La zona in cui riceve è una villetta anonima in mezzo ad una schiera di villette indistinguibili l'una dall'altra in un semisconosciuto paesino della Brianza. Talmente insignificante da avere un nome singolo. Una vera rarità in questa zona!
Suono ad un ordinario citofono di un altrettanto normale cancelletto colore marrone comune.
Lo scatto dello scrocco mi invita tacitamente a spingere il cancello ed a proseguire lungo il vialetto leggermente in salita che conduce ad un piccolo patio alla cui estremità si trova la porta in finto noce che mi permetterà, se la proprietaria non avrà cambiato idea all'ultimo minuto, di accedere all' agognato paradiso. O meglio, all'idea che mi son fatto di esso. Il mio sogno di sempre: una bellissima ucraina alta, bionda...va beh, lei era castana molto chiara ma non è che occorra guardare sempre in bocca a caval donato. Dicevamo che era il mio sogno, alta, occhi azzurri, gambe magre, toniche, caviglia sottile, dominante q.b. ma soprattutto è la foto che trovi su Wikipedia alla voce "strafiga". Mi sbagliavo, naturalmente. Anche qui la porta era semiaperta. Un piccolo spiraglio. Ma questa volta, nessuna mano ossuta a ghermirmi. Spingo. La sua voce, con un accento che tuttora me lo fa diventare di marmo, mi invita, come direbbe Camilleri, a trasire. Solo che lei mi dice semplicemente, con voce bassa ed erotica: "Vieni". Appena entro e la vedo penso:"In effetti basta solo vederti ed è difficile non venire!" Avete presente quando ho detto che lei è la foto che si trova su Wikipedia per illustrare il termine "strafiga"? Ecco, il verbo è sbagliato. Lo era quando veniva a casa mia come colf. Adesso la sua foto è usata per illustrare il termine "strafiga stratosferica spaziale ed universale". Il viso, perfettamente truccato, con le labbra ricoperte di cremoso e lucido rossetto, colore rosso perfetto, ossia che dona quella la tonalità che mi rende difficilissimo resistere a darle un bacio. Il corsetto in similpelle stretto in vita mette in risalto i seni piccoli ma tonici, che dall'alto della loro semplice, ma solida seconda misura, fanno appassire di vergogna cadenti misure più grandi. La minigonna, anch'essa in similpelle, copre fino a poco meno di metà coscia. Le gambe sono bianche, lisce, sode, non velate da nessun tipo di calza. Le caviglie sottili, proprio come piacciono a me. Il sandalo tacco dieci che indossa evidenzia,con il suo sottile cinturino nero, la perfezione del malleolo. Sei semplicemente da urlo. Naturalmente lo penso e non proferisco parola. Si avvicina. Io quasi non respiro. "Non funziona così". La guardo con punto interrogativo e penso "cosa vuoi dire? Se è per pagare un attimo solo tiro fuori il tutto. O forse vuoi che mi inginocchi e ti baci i piedi per salutarti? Non sono quel genere " Si avvicina ancora un po'. Mi prende il mento tra sue lunghe dita. Tra tacchi ed altezza io arrivo a guardarle il punto preciso in cui si abbozza la divisione dei seni. E questo mi eccita ancora di più. Mi solleva il mento. Il profumo che deve aver messo sul collo mi inebria. Non è proprio il mio preferito, devo essere sincero. È un po' dolciastro, al limite del nauseante, del tipo che piace alle donne dell'est. Ed è anche troppo. Su questo bisognerà lavorarci sopra, le dico. O meglio, credo di dirle. Le labbra rosse e lucide si muovono appena mentre mi sussurra, decisa:"Te l'ho detto che non avrebbe funzionato". Io la guardo, ipnotizzato. Mi sforzo di pensare più forte, di dirle che sta funzionando:non sente quanto sono eccitato? All'improvviso mi arriva uno schiaffo, deciso ma non forte. "Non funziona così! Devi parlare!" La guardo, incredulo. Poi capisco. Arrossisco. "Scusa, scusa, scusa. Oddio scusa." sussurro, scuotendo la testa. "Sei perfetta, fantastica, meravigliosa. Stavo solo cercando le parole per dirtelo." Ci provo. E questa sarà l'unica volta che le mentirò in tutta la mia vita. Sorride con uno sbuffetto. "Bugiardo! Probabilmente hai pensato un poema su quanto sia la figa dei tuoi sogni." Vorrei chinare la testa ma non posso: il mio mento è bloccato saldamente da tre dita della sua mano sinistra. Sono costretto a guardarla nel blu degli occhi. "È vero, hai ragione. Scusa. Non accadrà più". "Ci puoi contare. Chiudiamo qui. Ti avevo avvisato che non funzionava." Mi libera e si gira, rivelandomi in schiena meravigliosa. "Che non avrebbe funzionato" le dico, d'istinto. Rapida piroetta su se stessa e torna a guardarmi. "Cosa hai detto?" "Ti avevo avvisato che non avrebbe funzionato. È la forma corretta in italiano della frase che hai detto prima". "Non lo parlo ancora bene." "Sbagliando si impara, soprattutto se trovi uno che ti corregge.Io sono disponibile a farlo per il tuo italiano se ti sei disponibile a farlo per aiutarmi a parlarti. Mi devo solo abituare a te ed alla tua bellezza. Vedrai che poi ti pentirai e mi dirai di stare zitto." "Adesso è la mia bellezza, dopo sarà il dolore della mia frusta che ti farà dimenticare di