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DA TEPPISTA A SCHIAVO, Alessio e Marzia

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demian2
view post Posted on 4/4/2015, 15:24     +1   +1   -1




Bellissimo....continua dai...complimenti!
 
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view post Posted on 9/4/2015, 16:02     +1   -1
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sempre più bello, continua dai....siamo in attesa :-)
 
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8DarkFrame8
view post Posted on 10/4/2015, 22:15     +1   -1




DA TEPPISTA A SCHIAVO - IV

Definisci la distinzione dei discepoli nella scuola Pitagorica;

“...”

La matematica Pitagorica o “Aritmogeometria” portò Pitagora a formulare un importante teoria, quella della Tetraktys, spiegane l'etimologia ed enuncia in cosa consisteva;

“...”

Spiega la Metempsicosi;

“...”

Argomenta il dualismo della filosofia Pitagorica;

“Cristo Santo...”

Quando lessi quel maledetto foglio svolazzante restai i primi cinque minuti solo a capire come imbrogliare.
Era la terza ora, ero bello fresco e riposato (grazie al cielo ero andato a letto appena finito di ripassare e non avevo avuto sogni strani), ad ogni modo mi prese il panico. La testa si riempì di cose inutili senza che io potessi farci niente e in breve mi ritrovai a guardare i miei compagni. Alcuni di loro avevano iniziato già l'esercizio, altri prendevano tempo scrivendo su uno dei due fogli protocollo la brutta copia dei loro ragionamenti. Se avessi dovuto scrivere i miei sarebbero state parolacce e imprecazioni per essere così impreparato nonostante lo studio dei giorni precedenti.
Continuai a farmi girare la penna tra le dita ed un senso di nervosismo e di inferiorità mi assalì facendomi innervosire. Non importava alla fin fine quanto Marzia volesse cambiarmi, ero stupido, dimenticavo le cose anche mentre le leggevo e quelle quattro domande ne erano la prova.
Avevo studiato i Pitagorici, lo avevo fatto e rifatto essendo l'argomento principale che Sara mi aveva detto di approfondire e su di lei almeno si poteva contare. Alzai gli occhi e la guardai di schiena; stava scrivendo qualcosa di nascosto sul cellulare, aveva un volto divertito, forse parlava col ragazzo. Mi sporsi leggermente e notai il suo compito. Aveva quattro domande completamente differenti, ma sempre sullo stesso tema.
Sospirai rumorosamente e mi accasciai sul banco, gettando la spugna.
Presi a ragionare come sempre. Feci finta che non me ne fregasse nulla e presi a giocare col cellulare lasciando il foglio in bianco, ma non riuscii a mentire quella volta.
Ero poggiato sul braccio in modo svogliato e mi sentivo male. Non in senso fisico, ma interiormente sentivo che stavo mancando qualcosa di importante, così importante che guardando sul cellulare la prima mezz'ora passata, considerai i trenta minuti restanti e serrai i denti alzandomi con la schiena.
Guardai la prof (era tornata al posto del supplente); era attenta come sempre, ma spesso scendeva con gli occhi su qualcosa che stava leggendo, forse un libro, e ripresi la penna. Quel giorno non avrei consegnato in bianco.
Mi tornò in mente il riassunto fatto allo studio di Marzia, quando mi ero alzato sbuffando e a come avessi trovato un aiuto. Mi calmai e presi a pensare, pensare ad una soluzione, pensare alle mie limitate possibilità e a fare quel minimo per non essere il solito Alessio.
Sapevo l'argomento, conoscevo quei termini che le domande proponevano ma non riuscivo a figurarle nella testa in forma di risposta.
I Pitagorici erano una specie di setta fissata con i numeri, il loro fondatore era quel Pitagora del teorema che persino io conoscevo. Avevano a che fare col sud Italia ed erano suonati di brutto, c'era un gruppo che poteva solo ascoltare le cose che diceva il maestro ed altri che invece potevano parlare liberamente... sembra che oggi non sia cambiato niente almeno in questo.
La teoria del Tetra-qualcosa... questa proprio non la so.
La Meta-qualcosa (da fastidio anche solo fare lo sforzo di pronunciarli mentalmente quei termini), centrava con l'anima. L'anima era detta Psiche! Questo lo ricordo, ed era dentro il corpo umano (ma va?) e quando moriva tornava libera...
Dualismo. Bene e male immagino... ma non ricordo proprio così, mi sembra centrassero i numeri pari e quelli dispari, boh... non gli piacevano i numeri pari sono sicuro e invece andavano pazzi per i numeri dispari perché... perché?

Sospirai sentendo la campanella suonare e il cuore mi schizzò in gola, afferrando un po' troppo forte Sara davanti a me e trascinandola indietro; - perché i numeri dispari?!

- come?!

- cazzo! Perché i pitagorici stavano in fissa con i numeri dispari?!

- i numeri pari erano simbolo dell'infinito e quindi per loro sbagliato, i dispari erano...

La fermai arrivando da solo alla conclusione ovvia del contrario e già in piedi finii di scrivere quella stupidaggine per arricchire un minimo il compito, poi mi fermai guardando passare un compagno a fare il giro dei banchi per ritirare; - Ale ma perché sei entrato? Potevi evitarti una insufficienza...

- ma quale insufficienza? Ho fatto un compito da paura! Pensa al tuo... e grazie dell'aiuto

Restai imbronciato nonostante l'avessi ringraziata, poi una mano estranea mi passo sotto il naso afferrando il compito, ma mi voltai di scattò spingendo indietro il bamboccio, dicendogli di aspettare. Non rispose ovviamente, ed io presi con calma il cellulare e gli feci una foto ricordo del primo compito su cui avessi mai studiato un minimo, poi lo lasciai andare e tornai seduto.
Ero sfinito.
Non so come ma avevo faticato, avevo fame, ma più di tutto... sapevo di aver fatto una merda di compito. Dire quattro scemenze di fila non era quello che la prof voleva, che tra l'altro era una delle peggiori in assoluto. Ci avevo parlato una o due volte massimo e ce lo portavamo appresso già dal primo anno, quindi fate un po' voi.
Uscii dall'aula essendo ricreazione e me ne andai a prendere un po' d'aria. Scesi in cortile, ma di sentire quelle quattro teste di cazzo sotto al portico arrugginito oggi proprio non mi prendeva, quindi mi feci una passeggiata fino al campetto da basket e poi me ne restai da solo su un muretto a godermi un po' di fresco e il sole bello caldo.
Presi il cellulare ed ingrandii la foto del compito. Lo rilessi. Faceva davvero schifo, cosa avrei detto a Marzia? Che il compito era andato bene? Male? Era meglio dirle che non ci ero andato evitando quel 2 che certamente mi sarei preso?
Stranamente un brivido mi corse lungo la schiena nonostante il caldo... no, fare questo sarebbe significato subire chissà cosa, le avrei disubbidito non presentandomi a scuola e forse era anche peggio che andare male.
Girato di spalle a pensare non mi ero accorto dell'arrivo di qualcuno e solo il suo salutare mi fece saltare sul posto, rischiando di far cadere il telefonino; - hey, tutto bene? Non volevo spaventarti

Guarda un po' chi era venuto a cercarmi pensai; - ansioso per oggi?

- ehm... ecco, io ci ho pensato tanto ieri, non è che non voglia, però non me la sento... scusa

Cercò di fare il simpatico, ma quando mi vide alzarmi con sguardo assassino sembrò farsi ancora più gracile indietreggiando. Sapevo io cosa mi era costata quella stronzata e non avrei permesso che Mirco mandasse all'aria la mia gentilezza o quella di Angela; - forse non ti è chiara una cosa, quando prendi un impegno con me tu lo porti a termine, quindi o vai a scopare o ti spezzo un braccio, a te la scelta

Non faticai ad essere il me stesso di qualche giorno prima e la cosa devo dire mi tirò anche un po' su; - m-ma che le dico? Non so neppure chi è... se non le piaccio?

Quanto era stupido. Ero leggermente chino con le spalle, una posa che facevo sempre prima di picchiare, mi veniva naturale e penso intimidisse abbastanza a giudicare da Mirco che non mi guardava nemmeno più; - senti, ho avuto una giornata di merda e le mani prudono sul serio. Se ti ho detto di stare tranquillo, allora tu stacci! Verrai con me dopo la fine delle lezioni, ti faccio vedere il posto e tu rimarrai li ad aspettarla e vedi di non farmi fare una figura di merda

Sembrò sorpreso e restò come a voler dire spaesato cosa intendessi con ”figura di merda”, mi fece ridere, poi tornai seduto a guardare lontano i ragazzi e ragazze parlare a gruppetti; - c-che ti è successo oggi?

- e a te che ti frega?

- era per dire...

Si zittì, non avevo voglia di parlare con lui. Poi però mi sembrò di sentire Marzia tirarmi le orecchie; - un compito andato male...

Mi guardò, io non lo ricambiai, desiderando solo una sigaretta, avrei fatto qualche pazzia per averla e sentivo la gola secca bramare qualcosa da trangugiare che fosse fumo o acqua; - posso sapere almeno il nome?

- Angela...

- è carino... ha la mia età?

- la mia...

- LA TUA?!

La calma mantenuta a fatica sembrò perdersi nel suo stupore e stupidamente risi di nuovo di lui; - ti prego aiutami! Io non so che fare, dico davvero, me la sto facendo addosso! Che le posso dire?

Ma era esagerato sul serio o faceva finta? Perché per un attimo credetti che mi stesse prendendo per il culo; - che c'è? Non mi credi?

Sorvolai sul mio osservarlo con sguardo superficiale; - fumi?

- n-no...

- già inizi male... prima di andare comprale un pacchetto di Chesterfield rosse

- rosse... ok, altro?

Sembrò prendere appunto mentalmente e mi tirai indietro a pensare. Conoscevo Angela da tempo, ma in fatto di gusti ero azzerato come quel bamboccio che avevo a fianco, una cosa che mi diede da pensare; - a-allora? Che le piace?

- che sono suo fratello? Non lo so ok...

Sembrò rimanerci sorpreso; - s-scusa ma non è amica tua hai detto?

La cosa non gli tornò e a me dava fastidio sentirmi dire quanto fossi incapace come amico, quindi scesi dal muretto e iniziai a camminare evitando di picchiarlo, ma lui mi seguì come una specie di cagnolino; - ok, ok, scusa! Aspetta... ho paura sul serio

Mi fermai, mi voltai e lui se ne stava li fermo dietro di me sulla linea di confine del campo di basket. Non mi fece tenerezza o cazzate simili, però non lo capivo proprio; - senti ma tu sei normale vero? Non è che invece di girare per il cortile per una pischella giravi per un tizio

Non so perché lo dissi, ma per un attimo volli fugarmi ogni dubbio, se non altro per non fare io una figura di merda con Angela; - NO! Ma sei pazzo!

- ok, era tanto per sapere... e allora basta pensarci, quando la conoscerai tirerai le somme da solo. Che io mi metto a dirti questo e quello che ti cambia? Tanto sempre da solo li starai

Conclusi riprendendo a camminare, lasciandolo li, girando solo la testa; - ti piacerà fidati

Sorrisi in modo furbesco e lui abbozzò un sorriso molto meno convinto, poi tornai in classe e feci finta di seguire fino alla fine.
Lasciai Mirco alla fermata di Re di Roma come da accordi. Sembrava dovesse svenire da un momento all'altro e pareva anche più bianchiccio del solito. Lo accompagnai a prendere le sigarette e lo depositai sulla panchina del giorno prima, tornando in autobus finendo di sentire le tracce dell'Mp3.

Quando venne l'ora, presi l'Mp3 e la pennetta di Marzia su cui stavano le tracce e mi avviai alla metro non sapendo cosa spettarmi. Durante il tragitto pensai per svagarmi a Mirco e Angela. Accesi lo schermo del telefonino. Le 16:14.
L'appuntamento loro era più o meno a quest'ora chissà come lo avrebbe trattato Angela. Si sarebbe fatta problemi? E lui? Tonto com'era sarebbe rimasto come un ebete davanti alla mia amica e la cosa mi fece sorridere, mentre scendevo e prendevo l'auto, finché non scorsi il palazzo di Marzia.
Come accadeva sempre mi presero le farfalle nello stomaco per l'agitazione. Mi infastidiva pensare a quel mio perdere il controllo e in modo infantile tirai su le spalle, sistemando meglio lo zaino con dentro i libri e guardandomi ad una vetrina cercai di essere più aggressivo.
Funzionò, almeno finché non passai al negozio successivo: una pasticceria con tante cose invitanti esposte sul bancone interno.
Potevo farlo? Mi fermai un attimo a pensare. Portare un pensiero era cosa gradita di solito, ma con lei non potevo sapere se avrebbe apprezzato o meno. Restai titubante per quasi un minuto, poi presi il portafoglio dalla tasca esterna dei jeans ed entrai.
Viaggiai con lo sguardo facendo un cenno di saluto alla commessa. Una ragazza di vent'anni, molto carina, che mi sorrise. Era un locale Bar/Pasticceria e la maggior parte dei clienti era addosso al bancone, altri seduti a seguire lo sport. L'aria era piena di profumo di caffetteria; - faccio lo scontrino prima?

- no tranquillo penso che non scapperai

Sorrisi. Sorrise pure lei. Era magrolina, capelli neri portati corti ed un piercing di quelli col brillante sul naso, con una faccia un po' maliziosa; - che prendi?

- ehm, non saprei... non conosco i gusti

- sono un regalo?

- già...

- dimmi tu, sennò faccio io

Ci pensai e scelsi personalmente, almeno la colpa eventualmente l'avrei presa io mi dissi stupidamente. Le indicai sei mignon tutti diversi: crema, cioccolato, sfoglia, caffè, una palletta di cacao e una tortina con la frutta e la crema. Fece un bel pacchetto ed andai a pagare, uscendo diretto a secondo palazzo dopo quello dov'ero, finché suonai.
Quando uscii dall'ascensore, restai un attimo davanti la porta ancora chiusa sentendo parlare. C'era qualcuno dentro e sorpreso guardai l'ora sul telefonino. No, non ero arrivato troppo presto.
Quando aprì, Marzia era al cellulare e teneva in mano un sacco di fogli, facendo cenno di entrare ma senza esprimersi in modo sentito verso di me. La seguii nel grande salotto luminoso e poggiai lo zaino al fianco del divano, respirando a fondo l'odore buono che c'era sempre li con lei. Restai con il pacchetto in mano come un bambino e solo allora iniziai a far caso alla conversazione; - certo. Hai ragione. Smettila di fare così sai che non lo decido io il lavoro.... ci sono casi differenti in cui i programmi saltano

Con chi stava parlando? Mi irrigidii sentendola dialogare come una persona comune, a conti fatti anche con un accento un po' colpevole, come se fosse lei in torto. Se ne stava vicino la scrivania guardando fuori dalla grande finestra; - d'accordo, faremo così per domani. Ti prometto di liberarmi e stare assieme promesso

Mi si strinse lo stomaco e serrai involontariamente le mascelle guardando a terra. Improvvisamente mi salì un raptus di gelosia molto forte, mai provato tra l'altro con nessuna in vita mia. Probabilmente era al telefono con il ragazzo. Non poteva essere un altro “Schiavo” il tono era troppo dimesso, non era come quello usato con me, quindi doveva essere qualcun altro. Salutò più volte e infine chiuse la chiamata; - scusa la perdita di tempo, non potevo rifiutare la chiamata per la quarta volta

La quarta? Avevano discusso forse? Si mosse verso di me con le mani ai fianchi. Aveva una gonna lunga fino alle caviglie con alcuni fronzoli che continuavano il tessuto a fantasia bianca e crema. Ai piedi stavolta portava un tacco a spillo beige a punta sul davanti, niente calze e sopra una camicetta smanicata bianca che riprendeva il colore primario della gonna, un accostamento perfetto; - figurati, questo è per te...

Con poca grazia e un po' in difficoltà per via dei miei istinti più bassi già in fermento, misi da parte la questione del telefono e le avvicinai il pacchetto che prese alzando il sopracciglio sinistro e girando un poco il viso con fare dubbioso; - per me? Una tua iniziativa per festeggiare il compito andato bene immagino

Sorrise senza guardarmi e si sedette sulla poltrona tenendo sulle gambe accavallate il vassoio incartato; - ehm... ecco, diciamo che l'ho fatto

Sorrisi io grattandomi la testa. Aveva gli occhiali quel giorno e i capelli lasciati sciolti sulle spalle, era bellissima, una professoressa universitaria divina uscita da qualche film erotico. A vederla così, il suo lato nascosto stentava a mostrarsi come invece era più marcato quando vestiva con toni scuri; - siediti, raccontami di questi giorni, dovrebbero esserci un paio di novità interessanti

Sorvolò sulla questione compito per il momento e ne fui grandemente sollevato. Sorrisi e mi sedetti il più possibile vicino a lei sul divano.
Presi a parlare e non mi fermai più. Ogni tanto c'era un suo intervento per chiedermi questo o quello, ma nel complesso le spifferai tutto, sullo studio, su quanto avevo fatto a scuola con Mirco e quel suo amico pel di carota e la discussione fu talmente serena e pacata, che nel vedere Marzia rilassarsi e sorridere valse tutta la fatica fatta in quei giorni; - si, quando ho visto la telefonata di tuo padre ammetto di aver pensato che avessi fatto chissà cosa e invece...

- ah quello... scusalo, mi sono arrabbiato con lui per averti disturbato

- ero ancora qui in studio, ma mi ha fatto piacere sentirlo felice. Prendi

Poggiò il pacchetto ancora chiuso sul tavolino di cristallo tra noi e prese tra le dita un foglietto di carta. Era la ricevuta della scorsa volta; - l'avevi dimenticata e anche io non ci ho fatto caso. A tuo padre fanno comodo mi ha detto alla nostra prima chiacchierata

Sorrisi pensando a quanto fosse vero. Ero una capra un po' su tutto, ma da un punto di vista fiscale, stando sempre appresso a mio padre per piccoli lavoretti, sapevo abbastanza di detrazioni e fatturazione; - quindi ti sei fatto riprendere da mezza scuola con quel ragazzo? Vai oltre le mie aspettative

- beh, ho fatto anche di più se è per questo!

Ridendo da solo mi accorsi improvvisamente di essermi lasciato trasportare e grattai la gola frenando il discorso; - e cos'altro hai fatto?

- ehm... niente

Si piegò un poco in avanti poggiando il gomito sul suo ginocchio per sorreggersi i mento con il pugno chiuso e restò a fissarmi con uno strano sorriso; - sai che arriveremo presto alla questione del compito, vuoi che ci arrivi tranquilla come lo sono ora o vuoi spazientirmi prima?

Sorrise di più, ma a me spaventò sul serio, non sapendo come spiegare che mentre parlavamo, Mirco se ne stava ad un appuntamento al buio creato da me; - ecco, cioè... intendevo

Viaggiai con gli occhi in cerca di aiuto, ma ad un suo sospiro li chiusi; - ho mandato Mirco da un amica per farcelo scopare!

Cadde il silenzio. Aprii un occhio leggermente sperando di non ricevere uno schiaffo galattico, quindi mi sorpresi della sua sorpresa. Aveva le sopracciglia alzate ed aveva lasciato quella posizione di attesa, tirandosi su con la schiena; - parlandoci a scuola, era uscito il suo problema. Lui passava ogni giorno davanti a noi per vedere una ragazza che gli piaceva. Sembrava assurdo anche a me rischiare le botte per guardare qualcuno, ma era proprio così! Allora gli ho detto di andarci a parlare e lui ha iniziato a fare storie, allora mi sono innervosito e gli ho chiesto quale fosse il problema e lui mi ha detto di essere vergine e che si vergognava di non sapere fare niente. Allora ho chiamato una mia amica che...

Mi interruppi quando la vidi togliersi gli occhiali, poggiare la testa di lato sulla poltrona e passarsi una mano sulla fronte con occhi socchiusi. Non capireste se lo spiegassi in altre parole: stava per uccidermi. Non avrei mai potuto definire in altro modo il suo silenzio ed il suo ticchettare con le dita dell'altra mano sul ginocchio; - ...che?

- c-come?

- hai chiamato una tua amica che? Continua

Il tono era freddo e controllato, ma continuava a tenere gli occhi chiusi; - h-ho chiamato Angela, si chiama così e gli ho chiesto di farmi questa cortesia, lei è una ragazza un po' stravagante ecco... e oggi pomeriggio avevano appuntamento. Lui faceva un po' di storie ma alla fine ha ceduto.

Restò qualche momento a riflettere (non so a cosa) e per la tensione mi venne un sorriso idiota sulle labbra che non se ne andò più e lei mi fissò; - ti giuro che non sto ridendo, è il nervoso, non so che dire

Sapevo di aver fatto una cazzata tremenda, con Marzia, con Angela, l'unico che gli sarebbe andata liscia sarebbe stato proprio quel coglione di Mirco. Si protese in avanti allungando le mani sul pacchetto dei dolci e sciolse con calma il fiocco, liberando la carta e mostrando i sei mignon; - n-non sapevo i tuoi gusti, così ne ho presi diversi...

- capirai da te i miei gusti. Ora mangia

Dicendomi quell'ambigua frase se li guardò per un attimo, passandomi il piccolo bignè con la crema, che un po' guardingo accettai e addentai; - buono?

Feci di si con la testa non capendo più nulla. Era arrabbiata? Non lo era? Il passarmi quello al cioccolato mi confuse ancora di più. Mandai giù anche quello anche se non avevo affatto fame, poi mi porse la sfoglia e le feci segno che stavo bene così; - mangia

Sgranai gli occhi mandando giù l'ultimo boccone della pastarella precedente e a quell'ordine, i suoi occhi cambiarono totalmente. Presi anche il terzo e mi fu avvicinato il vassoio con i restanti tre. Attese che lo mangiassi un po' più lentamente dei primi due; - prego, mangiane ancora, ti dirò io quando fermarti

- m-ma sarei apposto così veramente...

- non lo ripeterò più. Mangia

Si adagiò con la schiena alla poltrona e mi fissò scegliere controvoglia quella violenza. Restava la palletta di cioccolato, la crostatina di frutta e il bignè al caffè... andai per l'ultimo e non fui bloccato.
Non lo volevo e mi stava stomacando, quindi lo mandai nello stomaco dopo averlo masticato appena, sentendo il retrogusto del caffè salire nel naso; - p-posso smettere?

Parlai con ancora la bocca impastata, ma con mia sorpresa si alzò dal posto venendomi di fianco con un sospiro rassegnato. Non parlò, mi pulì la bocca con uno dei tovaglioli messi sul tavolo (forse per i clienti che piangevano alle sedute, non so perché ci fossero) e con calma prese la palletta di cioccolato tra le dita; - apri

- Marzia...

- non vuoi sapere i miei gusti?

Certo che volevo, ma non a quel modo brutale! Aprii un poco i denti e poggiò il dolce sulle labbra facendolo entrare trattenendolo con due dita. Voleva che lo dividessi in due e così feci, prolungando quella tortura così dolce, masticando prima uno e poi l'altro pezzo.
Quando li ingoiai mi tirai un po' indietro con la testa sentendo l'ultimo risalire con una contrazione dell'esofago; quando la vidi prendere l'ultimo sgranai gli occhi perché avrei sicuramente rimesso a mandarlo giù, invece lei sorrise poggiandolo sulle sue labbra stavolta, mordendolo con garbo per poi finirlo; - frutta. Mi piace tutto ciò con cui è fatta

Afferrato il concetto non lo avrei certamente mai più dimenticato, pensai sentendo lo stomaco sforzarsi di sciogliere quei pasticcini; - ti rendi conto che hai ripetuto esattamente il motivo per cui l'altra volta ti ho fatto del male?

Sbiancai spostando gli occhi da terra all'istante; - m-ma io non l'ho picchiato, l'ho difeso!

- hai costretto psicologicamente quel ragazzo a fare qualcosa contro la sua volontà. Le tue mani non si sono alzate a picchiarlo, ma c'è forse differenza?

- a-aspetta, io volevo aiutarlo lo giuro! Non pensavo a questo, ti prego devi credermi ho capito la lezione dell'altra volta!

Ci mancò poco che mi buttassi ai suoi piedi implorandola di credermi. Mi importò del mio orgoglio? Affatto. Anche perché ricevere di nuovo quelle frustate bastava a terrorizzarmi.
Marzia lasciò correre i secondi senza commentare ed ogni istante in cui pendevo da un suo giudizio, la mente sempre più si rintanava in me per sfuggire ai suoi occhi gelidi; - il compito

- ...il compito si. Eh?

- parlami di oggi, come sei andato, cosa hai studiato? Su cosa era?

Ero stato graziato? Troppo presto per dirlo, ma deglutendo sonoramente sospirai un attimo per riprendermi; - allora, come sai era filosofia, quattro domande aperte sui Pitagorici

- ...

Restò zitta per farmi segno di continuare, ma anziché arrampicarmi sugli specchi vista la già precaria situazione, presi il cellulare e gli mostrai la foto. Prese il telefonino tra le dita curate e bellissime e lo fissò allargando l'immagine; - n-non è un granché Marzia, mi dispiace. Ci ho provato

- vieni

Si alzò tenendo il telefonino e con quel fare perentorio mi spense la volontà, seguendola in piedi diretta in un luogo che azzerò qualsiasi pensiero sessuale. Quando fummo davanti la porta chiusa a chiave volli dirle qualcosa, ma sarebbe uscite solo meste scuse e quindi misi le mani in tasca guardando a terra. Mi sarei potuto fermare se avessi voluto. La squadrai dall'alto prendendole quasi quindici centimetri nonostante i tacchi e per un momento, un briciolo di senno mi prese da parte per dirmi di scappare. Ma la porta si aprì, le luci si accesero e come un cane che segue il padrone, mi ritrovai all'interno della stanza messo vicino al divano; - togliti la maglietta, mettiti in ginocchio

Obbedii. Ormai non facevo neanche più opposizione, sapevo di averla delusa e sapevo di meritarlo. Restai a torso nudo e scesi sulle ginocchia davanti a lei; - mani avanti e distese a terra. Faccia sul pavimento

Erano veri e propri ordini. Allungai le braccia avanti e scesi con la schiena fino a portare la fronte a contatto con marmo del pavimento, sentendo il dorso delle mani essere schiacciato dal suo peso. Gemetti. Faceva davvero male ma restai immobile ugualmente; - quando entrerai qui dentro assumerai questa posizione senza che io ti dica nulla, esattamente come sei adesso, vestiti compresi. Sempre nudo sopra, sempre vestito sotto

- s-si...

Compresi che fosse sulle punte solo quando lentamente andò indietro puntando il tacco poco dietro le dita e gridai fortissimo; - SI PADRONA!

Arrivai a quello che voleva tutto da solo, quasi un perverso istinto me lo avesse suggerito, sentendo il suo peso scomparire, avviarsi alla porta socchiusa e sparire come l'ultima volta.
Lasciò la luce accesa. Avrei voluto guardarmi le mani perché sentivo un bruciore immenso provenire da li, invece fui una statua. La posizione divenne scomoda dopo i primi dieci minuti. Dopo i venti le braccia e le ginocchia iniziavano a formicolare e fare davvero male e non so quanto ringraziai Dio nel sentirla tornare poco dopo.
Fui tirato su per i capelli con forza e trascinato come un cane fino al divano in pelle nera poi gettato a terra tra gemiti sommessi.
Aveva un foglio nelle mani, restò davanti a me con un'espressione severa, bellissima, poi da seduto, una sua scarpa mi premette sulla spalla sinistra facendo pressione nello spingermi a terra, schiena al pavimento gelido; - tieni questo con una mano e leggi

Mi passò il foglio, lo afferrai, ma improvvisamente seguii un suo movimento poggiare un piede sul petto salendo su di me come fossi uno scendiletto. Gridai forte, molto più forte di quanto mi fossi aspettato; - resta immobile! Se io cado mentre sono sopra di te è evidente che servirà la frusta e quella croce che tanto conosci bene. Tienimi sopra di te e potrei essere clemente

- M-Marz... Padrona! Fa davvero, davvero male!

- leggi. Fammi cadere e te ne pentirai, non sarò indulgente come l'ultima volta. Odio i recidivi

Non avevo scampo. Sarei morto sotto le sue belle scarpe, che in quel momento sembravano due coltelli conficcati nei muscoli. Stavo tremando e non riuscivo a reggere il foglio con la mano temendo di sbilanciarla; - ...p-può reggerlo lei?”

Le stavo dando del Lei senza neanche accorgermene, ma posso giurarvi che le avrei dato anche del voi in quella circostanza. Portò le braccia ai fianchi e sembrò pensare, tornando a sorridere un poco; - per tenerlo io dovrei avvicinarmi e abbassarmi, il peso lo sentirai di più

- v-va bene, posso farcela, ma devo avere tutte e due le braccia a terra per l'equilibrio

Parlai a denti stretti e rosso in viso per lo sforzo. Era sopra le costole e premeva sui polmoni faticandomi il respiro, ma dopo qualche minuto iniziavo ad abituarmi, indurendo il petto e l'addome. Non rispose a quella mia richiesta, lo fece e basta.
Fu come aggiungere contrappesi ad una bilancia già molto precaria. Si sedette sulle ginocchia ed un fronzolo della gonna mi solleticò il viso, finché non ebbi il foglio davanti;

Definisci la distinzione dei discepoli nella scuola Pitagorica;
Secondo la tradizione risalente a Giamblico e Porfirio nella scuola avvenne una divisione tra i discepoli, in due gruppi:
I matematici: ovvero la cerchia più stretta dei seguaci, i quali vivevano all'interno della scuola, si erano spogliati di ogni bene materiale e non mangiavano carne ed erano obbligati al celibato. I "matematici" erano gli unici ammessi direttamente alle lezioni di Pitagora con cui potevano interloquire. A loro era imposto l'obbligo del segreto, in modo che gli insegnamenti impartiti all'interno della scuola non diventassero di pubblico dominio;
Gli acusmatici: ovvero la cerchia più esterna dei seguaci,ai quali non era richiesto di vivere in comune, o di privarsi delle proprietà e di essere vegetariani. Avevano l'obbligo di seguire in silenzio le lezioni del maestro.

La matematica Pitagorica o “Aritmogeometria” portò Pitagora a formulare un importante teoria, quella della Tetraktys, spiegane l'etimologia ed enuncia in cosa consisteva;
l'etimologia del termine significherebbe "numero triangolare". Per i Pitagorici la Tetraktys consisteva in una disposizione geometrica che esprimeva un numero o un numero espresso da una disposizione geometrica. Essa era rappresentata come un triangolo alla cui base erano quattro punti che decrescevano fino alla punta; la somma di tutti i punti era dieci, il numero perfetto, composto dalla somma dei primi 4 numeri (1+2+3+4=10), che combinati tra loro definivano le quattro specie di enti geometrici: il punto, la linea, la superficie, il solido.

Spiega la Metempsicosi;
L'uomo secondo i pitagorici è precipitato sulla terra a causa di una colpa originaria, per via della quale è costretto a trasmigrare da un corpo a un altro, non solo di umani ma anche di piante e animali. Per liberarsi da questa catena di morti e rinascite occorre ritornare allo stadio di purezza originaria dedicandosi alla contemplazione disinteressata della verità, praticando dei rituali esoterici di iniziazione e di purificazione. I pitagorici ritenevano che la vita del matematico fosse quella che più si avvicinasse alla condizione libera e divina in cui l'anima si trovava prima della sua caduta.

Argomenta il dualismo della filosofia Pitagorica;
I Pitagorici si basavano sul dualismo, cioè la contrapposizione di alcuni elementi fondamentali alla vita: bene e male, maschio e femmina, limitato ed illimitato, pari e dispari, uno e molteplice, destra e sinistra, stasi e movimento, retta e curva, luce e tenebre. L'opposizione fondamentale è quella tra limite ed illimitato e pari e dispari. Infatti, il pari era considerato illimitato e quindi qualcosa di negativo, imperfetto e disordinato, mentre il dispari era considerato limitato, quindi buono, perfetto e ordinato.

Mi bloccai più volte durante il mio parlare sofferto, ma alla fine portai a compimento il lavoro inspirando dolorosamente, sentendo le costole flettersi contro i tacchi di Marzia; - ho finito!
- ricomincia

- COSA?!

Mi afferrò per la bocca ignorando i miei occhi piangenti; - ricomincia a leggere daccapo e scandisci meglio, finché non avrai memorizzato ogni concetto non mi toglierò

Restai immobile, anche il mio dolore sembrò stupito da quella folle minaccia. Non ebbi neppure la forza di dirle quanto per me fosse impossibile imparare qualcosa in modo normale, figuriamoci così! Al mio silenzio, si alzò lentamente, avanzando di un passo sul mio viso che venne coperto dalla sua scarpa trovando paurosamente il tacco in mezzo alla fronte e premette.
Iniziò piano, ma già dopo pochi secondi gridai, sentendo il piede muoversi a mezzo cerchio sul punto come a voler entrare nel cranio; - VA BENE! Va bene... leggerò! Basta...

Ritrasse il piede e tornò in equilibrio spostandosi di qualche centimetro più vicina allo sterno. Il dolore che provai quando rilassai i muscoli fu terrificante e paralizzato strinsi denti e pugni stremato. Guardai il foglio con le lacrime trattenute a stento e dietro di lui il suo viso, sereno, indifferente, come fossi solo un sacco di carne. E ripetetti tutto.

- ancora

Lo feci.

- ancora

Piansi chiedendole un minuto per riavermi, ma ricevetti solo il farla alzare e piantarmi la scarpa sulla gola, bloccando lo spazio tra la punta e il tacco sull'esofago e premette. Stordito, sgranai gli occhi. Non stava giocando (se mai lo avesse fatto), mi stava davvero togliendo l'aria o peggio continuando a metterci peso mi avrebbe rotto qualcosa! Non so come, ma in tutto quella pazzia, il cazzo era diventato di pietra.
Chiuso nella sua prigione continuava anche lui a logorarmi in un modo più subdolo, più sottile. Era come se quei tacchi riuscissero a colpire dei punti di pressione collegati col cervello e ogni volta che affondava le scarpe su di me, anche li risultava una reazione assai preoccupante; - rispondi alla prima domanda

Tolse infine la scarpa e tossii più volte rosso in viso. Replicai tutto o quasi in maniera un po' disorganizzata ma sicuramente molto meglio di quello che io avevo scritto; - la seconda ora

Accadde la stessa cosa e persino ridotto a quel modo cedetti alla sorpresa; - bravo, ti manca solo il metodo, il tuo cervello è come quello di tutti gli altri. La terza domanda, spiegami la Trasmigrazione dell'anima

Fu un trabocchetto! Non gli aveva dato il nome di Metempsicosi che ora conoscevo e dopo un nuovo affondo nel petto per il mio ritardo, risposi; - se sbagli l'ultima leggerai per altre tre volte e verrò a stare qui sopra...

China su di me con un sorriso crudele, puntò l'indice sulle clavicole appena sotto il collo, sgranando i miei occhi per la paura; - la quarta domanda

Tutto d'un fiato spiegai il dualismo, bene e male, maschio e femmina, sopra e sotto. Il numero pari era l'infinito il male, il dispari il finito, il bene. Avevo gli occhi chiusi quando il peso che mi aveva devastato fino ad allora scomparve con un piccolo saltello, lasciandomi finalmente piegare su me stesso.
Il petto, la gola, l'addome, in mezzo alle gambe, tutto causava dolore, un dolore incredibile, mai provato. Di pugni ne avevo presi eccome in strada, ma quello era diverso, era vivo, un dolore che riusciva a scendere fino alle ossa.
Ero riverso praticamente sotto al divano; non ci si poteva infilare più di una mano, ma era un modo per spiegarvi che fungevo praticamente da tappeto riverso su di un fianco. Marzia si sedette poco dopo sospirando e ricevetti di nuovo le sue scarpe addosso, in modo molto più gentile, spingendomi un poco a tirarmi su fino a sedermi a terra.
Scesi con gli occhi sul mio corpo. Segni che l'indomani sarebbero diventati piccoli lividi tappezzavano la pelle senza pietà e la guardai ruggendo in silenzio; - penso che anche se ti facessi uscire sangue mi guarderesti così... non sei tagliato per sottometterti a qualcuno, ma apprezzo che tu lo accetti con me

Sorrise. - ...

- quanta rabbia, la mia invece è appena passata... sei contento?

