Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

Posts written by GIUDITTONE

view post Posted: 23/3/2024, 13:59     +3Vi piace essere presi per le palle? - DISCUSSIONI FORUM BDSM & FETISH
CITAZIONE (Linda Evilmistress @ 27/9/2018, 11:32) 
Buongiorno a tutti/e oltre ad amare tantissimo il cbt ed il ballbusting adoro tantissimo prendere lo schiavo per le palle,sopratutto se sono belle grosse!mi piace strizzarle,schiacciarle oppure anche legarle e tirare con la corda o prenderle con le mani portando lo schiavetto in giro,a voi piace?😄😄😄

Si tratta di pratiche che adoro e che mi fanno sentire completamente in controllo della Mistress. Paradossalmente non creano in me paura ma, al contrario, sentirmi così padroneggiato genera un senso d'abbandono e sicurezza che mi fa completamente perdere il controllo fino a lasciarmi andare con fiducia.
Pericoloso? Certamente.
Ecco perché occorre scegliere bene a chi affidarsi!
view post Posted: 9/3/2024, 19:00     +3Otto marzo: viva la Donna! - IMMAGINI VARIE, ESOTERISMO, POESIA
Questa foto per festeggiare l'otto marzo
pare perfetta...peccato l'abbia trovata in ritardo!
view post Posted: 29/2/2024, 20:15     +2Ladysex - MISTRESS
CITAZIONE (Tallone squadrato @ 29/2/2024, 13:09) 
Mollette mignon?

Scherzo eh?

Assicuro che erano formato standard!
view post Posted: 29/2/2024, 10:57     +3Ladysex - MISTRESS
CITAZIONE (LadySex Domina @ 29/2/2024, 10:55) 
GIUDITTONE

Piccole torturine
Posso solo ringraziare LSD per le attenzioni ricevute e davvero gradite 🙂

(IMG:https://upload.forumfree.net/i/fc11089342/...92005266276.jpg)
view post Posted: 15/1/2024, 06:54     +3Ladysex - MISTRESS
CITAZIONE (LadySex Domina @ 14/1/2024, 17:57) 
Chissà se così la sensazione sarà amplificata?

Le gocce di pre-cum che scendono lungo l'asta la dicono lunga! Complimenti alla Padrona per come ha cucinato lo slave ma pure a lui per come ha fatto il suo dovere. Vedere questi spettacoli consola e allarga il cuore ( e anche altro 🙂).

(IMG:https://upload.forumfree.net/i/fc11089342/...4_155711319.jpg)
view post Posted: 28/12/2023, 07:45     DEA SOLEIL - FAKE
CITAZIONE (Pelicano @ 15/12/2023, 13:05) 
Si hai ragione quello che trae in inganno e che si pubblicizzano su siti rinomati Rossofetish io non mi ero mai trovato male prima anche rinomate Miss ora chiedono anticipo vedi Miss LilliBayle o Dea Luxurya che si fa?

Solo per completezza di informazioni: vado regolarmente da Dea Luxurya. A me non ha mai chiesto anticipi.
view post Posted: 28/11/2023, 07:25     Mistress Alex Rimni - INFO NORD ITALIA
Qualcuno ha informazioni riguardo Mistress Alex presente a Rimini nel seguente annuncio su Rosso Fetish?
https://www.rossofetish.com/sono-una-donna...iede-e-schiavi/
view post Posted: 5/11/2023, 08:13     Anticipi - DISCUSSIONI FORUM BDSM & FETISH
CITAZIONE (LadySex Domina @ 3/11/2023, 17:43) 
Mi ha risposto che con me non ha garanzie 🤣

Mi permetta: uno stolto. Evidentemente non si informa e non segue il forum.
view post Posted: 20/10/2023, 21:47     Come una Padrona estrasse dal maschio la Puttana - ESPERIENZE PERSONALI E SOGNI
CITAZIONE (Ag-uzzo @ 20/10/2023, 21:45) 
non ho mica capito cosa volevi dire , perdonami, puoi spiegarlo brevemente ?

A volte qualcuno ti fa scoprire qualcosa di te che tu neppure sospettavi. In questo caso il qualcuno è una Padrona. In altri casi è semplicemente la vita.
view post Posted: 20/10/2023, 21:44     Come una Padrona estrasse dal maschio la Puttana - ESPERIENZE PERSONALI E SOGNI
CITAZIONE (Stefano55 @ 20/10/2023, 22:13) 
Sei diventato dunque un travestito di nome Piero in arte Delia?

Sono un maschio che a volte ama salire sui tacchi e addobarsi da Femmina per sentirsi puttana e a volte no.
view post Posted: 19/10/2023, 06:39     +3Come una Padrona estrasse dal maschio la Puttana - ESPERIENZE PERSONALI E SOGNI
Uomo ma-Donna e/o Puttana?
Per rispondere serve la vita, meno le teorie.
Vestire significa velare o svelare?
Verbi che tra loro non sono esclusi, piuttosto inclusi.
SI dice: “l’abito non fa il monaco”.
Vero, ma solo in parte.
Vestire un abito non significa solo avvolgersi con tessuti e munirsi di calzature e accessori più o meno abilmente disposti. Si tratta piuttosto di stati d’animo, di messaggi, di emozioni. Infatti è impossibile de-comunicare, cioè abbigliarsi e scegliere come adornarsi senza dare notizia di sé. Anche quando si pensasse d’essere del tutto casuali e informali non attribuendo importanza alcuna alle esteriorità, ebbene, anche in quel caso si starebbe comunque informando il prossimo al proprio riguardo. Oppure se, per gioco o per inganno, si fosse scelto di vestire abiti opposti ai propri gusti, allora si sarebbe costretti a tenere in piedi una recita. Quindi, conscia o inconscia, la questione resta: come entrare in scena? Così intesi, gli abiti, le calzature e gli accessori possono sia “non fare il monaco” cioè non rappresentare una sostanza autentica oppure, invece, “manifestare il monaco” ovvero essere una struttura che incarna un contenuto, acquistando con ciò, importanza e senso.
E allora, come da ciò arrivare a “estrarre la Puttana”?