parlare e dirmi di smettere ed io andrò avanti convinta che tu stia bene. E lì sarà ancora più pericoloso che non per la mia bellezza. No, troppo rischio." "Nessun rischio: niente fruste lunghe e niente segni. Almeno per ora. Ti prego, non mandarmi via." "Ma non mi avevi detto che se ti dicevo di no te ne andavi senza insistere?" Chino la testa rassegnato a fare fagotto, finché non vedo che me lo dice sorridente. "Stai scherzando, vero? Vuol dire che facciamo la sessione?" Sorride apertamente, ora. "Ti addestrerò ad essere il mio primo schiavo telepates. Ma guarda che sarò molto severa. Altro che niente frustate. Se mi accogerò che non parli, vedrai quante ne prendi, dopo averti imbavagliato per non farti chiedere pietà". "Veramente io mi definisco cliente." Mi riprende il mento tra la punta delle dita della mano sinistra, mi alza la testa e mi guarda negli occhi, con un sorriso enigmatico, lo stesso che tutt'ora mi fa impazzire. "Tutti i miei schiavi dicevano così. Quelli che invece dicevano subito di essere schiavi li ho persi tutti per strada". La guardo un po' attonito. Poi scoppia a ridere di una risata argentina, scoprendo dei denti candidi e perfetti. "Scherzo, naturalmente. Anche se in parte è vero: quelli che si proclamano clienti sono quelli più fedeli". Con l'altra mano mi tocca in mezzo alle gambe. Sente l'erezione attraverso i pantaloni. Mi stimola accarezzandolo, prima attraverso la stoffa e poi, con sorprendente velocità, mi slaccia cintura, bottone, zip ed infila la mano nelle mutande. Lo stringe, con forza. Quasi mi fa male. Boccheggio. Preme con forza le unghie appuntite contro la cappella. La gratta. "Piano" mugolo "così mi fai male". "È proprio questo lo scopo, non trovi? Non è per questo che sei venuto qui da me? E poi guarda il lato positivo...hai parlato." Passa la mano sotto i testicoli. Di taglio, tra essi e la coscia. Prima a destra e poi a sinistra. Li afferra saldamente nel palmo e stringe. Una stretta decisa che non dico mi fa veder le stelle, ma quasi. "Lo sai che sei in mio potere, schiavo? Se stringo ancora un po' oppure gli do una bella tirata e ti ordinassi qualunque cosa la eseguiresti, non è vero?" Me lo dice con voce bassa, sexy. Penso "oh, si padrona, farei qualunque cosa ma non perché mi tieni per le palle, ma perché mi hai fiocinato il cuore con i tuoi occhi, le tue labbra, il tuo naso, il tuo sorriso, il tuo collo, il tuo seno, la tua schiena, le tue gambe, le tue mani...insomma con tutto il tuo corpo. E non solo. Anche prima di conoscerti in questa veste mi avevi colpito per la tua ironia e la tua intelligenza." All'improvviso stringe e tira ancora di più. "Non funziona così. Parla! Dimmi esattamente quello che stai pensando. Dimmelo a voce.' Un ahia strozzato mi esce e la stretta su allenta. "Te l'ho letto negli occhi cosa hai pensato.Tantissime cose carine e dolci, tu sei un tipo così. Ma perché se non ti vergogni a pensarle, ti vergogni a dirle? Dimmelo oppure tu torni a casa ma queste qui rimangono..." Ci pensa su come se non trovasse le parole. 'Rimangono qui con me come se fossero in albergo." La guardo. Non riesco a capire quando finalmente ho un'illuminazione. Scoppiò a ridere. Il che mi fa guadagnare un'altra bella strizzata. "Ahia, ahia. Calma, ridevo perché ho capito che volevi dire: che io vado a casa ma le mie palle rimangono a pensione da te". Mi guarda. "Si, quello. L'ho letta qualche giorno fa in un libro. Ma non è quello il punto. Parla". Altra strizzata, con torsione questa volta. Ed a me li sotto mi si ammoscia tutto. "Ok." Mi sembra di arrossire mentre le dico tutto quello che ho pensato. La mano destra si ritira dai miei pantaloni. La sinistra lascia il mento. Si porta al naso la destra e l'annusa. "Sei fresco di doccia, ma se vuoi rinfrescarti ancora, ti accompagno in bagno." Scuoto la testa:"Se per te va bene, ne approfitterei dopo". Mi risorride ed io vado in confusione. "No che non va bene. Io gli schiavi li mando a casa con il profumo della mia pipì che ho gli ho fatto addosso". Le labbra sono aperte in un sorriso. Rimango ancora una volta zitto, incapace di capire se sta scherzando. Io rispondo, con il sorriso sulle labbra: "Gli schiavi. Ma io sono un cliente". "Allora mi va bene. Potrai fare la doccia alla fine." È bellissima e luminosissima con quel sorriso. Stavolta lo dico a voce. Lei mi guarda, seria. Poi mi ordina di spogliarmi davanti a lei. Io eseguo. Nel frattempo era tornato l'alzabandiera in mezzo alle gambe. "Mettiti in ginocchio e baciami i piedi", mi ordina seria, con un tono che ammette un'unica replica:mi inginocchio bacio le dita prima del destro e poi del sinistro. "Bravo. Adesso iniziamo sul serio". Riepiloghiamo i termini del sogno. Lei mi conferma che non ci saranno problemi. E per suggellare il patto, mi infila tacco a spillo sul dorso della mano e preme, con un movimento circolare, come se dovesse spegnere una sigaretta.
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