Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

L'angolo della poesia

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view post Posted on 1/2/2020, 17:08     +1   +1   -1
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Impiegato Ufficio Scomparsi

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Il più bello dei mari
Nazim Hikmet

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.

Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.

I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.

E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.
 
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Pearlage….. .
view post Posted on 1/2/2020, 17:43     +4   +1   -1




Io ti cercherei

Io ti cercherei tra le pagine oscure della mia vita
Ti cercherei in questo cielo in assenza di stelle
Tra l'imperfezione del mio corpo... E tra le pieghe della mia anima morente...
Ti cercherei tra i mille dubbi che mi attanagliano il cervello...
Ti cercherei tra le sabbie mobili della mia vita dissoluta...
Ti cercherei per viverti ancora un sol momento...
Ma forse è troppo tardi... Ed io ti lascerei.

By Pearlage
 
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Valentina70
view post Posted on 9/2/2020, 09:37     +3   +1   -1




Vorrei...

Vorrei tornare indietro
per non innamorarmi di te....
Vorrei non incontrarti
per non vederti.....
vorrei fuggire da ogni
mio pensiero che parla di te.....
Vorrei non soffrire più....
vorrei non illudermi.....
Vorrei odiarti.... anche se alla fine
non posso che amarti!
 
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view post Posted on 10/2/2020, 12:11     +2   +1   -1
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INVINCIBILE ESTATE
Albert Camus

Mia cara,
nel bel mezzo dell’odio
ho scoperto che vi era in me
un invincibile amore.
Nel bel mezzo delle lacrime
ho scoperto che vi era in me
un invincibile sorriso.
Nel bel mezzo del caos
ho scoperto che vi era in me
un’ invincibile tranquillità.
Ho compreso, infine,
che nel bel mezzo dell’inverno,
ho scoperto che vi era in me
un’invincibile estate.

E che ciò mi rende felice.
Perché afferma che non importa
quanto duramente il mondo
vada contro di me,
in me c’è qualcosa di più forte,
qualcosa di migliore
che mi spinge subito indietro
 
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view post Posted on 11/3/2020, 19:09     +2   +1   -1
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Anche domani sorgerà il sole.
Un estratto dal XXXI capitolo.

I promessi sposi

La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia...

Per tutta adunque la striscia di territorio percorsa dall’esercito, s’era trovato qualche cadavere nelle case, qualcheduno sulla strada. Poco dopo, in questo e in quel paese, cominciarono ad ammalarsi, a morire, persone, famiglie, di mali violenti, strani, con segni sconosciuti alla più parte de’ viventi. C’era soltanto alcuni a cui non riuscissero nuovi: que’ pochi che potessero ricordarsi della peste che, cinquantatré anni avanti, aveva desolata pure una buona parte d’Italia, e in ispecie il milanese, dove fu chiamata, ed è tuttora, la peste di san Carlo...

Ed ecco sopraggiungere avvisi somiglianti da Lecco e da Bellano. Il tribunale allora si risolvette e si contentò di spedire un commissario che, strada facendo, prendesse un medico a Como, e si portasse con lui a visitare i luoghi indicati. Tutt’e due, “ o per ignoranza o per altro, si lasciorno persuadere da un vecchio et ignorante barbiero di Bellano, che quella sorte de mali non era Peste ; ma, in alcuni luoghi, effetto consueto dell’emanazioni autunnali delle paludi, e negli altri, effetto de’ disagi e degli strapazzi sofferti, nel passaggio degli alemanni. Una tale assicurazione fu riportata al tribunale, il quale pare che ne mettesse il cuore in pace.
Ma arrivando senza posa altre e altre notizie di morte da diverse parti, furono spediti due delegati a vedere e a provvedere: il Tadino suddetto, e un auditore del tribunale. Quando questi giunsero, il male s’era già tanto dilatato, che le prove si offrivano, senza che bisognasse andarne in cerca. Scorsero il territorio di Lecco, la Valsassina, le coste del lago di Como, i distretti denominati il Monte di Brianza, e la Gera d’Adda; e per tutto trovarono paesi chiusi da cancelli all’entrature, altri quasi deserti, e gli abitanti scappati e attendati alla campagna, o dispersi: “ et ci parevano, - dice il Tadino, - tante creature seluatiche, portando in mano chi l’herba menta, chi la ruta, chi il rosmarino et chi una ampolla d’aceto. ” S’informarono del numero de’ morti: era spaventevole; visitarono infermi e cadaveri, e per tutto trovarono le brutte e terribili marche della pestilenza. Diedero subito, per lettere, quelle sinistre nuove al tribunale della sanità, il quale, al riceverle, che fu il 30 d’ottobre, “ si dispose, ” dice il medesimo Tadino, a prescriver le bullette, per chiuder fuori dalla Città le persone provenienti da’ paesi dove il contagio s’era manifestato; “ et mentre si compilava la grida, ” ne diede anticipatamente qualche ordine sommario a’ gabellieri.

Il terrore della contumacia e del lazzeretto aguzzava tutti gl’ingegni: non si denunziavan gli ammalati, si corrompevano i becchini e i loro soprintendenti; da subalterni del tribunale stesso, deputati da esso a visitare i cadaveri, s’ebbero, con danari, falsi attestati.
 
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view post Posted on 22/3/2020, 17:22     +3   +1   -1
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I vostri figli
Khalil Gibran

… e una donna che aveva al seno un bambino disse: parlaci dei figli. Ed egli rispose:

I vostri figli non sono figli vostri...
sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perché la loro anima abita la casa dell'avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.

Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perché la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri.
Voi siete l'arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L'Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell'infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell'Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l'arco che rimane saldo.
 