Il primo incontro che ebbi con una Pro-Mistress risale ai primi anni novanta del secolo scorso. Internet era di là da venire. Vivendo in una città vivace ma pur sempre di provincia, le uniche informazioni al riguardo (oltre a De Sade, SacherMasoch, Apolinaire, Aury, insomma la letteratura classica per il BDSM) erano i mensili delle Edizioni Moderne che si trovavano solo in qualche rara e benemerita edicola. Lì avevo scoperto qualche annuncio che forse avrebbe permesso di tramutare le fantasie in realtà. Ma come sapere se si trattava di persone serie o di millantatrici? La sola possibilità era mettersi in contatto con gli editori e provare a chiedere informazioni. Ebbi perciò una cortese conversazione telefonica con il mitico Fulvio che era il “Deus ex machina” delle E.M. Mi fece chiacchierare un po’ capendo subito con qualche garbata domanda che ero piuttosto esordiente in merito. Mi invitò al Nautilus, locale di Milano che teneva serate a tema. Però partecipare era per me impossibile, non tanto per questioni economiche o di coraggio.
Semplicemente l’organizzazione lavorativa e familiare necessaria allo scopo era per me impraticabile. Chiesi perciò qualche riferimento circa le
Pro-Mistress nella zona del Lago di Garda che in quel periodo frequentavo per aggiornamenti professionali. Fulvio fu molto discreto.
Disse che, per ovvi motivi, non poteva darmi indicazioni precise. Mi rassicurò però riguardo alcuni fantasmi che nella mia mente si ricorrevano (ricatti, rapimenti, violenze, malattie, ecc.). Le professioniste (così lui le chiamava) che pubblicavano annunci sui suoi mensili non erano ne così folli ne così stupide. Rispetta e sarai rispettato, mi assicurò. Accennò inoltre qualcosa circa i rapporti BDSM basati sui tre principi: sano, sicuro e consensuale. Mi invitò poi a prendermi i tempi e i rischi che coltivare ogni passione comporta. E lì si chiuse la nostra conversazione che, seppur breve, a me servì. Decisi perciò di farmi avanti con una Pro-Mistress di Verona. Le comunicazioni non erano così semplici. Per telefonare usavo solo cabine, non fidandomi a chiamare da numeri privati. I cellulari non esistevano. Per farla breve, un soleggiato pomeriggio di fine marzo mi trovai davanti al portone di un signorile condominio in una zona centrale di Verona. Non posso negare che il cuore battesse forte salendo quelle eleganti scale in marmo scuro. Avevo poco più di trent’anni, diverse esperienze di situazioni pericolose alle spalle date dalle frequentazioni di movimenti politici giovanili estremisti avuti nel passato e dalla pratica intensa delle arti marziali, un buon rapporto con mia moglie assieme alla quale ci eravamo introdotti ai rapporti di dominio, ma il territorio nel quale mi stavo avventurando era tanto inesplorato quanto attraente.
Dopo aver salito due piani giunsi su un pianerottolo dove si aprivano due portoncini uno dei quali era preceduto da un cancello. Suonai a quello. Dopo un’attesa che a me parve infinita (avevo ricevuto ordine di suonare una sola volta) si udì lo scatto della serratura. Apersi il cancello, lo oltrepassai e lo richiusi (come mi era stato chiesto) e poi entrai oltre il portoncino, richiudendo anch’esso. Mi trovai in un ingresso ampio, in penombra. Da una sala alla mia sinistra, attraverso una porta con vetri inglesi, proveniva un po’ di luce e altra ne traspariva da una seconda porta a vetri, diversi metri davanti a me. Sul muro alla mia sinistra, oltre alla prima porta a vetri, si trovava un’altra porta chiusa che sembrava spessa, come imbottita e rivestita in pelle scura. Dal soffitto dell’ingresso pendeva spento un gran lampadario di vetro di Murano. Un importante cassettone sormontato da un grande specchio, entrambi fine ‘800, si trovavano lungo alla parete alla mia destra. Secondo le istruzioni ricevute mi diressi verso la porta a vetri sulla sinistra, la apersi ed entrai in un ampio salotto. Davanti a me una porta finestra dava su un balconcino. Tende rosate ne velavano la vista. Alla mia destra una grande poltrona damascata in tessuto rosso cupo, posta su una specie di palchetto in legno, così da risultare sopraelevata. Davanti ad essa uno spesso tappeto persiano con geometrici disegni rosso-bordeaux, blu e viola scuro.
A circa un metro dalla poltrona, verso il centro del tappeto persiano, un cuscino di colore marrone scuro. Davanti alla poltrona sulla la parete opposta, completamente spoglia tranne un grande specchio, si trovava un appendiabiti di quelli con le rotelle, il cosiddetto “ometto”. Sorrisi pensando che forse da lì a poco sarei stato anche io ridotto alla condizione di “ometto”. Notai anche dietro alla poltrona damascata una libreria con molti volumi illustrati su Venezia. Diversi titoli riguardavano la storia delle cortigiane. Avevo ricevuto istruzioni di spogliarmi ed attendere in ginocchio sul cuscino con gli occhi rivolti a terra. Così feci, lasciando il compenso richiesto su un basso tavolino posto a fianco dell’”ometto”. Poi mi misi in attesa. Dopo qualche minuto sentii risuonare nel corridoio il rumore inconfondibile di tacchi alti. Mi mancava un’ idea precisa dell’aspetto fisico della Mistress. Nelle foto in bianco e nero pubblicate sul giornale non si vedeva il viso. C’erano un paio di foto con lei seduta sulla poltrona che avevo davanti. Con le gambe accavallate, una gonna che sembrava in pelle scura e una giacca di un taieur dello stesso materiale, un frustino in mano, un bel caschetto di capelli scuri e una mascherina sul volto. Le gambe, per quel che si capiva, erano niente male, calzate con un bel paio di decolté dal tacco in metallo. La corporatura non sembrava certo sottile a giudicare dalla giacca slacciata su una camicetta chiara, sbottonata su un petto abbondante.
