Ho modificato il mio modo di scrivere.
Fatemi sapere se vi piace e se trovate la lettura più scorrevole.
Attendo i commenti, spero che non vi stia annoiando.
Shy
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Il fine settimana.
Mi sento su una linea molto sottile. Lucrezia mi domina tutti i giorni, mi permette di lucidare le sue scarpe, mi usa come poggiapiedi mentre parla al telefono, pretende un massaggio alle sue estremità quasi ogni ora, ma è molto distaccata da me, al contrario di Paola che invece mi ascoltava sempre.
Sono felice perché finalmente posso esprimere la mia voglia di essere schiavo, ma non riesco a smettere di pensare a Lei.
Lucrezia mi ha praticamente schiavizzato e non so se riuscirò a tirarmi fuori da questa situazione.
Come ogni giorno all'uscita da scuola, vado a casa di Lucrezia, mi spoglio, mi infilo il guinzaglio e mi ammanetto, iniziando a fare le pulizie di casa prettamente a quattro zampe.
Da quando sono diventato lo schiavetto personale di Lucrezia sono passati pochi giorni, ho diviso il suo armadio pieno di scarpe in due reparti: quelle che devo pulire con cura e quelle che ho già pulito.
Prendo un paio di stivali, mi sdraio a terra e inizio a prendermene cura.
All'improvviso la porta si apre ed entra Lucrezia con un volto sorridente.
"Schiavo!! Dove sei? La tua Padrona è a casa."
Mi avvicino a lei a quattro zampe e lei scoppia a ridere.
"Sei sempre più servizievole, andiamo in soggiorno devo parlarti."
Arrivati in soggiorno, come da prassi, mi posiziono di fronte a lei per permetterle di appoggiare i suoi divini piedi sulla mia schiena già stanca.
"Ho una sorpresa per te, ovviamente non potrai dire di no. Dovrò fare la relatrice di un convegno a Milano, mi hanno dato una stanza in un albergo a cinque stelle superior, ovviamente prima di prendere l'impegno ho insistito nel portare il mio cuginetto senza genitori, non hanno potuto dire di no. Non sei contento?"
"Si mia Padrona."
"Bene, ai tuoi genitori di quello che vuoi, a me non interessa. Ora però sdraiati a terra, oggi è stata una giornata stancante."
"Come desidera Padrona."
Mentre tolgo le scarpe a Lucrezia, la sento ridere, indossa degli stivaletti bassi, sinceramente ho sempre odiato gli stivaletti, vuoi mettere il fascino dello stivale grande?
Appena sfilata la scarpa sento subito un odore intenso di sudore, sadicamente se ne accorge dall'espressione del mio viso e mi fa stendere a terra, mi mette un piede sul viso e un piede sul mio pene, le piace provocarmi per poi fermarsi.
Con la coda dell'occhio, vedo che si sta rilassando, ha gli occhi chiusi ed è in posizione comoda.
"Toglimi le calze."
Ormai non rispondo più, sono un'automa, mentre sto per portare il suo grande piede sulla mia piccola bocca, mi ferma, mi mette la calza in bocca e mi piazza nuovamente il piede su tutta la faccia, chiudendola completamente.
Nonostante il sudore, i suoi piedi sono perfetti, mi sento bene sotto di lei, so che quello è il mio posto.
"Oggi ti schiavizzerei per tutto il giorno, ma avremo tempo non preoccuparti. Ora vattane a casa, ci vediamo domani mattina per la partenza."
"Mia Padrona che dirò a Paola? Non riesco neanche a incontrarla, non so mentire."
"Allora non hai capito proprio un cazzo. SDRAIATI A TERRA, subito!!!"
Si alza di scatto dal divano e torna da me con una cinta di pelle.
"Ogni frustata dovrai dire: appartengo a Padrona Lucrezia."
Inizia a frustarmi sul sedere, poi sulla schiena, poi sulle gambe, non sono mai stato frustato e l'esperienza mi ha fatto capire che non mi piace per niente.
Mi sento come uno schiavo punito per non aver svolto bene un compito, mi sento uno schiavo privo di poter pensare e parlare, inizio ad aver paura.
"La supplico mia Padrona, mi perdoni."
Inizio a baciarle i piedi nudi sul pavimento in segno di pietà, mi tira un calcio nella pancia che mi fa rotolare sul pavimento, mi sale sopra tenendo un piede sul mio petto e un piede sul mio viso.
"Non so come devo fare con te. Ti do un tetto, un'educazione, mi prendo cura di te e tu pensi ancora a lei? La tua Padrona sono io, tu mi appartieni, crescerai ai miei piedi e servirai solo per me tutta la vita. Ora sparisci."
