Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

Posts written by ofetish

view post Posted: 8/1/2012, 19:44     richiesta - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
grazie mille mi ha fatto molto piacere rileggerla
view post Posted: 7/1/2012, 19:16     richiesta - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
tempo fa ho letto una bella storia sulla dominazione a scuola, dove i maschi stavano per tutto il tempo sotto il banco, ai piedi delle ragazze; la più sadica di loro a ricreazione saltava sugli schiavi.
purtroppo non la trovo più, voi l'avete letta? vi ricordate il titolo?
view post Posted: 29/12/2011, 23:58     Melissa Satta - PIEDI
sono nel suo profilo di Twitter
view post Posted: 29/12/2011, 23:48     Kaley Cuoco - SCARPE
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Edited by -ADMINISTRATOR- - 27/5/2012, 09:36
view post Posted: 29/12/2011, 23:44     Melissa Satta - SCARPE
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view post Posted: 15/12/2011, 00:05     il collegio - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Era da diverso tempo che avevo iniziato a dipingere sulle grandi mura bianche del cortile sul retro del collegio. Non passava mai nessuno di lì, sembrava abbandonato a se stesso e da quando l’avevo scoperto ne avevo fatto il mio rifugio segreto. Ci si arrivava percorrendo un lungo e buio corridoio a cui si accedeva attraverso una rozza porta dal legno un po’ marcio nascosta dietro le scale di servizio del collegio. Dopo un tragitto quasi labirintico il corridoio improvvisamente si illuminava attraverso delle ampie arcate che si affacciavano sul cortile. Il bugnato e i mattoni grezzi che rivestivano i muri e la pavimentazione mi davano la sensazione di trovarmi tra le rovine di un antico tempio o di una chiesa sconsacrata e mi piaceva starmene seduto sul basso muretto all’ombra delle arcate che correvano lungo il corridoio a leggere qualche libro o a disegnare.

Proprio mentre disegnavo mi venne l’idea di rendere più accogliente il mio rifugio, e così cominciai a dipingere un paesaggio dalla ricca e florida vegetazione tra la quale emergevano sinuose ninfe lungo le tre mura perimetrali che separavano il cortile dal resto del mondo e che al contrario di quelle della facciata del collegio erano lisce e bianche come se fossero state da poco ricoperte con l’intonaco. Impiegai quasi due mesi a finirlo e il lavoro si rivelò molto più faticoso di quanto mi aspettassi, soprattutto per la quantità di colore che fu necessario per ricoprire i muri e per la difficoltà di portarlo di soppiatto fin lì, ma in compenso il risultato fu molto soddisfacente. Quando mi sedetti sul muretto ebbi l’impressione di trovarmi immerso in una foresta incantata e rimasi ad osservarla a lungo, fantasticando su quali segreti potesse celare al suo interno, seguendo con la mente le ninfe che mi ammiccavano tra gli alberi. Estraniarmi nei mondi paralleli della mia fantasia attraverso i libri o la pittura mi aveva sempre affascinato, al punto che fin dalla più tenera età avevo preferito quell’immenso universo ai ristretti confini della realtà dalla quale rifuggivo librandomi nel cielo sconfinato della mia immaginazione.

Mi ero talmente abituato a vivere in quei mondi artificiali da non poterne più fare a meno e col passare degli anni tornare anche solo brevemente alla vita vera mi riusciva particolarmente doloroso e mi spingeva con sempre più forza ad isolarmi da tutto quello squallore dalle tonalità grigie e fosche che mi circondavano e che mi apparivano sempre più soffocanti e che la vita del collegio aveva reso ancora più opprimenti. Proprio per questo non appena potevo correvo a rifugiarmi in quel misterioso e magico cortile di cui avevo fatto il mio Eden e nel quale potevo elevarmi al di sopra di tutto trovando la mia serenità e la felicità che il resto del mondo mi negava.
-Piccolo delinquente! Guarda cos’hai combinato!-

Ero talmente preso dalla mia foresta e dal turbinio di pensieri che affollavano la mia mente, che non udii l’arrivo della professoressa Sobieskji alle mie spalle, e quando lei mi afferrò per i capelli scaraventandomi a terra riuscii solo a stento a comprendere le parole che mi urlava contro, faticando a riprendermi dallo stordimento causato dalla violenza improvvisa con cui mi aveva aggredito. Tutte le sue accuse di vandalismo mi offesero profondamente, ero convinto di aver abbellito e non deturpato il cortile della scuola, e a malincuore promisi che avrei ripulito tutto facendo tornare il muro com’era in origine.