Strinsi i denti coprendomi i punti che facevano più male. Mi sentivo davvero male e non solo esteriormente; - ti offrirai volontario al tuo professore per la prima interrogazione possibile e cancellerai quella specie di sufficienza con quello che mi hai appena detto

Sufficienza? Avevo capito bene? A stento trattenni il mio stupore mantenendo gli occhi pieni di astio; - credevi di essere andato peggio?

- ...

- dipenderà dal tuo professore il voto, non certo da me. Hai compreso quello a cui si riferivano le domande, ma non hai saputo esprimere un discorso e neanche avvicinarti ad esso. Ma se dovessi valutare quel compito conoscendoti avresti un 6 scarso, ma pur sempre un 6

Vederla ora, quasi serena, mi confondeva. Volevo essere arrabbiato, avevo il diritto di esserlo quella volta, ma non appena scoppiò a ridere davanti il mio silenzio cedetti nel vedere una sua gamba flettersi davanti a me, che seduto mi ritrovai una scarpa davanti la faccia; - è merito loro se ora sai rispondere a quelle domande. Ringraziale

Ebbi uno spasmo li sotto e la voglia tenuta a bada dal dolore poco a poco riprese vigore, quindi chiusi gli occhi e arreso le baciai la scarpa. Corsi lungo la calzatura lentamente, ma per la seconda dovetti abbassarmi perché la mantenne per terra, strusciando qualche volta la faccia sulle sue caviglie; - non sono certa del tuo premio... hai fatto un compito pessimo nonostante avresti potuto superarlo con semplicità, ha costretto quel ragazzo con la tua amica e ti sei lamentato parecchio e questi occhi poi...

Mi prese il naso tra l'indice e il medio ridendo; - mi hai anche portato un dolce però, ti sei scusato a scuola pubblicamente, per la tua testolina stavi facendo un piacere al tuo nuovo amico e mi hai tenuto tutto il tempo su di te senza mai desistere... hai una gran volontà quando vuoi. Premierò lei, non te

Il respiro si stava calmando, ma quando poggiò una scarpa sulla mia spalla e si slacciò il cinturino che stringeva la caviglia, prima una poi entrambe le calzature furono aperte; - cinque giorni non sono poi tanti, dimmi come ti senti li sotto

- ...la mattina, è difficile

- difficile? Beh, lo immagino. E' il bello di essere nella piena fase ormonale. Erezioni continue, una sola cosa in testa, dico bene?

- ...

- e cosa pensi? Amiche? Compagne di classe?

Fui certo, che lei sapesse. Era una delle sue domande bizzarre che nascondevano già la risposta e le replicai un sorriso un po' di sfida indicandola con un gesto del viso; - me? Non me lo aspettavo...

Rise e si tirò un po' avanti con la schiena, sporgendosi su di me tanto che credetti volesse baciarmi e scioccamente mi feci avanti, ma fui fermato; - arriverai a potermi baciare, ma prima di allora amerai ogni singola parte del mio corpo e per il momento, le uniche a cui puoi avere accesso le conosci... dico bene? Se vuoi baciarmi, dimostralo

Per la prima volta tirò fuori un piede dalla scarpa ed accavallando la gamba denudata del suo ornamento la fece ciondolare davanti a me, che rimasi come un ebete a fissarlo. Niente smalto. Un piede molto carino, forse un 39. Non che avessi canoni di paragone, non ci avevo mai fatto caso alle ragazze con cui ero stato. Sembravano morbidi, curati, tutte le unghie perfettamente rosa e dita gentili messe a scaletta; - lo trovi umiliante?

- non lo è?

Le risposi di getto, ma prima che potesse dire qualcosa ero già con le labbra sul collo del piede a fare quanto voleva; aveva un profumo strano, dato probabilmente dalla calzatura. Mi sarei aspettato un odore ecco... più pungente, invece era tenue e gradevole, sembrava quello delle scarpe appena comprate, ma con un tocco di vivo e di donna.
Passai le labbra sulla pelle fino alle piccole dita, baciandole delicatamente una per una. Tenevo gli occhi chiusi per qualche ragione, ma fui esortato a guardarla quando mi alzò un poco la caviglia per farmi passare sotto la pianta. Era leggermente umida e il profumo era più intenso.
Iniziavo a provare una strana sensazione e lo dimostrai aggrottando la fronte guardando fisso davanti a me. Forse era la situazione o il vederla così dominante nonostante fosse calma, ma non volevo credere che baciarle il piede mi stesse eccitando; - vorresti godere?

Mi fermai a quella domanda e riuscii solo a dire di si. Fu rapida a sorridere e dirmi di sbottonarmi i jeans per poi indicarmi la solita bacinella bianca con già dentro dell'acqua ed il contenitore del detergente. Quando tornai da lei ebbi un po' paura sapendo quello che mi avesse fatto la volta precedente. Lei lo comprese e fece segno di restare fermo davanti a lei.
Quando tirò fuori dal seno la chiavetta della mia prigione quasi non mi trattenni ed uno spasmo mi fece inarcare, venendo poco a poco liberato. Si dedicò prima alla gabbietta di plastica, la pulì con cura prendendosi tutto il tempo del mondo, con me al suo fianco che finalmente libero potei tornare eretto e pulsante.
Vedevo i segni lasciati dalla costrizione, segni profondi sul glande e sulla pelle, ma non importava. Quando tornò su di me, l'acqua fredda bagnò il membro prima che le sue mani unte di detergente passassero su e giù lungo tutta la carne e neanche al secondo passaggio gridai.
Si fermò, aspettando che le convulsioni passassero, dicendomi di lasciarle fare senza disturbarla. Ci provai, ma dovetti interromperla altre cinque o sei volte, finché un'ultima passata d'acqua non lavò via tutto il sapone.
Ansimai a lungo. Le palle facevano male e pulsavano. Le sentivo dure e pronte a rilasciare tutto quello che avevano conservato in quei cinque giorni, ma il sentirle stringere nella mano di Marzia cambiò tutto; - fallo scendere

- c-come?! Perché?

- devi rimetterlo dentro, forza muoviti

- Marzia ti prego! Non chiudermi un'altra volta senza prima...

Venni stritolato letteralmente ed un grido strozzato mi piegò su me stesso, sentendo il sangue defluire rapidamente. Il titolo di Padrona era andato a farsi fottere, ma non sembrò aversene, molto più decisa a farmi rimpicciolire con altre tre o quattro strette vigorose, finché non tornai quasi normale; - n-non centra, si alza subito! Non so come fare!

Sciolse il pugno e continuò a mantenerle sul palmo della mano guardandole. Mi causò un po' di imbarazzo e qualche goccia trasparente colò irrispettosa sul polso dove era adagiato il pene, poi feci solo in tempo a stupirmi del ricevere un vero e proprio pugno sui testicoli.
Si fece buio per qualche istante. Mi ritrovai in ginocchio steso con il busto sul divano e qualcosa mi tirava sotto in mezzo alle gambe; - sei con me?

- M-Marzia?

Avevo perso conoscenza qualche istante e nel frattempo lei mi aveva di nuovo chiuso nella gabbia, sentendo ancora l'eco di quel colpo micidiale stringermi il ventre e le palle. Me le strinsi scivolando a terra sofferente e più spaventato che altro; - perché? Il mio premio?

- ho intenzione di dartelo non temere...

- ma, come?

Era scalza ora. Si sedette nuovamente sul divano e sorrise carezzandomi il viso, portandolo sulle sue ginocchia dove restai dolorante e confuso. Mi godetti quel contatto il più possibile. Il dolore era ancora forte ma sopportabile, invece il suo profumo, quello dei suoi vestiti, era onnipresente. Ero così seduto davanti a lei, quando una sua caviglia si fece strada salendo sul cavallo dei jeans ora chiusi; - Marzia...

- pensi di poter provare piacere così?

Si riferiva al lento passaggio del piede in mezzo alle gambe, un qualcosa che mai in altre circostanze avrebbe funzionato, ma li beh, tutte le leggi del mio corpo sparivano, ed un mesto accenno positivo aprì la strada ad un massaggio lungo e doloroso.
Gemetti, ansimai e la fermai più volte finché non fui messo letteralmente seduto a terra a gambe incrociate e la guardai imperare su di me con i piedi uniti sul pene; - basta, non ce la faccio più... falla uscire come premio

- ma lo stai già ricevendo no? Non ti ho detto che non puoi farlo, sei libero di godere come e quando vuoi

Sorrise restando con le braccia sulle ginocchia a reggere il viso in una posizione un po' da bambina e muoversi qualche volta ancora i piedi all'unisono. Prese a sfregare lentamente ma con più decisione e neanche un minuto più tardi gridai per una contrazione fortissima. Ci stava riuscendo, sarei venuto con i suoi piedi se non fossi stato legato a quel modo e la cosa mi turbò tantissimo, ma la voglia di godere fu superiore.
Sentii una nuova ondata cercare di spingere fuori il liquido, ma anche se stimolato, per quanto tentassi di muovere il bacino e agevolare la cosa, proprio non riuscivo; - non esce? Eppure ti posso giurare che è fisicamente possibile, io stessa ne sono stata testimone molte volte in passato

- io non ci riesco, fa solo male e sto impazzendo!

- forse devi essere convinto di più, devi amarli con maggior convinzione

Alzò un piede sulla mia faccia e lo piantò li aspettando. Inspirai a fondo e quella morbidezza e l'umido della pelle leggermente sudata mi diedero altri segnali di piacere, venendo preso dal naso tra l'alluce ed il secondo dito in modo giocoso; - hai un minuto a partire da adesso

- c-come?

- 50 secondi

Cosa sarebbe successo dopo?! Avrebbe smesso! Oh no! Mi prese il panico, volevo venire, dovevo venire assolutamente! Presi a baciare la pianta del piede, ad annusare con forza senza più vergogna, ogni stimolo poteva essere quello decisivo al mio piacere che sentivo fosse li ad un passo; - 25

- Marzia!

- 15

- ...

- 10

- ...

- 5

Contò dal quattro all'uno senza pietà e alla fine tolse il piede dal mio viso e da sotto, lasciandomi piegato sulle sue gambe. Non frenai un po' di saliva che colò sulla gonna e fui carezzato dolcemente; - la tua volontà non è stata abbastanza forte, mi dispiace. Vedi, è solo questione di volere qualcosa

- m-ma io voglio! Voglio!

- volevi anche superare il test di filosofia ed hai ottenuto un risultato mediocre, dovresti soffermarti a pensare a cosa vuoi davvero, perché di certo, sotto i miei tacchi, l'ultima cosa che volevi era studiare eppure... hai ottenuto i risultati che volevo

- ... voglio godere

Espressi sommessamente quasi non più padrone di me; - allora dovrai applicarti di più. Ti ho detto che avrai accesso ai miei piedi per il tempo che riterrò opportuno, amali. Arriva a desiderarli come desideri fare l'amore con me e la tua volontà ti farà raggiungere il piacere che vuoi

La sua voce era calda e affabile, così diversa dagli ordini con cui mi aveva dominato poco prima. Fui costretto ad alzarmi ed aiutato da lei infilai la maglietta come un cerebroleso, vedendola infilarsi nuovamente le scarpe. Le guardai i piedi. E prima che potesse infilare anche la seconda, scesi come un falco e le baciai la caviglia e poi il dorso, fino alle dita ancora e ancora, osservato con un po' di sorpresa.
Era il mio modo per dirle che l'avrei fatto, mi stava bene. Se voleva concedermi i piedi o una scarpa non importava, aveva detto che un giorno avrei potuto baciarla sulle labbra come adesso facevo con le sue estremità e ciò bastava. Avrei imparato a trarre piacere da quelle piccole cose.
Con il fiato corto la lasciai sistemarsi per poi girarmi verso la bacinella e senza indugio la afferrai uscendo e dirigendomi in bagno. Stranamente mi attese davanti la porta ed era sciocco come anche quel semplice gesto riusciva a darmi motivazione, aprendole persino un sorriso affaticato.
Sul divano della sala grande mi sedetti stravolto. Tenevo gli occhi chiusi, il petto era un massacro, la testa esplodeva e le palle quasi non le sentivo più, avevo persino paura ad immaginare in che situazione fossero; - immagino che il tuo ragazzo resista molto di più...

Ok. Non so neanche io come mi uscì quella frase infelice, ma la testa mi tornò a quella telefonata e da sotto i capelli arruffati che avevo davanti gli occhi, la osservai avvicinarsi sedendosi sul poggiolo della poltrona; - a cosa ti riferisci?

- la telefonata, quando sono arrivato... con lui eri dolce come lo eri prima, quando mi carezzavi

Sorrisi amaro. Non c'era astio nella voce, solo una mia curiosità ed un filo di gelosia che sperai non fosse troppo visibile. Si mise a braccia conserte con un'espressione di disappunto; - è normale provare un certo attaccamento con quello che stiamo facendo, passerà

- passerà? E perché dovrebbe?

- perché è così che andrà, non è qualcosa che puoi scegliere...

- prima posso, poi no? Prima ho la volontà e poi no? Non voglio che mi passi questa cosa con te... mi piace, credo

Lo dissi con un po' di imbarazzo fingendomi forte e lei se la rise quasi a rimarcare quanto poco sapessi della vicenda; - è che so davvero poco di te, cioè in realtà nulla... lo so che avrai decine di tizi super sottomessi che ti venerano, però ammetto che sentirti parlare a quel modo un po' mi ha lasciato un che di fastidio. Non che sono geloso ci mancherebbe, io non lo sono di natura, solo che...

- mio fratello

Mi stavo grattando la testa dal nervoso per quella stupida discussione che avevo aperto e restai sorpreso nel vederla sorridere e sistemarsi gli occhiali; - avevamo appuntamento stasera, ma sono bloccata con alcune pratiche del carcere minorile. Il lavoro si accumula e a qualcosa devi rinunciare

Mi sentii un perfetto idiota. Anche così conciata con il lavoro mi aveva concesso il suo tempo. Forse la mia bocca mezza aperta bastò a farle capire i miei pensieri; - lo vedrò domani. Non preoccuparti, si trattiene a Roma per il fine settimana

- s-scusami, io non credevo, voglio dire, se avessi saputo mi sarei...

- ti ho detto di non preoccuparti

- o-ok

Ecco tornata alla carica Miss Padrona. Stare dietro alle sue personalità era come vincere una gara di atletica senza gambe; - le musiche, le hai ascoltate?

- eh? Ah certo! Ho scritto tutto, ti ridò anche la pennetta...

Mi allungai al lato del divano per prendere il foglio su cui avevo scritto le canzoni che mi avevano colpito di più e nel farlo involontariamente mi accasciai letteralmente, sentendo il cazzo fremere per non so quale motivo. Restai fermo,trattenni qualche ansimo imbarazzato e subito la mente mi ricordò che sarei rimasto in quelle condizioni fino a martedì; - allora?

Il suono della sua voce mi tirò con i piedi per terra, scacciando il desiderio e scuotendo la testa tornai da lei e le consegnai il foglio con una faccia sofferente; - Marco Masini?

Scostai lo sguardo; - beh? Mi sembra bravo...

- non sto giudicando, stavo chiedendo una spiegazione

- mi piacciono le sue canzoni, ci mette un sacco di rabbia... ne ho ascoltate altre a casa

Si fissò mentalmente qualcosa, poi tornò a leggere gli altri due nomi e i titoli delle tracce che c'erano dentro; - KMFDM... particolari, non proprio un genere da discoteca che frequenti e Metallica, No Leaf Clover, ne avevi altri di loro brani, hai scelto quello più singolare

- ho passato l'esame? Sono matto?

Cercai di fare dello spirito sospirando non potendo evitare di guardarle le scarpe e sembrò essere accolto piuttosto bene; - vai a quella libreria e prendi un libro dall'ultimo scaffale sulla destra. Sentiti libero di scegliere quello che vuoi

- un libro? Ma non conosco...

Mi alzai subito dopo un suo sguardo nervoso e mi piazzai davanti al grande mobile in ebano che copriva per intero la parete; solo in quello spazio ce ne saranno stati un centinaio tutti messi in ordine su vari ripiani e con una copertina rigida dall'aria un po' datata.
Lessi alcuni titoli guardato a vista e mi mise un po' di soggezione. Come fare una scelta giusta non conoscevo niente di quello che stavo cercando? Andai a braccio, spinto dall'unica cosa leggibile e superando un piuttosto famoso “Dottor Jekyl e Mr Hide” che almeno di fama conoscevo, mi soffermai sul “Il ritratto di Dorian Gray” e lo presi un po' esitante.
Era piccolo tutto sommato, non aveva immagine di copertina e quando tornai glielo mostrai; - lo leggerai per martedì... poi riprenderemo il discorso della tua volontà di raggiungere il piacere

Che tradotto voleva dire, annuserai ancora i miei piedi finché non ne potrai fare a meno. Confermai sistemandomi volgarmente in mezzo alle gambe, poi si alzò e compresi di dover andare. Mentre le lasciavo il denaro come ogni volta, Marzia mi attese all'ingresso dandomi a ricevuta e come sempre ci fu il momento del saluto. Ma io di andarmene proprio non volevo; - martedì ti interrogherò nuovamente ed inizieremo con le altre materie se a casa non riuscirai a raggiungere risultati provvederò io, potresti passare un esame ad occhi chiusi se ti tenessi una giornata sotto le scarpe

Un brivido profondo di piacere mi strappò un piccolo gemito facendola ridere; - grazie del libro... e scusa per tutto, sembra che non ne azzecchi una. Parlando con quell'amica che ti ho detto mi sono fatte tante domande, l'ho ascoltata con orecchie diverse e se l'ho potuta capire un po' di più è merito tuo

- altro?

Le stavo facendo perdere tempo, quindi chiusi il becco ed uscii dalla porta, ma proprio quella cosa che avevo sulla punta della lingua non volle restarsene li; - senti ma non ho capito, alla fine sei fidanzata o no?

Alzo un sopracciglio, sorrise scuotendo la testa e mi chiuse la porta in faccia, facendomi restare come il cretino che ero ad avviarmi per le scale, con una gran voglia di fumare uno straccio di sigaretta.

Continua...

Edited by 8Dark8 - 1/10/2015, 20:07
 
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baresina76
view post Posted on 10/4/2015, 23:04     +1   -1




originale
 
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fetishbislave
view post Posted on 15/4/2015, 00:39     +1   -1




è un racconto semplicemente DIVINO!
 
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8DarkFrame8
view post Posted on 24/9/2015, 23:19     +1   -1




DA TEPPISTA A SCHIAVO - V



Quando tornai a casa quella sera tutto il mondo mi sembrava una specie di ombra di se stesso. Le persone sulla metro, sull'autobus, nelle macchine, a piedi, le vedevo sfocate e mentre portavo lo zaino in spalla salendo le scale del mio palazzo, non riuscivo a non pensare a Marzia.
Quella privazione iniziava ad avere effetti quasi allucinogeni.
Sentivo salire la voglia in ogni momento, ed il pene gonfiarsi ormai per qualsiasi motivo anche indipendente dal sesso. Salutai mio padre, gli consegnai la ricevuta della sessione e scambiai quattro chiacchiere preparando la cena, poi entrai in stanza ed aprii la porta finestra uscendo fuori il piccolo balcone.
Il cielo ero violetto e tra le nubi della sera all'orizzonte si scorgeva ancora qualche ultimo raggio di sole. Adesso stavo bene, quella brezza leggera mi dava sollievo, ma la domanda era: quanto cavolo sarei durato?
Poggiai le braccia sulla ringhiera arrugginita e mi persi in un mare di pensieri che ebbero come denominatore unico i piedi di Marzia. Come avrei fatto ad amarli nel modo che voleva lei? Volevo farlo, dico sul serio, desideravo davvero godere come lei diceva, ma non sapevo come fare.
Io non ero quel tipo di ragazzo. Esistevano dei soggetti amanti di quella roba, ma io non provavo quelle pulsioni, a me piacevano le tette, un bel sedere, al massimo una mano e la bocca, ma con i piedi proprio non mi veniva nessun raptus.
Quando ero con lei, nelle varie situazioni in cui mi metteva però, in effetti riuscivo ad eccitarmi, il problema è che riconobbi la cosa solo da un punto di vista generale e complessivo; i suoi occhi, la sua espressione severa, quella sua volontà di umiliarmi e punirmi, oltre che il suo corpo bellissimo, era tutto questo a fare effetto... ma non sarebbe bastato.
Mi piegai leggermente dopo una fitta alle palle e la gabbietta tornò a stringere come al solito; se almeno mi avesse fatto togliere quella maledetta cosa in cui ero rinchiuso, forse anche con i piedi ce l'avrei fatta, ma voleva che la tenessi accidenti. Era una cosa così crudele che per un attimo mi girarono le scatole dal nervoso, ma dopo aver stretto i denti un'altra fitta sciolse la rabbia in un mesto piacere.
Che volessi o meno, a me Marzia piaceva sul serio, non sapevo ancora quanto, ma di certo più di qualsiasi altra ragazza che avessi visto e conosciuto, sia che fosse rilassata e sorridente sulla poltrona del suo salottino, sia che indossasse gli abiti della dominatrice nella sua stanza dei giochi.
Sorrisi come uno stupido sospirando al pensiero di suo fratello. Che tipo sarà stato? Più grande di lei o più piccolo? E pian piano mi ritrovai ad immaginare una marea di situazioni possibili nel vivere in famiglia con una Marzia adolescente.
Decisi di calmarmi con una bella doccia fresca. Davanti allo specchio, una decina di lividi e vari segni dei suoi tacchi mi tappezzavano brutalmente. Non facevano male per fortuna, non più almeno, ma chissà quando se ne sarebbero andati.
Ebbi finito nel giro di un quarto d'ora e lasciai i capelli bagnati per darmi fresco, quando mi andò l'occhio sul cellulare gettato sul letto assieme allo zaino e fui folgorato dall'idea delle idee. Io non avevo quel tipo di gusti, piedi e scarpe non mi eccitavano, ma forse potevo imparare!
Se ero riuscito a memorizzare quelle cose sui Pitagorici e prendere sufficiente in filosofia, potevo sicuramente imparare ad apprezzare le estremità di una ragazza; e quella ragazza grazie a Dio io sapevo chi fosse...

Angela ti disturbo? Devo vederti subito è urgentissimo, un bacio.



Tralasciai di chiedergli cose specifiche su come fosse andata con Mirco, non me ne fregava un bel niente, speravo solo che non fosse già uscita o avesse appuntamento con il suo gruppo.
Mi rispose dopo qualche minuto intorno alle 21:00;

Accidenti! Sparisci per mesi e ora ti sento due volte i pochi giorni, vuoi soffocarmi? <3



Faceva la simpatica, ma non mi aveva risposto;

Dimmi che non sei impegnata stasera, devo parlarti di una cosa...



Altri minuti spesi un po' sulle spine a guardare la TV in camera, poi arrivò l'SMS;

Sono fuori con i ragazzi Ale... mi raggiungi a Roma Termini? Ma è una cosa bella o brutta che devi dire?



Sinceramente non lo so nemmeno io, ma sei l'unica che sa... e l'unica a cui lo direi



Sperai avesse capito che mi riferivo al fatto che fosse l'unica a conoscere il mio segreto e dopo aver indossato jeans e maglietta pulita, lessi l'ultimo messaggio;

centra quella cosa allora! Lo sapevo... mi trovi al solito posto. Ti aspetto, ciao bello <3



Avvertii mio padre che non sarei tornato tardissimo e mi fiondai giù per le scale come se la mia amica potesse scomparire.

-O-



Ci impiegai una ventina di minuti.
Scesi alla stazione metropolitana e risalii i vari piani di Termini fino a ritrovarmi nella immensa sala dove c'erano segnalati gli arrivi e le partenze. Come sempre c'era un infinità di gente, per lo più stranieri e salutata qualche vecchia conoscenza uscii fuori, dirigendomi alla piazzetta dove Angela stava di solito.
Erano in uno spiazzo appartato, illuminato da un paio di lampioni. In tutto saranno stati una quindicina, metà ragazzi e l'altra metà ragazze. Motorini parcheggiati, fumo a volontà, risate e schiamazzi con bottiglie di alcool e birra, insomma, uno spettacolo deprimente e più che mai nostalgico.
Con le mani in tasca fui accolto dal profumo di erba fumata e già fui li li per perdermi, salutando un paio di ragazzi che mi invitarono con loro. Devo dire che fu la voce di Angela a riportarmi sulla retta via, perché non sarei stata in grado di rifiutare una seconda volta; - oh ma che fai non saluti?!

- eh? Ah si scusa, è che la voglia di fumare non è ancora passata sai...

- si ok, ora abbracciami”.

Fece la faccia risentita, ponendosi come un'isterica a braccia conserte aspettando quanto richiesto e ridendo la sollevai da terra e trattenendola a me; - se mi stringi così sento tutto qui sotto...

Sgranai gli occhi lasciandola libera dopo quel sussurro inaspettato. Lei tornò seduta sulla panchina dalle sue amiche trascinandomi con lei per mano e riprese a finire un argomento su qualcuno finito nei guai con le forze dell'ordine.
Salutai le tre ragazze e me ne restai con le mani sui fianchi in piedi vicino la mia amica in evidente attesa. Devo dire che uscire di casa era meglio che restare a crogiolarmi nella voglia. Qualcuno mi parlava, io rispondevo, facevo due battute, qualcun altro rideva e passai quei venti minuti abbastanza discretamente, rifiutando sigarette e alcool più e più volte, finché Angela non mi tirò per la maglia seduto vicino a lei; - allora? Che volevi dirmi?

- non qui...

Sorrise sapendolo benissimo, si comportava da stronzetta quella sera. Quindi salutò le amiche e si alzò facendomi segno di seguirla. Indossava una minigonna di jeans con sotto delle calze e degli stivaletti abbastanza vissuti. Sopra, un top metteva in risalto quel bel seno che aveva, assieme ad un trucco leggero e i capelli raccolti a coda.
Le fissai il sedere senza nemmeno salutare gli altri, beccandomi frecciatine su dove stessimo andando, alle quali Angela non badò, ma che a me in un attimo mi innervosirono. Ero su di giri per tanti motivi, ma non era solo la battuta ad incrinarmi; in quegli sguardi c'era scherno e derisione, sopratutto dai ragazzi stranamente, le ragazze invece se ne restarono per i fatti loro, fatto sta che quando mi impuntai a fissare quello che più di tutti si era girato a commentare, al suo chiedermi che volessi, ed il mio conseguente partire in quarta, una mano piccola e calda strinse la mia fermandomi; - oh ma che fai? Prima sembrava una cosa urgente...

Tornai in me riuscendo a distinguere di nuovo i colori. Non mi domandai cosa mi avesse chiuso il cervello, non volevo pensarci in quel momento, so solo che avevo sventato una brutta rissa con gente poco raccomandabile e che non erano come i coglioni a scuola.
Allontanandomi con lei, restai in silenzio a sbollire il resto dell'incazzatura e camminammo lungo le vie del centro fino a Via Nazionale; - ti metti a fare il pazzo per me adesso?

- ...

- non è oggi che quelli parlano dietro Ale, tu lasciali parlare

- beh, oggi me ne sono accorto che ci posso fare?

Mi fermai vicino al museo. Sui gradoni c'erano altri gruppetti di ragazzi, ma in sostanza eravamo distanti da tutti e potevo parlare liberamente; - come ti pare, ma vedi di darti una calmata che ci metti poco a restare da solo e per come sei fatto rischi di prenderne un bel po', visto che la tua vita intera ti è andata sulle palle

- che significa?

- quello che ho detto, questa cosa che stai facendo devi gestirla meglio, perché sennò stasera avremmo parlato all'ospedale invece che qua

Non riuscii a decifrare le sue parole o la sua espressione imbronciata. Mi stava riprendendo perché stavo cambiando dal solito Alessio, oppure era preoccupata per me dell'eventuale scazzotata? Sospirammo all'unisono, poi anche io mi sedetti; - dai su... che volevi dirmi?

- Ah si... ma adesso siamo nervosi, non mi va di parlare di quello

Alzò un sopracciglio dandomi uno schiaffetto sulla guancia e si avvicinò; - non sono nervosa, mi hai sorpreso prima tutto qui, ma se devi picchiarti con qualcuno non voglio centrare niente

- ma quello rideva...

- che palle, ma ricominci?

- ok... scusa

Restai imbronciato a fissare la strada e qualche raro passante, mentre Angela rise di qualcosa pizzicandomi il braccio con le dita; - allora?

- ...

- hai detto che centrava quella cosa li dico bene? Ce l'hai ancora?

Mi irrigidii subito perdendo la faccia da duro sciogliendola in una più indefinita, guardandomi intorno se qualcuno potesse ascoltare (non potevano); - si...

- si? Ma da quanto stai così?

- poco, una settimana...

Si strinse ancora di più allungando una mano in mezzo alle mie gambe senza alcun problema, sentendo sotto i jeans la durezza della gabbietta. Mandai giù un sorso della mia stessa saliva scostando lo sguardo un po' colpevole, mentre lei finiva di ispezionare la questione; - settimana? Ma come fai lavarti?

- ci pensa lei quando la vedo...

Quel toccare doveva durare qualche secondo, invece ci stava perdendo un po' troppo tempo, quindi decisi di scostarmi tornando a guardarla con un colpetto di tosse; - s-senti Angela, è successa una cosa

- che cosa?

- una cosa! Fammi finire... non posso spiegarti tutto o ci staremmo fino a domani mattina, ma ho bisogno di un aiuto perché altrimenti rischio di starmene così finché le palle non scoppiano, chiaro?

Si ritrasse abbastanza sorpresa e al contempo si mise più comoda per guardarmi; - ti ascolto...

- ok. Allora... come te lo spiego? Insomma, io dovrei, uffa! NO! Non ci riesco, merda!

Mi stavo vergognando come un cane persino con lei.
Come avrei dovuto dirgli secondo voi? Guarda Angela prestami i tuoi piedi perché devo fare pratica finché non me li faccio piacere, altrimenti non schizzerò mai più. Dai era assurdo ammettetelo.
Mi passai le mani sulla faccia più nervoso di prima; - Ale calmati che sarà mai di peggio? So che hai il pisello dentro quella specie di scatolina di plastica, voglio dire... mi piacerebbe sapere un po' tutta la vicenda, però puoi stare tranquillo qualsiasi cosa non la dirò, già te l'ho detto mi sembra

- infatti non è quello...

- e allora cosa? E' qualcosa che devo farti? Perché anche li non c'è problema lo sai... basta che anche tu la faccia a me

Restai un attimo senza parole, non so bene neanche io perché. Sapevo com'era, ma quel suo fare quasi giocoso mi metteva ancora più in agitazione; - o-ok... dammi i tuoi piedi

Boom! L'avevo detto. La guardai in faccia? Col cavolo. Me ne stavo a fissare i gradoni di marmo con una faccia da schiaffi, in bilico tra il comico e lo sfrontato, ma dovetti per forza allungare un occhio per vedere una sua reazione, che fu il nulla; - eh? Che hai detto?

- i piedi, quelli dentro le tue scarpe del cavolo... mi servono

Si guardò i stivaletti dubbiosa e pensante, quasi avesse finalmente capito qualcosa; - c-che c'è? Lo so che è strano...

- e che ci devi fare?

Tornò a guardarmi con sospetto, ed io deglutii sonoramente; - ehm... delle cose

- tipo?

- delle cose! Parecchie...

- i piedi sono i miei, quindi vedi di scioglierti la lingua altrimenti ti dico di no...

- che palle... me devono piacere ok?

- ...

- cos'è quella faccia? Non hai capito? Adesso non mi fanno né caldo, né freddo. Invece devo arrivare a... ad amarli, insomma lo so che è assurdo, ma è così! Non so come fare e sei l'unica a cui mi sento di chiedere aiuto

Si tirò indietro con la schiena e si fece una risata da grande infame, alzando gli occhi al cielo stellato sopra di noi, attirando ovviamente l'attenzione anche dei ragazzi distanti; - ma che ti ridi?!

- adesso ho capito quel tuo amico... ma che bravo, quindi glielo hai detto tu di fare quelle cose

Si, anche io come voi non avevo idea di cosa parlasse; - amico? Intendi Mirco?

- proprio lui. Mi sembrava strano che volesse una cosa del genere, nessuno me l'aveva mai chiesta, ma adesso si spiega tutto, c'eri tu dietro

- guarda che io...

- non preoccuparti, l'ho fatto felice. Pensavo gli si sarebbe ammosciato per la puzza, capirai tutto il giorno nelle scarpe, ma non sarei mai andata a pensare che quello mi chiedeva di potermeli baciare e leccare, invece gli è venuto più duro di prima

Ascoltai quell'aneddoto abbastanza colpito e visto il mio silenzio, anche Angela iniziò a capire che io non centravo assolutamente niente; - ...che ho detto?

- n-nulla, ma io non ho parlato di un cavolo con Mirco, gli ho detto solo di portarti delle sigarette

Ci guardammo entrambi in silenzio. Lei mezza distesa, io seduto al gradone sotto di lei; - non gli hai detto tu di fare così?

- no...

- wow... quindi è matto di suo?

- Angela, si può sapere di che cazzo stai parlando? E togliti quel sorriso, spiegami un attimo come siamo finiti a parlare di quel coglione del primo anno

- ok. L'ho trovato li sulla panchina che batteva il piede dal nervoso. Me l'ero immaginato diverso, ma non ci stavo badando molto. Ci salutammo, presi quel pacchetto di sigarette e serena me lo sono portato a casa. Fin qui nulla di strano. Iniziò a farmi un sacco di domande, era molto agitato, continuava a ripetere che se non volevo per lui non faceva differenza e che era contento di avermi conosciuta: proprio un soggetto carino come avevi detto tu

- ...

- non dico che gli sono saltata addosso, ma era tutto rigido e di parlare mi ero stufata, quindi ho iniziato a baciarlo e spogliarlo e nel giro di un attimo eravamo nudi sul letto. Non voglio che fai battute quindi salterò i dettagli, ma mentre lo stavamo facendo, mentre gli dicevo stringi qui o stringi qua, lui continuava a scendere continuamente sulle caviglie e sui calzini. La cosa non mi dava fastidio, ma non capivo il perché. Sono stata sopra di lui tutto il tempo, nel giro di cinque minuti è venuto una prima volta, ma mi ha chiesto di continuare e la seconda è durato molto di più, anche più di te se vuoi saperlo

Rise; - ah si? Pensa un po'...

- già... quando mise le dita sotto i piedi non ci ho visto più e mi sono fermata di colpo. Lui si è spaventato e le ha ritratte chiedendomi scusa. Gli chiesi che cazzo stava facendo e lui tutto carino e balbettante mi ha detto che era la prima volta che poteva toccare i piedi di una ragazza e che la cosa gli piaceva tanto

- ti ha detto così?!

- testuali parole. Mi suonò strana come cosa, che senso aveva? Ripresi a muovermi perché anche io ero vicina ormai e continuammo a parlare. Lui ci riusciva poco, ma mi spiegò che aveva questa fissa fin da quando era bambino e che non l'aveva mai detto a nessuno. La cosa mi intrigò e cambiai posizione alzando le gambe in avanti mettendogli i piedi dritti in faccia. Ale ti giuro che quel pisello divenne più grosso in un attimo e schizzò per la seconda volta solo per quella cazzata

Non so che faccia avevo, ma sicuramente era qualcosa di simile allo stupore. In realtà quel racconto era riuscito ad eccitarmi parecchio e sospirai in modo caldo, battendo le ginocchia l'una contro l'altra per calmarmi; - che hai?

- niente e che questi racconti fanno parecchi danni...

- danni? Ah! Li sotto... poverino chissà come soffre. Ti ecciti a sapere che mi scopavo il tuo amichetto?

- Angela sta zitta... dammi un secondo

- no, non te lo do... stavo dicendo? Ah si, mi sono tolta da sopra di lui, ed effettivamente trovai il preservativo strapieno. Mi innervosii un pochetto perché io non avevo fatto in tempo a godere quindi presi a toccarmi, ma lui mi chiese se poteva continuare. Figurati, ho detto, fai come ti pare! Gli ho aperto le gambe e lui non si è nemmeno cambiato il condom che subito lo ha rimesso dentro mettendosi i miei piedi sulla faccia, annusando e baciando. Che ti devo dire, gli era tornato più duro di prima e anche se maldestro ci metteva tanto impegno, ma la vera svolta fu una decina di minuti dopo, quando ormai vicinissima volli provare una cosa...

- che?!

