Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

Luglio 2018, Incontro con Eva Fetish

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view post Posted on 7/7/2020, 20:13     +3   +1   -1
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Corsaro

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Nel Luglio del 2018 incontrai Eva Fetish. Quello che segue è la cronaca di ciò che accadde.

Ricordo di essere stato in anticipo sull’orario previsto, ricordo del caldo di luglio, e di aver chiesto ad uno spritz al campari di ricordarmi che ore fossero. Presi posto al tavolino di un bar e cominciai ad ascoltare il croscio dei minuti colare giù per le tempie (mancano 20 minuti; ora già 17). Ero teso. L’oliva tonda dentro lo spritz al campari mi suggerì un doppio Jack Daniels. Ah si certo brava, mi presento a Eva Fetish sbronzo. 18.25 : pagai , grazie lei si che sa fare gli aperitivi giusti, ma le sue olive danno consigli sbagliati, arrivederci.
Percorrendo i 200 metri dal bar all’ appartamento di Eva il flusso di pensieri si arrestò. Si è vero, notai la donna sudamericana vestita di bianco con i due bambini tenuti per mano attraversare la strada, incrociandomi, e lo scooter bianco e rosso irrompere sulle strisce pedonali. Mi avesse investito non me ne sarei nemmeno accorto, le mie carni sprimacciate avrebbero comunque continuato a percorrere i 200 metri nell'aurea eroica dell’asfalto colante.

“Sono davanti al civico, se vuoi aprirmi”. Ah ecco ci siamo, proprio la frase giusta per introdursi alla Dea della Mole.
Mi aprì una figura che non inquadrai subito perché, come un gatto, mi ricevette eclissata dietro la porta. L’ambiente era buio. Lei si materializzò prima come un’ombra di sale, poi pian piano sempre più scoprendo le forme dei fianchi, le rotondità dei seni, le linee bianche e affilate del viso che terminavano in due ampie fessure verdi spalancate, velate da vetri trasparenti che cominciarono a sparpagliarsi tutt ‘intorno. Feci per parlare ma non potei perché Eva mi anticipò: e d ‘improvviso il flusso dei pensieri interrotto tra la donna sudamericana che attraversava le striscie pedonali e lo scooter bianco e rosso, riprese , permettendomi di respirare e di accennare un sorriso fiaccato dall'emozione. Avesse detto li in quell'istante “inginocchiati e leccami i piedi “ avrei obbedito, arreso.
Invece mi chiese di seguirla nell'altra stanza , e cosi feci.

Quest’altro ambiente era pure immerso in semioscurità– i miei occhi non si erano ancora del tutto abituati - , piccolo ma ben organizzato e pulito.
La sezione quadrata della stanza mi permise di fotografare visivamente l'ambiente in una sola occhiata. Sulla parete sinistra c'era un irrequieto divano grigio e blu, sulla parete destra notai alcuni strumenti del mestiere e una lampada che, riflettendosi su uno specchio rettangolare, saltellava impaziente da un piede all'altro.
Ad osservarla, due bassi tavolini di vetro su cui erano stati sistemati quattro castigamatti, tre dildo e del gel per inculare meglio i professionisti e gli imprenditori di mezzo Piemonte. A terra galleggiava un tappeto rosso, strigliato e pulito.

Eva mi chiese le rose.
Feci entrare uno ad uno 60 paggi colorati di arancione e nero che, depositando ai suoi piedi una rosa rossa ciascuno, finirono con il creare una montagna sagittabonda di fiori e spine come non se ne vedevano dai tempi delle regine sabaude. Lei si chinò per raccoglierle ,ed ebbi l'impressione che le sue gote bianche si confondessero con le rose rosse tra le sue mani, tanto pallide che furono per paura, come testimoni della verità ultima sul nostro incontro nascosto.
Fu allora che mi accorsi davvero dove mi trovavo.

Innanzi a noi, oltre a quello che sembrava essere un' oscillante golfo mistico, prendeva forma un' ampia platea di un' inconsueta larghezza , vasta e profonda come il ghigno d'una fiera vogliosa.
Nel ghignare, l'ambiente scopriva centinaia e centinaia di poltrone rosse ove scorreva e si contorceva un' umanità adrenalinica: vidi donne vestite in urlanti mini abiti di raso, e uomini d'ogni età in specchiati doppiopetti ussari, e giovani , e vecchi, e perfino scorsi animali qua e la tra l' andirivieni incandescente. La folla arlecchina sembrava come in attesa d'un qualcosa d' imminente, e ravvivava l'ambiente rendendolo elettrico.