Quando avevo chiamato il numero che compariva sull’annuncio, al telefono aveva risposto una segreteria dando orari diversi per chiamare a seconda se si fosse già conosciuti o meno dalla Mistress. Chiamando negli orari indicati, dopo pochi squilli, rispose lei con un forte accento veneto. Mi presentai, dicendo da dove chiamavo e dove avevo visto l’annuncio. Subito lei mi mise mio posto: “Prima volta con una Padrona?”. “Sì, non ho mai avute esperienze del genere“. “Bene. E la sai la differenza con una puttana?”. “Beh sì le puttane non fanno BDSM”. “Sbagliato. La differenza è che quando tu vai da una puttana lei è la tua puttana, quando tu vieni da me prima o poi diventi tu la mia puttana”. E rise. Silenzio da parte mia. Non ero preparato a quell’approccio. “Sei lì? Hai capito? Te capìo putelo? Ti sta bene?”. Mi ripresi, dissi di sì e chiesi quasi balbettando il compenso per un incontro. Che era alto. Disse: “Tranquillo, sodisfatto o rimborsato, ma fino a oggi rimborsati:…nessuno”. E rise di nuovo. Così presi appuntamento e mi diede le istruzioni. E adesso mi trovavo lì, nudo, in ginocchio, con gli occhi verso il tappetto in attesa del suo ingresso e il cuore che batteva forte in petto.
Sentii nell’ingresso fermarsi il rumore dei tacchi, poi lentamente aprirsi la porta. Come ordinato, non alzai lo sguardo. Intravidi con la coda dell’occhio avvicinarsi il paio di decolté della foto.
Calze velate color carne vestivano un bel paio di gambe sode e polpose, non certo sottili come quelle di una modella ma di una bella forma armoniosa che trasmetteva forza e potenza. Restai fermo, immobile, cercando di respirare lentamente, in silenzio. Nessuno mi aveva ancora interpellato.
Lentamente la Padrona mi girò attorno, arrestando ogni tanto la propria esplorazione per cogliere particolari che solo lei conosceva, per poi, in tutta tranquillità dirigersi dietro di me, verso il tavolino posto a fianco dell’ “ometto”, con un’andatura calma segnata dal lento, ritmico rumore dei tacchi. Si fermò qualche attimo dietro di me, immagino per raccogliere il compenso. Poi, con la stessa andatura rilassata, passando alla mia sinistra, si diresse verso la poltrona davanti a me, sulla quale si accomodò con movimenti tranquilli e accompagnati dal fruscio delle calze e con il lieve strofinio dato dall’aggiustarsi della gonna in pelle nel sedersi. Prima si assestò con le gambe unite, una ben vicina all’ altra. Poi con una lentezza che trovai meravigliosa ed esasperante accavallò la destra sulla sinistra. A quel punto nessuno aveva ancora parlato, né io avevo ancora visto il suo volto. Il mio sguardo poteva salire poco oltre le decoltè. Intravedevo però parte delle cosce poiché la gonna era un poco salita mentre lei sedeva. Restammo così un poco. Poi lei disse: “Bravo putèlo, sei obbediente. Però ancora devo capire a cosa mi servirai”. Ancora silenzio da parte mia. “Visto che non parli te lo chiedo: a cosa mi servi?”. “Padrona non lo so, mi perdoni ma sono qui per scoprirlo”. “Già, siete buffi voi che pensate di essere servi e sciavi. Sicché la fatica dovremmo farla tutta noi Parone? Ti salvi solo perché sei giovane ed è la prima volta che ti vedo. Allora adesso alzati ma tieni sempre lo sguardo sui tuoi piedi fino a quando non lo dico io”. Mi alzai piano. “E ora girati, molto lentamente, se no comincio ad usare questo”. Solo allora, guardandole le mani, mi accorsi che stringeva un frustino di quelli da equitazione. Da dove diavolo spuntava?
Inizia una lenta rotazione su me stesso. “Continua, va bene così. E ora metti le mani incrociate sopra la testa e prosegui a ruotare. Lentamente, bada, se no parte il frustino”. Ruotai ancora su me stesso ancora per almeno un minuto, continuando a mostrarmi come un vitello alla fiera. “Bene, ora fermati. Guarda lo scaffale, non me. Prendi il libro che sto indicando con il frustino e poi portalo qui e fermati alla mia sinistra”. Esegui tutto come richiesto e mi fermai accanto a lei con il libro nelle mani. “Allora, putèlo, cosa ne pensi degli uomini vestii da femmina? Te piase.? Ti fanno tirare la bega?” E dicendo così mi afferrò con la mano destra il cazzo e con la sinistra le palle.
Così facendo l’orlo della gonna era salito ancora più su mentre la giacca di pelle si apriva completamente sulla camicetta mezza sbottonata con vista sul reggiseno bello ricolmo. Con la mano sinistra stingeva e tirava forte i testicoli mentre con la destra aveva scappellalo il cazzo iniziando a masturbarlo. “Allora non rispondi? A voi basta che vi prendano il cazzo in mano e non ragionate più. Apri il libro alla prima pagina e dimmi cosa vedi”. Lo aprii. Non era esattamente un libro. Era un album fotografico e nella prima foto in bianco e nero c’era una coppia ripresa di tre quarti. Un uomo vestito elegantemente in giacca e cravatta scuri con un abito che avrei detto anni ’60 e davanti, inginocchiata, una donna in guepiere, reggicalze, calze scura, tacchi alti, lunghi capelli sciolti sulle spalle e il notevole cazzo del tipo in giacca e cravatta in bocca. Solo due particolari non tornavano con l’abbigliamento femminile della tipa in ginocchio. Niente seno e dalle mutandine spuntava una bella bega (come l’avrebbe chiamata la Parona). Risposi: “C’è una puttana che sta adorando un Padrone“. “Bene, hai detto bene. E ora che hai visto la prima foto, prosegui, sfoglia pure, ma vai piano e quando sei pronto dimmi al posto di chi dei due vorresti essere”. Nelle foto successive, che sfogliai lentamente, la tipa in ginocchio veniva sculacciata, frustata e alla fine inculata dal tipo in giacca e cravatta. Nel frattempo, un po’ per l’azione della Mistress sui miei genitali, un po’ per la visione delle foto, un po’ per gli sguardi che gettavo sulle sue gambe accavallate e sulla scollatura, raggiunsi una solida erezione.
Continuando a segarmi lentamente e strizzare le palle mi chiese: “Allora, sei il Padrone che la incula o la “sciava” che si fa inculare?. Non avere fretta, ragiona con calma. E non ci pensare nemmeno a venire se non te lo ordino io. Se lo fai, ti mando via così come sei. E ti mando via così anche se rispondi sbagliato”.