-Credi che questo possa bastare?! Hai commesso un atto di vandalismo e per questo dovrai essere punito!-
Ero rimasto semisteso lì dove lei mi aveva scaraventato e la vedevo ergersi su di me e quasi sul punto di schiacciarmi coi suoi tacchi mentre continuava a sgridarmi puntando su di me il suo sguardo infuocato.
-Dovrò informare la direttrice, atti del genere sono inammissibili in un istituto rispettabile come questo, meriti l’espulsione per quel che hai fatto!-
Trovavo piuttosto improbabile che la direttrice potesse espellermi per una cosa così innocente, forse a lei sarebbe anche piaciuto il modo in cui avevo dipinto i muri del cortile, eppure le parole della professoressa e il tono con cui le disse, mi fecero temere che avesse ragione e che il pericolo di un espulsione fosse più reale di quanto potessi immaginare.
-No, la prego!- dissi risollevandomi da terra e ritrovandomi, pur non volendo, in ginocchio davanti a lei.

Quando mi vide inginocchiato ai suoi piedi e pronto a implorarla, il suo atteggiamento mutò ed i suoi occhi brillarono di una strana luce, come se fosse compiaciuta e soddisfatta della mia umiliazione. Nei due anni in cui l’avevo avuta come insegnante avevo avuto modo di notare in lei un atteggiamento quasi sadico verso tutti i suoi alunni, me compreso, al punto tale da farmi spesso sospettare che provasse un perverso piacere ad umiliarci punendoci duramente anche per motivi futili, e proprio in questa sua propensione a godere soddisfatta delle umilianti punizioni che ci infliggeva vidi improvvisamente la mia salvezza. Il fatto che l’avessi pregata in ginocchio forse sarebbe bastato a farla desistere dalla sua idea di farmi espellere e proprio per questo rimasi in ginocchio con aria implorante.

-Le tue preghiere servono a ben poco. Se lasciassi correre tu non impareresti nulla e in futuro diventeresti senz’altro un criminale.-
-Ma no, le giuro che non lo diventerò e che non farò mai più nulla del genere!-
-Se vuoi che ti creda dovrai convincermi della sincerità delle tue parole. Solo se sarò certa del tuo pentimento potrò fare a meno di avvisare la direttrice dell’accaduto.-
Detto questo, si sedette sul muretto accavallando le gambe e puntò il suo sguardo severo su di me.
-Ebbene! Cosa aspetti?! Vieni qui e chiedi perdono per quel che hai fatto!- disse indicando il suolo ai suoi piedi.
Mi alzai avvicinandomi a lei, che continuava ad osservarmi come se attendesse che io dessi inizio a uno spettacolo in suo onore, e a testa bassa le chiesi scusa fingendo come meglio potevo di essere pentito per il disegno sul muro che avevo faticato tanto a realizzare e del quale ero molto orgoglioso nonostante la sua ramanzina.

-Non sei stato abbastanza convincente!- disse prendendomi per un orecchio e tirandomi giù fino a farmi mettere nuovamente in ginocchio davanti a lei, col viso a pochi centimetri dalle sue scarpe.
-Su, riprova!-
-Le chiedo perdono per aver dipinto sul muro del cortile, sono pentito per quanto ho fatto. Farò qualsiasi cosa lei vorrà per rimediare e sono pronto ad accettare la punizione che lei riterrà più opportuno infliggermi, ma la supplico, non dica nulla alla direttrice.-
-Così va meglio, ma non basta. Li conosco bene quelli come te, ragazzini sbandati che se non vengono raddrizzati per tempo diventano dei pericolosi delinquenti. Hai bisogno di imparare il rispetto delle autorità e della legge, solo così potrai diventare un uomo perbene, onesto e ligio al dovere. Come tua insegnante non posso assolutamente accettare di vederti crescere come un balordo e mi impegnerò personalmente ad educarti. Grazie a me apprenderai cos’è la disciplina e diventerai un vero uomo.-
Mentre parlava fece sgattaiolare il piede fuori dalla scarpa e lo avvicinò al mio viso.
Il forte odore del cuoio delle sue scarpe mischiato al sudore del piede m’investì ancor prima che potessi comprendere il motivo per cui le sue dita stessero avanzando insistentemente fino alla mia bocca.

