulle labbra e pressò più forte che poté, in modo da non permettergli di emettere un solo suono e metterlo a tacere. Lo schiavo di Ester a malapena riusciva a respirare, ma restò lì inerme sotto ai suoi piedi, senza prendersi la briga di fare un solo movimento e il minimo rumore, apprensivo per l’umore di Ester che stava progressivamente peggiorando, cosa che non avrebbe potuto che nuocergli in caso anche di un minimo passo falso.
«Qualcuno chi? Questo posso saperlo?» chiese Ester agitata.
«Questo nessuno lo sa» rispose il suo interlocutore. «La lettera era anonima».
«Nemmeno le palle di metterci le faccia!» urlò Ester. «E certo, altrimenti me le avrebbero dette in faccia certe cose. Non hanno le palle!».
«Come, scusi?» chiese l’interlocutore, fingendo di non aver capito.
«Niente» si affrettò a rimediare Ester, ma era troppo tardi: ormai il danno era fatto. «Ma io credo di sapere chi è stato».
«Lei crede… lei crede di sapere?» chiese l’uomo, che sembrava arrabbiato. «Allora le accuse non sono infondate! Cosa ha combinato? Le ricordo che deve mantenere un certo tono e un certo contegno se aspira alla cattedra! E soprattutto se vorrà davvero partecipare al progetto di… be’, ha capito».
«Non ho combinato nulla» si difese Ester. «Ho semplicemente riferito ad uno studente che il Professor Ranieri non era disponibile per il ricevimento, ma quel tipo sembra essersela presa sul personale!».
«Non sono faccende che mi riguardano. Piuttosto, dov’è il Professor Ranieri? Perché non sta venendo più all’università?».
«E che vuole che ne sappia io?» disse Ester, piuttosto alterata.
«Ne riparleremo lunedì mattina. Buon proseguimento di serata» tagliò corto l’interlocutore.
«Buon proseguimento» disse Ester, ma in quel momento l’interlocutore mise giù la linea, «a lei! Passa un buon sabato sera anche tu! Brutto figlio di…» urlò, anche se ormai nessuno poteva sentirla, ad eccezione del suo schiavo, che giaceva inerme sotto la pressione del suo piede, che però fu presto cessata.

«Accompagnami subito a casa!» urlò Ester al suo schiavo, che non osò contraddire la sua padrona e acconsentì subito.
«Cosa è…?» azzardò a chiedere l’uomo, ma Ester gli diede uno schiaffo molto forte.
«In questo momento non hai nessun diritto a farmi domande. Non hai nemmeno diritto di parola. Voglio essere a casa nel più breve tempo o per te saranno guai».
L’uomo mise in moto l’auto e partì.
«È che sono un po’ preoccupato, padrona» mormorò lo schiavo.
«Io se fossi in te sarei più preoccupato per la tua integrità fisica se continui ancora a fiatare. Ti ho detto di stare zitto» disse Ester gelida, e lì l’uomo capì che era arrivato il momento di tacere definitivamente.
 
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view post Posted on 26/4/2022, 16:42     +5   +1   -1

Maestro di Piedi

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V.
Alessio Pisani passeggiava tranquillo, godendosi l’aria fresca serale sul volto. Quella sera si sentiva irrequieto. Più volte si guardò alle spalle, sentendosi osservato e seguito: una sensazione spiacevole e inquietante. Ancora non aveva ricevuto risposta dal Professor Ranieri, e la cosa sembrava sospetta: lui era sempre stato un docente molto efficiente e disponibile. Si era assentato già più volte nel giro di alcuni giorni e non aveva lasciato alcuna comunicazione. Era stata Ester a tenere le sue lezioni ed era sempre stata molto vaga sul motivo del reiterarsi delle assenze del professore.