E intanto continuava a strizzare forte le palle e a segarmi mentre guardavo le foto. Proprio non sapevo cosa rispondere. Le foto erano molto eccitanti per la cura nell’abbigliamento, la bellezza dei soggetti e la situazione che rappresentavano ma davvero non avrei mai pensato di fare la parte della travestita.
Però, però…la cosa mi intrigava…forse…se mi avesse obbligato lei…
Farfugliai: “Non so, non ci ho ami pensato….aaaiii!!!”. Una stretta terribile ai testicoli mi fece piegare le ginocchia. “Risposta sbagliata. Hai solo un’altra possibilità. Se sbagli ti riduco le palle a marmellata e poi ti caccio”. E intanto aveva ripreso a segarmi. “Vorrei essere quella che si fa inculare e fa i bocchini, Padrona. L’avrei sempre voluto ma non l’ho mai ammesso”. Silenzio. La lenta sega continuava, ma ora la stretta sui testicoli era diminuita, quasi era una carezza.
“Brava tosa, lo sapevo che eri una brava tosa, che dentro sei una “sciava” rotta in culo, solo che ancora non lo sapevi. Ora appoggia il libro per terra, mettiti di nuovo in ginocchio qui davanti e poi guardami pure in viso”.
Così feci lentamente, staccandomi a fatica dal contatto con quelle mani potenti, sicure, esperte, dalle unghie rosso cupo che stavano manipolando mente e genitali. Così mi accucciai di nuovo davanti a lei, con il mio cazzo bello eretto. Mi fece segno di avvicinarsi. Avevo ancora gli occhi bassi. Lei seduta su quella poltrona rialzata, con le gambe ancora accavallate, aveva il suo piede destro giusto davanti ai miei genitali. Avvicinandomi giunsi quasi a contatto con la punta della decoltè. Fece segno di fermarmi. “Ora guardami”.
Lentamente alzai lo sguardo. E finalmente vidi il suo viso. Una donna, in apparenza sui cinquanta, dalla espressione decisa, gli occhi verdi, truccata leggermente, corporatura florida, una bocca carnosa, il naso dritto e l’aria tra la divertita e la golosa, della gatta che sta giocando con il topo.
“Puoi sempre andare via quando vuoi. Intanto che ci pensi, però devi continuare a guardarmi”. Mentre diceva così aveva iniziato a colpire lievemente con il dorso del piede i miei testicoli. Dopo qualche colpetto, con la punta della scarpa, spinse il mio cazzo da sotto fino a farlo aderire alla mia pancia per poi strisciarlo con la suola leggermente dal basso in alto e dall’alto in basso. E poi di nuovo. Qualche colpetto sui testicoli, ma un poco più intenso, e poi di nuovo la spinta contro al pancia e le strisciate. E poi di nuovo, sempre aumentando un poco l’intensità. “Allora, cosa vuole fare la mia tosa, vuole andare via?”. Nel frattempo aveva fatto cadere la scarpa destra restando con il piede nudo e aumentando sempre l’intensità dei colpi e degli sfregamenti. Ora erano intensi, quasi violenti. Il suo sguardo non mi mollava ma nemmeno il mio mollava il suo. Allora mi venne istintivo posare le mani sopra la testa, aprire un poco le gambe e offrirmi completamente al suo trattamento. Immediatamente arrivò un calcio vero e proprio che mi stese gemente al suolo. “Guardo che apprezzo quello che hai fatto. Perciò hai avuto un premio. Solo che ho esagerato un po’ come hai fato tu. Tu non hai il controllo. Io ho il controllo. Hai capito puttana?”.
“Si Padrona”. Nel frattempo si era tolta anche l’altra scarpa e alzata per venire vicino a me che ero steso a terra. “Ora girati a pancia in alto e apri le gambe”. Così feci e lei iniziò un metodico calpestamento dei mie genitali alternato dall’ordine di baciare odorare i piedi, cosa che feci religiosamente.
Dopo qualche tempo mi disse: “Adesso mettiti quattro zampe e seguimi. Non alzare lo sguardo. Seguimi e basta”.
Si infilò di nuovo le decoltè dal tacco metallico per poi incamminarsi verso la porta che ammetteva nell’ingresso, la aprì per dirigersi quindi verso la porta successiva, quella che sembrava imbottita e rivestita in legno scuro.
Procedevo a quattro zampe. L’altezza alla quale mi trovavo, perciò, era ideale per osservare lo spettacolo che offriva la Padrona. Era un vero piacere seguire il suo incedere, ascoltando il rumore che i tacchi alti producevano sul il pavimento ed osservando il gioco che i muscoli dei suoi polpacci componevano con la linea tesa delle caviglie mentre avanzava.
Mi chiesi come facessero i quadrupedi perché io, nel camminare a quel modo, ero intralciato dalle le oscillazioni dei testicoli e del cazzo ancora semieretto tra le gambe. Ma forse era solo questione di pratica. Sperai non ci fosse molta strada da fare. Le ginocchia sul pavimento facevano un po’ male. Allo stesso tempo mi pareva l’andatura adeguata a confermare il rapporto tra noi stabilito. Mi resi conto che lei mi stava davvero dominando. Si arrestò davanti alla porta imbottita. La aperse senza esitare ed io la segui entrando nella stanza. Guardandomi attorno vidi che si trattava di un locale ampio con un pavimento in materiale tipo linoleum. Sotto le ginocchia percepì che era leggermente elastico e di un colore blu notte, quasi nero. Le pareti erano di un grigio-azzurro metallico. Su quella di fronte all’entrata si trovava una grande croce di S. Andrea in legno scuro con morsetti e ganci. Verso quella di sinistra mi parve di scorgere una specie di strana panca fatta ad angolo e con il lato più basso diviso in due. Pensai che poteva servire per fare inginocchiare qualcuno per poi fargli appoggiare il petto su sostegno che si trovava davanti, così da lasciarlo comodamente piegato a novanta gradi. Vidi anche alcuni ampi armadi grigio chiari, diversi specchi e un’altra porta che si apriva in fondo sulla destra. Niente finestre. Una luce indiretta illuminava dal soffitto la stanza in maniera tenue. Alcune sedie, una poltrona ed un tavolino completavano gli arredi. C’era anche, di fronte agli specchi una specie di pedana con una base larga e una sorta di palo con diversi agganci a diverse altezze. Non avevo mai visto niente del genere dal vero. Attesi istruzioni, fermo come un cavallo per il quale devono ancora scegliere la scuderia. “Vai là, a quell’armadio, bella tosa, vai piano e a quattro zampe, e smena il culo che te lo voglio guardare”. Feci come richiesto, esibendomi in una specie di sculettamento a quattro zampe.
