| Naturalmente la mia risposta fu un convinto si.
Ne dubitavate, forse?
Mettetevi nei miei panni: prima festa femdom, finalmente corono il mio sogno, ormoni a mille, due mistress che giocano con me, inesperto allo stato puro. Voi cosa avreste fatto?
Immediatamente Susan si mise alla mia destra e Flavia alla mia sinistra. Pensavo che mi avrebbero colpito ancora sul sedere, invece...
Oh, ma lo sapete che i colpi di bacchetta e di frustino sulle piante dei piedi fanno un male cane? Beh, io fino a quella sera no.
E le due perfide ci diedero dentro come fabbri, scambiandosi persino gli strumenti.
L'unico pensiero che mi fece andare avanti era sempre quello: avrei realizzato il mio sogno. Solo il pensiero di essere legato a quella croce, di subire un lungo T&D, venire sui sandali con vertiginosi tacchi a spillo di Flavia ed essere costretto, magari a frustate da Susan a ripulirli mi galvanizzava.
Fa niente se lacrimavo dal dolore mentre le due godevano e ridevano come ossesse.
Poi all'improvviso, tutto finì.
Venni liberato e condotto alla croce. In piedi, tanto per gradire. Mentre gli altri due schiavi ci seguivano in ginocchio. Le mistress erano felici e lo ero anch'io.
Venni legato bene alla croce, che mi costringeva a tenere le gambe large, anche se all'interno di esse, causa male terribile ai piedi, vi era la defaillance più totale.
La rossa paffutella Flavia si avvicinò ed abbassando leggermente la testa, iniziò a prendermi, tra le sue labbra rese morbide e cremose da un rossetto viola, il capezzolo. Il calore di quelle labbra era stupendo. Così come la loro morbida perfezione. Se ci aggiungete anche il fatto che ora succhiava, ora titillava con la lingua, ora mordicchiava delicatamente coi denti...capirete perché giù in mezzo alle gambe stesse quasi arrivando l'ordine di alzabandiera. Era davvero brava Io emanavo onde di piacere. Susan si unì alla festa l'altro mio capezzolo conobbe le sue sottili rossinfuocate labbra. Qui non manifestò gli stessi sessant'anni di esperienza che aveva dimostrato nel colpirmi il glande con la canna di bambù. Ma era piacevole lo stesso. La mano ossuta e nervosa di Susan corse tra le mie gambe e lo prese in mano, facendolo diventare ancora più marmoreo. Quante volte avevo sognato questo momento? Adesso mancava solo che lo guardasse e mi desse suo giudizio e...beh non ci crederete ma è proprio quello che in un certo senso accadde. "No, no, dovrai proprio prestarmelo! Non avevo visto bene quanto fosse interessante! Questo qui, me lo lego al letto a gambe larghe e mi ci impalo sopra. E se osa venire prima di me o dentro di me lo batto fino a farlo diventare viola dai lividi." Susan staccò la mano , Flavia si staccò dal capezzolo e la sua mano, calda e morbida sostituì quella dell'attempata mistress. Lo accarezzò diverse volte, percorrendolo leggiadramente per tutta la sua lunghezza, chiudendo bene la mano sulla turgida cappella. Io ansimavo come la locomotiva a vapore di 500 anni prima, immortalata dai fratelli Lumière. Avevo anche le gambe molli.
Flavia si scostò di lato, senza mollare la presa. A questo punto, Susan si tolse la minigonna in pelle e la lasciò cadere a terra. Le cosce sopra gli stivali, così come le natiche, erano magre, bianche, non toniche ma neppure da buttare per una donna di quell'età. Si infilò le dita nella prugnetta e la sentì umida abbastanza. Si avvicinò e, constatato che con i tacchi eravamo quasi compatibili, me lo accolse per qualche centimetro. Era calda ed umida. Il suo viso era vicino al mio. Il suo seno, piccolo ma evidenziato dal top premeva contro i miei capezzoli. Fece entrare ed uscire la mia cappella più volte. Era davvero eccitata e poi tentò un affondo. Flavia non era particolarmente entusiasta della piega che aveva preso la situazione e lo manifestò apertamente. Io ormai ero quasi sul punto di venire, al di là dei miei sogni più erotici. Si, ok, Susan era più matura di quello che avevo sempre desiderato, ma la gnocca era ancora bella stretta, umida e calda. Avrebbe potuto essere mia nonna, ma di certo non lo dimostrava. Ormai proiettavo al mondo la mia imminente esplosione, sentivo che iniziava a pulsare, ero talmente in estasi che non mi accorsi di quanto era avvenuto fino a che una morsa ferrea alla base dell'asta non bloccò tutto. La gnocca di Susan aveva lasciato il posto alla mano cicciottella della mia padrona che mi aveva impedito di concludere. La mia frustrazione generò in loro una scarica di piacere di cui venni reso partecipe. Insieme ad un "eh, no, schiavo, così è troppo facile. Devi supplicarci ancora un po' prima di venire".