L’attenzione di Pisani fu catturata da una ragazza seduta su una panchina intenta a fumare. Quella ragazza era stravagante ed eccentrica, aveva dei capelli a caschetto biondi così chiari e lucenti da sembrare quasi bianchi, e la cosa andava a contrastare con la sua maglietta nera, e, notò Pisani avvicinandosi sempre di più a lei, nero era anche il colore dei suoi occhi. Cosa che contrastava a sua volta con una dose eccessiva di trucco sul suo volto. Indossava inoltre una graziosa montatura di occhiali da vista. Il colore del rossetto era bordeaux. Aveva alle mani delle lunghissime unghie finte di vari colori, tra cui rosso, celeste e rosa.
Pisani esitò. Fissò per qualche istante quella ragazza dall’aria sinistra. Era sicuro di averla già vista da qualche parte. Forse stava dando troppo spazio all’immaginazione, ma ebbe l’inspiegabile sensazione che quella ragazza non fosse lì per caso.
Ma lei non diede l’impressione di aver notato che uno sconosciuto l’avesse fissata fin troppo a lungo. Oppure stava semplicemente fingendo di non essersene accorta. Tutto quello che fece fu dare un’occhiata veloce e indifferente a Pisani, per poi tornare a dedicarsi al fumo e a chissà quali pensieri.
Pisani si costrinse ad ammettere di aver lavorato troppo di fantasia ed entrò nel pub verso cui era diretto quella sera.

«Che faccia» fu il saluto di Giusy, una delle migliori amiche di Pisani non appena lo vide. «Tutto ok Ale?».
Giusy si era laureata alla triennale con Pisani, ma non aveva proseguito gli studi. Aveva trovato lavoro e non sentiva l’esigenza di continuare a studiare. Era una ragazza di media statura, aveva dei lunghissimi capelli neri e un viso molto grazioso, non era eccessivamente in carne ma era molto formosa, generosa soprattutto di seno.
«In realtà sono un po’ pensieroso» riferì Pisani, ordinando una birra. «Il Professor Ranieri… tieni presente vero?».
«Sì» confermò Giusy.
«Ecco, io intendo preparare con lui per la tesi della magistrale. Ma sembra essere sparito. Non risponde alle mail, non si è presentato all’appuntamento a ricevimento e non sta venendo a lezione».
«Sarà malato» buttò lì Giusy, anche se sembrava incerta. «Perché ti turba così tanto l’assenza del prof?».
«Io…» cominciò Pisani, ma non terminò di dire ciò che pensava.
«Tu?» chiese Giusy, visibilmente preoccupata. «Hai paura possa essergli successo qualcosa?».
Ma Pisani non stava dando ascolto a Giusy. Si era accorto che la ragazza eccentrica che aveva visto sulla panchina era appena entrata nel pub, e la cosa ebbe l’effetto di far lavorare di nuovo la sua mente a gran velocità. Ma lei non diede il sentore di averlo notato. Si sedette al bancone e ordinò anche lei una birra.

Pisani tornò in sé e guardò Giusy negli occhi.
«Guarda quella ragazza che è appena entrata» le disse sottovoce. «Non è inquietante? Non farti notare però».
Giusy osservò la ragazza per poi tornare a guardare Pisani.
«Ale, ti senti bene?» gli chiese preoccupata. «A me sembra una ragazza normalissima. Cosa c’è che non va in lei?».
«Non lo so» si costrinse ad ammettere Pisani, «ma a un certo punto ho avuto una sorta di sesto senso». Giusy lo ascoltava sempre più preoccupata. «Era seduta su una panchina là fuori» proseguì Pisani, «sembrava come se stesse aspettando qualcuno o qualcosa. A una certa ho quasi pensato che fosse lì per me. Ed ora entra in questo pub».
«Be’» commentò Giusy incerta, «tantissime persone entrano ed escono da questo pub. Non lo so, Ale, perché dovrebbe essere qui per te? Cioè… anche se fosse, perché non si avvicina e ti parla?».
«Forse aspetta che io stia da solo» suggerì Pisani. «Magari mi sta solo spiando» azzardò a un certo punto, a disagio.
Giusy inarcò le sopracciglia.
«Non credo che stesse aspettando che tu fossi solo» ribadì Giusy. «Altrimenti ti si sarebbe avvicinata quando l’hai vista di fuori. E perché mai una sconosciuta dovrebbe pedinarti?» gli chiese scettica.
«Senti, non lo so» ribatté Pisani. «So solo che ultimamente stanno succedendo cose strane».
«Cose strane?» ripeté Giusy. «Un professore che non risponde ad una mail e si assenta per qualche lezione… una ragazza che entra in un pub a bere una birra. In effetti è stranissimo. Nessuno mai ha fatto una cosa del genere». L’ironia della ragazza era piuttosto tagliente, e Pisani ne sembrò irritato.
«Dai, sono serio!» disse Pisani. «Ma questa non è l’unica cosa strana».
«Senti, vuota il sacco» disse Giusy, che aveva abbandonato l’ironia e sembrava nuovamente preoccupata per l’amico. «Vuoi dirmi cosa succede?».