“Vedi che sei proprio una troietta. Te piase sculettar? Certo che quel il culo andrebbe proprio riempito”. Intanto ero arrivato davanti all’armadio a due ante che aveva indicato.
“Ora alzati pure e apri gli sportelli ma non toccare nulla”. Mi alzai con le ginocchia doloranti e il cazzo che era tornato normale. Aprì le ante. All’interno, dal pavimento al soffitto, una scarpiera. Si trovavano calzature di diverso genere: zoccoli, sandali sia chiusi che aperti, decoltè e qualche stivaletto.
In orizzontale erano divise per tipo mentre in verticale mi sembravano divise per numero poiché la calzatura era la medesima ma variavano le dimensioni. “Che numero porti? 42 o 43?”. “43 Padrona”. “Allora prendi quegli zoccoli, i terzi da sinistra nella terza fila dall’alto”. Era l’ultima completa, quelle più in alto, avevano diverse scarpe in meno. “Hai un bel piede, troietta, ma non piccolo. In proporzione con la bega”. E rise. “Sei fortunata! Un numero in più e quello zoccolo non lo potevi indossare. E ora mettili”. Si trattava di un paio di zoccoli in legno color noce americano con tacco che a me parve smisurato. Vista la mia perplessità la Padrona mi disse sorridendo “Guarda che il tacco è solo 13 ma hanno il plateau da 4. Vedrai, non saranno scomode”. E rise. Ma non ero perplesso solo per il tacco. Come fermapiede avevano una fascia leopardata che fosse stata giallo fluorescente si sarebbe notata meno. Avessi visto quegli zoccoli indossati da mia moglie, non l’avrei fatta uscire di casa per gettarmi ad adorarli assieme ai piedi che contenevano, ma indossarli io…mi attraeva, incuriosiva, inquietava e anche respingeva. Non avevo mai pensato a ribaltare i ruoli. A me attraevano moltissimo le curve composte da arco plantare, muscolatura dei polpacci, caviglie, quando si reggevano su un bel paio di tacchi. Magari con le dita smaltate in vista che spuntavano su un paio di zoccoli da puttana come quelli. Ma indossarli io e magari essere indotto ad atteggiarmi o sfilare fino a produrre le curve e le pose che tanto mi provocavano, non era mai entrato nei miei orizzonti, fino a quel momento. Avevo pensato a ricevere forme di dominazioni quali l’essere legato, sculacciato, frustato, calpestato, insomma punizioni, dolorose e magari anche piacevoli ma mai a invertire i ruoli fino a diventando generatore delle forme che tanto mi seducevano. Da una parte temevo di risultare ridicolo invece che attraente, dall’altra mi attirava e tentava il provarci. E poi, quel che più ancora mi impensieriva ma anche affascinava era: quali mondi e quali ruoli emotivi si sarebbero squadernati? Il solo modo per saperlo era salire su quei benedetti zoccoli. Anche perché la Parona aveva cominciato con il frustino a percuotermi il culo con colpetti insistenti che andavano crescendo di intensità.
“Capisco: ti servono incoraggiamenti e io sono qui apposta. Vedrai che ti convinci. Sei una brava tosa, lo so!”. E rideva.
Nel frattempo l’intensità e la frequenza dalle frustate sul culo era aumentata parecchio e il dolore cominciava a salire così, alla fine, presi la decisione e mi elevai fino a quota 13 centimetri, sopra quei bei tacchi. Ci furono alcuni momento di silenzio (intanto le frustate sul culo si erano arrestate). Restai immobile e ascoltai il mio corpo. Avvertivo diversi cambiamenti: il peso si era spostato sull’avampiede, per mantenere l’equilibrio dovevo inarcare la bassa schiena, sporgere il culo in fuori tenere il pube più ruotato in avanti e così il petto sporgeva anch’esso verso l’alto e innanzi. Avessi avuto le tette si sarebbero rese più evidenti. E poi bisognava tenere la testa ben allineata per non cadere. Ero sorpreso. Non mi aspettavo tanti cambiamenti. C’era un problema, però. Con il culo così all’infuori e il pube ruotato in avanti il cazzo e i testicoli finivano proprio tra le cosce. Per non schiacciarli dovevo tenere le gambe un po’ divaricate. Sembrava davvero poco elegante. Capì allora che le femmine avevano un certo vantaggio al riguardo. Mi trovavo ancora in piedi, sui tacchi davanti all’armadio aperto, mentre lei si trovava alla mia sinistra un poco dietro di me. Negli ultimi secondi, da quando ero salito sui tacchi e avevo preso qualche attimo per capire la posizione, non aveva detto più nulla. Stupito dal silenzio della Parona, girai leggermente lo sguardo verso di lei, timoroso della sua reazione. Aveva riposto il frustino e un’espressione quasi beata in viso. La durezza dei sui tratti era come addolcita da qualcosa di materno, compassionevole. Mi guardò e disse: “Dovrebbero essere le mamme a mettere i maschi sui tacchi, così da abituarli da piccoli”. Venne vicino e con delicatezza mi diede la mano. “Vieni”, disse muovendosi verso uno specchio, “reggiti a me e stai attenta”. Camminammo assieme fino allo specchio. Era difficile avanzare così, perciò mi ressi a lei. “Poi ti insegno, vedrai che con il frustino e le mie istruzioni farai presto” e sorrise. “Prima però voglio che tu veda una cosa”. Ci arrestammo davanti ad uno degli specchi. Mi accorsi che erano posti (come quelli delle sarte) in modo che ci si potesse vedere anche di schiena. “Guarda la forma del tuo culo quando sei sui tacchi”. Dicendo così lo accarezzava piano come fosse un oggetto prezioso. Mi fece ruotare lentamente, poi quando in uno degli specchi il mio riflesso era di tre quarti mi fermò. “Appoggiati” disse “e piegati un poco in avanti, metti il peso sulle punte come per sollevare un poco i talloni dagli zoccoli, inarca bene la schiena e fermati così”. Eseguì meglio che potevo quanto richiesto. “Così va bene, però stendi bene le gambe, non tenere le ginocchia flesse e ora guardati. Dimmi la verità: un culo così lo inculeresti volentieri?”.