Flavia sapientemente mi aveva bloccato ed ero riuscito ad emettere solo poche gocce del liquido di Cowper.
"Adesso godiamo noi!" Fu questo il messaggio che arrivò. Flavia si dedicò ai miei capezzoli, alternando sapientemente leccate e feroci morsi, tanto che qualche volta pensai me li avesse staccati. Era estremamente eccitante vedersi il capezzolo preso tra le violacee labbra, sentirne il calore, percepirne la rugosità della lingua, provare il candore dei denti che si stringeva sempre di più, tramutando il piacere in un dolore sempre più intenso che proseguiva, nonostante le mie suppliche telepatiche. Anzi, più supplicavo, più la morsa dei suoi denti diventava serrata.
Susan nel frattempo si divertiva con il mio capitano. Lo faceva indurire per poi regalarmi un violento e secco schiaffo sulla cappella. Oppure, a sorpresa, una bella strizzata ai testicoli. La reazione delle due mistress alle loro dolorose attenzioni era di scherno o di ilare divertimento.
Susan sparì con il suo schiavo mentre Flavia iniziò ad usare le unghie appuntite e rivestite di smalto viola sui capezzoli. Li titillava con le punte, li stringeva con esse fino a farmi piegare per quanto possibile e genere dal dolore. Ogni volta che proiettavo un' onda di dolore, rispondeva con una serie di onde di piacere.
Mi applicò delle pinzette legate da una catena metallica sottile.
Si avvicinò a me, mise il suo seno prorompente a schiacciarmi le pinze sui capezzoli, le sue labbra a sfioro sulle mie, con l'ordine di non azzardarmi a schiuderele. In mezzo alle gambe mi doleva tanto era duro. Supplicai per venire sui suoi sandali. Lei sorrise.
Susan tornò. Il suo schiavo reggeva uno sgabello di legno scuro e seduta rotonda che posizionò, seguendo le indicazioni della sua padrona, esattamente davanti alle mie gambe.
Flavia ci appoggiò la gamba destra, la coscia piegata a novanta gradi. L'eccitante sandalo era a pochi centimetri dalla punta del mio capitone.
Susan versò sulla mia asta del tiepido e profumato olio di cocco ed iniziò a passare avanti ed indietro la sua ossuta mano.
"Adesso ti facciamo venire e poi lecchi tutto, altrimenti ti frustiamo" era il pensiero di entrambe, mentre Flavia agitava minacciosa il suo frustino da cavallerizza.
Io ormai ero alla stremo e mi lasciai andare, aspettandomi il fiotto liberatorio...che fu ancora una volta bloccato, questa volta dalla ferrea stretta di Susan.
Risate, mentre io rimanevo ancora una volta stupito e, è proprio il caso di dire, a bocca asciutta.
Questa volta fu il turno di Susan di appoggiare la suola dello stivale con tacco a spillo di metallo sullo sgabello.
Flavia versò altro olio di cocco e poi inizio a distribuirlo lentamente lungo tutta l'asta. Faceva scorrere la mano dalla base alla cappella, che veniva ben compressa nelle dita chiuse, poi la girava e tornava indietro.
Alla fine insistette soprattutto sulla punta. Posizionava le unghie della mano chiusa nel classico gesto del "che vuoi" proprio sulla base del glande e poi la stringeva retraendola. A volte semplicemente passava la punta dell'unghia dell'indice sulla cappella,insistendo bene esattamente sull'uretra. Questo creava sia un piacere che un fastidio.
Ormai avevo le palle veramente piene da scoppiare ed iniziava ad essere abbastanza doloroso questo continuo essere bloccato. Ma mi piaceva. Dopo due o tre volte era come se avessi un orgasmo, ma senza eiaculazione.
La gamba a novanta gradi di Susan, protetta dallo stivale alto fino alla coscia, con la punta di esso appena sotto il mio pene duro contribuiva al mio stato.
Susan iniziò a passare le mani lungo tutto lo stivale, accarezzandolo, con fare sensuale e proiettando il suo desiderio di vedermi in ginocchio a lucidarlo con la lingua.
Io ormai ogni volta che Flavia allontanava la mano prima del momento cruciale, cercavo inutilmente di mantenere il contatto spingendo il bacino nel vano tentativo di procacciarmi quell'ultimo tocco che mi avrebbe permesso di esplodere.