Tutt' intorno ondeggiavano, alla luce di imperiosi raggi d'oro, decine di scintillanti loggioni che sommergevano con il loro chiasso la platea sotto.
Sulla volta sovrastante correvano allineati cinque lampadari di pietre ialine, attraverso le quali la luce riflessa mutava in cascate di colori allegri e, precipitando, andava a fondersi con le voci gioiose delle ragazze gonfie di sudore e risate.
Le voci si levavano dal teatro come un ruggito ancestrale, invocando tutto di Eva, rivendicandone gli sguardi , le gesta , i respiri. Ero rapito da quell'’orda montante. Eravamo in due sul palco, e a guardarci c’erano migliaia di occhi e bocche, tutte indaffarate a volare elettricamente attorno alla luce del desiderio, come zanzare ubriache nelle sere di luglio.
Fu allora che Eva mi si avvicinò. Un millimetro dalla mia bocca.
Il pubblico prima tacque d'improvviso, poi ruggì.
Eva Tirò fuori la lingua e mi avvicinò le mammele bianche, strette in un top feroce.
Il pubblicò ruggì una seconda volta. Li aveva in pugno, ed ero io il pugnale che stava per essere lanciato sulla fronte di quello sciame festante.
D’improvviso si scostò e mi disse di svestirmi. Ubbidii.
Ora ero nudo. Lucciole verdi attraversavano il palco alla velocità della luce. La folla bruì.
“Ma mangi? Sei magro”, disse Eva.
Silenzio.
“E hai il cazzo molle”.
Scoppio di risate. Mi voltai verso la platea e in quel momento mi accorsi che la folla non si limitava a guardare lo spettacolo: era , invece, un’orda orgiastica che nuda anch'essa, cominciava a far scorrere schiuma bianca e rossa tra le poltrone: c'erano ragazze giovani con putti grassi al guinzaglio, e signore su tacchi d' ebano che scagliavano calci feroci sui genitali di uomini mascherati; e vidi adolescenti con testa di toro sodomizzare fanciulle urlanti, e altri unirsi in gesta d'amore sul pavimento e addosso alle pareti del teatro, e nei loggioni vidi donne bionde e castane con lunghi falli allacciati sul bacino, addomesticare decrepiti individui vestiti da giudice e altre donne , un po più in la, farsi montare da orsi zuppi di miele e sangue.
Mi portai una mano tremante alla fronte e persi l'equilibrio, cadendo in ginocchio ai piedi della padrona.
“Avanti, sfilami le scarpe e leccami i piedi”. Mi abbandonai all’urlo del teatro e mi confusi con esso e presi ad iniettarmi quel siero fuggente magico dalle froge del naso fino all’ultimo orgasmo dell’ultimo cesso di quel teatro pieno di fumo di tabacco , dove i miei paggi arancioni e neri ,inesperti e abbandonati, venivano sodomizzati e divorati e riempiti di sborra da amazzoni alte miliardi di kilometri e forti come milioni di leonesse a caccia tra i budelli di ghiaccio di Andromeda.
“Oggi non ho ancora scopato con il mio uomo”, e poi aggiunse “Ti va di guardarci mentre scopiamo?”.
Sentì dalla platea le urla di ragazze eccitate e appena sotto il palco, nella fossa d' orchestra ad un passo da noi, l’assemblarsi di vecchi con alti e stupidi cappelli e lunghi membri flosci. Sotto di loro, inginocchiati, adolescenti straccioni leccavano loro le palle e gli ani in cerca di un pugno di gloria e poi un uomo vestito di raso giallo, camicia bianca incollata al torace scheletrito, iniziò a urlare “al fuoco scappate al fuoco scappate stolti” ma nessuno mai fuggì da quella giostra di penombra.
“Ho detto, non hai sentito? Sei anche sordo, merda? Ho detto: ti va di guardarci mentre scopiamo?”.
I vecchi nudi giù nella fossa iniziarono ad arrampicarsi sul soglio teatrale, affondando con unghie gialle e grette il legno della cimasa di legno, issando come vele di fiamme le braccia scarnite e ruvide e morte. Una scossa poi un’altra, venne giù il drappo rosso d’altra parte delle quinte, quello che copriva la parte di fondo tra il limite del piano di tavole e la parte oscura che chiudeva l’ambiente stretto. Fummo travolti, a quel punto, dalla vertigine di poter essere domati tutti da una coppia di padroni che , rossi di fatica e gonfi di eros, avrebbero danzato le danze dell’amore su fontane ricoperte di fiori di girasoli, o in torrenti colmi di giunchi, e davanti ai nostri occhi vergini si sarebbero uniti e sciolti l'uno nell'altra in spiagge di magenta tra venti rabbiosi, lei costringendo a leccarle i piedi e lui, dopo aver consumato, a bere la calda sborra dal culo di lei; oppure a una fuga rovinosa e patetica nelle retrovie, a una mesta ritirata davanti ad un smarrimento oltraggioso che avrebbe sciolto le strutture di tutto quel caos che ci stava intorno.
I vecchi pazzi e sudici erano sul palco ormai, i colori si mischiarono agli odori le donne urlarono le spie esplosero altri paggetti caddero giù da loggioni altissimi scaraventati da piovre cotonate e meravigliose e il flusso dei pensieri si fermò e riprese e il drappo scomparve e Eva rideva guardando il mio pene esanime tra le gambe di neve che si sciolse e moriì e rinacque e poi e poi e poi…