Guardai lo specchio e dovetti riconoscere che la curva formata dai glutei con le cosce, la linea dei muscoli dei polpacci, l’arco dei piedi e l’arco della schiena, su quei tacchi erano davvero seducenti. Allora risposi deciso. ”Eccome, ma si potrebbe migliorare”.
Sentì un sibilo e poi bruciare il culo. “Questo lo decido io. Se tu fossi uno sciavo che abita vicino saprei come migliorati. Quel culo te lo farei mettere a reddito come ho fatto con quello della puttana che hai trovato nella foto. Hai visto che beghe prende adesso? Quando è arrivata era peggio di te. A metterla sui tacchi ho impiegato un sacco. Con te è stato facile. Ma è solo l’inizio. Serve anche imparare a camminare, a vestirsi, a truccarsi. Poi il culo richiede cura, tempo e attenzioni. Va aperto per bene. Bisogna imparare ad usarlo senza rovinarlo. Oggi, per esempio, non potrò incularti come si deve, e mi dispiace. Userò solo qualche plug. Se no ci vorrebbe un bel clistere e non c’è il tempo. Perciò ti insegnerò a camminare e poi comincerò qualche semplice giochino per aprirlo un po’. La cosa più importante che posso fare con te oggi è lasciarti una traccia, un dubbio, una curiosità. Poi capirai”. Era il discorso più lungo fatto fino a quel momento. “Adesso stai lì e aspetta”. E si girò per dirigersi verso un armadio dall’altro lato della stanza rispetto alla scarpiera. Dandomi le spalle aprì le ante. All’interno una cassettiera. Aprì uno dei cassetti e poi lo richiuse. Si girò per dirigersi verso di me. Teneva in mano un lunghissimo foulard leopardato (perfetto “pendant” con gli zoccoli) e un sottile cordino nero. Arrivò davanti a me con una sedia presa vicino all’armadio. Si sedette e disse: “Apri le gambe e incrocia le mani sopra la testa”. Obbedì prontamente. Con il cordino praticò una legatura al cazzo e ai testicoli, eseguita la quale le palle risultavano divise tra loro come due noci sospese mentre il pene era avvolto alla radice e tenuto scappellalo.
Poi passò il foulard dietro le palle incrociandolo davanti ad esse sopra il pene per annodarlo con un bel fiocco dietro il collo. In questo modo pene e testicoli erano spinti verso l’alto e non schiacciati tra le cosce. “Adesso stai attenta perché sei una femmina e quelle inutili appendici non disturbano più. Per camminare con i tacchi devi avere in mente linee curve, non linee retta. Tu vai dritta per la risultante delle traiettorie curve. Basta pensare di mettere un piede davanti all’altro e vedrai come ancheggi”. E mostrò come fare con il risultato di eccitarmi. A causa della sua vista e/o della legatura sentivo inturgidirsi il cazzo. “Allora adesso prova tu”. Senza esitare ma lentamente partì. Primi passi esitanti, poi sempre meglio quando capì che con la parte superiore del corpo bisognava bilanciare quella inferiore. La Parona mi seguiva con il frustino colpendomi ogni tanto sul culo quando incespicavo o diventavo goffa.
Mi vedevo riflessa nello specchio ancheggiare sempre di più.
Non fosse stato per i peli che purtroppo non avevamo avuto modo di toglier davvero niente male come andatura da troietta. “Ti farei entrare in scena così alle mie feste. Nel culo avresti un plug con le penne. Calze autoreggenti con la riga. Ben depilata e un corto negligè. Parrucca e trucco. Ti metterei all’asta e poi ti cederei per la serata a uno o due Padroni. E Paroni con il cazzo piccolo da me non ci sono” e sorrise. Mentre lei mi diceva così il mio cazzo si era eretto del tutto. L’andatura perciò era segnata anche dalle sue oscillazioni. “Vieni qui bella tosa”. Lei si era seduta davanti allo specchio nel quale si vedeva riflessa anche la schiena. Prima però aveva preso alcuni oggetti dalla cassettiera. Mi fece fermare in piedi vicino a lei. “Ora finalmente ti infilo qualcosa nel culo“. Mostrò un oggetto fatto come un ovetto con un piccolo manico che si allargava in fondo per finire con una specie d disco tondo per bloccarne l’ingresso completo nell’ano. “Questo è piccolo. Mi serve perché tu vada via con la voglia di farti riempire da qualcosa di più consistente. Appoggiati alla sedia, chinati un po’ in avanti, apri bene le gambe sporgi il culo”. Eseguì un breve massaggio sul mio ano con un lubrificante e poi iniziò a fare pressione con il plug. “Spingi un po’ come per andare di corpo. Ecco così”. Sentivo una pressione decisa ma graduale sul buco del culo. Alla fine il plug entrò. Lei allora cominciò a segarmi con una mano mentre con l’altra mi sculacciava. “Preferisci la sega, il culo pieno o le sculacciate?” “Risposi d’istinto: “Preferisco che la Padrona si diverta con me come vuole”. Non rispose nulla ma incrementò la forza delle sculacciate e diminuì la velocità della masturbazione. “Guardati. Oggi non voglio che tu venga. Se stai per venire dillo se no ti farò rimpiangere di aver taciuto. Tra poco smetterò di segarti e non lascerò che tu continui. Continuerò solo a sculacciarti e frustarti il culo. E poi farò dentro e fuori un altro po’ dal tuo culo con dei plug un po’ più grandi. Voglio che tu ricordi bene quello che vedi nello specchio”. Intanto aveva quasi smesso completamente di masturbarmi e stava cambiando il plug con uno più grande. Faceva più fatica ad entrare. Era più doloroso. Ogni tanto toccava il cazzo per mantenere l’erezione ma erano più i colpi che piovevano sul culo alternate alle penetrazioni con il plug. Ad un certo punto cominciai a sentire il culo più aperto. Stavo però quasi per venire. Lo dissi. Lei allora si fermò ma incrementò i va e vieni con il plug.“Ti stai guardando?”.
“Sì Padrona”.
“E cosa vedi?”.
“Una puttana che gode ad essere inculata”.
“Vedi che ci siamo arrivati!”.
E sorrise.