Restai in trepidazione, volevo davvero sapere tutto e anche se avevo un dolore incredibile tra le gambe ormai dovevo sapere; - se con i calzini dava quei risultati, senza cosa avrebbe fatto? Glieli tolsi da davanti per poi rimetterceli nudi e il risultato fu che perse completamente la testa. Ti giuro Ale, se solo ce lo avesse avuto un po' più grande sarebbe stata forse la scopata migliore della mia vita, non si fermava più! Li annusava, li leccava, tutto l'imbarazzo del bravo figlio di mammina era scomparso per lasciare il posto a quella specie di cagnolino eccitato. Venni poco dopo, lui non mi pare. Dovetti dirgli di fermarsi perché mi stava ammazzando e tornò in sé solo quando gli tolsi i piedi dalla faccia... per questo quando mi hai detto così ho pensato che centrassi tu

Che storia cazzo. Quel piccolo bastardo aveva quello che a me serviva, non riuscivo ancora a crederci. Restammo zitti, entrambi a pensare ai fatti nostri. Io ragionai su come cavolo arrivare ad avere quella voglia per dei stupidi piedi; - insomma... vuoi fare quelle cose li anche tu?

- ...devo farle per forza

- sennò rimani pieno come un uovo?

Stavolta la guardai piangente; - ok ci sto, ma fammi capire... a te i piedi non ti fanno nessun effetto giusto?

- più o meno... l'ho fatto solo con lei fino ad ora e rimanevo dritto perché potrei esplodere da un momento ad un altro, ma non farei mai tutte quelle cose di Mirco

- mmm... e vorresti diventare come lui?

- più o meno...

- e se non ci riesci?

Mi corse un brivido lungo la schiena e sospirai poggiandole la testa sulle ginocchia; - me ne resto così ad oltranza

Fui carezzato dalla sua mano. Guardavo la strada e lei forse guardava me riflettendo; - parlaci

- come?

- ti deve un favore no? Allora riscattalo... è grazie a te che ha scopato, quindi come minimo deve ricambiare dicendoti come fare

Mi alzai di scatto non sapendo se ridere o incazzarmi; - ma che cazzo dici?! Dovrei confessare questa cosa a quel bamboccio?!

- quel bamboccio ha qualcosa che a te serve... io posso anche farti leccare e annusare i piedi tutti i giorni, ma non so dirti come farteli piacere

Già dire quella frase mi lasciò mezzo tramortito da una fitta e ricaddi sulle sue gambe fissandole i stivaletti; - che c'è?

- n-niente...

- vuoi annusare? Magari i miei sono meglio di quella li...

Non replicai quella follia che invero forse avrei anche fatto se fossimo stati da soli, tanto per provare; - ovviamente questa sarà mia quando, quanto e come mi pare. Sembra onesto no?

Mi strinse le labbra con le dita tirando fuori la lingua e risi sommesso; - allora, glielo chiederai?

- non ho altra scelta...

- no, infatti

La accompagnai a casa e continuammo a parlare di come affrontare la questione.
Tentò qualche volta di scucirmi informazioni che per il momento volevo continuare a tenermi per me, ma divagai abbastanza bene e quando fui a letto nella mia stanza, continuai a riflettere.
La miglior scopata della sua vita... che stronzata.
Proprio non riuscivo a capire come avere un simile effetto con dei stupidi piedi. Capivo il contesto di dominazione ormai e lo accettavo quasi di buon grado visto le mie reazioni. Ma diventare un toro annusando e leccando era folle e la cosa mi gettò nuovamente nello sconforto.
Mi ingegnai a trovare soluzioni per avvicinare quello scemo l'indomani, ma non me ne venne nessuna che non fosse assolutamente patetica, ed il mio orgoglio era ancora troppo vivido per abbassarmi a quello che andava fatto.

-O-



Non mi resi conto neppure di essermi addormentato e riaprii gli occhi al suono della sveglia.
Passai quella domenica in solitaria. Avevo la testa da tutt'altra parte e sinceramente guardai solo di sfuggita il libro di marzia immobile sulla scrivania e preferii svagarmi con TV e musica. L'indomani mattina, uscii di casa con le cuffie sparate a palla della musica più casinara che avessi a disposizione sul cellulare e quando arrivai a scuola, mi misi direttamente davanti al cancello per aspettarlo.
L'avrei fatto al volo, così di getto, senza pensare. Magari una volta iniziate le lezioni mi sarei tirato indietro, invece l'indomani avrei visto Marzia e bastò quell'immagine per farmi battere il cuore un po' più forte.
Non dovetti attendere molto. Lo notai fra la folla che entrava ed usciva abbastanza facilmente. Sempre da solo, sempre con quella faccia da ebete e gli occhiali. Non si accorse nemmeno del mio avvicinarsi e lo afferrai da dietro lo zaino frenandolo.
Sobbalzò per la sorpresa, salutandomi con un sorriso e porgendomi la mano titubante. Eravamo davanti a tutti e non mi andava di far parlare della questione, quindi gli rifiutai il saluto; - seguimi...

- ma, la campana sta per suonare

- entri in seconda. Dai sbrigati ti devo parlare

Un paio di miei amici passarono sui motorini salutandomi. Dovetti scambiarci qualche battuta, mentre il fesso se ne restava a guardare gli ultimi ragazzi entrare, quindi gli fischiai portandolo lungo il viale.
Non so cosa gli passasse per la testa esattamente. Aveva una faccia preoccupata, ma quella ce l'aveva sempre, quindi poteva benissimo stare bene. Però, dopo qualche minuto di camminata, forse fui io ad essere nervoso; - che hai, perché non parli?

- eh? No niente... è che in prima ora avevo il compito

Cazzo. Che potevo saperne io? Gli camminavo davanti di qualche passo, quindi non penso riuscì a vedere la mia espressione un po' colpevole e fu meglio così; - ti ho fatto un bel favore l'altro giorno no? Penso lo valga uno stupido compito

- vale tutto l'anno scolastico...

Mi girai trovandolo con un mezzo sorriso; - ti è piaciuta Angela?

- a chi non piacerebbe?! Mi hai regalato il giorno più bello della mia vita, non so nemmeno come ringraziarti

Gli feci un gesto di assenso, che non voglio chiamare sorriso, sedendomi su una panchina molto, ma molto lontani dalla scuola, quasi vicino alla statale; - c-che succede?

- mi devi dare i soldi, pensavi che era a gratis?

Sbiancò di botto alla mia battuta, tanto da farmi scoppiare a ridere; - scherzo... senti, devo parlarti sul serio per quanto riguarda quel favore che ti ho fatto

- ...d-dimmi. Per un attimo mi hai messo paura

- un favore per un favore, ok? Non fare domande, non chiedere nulla, ma so cosa avete fatto tu e la mia amica, intendo nello specifico

Se prima aveva sbiancato, forse la faccia che mostrò in quel momento era anche peggio, sedendosi lentamente e lasciando la cartella cadere di fianco alla panchina; - i-in che senso? Che cosa ti ha detto?

- non facciamone un dramma ok, non voleva sputtanarti...

- oh no...

- ...calma dai

- ti prego non dirlo a nessuno!

Alla faccia della calma. Sbottò quasi a pregarmi con occhi pieni di terrore e in un primo momento lo trovai divertente, dopo il primo minuto già mi stava rompendo le palle e lo rimisi a posto con un pugno sulla testa; - oh ma ti stai buono? Se continui di prendo a pugni. Ti ho detto che devi ascoltare...

- o-ok...

- come ci riesci?

L'avevo detta così, proprio come volevo. Buttata in mezzo all'argomento senza né capo né coda, quasi sperando che non capisse; - riesco cosa?

- a fare quello che hai fatto con Angela...

Aggrottò le sopracciglia e si impegnò a cercare nella mente i punti occulti della domanda e ci mancò poco che gli facessi un disegnino; - intendi...

- si, che diamine parlo dei piedi suoi

Si guardò intorno agitato lasciando passare una coppia di signore che facevano jogging. Caspita, d'accordo che era un super segreto, ma quella paranoia mi batteva pure a me; - abbassa la voce dai!

- allora?

- non capisco, che vuoi sapere?

- ...dimmi come fai ad arraparti con i piedi di Angela

Provò a girarsi un'altra volta per vedere se qualcuno ci avesse sentito, ma lo presi per un orecchia e lo rimisi nella mia direzione; - non lo so...

- come? Come fai a non saperlo?!

- te lo giuro, è una cosa che ho da quando ero piccolo, non so come sia venuta

Porca puttana. Era proprio stupido, doveva esserci un modo per diventarci, a meno che non ci si nasceva così e la cosa mi mise un po' di ansia perché avrebbe significato una realtà terribile per me; - ok, adesso ragioniamo. A che età te ne sei accorto?

Sospirò. Era chiaro che l'argomento lo mettesse a disagio; - perché lo vuoi sapere?

Ed ecco la domanda che speravo non venisse posta; - mi serve saperlo

- perché?

- sono affari miei il perché, tu spiegami e basta. Se mi aiuti ti saldo il favore, ma devi aiutarmi sul serio, sennò ti lascio in pasto a quelli sotto la tettoia a ogni ricreazione chiaro?

Non lo avrei fatto, ma lui non lo sapeva e la cosa fu un ottimo incentivo; - senti non ti so dirlo di preciso, dico davvero. Questa cosa va avanti da tantissimo tempo

Lo guardai fisso negli occhi con l'aria di chi la pazienza la sta per perdere e sussultò schiarendosi la voce; - p-però ora che ci penso, posso dirti uno dei ricordi più vecchi che ho d'accordo?

- sbrigati allora...

- ero davvero piccolo, avrò avuto forse sei o sette anni e già qualche accenno della questione iniziava a uscir fuori. Infatti spesso andavo a giocare vicino la scarpiera di mamma, non so perché lo facessi, ma quando lei non era presente, prendevo le sue scarpe e le usavo con fantasia e nei modi più stupidi. Mi piacevano insomma...

Fece una pausa e si avvicinò a me per parlare ancora più piano; - la cosa a cui mi riferivo prima però non centra con questo, ma è una cosa davvero, davvero segreta, ti prego non deve saperlo nessuno ok? Nemmeno Angela!

- ...ok

- va bene... allora, io ho una zia, la sorella di mia mamma che è una donna normalissima e molto carina, almeno secondo me. Ci andavo spesso a casa in quanto abita al palazzo davanti al mio e mentre loro parlavano io giravo per casa curioso di cercare anche le sue scarpe. Le teneva un po' nel bagno e altre nella camera da letto, ma li era proibito andare quindi giocavo fra la doccia e il lavandino con quello che trovavo. Sapevo di stare facendo qualcosa di strano perché ero sempre agitato e al minimo segnale di movimento della cucina scattavo fuori e facevo finta di nulla e la cosa andò avanti finché mi beccò. Era un pomeriggio, mi sembra fosse estate perché non aveva calze né altro a coprirle le gambe, ed eravamo da soli per qualche motivo. Mamma mi aveva lasciato da zia probabilmente, fatto sta che appena finito il pranzo, mentre lei sparecchiava io vedevo la TV, ma senza dire niente sgattaiolai via filando nel mio solito posto preferito. Le ricordo ancora perfettamente: c'erano delle vecchie ciabatte di sughero, poi delle scarpe da ginnastica e credo un paio di stivaletti. Presi le ciabatte e mentre le toccavo e facendo finta che fossero astronavi, mi soffermai la prima volta sull'odore forte che emanavano. Doveva avere molti anni perché il profumo era abbastanza forte, ma non diede affatto fastidio anzi: lasciai perdere le astronavi e provai ad avvicinarne una al naso per sentire meglio e fu... bello

- ...bello?

Ascoltavo quella marea di stronzate con una faccia stupita, ma con molta attenzione; - si, insomma, non saprei come definirlo. Mi piaceva davvero e anche se fa schifo non posso farci niente

- ...

- restai li per un bel pezzo a fare diverse prove con le altre scarpe che avevo a portata di mano, ognuna aveva un profumo diverso e unico, ma sempre piacevole. Mi accorsi di qualcosa di strano li sotto: mi ero eccitato per la prima volta credo, ma non ci badai più di tanto, almeno finché le urla di mia zia non uscirono fuori dalla finestra. Lasciai cadere la scarpa che tenevo in mano e spaventato la guardai prendermi per un orecchio e tirarmi via, andando in salotto. Faceva malissimo e non sapevo che rispondere alle sue domande su cosa stessi facendo. Non l'avevo mai vista così arrabbiata. Lei che era sempre dolce e gentile, sembrava impazzita e quando si sedette sul divano mi tenne al suo fianco aspettando risposte, ma non le dissi nulla, avevo troppa paura. Allora mi tirò per un braccio sdraiandomi a pancia in su sulle sue ginocchia e mi sculacciò

Alzai un sopracciglio; - che cattivona...

- beh, non voleva farmi troppo male, infatti non piansi affatto. Però quello che venne dopo fu ancora peggio. Così supino a guardare il pavimento mentre con i pantaloncini abbassati mi prendevo quei schiaffi, restai perplesso a delle emozioni strane e discordanti. Certo non ero contento e sentivo il sedere farsi rosso, ma disgraziatamente, nella foga di farmi sedere sulle gambe, le mie cose di sotto erano finite strette in mezzo alle sue ginocchia e più mi muovevo per ribellarmi ai colpi e più uno strano calore si faceva sentire. Allo schiaffo seguiva lo sbattere del bacino e lo strusciarmi su di lei, finché al decimo ceffone, ormai non dicevo più nulla e mi lasciavo semplicemente andare. Ad un certo punto si accorse per forza di qualcosa che prima non c'era, perché mi tirò su in piedi e la faccia le divenne rossa fissandomi li. Non sapevo che fare, ma quando parlò di avvertire mia mamma scattai impaurito supplicandola di non farlo e che non avrei più toccato le sue cose. A quel punto piansi sul serio. Suppongo gli feci pena, perché poco a poco tornò affettuosa, spingendomi a confidarmi. Non ricordo cosa le dissi, ma fui sincero. Alla fine zia era perplessa, ancora imbarazzata, ma si sforzava di sorridere

- ...e poi?

- non smisi affatto. Visto che le avevo confessato un segreto che non sapeva nemmeno mia mamma, penso che iniziai a vedere zia con occhi diversi. Anche lei non disse mai nulla dell'accaduto e già il giorno dopo ero a casa sua a giocare come sapevo fare. La differenza era che volevo essere scoperto e non ci volle molto prima che zia lo comprese. Rifece sempre la stessa scena, ma con meno arrabbiatura, mi minacciò di sculacciarmi e come uno scemo annusai una scarpa proprio davanti a lei per sfidarla. Me ne diede tantissime. Sempre al solito modo e fermo sulle gambe, ci andò giù minuto dopo minuto, mentre io me ne stavo li a provare quella bella sensazione e anche stavolta mi trovò dritto e felice quando ebbe finito. Esasperata fece una pazzia, perché urlandomi che non avevo ascoltato nulla di quanto detto, si sfilò una ciabatta e me la mise in faccia e...

I due cretini che avevo salutato fuori la scuola disgraziatamente passarono di li, fermandosi col motorino. Mirco si ghiacciò all'istante, io dissimulai più o meno rispondendo che forse non sarei entrato (enorme cazzata). Non guardarono nemmeno chi avevo vicino, ed era meglio così. Chiesero se volevo unirmi a loro che andavano a casa di un altro amico, ma declinai l'offerta lasciandoli allontanare; - ...certo hai avuto un infanzia veramente strana

- eh si, abbastanza...

- non riesco a immaginarla mia zia fare una cosa del genere. Era più facile offrirmi una sigaretta o un po' di alcool, ma non l'ho mai fatta incazzare, non così almeno...

Restai in piedi a guardare avanti dicendo quella cosa su di me e ripensando alla scena della ciabatta e delle sculacciate, grattandomi la testa un po' avvilito. Era tutto così strano e ancora non capivo come poter trarre vantaggio da quanto sentito; - si l'avevo proprio fatta infuriare. Purtroppo appena sentii il profumo di quella pantofola calda e un po' sudata, scattò in me qualcosa e pensai di essermela fatta addosso, invece avevo sporcato i pantaloncini con ben altro...

Mi girai sbalordito. Era riuscito a fare quanto Marzia mi stava chiedendo già da così piccolo! Pensai che mi stesse prendendo per il culo; - no, giuro che è andata così! Zia lo vide, si alzò dal divano con una mano sulla bocca, poi mi abbracciò forte e mi chiese scusa. Scusa di che poi?! Era stato bellissimo e io sorridevo abbracciandola felice che non fosse più arrabbiata. Immagina che stress fu per lei, oggi ancora ci penso quando la vedo...

- la vedi ancora? Credevo sarebbe espatriata dopo una cosa del genere

- e perché mai? Zia invece mi aiutò tantissimo. Continuò a impedirmi di giocare a parole, ma a fatti divenne col tempo una prassi essere sculacciato e stare bene fra le sue gambe. A volte quando riposava andavo zitto zitto in camera sua, anche se non avrei dovuto, e le annusavo i piedi. Io sostengo che non stava dormendo, anche perché facevo un sacco di rumore. Anche oggi a volte capita di prendere qualche sculacciata se le bacio di nascosto le caviglie sotto al tavolo quando stiamo da soli. Questo è quanto, spero di averti aiutato

Lo aveva fatto? Non ci capivo gran che sinceramente.
Restai con la testa verso il cielo a pensare, ma il cervello non estrapolò nulla di utile, perché io di certo non avevo avuto quelle tendenze da bambino, né una zia mezza scema che complicasse le cose; - s-senti posso sapere perché ti serve sapere questa cosa?

Esitai un attimo, ma sinceramente ero al punto che non me ne fregava più niente dei miei segreti, anche perché avevo appena ascoltato la storia più assurda mai sentita; - devo diventare come te e non so come fare...

Lo sbalordii credo, perché aprì la bocca e balbettò; - m-me?

- già... ma è impossibile. A me non piacciono quelle cose, di sicuro non come a te: hai sorpreso persino Angela e ti ho detto tutto

- ok, non ti chiedo perché devi diventarci, però... se ci pensi a me interessavano solo le scarpe prima e non so se senza zia sarei peggiorato o meno

Ci guardammo un attimo, io svogliatamente, lui abbastanza serio; - che intendi?

- voglio dire, sono strano, ma sicuramente il carattere di mia zia, le grida e le sculacciate mi hanno cambiato tantissimo nel tempo. Magari può succedere anche a te

Risi stupidamente; - ah si? E dove la trovo una zia che...

Mi bloccai sgranando gli occhi con la faccia di Angelica stampata nella testa. Non avevo una zia, ma avevo un'amica decisamente più folle della parente di Mirco e lei sicuramente avrebbe potuto darmi schiaffi a volontà... anzi, forse sarei dovuto stare attento a cosa chiedevo.
Mi alzai dalla panchina con una rivelazione degna di oracolo; io non ero come Mirco, ma la dedizione ed un carattere forte, mi avrebbero cambiato per Marzia e anche io sarei riuscito a godere come voleva lei! Non importava di sculacciate o calci, sapevo che si poteva peggiorare in quella stranezza e se c'era riuscito un moccioso del primo a sei anni, potevo farcela anche io; - il favore è saldato. Cercami se ti danno noie quelli del quinto, starò sempre in aula. Ci si vede...

Afferrai lo zaino e lo lasciai da solo avviandomi, solo per poi girarmi; - ad Angela sei piaciuto sul serio, sei stato bravo, l'ha detto lei

Gli scivolò lo zaino dalle mani sentendo quelle parole gridate da lontano, per giunta davanti a un gruppo di ragazze dirette verso scuola. Forse lo guardarono, forse no. Io ero già diretto in classe con il cellulare fra le mani per avvertire la mia amica dei nuovi sviluppi.

Continua...

Edited by 8DarkFrame8 - 26/9/2015, 00:58
 
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view post Posted on 25/9/2015, 10:13     +1   -1
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Sottomesso anomalo. Più unico che raro

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Finalmente un nuovo episodio di questo racconto che trovo veramente bello. Scritto bene e con i congiuntivi al posto giusto, cosa che accade più raramente di quanto si possa immaginare. C'è una cosa però che mi lascia perplesso. Ci si può innamorare dei piedi se questi non ci dicono niente? Secondo me no. E lo dice uno che non ce la fa proprio ad amarli e li considera la parte meno eccitante del corpo di una donna. Ci si può eccitare se c'è l'ordine di baciarli o massaggiarli ma non è il piede a dare il miracolo dell'eccitazione bensì l'ordine e la perentorietà con la quale quell'ordine è stato dato. Pertanto, mi riesce difficile credere che Alessio possa divetare un feticista dei piedi se non ha queste pulsioni. Molto più credibile invece, è il fatto che lui possa cominciare ad amare la sottomissione perchè in questo caso si instaurano certi meccanismi psicologici che possono portare a considerare questa nuova situazione provandone addirittura una considerevole eccitazione. Beh, il racconto è tuo e saprai sicuramente come svilupparlo. Volevo solo farti presente questa cosa che è probabilmente solo il mio personale parere.
Scrivi presto il prosieguo, mi raccomando
 
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8DarkFrame8
view post Posted on 25/9/2015, 10:25     +1   -1




Ti ringrazio del consiglio anzitutto fa sempre piacere. Togliendo il fatto che stasera a casa devo assolutamente sistemare gli errori che mi stanno uccidendo gli occhi a rileggerlo haha la questione me la sono posta anche io e posso dirti due cose (solo parlando per esperienza personale non altro) 1: Si può. Manci deve essere una predisposizione esattamente come per la dominazione femminile. 2)Alessio é una persona normalissima ma se ci pensi ha già accettato cose pazzesche in virtù di un affetto ancora neppure compreso. Detto questo (se ti é piaciuto)resta a seguire gli avvenimenti ti farai qualche risata. Un saluto e grazie ancora
 
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SUBMAX
view post Posted on 26/9/2015, 20:09     +1   -1




Molto avvincente finora come racconto.
Forse l'inizio si arriva al sodo troppo presto(già alla prima seduta subito sessione con tanto di intenzioni di Marzia rivelate subito), per il resto è un racconto che mi sta prendendo.
Bello anche l'intreccio tra i vari personaggi.
Aspetto il seguito.
 
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view post Posted on 26/9/2015, 22:32     +1   +1   -1
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CITAZIONE (8DarkFrame8 @ 25/9/2015, 11:25) 
Ti ringrazio del consiglio anzitutto fa sempre piacere. Togliendo il fatto che stasera a casa devo assolutamente sistemare gli errori che mi stanno uccidendo gli occhi a rileggerlo haha la questione me la sono posta anche io e posso dirti due cose (solo parlando per esperienza personale non altro) 1: Si può. Manci deve essere una predisposizione esattamente come per la dominazione femminile. 2)Alessio é una persona normalissima ma se ci pensi ha già accettato cose pazzesche in virtù di un affetto ancora neppure compreso. Detto questo (se ti é piaciuto)resta a seguire gli avvenimenti ti farai qualche risata. Un saluto e grazie ancora

Beh, debbo per forza fidarmi di chi ci è passato e questo non è il topic giusto per questo argomento che andrebbe sviscerato più a fondo. Ad ogni modo, credo che la cosa più sbagliata per un lettore di un forum come questo sia quello di criticare l'argomento che l'autore vuole mettere a fuoco con un racconto e quella non era certo la mia intenzione, come hai ben capito, ma semplicemente pormi una domanda sulla reale possibilità del protagonista di adeguarsi a certe situazioni. Secondo me andrebbero eventualmente criticati certi raccontini sgrammaticati e completamente privi di ogni logica, di qualunque argomento del bdsm essi trattino. Questo invece, al di là dei gusti di ognuno di noi, è godibilissimo e avvincente e questo è ciò che conta, anche se parla dei famigerati piedi che tanti adorano e che io non sopporto. De gustibus.
Prosegui così e....ti capisco quando dici della rilettura per evitare strafalcioni. I miei me li rileggo decine di volte prima di postarli e riesco sempre a trovare qualche scempiaggine
 
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8DarkFrame8
view post Posted on 26/9/2015, 23:42     +1   -1




A Davide; ho letto diversi tuoi racconti e sono davvero bellissimi, quindi di nuovo ti ringrazio degli apprezzamenti e li ripropongo a te in particolare per "Il regalo di compleanno" un racconto davvero bello. Un saluto!

Grazie Submax! Si la storia in questione parte in quarta, l'inizio si è scritto da solo e non ho osato cambiare nulla. Un saluto.
 
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8DarkFrame8
view post Posted on 28/9/2015, 20:20     +1   +1   -1




DA TEPPISTA A SCHIAVO VI



no, vieni subito dopo scuola da me. Se non entravi proprio era meglio...



Lo sai che non salto più...


Si si lo so. Allora stai a pranzo da me e ci dormi anche ok? Hai detto che domani devi vedere quella li, non abbiamo tanto tempo.



Scusa, ma la tizia che vive con te?



Sei fortunato, sta dal ragazzo questa settimana. Sono sola soletta e libera di aiutare un amico coi miei piedini... così mi racconti bene della questione del tuo amico con la zia, non vedo l'ora! A proposito, li lavo o no? Mirco li ha presi così com'erano. Anzi faccio io, li tengo così. Ciao bello <3



Grazie a Dio ero uscito dall'aula e me ne stavo al fresco sulla balconata dell'istituto in solitaria. Non so cosa mi stava dicendo il cervello, ma ero agitato di vederla, una cosa che non mi era mai successa, neppure la prima volta che ci andai a letto; ed oltre a questo, me ne restavo piegato in avanti sentendo l'erezione ormai permanente sbattere contro la gabbietta.
Era una pazzia.
Non riuscivo nemmeno a trovare il coraggio per scriverle un altro sms di conferma o saluto, perché la mente mi rimandava come un drogato alla folle idea di stare con lei, pranzo, pomeriggio, cena e notte. Non ci avevo mai dormito e il massimo del tempo che ci siamo dedicati credo fosse fossero proprio quelle due orette buone, quando scoprì il mio segreto.
Per il resto con Angela ci liquidavamo dopo aver fumato una sigaretta e la cosa mi fece stranamente schifo come ricordo. Si stava dimostrando un'amica come mai ne avevo conosciute; certo, aveva un tornaconto a livello di piacere, ma poteva tranquillamente trovarsi cinque o sei ragazzi e fare molto di più a turno con loro (ed era capace di farlo sicuramente), invece perdeva tempo ad aiutarmi...
Una fitta terribile alle palle mi spostò su argomenti meno alti dell'amicizia e mi buttò nell'abisso del desiderio, tanto da farmi sedere a terra sotto le pulsazioni del membro. Chi fosse passate forse avrebbe creduto che stessi male, cosa poi non troppo falsa, ma non me ne importava un cavolo.
Quante volte mi avrebbe fatto leccare la sua rosa? Avrebbe avuto un minimo di attenzione? Angela era fantastica e bella, ma non brillava per attenzione in quel senso e io iniziavo un po' a temere che dall'eccitazione messa nei messaggi, si andasse a finire in luoghi pericolosi, senza contare che martedì sarei stato da Marzia.
I segnali di eccitazione si mischiarono fra loro dandomi alla testa e solo il sentirmi toccato sulla spalla tolse la mia espressione di dolore alla vista di Katia; “Ale tutto bene? Stavo andando in terzo B e ti ho visto qui in ginocchio da solo”.

Oh no. NO! Non c'era affatto preoccupazione nei suoi occhi, o forse ero io che ormai vedevo solo un certo tipo di cose nelle ragazze, quindi ad un suo sorriso mi alzai barcollando, le diedi un bacetto sulla guancia e scappai. Si scappai letteralmente.
L'avevo ignorata troppo e temevo che in quel posto un po' isolato avrebbe provato a baciarmi o cose del genere e non potevo permetterlo, faceva troppo male.
La campanella suonò proprio nel momento in cui tornai in classe. Afferrai lo zaino in fretta e furia e precipitai fuori, temendo di rincontrarla alla fermata del bus, cosa che fortunatamente non avvenne.

Iniziavo ad essere patetico.
Non salutavo più nessuno, le mie vecchie amicizie mi stavano tutte sul cazzo, avevo quasi paura di stare con esseri del mondo femminile e quel desiderio di fumare una fottuta sigaretta mi stava uccidendo; in altre parole, il mondo intero sembrava avercela con me.
Seduto sul seggio dell'autobus guardavo oltre il vetro e vedevo solo gente fumare e la musica del cellulare non riusciva più a distrarmi. Ero ancora eretto o meglio la sarei stato. Per fortuna non a livelli come a scuola dopo i messaggi di Angela, ma ero sempre in tiro e mi ricordava sempre la mia condizione.
Non vi mentirò, c'era un pizzico di piacere. Non so se dato dalla marea vischiosa che tenevo in serbo nello scroto o altro, ma pensare al sesso continuamente mi piaceva (quando ero da solo), anche se poi tutto finiva con una nuova fitta li sotto e me ne pentivo.
Si poteva impazzire per una cosa così? Non lo sapevo, ma sapevo invece che ero arrivato al cambio linea per andare da Angela e quando scesi nei pressi di Re di Roma, passai davanti un tabacchi e le presi un pacchetto di sigarette.
Era un pegno abbastanza stupido, ma volevo darle qualcosa.
Fui sotto casa sua intorno alle 14:30.
Senza rispondere al citofono, aprì sapendo che potessi essere solo io, quindi rapidamente feci quel piano a piedi e trovai la mia amica sulla porta, sentendo un brivido correre lungo la schiena.
Non aveva nulla di strano ovviamente, stavo facendo tutto io. Era vestita con una gonna nera piena di fronzoli che arrivavano al ginocchio e le stava molto aderente sul sedere (come tutte le cose che aveva del resto), sopra, una felpa nera e viola con cappuccio aveva la chiusura lampo aperta e intravedevo una magliettina con disegni stupidi e ai piedi le solite Convers che spesso portava; - ciao...

Le sorrisi entrando e lei per risposta chiuse la porta attaccandomi al muro baciandomi intensamente. Sgranai gli occhi non potendo far altro che accogliere quella lingua nella mia bocca, sentendo le labbra morbide e calde graffiare le mie, finché non morse il labbro inferiore e si staccò ridendo; - ciao! Mi sei mancato lo sai?

- ...

Trattenni il respiro. Sembrava quasi che avessi un qualche timore nascosto e non riuscivo a contenere l'erezione, dovendo per istinto stringermi li sotto; - addirittura per un bacetto Ale? Iniziamo bene... dai vieni in cucina e lascia lo zaino vicino al mio

- s-si... senti prendi queste prima che me le scordo

Le tirai fuori dalla tasca dei jeans scuotendo la testa per riprendermi e sorrise facendo strada, ma senza prenderle; - grazie ma puoi tenerle...

Eh?! Tra le tante cose che potevo sentire da lei, quella esisteva di certo; - ma che dici?

- uno scemo mi ha fatto pensare un po' e voglio provare a smettere, in realtà oggi me ne sono fatte un paio, ma finito quel pacchetto che ho provo a non comprarne altri...

Impossibile. Lei era una di quelle che fumava perché le piaceva! Lo aveva sempre detto; - beh? Non posso cambiare un po'? Sembra quasi che ti dispiace...

- dispiace? No! Macché... solo che non me lo aspettavo. Io sto soffrendo come un cane nel vedere la gente fumare, figurati se mi dispiace che qua non ne vedrò

Cercai di sorridere, ma in realtà la cosa mi aveva davvero colpito e stavo realizzando pian piano una qualche rivelazione inconscia, che però finì nel momento in cui mi sedetti al tavolo. Era una cucina davvero minuscola. Centrava appena il tavolo e i mobili classici con un paio di sedie. Però non si poteva dire che non fosse carina.
I muri erano di uno strano arancio vivo e gli sportelli bianchi. Le tendine della finestra anch'esse arancioni e in generale era ben tenuta; - che ti do? Hai fame?

- beh si, parecchia a dirla tutta. All'intervallo non sono sceso al bar

- capisco...

Se la rise sotto i baffi, vedendola sedersi e fissarmi; - che c'è? Ho i pupazzi in faccia?

- no no... ma sei più carino del solito

Ma che le stava prendendo? Mi venne da ridere perché “CARINO” non era un aggettivo che usava spesso; - mi sembri più scema del solito oggi... allora che si mangia?

- con calma, prima raccontami la cosa della zia di Mirco che mi ha fatto eccitare per telefono. E' troppo perversa come situazione, ci hai pensato? Poteva essere sua madre!

- si poteva. Anche io sono rimasto come un cretino e non sapevo che dire

- beh, spiegami allora...

Che palle, avevo fame e non mi andava di parlare di Mirco, ma pensate che avevo scelta? No, infatti. Le spiegai tutto per filo e per segno; lui che giocava con le scarpe, lui che le annusava, lui che veniva scoperto, lui che veniva sculacciato, lui che tornava ad annusare, lui che veniva sculacciato molto di più e infine lui che si beccava la ciabatta della zia sul naso e che schizzava nei pantaloncini. Un sunto abbastanza ricco di particolari in verità; - porca troia...

- cos'è quella faccia?

Stava guardando avanti a sé, sorrideva e chiudeva le ginocchia in una maniera un po' sospetta; - niente. Allora la tua teoria?

- beh, te l'ho detta no? Mirco aveva questa zia che lo prendeva a schiaffi mentre si strusciava sulle gambe. Associava una cosa negativa, con una positiva e piano piano gli deve essere piaciuta. Io penso che non fu tanto l'annusare della pantofola a farlo venire, più che altro il gesto di sua zia un po' violento nel mettergliela in faccia, capito?

Ma si poteva essere più stupidi a fare certi discorsi? Non credo.
Dopo un silenzio prolungato entrambi scoppiammo a ridere, ed abbassai la testa sul tavolino indeciso se essere avvilito oppure divertito; - la gente è matta e tu che vuoi diventare così sei tra queste Ale... però ho capito e ho già un po' di idee

- e quali?

Con un gesto lento si tolse prima una scarpa e poi l'altra restando coi calzini. Alzò poi una gamba sull'angolo del tavolo e me lo piantò davanti. Arrivò un leggero odore di scarpa, ma nulla di insopportabile; - allora, gestirò io la cosa ok? Forse al tuo amico gli piacevano già da prima di sua zia, non lo sappiamo questo, però sono convinta anche io di quello che hai detto. Ora non ti dicono niente, ma non ci resta che associare i miei piedi a qualcosa che a te piace tantissimo ed il gioco è fatto

Aveva elaborato il mio pensiero fino a farne una vera e propria teoria scientifica e la cosa mi fece ridere, un po' meno sul fatto che avrebbe gestito lei la questione; - potrebbe funzionare...

- funzionerà, tanto ormai sei quasi un bambino di sei anni a forza di eccitarti e non venire, non sarà tanto diverso

Già quella frase e quel sorriso mi fece svegliare un po' troppo; - tu adesso non mangi. Ci avevo già pensato prima che arrivassi

Alzai le sopracciglia dallo stupore; - eh?.

- mi servi con meno energie e più arrendevole possibile capito? Pensaci, se ora mangiassi saresti in forze e magari ad alcune cose che mi vengono in mente faresti resistenza, ti devi fidare...

Si sporse leggermente dalla sedia avvicinando il piede alla mia faccia, ancora stesa sul tavolo, lasciandomi aprire gli occhi alla vista della sua rosa. Non portava perizoma o altro! Era nuda sotto la gonna! Poi, la vista fu coperta dalla punta del piede che mi carezzò naso e guancia; - hai visto qualcosa di bello?

Inspirai più che rispondere e la gabbietta si riempì in un lampo della carne gonfia. L'odore adesso era bello forte. Il calzino era caldo e sudato, oltre che leggermente annerito sulla pianta, il che mi portò a pensare che la stronza li avesse tenuti addirittura dal giorno prima.
Lo ritrasse divertita; - ok, funziona. Starai a digiuno. Adesso vieni di la che è da ieri che ho una voglia assurda

- s-si però...

Era già partita per la sua stanza e non mi lasciò nemmeno parlare. Presi un lungo sorso d'acqua direttamente dalla bottiglia e con un sospiro ben poco convinto la seguii, trovandola seduta sul letto; - non sono molto convinto sulla cosa del non mangiare...

- puoi mangiare lei... ti va?