Pisani parve riflettere. Era come se si stesse decidendo ad ammettere qualcosa a fatica.
«Credo che l’assistente del Professor Ranieri mi abbia preso di mira. Secondo me si diverte ad umiliarmi».
Lo scetticismo di Giusy non si lenì.
«Facciamo finta sia vero» disse la ragazza, che non capiva dove il complottismo di Alessio Pisani stesse andando a parare, «ma non riesco a capire che nesso ci sia tra l’assenza del prof, la sua assistente che ti ha preso di mira e la ragazza che è entrata nel pub a bere una birra».
Pisani sembrò sconcertato. Era come se stesse cercando di mettere in piedi un castello di carte su di un piano instabile in una giornata molto ventosa.
«Il professore di Antropologia si sta dedicando a degli studi molto particolari» spiegò Pisani. «Andrà all’estero per autenticare la traduzione di tre tavolette molto antiche. Tre tavolette su cui ci sono scritte delle cose».
«Alessio, non ti seguo» disse Giusy, scuotendo la testa. «Secondo me sei solo molto stressato per gli esami e la tesi, e ti capisco».
«No che non mi capisci!» urlò Pisani sbattendo il pugno sul tavolo, facendo sobbalzare Giusy. «Sai chi probabilmente parteciperà al progetto, andando a fare questo soggiorno all’estero?».
«Chi?».
«L’assistente del Professor Ranieri».
Giusy sembrava disorientata.
«Va bene, basta» gli disse. Ora sembrava molto preoccupata. «Stai avendo una crisi di nervi, Ale. Hai assolutamente bisogno di una bella dormita».
«Non ho bisogno di dormire!» protestò Pisani. «Quello che volevo dirti è che… be’, a me piacerebbe andare all’estero e partecipare a questo progetto. Giusy, pensaci! Per il curriculum sarà oro!».
Giusy quasi sobbalzò.
«Ma se nemmeno sei ancora laureato alla magistrale… non prenderanno mai te, dai Ale sii realista! L’assistente del prof è una dottoranda come minimo, tu hai solo la laurea breve».
Pisani arrossì.
«E con questo che vorresti dire?» sbottò il ragazzo. «A breve sarò laureato alla magistrale».
«A breve» sbuffò Giusy. «Quanto a breve? Devi sostenere ancora gli esami del secondo semestre, poi devi scrivere una tesi e discuterla, passeranno mesi e mesi. Nel frattempo di tavolette ne avranno tradotte non tre, ma trenta. Immagino che l’assistente del prof abbia un curriculum molto più interessante del tuo».
«Giusto» disse amaramente Pisani. «E poi è una donna, vero?».
«Scusami, ma che c’entra questo?» chiese Giusy, che sembrava ormai scocciata dalle farneticazioni dell’amico.
«E lei è tutta quella che dice che il femminismo è importante, il femminismo così, il femminismo così…» continuò il ragazzo, che parve non aver sentito Giusy. «Ma in verità lei non cerca la parità dei sessi. Lei odia i maschi e si diverte a ridicolizzarli. Avrà sedotto il Professor Ranieri, qualche mezzo ha usato! È solo una pazza. Sapessi quant’è estasiata dalla violenza delle donne contro gli uomini. Lei se potesse mi calpesterebbe in aula davanti a tutti».
Giusy mise d’istinto la mano sulla fronte di Pisani come a voler controllare se avesse la febbre.
«Secondo me sei accecato dalla gelosia» disse infine. «Sei semplicemente invidioso che lei prenderà parte a questo progetto ambizioso e tu non potrai, e questo posso capirlo. Ma stai tranquillo, Ale: arriverà la tua occasione». Sorrise e gli fece una carezza affettuosa sulla guancia. «E stai molto attento prima di fare una qualsiasi accusa senza un minimo straccio di prova».