Non sono più tornato dalla Parona. E ci sono voluti anni per capire cosa lei aveva fatto con me. Le obbedì quando, tornato a casa, mi masturbai riccamente pensando alla mia immagine riflessa nello specchio mentre lei mi apriva il culo e io dicevo di essere la sua puttana. Nella mia mente quella immagine si sovrapponeva in trasparenza a quelle delle foto che mi aveva mostrato. Non avevo modo di sapere se lei dirigesse veramente, come mi aveva fatto intendere, un giro di “sciave” e “Paron”. Ho lasciato che il sentirmi non semplicemente femmina ma già una puttana, da introdurre in quel giro da lei fattomi immaginare, rimanesse per anni nel cassetto dei miei ricordi più eccitanti. Compresi nel tempo che, insieme a quei plug, in me erano stati introdotte curiosità, voglie, tentazioni. Con un gioco di specchi e riflessi, in parte reali e in parte immaginari, aveva rivelato una visione di me stesso seduttiva, fino a farmi sentire “puttana", una “me stessa" potenziale soggetto delle attenzioni maschili e paradossalmente anche del maschio che si trova in me.
Il dibattito su quale sia nella sessualità il peso della “natura” (genetica, ormoni, sesso genitale, ecc…) e quello della “cultura" (educazione, linguaggio, ruoli sociali, ecc…) è aperto e forse non risolvibile. Nel frattempo si è scoperto che oltre la genetica esiste pure l’epigenetica, che della genetica modula espressione e regolazione. L'epigenetica, in estrema sintesi, dipende dagli stili di vita. Quindi la sessualità è un mix unico e irripetibile di tanti fattori innati, ereditati, acquisiti e appresi. Quel che mi ha aiutato è stato considerare la sessualità come un territorio da esplorare con curiosità, prudenza, intelligenza e ironia piuttosto che come un monolite statico e rigidamente definito da assumere come consolidato ed immutabile.
Negli anni il seme gettato dalla Parona ha dato frutto. Ho provato allora, da solo, a procurarmi abiti e accessori adeguati. Entrare in scena come Delia (il nome d’arte che mi è piaciuto scegliere) vuol dire inoltrarsi in un territorio complesso fatto del lasciar spazi, di accoglienze, di ricezioni e di avvolgenze più che di conquiste, di penetrazioni e di introduzioni. Allestirsi da Femmina è complicato, difficile e avvincente. Entrambi i territori mi piacciono in egual misura ma disporre l’esplorazione di ambedue trovo sia infinitamente più ricco che concentrarsi solo su un aspetto dando per scontato che le femmine dispongano solo del primo e i maschietti solo del secondo. Ho capito poi anche altre cose.
Ad esempio:
1) che quella Padrona aveva ragione a dire che le madri dovrebbero mettere i figli maschi sui tacchi;
li aiuterebbe a capire meglio anche se stessi e chiunque indossi tacchi
2) che alla fine ci vuole qualcuno che ti generi;
da solo sui tacchi non ci sarei mai salito e quindi lei una traccia l'ha lasciata…eccome…
3) che sono quindi alla ricerca della Padrona;
sì ma di quella che mi introduca dove da solo non saprei neppure di voler andare
4) che gli abiti sono importanti;
abitare e abito hanno la stessa radice, ogni tanto meglio capire se si abita davvero dove si desidera
e infine…
5) che molto probabilmente avevo (forse ancora ho) un culo davvero niente male!
Piero in arte Delia