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- Il giorno della partenza.
Il giorno della partenza arrivo con largo anticipo sotto casa di Lucrezia, vedo la sua Ypsilon bianca parcheggiata sotto casa, mi ha ordinato di portare una piccola borsa e niente di più.
La vedo arrivare e subito le vado incontro, indossa un cappello nero, una giacca marrone lunga molto elegante con una spilla di fiori, ai piedi indossa dei collant scuri e un paio di decolleté marroni che richiamano il colore della giacca, scoperte in punta e con la suola rossa da cui posso intravedere il suo alluce.
Prendo la valigia e dopo un rapido "Buongiorno mia Padrona" saliamo in auto: destinazione Milano.
"Apri la busta dietro, prendi le calze e mettile in bocca... sono troppo gentile con te. Le terrai per tutto il viaggio, cosi almeno non parlerai."
"La ringrazio per l'opportunità mia Padrona."
Ogni minuto che passava, mi sottomettevo a lei in maniera naturale, si è vero, ormai ero suo, ma Paola era sempre nei miei pensieri.
"Sai ho pensato che puoi dormire da me qualche volta, quando torniamo ti compro un tappeto e una ciotola per bere. Non sei contento?"
Annuisco, per ovvi motivi non posso rispondere.
La cosa che amo di Lucrezia, è il suo modo di vivere. In autostrada supera spesso i limiti di velocità e guida con un'estrema disinvoltura, è una persona molto sicura di se.
Finalmente arriviamo a Milano, mi chiedo quando mi farà togliere la calza dalla bocca.
L'albergo è in pieno centro, appena arriviamo ci accoglie il responsabile della reception, un parcheggiatore e un ragazzo che prende le valigie della Padrona.
Ho paura che qualcuno possa accorgersi della calza, divento rosso e abbasso lo sguardo per la paura.
La stanza è una suite enorme, c'è di tutto: la televisione al plasma da 45", il minibar con consumazioni pagate, bagno con idromassaggio, balcone con vista sul centro di Milano e al centro della stanza un letto a baldacchino con delle tende ombrate oro.
Sembra tutto stupendo.
"Forza forza schiavetto, non essere pigro. Disfami la valigia e riponi tutto nell'armadio con cura, la tua invece mettila sotto al letto, tanto non ti servirà.
Quando hai finito, spogliati nudo, metti il collare e ammanettati, non vorrai mica perdere le abitudini?"
"No signora Padrona."
Scoppia a ridere.
"Dimenticavo, ammanettati anche le caviglie. Ora devo scendere e iniziare la prima parte della conferenza, ma prima dammi una pulita alle scarpe. Non vorrai mica che faccia brutta figura?"
Si siede su una sedia stile antico, sembra quasi un trono, afferra una rivista dal tavolino e mi fa cenno di cominciare.
Le scarpe sono pulite, le avevo lavate il giorno prima della partenza, ma questo Lei lo sa bene.
Inizio a leccare la suola impolevarata, nonostante il mio iniziale imbarazzo, ora sono un perfetto leccasuole, devo riconoscere però la bontà della mia Padrona che mi fa leccare solamente le suole meno sporche.
Non mi rivolge minimamente l'attenzione, in fondo il mio posto è ai suoi piedi ed è sicura che sto svolgendo bene il mio ruolo.
"Basta basta, bravo il mio schiavetto. Ci vediamo dopo."
Mi accarezza il viso, poi apre la porta e mi lascia li.
Al suo rientro mi faccio trovare come da Lei ordinato, nudo e legato mani e piedi.
Apre il doppio fondo della valigia e prende il guinzaglio che mi lega al collare, poi inaspettatamente prende un frustino.
Ho paura.
"Non aver paura, ma tu che ti pensavi? Che essere schiavo vuol dire solamente leccare piedi e scarpe? Quello è un regalo, è un modo per dimostrarti la mia bontà, nient'altro."
Detto ciò, mi sale sulla schiena, inizia a darmi dei colpi sul sedere e mi utilizza come un pony.
Essendo la prima volta non riesco a sopportare il suo peso, seppur minimo, e rischio di cadere svariate volte.
Cado a terra e per la fatica non riesco ad alzarmi.
"Non meriti neanche di leccarmi le suole delle scarpe, non sei buono a nulla."
Inizia a frustarmi con violenza, mi escono delle lacrime e inizio a pensare a Paola che non mi avrebbe mai fatto questo.
"Ormai è tardi per tornare indietro, schiavo."
La mia schiena e il mio sedere presentano i segni delle frustate, inizio a piangere per il dolore e l'umiliazione subita.
Mi lascia li a piangere e sento l'acqua dell'idromassaggio scorrere.