Improvvisamente accadde qualcosa che interruppe la loro conversazione. La ragazza dai capelli lucenti si avvicinò al loro tavolino. Non si avvicinò però a Pisani, né gli rivolse lo sguardo né tantomeno la parola: fu a Giusy che parlò.
«Avete da accendere? Non trovo più l’accendino».
Benché dimostrasse di avere su per giù dai 20 ai 25 anni circa, la ragazza aveva una voce piuttosto infantile per la sua età.
Giusy studiò per qualche secondo la ragazza eccentrica.
«No, mi dispiace» le disse infine. «Non fumiamo».
«Non fumate?» chiese la ragazza eccentrica, con un tono quasi supplichevole, infantile e forzato, che Pisani interpretò come canzonatorio. «Che peccato». Fece una strana risatina. «Però fate bene dai. Ciao ciao».
La ragazza mandò un bacio con la mano a Giusy, si voltò e andò via, continuando a ignorare Pisani.

«Ecco, lo vedi?» urlò Pisani, sbattendo per l’ennesima volta in quella serata un pugno sul tavolo. «Avevo indovinato. Quella tipa era qui per me».
«E se era qui per te perché non ti ha parlato?» chiese Giusy esasperata, come a sfidarlo.
«Non lo so, ma perché su tante persone che ci sono qui dentro si è avvicinata proprio a noi? Non è andata a chiedere da accendere a nessun altro se tu non lo avessi notato. Se la sua reale intenzione era quella di trovare un accendino non si sarebbe fermata solo al nostro tavolino. Non possono essere solo delle coincidenze, sotto c’è qualcosa di molto strano!».
«Secondo me ci ha solo sentiti parlare e ha ritenuto assurdo quello che hai detto e si voleva fare due risate» buttò lì Giusy, che poi si alzò. «Io torno a casa» aggiunse, sbadigliando. «Sono molto stanca e ho bisogno di riposare. Ma tu ne hai più di me. Torna a casa e fai una bella dormita. Buonanotte Alessio».

VI.
«Schiavo ho voglia di un caffè. Sbrigati!».
Ester era a casa sua dove viveva ormai da sola. Si stava rilassando sul divano facendo zapping alla tv. Aveva incaricato il suo schiavo personale di ricopiarle dei documenti in un unico file al pc, ma non disdegnava di farsi viziare con faccende domestiche. Si divertiva tanto a distrarlo dai compiti che gli aveva assegnato per fargli fare altro e adorava farlo stancare. Adorava poi punirlo quando non tornava velocemente a fare quello che stava facendo prima, per dimenticanza o per stanchezza.
«Ecco il caffè, padrona» disse lo schiavo dopo qualche minuto, porgendole una tazzina.
«Siediti un attimo qui vicino» gli disse Ester. «Ho un altro compito da assegnarti».
«Entro quanto tempo?» le chiese lo schiavo, un po’ preoccupato.
Con tutta la naturalezza di questo mondo Ester si alzò e gli diede un forte e rumoroso schiaffo sul viso.
«Non devi perdere tempo a fare domande stupide come te» gli disse. «Ti conviene eseguire gli ordini se non vuoi ritrovarti la faccia piena di schiaffi. Poi come giustifichi le guance tutte rosse a tua moglie?». Ester fece una smorfia sadica.
«Chiedo scusa, padrona» disse lo schiavo.
«Va un po’ meglio» disse Ester. «Anzi, ora ringraziami perché ti concedo l’onore di stare seduto mentre ascolti un mio ordine».
«Grazie padrona» mormorò lo schiavo.

L’uomo si guardò in giro nella stanza e si diresse verso una sedia per poi afferrarla.
«Cosa credi di fare?» gli gridò contro Ester. Lo schiavo la guardò interrogativo.
«Non dovevo sedermi?» chiese lui, incerto.
«Ah-ah!» si beffò Ester di lui, facendo una risata forzata. «E tu credevi di poterti sedere su una sedia come un essere umano che ha anche dei diritti? Quanto sei ingenuo. Ti devi sedere per terra, ai miei piedi. Com’è normale per uno schiavo nei confronti della sua padrona».
L’uomo obbedì meccanicamente e si sedette per terra, molto vicino ad Ester. Sentì il cuore che iniziava ad accelerare, ma non ne fu stupito. La vicinanza con una ragazza così bella, giovane ed austera lo eccitava sempre come un matto, ed ogni volta era come la prima, se non addirittura ancora meglio.
Ester, che aveva le gambe comodamente poggiate sul divano, gli porse un piede velato dalle calze.
«Bacia la punta e chiedi scusa per essere stato così sfacciato».
Lo schiavo, con ormai il membro alla massima eccitazione, le baciò le dita e le chiese scusa. Tremò intensamente quando le sue labbra ebbero contatto con la morbida pelle profumata della sua padrona. Dopodiché Ester gli porse il dorso della mano.
«Ora baciami la mano e ringraziami per tutti questi onori che ti sto concedendo oggi».
Con una passione ancor maggiore e col cuore che batteva ancora più forte, col membro che ormai pulsava all’impazzata, l’uomo afferrò la sensuale mano di Ester e gliela baciò delicatamente.
«Sei eccitatissimo, vero?» gli chiese Ester dolcemente, sfiorandogli il sesso con l’alluce e facendolo trasalire. «Ti devi trattenere però». Con queste parole lo gelò completamente, ma allo stesso tempo la cosa non faceva che aumentargli l’adrenalina in corpo, e il tono sensuale della ragazza contribuiva di parecchio. «Quando avremo finito il lavoro, se sarò soddisfatta e avrò ottenuto i risultati che spero… be’, ti farò godere in un modo che ricorderai per tutta la vita».