Il cuore perse un battito guardandola tirare su una gamba e aprirmi il sesso in quel modo scherzoso, costringendomi a tenermi e piegarmi; - questo sarà il tuo pranzo e la tua cena, giuro che non ti fermerò mai... puoi mangiarla quanto ti pare

Il cervello si annebbiò, ed avvicinandomi scesi di mio in ginocchio davanti a lei avendo quella rosa già umida ad una ventina di centimetri. Non aggiunsi altro. Tentai di andare a leccarla, ma fui fermato dal suo piede sulla faccia. Erano un po' più tiepidi ora, ma l'odore era aumentato ancora e la cosa non mi piaceva; - per arrivare a lei devi prima stare un po' con loro ok?

- ok...

Prese a strusciarli dolcemente sul viso, ma non mi impedì mai di poter guardare il centro delle gambe, sul quale mi soffermai maggiormente. Dovevo respirare per forza quell'aroma fastidioso e pazientai che finisse, ma quando prese a toccarsi, mostrò un'espressione da porca allucinante. Era bello vederla farlo, lo so che strano, ma con un po' di reticenza spinsi di più il viso sotto il piede, mollandoci qualche bacetto inutile.
Si infilò dentro un dito e dopo averlo unto, lo allungò con sorpresa verso di me dicendomi di non parlare. Mi carezzò le labbra bagnandole di umori, poi salì sul naso chiedendomi se il profumo era buono; - dei piedi o di te?

Sorrise; - sono sempre io no? Ma dicevo di questa...

Impose il dito maggiormente e inumidì il naso facendomi quasi sbavare per terra. Era buonissima. Un profumo di ragazza celestiale e con la voglia che avevo, colsi le mille sfaccettature, vedendola tornare sul sesso e infondere stavolta due dita anziché una e poi tornare a farmi morire. Restai immobile non so nemmeno come, ma la frustrazione aumentava galoppando fino a rendermi accaldato, poi pulì le dita sotto il calzino (il piede era poggiato sulla mia spalla) e me lo rimise in faccia; - si sente anche li?

- si sente anche altro...

Rise di nuovo e con un gesto veloce si tolse il calzino mostrandomi per la prima volta i suoi piedi. Potevo fare soltanto il paragone con quelli di Marzia e devo dire che un po' gli somigliavano; erano di poco più piccoli, ugualmente morbidi e ben fatti, ma quelli di Angela avevano le dita leggermente più corte e sempre messe a scaletta; - sono carini?

Non avrei detto il contrario. Niente smalto nemmeno lei e unghia rosa chiaro, insomma si erano carini credo. Il profumo cambiò tanto dopo aver tolto i calzini, divenne molto più soffuso e meno gommoso. Sperai stavolta di poter andare verso il piatto forte, ma scese con l'estremità sulla mia faccia fino a portare le dita sulle labbra; - non ci dai nemmeno un bacino?

- quanti ne vuoi?

Sospirai abbastanza seccato e teso sulle ginocchia provai ad incedere ancora una volta, ma al primo piede venne aggiunto il secondo dopo aver tolto anche li il calzino. Avevo completamente la faccia coperta; - adesso ho troppa voglia... ora leccami e poi ne riparliamo

Grazie a Dio pensai. Non era un vero fastidio, però mi sentivo stupido e quando li tolse fui letteralmente afferrato per i capelli e sprofondato in mezzo alle gambe tra risatine e gemiti.
Bagnata come sempre. Era un piacere sentire quel sesso caldo sulla bocca e l'odore mi spense il cervello in pochi istanti. Cacciai fuori la lingua ed iniziai.
Persino io mi rendevo conto che la foga con cui stavo lavorando era di gran lunga superiore al normale e le sue reazione erano di pari passo esaltate. Forse non se lo aspettava nemmeno lei, ma smisi di pensare e volli solo farla godere. Un desiderio irrefrenabile di vederla contorcersi di più, sempre di più, seguendo i suoi spostamenti, i suoi sobbalzi e contrazioni.
Ero li a darle piacere da forse dieci minuti quando necessariamente dovetti fermarmi un istante per la mascella quasi slogata, ma non appena allontanai le labbra, Angela si alzò in piedi spingendomi con le mani direttamente sotto di lei, gridandomi di non pensarci nemmeno a non finire quel lavoro stupendo.
Ebbi io stesso una contrazione molto forte. Non poteva vedere i miei occhi, ma li avrebbe trovati quasi rigirati dal dolore che sentivo nella gabbietta, ormai sul punto di esplodere; eppure continuai. La posizione era comunque differente e potevo mandare la lingua in punti diversi senza appesantire i muscoli della bocca e nel giro di qualche altro minuto, una scarica di tremori, ed un suo urlo sommesso, avvisarono della mia vittoria.
Venni rilasciato e caddi all'indietro, sorreggendomi con entrambe le braccia, mentre Angela si lasciò andare seduta sul letto con le gambe divaricate; - che bello! Sei stato bravissimo!

Non replicai. Mi tenevo il cavallo dei jeans e gli elogi sanavano poco quel bruciore costante per il quale non riuscivo neppure a restare fermo. Si sdraiò. La schiena a contatto con il letto e se la rideva continuando a toccarsi impunemente davanti a me che gli stavo a dieci centimetri con la faccia, inspirando forte l'odore dei suoi umori; umori che vennero spalmati sul viso da un suo piede che alzò inaspettatamente sulla mia faccia.
Ammetto che sussultai. Quel gesto era inatteso e la mia mente vagava ormai su sponde abbastanza nebbiose; - ora fai lo stesso con lui... dovrebbe avere il suo profumo no? Lei ti piace

Si tirò su guardandomi sorniona, sistemandosi la gonna un po' salita e tornando quasi decente (quasi); - ...devo leccarlo?

- il tuo amico lo avrebbe già fatto da un pezzo... se non lecchi come lui te la rimetto in bocca all'istante finché non ti si scioglie la lingua ok?

Sgranai gli occhi. Evidentemente sapeva che avevo male alla mascella per la foga con cui avevo fatto il mio dovere e preso un po' in contropiede da quella minaccia, oltre ad eccitarmi ulteriormente dovetti scontrarmi con una cosa che proprio non volevo fare; - allora?

- Angela non lo so...

L'avessi mai detto.
Come promesso si alzò di nuovo in piedi, ed al mio retrocedere sorpreso, alzò la gonna quel tanto da infilarci la mia testa sotto e spenta la luce, alzò una gamba sopra la spalla imprigionandomi fra le cosce. Ce l'avevo di nuovo sulle labbra.
Umida di saliva e umori mi bagnò il mento e il naso strusciandosi per invogliarmi; - si vede che serve più tempo, abbiamo una giornata intera Ale... e questa cosa di averti a disposizione mi fa impazzire. Avanti, come prima

- A-Angela asp...

Balbettai qualcosa senza riuscire a finire perché non potei dirle di no. La lingua guizzò fuori come fosse viva e mi arresi a quella morbidezza ancora e ancora, sempre in quella posizione; lei in piedi e io in ginocchio.
Non so dopo quando, il collo faceva davvero male, ma coincise con alcuni spasmi del ventre e mi ritrovai in bocca un miele insapore che non riuscii a mandar giù e che lasciai cadere sul pavimento con lunghi filamenti di saliva. Fui libero di andarmene da li sotto e restai con la testa bassa a riprendere fiato fissando i suoi piedi, con la faccia impiastricciata di sudore e piacere; - c-che darei per essere scopata sul serio...

Si gettò sul letto piangendo come un gatto stringendosi il ventre. Mai vista una scena così... e parlavo avendola vista godere molte volte personalmente. Si godeva l'eco di quel secondo orgasmo, assaporandolo con occhi socchiusi e sospiri, stringendo le gambe fra loro; - Ale... come stai?

- male

Dissi solo questo. Pulendomi il viso con la manica della felpa, ma l'odore era così persistente che era entrato praticamente nel cervello e stavo impazzendo. Ansimavo anche io. Mi sentivo bagnato li sotto e non so da cosa dipendesse, ma volevo andare a vedere, però con una carezza sui capelli, Angela mi sorrise, si girò di nuovo seduta e accavallando le gambe pose davanti il piede; - ora lo lecchi?

Si, la volontà rimase forte nonostante la sofferenza. Non ne avevo intenzione, era troppo strano. La mia amica reagì meno bene di quel che pensavo; - uffa... così perdiamo tempo e basta, dobbiamo associarli a qualcosa che piace più a te che a me, forza spogliati

- ...eh?

- togliti tutto, è tantissimo che non ti vedo nudo... ed eri bello

Come un fulmine a ciel sereno, l'omino che avevo nel cervello mi sparò la foto del mio petto segnato dai tacchi di Marzia; - magari tolgo solo il sotto...

- perché? Io voglio vederti tutto

Insisteva. Cercai qualche altra scorciatoia, ma fritto com'ero non venne nulla ed alzandomi lentamente, sospirai togliendo maglia e felpa in un sol colpo; - ma che...

Gettai tutto sul letto e spostai i capelli dagli occhi per guardarla fissarmi il petto dubbiosa; - carino no?

- cazzo! Ma che è successo? Sei pieno di lividi...

- calma, non fanno male come sembra. Se fossi stato meno cretino non sarebbe successo

Facemmo una pausa, mentre lei allungò una mano toccando un po' ovunque la pelle; - è stata lei?

- già... l'ho fatta incazzare di brutto

Tornò seduta ed io con lei, sapendo che quella cosa l'avrei certamente dovuta spiegare; - sono andato di merda ad un compito in classe, lei ha voluto che imparassi meglio la lezione e per farlo... mi è salita sopra con le scarpe. Ed era tacchi alti, molto, molto alti

Ricordai con un brivido il suo peso farsi intollerabile mentre le chiedevo di avvicinarmi il foglio per leggere. Come ero riuscito a resistere sinceramente non me lo spiegavo ancora.
Angela cambiò faccia, alzando un sopracciglio e abbozzando un sorriso incredulo; - ti sei fatto camminare sopra con i tacchi?!

- non proprio... stava ferma, mi reggeva un foglio che dovevo imparare e mi diceva di leggerlo e rileggerlo

- ed ha funzionato?

Mi trattenni dal parlare. Ero un po' a disagio, perché sembrava esaltata dalla cosa, ma nell'intenzione quasi di sfottermi o forse ero io che avevo la coda di paglia, non lo so; fatto restò che il silenzio assenso bastò più delle parole; - io non ti capisco... ti fai fare una cosa come questa e ti vergogni di leccarmi i piedi? E' un controsenso Ale. Lo vedo che hai uno sguardo nervoso quando te li metto davanti, sembri quasi incazzato

Rimasi sorpreso a mia volta. Davvero avevo quella faccia? Non me ne ero nemmeno accorto perso com'ero a pensare alla sua rosa, quindi spesi qualche momento a riflettere. Mi gettò le braccia al collo senza motivo e rise di gusto tirandomi una guancia; - e dimmi un po', eri eccitato mentre stava sopra di te?

La guardai un po' sospettoso e finì con l'essere trascinato disteso, con la faccia sulle sue tette morbide; - ...si

- come? Non ho capito

- SI!

Mi carezzò un po' e fu davvero bello. Anche io la abbracciai alla vita e restammo così qualche tempo, pensando tutti e due a cose probabilmente molto differenti. Le osservai i piedi. Avevo una sua gamba fra le mie e sentivo il contatto con la gabbietta con lei, quindi certamente anche viceversa si sentiva. Volevo godere, non potrei descrivere nemmeno in una pagina quanto lo volessi e averla fra le braccia e non poterla scopare era terribile.
Iniziai a fantasticare tutto quello che le avrei fatto se fossi stato libero, ma il suo muoversi, sciolse quel bellissimo film, seguendola mettersi prima seduta e poi a me contraria, sbottonando i miei jeans con tranquillità; - Angela?

- dimmi

- che fai?

Tirò via l'indumento con un po' di resistenza del tessuto sui miei fianchi, poi scese anche i boxer e restai davvero nudo come un verme. Non parlai più e mi vergognai come un cane.
Ero ora disteso completamente a pancia in su, leggermente flesso perché mi sorreggevo sui gomiti. Oltre l'addome c'era lei. Quella maledetta cosa di plastica, ed il pene al suo interno praticamente violaceo, esattamente come le palle.
Angela restò a fissarlo con sguardo basito, alternando occhiate a me e al membro come a farmi capire che la situazione per lei era tragicomica (per lei). Le sue ginocchia erano invece ad altezza della mia faccia, ma con una flessione abbastanza lenta, portò un suo piede sulla gola, gelandomi nel sentirmi toccare la punta della gabbietta dal suo indice; - tu adesso te ne stai buono ok? Mi fermo io quando vedo che siamo riusciti a fare un passo avanti. Scusa se ti faccio male, ma resisti

Resistere a cosa?
La caviglia e il piede, anche se portavano al naso il gradevole odore del suo intimo, impedivano di vedere del tutto cosa stesse facendo. La sentivo trafficare delicatamente con la mia prigione, picchiettarla con l'unghia e studiarla; poi, con due dita la sollevò leggermente e qualcosa di caldo e umido ci passò sopra togliendomi il respiro.

-O-



Sgranai gli occhi alzandomi con la schiena, ma fui subito tenuto giù dalla pressione del piede esercitata sotto il mento; - ti ho detto di stare buono!

Arreso dovetti sostenere un'altra volta quella sensazione bellissima e terribile al tempo stesso, che causò una contrazione dolorosissima del pene.
Guardai il soffitto stringendo gli occhi e i denti. Angela stava passandola la lingua sulla gabbietta e non in un punto qualsiasi, bensì nell'unica apertura diretta dove la pelle poteva essere raggiunta; la punta.
Rilassò la caviglia, mentre trattenni tra i pugni la coperta del letto. Le lappate erano per lo più leggere, mirando costantemente sulle piccole labbra del pene e non c'era modo per me di fermare quelle pulsazioni devastanti, che in pochissimi minuti mi fecero diventare un bagno di sudore.
Libero dal piede che tornò al lato del viso, balbettai stupidamente di non continuare perché mi sentivo strano, davvero strano; era come se qualcosa dentro di me spingesse il seme accumulato dentro il condotto ostruito dalla postura rimpicciolita del sesso. Angela non rispose, ed anzi la sentii mugugnare qualcosa in tono divertito, ma era innegabile dalla mia arrendevolezza che volessi farla continuare.
Oltre il dolore lancinante e le contrazioni, l'umido della saliva e della lingua in quel punto così sensibile mi stavano fottendo il cervello; - li vuoi leccare adesso?

Ansimai riaprendo le palpebre e assaporai una strana sensazione in bilico tra il sollevato ed il frustrato. Alzò la gamba e si girò un po' di più al mio fianco per guardarmi meglio, lasciando il piede sospeso davanti al mio naso; - fa troppo male Angela così, non penso che...

- sta diventando viola poverino e si gonfia sempre più, non è che me la fai uscire qui vero? Non credo che la tipa sarebbe contenta...

Abbassò l'estremità sulle labbra con fare divertito, ma io mi sottrassi girando la faccia imbarazzato. Dio mio, che sarebbe successo se fossi venuto con Angela? Non era facile farlo succedere, ma lei era così... così, insistente e pazza che me l'aveva portata quasi fuori nonostante la prigione; - ancora niente quindi? Non ti piacciono proprio ho capito...

Ero attaccato ad un qualche orgoglio inconscio che non sapevo spiegare, ed era evidente. Mi eccitava quella cosa, esattamente come mi eccitava subire i modi di Marzia, ma non ce la facevo ad apprezzare i piedi, oppure non ero abbastanza fuori di testa per ammetterlo.
Quando si mise la gabbietta in bocca per intero, non ci fu piede che potesse tenermi con la schiena sul letto e quasi spaventato mi alzai di scatto. Non si tolse nemmeno e impedì qualsiasi iniziativa semplicemente riprendendo a leccare velocissima la punta e stavolta gridai sul serio.
Paralizzato, fui messo a tacere del tutto quando mi salì sopra, creando una specie di 69 con la quale in effetti, anche usando la forza, sarebbe stato complicato uscirne. E continuò.

Molti minuti dopo, le mie gambe tremavano e la gola era secca da far schifo.
Angela si era messa più comoda ad un certo punto e con le ginocchia si poggiava sul petto come fosse accovacciata su un cuscino, tenendomi il collo fra l'arco dei piedi, non so neppure se in qualcosa di calcolato o meno.
Facevo fatica a respirare. Il suo peso non aiutava di certo la situazione, ma non avevo potere di farla spostare; tempo dopo, divenni talmente sensibile che presi a gemere come un moccioso e continui spasmi mi ricordavano la necessità urgente di schizzare almeno una goccia, altrimenti sarebbe successo qualcosa di grave a tutto l'apparato.
Con la bocca aperta, ed il suo sedere in primo piano davanti a me, feci per urlare, ma in quel vorticare si suoni viscidi e risucchi, la sua schiena si alzò, girandosi lentamente col viso; - io continuo a mandare giù questa roba che esce, ma sei una fabbrica Ale...

Si pulì la bocca, parlando forse di quel liquido trasparente che avevo visto anche con Marzia. Stava sudando anche lei e quasi mancai di osservare che con una mano si stava toccando, stendendo il collo dei piedi per carezzarmi il viso con una faccia da vipera. Dovevo fare qualcosa perché non sarei più stato me stesso se fosse scesa di nuovo a torturarmi; - togliti un attimo, non respiro e devo andare in bagno...

Socchiusi gli occhi senza guardarla e le mollai un bacio sul piede per farla contenta; - hai visto! Prima non l'avresti mai fatto senza una richiesta, sta funzionando. Dai ci vai dopo al bagno, dobbiamo continuare finché stai così

- NO! Ehm, cioè, no Angela mi serve un istante sul serio...

Raccolsi le forze e la spostai di fianco facendola cadere vicino a me, prendendo una boccata d'aria a pieni polmoni; - dai però! Sbrigati allora e poi ritorna subito...

Balbettai di nuovo una qualsiasi risposta, vedendola allargare le gambe dopo aver fatto cadere la gonna sul pavimento. Persino la strada per arrivare al bagno fu un'avventura.
Mi bloccai più volte vinto da tremori interni e dalla sensazione di avere il cemento al posto delle palle. Quando giunsi a destinazione, una cascata di acqua fredda ebbe l'effetto di una lacrima su un vulcano. Il nulla.
Poggiai la fronte al muro, mentre la frescura cercava di fare il suo lavoro, ma appena mi muovevo o respiravo, l'uccello tornava a gonfiarsi esponendo la punta nella sezione aperta della gabbietta.
Gettai un occhiata all'orologio che c'era sopra la porta; non potevo continuare a quel modo o Angela mi avrebbe sul serio fatto partire la brocca.
Avevo fatto male i conti. Già adesso mi sarei strappato quel piccolo lucchetto a morsi e me la sarei scopata fino a perdere i sensi; urgeva una soluzione. Ma come fare?
Chiusi l'acqua e restai a pensare in piedi davanti allo specchio del lavandino, quando improvvisamente la porta si aprì facendomi sussultare alla vista della mia amica a braccia conserte; - ci sei cascato dentro Ale? Che aspetti?

Stava in attesa, nuda dalla vita in giù e cazzo era bellissima.
Tralasciò con un sorriso il mio tornare a tenermi li sotto e mi avviai davanti a lei, che appena ne ebbe l'occasione scese in ginocchio bloccandomi la strada; - non hai idea quanto ho voglia di scopare Ale...

- TU?! Tu hai voglia?! Ed io? Sto impazzendo Angela, dico sul serio dobbiamo trovare un altro modo per fare questa cazzata perché sennò io...

Un brivido caldo traversò il cervello quando il polpastrello dell'indice toccò le labbra del pene esposte senza difesa; - è freddo, lo hai messo sotto l'acqua?

- ...un po' si

- non guardarmi così, è colpa tua che fai il difficile! Forza vieni di la

Si alzò prendendo la mano e tornati in camera fui quasi lanciato sul letto, con lei che mi seguì salendomi sopra con le gambe ai fianchi; - senti, ma a questa tipa hai detto che li li hai baciati e leccati no?

Scostai lo sguardo come sempre facevo quando si parlava di Marzia, ma un accenno di cavalcata sciolse la lingua; - si...

- raccontami come è andata

- stavamo li a fare delle cose...

- che cose?

- DELLE COSE! E se n'è uscita con questa stronzata dei piedi...

Guardò in alto in modo riflessivo; - ed era scalza?

- inizialmente no, aveva delle scarpe normali con un tacco bello alto, poi se le è fatte togliere ed è iniziata così

Forse mise da parte quel dettaglio che mi aveva estorto o forse no, fatto rimase che si fece un po' più indietro posizionandosi con la rosa proprio sulla gabbietta; - c-che vuoi fare?

- ho voglia Ale...

- si, anche io...

Non capivo perché me lo ripetesse, almeno finché non la vidi sollevarsi un poco e prendere la gabbietta fra le dita in direzione del sesso; - OH MA CHE VUOI FARE?!

- proviamo ti prego, magari ci riusciamo...

Era completamente pazza! Voleva ficcarsi dentro il mio uccello con tutta la gabbietta! Non era neanche lontanamente pensabile come cosa e poi la prigione erano si e no 6, forse 7 centimetri, che cosa ci avrebbe fatto? Tutti motivi che portai in esame, vedendo scomparire dentro di lei le mie rimostranze.
Si inarcò e gemette come se le fosse entrato chissà cosa. Mi sembrò esagerata quella reazione, ma indubbiamente venni ricoperto da una quantità di umori che mi lasciò stupefatto. Quanto era eccitata? Lo era per via di averlo succhiato fino ad ora o per altro?
Tornò con le ginocchia sul letto ed era fatta, io non c'ero più; - ...la senti?

- Angela no! Aspetta, questo non centra niente coi piedi! Avevamo detto solo la bocca!

Andò dietro con una mano e spinse ancora più dentro la plastica mantenendola con due dita per non farla uscire; - lo so! Dai scusa Ale, ma è così strano... tu non puoi venire e questo controllo mi piace da morire

- posso Angela! E' troppo calda! Se continui qualcosa uscirà di sicuro!

Non mi stava più ascoltando. Era completamente fuori di testa e continuava ad andare lentamente avanti e indietro senza calcolarmi, così provai a intervenire stringendole le braccia, ma ne ebbi in cambio il suo alzarsi la felpa e venirmi incontro con il seno.
Angela abbassò l'indumento coprendomi e gettandomi nel buio.
Era sudata, molto sudata. Incredulo per quella ricerca di piacere sfrenata, restai attaccato a quelle tette divine sentendo il suo profumo, mentre sempre più aumentava la velocità del colpi.
Dolore, piacere e poi ancora il calore, i suoni ovattati dei suoi gemiti e il mio respiro sempre più affaticato, tutto si mischiò insieme in un orgia di sensi che spinse le mie braccia a muoversi da sole abbracciandola.
Non pensai più a niente. Volevo godere, non importava come, persino Marzia venne messa un attimo da parte. Volevo Angela in quel momento, volevo la sua voce, le sue labbra, la sua lingua, il suo sudore, le sue mani, i suoi piedi, volevo avidamente tutto. Morsi il piccolo capezzolo, poi la carne morbida del seno e contornato da quel caldo soffocante, mi sentii graffiare dalle sue unghie sulla schiena e contrarsi improvvisamente, sputando fuori la gabbietta cadendo in avanti.
Un altro paio di secondi e sarebbe uscita. Il destino giocò il più infame degli scherzi facendola arrivare all'orgasmo istanti prima di me, che tra l'altro ignoravo se prendesse anticoncezionali o meno.
Restò a cavalcarmi scossa da tremori bellissimi e io sotto di lei a gambe divaricate tentando di continuare l'opera, ma senza risultati. Quando tolse la felpa sia da me che da lei non so che faccia avessi, ma ricordo la sua bocca baciarmi con passione e ridere in modo stupido chiudendomi gli occhi con il palmo della mano; - q-questa... è stata, la migliore scopata della mia vita!

Un gran bel complimento, peccato che non fossi in grado di apprezzarlo; - continua ti prego! Fai quello che vuoi, sono vicino, posso farcela!

- cosa? Vuoi venire? E la tua tipa?

- ANGELA ti sto pregando!

La stavo pregando sul serio e quasi con le lacrime agli occhi. Se ne restò li a guardarmi con le sopracciglia alzate dallo stupore e quei due begli occhi celesti nel quale specchiare la mia vergogna; poi, si tirò su leggermente, asciugandosi la fronte con un sorriso strano e di punto in bianco me la trovai col bacino sulla faccia; - non voglio rovinare questa tua storia, mi dispiacerebbe troppo Ale...

Non potevo rispondere. Mandai giù lunghi sorsi di quel liquido vischioso della quale la sua rosa era intrisa e leccai. Leccai e succhiai come se non ci fosse un domani finché le sue risate giulive non si calmarono e con esse la sentii spostarsi nuovamente sul mio petto.
Avevo lo sguardo appannato, oppure stavo connettendo molto poco, ma quando con un paio di schiaffetti mi ritrovai sulle labbra il suo piede ripresi a leccare.
Spalmai il suo profumo e la mia saliva su tutta la pianta, non sapendo cos'altro fare. Per la prima volta mi accorsi davvero di quanto fossero morbidi; tentai di morderli delicatamente ai lati dell'estremità con il risultato di farle il solletico e poi tutto finì.
Continuai a dare qualche colpo di lingua alla cieca, tenuto col viso proprio dai suoi piedi scesi a fare da cornice dalle orecchie al mento; - ci siamo riusciti!

- ...

- non hai capito Ale? Li hai leccati sul serio, proprio come Mirco!

- M-Mirco?

Immerso nei suoi odori, dei labili segnali di una razionalità scomparsa, poco a poco ripresero a connettere; - ci calmiamo un attimo?

- calmarci... si

Mi guardai intorno capendo di essere in quella posizione ridicola. Angela imperava su di me con le gambe divaricate a mò di farfalla e si teneva con le braccia sul petto, trattenendomi la faccia tra i suoi piedi. E non ebbi alcun fastidio.
Ero andato e tornato dal paradiso e poi dall'inferno e forse qualcosa era davvero cambiato perché sarei rimasto così anche tutta la sera, magari con la speranza che alla mia amica riprendesse voglia; - s-sei bella lo sai?

Mi uscì di getto e sembrò frantumare il silenzio che ci circondava. Nulla di più vero; con i lunghi capelli sciolti a scendere sulle spalle e le perle di sudore sul viso e sul seno, Angela era davvero stupenda. Mi sembrò la persona più vera che avessi mai conosciuto, ed anche se stava li a fissarmi con un fare dubbioso, mi piaceva.
Non so che caspita mi stava succedendo, ma le emozioni erano tutte amplificate e fuori controllo; mi pentii subito della mia onestà e tornato un po' più me stesso scostai lo sguardo schiarendo la gola. Si alzò poco dopo sgranchendosi un ginocchia e schiena, solo per poi sedersi vicino a me e darmi un bacetto sulle labbra; - ...pure tu

Le ricambiai un sorriso tirandomi su devastato. Li sotto avevo paura persino a guardarmi. Pulsava e necessitavo di litri e litri di acqua gelida; - abbiamo un po' esagerato?

Restai a guardare fisso avanti a me, stanco, con dolori ovunque; - solo un pochino...

Con ironia alzai il cuscino dietro di noi, mettendolo dietro la schiena per restare sollevato, ed Angela restò poggiata a me dopo essersi stesa. La sua mano pericolosamente vicino alla gabbietta e sempre quelle unghie a picchiettare la plastica; chissà cosa stava pensando.
Corsi veloce con lo sguardo sul suo corpo disteso, ed annusai i suoi capelli silenziosamente, ma sembrava che nell'aria ci fosse solo l'aroma del suo intimo o forse ero io ad averlo cristallizzato nella testa; - saresti davvero venuto? Chiuso così intendo...

- eh? A quello... credo che sarebbe successo si

- avevi una faccia così convinta quando mi hai chiesto di continuare che quasi mi hai convinto

Trattenni il respiro quando il suo dannato indice tappò la punta incontrando la carne quasi per gioco; - p-perché non hai continuato?

- te l'ho detto

- ...sai, ho ricordi un po' confusi del momento Angela

Spostai un po' la sua mano che invece scese sulle palle carezzandole (non riusciva proprio a lasciarmi stare); - mi sembra che la cosa che stai facendo con quella li sia più importante di una scopata. Se ti sei fatto calpestare e le hai baciato i piedi e siamo qui oggi, è un peccato sprecare tutto il lavoro per lui

Diede qualche colpetto alla gabbia ed ansimai sommessamente; - resta qui un attimo, vado al bagno e poi proviamo una cosa

Un suono proveniente dallo stomaco brontolò l'assenza di cibo, facendola ridere nell'alzarsi; - e poi ti preparo qualcosa... se fai il bravo

Ormai qualsiasi cosa facesse mi eccitava, non c'era niente da fare.
Spesi quei pochi minuti a contemplare la luce del tramonto che si vedeva fuori. Anche io decisi di alzarmi e rivestirmi dei boxer, guardando il cellulare che segnava le 19:12.
Porca miseria, ma quanto tempo eravamo stati a fare quelle cose?!
Tirai indietro i capelli dal viso e scossi la testa abbastanza incredulo, poi la porta della camera si aprì lasciandomi cadere il telefono dalle mani.
Angela era li, ma non era più nuda. Senza tanti giri di parole, non so dove, aveva messo su un reggiseno in nero largo abbastanza da coprire unicamente i capezzoli, indossato due shorts di dimensioni ridicole, ed un paio di stivali anch'essi neri lunghi fin sopra il ginocchio. Gli occhiali da sole, ed il suo sorriso li notai soltanto dopo; - Cristo santo, ma che cazzo ti sei messa...

Balbettai mettendomi davanti a lei ormai distrutto dalla sua aura di sesso; - hai detto che la tipa ce li aveva dentro scarpe col tacco, ma io mi conosci non ne possiedo, tranne quel paio dentro l'armadio, ma le avresti notate subito se le prendevo. Invece questi li ho presi dalla mia amica, abbiamo la stessa taglia di tutto. Di solito lei esce così con sopra qualcosa quando preparano serate al Mucca Assassina, ti ricordo no?

Mi ricordavo? Boh, io ero partito per la tangente, mentre lei spiegava quella sua ultima bravata. Si avevo presente il locale, ci andavo qualche volta con gli amici, ed era un bello zoo da guardare, però Angela mai aveva indossato una cosa così in mia presenza, ma era anche vero che io non ero mai stato in quel posto con lei; - ti piaccio?

- si...

- fai finta che sono la tipa che ti interessa, come ti direbbe di fare quella cosa li?

Ci pensai un istante, ma non riuscivo a staccare gli occhi da quelle tette e quel sedere, anche quando si mise a braccia conserte in attesa, facendomi segno di salire con gli occhi per guardarla in faccia; - no, Marzia non potrebbe mai vestirsi così...

Cazzo! Avevo detto il suo nome come un cretino; “Marzia? Così è questo il suo nome... e allora come si veste?”

Sorrise e a me non restò che darmi un pugno in faccia mentalmente, sovrapponendo per un attimo l'immagine di Marzia con quella della mia amica vestita a quel modo e dovetti chinarmi e chiudere gli occhi aspettando che la fitta passasse; - l-lei lavora, indossa cose sempre abbastanza serie, vestiti interi per capirci

Le sorrisi, ma non ricambiò, guardando se stessa e pensando a qualcosa, tanto che ragionai sul fatto che forse l'avevo offesa in qualche modo, cosa che di certo non intendevo fare; - g-guarda che non...

- ...ma quanti anni ha?

Accidenti stava facendo un sacco di domande e io non le avrei nascosto un bel niente se si fosse messa in testa di farmi parlare; - è più grande ok?

- grande quanto?

Restai zitto; - lo sai che potrei farmi dire tutta la storia vero? Compresi i dettagli, mi basta solo riprendere quella gabbietta e rimetterla dentro per un paio d'ore, come la vedi?

Mi agitai parecchio facendo un passo indietro d'istinto, per poi sentirla sbottare in una risata; - dai scherzo, non sono mica una macchina, adesso sono stanca... ma la notte è lunga

Abbozzai un sorriso preoccupato; -s-si... ma non lo farai

Fece lei un passo in avanti, arrivando a un metro da me. Era alta ora. Solitamente non superava il metro e sessanta, ora invece le davo si e no quindici centimetri; - e perché no?

- perché sei la più brava e gentile che conosca?

Restò immobile; - sono brava si, hai detto bene: allora, come ti chiederebbe di farsi baciare i piedi?

Cambiò argomento! E un fu un sollievo; - beh, dipende... insomma, se non avessi fatto cazzate credo si sarebbe seduta da qualche parte dicendomi di chinarmi davanti a lei, togliere le scarpe e farmelo piacere

Mi girò intorno, ticchettando con i tacchi sul pavimento; - e se le cazzate le fai, ti cammina sopra?

Deglutii a fatica.
Tornò davanti dopo un giro completo e con naturalezza, sculettando andò alla scrivania sedendosi e accavallando le gambe; - dai forza leva quella faccia, mi piace scopare mica farti male sul serio, però adesso vieni qui e vediamo come vanne le cose

Rise, io non tanto e più per l'agitazione.
Avevo bisogno di stare tranquillo non di continuare ad eccitarmi; andai da lei, ma restando immobile guardando altrove; - magari prima ceniamo...

- dai Ale, eri stato così bravo prima

Alzò una gamba toccandomi col tacco li sotto e crollai come una pera cotta seduto a terra nell'imbarazzo; - bravo! Ti devo sempre pregare però...

- s-scusa

SCUSA?! Altro segnale che qualcosa era avvenuto.
Non potei starmene su a pensare a quelle scuse immotivate che ricevetti fra le mani il suo stivale; - io non ti chiedo niente stavolta, ma dimmi se senti cambiamenti, è passato un po' di tempo da prima, ora sei più sereno sicuramente

Certo, come no... così sereno da avere le mani tremule nel sorreggere la caviglia. Speravo non lo notasse; - per essere onesti, lei mi avrebbe detto anche di baciare le scarpe...

- ah si? Me lo dici perché vuoi farlo?

- ...n-non lo so

Il cuore batteva forte e senza trattenersi, fu Angela ad alzare lo stivale fin sotto il naso per invogliarmi, ed in quel momento, ancora una volta l'immagine di Marzia prese il suo posto. Ci poggiai le labbra; era freddo, con un odore forte di pelle trattata e... mi stava piacendo.
Dopo una serie di baci sempre più prolungati, il mio ego andava sempre più nascondendosi; saggiai con le dita il materiale della calzatura, liscio e resistente. La chiusura lampo andava dalla caviglia e saliva nella parte interna della gamba, avvicinando due dita verso la coscia sinistra per poi iniziare a far scendere il piccolo anellino di metallo.
Restando con gli occhi bassi, feci tutto molto con calma. Centimetro dopo centimetro scesi l'intero stivale finché non fui in grado di far uscire il piede e li, in quel preciso momento, venni raggiunto da un odore molto più forte di qualsiasi altro sentito finora.
Evidentemente erano usati da molto tempo dalla sua amica, ma quando infine mi ritrovai il suo piede davanti, ci finì con le labbra sopra senza nemmeno accorgermene.
Non stavo realizzando a pieno gli eventi. Il corpo mi diceva qualcosa, la mente latitava e l'uccello sbatteva inferocito contro la sua gabbia, sbavando per la situazione. Solo una cosa era certa; mi ritrovai a tirar fuori la lingua e inspirando l'odore acre del piede, non provai vergogna, ma solo una contrazione forte dei testicoli.

Continua...