-Per cominciare imparerai a mostrare rispetto e a piegarti con umiltà e devozione davanti all’autorità dei tuoi superiori, sottomettendoti incondizionatamente al loro volere.-
La punta del suo piede premeva con impazienza contro le mie labbra, senza che io riuscissi a capire il senso di quanto mi stava dicendo.
-Lecca!- intimò con voce ferma e severa. Le mie labbra si schiusero incredule al suo comando e lei ne approfittò per intingere l’alluce nella mia bocca. Sentendo il sapore del suo piede tra le mie labbra provai uno strano e indistinto piacere, a cui si accompagnò lo stupore per la sua richiesta, che mi impediva di reagire in alcun modo al suo comando.
-Non hai sentito? Lecca!- ripeté.
Pur essendo ancora immerso nella meraviglia di quella situazione surreale, mi piegai docilmente al suo volere, agendo come se mi trovassi all’interno di un sogno bizzarro che si percorre con incredulità e con la curiosità di vederne la fine. Tirai fuori la lingua ed iniziai a leccare timidamente il suo piede pregno del sapore di sudore e del cuoio della scarpa.

Mentre lo leccavo sentii crescere in me una forte eccitazione che sovrastò ben presto la vergogna per il gesto umiliante che stavo compiendo e fui quasi felice quando lei si tolse anche l’altra scarpa offrendo entrambi i piedi agli umidi baci della mia lingua che continuò a lungo ad insinuarsi tra le sue dita e in ogni piega della sua pianta. Più leccavo i suoi piedi e più il loro sconvolgente sapore mi appariva buono, come un delicato nettare, dolce come mie miele, di cui mi nutrivo avidamente. La mia bocca era colma di quella strana e deliziosa essenza e la mia lingua, seppur dolorante, continuava senza sosta il suo piacevole lavoro, come se fosse incapace di fermarsi.

-Bene, per ora può bastare. Mi hai dimostrato di essere realmente pentito e deciso a diventare un uomo probo e degno del collegio che frequenti, quindi posso concederti il mio perdono e premiarti dandoti la possibilità di migliorare attraverso i miei insegnamenti.- disse schioccando le dita e ordinandomi con un cenno di rimetterle le scarpe.
-A partire da questo preciso istante sarai il mio discepolo prediletto e il mio personale e devoto servitore, così potrò impartirti la giusta educazione evitando che tu commetta nuovamente atti incresciosi come quello di oggi. Sarai addestrato severamente per divenire un membro rispettabile della società del domani. Questo è un onore che concedo a pochi e mi auguro che saprai essere all’altezza dell’opportunità che ti sto offrendo.-

Dopo averle calzato le scarpe rimasi prostrato ai suoi piedi percependo il profumo e il sapore di cui la mia bocca era ancora imbevuta. Accolsi distrattamente le sue parole e mi sorpresi a desiderare di leccarle nuovamente i piedi mentre lei mi parlava. Proprio non riuscivo a capire per quale motivo quel gesto così disgustoso a cui ero stato costretto dalla paura di una possibile espulsione avesse potuto sconvolgere in maniera così profonda e piacevole i miei sensi. La voglia che avevo di tornare a leccarle i piedi mi sorprendeva più delle sue richieste di sottomissione. Che legame poteva mai avere l’educazione con la servitù e come poteva un insegnante imporre cose simili ad un suo alunno? Era a dir poco assurdo il suo comportamento, ma per lo stato in cui mi trovavo in quel momento tutto mi parve quasi naturale, se non addirittura ovvio.