Lo schiavo di Ester tremò. Per lui tutto quello che stava accadendo era inferno, purgatorio e paradiso messi insieme. Per qualche istante pensò ai suoi figli ormai adulti. Cosa avrebbero pensato di lui se lo avessero visto prostrato e annullato al cospetto di una studentessa aspirante docente universitaria, una ragazza che dall’età sarebbe potuta essere sua figlia? Che idea si sarebbero fatti di lui se avessero saputo che era lui a sgobbare e a scrivere documenti lunghi chilometri? Cosa avrebbe pensato sua moglie? Ma allo stesso tempo guardava in alto verso la donna che stava adorando. Guardava i suoi capelli, che ai suoi occhi la facevano apparire come una creatura angelica, le sue labbra sensuali e perfette, le mani dalle dita affusolate, il suo odore che gli inebriava tutti i sensi, le sue gambe così sexy… l’uomo si perse in questo turbinio di pensieri, conscio come non mai che l’unica cosa autentica che negli ultimi anni l’avevano fatto sentire vivo come non mai era Ester. Sì, la cosa più giusta da fare nella sua vita era servire Ester, annullarsi a lei e farle da schiavo.

«Ora» disse Ester facendo trasalire l’uomo e destandolo dai suoi sogni, «mettiti al pc e torna a sgobbare per me. Ti legherò i piedi, così non potrai muoverti finché non l’avrò deciso io. So che sei molto eccitato, ma devi restare concentrato. Altrimenti me la pagherai. E poi sarà peggio per te, perché in tal caso ti farò aspettare una vita per godere. Non ti resterà che soffrire, mio schiavo».
Lo schiavo si alzò e si diresse alla scrivania. Ester gli legò le caviglie con dei nastri di seta rossi.
«Sei un pupazzo nelle mie mani, sei in mio pieno potere, e il bello è che ne sei perfettamente consapevole» gli sussurrò divertita nell’orecchio, e l’uomo rabbrividì quando Ester gli alitò tra il collo e l’orecchio. Gli grattò collo e spalle con le unghie, che quel giorno erano lunghe e smaltate di trasparente. Poi gli diede un bacio caldo e passionale sul collo, rendendoglielo umido. L’uomo dovette mettere insieme tutto il suo autocontrollo fisico e mentale per non venire. Ricevere dei baci così intensi dalla sua padrona rappresentava per lui una gioia inqualificabile. «Se tua moglie vuole fare l’amore con te stasera, o inventi una scusa o comunque fai quello che ti pare ma non devi assolutamente venire. Se ne sei capace. Ma è arrivato il momento di tornare seriamente al lavoro. Fai qualche ricerca, spulcia pure tra letteratura, cinema e musica. Sport, se necessario. Tutti episodi in cui uomini sono stati vittime di donne, sopraffatti da esse. Ma bada bene: non cerco uomini che ne traggano piacere. Che siano episodi di dominio autentico, assoluto. Che poi la sopraffazione sia fisica o morale poco importa».
 
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view post Posted on 28/4/2022, 11:47     +2   +1   -1
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Sublime !!
 
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view post Posted on 28/4/2022, 19:44     +1   -1

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CITAZIONE (Sottomessovero @ 28/4/2022, 12:47) 
Sublime !!

Grazie :)
 
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Stupendo non vedo l'ora di un inizio più frequente di schiavitù
 
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