"Schiavo, striscia in bagno."
Arrivo nel bagno strisciando e trovo Lucrezia che sta entrando nell'acqua, è nuda, non riesco a guardare, chiudo gli occhi e sposto la testa.
Lei ride.
"Sei proprio uno schiavo educato. Io non capisco, sto realizzando tutti i tuoi desideri, perché pensi ancora a Paola?"
"Posso spiegarlo con una piccola storia?"
"Come vuoi, ma massaggiami i piedi nel frattempo."
I suoi piedi grandi escono dall'acqua e si posizionano sui bordo, sono meravigliosi.
Non riesco a frenare la voglia di baciarli e inizio ad adorarli, lei si innervosisce e mi tira uno schiaffo.
Inizio a massaggiarli con estrema cura, lei chiude gli occhi, immerge completamente il corpo in acuqa e stende il collo sul marmo della vasca.
"Mia Padrona, c'era una volta un ragazzo con un bruttissimo carattere.
Suo padre gli diede un sacchetto di chiodi e gli disse di piantarne uno sul muro del giardino ogni volta che avrebbe perso la pazienza e avrebbe litigato con qualcuno.
Il primo giorno ne piantò 37 nel muro.
Le settimane successive, imparò a controllarsi, ed il numero di chiodi piantati diminuì giorno dopo giorno: aveva scoperto che era più facile controllarsi che piantare chiodi.
Infine, arrivò un giorno in cui il ragazzo non piantò nessun chiodo sul muro.
Allora andò da suo padre e gli disse che quel giorno non aveva piantato nessun chiodo, suo padre gli disse allora di togliere un chiodo dal muro per ogni giorno in cui non avesse mai perso la pazienza.
I giorni passarono e infine il giovane poté dire a suo padre che aveva levato tutti i chiodi dal muro.
Il padre condusse il figlio davanti al muro e gli disse: figlio mio, ti sei comportato bene, ma guarda tutti i buchi che ci sono sul muro. Non sarà mai come prima."
"Non ho parole. Ma i ragazzi di diciassette anni sono tutti cosi pesanti? Cioè schiavo non la prendere male, ma perché non ti diverti alla tua età?"
Non rispondo, inizio a baciare i piedi di Lucrezia, questa volta gradisce e mi lascia fare.
"E la storia del chiodo?"
"Paola è entrata nella mia vita in un momento particolare, con lei ho messo il chiodo come il bambino, poi l'ho dovuto togliere per ovvi motivi."
Mi infila il piede in bocca e ride divertita.
"Baciami le piante, pensiamo alle cose serie. Le vedi le mie piante schiavo? Come sono?"
"Stupende."
"Prenditene cura, però basta parlare."
Annuisco e lei sorride in maniera perfida, ero sotto il suo potere.
Finito il bagno si alza e in accappatoio si siede sulla sedia-trono, quel posto le si addice parecchio, mi porge lo smalto e l'ovatta e si fa smaltare le dita dei piedi e delle mani.
Ogni tanto per l'imprecisione mi frusta e ride, nel frattempo cala la sera, mi dice di vestirmi e andiamo al ristorante, dopo che le ho leccato le scarpe, ovviamente.
Al ristorante all'arrivo del cameriere, ordina tutte le portate più buone.
"Buon appetito Ottavio."
Ma a che gioco sta giocando? Prima Ottavio, poi schiavo, poi di nuovo Ottavio.
"Grazie Padrona."
Rispetto il mio ruolo.
Dopo la fantastica cena saliamo in stanza, indossa un vestito di pizzo nero molto sottile che lascia intravedere il reggiseno.
"Prenditi cura dei miei piedi fino a quando non mi addormenterò, poi apri l'armadio e prendi una coperta, mettila sotto il letto, dormirai li."
"La ringrazio mia Padrona."
Inizio a baciare le piante dei piedi nudi e mi concentro sulle dita, faccio tutto con estrema delicatezza, si gira a pancia in giù.
I suoi capelli sul cuscino ed il suo collo sono una vista fantastica, quasi meglio dei piedi.
"Le auguro una dolce notte mia Padrona."
La sento sorridere.
Quando la sento respirare in maniera più profonda, capisco che si è addormentata.
Prendo la coperta e mi metto sotto il letto, fortunatamente è pulito, sono nudo per ordine della mia Padrona ed ho paura di prendermi qualche malattia.
Sento nell'aria l'odore dello smalto rosso e nel naso mi sembra di avere l'odore dei suoi piedi.
Inizialmente non riesco a prendere sonno, sono nudo, ho le manette ai polsi ed alle caviglie, ho il collare.
Sono felice ma mi scende qualche lacrima, ormai ho perso Paola.