Edited by GIUDITTONE - 19/10/2023, 16:57
view post Posted: 18/10/2023, 06:43     +1BDSM ed arte - DISEGNI E LITOGRAFIE, PITTORI E QUADRI
Onfale con la clava di Ercole. Statua di J.L. Jerome.
view post Posted: 18/10/2023, 06:22     +1BDSM ed arte - DISEGNI E LITOGRAFIE, PITTORI E QUADRI
La Regina Onfale (quadro di Rubens) seduce e comanda Ercole presso la sua corte usando la sua clava e poi facendolo vestire da donna per servirla.
view post Posted: 15/10/2023, 01:36     I gioielli che ho la fortuna di adorare! - ESPERIENZE PERSONALI E SOGNI
Ecco il risultato del: "ne parliamo stasera".
Come già scritto, nel pomeriggio, mia Moglie mentre guardava X-factor alla tele, si era seduta sul divano con le gambe stese su alcuni cuscini, a piedi nudi. Vestita semplicemente da casa, con un paio di leggings scuri e una maglietta. Quando si comporta così io so qual è il mio dovere/piacere. Quindi sono andato in bagno a prendere la crema idratante/nutriente, per poi, una volta sul divano, sollevare gentilmente le sue gambe e sedere accanto a lei così da sostituirmi ai cuscini appoggiando le sue cosce a novanta gradi sulle mie. Allora ho iniziato a dedicarmi ai gioielli con calma, devozione e cura. Ho proseguito per tutta la trasmissione. Al termine ho accennato ai vostri riscontri sui gioielli. Lei ha taciuto, poi ha voluto vederli e dopo ha detto con un sorriso tra il compiaciuto e il sornione: "ne parliamo stasera". Tutto è finito lì. Poi abbiamo fatto una passeggiata parlando di tutt'altro dopodiché siamo usciti con amici per cenare. Terminata la cena siamo tornati a casa. Quindi ci siamo preparati per dormire. In questi casi so che non devo dire nulla, né fare richieste o allusioni di nessun tipo, lasciando a Lei ogni iniziativa. Mi sono limitato a stendermi a letto su un fianco, rivolto verso di lei. Dopo qualche attimo di silenzio, ho sentito un suo piede appoggiarsi sulle mie palle per iniziare a schiacciarle. "Dormi?" "No, pronto all'uso" rispondo. In effetti era già bello duro. "Sarà meglio, guarda che lo faccio per te perché lo so che è da oggi pomeriggio che vai in giro così" "Certo" rispondo" come sempre quando ho la fortuna di accarezzarli". Nel frattempo mi sono denudato perché so che è quello che in questi casi desidera. Poi ha iniziato a farsi adorare i gioielli mettendoli sul mio viso mentre schiacciava, strizzata, tirava e masturbava palle e cazzo. Dopo un bel po' è poi iniziato il trattamento in foto. Ha tirato fuori dal comodino la scatolina in vimini che contiene l'attrezzatura e ha iniziato ad applicarla. Elastici in silicone attorno a palle e cazzo così da avere i testicoli belli in risalto, una decina di ciappi per i capelli, piccoli e cattivissimi, apposti gradualmente uno per uno sulle palle mentre continua l'adorazione dei gioiellie da parte mia e la masturbzione/schiacciamento/morsicatura da parte sua. Poi, dopo un bel po', lei si è fermata e ha detto: "Per caso vorresti pure venire?". Fino a quel punto ho l'ordine assoluto di non farlo e se per caso fosse, di avvertirla perché si possa interrompere. Rispondo: "per favore ti prego". Lei dice: "sono sempre troppo buona con te, ma visto che è rimasto bello duro fin qui...". A quel punto ha preso il mollettone in foto ed è partita una masturbazione/pompino lenta, estenuante e infernal/paradisiaca fatta impugnando e azionando su e giù il mollettone suddetto. Contemporaneamente strizzava le palle con i ciappi innestati e lo succhiava. Un mix di dolore e piacere che ha portato ad un inevitabile, abbondante, irrefrenabile orgasmo, l'arrivo del del quale ho doverosamente segnalato. Lei, come se neanche avesse sentito, ha proseguito fino all'inevitabile. Unica fermata la foto che avevo richiesto prima e che, inevitabilmente, sarà oggetto del prossimo premio/punizione.

Alla prossima! 🙂

Edited by GIUDITTONE - 15/10/2023, 07:46
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