Edited by 8Dark8 - 28/9/2015, 21:40
 
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8DarkFrame8
view post Posted on 29/9/2015, 20:39     +1   -1




DA TEPPISTA A SCHIAVO VII



Quando presi coscienza di stare correndo, compresi anche di essere solo.
Avevo un cerchio alla testa terribile e fuggivo da qualcosa di spaventoso; sapevo che fosse la verità, ma non riuscivo a ricordare altro, poi urtai qualcosa e caddi a terra.
Mentre riprendevo fiato guardai il cielo stellato sopra di me. Bellissimo, pieno di stelle. Dove mi trovavo? Intorno a me non riconobbi nulla, solo una lunga strada con qualche lampione acceso. Era stupido, ma voltandomi nella direzione dalla quale provenivo notai solo buio, come le la luce elettrica iniziasse dal prossimo palo distante una ventina di metri.
Faceva piuttosto freddo ed ero nudo completamente ma lo tolleravo piuttosto bene; la cosa che invece mi dava gran noia era vedermi il pene eretto in mezzo alle gambe, svettare come un corno dal mio basso ventre.
Perché avevo così fastidio della cosa? Non aveva senso.
Potevo toccarmi, ero libero di farlo finalmente e invece stavo correndo chissà dove. Quella sensazione di panico iniziale venne presto cancellata dall'inconscio che certamente sapeva. Una parte di me aveva vissuto l'intera faccenda di quella corsa spasmodica, ma decisi di ignorarla e come un animale presi a toccarmi in mezzo alla strada veloce, sempre più veloce, sentendo montare l'orgasmo.
Fui carezzato da qualcosa. Una sensazione bellissima, morbida e calda si attaccò alla mia schiena permettendomi di riconoscere un seno, ed un corpo di donna.
Cercai di girarmi, senza successo. Tentai ancora, ma ricevetti solo un gran male al collo. Volevo sapere chi fosse, sicuramente era bellissima, volevo scoparla, farla mia e liberarmi, invece mi ritrovai a terra senza motivo.
Quando mi ero mosso? Mentre mi chiedevo questo, guardavo immobile il mio uccello pulsante e pronto ad esplodere; poi, tornò la paura.
Essa non riuscì a sciogliere l'erezione, ma si accostò al desiderio come un parassita, muovendo in miei occhi velocemente in ogni direzione cercando di capire cosa ci fosse dietro quella penombra.
Una sagoma silenziosa si mosse alla mia destra, poi alla sinistra.
Mi stava girando intorno e tentavo di muovermi inutilmente, finché una frustata cadde impietosa sul ventre facendomi urlare. Urlai si, ma il suono non si propagò. Sentivo dei rumori di sottofondo, forse addirittura il vento fra gli alberi ai lati della strada, ma la mia voce era inesistente, rimossa completamente dal contesto.
Una nuova sferzata aprì la carne quel tanto da farmi sanguinare e fece seguito a molte altre, che ridussero l'addome e il petto striato di rosso.
Non volevo piangere, ma il dolore era forte e chiaro, forse la cosa più concreta all'interno di quella follia. Sforzai la vista e le mie suppliche decifrando quell'ombra e ne scorsi i lunghi capelli. Non potevo sbagliarmi era Marzia!
Perché mi stava punendo? Cosa avevo fatto stavolta di così grave? Presi un forte respiro e lo chiesi, ma ebbi in risposta soltanto l'essere preso per i capelli e sbattuto più volte a terra, poi schiaffeggiato ancora e ancora da una mano piccola e forte.
La suola di una scarpa col tacco mi schiacciò le palle con forza e quasi persi i sensi. Nonostante il dolore, il sollecito del contatto rilasciò brividi paurosamente piacevoli e spaventato sentii montare l'orgasmo; l'ombra continuò a schiacciarmi e per quanto fossi vicino, per quanto volessi godere anche sotto tortura non avveniva nulla, neppure quando Marzia divaricò le gambe e scese su di me inserendolo in lei.
Tornai libero di muovere le braccia e sanguinante mi alzai di scatto col busto abbracciandola, infilandole più dentro possibile il sesso carico di seme. La tenni forte, dando colpi possenti sentendola gemere in modo distorto, ma ormai era fatta. Si spinse in avanti e non ressi il peso tornando sdraiato, giusto in tempo per vedere il volto di Angela pervaso dal piacere.

Mi svegliai nel buio della stanza.
Ci volle qualche istante per riprendermi da quell'incubo, ma fece molto prima il cervello ad accorgersi che qualcosa era rimasto, ossia il calore infernale che avevo provato li sotto; - ...Angela?

Mezzo rincoglionito mi girai nel cuscino cercandola al mio fianco senza trovarla, poi arrivò tutto insieme un vagone di dolore e piacere che fece sgranò gli occhi alla vista del rigonfiamento sotto il lenzuolo a metà del letto; - ANGELA!

Cercai di muovere un braccio verso la lampada vicino al letto, ma fui fermato da un piacere viscerale che mi lasciò con la lingua di fuori, riuscendo solo a togliere la coperta e ammirare il delirio. Angela se ne stava rannicchiata al centro delle mie gambe come una bambina. Sentivo i suoi risucchi e la lingua battere sempre nello stesso punto ormai arrossato e nel frattempo toccarsi con entrambe le mani e gemere sommessamente.
Non riuscii a dire niente, soltanto in un disperato tentativo di salvare le palle scattai sul fianco cadendo da letto con un trambusto pazzesco e sul freddo del pavimento ripresi fiato; - ...scusa

Con una vocetta pentita, la mia amica si affacciò dopo aver acceso la luce. I capelli scompigliati e una magliettina bianca per dormire leggermente calata sulla spalla. Era carina, ma l'aveva fatta grossa; - TI AVEVO DETTO DI NON...

- lo so ci ho provato a non fare niente! Ma tu dormivi così profondamente e io non riuscivo a calmarmi

- Angela e se fossi venuto?!

Si accasciò continuando a toccarsi affondando la faccia nel cuscino; - quando mi sembrava che stavi vicino ti lascivo stare, era tutto sotto controllo! Potevi continuare a dormire uffa!

Con una mano mi asciugai la fronte sudata stropicciando gli occhi e guardando fuori dalla finestra la luce tenue della mattina; - c-che ore sono?

- quasi le 7:00, non ho chiuso occhio. Non possiamo più dormire insieme se stai così

Ma faceva sul serio?! Era arrabbiata? Se non lo era poco ci mancava, sembrava esaurita.
Mi alzai in piedi tornando sul letto ansimando e mi trovai il suo sedere davanti. Non ci fu neanche il tempo di realizzare che avevo la faccia affondata li dentro e la lingua a leccare quello che mai nella vita avrei leccato.
Angela si inarcò e sospirò per la sorpresa. Era evidente che non se lo aspettava, ma mi dedicai al suo lato B esattamente come fosse quello A, cercando persino di entrare dentro con la lingua. Solo un istante l'omino nel cervello mi chiese cosa stessi diventando... poi, non ricevendo risposta, mi lasciai stare.
Godette poco dopo con le sue dita dentro la rosa e le mie labbra fra le natiche, poi se ne restò immobile a sospirare; - mi dovevi svegliare subito stupida... non ti avrei detto di no

- hai ragione scusa... è che dormivi così sereno. Era tanto che non dormivo con qualcuno, ti ho guardato un sacco”

Schiarii la voce imbarazzato tornando seduto a massaggiarmi le povere palle arrossate; - ma zitta...

- zitto tu! E' vero, sei carino quando dormi. Solo lui non dorme mai, è stato sveglio tutto il tempo, ed è sempre bagnato. Tra un po' comprerai degli assorbenti, ne vuoi uno?

. ma VAFFAN...

Rise girandosi a pancia in su afferrandomi la faccia con entrambi i piedi stringendo le guance. Glielo lasciai fare; - hai ancora sonno?

- ovvio... dopo il film siamo andati a letto quattro ore fa

- sei tu che li volevi ancora un po'...

- lo so! Lo so... è che cerco di capire quello che sento e non è facile

Parlai in modo goffo per via della stretta sulle guance, poi fui libero di stendermi nella sua direzione contraria e calmarmi; - a che ora vai oggi dalla tua Marzia?

Mannaggia a me e a quando mi era scappato il suo nome; - di solito l'appuntamento è per le 16:30

- pensi che oggi ti svuota?

- SI

Fui secco nel dirlo e con una convinzione assoluta; - sono sicuro di potercela fare, devo solo avere un occasione

- senti, mi fai sapere poi? Sai quanto sono curiosa...

Guardai il soffitto pensando più a Marzia che a risponderle, poi mise un piede delicatamente sulla gabbietta e prese la mia totale attenzione; - allora?! E' merito anche mio se succede no? Me lo merito...

- s-si... d'accordo

Era strano. Ci stava giocando andando avanti e indietro e così facendo il dolore era molto inferiore. La pelle si stendeva all'interno della plastica e guarda caso la punta, leggermente sporgente, toccava la pianta facendo attrito; - ...

- che c'è?

- n-niente... ma continua

Si tirò un po' su con la schiena sul cuscino e interessata marcò meglio il movimento, aggiungendo il secondo piede per sostenere le palle gonfie; - così?

- s-si... è strano

- ti piace?

Non lo dissi. Ma anche io ero bello sorpreso, perché sentivo distintamente il muoversi dell'orgasmo, cosa che invece con la bocca non accadeva per via della sensibilità eccessiva. Neppure un minuto più tardi le fermai io stesso il piede con la mano urlando l'allarme. Restò ferma tenendo sotto le piccole dita il povero membro piangente; - stavi per...

- si...

Risi con lei alzandomi in piedi esasperato dal mio volermi fare del male e del suo non dire mai di no. Dopo essere andato al bagno e fatto colazione ci salutammo, ma sulla porta Angela mi trattenne per il cappuccio della felpa costringendomi a tornare indietro; - che c'è? Te l'ho dato il bacio...

- infatti non è per il bacio, tieni

Mi mollò in mano un foglietto di quaderno o diario piegato in quattro; - cos'è?

- quel tuo amico del primo anno lo vedi spesso no? Quando lo becchi dagli questo da parte mia

Alzai un sopracciglio assai sorpreso; - e se lo leggo io?

- dice di segnarsi il mio numero e di chiamarmi per fare due chiacchiere, non ho segreti io...

Rimarcò con un accento da stronza il fatto che io ne avessi, ma tutto sommato mi strappò un sorriso; - hai deciso di portare quel bamboccio sulla cattiva strada?

Non rispose. Si poggiò allo stipite della porta con fare annoiato; - la cosa della zia deve essere sviluppata in modo approfondito Ale... per forza

Restai come un cretino a fantasticare cosa avesse in mente e mentre se la rideva facendo la finta vergognosa, io misi in tasca il foglietto e mi avviai dicendole quanto fosse stata utile nel tempo trascorso insieme.

-O-



Una lenta colazione al bar con pochi spiccioli, una letta al giornale delle partite che stava sopra il tavolinetto e poi quasi mi assopii di nuovo, aspettando l'ora di entrare a scuola. Pensai parecchio ad Angela, non senza conseguenze abbastanza evidenti anche per le due cameriere del bar, che ogni tanto mi vedevano cambiare posizione e diventare rosso in faccia.
Quando suonò la campana mi diressi in classe, tirai fuori i libri e con tanta, troppa difficoltà cercai di seguire le varie lezioni, spingendomi a scrivere tutto il possibile in appunti per tenermi sveglio.
Arrivai alla ricreazione che la mano aveva i crampi.
Poggiai la testa sul banco sentendo qualcuno farmi una domanda alla quale non diedi peso; avevo però la netta sensazione di scordare qualcosa di importante. Questa sensazione di dimenticanza mi seguiva sin dalla sera passata a casa della mia amica; non ricordai, ma venne in mente invece il foglietto da dare a Mirco, quindi, incapace di riposare serenamente, mi feci strada tra i vari piani colmi di ragazzi fino al cortile.
Porca Eva, stessa scena tutte le sante volte.
Mirco era li, pericolosamente vicino alla tettoia dei motorini vicino ai miei amici. Era da solo, ed evidentemente era stato chiamato più volte perché era girato in quella direzione.
Vicino a lui di certo vi ricorderete quel gran pezzo di cretino a cui diedi un pugno in faccia dopo aver sistemato la questione con Mirco. Ecco, quel grassone obeso si faceva grosso per la stazza e lo aveva afferrato per il collo della maglietta cercando di spingerlo ad avvicinarsi a loro e se lo avesse fatto tirarlo fuori una seconda sarebbe stato complicato; - allora? Guarda che mi offendo se non vieni con noi, dai ti facciamo fumare

- ...

- non te lo chiedo più deficiente, muoviti!

Al suo ultimo strattone fece seguito una mia cinquina a mano aperta sul grasso collo flaccido che gli stampo un bel marchio rosso sulla pelle; - hai fatto i capelli, paghi pegno no?

- ma vaffanculo coglione!

- sta zitto e levati dalle palle

Si tenne il collo stringendo i denti, mentre gli altri ridevano a crepapelle. Mirco mi guardava sorpreso, ma colse l'occhiata che gli feci in direzione contraria e quatto quatto si allontanò lasciandomi un po' coi ragazzi.
Anche stavolta era andata. Quando suonò la campana pensai che fosse meglio darglielo all'uscita, ma come un cane fedele, il bamboccio se ne stava sulla porta di entrata del cortile in evidente attesa; - g-grazie!

- non ci riesci proprio a stare lontano dalle botte vero? Non mi sembrano tua zia loro...

Forse esagerai un pochino. Lo dedussi dal suo stupore e dalla faccia che avvampò in un lampo scostando lo sguardo; - ...tieni

- cos'è?

- non sai nemmeno leggere?

Poggiai con la schiena al muro guardando gli ultimi ragazzi attardarsi sulle scalette, mentre lui apriva il foglio. Con la coda dell'occhio spulciai la sua faccia mostrare un miscuglio di emozioni davvero divertenti, che culminarono quasi nel terrore. Non avevo letto cosa c'era scritto sopra, ma potevo immaginarlo da quello che Angela mi aveva detto; - oddio! Che faccio?! È uno scherzo tuo? Dimmelo per favore!

- eh?

- ti prego dimmi che fare, non ero preparato a una cosa così, io non...

Mi staccai dalla parete prendendogli il biglietto dalla mano;

Ciao Mirco, ho chiesto ad Alessio di consegnarti questo messaggio, perciò ringrazialo: ci siamo divertiti l'altra volta e io sono stata bene. Ho pensato parecchio a come ti piacevano i miei piedi, perciò mi piacerebbe fare una passeggiata e parlare di questa cosa, ti va?
Se fai il bravo magari ti faccio salire anche a casa, dipende da te. Segnati il mio numero 347...
baci Angela <3

Porca troia, non stava scherzando, la mia amica ci sarebbe uscita sul serio. Che scoop!
Mirco se ne stava immobile a guardare avanti e riprese il foglietto con mano tremante; - beh? No, non è uno scherzo, non sei così importante da farmi perdere tempo...

- intendi dire che vuole davvero vedermi?! Ma è impossibile, sono stato uno stupido con lei!

- magari le piacciono gli stupidi, se così fosse avresti grandi possibilità

Risi, lui no. Era tutto tirato e sembrava stesse vedendo un film di paura e la cosa mi diede un bel po' fastidio. Lo strattonai un bel po', sbattendolo non troppo forte al muro dietro di noi; - ti piace Angela?

- CERTO!

- allora non rompere i coglioni e chiamala. Offrile un gelato, niente più sigarette, e sii onesto. Vedrai che non te ne pentirai, ciao scemo

Consegnato il messaggio, Mirco mi seguì con gli occhi fino alle scale del primo piano, per poi restare da solo a riflettere su quella piega imprevista della sua vita.

-O-



Tornai a casa depresso e con la testa sul finestrino del bus. Gettai la cartella in un angolo e caddi sul letto a dormire senza neanche pranzare. Per fortuna che segnai la sveglia sul cellulare altrimenti sarebbe successo il delirio quel martedì, ed alzandomi precisamente alle 15:00, assonnato andai a darmi una ripulita; feci una doccia, cambiai jeans e maglietta e fui pronto per uscire in circa venti minuti. Solo la coda dell'occhio mi avvisò di un dettaglio rimasto sepolto nella memoria.
Sulla scrivania, sopra alcuni libri di scuola, in bella mostra spiccava il libro che Marzia mi aveva prestato. CRISTO SANTO lo avevo completamente scordato! Non avevo tempo adesso di leggerlo!
Lo afferrai con il cuore in gola e mi persi nell'orrore di cosa la mia psicologa avrebbe potuto farmi se me lo avesse chiesto, ed era ovvio che lo avrebbe fatto!
Inventare non potevo, non sapevo neppure di che trattava la storia. Lo presi portandolo con me giù per la strada correndo alla fermata dell'autobus e nell'attesa iniziai a leggere.
Lessi sempre, senza mai staccarmi da quelle pagine, saltando anche qualche riga per fare prima, con il solo risultato poi di non capirci niente e dover rileggere daccapo la pagina.
Era un disastro.
Mentre leggevo affannosamente quelle prime avvisaglie di una storia abbastanza complessa, alzai fortunatamente gli occhi e compresi di essere arrivato, segnalando la fermata e scendendo al volo in strada.
Eccolo li. Potevo già vederlo il suo palazzo. Il palazzo dove lavorava Marzia.
Era incredibile quanto fossi a disagio, avrei preferito fare una rissa a scuola piuttosto che essere così impreparato. Avevo dato così importanza ai piedi che il resto si era annullato; ora avevo qualche freccia di più al mio arco grazie ad Angela da quel punto vista, ma ero fottuto ugualmente.
Mi incamminai passando sempre davanti la solita pasticceria. Che fare? Non sarei riuscito a comprarla con dei dolci alla frutta, neanche con dieci euro di pasticcini. Sospirai ed entrai ugualmente trovando il saluto della commessa carina dell'altra volta; - abiti qua vicino?

- ...

- ho detto, sei di questa zona?

- eh?

Perso nei pensieri continuavo a guardare quei mignon senza far caso alle parole della ragazza, che poi di punto in bianco realizzai; - ce l'hai con me?

- non sei quello di sabato che non sapeva cosa scegliere?

WOW. Addirittura si ricordava di me? Caspita, era una cosa bella tutto sommato e le feci un sorriso abbastanza forzato; - si, sono io. Non sono di qui, ma ci vengo per...

- per?

- studio! Si seguo un corso, una roba strana...

- ho capito. Oggi sei più deciso dell'altra volta?

La guardai meglio e si, era proprio carina, forse un paio di anni più grande di me, con un grembiule rosa e bianco sopra una maglia nera e jeans scuri; - tutta frutta...

- tutti uguali?

- una porzione per due, sei vanno bene e si, a lei piacciono quelle

Sorrise e io fui un po' imbarazzato, chissà perché poi. Preparò il pacchetto con tanto di fiocco e con un saluto veloce lasciai spazio alla gente arrivata dopo di me.
Eccomi li davanti al citofono. Avevo come sempre il mio zaino e depositai li dentro il libro, sperando nella buona sorte, quindi suonai, si aprì il portone e presi a salire.
Cercai di pensare ad altro. Ora sapevo almeno chi fosse il protagonista e qualcosa potevo inventarmi, inoltre essere punito forse non era del tutto un male, le avrei dimostrato quanto ero riuscito a fare con Angela e magari... venire.
Quel pensiero mi lasciò un attimo sulla porta dello studio a tenermi le palle con un sospiro caldo, poi entrai nel piccolo corridoio con gli specchi alle pareti, intravedendo con sorpresa due sagome nella saletta del divano; - ora devo lavorare...

- lo so, lo so. Sei sempre così impegnata, una vera donna di successo! Fossi la metà di te avrei risolto tutti i miei problemi

- ...

- oh guarda, è già arrivato, caspita anche dieci minuti di elegante anticipo

Che voce strana, pensai. Eccessiva e falsa.
Restai fermo sotto l'arco che precedeva la stanza più grande, ed alzai un sopracciglio alla vista di un tizio davvero strano. Stava parlando con Marzia, entrambi in piedi. Lei vestita con una gonna corta bordeaux, calze nere e scarpe dello stesso colore, con sopra una camicia bianco perla, ed un pendaglio di rubini.
Lui avrà avuto forse venticinque anni o qualcosa di meno. Aveva dei jeans neri con un sacco di legacci e borchie, una maglia che sembrava più una specie di camicia di forza, con stringhe e lacci a decorarla e maniche lunghe con un foro per inserire il pollice. Ma la cosa che più mi lasciò perplesso furono i lunghi capelli azzurro elettriche rasati sulla parte sinistra e tutti risvoltati in quella destra e che scendevano pesanti su un viso tutto sommato nemmeno malaccio.
La statura era come la mia ed anche il fisico era simile. C'era un'aria strana, negativa avrei detto. Marzia era a braccia conserte, abbastanza stanca e quello li che non smetteva di guardarmi e sorridere. Poi, senza dire altro, quest'ultimo si avviò con mani in tasca verso l'uscita passandomi di fianco e scomparendo oltre la porta.
Finalmente soli. Stupenda come sempre. Che eleganza in quel completo indossato e quei tacchi poi... le sorrisi andando da lei; - ...chi era la fata turchina?

Si sedette sulla poltroncina sistemando alcuni fogli sul tavolino di cristallo e notai che molti altri faldoni e carte era poste sulla scrivania infondo. Non era una bella giornata fuori. Il cielo era rimasto nuvolo tutta la mattina e qualche goccia l'avevo già presa nel breve tragitto dalla fermata allo studio. La luce tenue del cielo grigio contrastava con quella artificiale e brillante della sala; - mio fratello

Sgranai gli occhi perdendo il sorriso con cui l'avevo sfottuto un istante prima e poggiai il pacchetto dei dolci ingoiando la lingua; - non preoccuparti

Sciolse rapidamente il fiocco, ed aprì la confezione, prendendone uno senza fare alcuna scena ed anzi, sembrò gradire davvero. Così quello era suo fratello?!
Sembrava troppo assurdo, anzi era più che assurdo era folle! Lui non centrava niente con lei, zero assoluto. Sembrava pronto per un Rave in mezzo ad un cimitero; - in questa giornata mi ci vuole davvero qualcosa di dolce, grazie di averci pensato

- di nulla figurati, puoi prenderli tutti sono per te

Non rispose e con un gesto calmo ne prese un altro restando tuttavia seria a guardare il pavimento con occhi stanchi. C'era qualcosa che non andava. Forse aveva avuto solo una brutta giornata col lavoro, ma potevo vederla benissimo respirare in modo stentato, ed il suo colorito era più pallido del solito; - Marzia, ti senti bene?

- si. Non preoccuparti... allora, veniamo a noi. Come hai passato questi due giorni?

Sotto i piedi di un amica a farmi torturare pur di farmeli piacere. No, non si poteva dire; - mah, la solita vita... sono stato a casa, nulla di nuovo in effetti

- capisco. E a scuola, hai avuto problemi?

- no, affatto. Anzi, una cosa ci sarebbe

Mi esaltai un attimo perché valeva la pena dirlo; - ti ricordi quel tipo del primo anno a cui gli ho presentato la mia amica?

- ...

- ecco, si sono visti, sono stati insieme e oggi ho consegnato un messaggio da parte di questa mia amica dove lei gli chiede di vedersi di nuovo. E' una cosa buona no?

Sorrise del mio entusiasmo; - intendi giustificare le tue azioni?

- ehm, no. Certo che no, sono stato uno stupido a farli incontrare in quel modo...

Tornai un po' più guardingo assaggiando anche io un mignon; - hai letto il mio libro?

Il boccone si bloccò in gola e per mandarlo giù graffiò le pareti interne dell'esofago, tossendo ad oltranza; - qualcosa non va?

Oddio. Era andata subito li a parare! Dovevo dissimulare alla grande; - non arrabbiarti ok? Ti dico subito che non sono riuscito a finirlo...

Cercai di non guardarla negli occhi mentre lo tiravo fuori dallo zaino tenendolo fra le mani; - è un libro modesto ti pare? Sei stato a casa due giorni e non sei riuscito a terminarlo

- ...

La sua espressione non mutò mai, né prima, né dopo. Mi osservò intensamente accavallando le gambe; - dove sei arrivato?

Era ridicolo. Le avrei dovuto mostrare quella decina di pagine lette in fretta e furia in due giorni di tempo, mi stavo scavando la fossa da solo, ma non potevo smettere; - mi manca poco, sono arrivato a questo capitolo

Aprii il libro a tre quarti e indicai un pagina a caso, tremando quando la sua mano si protese nel riaverlo; - capisco. In effetti ti manca poco. Cosa ne pensi del ritratto fatto da Basil?

Restai così come immaginate. Occhi sbarrati, bocca serrata e il cuore che mi aveva già lasciato; - ci devi pensare molto?

- no! Cioè no, ecco io...

MERDA! Il libro parlava di un ritratto, ma non c'ero andato oltre lui che posava per il quadro, né i motivi per cui lo aveva dato a questo Dorian Gray. Quando sospirando le sfuggì un colpetto di tosse, poggiò il libro sul tavolino e si alzò imperiosa davanti a me, facendomi segno di prendere il manoscritto e seguirla.
Me la stavo facendo sotto, dico sul serio. Aveva capito che stavo mentendo. Lo leggevo chiaramente in quel suo sguardo di ghiaccio, quindi come un soldato saltai in piedi e la raggiunsi tenendo il suo dono nella mano, arrivando davanti alla libreria. Mi chiese di rimetterlo a posto e non me la sentii di dire nulla, quindi lo feci, tornando a girarmi.
Non lo vidi nemmeno arrivare; fu uno schiaffo dato per fare male con il dorso della mano, da destra verso sinistra,che mi colpì in piena faccia, subito prima di essere afferrato per il collo e sbattuto contro la pesante libreria. Diedi una botta tremenda alla testa, ma ero frastornato da una reazione tanto spaventosa, scivolando poi a terra, raggiunto dalla sua scarpa sulla spalla, anche li affondando il tacco con forza tanto da farmi urlare; - non credevo ci fosse bisogno di dirti che detesto le bugie. Hai mentito da quando ti ho posto la prima domanda su cosa hai fatto questo fine settimana. Pensi che sia una cretina?!

- n-no! Assolutamente io non...

Affondò ancora di più il tacco zittendomi; - la fiducia è qualcosa che deve essere guadagnata nel tempo con fatica e dedizione e basta un passo falso, uno soltanto, per rompere quella strada di cristallo fra due persone, lo capisci?

- s-si...

Tolse finalmente la scarpa, ma non mi sarei mai alzato da li per terra senza il suo permesso e restai a gambe divaricate con lei a poche decine di centimetri dall'inguine; - t-ti chiedo scusa... avevo paura a dirti cosa avevo fatto

Alzò un sopracciglio restando a braccia conserte; - mi sono dimenticato del libro è vero, ma questi due giorni sono stati allucinanti per me. Ho provato in tutti i modi a cambiare, a farmi piacere i piedi per poter fare quello che mi chiedi...

Bruciava. La guancia bruciava come se mi ci avessero spento sopra un pacchetto di sigarette, ma avevo ancora più male dentro di me per le parole che mi aveva detto. Non volevo che la sua fiducia venisse meno, le avrei detto tutto; - come?

- eh?

- come avresti fatto?

Il dislivello mi portò solo in quel momento a guardarle sotto la gonna con attenzione, scorgendo l'intimo probabilmente nero e la fine delle autoreggenti sulle cosce. Arrossii e scostai lo sguardo, ma lei schiacciò in mezzo alle gambe con forza sufficiente a farmi gridare; - n-non sapevo come fare. Quando sono uscito di qui sabato avevo solo in testa le tue parole, ma niente per realizzarle. Mi sono rivolto all'unica persona che conosco di cui mi fidi in questa faccenda e le ho chiesto aiuto. Mi ha confessato che quel tipo del primo anno, Mirco, quando era era stato con lei, aveva iniziato a baciarle e leccarle i piedi, allora ho pensato potesse aiutarmi!

Mi bloccai un istante per riprendere fiato, ma lei premette di più facendomi impazzire; - c-ci ho parlato! Da soli, mi ha raccontato come gli era nata questa cosa e poi sono tornato dalla mia amica e ci sono restato fino a questa mattina provando e riprovando

Mi lasciò andare. La sua espressione severa si sciolse improvvisamente in qualcosa di diverso, sicuramente più calmo, poggiandosi le mani sulle tempie con fare sofferto; - ...è tutto?

- s-si... ho provato a correre ai ripari quando sono tornato a casa, ed ho letto le prime pagine del libro fino a qui, ma so solo che quel tipo Hanry vuole portare Dorian su una brutta strada e Basil che sta facendo questo dannato quadro non ne è contento

- alzati

Lo feci, stando attento a non ricevere altre botte quindi mantenni una certa attenzione nella difesa eventuale; - vieni di la, parliamo di questo tuo allenamento non richiesto...

Di la? Intendeva la sua stanza segreta?
Mi gettò quasi dentro chiudendo all'istante la porta e girando la chiave; - spogliati, tutto

Presi a farlo rapidamente, vicino al divano in pelle nera sul quale mi spinse. Lei si sedette prendendo la mia chiavetta ed aprendo in pochi secondi la prigione, dalla quale svetto un uccello che di mio aveva ben poco; - guarda qua che lavoro...

- l-lavoro?

- vai a prendere il recipiente con l'acqua e il sapone

Sentendo il sangue affluire finalmente nel verso corretto, godetti qualche istante di libertà della mia erezione, coi segni della plastica ancora impressi sulla pelle. Pieno di vergogna, tornai da lei, che si bagnò le mani con il sapone e poi lo toccò scendendo la pelle.
Che sensazione meravigliosa, sarei potuto morire così e non sarebbe stata una morte stupida.
Continuò a lavarmi e massaggiarlo con delicatezza, senza eccedere, fermandosi solo quando mi vedeva stringere i denti e tremare. Venni sciacquato e asciugato con un panno e ciò che restò fu solo un'erezione terrificante e qualche goccia trasparente pronta a colare dalla punta; - cosa hai fatto esattamente?

- ho pensato di associare qualcosa di bello con i piedi in modo da poterli digerire meglio...

- come sei arrivato a questa conclusione?

Sospirai avendo difficoltà a stare fermo immobile per via di una pesantezza alle palle davvero snervante; - Mirco. Lui mi ha raccontato la sua storia: centrava sua zia: era piccolo, tipo sette anni, ed era attratto dalle scarpe, un giorno lei lo beccò ad annusarle e lo prese a schiaffi sul sedere, però mentre lo faceva, lui si strusciava contro le sue gambe e la cosa gli piaceva. Allora provò a rifarlo e più lo sculacciava più lui si eccitava, poi ,esasperata, sua zia gli ha messo una scarpa sul naso e lui è venuto. Così ho pensato che...

- sei davvero uno stupido

- ...

Tossì qualche volta scuotendo la testa davanti alla mia sorpresa; - tu non sei come lui. Il tuo compagno di scuola rientra in una categoria diffusa di persone che traggono piacere da un certo tipo di pratiche e situazioni, proprio come tutti noi. Ma ci sono dei limiti. Il feticismo del piede, come di molti altri, nasce durante la fase della pubertà, a volte anche prima. I primi segnali di queste attitudini possono essere riscontrate nel carattere, nei gesti, nel modo in cui l'individuo vede il mondo con i suoi occhi. E' stato compito mio inquadrarti in una certa maniera, ma non è una scienza esatta e spesso chi detiene il controllo deve andare a tentativi, evolversi, specie se chi subisce è ignaro persino di cosa gli piaccia o non gli piaccia...

- c-che significa?

- significa che tu non potrai mai avere un interesse per i piedi come quello del tuo amico

Mi lasciò interdetto a guardare per terra confuso; - m-ma tu mi hai detto di...

- hai preso le mie parole troppo alla lettera e la colpa in parte è mia per aver sottovalutato la tua determinazione. Volevo stressare la tua mente e il tuo corpo, portarti a pensare alle mie parole il più a lungo possibile, ed accumulare semmai qualche grammo in più di desiderio, ma solo e soltanto io avrei agito su di te. Ho lasciato qui sotto in un modo e lo trovo in uno stato ben oltre quello che doveva essere. La tua amica si è divertita a vederti così?

Ebbi un groppo alla gola; - l-lei non...

Mi fermai per quella ennesima bugia; - n-non ha commentato più di tanto. Non conosce i fatti come stanno davvero

- cosa ti ha fatto?

Sospirai vedendo sobbalzare il pene un paio di volte, ed anche Marzia lo osservò; - non potendo scopare abbiamo usato la mia bocca per soddisfarla. Alternava questo con i piedi, mettendo il profumo delle sue cose su questi ultimi, proponendoli sempre davanti a me...

- non spiega questa condizione

- non avevamo grandi risultati così abbiamo invertito la cosa. Si è messa a leccare la punta mettendomi i piedi sul viso e ci è stata per tratto, forse troppo tempo

- altro?

Strinsi le ginocchia respirando in modo affannato quel piacere immenso nel ricordare e tirai indietro la testa un secondo. Cristo sarei venuto solo a parlarne con Marzia a guardarmi; - gli ha preso una voglia strana ad un certo punto e... ha provato a mettersi dentro la gabbietta per intero

Persino Marzia sembrò sorpresa, chinando la testa di lato; - lo ha fatto, non sono riuscito a impedirglielo

- non hai provato dolore?

- CERTO! Tantissimo! Mai provata una cosa simile, ma era tutto così assurdo e non avevo la forza per fermarla

Sospirai abbassando gli occhi colpevole; - ora ascoltami bene

Si alzò davanti a me prendendo la mia totale attenzione, occhi negli occhi; - sono IO a dirti cosa fare, come farlo e quando farlo, CHIARO?!

Mi urlò in faccia e venne spontaneo coprirmi il viso da un possibile schiaffo; - tu sei MIO! Se voglio che tu lecchi i piedi o le scarpe o la fica sarò io ad usarti!

Sapeva anche essere volgare allora, ed era ugualmente stupenda; - s-scusami...

Fui afferrato per i capelli e sbattuto a terra addosso al divano; - se vengo a sapere che quella tua amica ti ha anche solo sfiorato te ne pentirai per il resto della tua vita...

Schiacciò il tappeto con il tacco a pochi centimetri dal pene, un colpo che con quella violenza mi avrebbe di certo mutilato. Ebbi un brivido di paura, poi l'eccitazione impose una nuova stretta alle palle mandando su qualche altra goccia cristallina; - h-ho capito padrona...

Padrona. Di nuovo quel termine, ma stavolta era usato davvero per auto-umiliarmi. Ebbi il coraggio di alzare gli occhi dalle sue scarpe rosso sangue e la trovai affannata, stava sudando. Non riuscivo a descrivere cosa provavo, né se quella sfuriata poteva essere associata ad una folle gelosia oppure era solo questione di carattere. Sarebbe stato bello nel primo caso. Anche se eccessiva, mai nessuna mi avrebbe dimostrato un simile attaccamento, ma forse stavo solo sognando; - che c'è?

Ancora stizzita, fu urtata dal mio silenzio; - ma io credo che qualcosa sono riuscito a fare! Dico sul serio, posso fartelo vedere se vuoi

La buttai li restando a terra, vedendola sedersi e poggiare la testa sul morbido schienali imbottito del divano; - vorresti venire leccandomi i piedi?

- s-si...

- se volevo farti schizzare quello che hai dentro avrei trovato un modo adatto a te. Ma io... non ho alcuna intenzione di svuotarti

Avete presente uno specchio che va in frantumi, ecco, dentro di me, la tenue speranza di poter essere libero per qualche secondo scomparve nell'oblio di un sorriso quasi diabolico; - m-ma...

- non preoccuparti. La tua amica ha solo anticipato un po' gli eventi. Il sangue all'interno dello scroto non è a livelli critici, puoi benissimo resistere un altro po'. E se anche così non fosse tu ci resteresti comunque

- ...

Le guardavo le scarpe e le gambe fasciate dal nylon e mi montò su una rabbia pazzesca. Ero stato bravo invece; avevo sopportato tutto e di più e mi ero beccato persino quella sberla micidiale. Non era giusto essere trattato così.
Strinsi i denti, allungando una mano verso la scarpa e con un gesto secco gliela tolsi, posizionandomi davanti a lei, schiacciando il pene contro l'altra gamba; e lo feci.
In un misto di coraggio e follia, affondai il naso sotto quel piede velato e leggermente umido inspirando profondamente. Lo baciai ancora e ancora sotto il suo sguardo distaccato, mentre il sesso si avvicinava sempre più ad un orgasmo più che meritato; - vuoi venire disperatamente non è così?

Non le risposi. Continuai solo a strusciarmi sulla sua gamba come il più schifoso dei cani, mandando giù l'imbarazzo e la vergogna; - ti dimostrerò la differenza fra te e il tuo amico...

Fui allontanato con una pedata sulla faccia. Mi afferrò per i capelli e ancora confuso dalla botta venni trascinato sulle sue ginocchia sgranando gli occhi in quella posizione ridicola; - vuoi che sia tua zia oggi?

- a-aspetta...

Arrivò uno schiaffò fortissimo. Aveva il ferro nelle mani accidenti! Ma al tempo stesso il mio bacino era precisamente in contrapposizione con le sue gambe e strusciai il membro sulle calze, vedendo le stelle; - ti piace annusare i piedi?

- ...

Altra botta, altro giro. Si lasciò andare ad una serie di quasi dieci sculacciate. Io resistevo all'umiliazione soltanto grazie alla speranza di potere schizzare da un momento all'altro; - allora? Ti piacciono o no?