Ad un certo istante, Flavia cambiò strategia e prese a fare scorrere solo un dito, la parte inferiore dell'indice, sopra la parte superiore dell'asta e della cappella, ortogonalmente al mio capitano. Come se indice e pene formassero una croce. Ad un certo punto sentii le pulsazioni preorgasmiche ed il suo dito leggero che toccava la cappella per poi staccarsi non appena emesso il primo fiotto, che cadde sullo stivale di Susan. Rimasi frustrato: orgasmo rovinato! Spinsi ancora fuori qualche goccia e poi niente. "La prego Padrona, la prego, non lo faccia, mi tocchi con tutta la mano, mi sprema tutto fuori, mi faccia urlare di piacere per lei!" Lo urlai con tutta la potenza del mio encefalo, se così si può dire. Una serie di risate, mentre Susan e Flavia andavano a turno con piccoli tocchi, il minimo per farmi emettere un fiotto e poi lasciavano lì. "Lo vuoi davvero? Vuoi davvero urlare per me? Oh, adesso soffrirai per me, trasformerò il tuo piacere in dolore".
Susan che sapeva cosa sarebbe accaduto iniziò ad eccitarsi. Flavia iniziò una veloce sega che prendeva tutta l'asta, chiudendosi bene con il palmo sulla cappella.
Finalmente! Finalmente!
Venni svuotato delle ultime gocce e guardai come la tomaia dello stivale di Susan fosse ormai bianco latte anziché nero. Sentii anche un dolore atroce ai capezzoli. Susan aveva strappato le pinzette tirando la catenella.
"Adesso leccherai tutto, fino all'ultima goccia" era la frase che Susan faceva riecheggiare nella mia mente, tenendomi eccitato.
Intanto il movimento di Flavia iniziava a diventare fastidioso. Io in genere quando mi dedicavo ad atti di autoerotismo, una volta svuotato, mi fermavo. Invece Flavia ci diede dentro ancora di più, con la stessa foga ed abilità con la quale una prostituta cerca di fare venire in fretta il cliente riottoso a terminare nel più breve tempo possibile.
Quello che provavo non era dolore, ma un fastidio enorme. Iniziai ad agitarmi, per quanto possibile, dato che ero legato alla croce, ed a cercare di divincolarmi. Flavia mise la sinistra aperta sul mio stomaco e cercò di tenermi il più possibile fermo. Io supplicavo e le due godevano. Poi, finalmente, la mano morbida e paffutella della rossa, smise di farmi effetto. Insistette nell'opera ancora qualche istante, poi si staccò da me.
Le due mistress commentavano l'un l'altra circa la robusta quantità di sperma con cui avevo ricoperto lo stivale di Susan e sentii quanto sarebbe stato piacevole farmi ingoiare tutto.
Mi liberarono e mi costrinsero in ginocchio, le mani legate dietro la schiena. Flavia era sul mio fianco sinistro, frustino alzato pronto a colpirmi nel caso non avessi ottemperato all'ordine di Susan, che stava di fronte a me, con la gamba destra, quella che calzava lo stivale da ripulire più avanzata rispetto alla sinistra. Non avevo mai assaggiato il mio seme. Flavia mi spinse verso la punta dello stivale con il tacco a spillo dei suoi sandali, che premeva, senza alcuna pietà, tra le mie scapole. Tre colpi di frustino nella parte bassa della schiena e sulle natiche, tre sferzate brucianti, date con forza vinsero la mia resistenza e finii con le labbra tra lo sperma sullo stivale. L'idea di leccare ed inghiottire mi faceva schifo, il poco liquido che era penetrato tra le labbra era appiccicoso, freddo e non aveva un buon sapore, anzi. Gli ordini mentali di leccare vennero simultaneamente, assieme a diversi colpi di frustino dato da entrambe. Tirai fuori la lingua e ripulii il tutto, mentre le mie due padrone smisero di eccitarsi solo quando alla fine il sapore non mi fece più schifo.
Susan sollevava la gamba, la rigirava per vedere se qualche gocciolina macchiasse ancora lo stivale e, nel caso, me la indicava con la punta del frustino ed io la leccavo. Venni forzato a spompinare anche il tacco a spillo.
Se devo essere sincero, il tutto mi era anche piaciuto.
All'improvviso Flavia mi liberò le mani, mi tolse il collare e mi ordinò di andare in bagno a ripulirmi un po'. Era finita. Non ero più suo schiavo. Al ritorno avremmo parlato della mia esperienza e del mio futuro con lei, se ero interessato.
Dirigendomi verso i bagni, passai accanto al bancone del bar, dove vidi Adua appollaiata su uno sgabello con uno dei tre schiavi in piedi che le massaggiava le spalle e gli altri due accovacciati a terra che le adoravano a bacetti le gambe.
Mi vide, riflesso nello specchio dietro il bancone, ed incrociò il mio sguardo. Percepii in mezzo alle varie proiezioni un'immagine strana, che lì per lì non compresi.
Le feci un cenno di saluto e guadagnai la porta del bagno.
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