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view post Posted on 23/3/2020, 15:16     +3   +1   -1
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ERA MIO PADRE
Gabriele Corsi

Era mio padre.
Quello della foto un po’ sfocata nei necrologi di ieri.
Era mio padre.
Lo ricordo con una barba nera nera che mi insegnava a dare calci a un pallone nel parco sotto casa.

Era mia madre.
Quella signora elegante morta da sola in ospedale perché non si poteva entrare.
Il dolore più grande. Lei. Da sola.
Era mia madre.
Che mi faceva posto nel letto grande quando avevo la febbre e mi sembrava, sempre, l’unica cura possibile.

Era mio zio.
Quel signore con gli occhiali che se n’è andato tra i tanti ieri.
Era mio zio.
Lo stesso che mi portava a giocare con i modellini di aerei e mi faceva volare restando con i piedi a terra.

Era mia zia.
La signora senza foto. Solo data di nascita e di morte.
Era mia zia.
Perché non possiamo neanche andare a casa sua a cercare una polaroid che la ritragga. Lei che a Natale mi ha regalato la prima macchina fotografica.

Erano mio padre.
Erano mia madre.
Erano i miei zii, i miei vicini, i genitori, i parenti dei miei amici.
Quelli che, adesso, non possiamo piangere.
Quelli che, adesso, non possiamo abbracciarci per lenire il dolore. Quelli che tu non sai chi sono.
Ma io sì.

Quelli che, per qualcuno, sono “muoiono solo i vecchi”, “sì, ma erano già malati”, “ne muoiono molti di più per altre cause”.
E, se sei tra quelli, vuol dire che questo, tutto questo, non ti ha davvero insegnato niente.
 
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Pearlage….. .
view post Posted on 23/3/2020, 15:21     +1   +1   -1




Anche io ho scritto una poesia simile, prendendo proprio spunto da questa bellissima poesia di Gabriele Corsi
Pearlage
 
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view post Posted on 24/3/2020, 16:20     +2   +1   -1
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sottomesso

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Speriamo di rinascere un po' migliori di prima.
 
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Pearlage….. .
view post Posted on 24/3/2020, 17:22     +1   +1   -1




Migliori... Ma sicuramente provati
Pearlage
 
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view post Posted on 24/3/2020, 18:32     +3   +1   -1
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Anche domani sorgerà il sole

I promessi sposi
Tratto dal XXXIV capitolo

Scendeva dalla soglia d'uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunciava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d'averne sparse tante; c'era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un'anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà, e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne' cuori.

Portava essa in collo una bambina di forse nov'anni, morta; ma tutta ben accomodata, co' capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l'avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere su un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull'omero della madre, con un abbandono più forte del sonno: della madre, ché, se anche la somiglianza de'volti non n'avesse fatto fede, l'avrebbe detto chiaramente quello de' due ch'esprimeva ancora un sentimento.

Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d'insolito rispetto, con un'esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, «no!» disse: «non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete». Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese. Poi continuò: «promettetemi di non levarle un filo d'intorno, né di lasciar che altri ardisca di farlo e di metterla sotto terra così». Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato, che per l'inaspettata ricompensa, s'affacendò a far un po' di posto sul carro per la morticina.

La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come su un letto, ce l'accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l'ultime parole: «addio, Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch'io pregherò per te e per gli altri». Poi, voltatasi di nuovo al monatto, «voi», disse, «passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola». Così detto, rientrò in casa, e, un momento dopo, s'affacciò alla finestra, tenendo in collo un'altra bambina più piccola, viva, ma coi segni della morte in volto. Stette a contemplare quelle così indegne esequie della prima, finché il carro non si mosse, finché lo poté vedere; poi disparve. E che altro poté fare, se non posar sul letto l'unica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire insieme? Come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato.
 
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view post Posted on 26/3/2020, 12:16     +1   +1   -1
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sottomesso

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Grandissimo, potente Manzoni.
 
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view post Posted on 28/3/2020, 17:04     +2   +1   -1
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Decidere di morire per poter vivere

Dall'antologia di Spoon River (Edgar Lee Masters)

Francis Turner

Io non potevo correre né giocare
quand’ero ragazzo.
Quando fui uomo, potei solo sorseggiare alla coppa,
non bere –

perché la scarlattina mi aveva lasciato il cuore malato.
Eppure giaccio qui
blandito da un segreto che solo Mary conosce:
c’è un giardino di acacie,
di catalpe e di pergole addolcite da viti –
là, in quel pomeriggio di giugno
al fianco di Mary –
mentre la baciavo con l’anima sulle labbra,
l’anima d’improvviso mi fuggì.
 
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view post Posted on 9/4/2020, 17:36     +2   +1   -1
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Impiegato Ufficio Scomparsi

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All’improvviso
ecco che qualcosa non va più,
un meccanismo perfettissimo
funzionante a meraviglia
di colpo si inceppa
,
i giorni diventano secoli
la mente non conosce più il tempo.
L’istinto scatta affannoso
alla ricerca di un’ancora antica,
ma qualcosa, irreparabile e grandioso,
è successo. Il passato è uno stagno,
il futuro ancora più oscuro.
L’idea di morte è qui, a un passo da me,
posso coglierla,
come sollevare un bambino.
La mia idea di morte si fa
chiara in questo vuoto, come l’idea di Dio.

A me Dio piace indovinarlo
in una pietra qualunque,
in un’infanzia serena,
in un frutto maturo,
nell’onda del mare
che come la morte cancella il mio nome.

Salvatore Toma
 
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view post Posted on 9/4/2020, 17:43     +1   +1   -1

Maestro di Piedi

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Un nostro poeta maledetto. Non lo conoscevo. Grazie.
 
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