- ...

Al mio silenzio ci andò ancora più forte e quando non ne potei davvero più, il dolore superò qualsiasi piacere; - NO! Non mi piacciono...

Un ultimo colpo si assestò sulla natica destra, facendomi poi scivolare a terra distrutto. Davanti a lei, alla sua scarpa. Mi fermai a guardarla come un ebete e pensai a Mirco, prima di essere premuto sulla testa dal piede di Marzia finendo precisamente con il viso dentro la calzatura.
Era tiepida e si sentiva forte l'odore del cuoio. Mentendo a me stesso avrei detto gradevole, ma un barlume di onestà squarciò le tenebre; - avanti, ti permetto di venire. Stai gocciolando a terra da quando siamo entrati, vorrai di certo godere con tutto te stesso, allora fallo! E' bastato questo a quel ragazzino e aveva solo sette anni, è forse migliore di te che sei un adulto? Annusala, fa vedere a tua zia quanto ti piace...

Nulla. Oltre quegli insulti non sentii nulla.
Ero eccitato da tutto, anche la pressione del suo piede e quella posizione schifosa che stavo tenendo, ma non sarei venuto, non così; - tu hai un carattere molto forte e richiedi una certa dose di violenza per provare piacere. E' questa la tua natura. Vuoi che una donna faccia a te quello che tu fai agli altri per attirare l'attenzione, un comportamento talmente banale che ti rende a conti fatti più infantile di quel tuo amico che ti ha dato uno dei suoi più profondi segreti

Libero di alzare di nuovo la testa da quella scarpa, non mi resi conto nemmeno di avere gli occhi lucidi. Era stato forse troppo? Credo che anche Marzia un istante se lo chiese, vedendomi alzarmi e voltarmi di spalle a lei.
Sapeva farmi male più dentro che fuori dicendo semplicemente cose per lei scontate e che io avevo invece sempre ignorato. Non avrei pianto, questo no. Stringevo i denti e i pugni cercando di levarmi da dosso quel senso di stupidità che sentivo, ma se ne andò solo quando fui abbracciato da dietro; - non copiare dagli altri. Io non ti chiederei mai questo. Ogni cosa che faccio con te, la penso per te, sapendo come tu sei. Riesci sempre un po' a sorprendermi e non è facile starti dietro, non come con gli altri che ho avuto... mi ricordi quella persona

Era calda. Sentivo il suo corpo contro la schiena e le sue mani stringermi senza forza le spalle, prendendo quei sussurri con sorpresa. A chi si riferiva? Un suo amante? Forse uno schiavo particolare, magari della mia età, che le era capitato. Non lo chiesi, semplicemente mi girai sciogliendo quel gesto inaspettato e le mostrai una specie di sorriso; - ho capito la lezione, come sempre ci metto un po'... scusa se sono così stupido

Mi guardò in modo indefinito, anche quando scesi con gli occhi a terra andando a prendere la gabbietta sul divano, ma venni afferrato per il polso; - no. Voglio darti fiducia. Tra due giorni sarai di nuovo qui e riparleremo della tua condizione, fino ad allora: voglio che tu resista con le tue forze. Puoi farlo?

- d-da solo? Senza quella cosa, davvero?

Prese lei la gabbietta e la gettò nella bacinella assieme alla chiave e la catenina; - queste sono piene. Non pensare neppure per un istante che sarà facile, perché senza quella costrizione tutto starà alla tua volontà. Hai dimostrato di possederne in abbondanza, anche troppa per certi versi, quindi puoi farcela. Fallisci e questa sarà l'ultima volta che mi vedi

Mi toccò le palle stringendole nel palmo della mano, ma senza farmi male, in compenso ebbi un tuffo al cuore, ricevendo poi in braccio i miei vestiti; - m-ma...

- qualcosa non ti è chiaro?

Mentre riflettevo e scuotevo il capo in modo negativo, infilando le scarpe la notai barcollare un attimo e reggersi alla porta prima di aprirla. Mi alzai senza la maglia e lasciando a terra il recipiente con il sapone e l'acqua, corsi da lei; - Marzia, Padrona, o quello che ti pare, tu non stai bene!

Venni preso un po' dal panico perché era molto sudata e notai solo ora la linea rossa che segnava il suo bellissimo viso dal centro del naso agli zigomi; - porta quelle cose in bagno, ti aspetto di la

Aprì la porta e se ne andò. Sbuffai perché si vedeva lontano un miglio che era in difficoltà, quindi feci tutto il più presto possibile e quando tornai in sala la trovai poggiata alla scrivania a tenersi il petto e tossire molto forte; - Marzia hai sicuramente la febbre, ti vado a prendere qualcosa in farmacia? Perché non hai disdetto oggi?

- e perdermi le tue solite insolenze? Sarebbe stato uno spreco

Provò a ridere, forse per tranquillizzarmi, ma non ci riuscì; - dico sul serio!

- guarda li sopra...

Restò con il sedere adagiato sul bordo della scrivania, indicando dietro di lei quei faldoni pieni di carta e cartelline; - sono già in ritardo di due giorni. Avrei dovuto finire domenica, ma sono stata... impegnata. Se non li termino addio lavoro e sinceramente è un periodo che non posso permettermelo

- ho capito ma...

- niente ma. Il nostro tempo è finito, eri l'ultimo della giornata oggi. La mia ciliegina sulla torta

Vaneggiava? Non credo, forse era ironica, ma rise da sola con occhi stanchissimi e tossì di nuovo, alzandosi i capelli dalla faccia; - che ci devi fare con queste pratiche?

- ...inserirle una dopo l'altra nel PC, scannerizzarle e poi inviarle all'istituto di riferminento

Scannerizzare tutti quei fogli?! Ma ci avrebbe messo l'intera notte! Non poteva farcela; - non c'è un modo più semplice?

- no. L'istituto è fuori Roma e da un po' di tempo a tutti è venuta la bella idea di mettere e-mail certificate per agevolarti il lavoro, farò in questo modo...

Si fermò sapendo di essere andata fuori tema e che io non potessi di certo capire cosa fosse una e-mail certificata, quindi sospirai seguendola verso l'uscita dopo aver ripreso il mio zaino.
Passai davanti lo specchio del corridoio e notai ancora quel bel segno rosso stampato sulla guancia. Per il ritorno sarebbe stato meglio usare il cappuccio della felpa, pensai; - allora auguri per il lavoro e grazie...

Ero davanti a lei. Camminavo massaggiandomi e smisi di sentire i suoi tacchi sul pavimento. Quando mi girai, sgranando gli occhi nel vederla barcollare scattai in avanti terrorizzato e riuscii ad afferrarla prima che cadesse a terra priva di sensi.

Continua...

Edited by 8Dark8 - 1/10/2015, 21:24
 
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8DarkFrame8
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DA TEPPISTA A SCHIAVO VIII



- MARZIA?! Oddio dai svegliati! Cazzo!

La presi in braccio mollando un calcio alla porta dello studio per farla richiudere e tornai in salotto sdraiandola sul divano. Che cavolo potevo fare? Chiamare un'ambulanza? E se entrando magari qualcuno avesse sbirciato in giro? No, non potevo rischiare così tanto; - ok, calmati, va tutto benissimo. La regina di ferro ti è solo collassata davanti, va tutto benissimo! Cosa farebbe un medico?

No. Non andava tutto benissimo. Per quanto me lo ripetessi nella testa, camminavo avanti e indietro scartando una cazzata dietro l'altra; - d'accordo, ragiona Alessio. Prima di tutto la temperatura, ha la febbre, devo sapere quanto ha

Corsi al bagno cercando come un disperato qualcosa che potesse somigliare a una cassetta del pronto soccorso, dove magari trovare uno straccio di un termometro. NIENTE. Il nulla cosmico.
Tornai in sala sentendola gemere e tossire. Stava sudando troppo, dovevo intervenire. Non sapevo cosa avrebbe fatto un medico, ma sapevo cosa avrei fatto io.
Tornai un istante al bagno, presi la bacinella e la riempii d'acqua fredda e presi un asciugamano piccolo dalla credenza. Piazzai tutto sul tavolino di cristallo e poi tornai a guardarla; il sudore le imperlava la fronte, la pelle scottava e le spostai i capelli dal viso mettendole meglio i cuscini morbidi dietro la testa.
Quelle labbra calde mi bloccarono un momento risvegliando appetiti perversi. Ero solo. Nessuno avrebbe mai saputo niente, ed ero libero dalla mia gabbietta e lei priva di sensi. Non si sarebbe ricordata di nulla era in mio potere.
L'omino del cervello entrò in gioco con un calcio volante e mi calmai un attimo chiudendo gli occhi, deglutendo sonoramente; - basta cazzate. Devo toglierle questi vestiti, poi le bagnerò il corpo con l'acqua fredda. Ricordo che mamma me lo faceva

Qualche volta era capitato. Specialmente da piccolo soffrivo spesso di febbre alta, poi tolsero le tonsille e tutto cessò. Iniziai a sbottonare la camicetta, bottone dopo bottone, e presi a sudare anche io. La liberai dall'indumento e restò in reggiseno. Tolsi anche il pendaglio di rubini e poggiai tutto sul tavolino.
Che vista. Per quanto non volessi pensarci era improponibile non badarci. Aveva le proporzioni di una modella già con i vestiti, figuratevi senza. Bagnai l'asciugamano nell'acqua, lo strizzai un poco e iniziai dalla fronte.
Si mosse leggermente dicendo qualcosa di incomprensibile. Continuai a rinfrescarla, prima sulle guance, poi il collo, le spalle e il petto, fino a scendere sul ventre e sulle braccia. Ripetei l'operazione per tanto, non so neanche io quanto perché ipnotizzato e fuori di testa da un'apprensione che mai mi sarei aspettato; - ti odio...

Mi gelò il sangue quando udii quelle parole sussurrate.
Sperai di aver capito male, ma sempre più sorpreso alzò lentamente una mano, ed afferrò il polso con la quale la stavo bagnando e lo strinse forte, così forte che riuscì seriamente a farmi male; - è colpa tua se non c'è più... vorrei che fossi morto tu al suo posto!

Tossì forte e quando inspirò lo fece in modo stentato, lasciando uscire prima una singola lacrima e poi un pianto sommesso e leggero. Dio Santo, ma di che parlava? Possibile che c'era qualcuno che odiasse così tanto? Non sapevo niente di chi Marzia fosse, a parte la mia psicologa, barra padrona, barra sorella maggiore.
Mi alzai un istante lasciandola sola, quasi se non volessi disturbarla e girai un po' per la stanza con una tempesta di pensieri, massaggiandomi il polso. Giunsi alla sua scrivania e aprii gli occhi all'ovvietà di un termometro e delle pasticche messe in disparte vicino la borsa, assieme ad una bottiglietta d'acqua naturale. Certamente si stava già curando da sola, era ovvio! Presi di corsa il termometro e la tachipirina e tornai da lei infilandolo sotto il braccio e aiutandola a stringerlo. Passavano i minuti e quel coso di plastica non suonava. Temevo di averlo messo male, ma quando andai per rimuoverlo, alcuni bip segnarono la temperatura a 39.6.
Se prima del mio intervento fosse di più non potevo saperlo, ma volevo crederlo. Presi il blister delle pasticche e dopo aver letto il bugiardino mi convinsi a prenderne un'altra. Erano da 500 e sapevo anche da me che esistevano quelle da 1000, quindi la tirai su con la schiena pregandola di svegliarsi, ma non ricevetti nulla che non fossero rantoli insensati.
Ok, Andava fatto e fatto bene. Prima pasticca in bocca e subito le versai l'acqua dritta in gola. Tossì forte ma le massaggiai l'esofago sperando che non si strozzasse e la prima stranamente andò fin troppo bene. Provai a fare il due su due, ma prese a mordere come un gatto inferocito e dovetti stringerla e aspettare che si calmasse.
Era davvero surreale vederla così.
Indifesa a dir poco, se ne stava ad abbracciarmi senza sapere nulla di quanto stava accadendo e provai una sensazione particolare, non la seppi definire, ma era bello prendersi cura di qualcuno; - Marzia prendi anche la seconda ti prego, non so che altro fare

Le parlai pregando che stavolta non desse in escandescenze, quindi riprovai, ma mandai prima un sorso d'acqua per sondare il terreno. Lo bevve.
Al secondo tentativo ci riuscì. Mandò giù tutte e due le pasticche e tornò a sdraiarsi sorretta da me. Era ancora caldissima e per caso guardai l'orologio della sala che segnava le 19:17. Fuori era quasi buio e bagnandola un altro po' alla fine la lasciai distendere completamente, sedendomi sulla poltrona; - che cazzo di situazione merda!D'accordo, faccio così. Se tra un ora la misuro e vedo che sta ancora così chiamo un'ambulanza. Alla fine se mi crepa qui chissene frega della stanza segreta!

Era un ragionamento valido per me. Quindi attesi.
Durante il passare dei minuti tornai alla sua scrivania e mi spulciai qualche foglio per ingannare l'attesa. Nomi, cognomi, indirizzi, cartelline su cartelline, alcune sottili, altre molto più corpose erano sistemate in raccoglitori ad elastico. Ne contai 16, compresi i 4 che stavano sul tavolino; - perderà sicuramente questo lavoro che diceva prima... e io non so fare un cavolo di niente col computer

Guardando in modo vago le varie cartelle di un faldone già aperto, lessi meglio; Nome. Cognome. Indirizzo. Ma in fondo alla pagina di copertura rigida dove stavano segnati i dati di ogni persona c'era un altro indirizzo, ed era ricorrente su ogni pratica.
Non conoscevo quel CAP 00049, ma sapevo che l'aeroporto di Ciampino era 00043 grazie a mio padre che ci avevo fatto un lavoro in quella cittadina, quindi pensai che non dovesse essere troppo distante.
Lei era fuorigioco, ma io potevo darle una mano, una vera mano. Esitai solo un attimo pensando al trasporto; mio padre era fuori discussione, stanco del lavoro probabilmente aveva mangiato il solito panino ed era già a letto. Cercai nella mente gente che potesse avere già l'aiuto, ma interruppi la carrellata soppesando di quali reietti della società stessi parlando e di certo per quel favore mi avrebbero messo in croce con partite di erba e altre stronzate.
Poi la luce. La più ovvia, la più formidabile delle mie conoscenze...

- Ciao Angela
- Ale? Wow deve essere andata alla grande se mi chiamo addirittura la sera stessa!
- Eh? No macché è successo un casino, poi ti racconto giuro, ma ora ho bisogno di te sul serio, e ti giuro su Dio che farò qualsiasi cosa se mi aiuti
- …dimmi
- Hai preso la patente no? Quando è successo prima dell'estate?
- Si, più o meno, ma...
- No ascolta, mi serve un passaggio davvero urgente per un posto poco fuori Roma, pago io la benzina ovviamente e...
- Ale, scusa ma sto fuori stasera



Mi crollò il castello di carte che avevo costruito;

- Ah, sei fuori?
- Eh si... mi dispiace, era urgente tanto?
- …
- Ale?
- Si, eccomi stavo pensando, d'accordo Angela non preoccuparti in qualche modo farò
- Ok, ciao bello un bacio
- Ciao



Finita la chiamata mi sedetti sulla poltroncina della scrivania e ci rinunciai. Avevo fatto il possibile. Ero li a mangiare gli ultimi mignon alla frutta che avevo comprato, controllando ogni tanto Marzia, quando ricevetti una chiamata;

- Dove sei?
- Angela?!
- Zitto! guarda sei uno stronzo, mi hai fatto sentire una merda
- Ma io...
- Zitto! Dimmi dove sei ti passo a prendere e poi esco.
- Sei la migliore cazzo! Ti adoro! Appena scendo in strada ti dico bene la via e libera il porta bagagli se è pieno.
- Perché dovrei... anzi no, non lo voglio sapere, Ciao!



Non potevo non ringraziare un momento Dio per quella svolta imprevista. Feci le cose per bene, caricando i faldoni nell'ascensore uno dopo l'altro, lasciando una nota sul tavolino qualora Marzia si fosse svegliata e dopo aver chiamato Angela e dettole la via e il civico, misurai un'ultima volta la temperatura: 39.1
Stava funzionando! Ora ne ero certo. Chiusi l'ufficio lasciandola sola e restai a fare la guardia da dentro il portone all'archivio. Per fortuna il cielo si era schiarito, quindi nemmeno la pioggia ci avrebbe rotto le scatole.
Attesi circa una mezz'ora buona, quando sentii il clacson suonare due volte come le avevo detto per farsi riconoscere. Era una Fiesta nera sgangherata e con parecchie migliaia di chilometri sulla carrozzeria, ma funzionava; - ciao Angela, ci metto un attimo, carico tutto e andiamo!

Non ascoltai nemmeno cosa disse e uno dopo l'altro caricai in una decina di viaggi i faldoni e le cartelline posizionandole quasi tutte sui sedili posteriori, poi montai al posto del passeggero; - allora? Si può sapere che succede e perché io sono in macchina con te invece che al mio appuntamento?!

- avevi un appuntamento? Con chi? No, non è importante. Un'amica si è sentita male e se non porta queste cose da una parte perderà il lavoro

Era vestita molto carina notai. Leggings neri, una camicetta blu notte, ed un giacchetto di jeans anch'esso nero, con i capelli sciolti sulle spalle, ed una gomma da masticare in bocca; - qual'è la via?

- questa qui... sai dov'è?

- cosa?! Non sai nemmeno dove devi andare? Che scemo Dio santo...

Era nervosissima, però mi stava aiutando e facevo ben volentieri silenzio, osservandola tirare fuori il cellulare e scrivere l'indirizzo; - dovresti iniziare a comprarti pure tu uno di questi invece di quella merda del dopo guerra, internet è comodo. Eravamo fregati se non ci fossi stata io

- questo è sicuro. Meno male che ci sei

Ero così ruffiano da farmi schifo, ma almeno la feci ridere; - Velletri, passiamo per l'appia e tiriamo sempre dritto, certo è un bel viaggetto, qui dice un'ora e dieci minuti

Le confermai di partire, allacciai la cintura e ingranando la marcia grattando in modo terribile il cambio, seguimmo la strada che diceva il navigatore nel cellulare.

-O-



- senti, Ale...

- dimmi

Osservavo fuori dal finestrino le luci della strada. Angela non guidava male, anzi. Molto meglio di come avrei fatto sicuramente, ma era qualcosa di abbastanza ovvio, io non avevo la patente. Ok, ma che razza di discorsi stavo facendo?!
Mi schiarii la gola girandomi verso lei e la trovai piuttosto pensierosa; - questa tua amica, con lavoro, proprio di martedì... non sarà Marzia?

Mi ghiacciai all'istante. Era troppo ovvio per non essere notato. Avevo raccontato la prima cazzata senza pensare e ora il cervello era in blackout; - immaginavo... quindi adesso ti usa come facchino e hai tirato dentro pure me?

- Che?! Angela no, stai sbagliando...

- ah si? Spiegami allora perché sto portando a spasso il lavoro di quella li fino a prova contraria

- calmati, è tutto vero. Non volevo dirti che quello era palazzo dove lavora, ho sbagliato, ma sono un po' sotto choc ancora

- ...

- non mi credi? D'accordo ci può stare. Ti dico la verità, tutta quanta ok?

Presi la sua attenzione sicuramente perché girò un attimo gli occhi verso di me facendomi segno di procedere; - oggi è andato tutto a puttane. Sono stato benissimo a casa tua e abbiamo fatto un sacco di cose, ma nella confusione ho dimenticato l'unica cosa che non riguardava il mio pisello e che era l'unica importante

- ad esempio?

- il libro...

- un libro?

Risi adagiando la testa al sedile aprendo un po' di più il finestrino; - Marzia mi aveva dato un libro da leggere. Lo avevo scelto io fra tanti, ed era piccolo, non certo un mattone. Beh, l'ho dimenticato completamente. Quando sono tornato a casa oggi mi sono messo a dormire un oretta e solo prima di uscire l'ho visto sulla scrivania... ho provato a leggere velocemente nella mezz'ora di strada per arrivare li, ma non ero nemmeno alla ventesima pagina

- ...e il libro è importante perché?

- perché mi aveva detto di leggerlo, ecco perché

Cambiai tono e divenni più serio. Era stata una lezione abbastanza brutta quella subita e il fatto che le avevo mentito mi faceva schifo. Angela mi guardò ancora dicendomi di continuare; - ho provato a farle credere che lo avessi quasi finito, sono stato un coglione

- lo ha scoperto?

- non solo. Ho detto che in questi due giorni ero stato a casa senza far niente e guarda caso mi ha scoperto anche quello

Sgranò gli occhi; - non glielo avrai detto?!

- fidati, dopo una sberla come quella e l'essere sbattuto come una tovaglia sporca lo avresti detto anche tu

- cazzo, ma è matta? E tu ti fai menare così?

- non è così semplice ok?! ...è severa, non le piacciono questi giochetti. Per lei la sincerità è importante

Restammo un attimo in silenzio, poi riprese; - quindi ti ha picchiato, beh un po' l'ammiro... insomma, sei bello grosso. E di me che ha detto?

- testuali parole?

Si girò sorridendo abbastanza incredula, ma non credo si aspettasse di sentire questo; - tu sei MIO! Se voglio che lecchi i piedi o le scarpe o la fica saranno solo e soltanto i miei! Parola più parola meno...

Cadde di nuovo un silenzio strano. Lei si distese un attimo sul sedile cambiando postura, quasi per metabolizzare la cosa; - era proprio incazzata eh?

- non saprei nemmeno spiegartelo...

- e dopo che ha fatto?

Ebbi reticenza nel dirglielo, ma ormai era andata così e di Angela mi fidavo; - mi ha dimostrato che io coi piedi non centro un cazzo

- in che senso? Non ci sei riuscito? Ma a casa eravamo andati bene!

- infatti, pensavo anche io di potercela fare, invece no. Mi ha spiegato che ci sono diverse categorie di persone, alcuni sono attratti dai piedi, altri... da altro e che io non sono come Mirco. Marzia sapeva questo, ed ha fatto quella richiesta non pensando mai che mettessi su un teatrino del genere con te, insomma l'ha detto perché era certa che non potessi farci niente, voleva stressarmi e basta

- ...e tu di che tipo sei?

La guardai non capendo la domanda; - hai detto che alcuni sono attratti dai piedi o altro, quale ALTRO sei tu?

Qui mi vergognai un bel po' perché era ancora una cosa personale; - dice che voglio che mi sia fatto quello che faccio agli altri. Schiaffi, pugni e calci, roba così

Prima di scoppiare a ridere sono certo al cento per cento di averla sentita emettere un suono particolare, che non saprei descrivere, ma vedendola muoversi sul sedile mi venne spontaneo chiedermi se si fosse eccitata; - ah, così ti piace se ti prende a schiaffi? Ed è vero?

- per farmelo capire ha fatto la prova del nove...

- cioè?

- mi ha tirato sulle sue gambe come la zia di Mirco e mi ha sculacciato forte e se dico forte è forte... Alla fine era vero, anche se mi strusciavo non sentivo quella cosa che Mirco diceva per i suoi piedi e anche quando mi ha fatto annusare la sua scarpa non è successo niente e premetto che ero libero

- libero dalla gabbietta?!

- esatto... anche adesso lo sono

Frenò leggermente la macchina seguendo i tornanti della strada che in quel punto effettivamente erano abbastanza insidiosi, per non parlare dell'illuminazione completamente assente; - prima che tu me lo chieda ha detto che vuole darmi fiducia. Credo abbia capito che comunque mi sono sforzato di farla contenta e ha detto che devo resistere da solo e che posso farcela, questo prima di collassare nel corridoio dello studio

- cosa?!

- si, è così. Stava già male quando sono arrivato, ma ha voluto vedermi comunque. Alla fine dell'incontro l'ho vista barcollare e poi stare sempre peggio. Era sudata e respirava male e poi puff.. è caduta davanti a me. Per fortuna l'ho presa in tempo

- e adesso come sta?

- le ho messo dell'acqua fresca addosso dopo averla svestita e le ho dato due pasticche per abbassare la febbre, ma non si era ancora ripresa quando sono andato via

Mi guardò lei sorniona allungando una mano sulla coscia; - e che altro le hai fatto?

- non mi scopo i morti Angela... però il pensiero c'è stato lo ammetto. Era indietro con il lavoro, non ho capito bene il motivo, e doveva scannerizzare tutta questa roba entro stanotte, ma era impossibile e io non so fare un cazzo col computer, quindi glieli sto portando direttamente all'indirizzo scritto qui sopra. Poi sei arrivata tu ed eccoci qui

Svoltammo una volta giunti a Velletri e ci inerpicammo dentro la città per poi cambiare varie stradine interne, continuando a parlare della questione botte. Le stava particolarmente a cuore e continuava a voler dettagli che io non possedevo; - eccoci, ci siamo è questo!

- e adesso genio? È tutto spento...

- mi fermo qui, scarico le cose e aspetto domani mattina

Tirò il freno a mano guardandomi sconcertata; - ma vuoi passare la notte qua da solo?! Ma sei scemo?

- che altro posso fare?

- sei così stupido che vorrei, vorrei... ah lascia perdere! Fammi mettere davanti al cancello

Si arrabbiò in modo strano e non avevo capito che volesse parcheggiarsi per spegnere il motore; - che fai?

- resto con te no, non c'è un anima qua e non conosci nessuno... l'ultima cosa che voglio è averti sulla coscienza

- vuoi restare con me?! Ma dai Angela hai già fatto troppo, dico sul serio, vai all'appuntamento, in un'oretta ci stai

Tirò indietro il sedile e alzò le gambe attorno al volante sbadigliando e stirandosi la schiena con poca finezza; - mi sono rotta le palle di guidare, sono stanca e ho dormito pochissimo stanotte...

Era una zona davvero deserta. La strada proseguiva in fondo e noi eravamo in una specie di viale. Poche case attorno e tutte lontane, lasciando l'edificio davanti a noi quasi da solo. Ogni tanto passava una macchina, ma era comunque distante. Mi rilassai un attimo tirando anche il mio sedile indietro e le sorrisi, allungando una mano dandole una carezza sul mento; - grazie... dico davvero

Si ritrasse un po', forse notai anche un accenno di imbarazzo, ma non lo avrebbe mai ammesso; - figurati...

- quindi, com'è essere di nuovo liberi?

Sospirai sereno; - non si può descrivere, anche adesso che lo sento alzarsi è...

OH NO! Mi bloccai sentendolo davvero ingrossarsi senza motivo e davanti alla persona più sbagliata, perché di fatti si sporse su di me toccandomi li con l'indice; - guarda guarda, ciao carino! È tanto che non ci si vede...

- NO! Regole chiare, anzi chiarissime, se vuoi farmi compagnia va bene, ma quella è la parte tua, questa è la mia, due sedili distinti intesi? Mio e Tuo, non voglio vedere cose tipo una gamba qua, un braccio qui o...

- ...un piede

- non fare la spiritosa, hai capito benissimo. Se dovesse succedere sarei finito, ha detto di non presentarmi più allo studio

A quel dire tornò seduta allo stesso modo di prima e notai i soliti anfibi che portava sempre; - va bene, io provo a starmene buona, ma tu non fare niente che possa agitarmi

- io? Del tipo?

- non fartelo venire duro ad esempio. Sei messo bene e si vede coi jeans di quel tipo che hai

In realtà ignoravo quel dettaglio, ma ne presi nota, girandomi in modo da essere un po' di traverso rispetto a lei e chiusi gli occhi dopo essermi messo d'accordo con lei per riposare.

-O-



Mi svegliò il passaggio di un auto.
Ero poggiato con la faccia sul sedile, il collo mi faceva un male cane e davanti a me trovai Angela girata di spalle.
Era stata più furba, perché aveva abbassato interamente lo schienale in modo da farne quasi un letto e la sentivo respirare calma, sicuramente stava dormendo profondamente. Ma non eravamo soli.
I jeans tiravano in maniera dolorosa sul membro che era semplicemente di pietra.
Sbottonai un bottone, ma non bastò. Ne feci un altro e poi tutti e lo alzai per sentirmelo. Quanto tempo era passato dal poterlo toccare? Un po' in soggezione, me lo guardai nella penombra e poi mi girai verso chi dormiva al mio fianco e notai la stranezza. Anche Angela doveva essersi sbottonata perché, così piegata, riuscivo a vederle distintamente il perizoma e parte dei leggings calati sotto il giro vita; - resisti. Devi resistere a tutti i costi. Non vorrai svegliarla! Pensa a qualcos'altro, anzi torna a dormire

Me lo dissi mentalmente cercando di rilassarmi, ma presi a cambiare posizioni su posizioni aumentando lo stress e quindi perdendo completamente il sonno.
Dieci minuti più tardi mi sembravo un maniaco seriale intento a guardare fisso il suo sedere. Pensai persino di darle una toccatina tanto per frenare la voglia che galoppava, però, mentre allungavo silenziosamente la mano, Angela si mosse gelandomi.
Grazie a Dio stava ancora dormendo. Si girò verso di me; i capelli arruffati sul viso, una mano sotto la guancia a farle da cuscino e la camicetta quasi del tutto aperta a far vedere pancia e basso ventre, dove infatti trovai i suoi pantaloni sbottonati.
Siccome si era tolta il giacchetto di jeans, con quella camicetta leggera potevo vedere senza difficoltà il suo seno e fui abbastanza sicuro che non portasse reggiseno. Prendetemi pure per matto, forse lo ero, ma dovevo toccarla in qualche modo. Sapevo che era come scherzare col fuoco, ma se lo avessi fatto piano sarei stato salvo.
Sudai avvicinando di nuovo la mano, ancora un po' e sarei arrivato. Trattenni il respiro, aprii le dita ed infine la sfiorai un solo istante aspettando conseguenze. Nulla.
Più mi dicevo di non farlo, più il corpo voleva che lo facessi, era una cosa terribile! Scesi dentro la scollatura e delicatamente le sentii un capezzolo, che divenne duro in un lampo; - vuoi scopare?

Restai di sasso con la mano nella marmellata. Potevo fingermi addormentato, non credo che lei potesse vedere, quindi non risposi. Fu il faro di una macchina ad illuminarle il volto e la trovai con gli occhi spalancati verso di me e riuscì quasi a farmi soggezione; - ehm... scusa, ti ho svegliato?

- anche io ho voglia... vuoi farlo?

- n-no... non possiamo

- ti avevo avvertito di non fare cose strane...

Era vero cazzo e ora che si avvicinava strisciando come un serpente me la ritrovai addosso senza poterla contrastare dal cavalcarmi; - Angela ti ricordi, hai detto che non volevi rovinare questa cosa...

- trattieniti ok? A me basta poco lo sai, mi muovo pianissimo...

La afferrai gentilmente per le spalle, ma fui baciato ripetutamente; - mettilo dietro...

- c-come?!

- il culo forse è meglio per te, sono un fiume questi giorni e anche adesso, quindi li dietro sono sicura che ti tieni di più

Che parole magnifiche. Il suo nome era azzeccato in maniera quasi eccessiva. Forse la intravidi ridere per essere riuscita a convincermi. Si girò sopra di me guardando verso il parabrezza e si tenne sul cruscotto aspettando che le abbassai i leggings; - n-non dovremmo farlo... dovrei resistere!

Scesi anche l'intimo e sembravo più un cane affamato che un essere umano; - leccami un po' prima, tanto ormai ti piace anche quello no?

Ancora prima che finisse la frase ero già su quel buchino a lavorare di impegno. Sussultò per la foga e si tenne allo sportello ridendo, mentre allargavo le natiche con le mani e infilavo la lingua sempre più in profondità godendo dei suoi gemiti. Quando prese a toccarsi, per me fu il segnale.
Scesi anche io boxer e jeans e restai con quell'erezione mostruosa in attesa; - scendo io che se ti faccio fare a te me lo rompi, tu sta fermo e grida quando senti che non ce la fai...

Stavo tradendo la promessa fatta a Marzia ancora prima di averla metabolizzata, ma quella era notte assurda, poteva starci una follia simile. No, non poteva.
Lo sfintere si poggiò sulla punta sensibile e di dilatò lentamente ingoiandomi centimetro dopo centimetro. Già a metà urlai di fermarsi; - aspetta!

- ma non è nemmeno dentro!

- lo so ma tu aspetta ti prego...

Doveva agevolarmi secondo lei, ma la sola idea di scoparla in quel modo mi mandava in tilt il cervello. Riprese a scendere finché non fu piena; - è bellissimo... quanto ti volevo stanotte Ale

- a-anche io...

Si distese sopra di me come fossi io il sedile e tirò su le gambe poggiando i piedi sulle mie ginocchia salendo e scendendo un paio di volte. Ma fu abbastanza; - FERMA! Oddio è impossibile così!

Mi morsi dalla disperazione il braccio tanto da far male; - ti immagini se passa qualcuno? È quasi mattina...

- zitta! Immobile e non fiatare, mi serve un istante...

La stronza fece quanto richiesto, ma abbassò in contemporanea anche il parasole davanti a lei puntando lo specchio verso di me dopo avermi chiamato. Sgranai gli occhi ammutolito dalla visione celestiale delle sue gambe divaricate e la sua mano ad aprirsi la rosa; - la vedi bene così?

- quanto sei infame, vuoi rovinarmi?

- magari un pochino si... potrei anche essere invidiosa che male c'è?

- i-invidiosa?

Salì e scese riprendendo a toccarsi e io chiusi gli occhi poggiando la testa all'indietro gemendo come lei; - hai fatto dei sacrifici immensi per questa Marzia, nessuno ragazzo farebbe mai una cosa così per me... mi eccita sapere i dettagli di quello che ti fa, che posso farci? E sbagliato?

Come faceva a parlare, a toccarsi e scoparmi? Era disumano; - ASPETTA!

Grazie al cielo si fermò; - Angela quanto ti manca, non resisto più!

Si toccò ancora, non smise mai e non mi rispose, ansimando di più, sempre di più. Mi godevo il suo orgasmo dallo specchietto in alto. Era come un film interattivo, un qualcosa di pazzesco e quando incrociò il mio sguardo basito, mi sorrise riprendendo a cavalcare. Venne fortissimo e si tirò su un attimo prima che le facessi il pieno accumulato in tutto quel tempo, lasciandomi pronto per esplodere; - n-non mi chiedi di farti schizzare come a casa?

Era in ginocchio, affannata davanti a me che stringevo i denti cercando di controllarmi con le mani in faccia a coprirmi il viso esasperato; - t-ti prego fallo... hai vinto tu! Fammi entrare di nuovo!

E la mia eccelsa volontà fu spezzata dal suo bellissimo sedere. Angela sorrise, poi tornò al suo posto dopo essersi ricomposta e con i piedi poggiati sul quadro del volente, si godette i postumi della corsa; - Angela?

- eh?

- come, eh?

- non sono così stronza tranquillo stavo solo scherzando, mi piace vedere quella faccia che fai ogni volta. Su rimettiti apposto

Mi aiutò a farlo lei. Infilò dentro l'uccello dopo averlo pulito con un fazzoletto. Rimise sopra il boxer e poi i jeans lasciandoli aperti; - c-che caldo...

Dissi io riprendendomi piano piano, sempre più felice della scelta della mia amica. Restammo in silenzio qualche altro minuto e le continuai a fissare i piedi avvolti dai calzini. Chissà perché mi venne da ridere, non aveva molto senso. Lei se ne accorse e guardò il motivo ti tanta ilarità; - sei impazzito del tutto?

- quasi...

Mi sporsi un attimo ubriaco di desiderio e le baciai qualche volta il piede destro, ridendo con lei che lo alzò e me lo spalmò ben bene sulla faccia. Si ero impazzito davvero; - come ti senti? Ho fatto piano?

- si... sei stata brava

- hai più voglia di prima però...

- si e no...

Avevo voglia è vero, ma la fatica che avevo fatto per resistere forse mi aveva in qualche modo appagato o forse era solo un'altra avvisaglia della mia pazzia, chi poteva dirlo. Mi sentivo in effetti tranquillo; - meglio così allora... attento! Rivestiti svelto, c'è un furgone che vuole entrare qui

Imprecai sbiancando improvvisamente, dandomi un contegno, ma si vedeva il rosso sulle nostre facce. Angela accese l'auto ed uscì dal viale incrociando il tizio del furgone che osservai finché non scese ad aprire il grosso cancello nero dell'edificio; - sta aprendo! Posso andare a consegnare le cose di Marzia

Nel giro di una ventina di minuti iniziarono ad arrivare sempre più auto e nel frattempo scesi a chiedere informazioni, tornando dopo parecchio con una faccia provata, ma contenta; - allora, è qui?

