| forse un tantino fuori argomento, non si tratta di una recensione ma, si sa, non sono avvezzo ai giudizi e agli schemi per cui accontentatevi di un modesto e breve racconto...
Giunse finalmente febbraio, mese a me caro, questa volta abbinai, alla trasferta nella Roma capitale, alcuni impegni di lavoro così da poter trovar riposo per la notte e non dover lasciare l’adorata Padrona in tutta fretta. L’incontro atteso più di un mese, fu fissato a pomeriggio inoltrato. Giunto in albergo approfittai di una doccia veloce, una energetica idratazione, nell’attesa che arrivasse quello squillo, quel cenno desiderato che annunciava la piena disponibilità della Lei anelata. Con una precisione quasi svizzera, e mentre restavo seduto sul letto a godermi la preliminare attesa, arrivò il segnale di “luce verde”. Solerte uscii dalla camera e m’ incamminai a passo talmente veloce da arrivare nei pressi della maison Dame in anticipo di almeno 10 minuti. Non amo restare in attesa presso l’uscio, lo trovo disdicevole soprattutto per la Miss, quindi passeggiai con sguardo indifferente, un po’ idiota, fino al tempo indicato. Percorsi l’ingresso e il corridoio, annunciando l’arrivo con un imbarazzante scampanellio prodotto dai dindoli, a Lei tanto graditi e che porto sempre con me, quasi a tener in costante compagnia la mia anima. La vidi, ci salutammo, mi salutò con quel sorriso che mai, nelle tre ore a seguire, si farà negare, talvolta ad indicar soddisfazione, talvolta ad esprimer gioia e ilarità. Apparve a me nella bellezza della Suo essere forte, femmina, Padrona, e allo stesso modo amica con la quale si gioca, si ride, si parla, si condivide.. Passarono i minuti, le ore, un lungo istante che trasforma il dolore, l’umiliazione, la devozione, in qualcosa di inspiegabile bellezza, qualcosa che rende concreto il sogno, durevole ciò che appare effimero. Ogni Suo gesto, ogni Suo movimento, ogni Suo mostrar piacere mi trasportarono in dimensioni paradossalmente rilassanti ed estasianti nel medesimo modo; e quando non potei vederLa in viso, ora per l’inevitabile sbatter di palpebre, ora per le posizioni assunte sotto il Suo fermo controllo, La immaginai riprovando all’infinito il piacere del suo sorriso. E giunse il termine, mai provai stanchezza, mai me ne sarei staccato, mai avrei avuto sazietà di quei momenti; ma come le più belle cose, si sa, devi imparare a gustarle, a sentirle, a guardarle con occhi felici per poterle ancora vivere, prima nella mente poi in quel corpo donato dalla vita. Grazie! A bientòt...
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