Bip. Bip. Bip.

Cos’ è questo rumore.

Bip Bip Bip.

Mi svegliai in una stanza d’ospedale.
Vidi la faccia seria seria dei dottori, vidi le mie sorelle, vidi Valentina.
Una dottoressa parlava con una di loro.
“E’ stato un duro colpo, essere investiti da uno scooter non è uno scherzo, ma ce la farà. La gamba destra ha 2 fratture scomposte e tre costole sono rotte, per fortuna nessun organo vitale è stato seriamente danneggiato”. La dottoressa parlava con uno strano accento spagnolo. Anzi no.
Miguel , il collega peruviano ai tempi in cui lavoravo per Lentini’s a Londra, mi spiegò una volta che l’accento sudamericano non prevede le “s” e le “th”, e a forza di lavorare con peruviani morti di fame finì con l’ imparare il peruviano morto di fame anch’io. Allora la dottoressa non era spagnola ma era sudamericana, pensai, e mi chiesi che ci facesse al Mauriziano una dottoressa delle Ande. Chiusi gli occhi, cercai la pace della morfina.
La dottoressa scambiò ancora qualche parola con le mie sorelle ma non capii . Ero sul confine estremo tra la veglia e il sonno artificioso dell’oppiaceo. Aprii gli occhi con la stessa leggerezza con cui si spostano 100 chili di pietre al sole d’Agosto, e scorsi la dottoressa sudamericana allontanarsi.
Camminando lungo la parte di corridoio che seguiva verso un ambiente ancor più ampio e luminoso, vidi due bambini correrle incontro.
"Starà finendo il turno, sarà molto stanca" pensai.

Poi chiusi gli occhi, e fu solo il canto della morfina tra le vene azzurre: come tra stanze d'un teatro ormai vuoto; come tra stanze d' un teatro ormai lontano; e come tra stanze d' un teatro ormai spento.

Ed Cardinale
 
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view post Posted on 8/7/2020, 06:54     +1   +1   -1
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Cavaliere BDSM

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Bellissimo. Bravo!
 
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view post Posted on 10/7/2020, 23:06     +1   +1   -1
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Useless

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Bello non c'è che dire. Eva lascia il segno
 
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view post Posted on 5/8/2020, 18:19     +1   -1
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Il cammino si fa andando

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Barman, per favore, uno spritz al campari come quello del signore. Ah mi raccomando... l'oliva!
 
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view post Posted on 5/8/2020, 22:26     +1   +1   -1

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L'ho letto tutto d'un fiato, bello!
 
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view post Posted on 10/8/2020, 10:27     +1   -1
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Corsaro

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CITAZIONE (obeyobey @ 5/8/2020, 19:19) 
Barman, per favore, uno spritz al campari come quello del signore. Ah mi raccomando... l'oliva!

:lol: ...e vai di spritz campari per tutti!!!
 
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5 replies since 7/7/2020, 20:13   1547 views
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