- per capirci qualcosa sono dovuti venire in tre a parlarmi. Mi chiedevano una delega e li stavo per mandare a fare in culo, però poi ho spiegato la situazione e che avevo tutto con me. La delega la vogliono per Fax a questo numero

Appresi li in significato di una delega. Quindi portai uno dei carrelli a disposizione e caricai i faldoni li sopra firmando a nome mio la consegna. Quando tornai da Angela, si era assopita di nuovo, ma la svegliai con un cornetto preso al bar in fondo alla via.

-O-



Mi feci lasciare nel punto in cui Angela era venuta a prendermi.
Ci lasciammo con l'idea di sentirci nell'arco della giornata, ed attesi un orario decente per poter suonare il campanello dello studio.
Tra le varie persone che erano uscite prima delle 9:00, mi intrufolai nel palazzo senza dover aspettare al citofono e quando fui davanti la porta, suonai.
Attesi un po' e l'ansia continuava a crescere camminando avanti e indietro. Suonai un'altra volta e poi una terza, guardando fisso a terra sperando che non fosse accaduto il peggio. La febbre era scesa quando ero andato via, ma forse durante la notte aveva avuto un peggioramento! No, non volevo pensarci. Feci per suonare una quinta volta, ma la porta si aprì inaspettatamente mostrandomi Marzia in condizioni... perfette.
Ma era stata male? No perché io quando avevo uno di quei febbroni morivo e resuscitavo e quando succedeva, sembravo più un morto vivente che un uomo. Lei invece si mostrò come la sera prima. Perfette scarpe, perfetta gonna, perfetta camicia. Aveva gli occhiali e i capelli erano raccolti in una coda e non aveva la collana di rubini.
Non disse nulla, lasciando la porta aperta per farmi accomodare, ed anche se il passo era fiero come sempre, quando giunse nei pressi della poltrona al fianco del divano, ci crollò sopra; - M-Marzia io...

- siediti

Oddio. Che tono strano aveva usato.
Guardai il mio zaino nel punto esatto in cui l'avevo lasciato, anche la bottiglia d'acqua era li, anche se finita e pure il termometro; - scusami, non sono presentabile come al solito, ma spero tu capisca

- eh?

Ma di che parlava? Era uno schianto e la sera prima era da ricovero; - guarda che stai benissimo, dico sul serio... al posto tuo io sarei un vegetale con le flebo

Cercai di sorridere, ma lei restò seria a guardarmi con le gambe accavallate, ed il dorso della mano a sorreggere il mento; - ti ho messo in una condizione difficile ieri sera. Ero consapevole delle mie condizioni, ma è evidente che mi sono sopravvalutata

- hai ancora febbre?

- il peggio dovrebbe essere passato

Ok, volevo sapere se avessi fatto la cazzata più grande della mia vita portando io stesso i fascicoli in quel posto, ed era impossibile non aver notato il salotto praticamente vuoto; - s-senti Marzia...

- come hai trasportato le mie pratiche?

Mi parlò sopra, ma ancora non riuscivo a capire se avessi fatto bene o male e sinceramente iniziavo a sudare, schiarendomi la gola; - mi ha accompagnato Angela, quella mia amica di cui ti ho parlato

- ah, quella che ti avevo detto esplicitamente di tenere a distanza

Quanto brutta poteva essere la piega che la discussione stava prendendo? Troppo; - ascolta, c'era solo lei a disposizione, anzi è stata davvero una fortuna che ci fosse altrimenti non sarei mai riuscito a portare a Velletri quelle cose

- immagino che siate arrivati li con largo anticipo. Avete dormito fuori?

Credo si stesse sforzando di rimanere calma, ma il picchiettare delle unghie sul ginocchio a me dava parecchia ansia; - si...

Pregai che non chiedesse i dettagli altrimenti avrei fatto meglio a sparire per sempre, invece sospirò dopo un colpo di tosse coperto dalla mano; - di questo parleremo giovedì. Venendo a questioni più immediate, devo ammettere che quando ho letto il tuo messaggio ci è mancato poco che avessi di nuovo un mancamento. Quei documenti sono molto personali e sinceramente non capisco come tu abbia fatto a consegnarli senza un apposito modello di delega ed un mio documento

- ho usato il mio fascino...

Un briciolo insignificante di sorriso, riuscì a sfuggire a quella maschera impassibile; - ho chiamato l'istituto poco fa, le cartelle sono puntuali in quanto la scadenza era alle 9:00 di questa mattina e ciò mi porta alla strana condizione ad essere debitrice con te... sciocco vero?

- si, sciocco... cioè NO! Non è affatto sciocco!

Che bello vederla sorridere. Mi ricambiò un sorriso divertito, rimettendosi gli occhiali sul naso; - hai usato tutto te stesso per aiutarmi, senza di te potrei essere in ospedale, ed anche se svegliarsi senza camicia è stato complesso da accettare, ti ringrazio

Ero nel punto più vicino del divano alla poltrona come sempre e vedere la sua mano allungarsi e concedermi una carezza sulla guancia mi causò un forte imbarazzo; - d-di nulla...

Poteva un semplice grazie farmi quell'effetto? Non lo so, ma avevo il cuore a mille, ed ero davvero felice; - cosa desideri come premio? Intendo un premio vero, che esula dalla nostra condizione di subordinazione

- p-premio?!

Fu come se tutta l'euforia confluisse all'istante in mezzo alle gambe, ed il cervello cambiasse sede; - n-non saprei, io l'ho fatto perché volevo farlo, non per...

- ne sono consapevole, ora rispondimi sinceramente

Siate onesti con voi stessi e ditemi a ME cosa avreste chiesto. Avanti! A me non fregava niente in quel momento che non fosse, puro, semplice, lungo, SESSO. Se qualcuno fosse venuto da me con una valigetta piena di soldi avrei detto no, io la volevo; - che cosa posso chiedere?

Sorrise invertendo l'accavallamento delle gambe, poggiandosi maggiormente con la schiena sulla poltrona; - dipende da te, non ti ho dato restrizioni, ma sta attento a ciò che chiedi

Ecco, perché aveva aggiunto quell'ultima frase? Che voleva dire? Non poteva fermarsi prima; - i-io vorrei tanto...

- venire?

- fare l'amore con te...

Dissi tutto in modo attaccato e veloce guardando fisso a terra le sue scarpe. Non sentivo nulla, quindi la curiosità di vedere la sua reazione mi obbligò a salire con gli occhi, trovandola pensierosa; - c-certo se non ti va non fa niente, oltretutto sei sicuramente stanca, ho detto una delle mie stupidaggini scusa, vorrai riposarti... era una cosa tanto per dire

- ora?

Mi bloccai sorpreso vederla aprire le gambe continuando a farlo fino a divaricarle del tutto, esattamente come la mia bocca che scese quasi fino al pavimento. La donna che più avevo desiderato in vita mia mi stava offrendo di poterla scopare; - s-se a te va un pochino piaccio a me andrebbe... tantissimo

Cercai di restare calmo anche se stavo tremando e speravo solo che non mi uscisse la bava dalla bocca; - vieni davanti a me

Mi teletrasportai meglio di Goku al bagno, dopo averle chiesto il permesso e in meno di un secondo fui di nuovo li, pulito e pronto per lei, che mi ordinò di scendere jeans e boxer. Anche Marzia si alzò leggermente la gonna e sfilò il tanga di pizzo nero, poggiandolo sul divano e per un attimo dovetti inginocchiarmi e contemplare quella bellezza così perfetta, matura, che venne aperta con due dita davanti la mia faccia; - lo volevi fare dal primo giorno immagino...

- i-io ti am... MMIRO dalla prima volta che ti ho parlato alle medie credo

Grazie a Dio riuscii a deviare quella parola che MAI avevo detto e MAI le avrei potuto dire.
Era come fossi tornato uno stupido verginello. Mi avvicinai fissando solo la sua rosa finché mi fu possibile, poi, tirato per la felpa dalla sua mano andai ancora avanti, finché la punta del mio affare non baciò le sue labbra e lentamente entrò in lei.
Non sarei venuto così facilmente, se con Angela avevo resistito in quel modo patetico, con Marzia non potevo fallire e in quella posizione in piedi tra l'altro ero un po avvantaggiato.
Quando fui completamente dentro però, il calore fu tale che immediatamente dovetti uscire, guardandola imbarazzato; - che succede? Non mi ammiri più?

Era completamente rilassata e non sembrava sentire nulla della penetrazione, eppure non mi ritenevo uno che l'aveva piccolo; - è calda... vorrei resistere un po', tutto qui

Minimizzai il problema che invece era enorme, ma fui tirato dolcemente fra le sue braccia finendo con il viso sul seno e quindi di nuovo dentro; - oh ma tu devi resistere. Hai chiesto di fare l'amore con me e te l'ho concesso, nessuno ha mai parlato di venire, giusto?

Il fuoco che le ardeva nel ventre causò uno spasmo involontario e quando tentati di allontanarmi fui bloccato alle sue gambe che invece mi spinsero ancora più dentro; - MARZIA ODDIO ATTENTA!

Era andata. Mi avrebbe ucciso sulla croce di legno con la frusta? Andava bene. Mi arresi godendo sopra di lei rinunciando alla lotta e le diedi tre o quattro colpi con tutta la forza che avevo, stringendola forte alla vita.
Mi ritrovai improvvisamente una mano sulla faccia e con una spinta allucinante fui allontanato e spinto sul divano. Senza le sue gambe a tenermi, non ebbi modo di resistere all'inerzia della sua spinta ed uscii fuori senza potermi soddisfare.
Sul divano respiravo senza sosta come dopo una corsa infinita. Marzia si alzò e venendomi vicino mi salì sopra in senso contrario; - ti piace?

Non riuscii a parlare, perché il pene pulsando sbatteva contro il suo sesso strozzando in gola qualsiasi parola. Vedevo tutto appannato, forse stavo piangendo di quel piacere interrotto per l'ennesima volta, non lo so. Ma alzai le braccia e la strinsi forte; - n-non sono durato neanche un minuto...

- ti sbagli, ti ho cronometrato io vedi

Cronometrato? Feci solo in tempo a guardare il suo cellulare tenuto nella mano sinistra che segnava 2 minuti e 38 secondi., prima di sentire un calore terribile e divino in mezzo alle gambe; - MARZIA!

- calmati, sei bravo... ma puoi fare di meglio

Ero di nuovo dentro di lei. Immobile, con ogni fibra del mio corpo in trazione. Ansimando poggiai la testa sullo schienale del divano chiudendo gli occhi, ma lei mi seguì abbassando il viso verso la sua camicetta; - voglio che tu guardi, non chiudere mai gli occhi...

- n-non posso! Se ti muovi ancora uscirà!

Qualsiasi cosa, anche il battito del suo cuore sarebbe bastato a farmi schizzare litri di seme dentro di lei, ma ugualmente mi costrinse a guardare quei bottoni aprirsi fino a metà indumento rivelando il suo florido seno, allargando un po' il tessuto con le dita per farmi vedere meglio.
Non si stava muovendo. Era probabile che le mie contrazioni gonfiassero il pene al suo interno e che lei riuscisse a sentire le pareti dilatarsi; - hai ancora un minuto...

Un nodo alla gola mi stava uccidendo e avevo freddo, non so cosa mi stava succedendo, ma in un punto indefinito sotto le palle qualcosa faceva male e perso com'ero mi ci volle qualche secondo per capire cosa fosse; - 30..

Urlai a quella conta, ma sopratutto al suo muoversi una sola volta su, serrando le palle nella sua mano così forte da farmi quasi rimettere la colazione; - 15...

- BASTA TI PREGO!

Scese lentissimamente e ad una contrazione, continuò a stringere finché tutto il piacere scomparve in un pianto di dolore; - 0...

Si alzò da sopra di me lasciando al contempo le palle devastate e restai con la schiuma alla bocca a guardarla sistemarsi la gonna. Il cazzo era violaceo e colmo di vene da fare schifo. Lucido dei suoi umori esso vibrava come un vulcano pronto ad esplodere, con me che incapace di pensare ad altro fui messo davanti al suo cellulare; 5:00 minuti tondi.
Restò in piedi, poggiando sul tavolino di cristallo il telefono e dopo aver preso un fazzoletto volle pulirmi, ma fuori di me la fermai, stringendo il sesso nel pugno ungendomi del suo profumo solo per poi portarlo alla bocca e al naso per leccarlo e odorarlo come l'anima che ero; - che bello spettacolo... ti ricordi anche come si parla o devo metterti in gabbia e portarti allo zoo?

A braccia conserte, mi umiliò quell'ultima volta ridendo di me in modo tuttavia sincero, quasi divertito, usando poi quel fazzoletto su di lei, per asciugare la fronte, tossendo qualche volta; - h-ho bisogno di un momento scusami...

- prego, fai pure...

- quando potrò godere? Ho bisogno di saperlo per favore...

Ansimante ed esasperato cercai di darmi un minimo di contegno asciugando le lacrime che mi aveva estorto, rendendo il mio più grande desiderio quasi un incubo; - se avessi espresso in maniera corretta il tuo desiderio lo avresti ottenuto. Ho provato ad avvisarti. Non temere, avrai altre occasioni. Nel frattempo dovrai rispondermi di questo giorno mancato da scuola, della chiamata preoccupata che tuo padre mi ha fatto intorno alle 8:00, della tua amica e dell'avermi svestita senza consenso

- a-aspetta, l'ultima cosa era...

Mi tappò la bocca con il palmo della mano allungando il braccio e affondandomi la testa nel divano. Io proprio non capivo dove trovasse quella forza, era quasi pari alla mia quando ero in perfetta forma; - hai parlato abbastanza mi pare. Siccome sono stata così magnanima da passare sopra a tutte queste cose, anche io mi merito un desiderio, qualcosa che esuli dal nostro consueto status, e lo spenderò giovedì, ci siamo capiti?

Non potendo parlare feci solo si con la testa e poi fui libero, libro di osservarla camminare con calma verso il corridoio dell'entrata. Tirai su tutto e una volta in piedi fui preso da un giramento di testa fortissimo. Mi sentivo ubriaco di lei e barcollando presi il mio zaino, andando con occhi stanchi verso la libreria seguito dal suo sguardo; - posso?

- giovedì lo voglio finito e mi porterai un sunto scritto da te, con le tue considerazioni finali. Non farlo e aumenterai di parecchie volte la tua sentenza

Non esitai nemmeno un attimo; alzai lentamente la mano, lo afferrai e lo misi in cartella, per poi arrivare davanti a lei fissando a terra. Sembrava mi avesse tolto ogni volontà e non so se era uno spettacolo bello da vedere, ma quando mi alzò il mento, la osservai in silenzio squadrarmi e per la prima volta la sentii gemere. Fu una cosa così sottile e rapida che pensai di averlo sognato, restando immobile, baciando le dita della mano; - sei pentito?

Pentito? Ero distrutto, mentalmente instabile, ma pentito mai nella vita sarei potuto esserlo, però la mia condizione mi portò a non rispondere e continuare a respirare affannosamente tenendomi sotto; “come ti dissi all'inizio, i tuoi sentimenti cambieranno nel corso di questa esperienza, decrescendo di conseguenza dopo il picco più alto. Ti dico questo poiché potresti sentirti disorientato e...

Lei parlava, io la ascoltavo ma continuavo a ripensare a poco prima, quando ero dentro di lei e dentro di me non c'era altro che riconoscenza. La interruppi facendo un passo avanti senza dire niente e dopo averle rivolto un sorriso sincero, la abbracciai piano, quasi per paura che quel momento potesse sparire; “non so di cosa parli... io sono solo felice di averti qui davanti”.

Non potevo vedere la sua espressione e non mi interessava. La sciolsi dalla mia insubordinazione e camminai avanti nel corridoio aspettandola davanti la porta sorridente e taciturno; - chiama immediatamente tuo padre quando esci di qui... era molto in pensiero

Aveva degni occhi strani e quando aprii la porta non mi disse altro, lasciandomi avviare con calma verso l'ascensore, ma restò sull'uscio fino alla fine questa volta, prendendosi un mio saluto forse un po' eccessivo dopo il quale scomparvi verso il piano terra.

Continua...
 
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8DarkFrame8
view post Posted on 3/10/2015, 00:36     +1   -1




DA TEPPISTA A SCHIAVO IX




Sono ancora io questa? Perché a guardarmi ora stento a crederlo.
Arrivare ad imbarcarsi di notte a oltre sessanta chilometri da qui per aiutarmi... quel cretino mi ha davvero sorpreso stavolta, anche se si è trascinato dietro la ragazzina.
Guardo fuori dalla finestra seduta sulla scrivania; le pillole già prese, l'acqua della bottiglia quasi finita e la mia testa che sta per esplodere fra le braccia.
Nemmeno questa è una postura che di solito terrei, mi fa sembrare infantile, come i bambini quando sono costretti a sentire una lezione di cui in realtà non importa nulla. E a me la coscienza vorrebbe fare da maestrina questa mattina e non lo sopporto.
Eccolo li che se ne va. Come sempre si gira, aspetta qualche secondo sperando di vedermi e poi se ne torna a casa, buona parte delle volte con qualche livido addosso. Almeno la decenza di non farmi trovare a fissarlo l'ho mantenuta, perché in queste condizioni ci mancava solo che gli chiedessi di venire a casa con me...
Da guardare la finestra, passo a fissare nella stessa posizione il piano di cristallo della scrivania, sotto le braccia che sostengono il viso. Gli occhi non si chiudono come dovrebbero. Sono agitata, irrequieta; un tipo di sensazione che era tanto che non sentivo, esattamente da quando Andrea è venuto a trovarmi due anni fa.
Sbatto le palpebre qualche volta e inumidisco gli occhi, tossisco; so che questa dannata tosse me la porterò per settimane. Mio fratello non viene qui senza un motivo, qualcuno deve averlo avvertito di Alessio. Sapevo sarebbe successo, ma speravo sinceramente che avessi un po' più di tempo da dedicargli, perché so che può dare tanto quel ragazzo e lo ha dimostrato stasera. Ha bisogno solo di una guida.
Ho i brividi, chissà se causati dalla febbre o dai ricordi.
Il suo odio verso di me non è mai diminuito e perché avrebbe dovuto poi? Ciò che ho fatto non ha una razionalità con la quale possa spiegarsi e per quante belle parole si possano leggere negli asettici libri di studio, la realtà è sempre differente, molteplice, peggiore.
Esattamente come me.
Ho usato uomini a mio piacimento, li ho forgiati, li ho distrutti e ricostruiti alla ricerca continua di una perfezione che potesse esaltarmi... o forse, che potesse distaccarsi dall'immagine di me che possiedo.
Inutile analizzarmi, non è mai servito.
Perché diamine proprio oggi doveva presentarsi qui? Ho dedicato a lui l'intera domenica, ho fatto ogni cosa volesse e credevo di essere stata chiara sul fatto di non volerlo più a quel modo. Ma in fondo ha ragione, quando crei un mostro poi non puoi lavartene le mani.
Lui è parte di un passato che mi seguirà sempre, dal quale io stessa attingo la forza per andare avanti ogni giorno. E mi sta bene, sapevo come sarebbe stata la mia vita, ma adesso sono così stanca...
L'ultimo tassello del carnevale è questa lacrima caduta sul cristallo della scrivania. Non sento niente, non sono affranta, né dispiaciuta, eppure sto piangendo. Proprio come ha pianto Alessio seduto su quel divano.
Ho cercato di portarlo oltre il suo limite, ma ogni volta riesce ad estenderlo, ed ogni volta mi mette in difficoltà costringendomi a scegliere se finirlo o frenarmi.
Socchiudo gli occhi girando il viso di nuovo verso la libreria dopo l'ingresso. Gli avevo ordinato di non farsi sfiorare più da quella ragazza, avrà mantenuto l'impegno? Provo rabbia al pensiero di essere scattata in quel modo sapendo del suo inutile tentativo di compiacermi. Diventare feticista per scelta, davvero non l'avevo mai sentita. Solo un idiota poteva pensare una cosa del genere, eppure non erano le bugie ad aver mosso la mano...
Quando aveva fatto quel nome, portandomi a conoscenza di cosa facesse con la sua amica, lo stomaco mi si è stretto. Non ero mai stata oltraggiata in questo modo, mai.
Avere uno schiavo e saperlo fra le mani di una qualsiasi donna mi fa ribollire il sangue. Non avrei mai permesso una cosa simile in passato e se fosse accaduto, avrei messo in condizioni chiunque fosse di non farsi più rivedere. Ma il problema non è Alessio.
Sono io che non agisco nello stesso modo con lui, ed è perché ogni volta lo guardo negli occhi non ci vedo asservimento, non ci trovo il narcisistico bisogno di essere oggetto di violenza, essere umiliato su richiesta o per gioco. L'unica cosa che gli permette di sopportare quello che faccio è la sua infatuazione, proprio come fu per Andrea...
Ecco quel disgusto che conosco fin troppo bene. Nel suo nascondiglio l'anima rigetta se stessa e se qualcuno potesse vederla, se un qualsiasi specchio potesse rivelarla per ciò che è davvero, nessuno oserebbe anche solo avvicinarmi. Invece ho questa faccia, che rende tutto più semplice a questo mondo.
Presto restituirò ad Alessio la sua vita. Ho aggiunto ad essa la facoltà di discernere il bene dal male e ciò che conta è che non gli accada nulla; come prenderà la cosa non deve riguardarmi.
Posso farlo in molti modi... ma per quanto mi sforzi non riesco a trovare nulla che non possa fargli del male e già questo la dice lunga sul quanto non dovrebbe riguardarmi...
Non è la prima né l'ultima volta che vengo odiata e a conti fatti, un tale sentimento si presta assai meglio di adorazioni e suppliche. Tornerò me stessa e quando sarò di nuovo sola, avrò comunque mio fratello; e per quanto lo tenga lontano, per quanto possa rivoltarmi l'idea di condividere con lui una parte di me... mi prenderò cura di lui, come promisi quel giorno.
Afferro la borsa al lato del computer, mi alzo infilando dentro di essa i medicinali e ciò che resta della bottiglietta e chiavi alla mano esco dallo studio, tenendo quel frammento di anima rinchiuso nel buio.

-O-



- questi sono i compiti che avete svolto, distribuiscili tu per cortesia

Mentre leggevo qualche pagina del libro di Marzia, quasi non feci caso all'arrivo in terza ora della prof di filosofia. Una specie di milf sulla cinquantina, non molto alta, ma con un atteggiamento tranquillo e benevolo (fintissimo) e due tette eccezionali. Vestiva sempre in camicia e teneva aperto quel bottone in più per farsi vedere. Ne ero sicuro. Tra lei e quella di Storia dell'Arte i ragazzi facevano a gara per spiarla sotto la gonna come cretini o per starle vicino.
A me non fregava niente. Era una prof e questo bastava per metterla sulla lista dell'improponibile. C'era poco di che essere contento; sapevo benissimo come ero andato, ed attesi che la ragazza interessata di portarli ai proprietari finisse il giro. Un giro piuttosto breve in quanto fui il settimo. Allungai una mano vedendo girarsi Sara, la compagna del banco avanti; - tiro a indovinare, se vinco mi vai a prendere una cosa giù al bar a ricreazione ok?

- eh?

- hai preso 3

Le feci il dito medio per farla smettere di ridere e tenni il foglio piegato sul banco con un po' di agitazione; poteva dirsi benissimo il mio primo compito in classe serio e la paura di deludere Marzia era tanta.
Aprii la metà e sgranai gli occhi. Un 3 segnato in rosso suonò come uno schiaffo in faccia forte quanto quello che la mia “Padrona” m'aveva mollato due giorni prima; - ho azzeccato vero?!

- senti va a fare in...

La lasciai perdere anche se stavo per avere una crisi di nervi da spaccare la faccia a quella cretina seduta sulla cattedra. Strinsi il foglio così forte da strapparlo sui lati e anche la compagna avanti tornò a girarsi; - perché?! L'argomento dei Pitagorici l'avevo capito, Marzia aveva detto che forse sarei stato vicino alla sufficienza, ma questo fa schifo! A che serve studiare se poi i risultati sono questi?!

Nel silenzio che precedette il mio alzarmi dal posto, tutti mi seguirono andare verso la prof e anche lei smise di parlare con un compagno e spalancò gli occhi azzurri quando le sbattei sul tavolo il compito; - ma che cazzo significa?! Non era un compito da 3! Ho sbagliato a spiegare un sacco di cose, ma l'argomento lo conoscevo!

Le urlai in faccia con un impeto che la fece restare basita, allontanandosi un po' con la sedia dalla cattedra. Cadde un gelido silenzio. Dovevo avere la faccia di una belva perché sentivo vampate di sangue attraversare i muscoli e il cuore battere forte, troppo forte per una simile cazzata.
Tornai in me poco dopo. La mano tremante sul foglio e sbattendo le palpebre due o tre volte inspirai ed espirai forte, allontanandomi un poco; - n-non posso prendere un voto così... quella mi ammazza sul serio

Tutta la rabbia si trasformò in un pensiero detto ad alta voce, ignorando il compagno con cui la prof stava parlando quasi scappare al suo posto; - Alessio, mi hai spaventato. Non credevo badassi alla mia materia in questo modo...

- perché non risponde alla domanda? Non era un compito così scarso, lo so per certo

- ah, lo sai per certo? E dovrei passare sopra a questi tre anni in cui sistematicamente non hai combinato nulla? Ora ti arrabbi in questo modo per un voto mediocre quando fino a pochi mesi fa neppure ti saresti presentato a farlo?

Prese sempre più piede alzandosi anche lei, strappandomi il foglio dalle mani; - non ti cambio il voto solo perché hai deciso di fare il pazzo! Tua madre di ammazza? E farebbe bene a dartene di santa ragione!

Mi parti un brivido dalla testa ai piedi. Avevo quella professoressa dal primo anno ed era vero, non me ne fregò mai un ben niente, ma lei non sapeva niente di me, ed il fatto di credere che avessi fatto riferimento a mia madre invece che a Marzia mi fece ridere dal nervoso; - ridi?

- senta, io non ci sto a quel tre

- problemi tuoi, ora torna al posto

- mi interroghi. Ora e subito

Con uno slancio pazzesco mossi un passo indietro fermandomi ad altezza lavagna; - le dimostro che ho studiato quella roba...

- q-quella roba...

Forse sbagliai il termine, perché la vidi incrinarsi un poco e togliersi gli occhiali tornando seduta. Non centrava niente con il momento, ma aveva un profumo fantastico.
Prese il registro, si girò verso di me con aria di sfida (era cazzuta per essere piccola) e aprì il libro sul capitolo prescelto; - chi erano i pitagorici?

Ce l'avevo fatta. Non so come mi stava dando un occasione e a me bastava questo. Nel farlo non so se scelse la domanda più aperta e più banale che ci fosse, magari lo aveva fatto per rendermi ridicolo con qualcosa che tutti sapevano, o forse no; fatto rimase che presi a parlare e non mi fermai finché non fu lei a farlo.
Stavo sudando, avevo la gola secca e per tutto il tempo del mio discorso non esisteva più nessuno. Soltanto i tacchi di Marzia che scandivano i ricordi indelebili di quella lezione nella mente, rispondendo quasi in modo parallelo alle domande del compito in classe.
Non mi inceppai mai, non farfugliai mai. Ero sicuro come non lo ero mai stato e credo riuscii a trasmettere questa sicurezza alla prof perché il suo chiudere il libro coincise con un sospiro ed un'aria meravigliata.
Erano passati quindici minuti; - come sono andato?

Mi fissò, non rispose. Sembrava analizzarmi giocherellando con gli occhiali con fare meditativo, poi prese il foglio del compito stropicciato e me lo strappò davanti; - vai a posto. Domani mattina avete l'ultima ora con me e farai il compito che hai saltato

Sbarrai gli occhi. Potevo rifarlo?!
Nessuno dei compagni avrebbe mai detto una sola parola contraria sapendo com'ero e la cosa andava benissimo così. Rotolai fuori un grazie quasi balbettato e tornai a posto incredulo e svuotato spiritualmente; - sei stato bravo...

Guardavo fisso il banco e sentivo tutto rallentato, anche Sara che girata mi sorrideva; - pensavo che ti saresti fatto buttare fuori o sospendere per averla ammazzata, ci hai fatto prendere un colpo... e invece

- ma sei matta, non l'avrei mai fatto

- dici? Conoscendoti...

Quella nomina iniziava a darmi sui nervi, avevo fatto il pazzo altre volte, ma mai fino al punto da mandare un prof all'ospedale; - Alessio? Stiamo zitti o torniamo alle vecchie abitudini?

Fui ripreso all'istante e mi imbarazzai sentendomi un moccioso, quindi presi il suo libro e sentita la pagina che aveva iniziato a spiegare seguii la lezione perso nei pensieri.

-O-


Non so perché andai comunque a prendere una piadina alla tizia del banco avanti al mio, ma lo feci. Diedi un occhiata fuori se quel cretino di Mirco non fosse di nuovo nei casini e per fortuna non notai niente di strano, magari lo avevano già ammazzato, ma non me ne fregò più di tanto e tornai in classe aspettando la fine delle lezioni.
Ero alla fermata dell'autobus.
Distante dalla confusione, intento a leggere il piccolo libro ormai quasi alla fine, un ombra mi coprì la luce, fra i vari schiamazzi che i ragazzi sulla panca stavano urlando; - mi stai evitando per caso?

Un tono secco, una voce femminile, ed alzando la faccia dalle pagine trovai Katia con le mani ai fianchi e la faccia che notai benissimo essere parecchio seccata. Indossava una tuta nera con una scritta dorata sul sedere, ed una maglia rosa con scarpe da ginnastica ai piedi. Capelli sciolti e lo zaino sulla spalla sinistra; - n-no...

- no?! Sei scappato l'altro giorno appena ti ho salutato, prima mi vieni dietro e poi ci ripensi, fammi un po' capire?

Accidenti era proprio incazzata e lo dedussi dal fatto che si accese al volo una sigaretta sedendosi sul muretto vicino a me senza offrirmela. Cazzo, che potevo inventarmi? Forse era meglio dirle che la cosa era finita, che adesso non avevo tempo per lei; - senti Katia...

- si lo so, mi vedo ancora con Giacomo e ti da fastidio. Gli ho detto di lasciarmi stare, ma lo sai com'è quando si mette in testa qualcosa... è proprio uno stupido

- ...però ti piace ancora

Si vedeva. Non avevo alcun dubbio su questo. La loro storia era stata un casino dopo l'altro, ma tra litigate e scopate erano andati avanti quasi un anno, un record per quel ragazzo, considerato che per lui esisteva solo calcio e alcool; - si ma mi sta sulle palle! Gli ho detto da sempre che almeno qualche sabato potevamo stare da soli in giro, invece sta sempre attaccato a quei tuoi amici del cazzo! Il gruppo mi sta rompendo sul serio Ale, te lo dico

- perché?

- ...

Gettò la sigaretta per terra e mi guardò un po' sorpresa, mentre io stavo li buono buono a farla sfogare; - allora?

- lascia stare...

- che c'è ti devo pregare?

- ma di cosa? Senti mi hanno stancato punto e basta, ci sto uscendo sempre di meno, sto con la comitiva di mio fratello più grande, è molto meglio... Ale mi dici una cosa?

Le feci solo un gesto con la faccia un po' titubante; - io non ti piaccio vero?

Sbagliava. Katia rispettava perfettamente i canoni che avevo sempre cercato. Poche pretese, un bel culo e che non mi togliesse nulla delle mie abitudine. Al mio silenzio però lei sorrise; - un po' lo avevo capito, sai quando? L'altra settimana sull'autobus del rientro, quando non ti sei fatto toccare. Mi sembrava strano, di solito nessuno fa tante storie, poi avevi da fare con tuo padre suonava strano. Ma allora perché mi hai chiesto di uscire? Tra l'altro litigando pure con Giacomo

E chi se lo scordava? Venne sotto casa lui e altri due tipi e con il casco in mano cianciava di picchiarmi. Bastò una chiamata e sotto c'erano il triplo dei suoi, ma non ci menammo.
Perché mi ero avvicinato a Katia? Credo l'avessi fatto più che altro per scoparmela, semplicemente questo. Mi era sempre piaciuta un bel po', faceva discorsi semplici e scherzava parecchio con me e qualche toccatina era scappata. Mi sentii d'un tratto un vero cretino.
Katia se ne stava a guardare la sigaretta spenta sotto la scarpa e ancora aspettava una risposta; - vuoi la verità?

Si girò facendo si con la testa, era un po' tesa; - mi piaci parecchio. Scherziamo spesso e sto bene con te, ma quando ti sono venuto dietro volevo solo scopare. Non avevo una ragazza da un po' e tu eri li che ridevi alle mie cazzate

Restò zitta tornando a guardare avanti. Mi stavo sentendo una merda porca miseria. Qualche tempo prima non me ne sarebbe fregato un cavolo, invece adesso mi grattai la testa sporgendomi un po' in avanti guardando nel suo stesso punto; - ti chiedo scusa. Una persona mi sta facendo capire un sacco di cose che non vanno di me e ogni giorno sembra che faccio i conti con quello che ho fatto fino ad ora. Sono stato un coglione, tanto per cambiare... ma ora non posso stare né con te, né con nessuno altra

Mi guardò con la coda dell'occhio; - fai discorsi strani...

- lo so. Non volevo scappare sull'autobus, né a scuola l'altro giorno. Ma come ho detto mi piaci, quindi era meglio starti lontana perché di questi tempi ho poco autocontrollo

- addirittura?

Rise divertita, ero contento che si stesse rilassando; - fidati è così

Quando mi si avvicinò poggiando il seno sul mio braccio persi tutta la calma tenuta in quel momento e le guardai involontariamente la scollatura della maglia; poi, mi arrivò un bacio sulla guancia e tornò al suo posto sorridendo; - e io che faccio?

Non compresi esattamente cosa mi stesse chiedendo, ma vedevo il suo autobus arrivare; - se vuoi un consiglio da me stai messa male, io creo solo problemi... però, molla quel coglione. Stai nel gruppo che ti pare, ma cerca qualcuno che fa le cose che vuoi tu

Si alzò prendendo lo zaino e mi guardò strano; - e come faccio a fargliele fare se lo trovo?

Sbottai a ridere vedendola camminare all'indietro per continuare a guardarmi; - prendilo a frustate e a calci, a noi ragazzi ci piace un sacco

Sgranò gli occhi facendo richiudere le porte, con un sorriso stupido sulle labbra, ed io me ne tornai a leggere in santa pace. Ero andato bene? Chissà, l'importante è che ero stato sincero.
Improvvisamente un'altra ombra scura si sedette al mio fianco senza che io me ne accorgessi. Forse ero preso dalla lettura, ma quando notai la cosa, il libro mi scivolò dalle mani cadendo a terra; - t-tu?!

- oh! Ma guarda chi c'è! Tu sei il famoso, cito testualmente, RAGAZZO PROBLEMATICO, che sta in cura da Marzia

Non potevo crederci. Capelli blu elettrico, una faccia pallida, vestiti neri e delle labbra dipinte di scuro come gli occhi a sorridermi serenamente. Il fratello di Marzia si palesò davanti a me come un qualche vampiro immune alla luce solare, ed io restai immobile a fissarlo; - p-perché sei qui?

- io? Sto aspettando l'autobus, devo andare in centro per delle commissioni, roba noiosa che a te sicuramente non interessa... o si?

Scusate l'inciso, ma in tutti gli anni in cui ero stato in strada, sapevo riconoscere una persona pericolosa dal tipo di sguardo e vi giuro che uno come quello non l'avevo mai visto. Poteva fare il simpatico, ma non ci avrei mai spartito mezzo secondo; - ti è cascata la lingua?

- perché mi parli? Ti conosco per caso? Ci siamo visti mezzo secondo allo studio

Troncai di netto qualsiasi possibilità di instaurare conversazione e raccolsi il libro da terra pulendolo; - ah, il -Il ritratto di Dorian Gray- un classico. L'ho letto parecchio tempo fa, ho visto il film, ma non è all'altezza...

Ma era scemo? Se ne stava con le gambe stirate in avanti e rilassato al massimo con la schiena, teneva le mani dietro la testa in tutta tranquillità e soprattutto continuava a parlarmi; - forse non mi sono spiegato...

- no, al contrario, ti sei spiegato benissimo

Guardò un gruppo di ragazzi azzuffarsi per gioco poco più avanti; - tra bestie ci riconosciamo dico bene? Quando un cane cerca di portare via l'osso ad un altro cane è normale che ne nasca una lotta... ma quale cane è più forte?

Mi alzai prendendo lo zaino stanco di quelle stronzate; - sei tu l'esperto di cani, io me ne vado...

Alzò una gamba in modo da fermarmi; - il cane che ha più fame...

Steso li com'era, mi sarebbe bastato un pugno fatto bene per lasciarcelo e rifargli la faccia, però respirai e mi calmai, riprendendo a camminare in direzione dell'autobus che stava arrivando.
Attesi l'apertura delle porte e quando trovai posto, non feci in tempo a prendere il cellulare che davanti a me si sedette di nuovo quello stronzo; - senti ma che cazzo vuoi?

- eh? Guarda che io sto andando a fare delle commissioni importanti

Si come no. Provai a ignorare sbuffando, ma la sua risata iniziò come un sussurro e poi divenne sempre più forte, lasciandomi perplesso; - che hai da ridere?

- ...scusa è che sei molto meglio di quello che pensavo. Senti un po', come si trova con te mia sorella?

- in che senso?

- ti sta aiutando?

- è brava in quello che fa

- ah! Non c'è dubbio, è una delle migliori... per me la migliore al mondo

C'era un velo di doppi sensi ogni volta che apriva bocca e mi dava sui nervi, ma non potevo cambiare posto a meno che non volessi farmi il viaggio in piedi e comunque l'autobus era così pieno che avrei fatto poca strada da lui; - e ti piace?

Tornai a guardarlo sorpreso; - lei è così perfetta che piace sempre a tutti: sul lavoro è diligente e precisa, a casa è un ottima cuoca, hai mai assaggiato i suoi dolci?

- n-no...

Cazzo. Perché gli stavo rispondendo? Mai quella tratta era durata così tanto. Ma non potei fare a meno di immaginare Marzia ai fornelli e la cosa sembrò strana; - ah no? Che peccato, solitamente li porta in studio con i suoi pazienti, ma non preoccuparti, mi sembra che il forno avesse problemi ultimamente

- ... (lo odiavo)

- non hai risposto se ti piace...

Il tono che usò cambiò leggermente, ma non mancai di notarlo; - se fosse?

Lasciai lo zaino e lo puntai negli occhi. Non sapevo cosa volesse, ma tutto il corpo mi diceva di stare attento; - beh sarebbe strano il contrario! E cosa ti piace di lei?

- non suo fratello... non hai qualche sacrificio umano da fare?

Rise, spostandosi i capelli dall'occhio sinistro; - non ancora. Sai, Marzia era una ragazza molto particolare, un po' come me del resto... quando ci adottarono i nostri genitori non se la sentirono di separarci, era una gran bella famiglia, di quelle che ci potresti fare una pubblicità in TV

Marzia era stata adottata?! WOW... forse le chiacchiere di quel coglione non erano del tutto inutili allora, ma proprio quando mostrai un accenno di interesse, allungò una mano e premette la prossima fermata, alzandosi in piedi; - l'ho vista un po' agitata quando sono andato a trovarla, l'hai notato anche tu? Succede sempre quando mi faccio vivo, immagino sentirà il peso della responsabilità sulle spalle. Io mi chiamo Andrea comunque, il tuo nome già lo conosco non preoccuparti. Mi tratterrò ancora un po' in giro, la tua scuola è carina, magari ci incontriamo un'altra volta e chissà...

Prima di muovere un passo avanti, si girò un'ultima volta con un'espressione fredda e per un attimo riconobbi una leggerissima somiglianza con gli occhi di Marzia; - potrei raccontarti qualcosa in più sul passato della nostra...

Abbassò il tono scomparendo fra la piccola folla, lasciandomi con il cuore palpitante per aver capito certamente male l'ultima parola. La mente credo avesse fatto da sola il gioco di sostituire il soggetto, doveva sicuramente essere andata così, ma la cosa mi turbò ugualmente.
A casa mangiai velocemente, provai a scrivere le mie impressioni sul libro, ma le parole di Andrea continuavano a tornarmi in testa disturbandomi con quel sorriso da finocchio.
Lo detestavo a pelle. Aveva un atteggiamento così sicuro di sé che lo avrei preso a pugni fino farlo scomparire. Inevitabilmente pensai all'infanzia di Marzia, alle prese con un soggetto simile. Eppure aveva anche detto che la sua famiglia era tranquilla e sicuramente, visto i modi eleganti che aveva sua sorella, doveva essere vero, quindi lui da dove era uscito?
Non so come riuscii a finire in contemporanea l'ultimo e diedi una letta veloce anche agli appunti di filosofia. Conoscevo le domande, non potevo sbagliare, mi bastava organizzare un discorso nella testa e copiarlo sul foglio; si, avrebbe funzionato e sarei tornato da Marzia con una bella notizia...
Steso sul letto, tornai a pensare a lei in ben altri contesti. Poggiai il suo libro di fianco al cuscino e quanto mi ero sforzato di non far riemergere dalla mente arrivò puntuale, bussando dalle palle. Ero entrato dentro di lei, ed era stata la cosa più bella della mia vita.
Non so come poteva essere possibile, ma non riuscivo a paragonarla a niente, né ad Angela, né alle decine di ragazze con cui ero stato; il modo in cui mi aveva aperto le gambe davanti, il semplice sfilarsi l'intimo e poggiarlo sul divano e poi le dita ad aprirle quella rosa perfettamente liscia e depilata, furono tutte cause di una serie di cambi di posizione abbastanza ridicoli.
Che tentazione di toccarmi. Il membro era come la pietra e pulsava alzando i boxer come un sollevatore di pesi.
Il momento più bello era stato il poggiarsi arreso sul suo seno, inalando quel profumo inebriante e sbatterla per qualche secondo. Non badai molto al fatto che rimase praticamente senza alcuna emozione, neppure un gemito, nulla. E di nuovo pensai di non essere all'altezza.
Mi confortò le varie immagini della mia vita sessuale in passato e di certo sapevo far divertire, allora forse si era sforzata di restare apatica, cronometrando addirittura quel momento per umiliarmi... non ci capivo più niente, volevo solo rifarlo al più presto, ma chissà quando sarebbe capitato di nuovo.
Lentamente scivolai in un sonno agitato e mi persi in sogni diabolici, svegliandomi improvvisamente con una sensazione di bagnato. Ero a pancia in giù sul letto e terrorizzato mi alzai nella penombra della stanza trovando una pozza di liquido seminale sotto di me.
NO! Non poteva essere successo! E in quel momento aprì gli occhi sentendo nelle orecchie il suono della sveglia che segnava le 15:30.
Porca miseria che incubo! Mi alzai agitato facendo un lungo respiro e quando sollevai l'elastico dei boxer trovai in effetti il pene grondante di quel liquido trasparente, ma grazie al cielo nulla di più. Quel riposino mi stava per costare tutte le mie fatiche e già mi vedevo con una corda al collo fra le mani di Marzia e Dio solo sa quante frustate avrei preso.
I sintomi della mia paranoia finirono iniziando a ridere senza motivo apparente, prima piano e poi via via sempre di più gettandomi sul letto con un misto di felicità e ansia. Il fatto di rivederla fra poco mi agitava e dava una carica incredibile, forse più delle volte precedenti.
Pensai se centrava quello che avevamo fatto l'ultima volta, ma anche fosse, corsi in bagno, mi sistemai in cinque minuti (cambiando sopratutto i boxer) e preso il libro, mi precipitai fuori di casa.

Non avevo soldi quella volta, a parte quelli per la mia psicologa e dovetti desistere dal comprare pasticcini, anche se la tizia della pasticceria mi saluto da dentro vedendomi passare. Ricambiai il saluto e sereno volli accelerare il passo.
Ricordavo perfettamente cosa Marzia m'avesse detto sull'esprimere un suo desiderio. Quanto potevo essere curioso? Era qualcosa che esulava dal nostro rapporto, poteva essere qualsiasi cosa! Il cuore mi batteva così forte da farmi rallentare il salire le scale del suo piano; - piano... piano. Ok, devo calmarmi e rischio un infarto così. Magari vorrà scopare un'altra volta, magari con più calma e godere insieme! No! Sta giù tu... STAI GIU'

- vedo che sei felice di vedermi...

Che figura di merda.
Avevo suonato il campanello e fantasticando mi ero eccitato troppo e si vedeva in maniera spudorata. Mi colse mentre tentavo di abbassarlo a forza e scattai sull'attenti imbarazzatissimo. Aveva un sorriso gentile quel giorno. Il colorito era migliore, ed indossava dei pantaloni larghi marrone scuro con piccole righine dorate, riprese da una giacca aderente dello stesso colore, chiusa nel bottone sotto il seno. Una camicia nera aperta quel tanto che bastava, metteva in risalto, grazie a quel bottone, il suo seno bellissimo, notando infine sul collo un pendaglio dai colori marrone e oro; - no è che... vabbé ormai lo sai, sto così tutte le ore

Alzai semplicemente le spalle non potendolo negare e mi lasciò entrare. Fece strada mostrandomi ai piedi e per la prima volta dei sandali aperti. I piedi erano smaltati di nero e vi giuro che se pure non mi interessavano in quel senso, la voglia di darci qualche carezza mi venne, tanto ormai potevo eccitarmi anche solo col vento fra i capelli.
Giunto davanti alla libreria, poggiai il libro al suo posto mancante e la seguii sedersi sul divano stavolta, il che ruppe una routine consolidata di lei sulla poltrona e io li vicino a sentirmi riprendere. Restai in piedi, poggiando lo zaino a terra e il mio sorriso non voleva scomparire; - come stai?

- il giorno di riposo che mi sono presa ieri ha fatto il suo lavoro. Ho solo alterazione e ancora un po' ti tosse... sei felice per qualche motivo in particolare?

TU! Magari a poterlo dire; - no, nulla di particolare, volevo vederti, questo si...

Batté leggermente la mano al posto vicino a lei e subito la raggiunsi precedendola dal chiedere le solite domande; - a scuola è andata in maniera un po' strana oggi, vuoi sentire?

- devo preoccuparmi?

Credo il mio sorriso la tranquillizzasse, perché non ci fu sentore di dubbio o minaccia nella voce; - credo di no, ma sta a te giudicare

Come ero diventato servile Dio santo. Ammettetelo facevo simpatia.
Presi a raccontare dell'interrogazione e spiegai il brutto voto che avevo preso e la mia prodezza nel conquistare la prof di filosofia. Marzia ascoltò con interesse crescente, anche se alla notizia del 3 che avevo preso si incrinò leggermente, ma non con me, piuttosto in generale. Fece diverse domande, risposi a tutte, anche a quella che mi vedeva il ragazzo saggio e maturo che aveva compreso i propri errori con Katia.
Le raccontai di lei, di come avevo tentato di evitarla, della sua situazione e vi giurò fu bellissimo. Io parlavo, lei ascoltava, lei parlava ed io ascoltavo e non c'era nessun pensiero strano, nessuna punizione dietro l'angolo.
Prese qualcosa da bere, stavolta accettai serenamente e passammo quasi mezz'ora a parlare in quel modo, tornando con la mente alla sera che si era sentita male e ripercorrendo dettagli in sospeso; - non vedo l'ora di prendere la patente! Un po' mi scoraggiava il dover studiare quelle montagne di segnali e codici, però adesso penso di potercela fare se mi dai un aiuto tu...

- ho qualcosa per te...

Ignorò l'ultima mia frase eclissandola completamente e mentre bevevo l'ultimo sorso di quel Bacardi preso dal mobile frigo dietro la scrivania, la osservai alzarsi e tornare con una busta bianca; - aprila...

- che cos'è?

Restò in piedi. Io ero seduto davanti a lei e poggiai il bicchiere sul piano di cristallo del tavolino abbastanza sorpreso. Non rispose, limitandosi a fare un gesto come per confermarmi di scoprirlo da solo. Non era sigillata. Aprii la parte superiore e ne estrassi il contenuto. Erano tre fogli piegati in maniera precisa;

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Il foglio continuava in un lungo elenco di cose dai nomi in inglese, ma la mia faccia attonita dall'incomprensione la fece ridere; - al giorno d'oggi, non possedere dimestichezza con il PC equivale ad essere tagliati fuori dal mercato del lavoro. Questo corso che ti ho pagato dovrebbe sopperire a gran parte delle tue mancanze e darti modo di rimediare...

- questo corso che mi... hai pagato?!

Mi scapparono i fogli dalle mani e corsi a riprenderli, allungando una mano verso quello caduto sul pavimento vicino a lei; lo presi per la punta, ma il suo sandalo schiaccio le dita abbastanza da farmelo sentire; - hai un computer a casa, dico bene? Tuo padre me lo ha confermato...
- s-si...
Provai a ritrarre le dita facendo lo scemo come se il suo peso fosse inamovibile, c'era davvero un bel clima quel giorno e sorridendo mi lasciò riprendere il foglio; - ma Marzia, non dovevi... io non so che dire!

Ero davvero contento di quella idea, ma non mi sarei mai aspettato uno slancio così, anche perché quei corsi un costo ce lo avevano e non erano di certo economici; - ringraziami studiando. Il terzo foglio è l'autorizzazione richiesta a tuo padre in quanto tu sei ancora minorenne
- ma mio padre lo sa hai detto? E non ha detto niente?
Si spostò la frangetta che portava quel giorno dagli occhi e alzò le spalle; - è stato più duro del previsto convincerlo. Non voleva sentirsi in obbligo... ma so essere persuasiva come sai bene

Altro che se lo sapevo. La squadrai da capo a piedi e viceversa e poi tornai a guardare quei fogli con una felicità negli occhi palpabile. Si era interessata a me così tanto da fare questo. Non c'erano parole adeguate, le cercai, ma giuro non mi venne nulla; - era questo il tuo desiderio? E' bellissimo, dico sul serio, io...
- no
Si portò a braccia conserte e cambiò faccia, distogliendo lo sguardo con un'espressione in bilico fra il serio e (non ci potevo credere) imbarazzo; - tutto bene?
Ma che le prendeva? Mi girai anche io per vedere cosa stesse guardando oltre il divano, precisamente sulla sua scrivania, e notai qualcosa avvolto nella carta stagnola; - sta zitto un attimo...
Mi tappai la bocca e la osservai in silenzio avvicinarsi a quella cosa. La prese fra le mani e tornò indietro poggiandola sul tavolino davanti a me, che come un tonto ancora non riuscivo a capire; - allora?
- scusa, ma mi hai detto tu di non...
- parla, avanti...
Non ci potevo credere. Non avevo nessuna prova a dimostrarlo che fosse agitata, ma era così! Magari un pelino, magari pochissimo, ma quel suo tamburellare con il piede a terra altro non poteva essere che nervosismo; - cos'è?
- un mio desiderio...
- davvero? E' questo qui... posso?
Non aggiunse altro, ed io meravigliato poggiai la lettera con i fogli nello zaino e sollevai la stagnola scoprendo una delle più belle crostate alla frutta che avessi mai visto; - WOW! E' per me?! Meno male che non ho preso i pasticcini oggi!
Era grande come il sottopiatto da cucina che la teneva, alta due dita, bella dorata intorno e con quattro tipi di frutti disposti dal centro all'esterno a vari strati. Il tutto era coperto da una specie di gelatina trasparente e improvvisamente le parole di suo fratello mi folgorarono la testa.
Allora era proprio vero che Marzia se la cavava ai fornelli! Ma perché Andrea mi aveva fatto quella domanda sui dolci? In effetti ricordavo il suo sguardo gelido bramare una risposta, ma quando gliela avevo data si era calmato; - qualcosa non va? Non ti...
- MI PIACE
Le bloccai quelle parole che non volevo nemmeno sentire nelle orecchie. Non volevo fraintendesse, quindi scacciai dalla mente quel coglione e me ne restai a sorridere; - non vuoi sederti?
- ...
Esitò un attimo, ma alla fine tornò al mio fianco e davanti a quello splendore (la torta intendevo), presi il coltello che c'era sul sottopiatto e le feci segno sorridendo se potevo osare. Accavallò le gambe e piegandosi un po' con la schiena, alzò il braccio sinistro, lo piegò sul ginocchio e posò delicatamente il viso sulla mano, in segno di attesa.
Mi tremava un la mano ad essere onesti e temevo di fare un macello, perché non avevo mai tagliato una torta in vita mia, fatto sta che andò bene. La separai a metà e con delicatezza maniacale tagliai una fetta perfetta, scoprendo che all'interno ci fosse della crema. Presi un fazzoletto dal distributore sul tavolino e feci per porgerla a lei, che però rifiutò; - assaggiala tu, io la conosco...
Non replicai. Aprii la bocca e diedi il primo morso.
Probabilmente i miei occhi si illuminarono perché Marzia sorrise, assaporando quella delizia dai mille sapori; - accidenti è buonissima! La crema, la frutta, e la crostata sotto è croccante, accidenti ma lo hai fatto tu davvero?!
Forse non fu una cosa carina da dire, ma si scrollò di dosso quella domanda stupida vedendomi divorare la fetta in fretta e furia; - Dio santo, non lo dico perché sei la Padrona, ma penso sia la crostata più buona che ho mai mangiato! E' tanto che lo fai?
- molti anni... ma capita sempre più di rado ormai
- è un peccato, non può essere sprecato un talento così! Posso?
Ignorando come l'idiota che ero quella frase che forse voleva dire molto di lei, chiesi semplicemente se potevo averne ancora e lei socchiudendo gli occhi si rilassò sullo schienale e diede il consenso con un sorriso.
La mangiai più lentamente, godendomi maggiormente i sapori. Lei mi osservava con un fare divertito; - posso farti una domanda?
Mandai giù un altro boccone parlando ancora con la bocca piena da maleducato qual ero; - dimmi
- tuo fratello ha tutte le rotelle a posto?
Cambiò immediatamente espressione e subito anch'io smisi di mangiare; - perché me lo chiedi?
Non era una reazione normale, ma non volevo rovinare l'atmosfera; - nulla... mi era sembrato un tipo con tanti problemi tutto qui
- Andrea è esattamente quello di cui parli. Ma i suoi problemi non possono essere risolti da quelli come me
- c'è qualcosa che non puoi curare? Impossibile, forse un giro li dentro...
Indicai ridendo la stanza dei giochi, ma lei restò seria senza guardarmi; - M-Marzia scusa, stavo solo scherzando...
- passami una fetta anche me per cortesia...
Sorpreso, leccai le briciole da dentro il fazzoletto e lo chiusi nel pugno per poi infilarlo in tasca. Allungai il coltello e gliela porsi dentro uno nuovo; - mi stavi dicendo di quando è arrivato il furgone ad aprire il cancello dell'istituto
- ah si! Mi sono rivestito di corsa e...
Spero nessuno di voi abbia presente un coltello che si conficca nel petto, nemmeno io ce l'avevo, ma l'omino del cervello mi pugnalò al cuore per essere così stupido. Mi bloccai e lo stomaco si strinse improvvisamente. Sul suo bellissimo viso notai solamente l'avvicinarsi di un ombra e quella quiete subì un drastico colpo; - ...rivestito?
Il silenzio divenne pesante come il mondo intero. Con le mie stesse mani ero riuscito a rovinarmi, colpa la troppa tranquillità del momento certamente! Volevo parlare, ma non mi venne nulla da dire, forse dalla mia faccia lei lesse ogni cosa, dando un altro morso educato alla fetta; - parlami del tempo trascorso con la tua amica, vuoi?
- ...
- no?

Altro morso, ormai era a metà, ed io sentivo l'intera serenità provata fino a quel momento venire risucchiata dal suo sguardo curioso e distaccato; - s-siamo arrivati sul tardi, abbiamo parlato
- ti ascolto...
Non scostai lo sguardo. Divenni serio. Mi girai maggiormente verso di lei quasi a mostrarle la mia sporca faccia colpevole; - le ho raccontato qualcosa della nostra ultima sessione. Lei credeva che la stessi usando per fare un lavoro che tu avevi dato a me, non potevo permetterlo e siamo andati avanti a lungo. Avevamo dormito poco la scorsa notte come sai e dopo aver specificato più volte di restare sui nostri sedili distinti ci siamo addormentati
Aveva smesso di mangiare. Si aspettava qualcosa, riuscivo a leggerlo in quegli occhi celesti, ornati dal leggero trucco scuro; - stava andando tutto per il meglio, poi mi sono svegliato e lei era li vicino a me. Marzia non so cosa mi abbia detto la testa... l'ho svegliata per fare lo stupido, lei si è avvicinata. Ho provato a fermarmi dico sul serio
Vidi la sua mano scossa da un brivido, ma la sua espressione non cambiò mai; - non temevi di non poter resistere?
Il tono della voce era più freddo e si notava. Non volevo dirlo. Volevo fermare il mio discorso perché mi stavo vergognando come un cane e il cuore stava per spaccare la cassa toracica e cadere per terra; - continua...
- h-ho avuto paura di non farcela si. Angela per stare tranquilla mi ha...
Non le servì parlare per obbligarmi ad andare avanti; - ha voluto che la prendessi da dietro. Diceva che li avrei avuto meno difficoltà e...
La prima ed unica volta in cui Marzia sgranò gli occhi rilassando il viso in un chiaro segno di stupore. Strinse la mano sulla fetta di crostata che spaventandomi veramente rotolò in briciole sulla pelle del divano, mentre la crema e la frutta fu stritolata nel suo pugno.
Mi fissava. Mi fissava e lentamente quegli occhi spalancati si chiusero sempre più fino a farsi una fessura. In silenzio, mi venne istinto allontanarmi un poco. Come vi ho già detto ero bravo a capire uno sguardo pericoloso, ed il fatto che ora lo vedevo in lei e rivolto verso di me mi lasciò perplesso. Erano occhi insani, se possibile peggiori di quelli del fratello e non li avevo mai visti così. Nemmeno durante le lezioni più dure che mi avesse inflitto; li dentro c'era solo rabbia.
Marzia si pulì la mano con il fazzoletto e leccò l'indice e il medio alzandosi; allungando verso di me una mano per farsela prendere. Tutto mi diceva di non farlo, ma obbedì a quei segnali silenziosi prendendo a camminare dietro di lei scortato come un bambino dalla maestra fino alla porta della sua stanza. Quando prese a girare la chiave la fermai; - Marzia, possiamo parlare prima...
- l'ora è terminata
La aprì ed attese i miei passi impauriti entrare prima di lei, che richiuse la porta senza usare la chiave. La fissavo. Mi sentivo solo. Non saprei spiegarvelo neppure volendo. So solo che c'era qualcosa di diverso quella volta e quando feci per togliermi la maglietta come sempre aveva voluto, mi fermò; - resta così e seguimi...
- n-non vuoi che mi tolga nulla?
Non rispose. Mi passò solo davanti lasciando la scia del suo profumo buonissimo e dirigendosi verso un angolo a cui avevo fatto poco caso durante i nostri incontri. Un telo di velluto nero copriva qualcosa vicino le rastrelliere con le fruste e frustini. Tese la mano, ne afferrò un lembo e lo tirò con forza mostrandomi uno strano aggeggio di legno.
Se dovessi descriverlo, farei il paragone con uno di quei tori finti che si muovevano per disarcionare il tipo seduto sopra. La base era una piattaforma in legno che saliva e formava una specie di rialzo dove qualcuno poteva eventualmente sedersi. C'erano anche delle cinghie abbastanza inquietanti davanti e dietro e per il resto non avevo idea a cosa potesse servire; - vieni davanti e stenditi
Attese i miei movimenti e una volta li, con quella nuova prospettiva, fui afferrato per i capelli e portato a chinarmi in avanti fino a poggiare la pancia sul piano del legno. Il viso e il collo uscivano fuori dall'asse levigata, così come le braccia e le gambe che restavano in piedi. Era strano.
Marzia stava dietro di me, scese in ginocchio, mi divaricò un poco le gambe e serrò le caviglie alla base del legno con le cinghie; - c-che fai?
- ti do la mia ultima lezione...
Sgranai gli occhi. Che voleva dire? Oh no! Alzai d'istinto la testa, ma fui abbassato con una tale forza che quasi mi staccò il collo, finendo di legarmi i polsi allo stesso modo; - Marzia lo so ho sbagliato! Era una serata pazzesca, ero stanco! Sono stato debole, prometto che...
La guardai spostarsi davanti a me. Dovevo faticare per restare con la testa dritta e poterla guardare, poi le riconobbi fra le mani quel bavaglio con la pallina rossa che avevo subito sulla croce; - queste pareti sono fatte per attutire il suono, ma preferisco non correre rischi...
- a-aspetta, no...
Dopo un singolo schiaffo aprii la bocca e tenni fra i denti quella cosa, che fu serrata dietro la nuca; - volevi conoscermi di più giusto? Questo è un buon modo per iniziare a farlo. Ho sopportato cose da te che non credevo possibili, sono arrivata persino a tentare di finire questo rapporto nel modo più indolore possibile lasciandoti prendere ciò che volevi di più, ed ora mi dici in faccia che hai avuto il coraggio di scoparmi dopo essere stato con quella puttana?!
Fui afferrato per i capelli e mi scappò un gemito, fissandola con occhi quasi disperati. Di che parlava? Ultima lezione?! Perché aveva già deciso di interrompere tutto? Non mi aveva detto niente e anche il fare l'amore era stato un suo modo per dirmi addio? Non aveva senso, io avevo bisogno di lei!
Mi sorrise in modo spaventoso, mantenendo quegli occhi assassini; - solo un'altra persona ha osato chiedere quello che hai chiesto tu... ti sei domandato perché non ho provato piacere mentre mi scopavi? Perché quello a me non interessa, è solo carne su carne, un intreccio di sangue e muscoli incapaci di appagarmi... vedi, io provo piacere solo nel dolore degli altri e tramite questo posso godere quante volte desidero. E' la mia droga capisci? E parte tutto da qui...
Stavo tremando. Il suo tono si alzò diverse volte in quel discorso e quando mi carezzò la fronte e baciò sui capelli, seppi che stava parlando della mente. Tornò poi in ginocchio davanti a me che ero atterrito e mi specchiavo in lei senza riconoscerla; - vuoi essere la mia puttana Alessio?
Sorrise impedendomi di dire no con la testa; - ti sei affannato come un animale per resistere dentro di me e ora vorresti negarmi il piacere? Non sei tu la padrona qui dentro...
Mi abbassò la testa e subito dopo mi infilò una sorta di cappuccio nero, dentro il quale non distinguevo altro che la sua sagoma. Non capivo com'era possibile, ma persino in una circostanza come quella il mio cazzo restava di pietra, anche se il cervello era prigioniero del terrore. Cosa voleva dire con il fare la sua puttana? Mi venne in mente il discorso della saponetta nelle carceri e quando andò dietro di me sbottonando i jeans, cercai di divincolarmi e urlare, ma ero totalmente prigioniero.
Scese i pantaloni fin sotto il sedere, così come i boxer e poi più nulla. La sentivo armeggiare tutto attorno, cercavo di parlare di supplicarla, ma non si capiva niente di quel che dicevo e lei non stava ascoltando.
Non so dopo quanto il cappuccio mi fu tolto e nuovamente sbarrai gli occhi nel vedere Marzia davanti a me. Il suo vestito era scomparso. Al suo posto c'era una tuta aderente che inguainava il suo corpo perfetto rendendola quasi divina. Indossava dei stivali lunghi poco sotto il ginocchio con tacchi vertiginosi, le mani erano l'unica parte nuda, assieme ad una scollatura che dalla chiusura lampo che partiva dal basso ventre, spiccava lasciando aperto il petto con quel seno perfetto.
I capelli erano raccolti in una coda alta e i suoi occhi fissavano senza emozioni quello che stava lubrificando in mezzo alle gambe con un qualche gel. Era un enorme cazzo di gomma rigida, nero come la notte. I centimetri non avrei saputo dirli, ma era grosso.
Mugugnai qualcosa; smise di toccarlo e con passo lento si avvicinò alla mia faccia che era proprio all'altezza di quell'oscenità; - ti piaccio ancora adesso?
Pietrificato chiusi gli occhi al passaggio di quell'arnese umido sul mio viso, depositato sulle labbra per umiliarmi. Quando poi la vidi avviarsi dietro di me, tornai a fare baccano, strattonando con forza le cinghie, fino a sentire le sue mani afferrarmi forte i fianchi; - tu prendi quello della tua amica, io mi prendo il tuo... ti avevo avvertito che se ti avesse anche solo sfiorato l'avresti rimpianto per tutta la vita. beh, sei giovane, il tempo cancella quasi ogni cosa...
Mi inarcai sentendo le sue dita unte di quella sostanza densa scivolare in quel punto inviolabile e girare intorno all'ano quasi giocandoci, per poi inserire dentro le prime due falangi di quelle dita affusolate.
Tentai ancora di fare resistenza, ma più ne facevo e più lei avanzava velocemente, iniziando ad entrare ed uscire un numero infinito di volte e aggiungendo poco dopo altre dita. Avevo gli occhi lucidi per la vergogna e non volevo arrendermi, non poteva farlo davvero. Ogni istante speravo che lei mi liberasse e che dicesse una delle sue frasi per farmi capire la lezione, invece non andò così.
Quando ne ebbe abbastanza, sentii la punta del fallo premere contro di me che alzai la testa e guardai avanti incredulo e spaventato. Spinse in modo lento, inesorabile; profanando il mio orgoglio di uomo e lasciando che il dolore impartisse l'insegnamento necessario a capire. Ne ingoiai dentro di me un terzo e si fermò, tornando indietro fin quasi ad uscire, tirando lo sfintere come un elastico solo per poi scendere nuovamente.
L'intestino ebbe un tremore e lo stesso le mie mani e poi la gola, sentendo sprofondare in me il fallo nella sua interezza, fino ad avere i fianchi di Marzia contro i miei. Lo stomaco mandò su un rigurgito che si strozzò in gola, lasciandomi poggiare la testa sul piano in legno. Restò ferma, credo per darmi qualche istante di pace, poi riprese a tirarlo fuori e i miei gemiti tornarono più forti di prima. Mentre lei mi rovinava per sempre, nella mente avevo solo il demonio a dirmi di trovare un modo per liberarmi e farle del male.
Non credevo possibile che tutto l'affetto sviluppato con lei si tramutasse in qualcosa di così terribile e mentre piangevo sommessamente e lei prendeva pian piano il ritmo che desiderava, ad ogni colpo la sentivo gemere. Fui tirato indietro per i capelli e trattenuto così come la più umile delle prostitute; mi aveva dominato completamente, in modo assoluto, non potevo fare niente se non sopportare e sperare di tornare un giorno a potermi sedere.
Quando aumentava troppo il ritmo le mie mani si stringevano in pugni e afferravano le cinghie con cui ero legato sfogando li la rabbia. Persi la conta del tempo, piegato e violato in quel modo folle.
Marzia sollevò la maglia e mi graffiò la schiena con le unghie, affondandole nella carne. Al solo movimento avanti e indietro ci aggiunse uno strano andare giù e su col bacino e quando la prima delle due novità accadde, al sentire quella cosa premere in basso, ebbi una contrazione delle palle; - vuoi godere? Così lentamente io non riesco... ma oggi è un giorno speciale, il giorno dove i desideri si realizzano! Godi con la tua padrona, questo è l'unico modo che hai per svuotarti e se non ci riesci ti giuro sulla mia vita che non avrai più un altra occasione!
Affondò un colpo micidiale distruggendomi con quelle parole dissennate. Cosa intendeva dire che non avrei avuto più un altra occasione? Come potevo anche solo pensare di poter godere in quel modo o che lei lo stesse facendo. Ma fui smentito su tutta la linea, molto presto.
Così in fondo, oltre al dolore lancinante che mi stava aprendo il ventre, il suo inarcarsi sopra di me, spinse il fallo ancora più in basso toccando qualche parte del corpo che mi era oscura, ma che aveva un filo diretto col piacere.
Girai la testa senza riuscire a guardarla, trovai solo i suoi stivali. Era sulle punte e mi stava scopando ora con una forza assai maggiore e sempre in quella posizione puntata in basso. Non ce la facevo più, ero al limite, ma improvvisamente la sentii ansimare e si arrestò poggiando il seno e l'addome sulla mia schiena. Percepii un tremore sottile e tentai di recuperare le forze in quei pochi secondi che mi concedette; sperai che fosse finita, ma si mosse di nuovo tenendomi stretto per la vita e ad ogni affondo adesso tornava indietro fino a farlo quasi uscire, toccando l'intero condotto pieno di punti collegati direttamente alle palle gonfie. Non ci stavo più capendo niente; ansimai anche io e strinsi gli occhi nel sentirla affondare non più di cinque o sei centimetri e toccare sempre lo stesso punto, finché, ormai immobile, un suo ultimo andare e venire liberò uno spasmo spaventoso dei testicoli, che finalmente eruttarono in maniera silenziosa il mio seme tra infinite contrazioni.
Non provai nulla, neppure un accenno di piacere. Una sensazione calda si spanse sopra i boxer colando qualche goccia a terra e li morì. Marzia uscì poco dopo, strappandomi quel bavaglio con poca grazia e mi tenne ancora li qualche minuto.
Il dolore non mi permetteva di pensare. Temevo stessi sanguinando e le lacrime continuavano ad uscire dagli occhi arrossati. I capelli mi coprivano parte del viso e la saliva fluiva libera dalla bocca sulle labbra secche.
Sentii il tocco lenitivo di una qualche crema poggiata sull'ano da dita ora delicate, tirandomi poi su i jeans e tutto quello che avevo sporcato.
Quando Marzia slegò le cinghie delle caviglie e delle mani mi attardai sopra la tavola come se lei non ci fosse. Era vicino a me, ma non la sentivo o non volevo sentirla. Forse mi stava fissando. Graffiai con le unghie quella struttura di legno nel tornare in piedi a causa di una fitta terribile che mi lasciò cadere in ginocchio ansimante. Quasi non riuscivo a tenermi in piedi. La schiena bruciava, i lombi portavano i segni delle sue unghie e il culo era stato frantumato con una violenza inumana. Non avrei mai fatto una cosa simile ad Angela, MAI e la questione di essere rimasto duro per tutto il tempo nonostante la sodomia, fu un peso sull'anima che mi fece piangere di nuovo come un bambino.
Non stavo più pensando a lei ora. Ero concentrato su di me, su quel dolore che lentamente si faceva più sopportabile e immaginavo amici e coetanei prendersi gioco di me. Ero in una sorta di mondo illusorio tutto mio, fatto di vergogna e disprezzo. Io non ero gay, non potevo esserlo. Allora perché ero rimasto duro anche in quella circostanza, arrivando addirittura a venire senza aiuto di altro? Cosa c'era che non andava in me?
Mi tremavano le mani e guardavo a terra davanti a me, alzandomi lentamente cercando di resistere a quello che mi aveva fatto. Restai fermo li, non saprei dire per quanto e quando fui sfiorato da lei il cervello si spense del tutto.
Tornai in me osservando Marzia. Aveva tolto quella cosa con cui mi aveva violentato e sciolto i capelli. Era di nuovo più bassa o forse ero io che finalmente con lei tenevo una posizione completamente eretta, annullando l'effetto dei suoi tacchi. Il braccio sinistro era teso in avanti, la mano stringeva forte il suo collo proprio sotto la gola, ed un destro capace di uccidere tremava lasciandola un momento sconcertata. Mi stava fissando. Non parlava, forse non poteva. C'erano segni di cedimento sulla sua impeccabile espressione. Volevo farle del male, ma volevo anche godermi quella che sembrò paura, solo per poi vederla tornare alla sua solita espressione; - non avrai da me alcun tipo di denuncia... se vuoi farlo sbrigati
- ...
- hai visto come sono davvero, non avrai un'altra occasione, fallo!
La sua voce imperiosa ordinò qualcosa che invece il mio corpo si rifiutava di fare. Non avevo in quel momento alcuna volontà per poter discernere cosa stessi facendo. Volevo farlo, volevo vendicarmi, fargliela pagare, ma finì solo per lasciarla andare e riprendere a piangere senza mai smettere di odiarla con gli occhi.
Prima che potesse fiatare, ingoiai il dolore e presi a camminare con passo spedito verso l'uscita, ed una volta in sala afferrai lo zaino, asciugandomi gli occhi e scappai via sbattendo la porta lasciandola con se stessa.

Continua...
 
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