-Ricorda, la tua non sarà una punizione, bensì un premio e spero che saprai essermi grato per questo. Mi aspetto da te la più totale e assoluta dedizione e sottomissione e non ammetterò nessun errore! Sono stata chiara?-
-Si professoressa… la ringrazio.- sussurrai baciando la punta delle sue scarpe.
Al mio bacio lei si sottrasse subito e fece calare un piede sul mio capo premendo la mia faccia contro il suolo.
-Il fatto che tu mi abbia ringraziato baciando umilmente le mie scarpe mi fa sperare bene riguardo all’esito del tuo addestramento e mi fa sperare che sarai un ottimo allievo ed è solo per questo che stavolta non ti punirò. Ma bada che baciare me o qualsiasi altra donna è un privilegio che non si può ottenere senza permesso! In futuro non azzardarti a baciarmi i piedi o le scarpe se non sarò stata io ad ordinartelo! Se vorrai mostrarmi la tua gratitudine o la tua devozione potrai farlo baciando il suolo ai miei piedi e mi aspetto che tu lo faccia anche per salutarmi, solo dopo aver fatto questo potrai permetterti di supplicarmi di concederti il permesso di baciarmi i piedi! E un’altra cosa… sei il mio servo e come tale dovrai rivolgerti a me chiamandomi “Padrona” e dovrai sempre stare in ginocchio al mio cospetto, anche per alzarti dovrai chiedermi il permesso se non sono io ad ordinartelo, chiaro?-
-Si Padrona…-
-Naturalmente tutte queste regole valgono solo quando siamo da soli se non sono io ad ordinarti diversamente.- disse infine sollevando il piede dalla mia testa e lasciando che io la risollevassi abbastanza da poter nuovamente posare il mio sguardo sulla punta delle sue scarpe.
-Ora porgimi i tuoi saluti come si deve e poi vai in camera tua a studiare!-

Con un bacio sfiorai il suolo ai suoi piedi e rimasi con le labbra premute sulle mattonelle del cortile finché lei, dopo aver fatto leva col piede destro sul tacco sollevando la punta dal suolo, non mi ordinò di baciarne la suola. Fui molto solerte nel piegarmi a questa ennesima e umiliante richiesta e baciando la sua suola, che scoprii sorprendente pulita, aspirai brevemente il profumo del suo piede verso il quale provavo un crescente desiderio e che ora mi appariva come una meta irraggiungibile che con fatica mi sarei dovuto riguadagnare. Dopo aver ottenuto quest’ulteriore prova della mia sottomissione la professoressa Sobieskji mi spinse via con la punta del piede, come se fossi un cane troppo affettuoso e invadente di cui lei ora volesse liberarsi, e si allontanò sparendo nel collegio e lasciandomi solo col suono dei suoi passi che continuò a lungo a riecheggiare nel cortile.

La professoressa Sobieskji era il sogno e allo stesso tempo l’incubo di ogni studente del collegio. Il suo fascino e la sua bellezza ammaliava tutti e chiunque la vedesse non poteva non restare soggiogato dal suo portamento altero ed elegante che la faceva apparire come una dea irraggiungibile. Nel preciso istante in cui la s’incontrava per la prima volta si provava amore per lei e un forte desiderio di adorarla, ma ben presto questi sentimenti si tramutavano in terrore per la sua severità e la crudeltà delle sue punizioni. Quando entrava in classe e dava inizio alla sua lezione tutti tremavano e si aveva l’impressione di entrare in un’altra dimensione, in un mondo oscuro e spaventoso di cui lei era l’assoluta tiranna e dal quale non si potesse fuggire.

Noi alunni diventavamo improvvisamente sudditi di una crudele regina che al più piccolo errore ci avrebbe punito duramente senza mostrare alcuna pietà. Venivamo sottoposti ad umiliazioni impensabili di cui non parlavamo mai tra di noi dopo le lezioni, avevamo timore anche solo di pronunciare il nome della nostra professoressa quando uscivamo dalla classe e ciò che subivamo rappresentava un segreto che non confidavamo a nessuno, neanche a noi stessi. Credo che nessuno oltre a me avesse sperimentato fino ad allora un umiliazione paragonabile a quella a cui ero stato sottoposto in cortile e quando il giorno dopo entrai in classe attesi con maggior ansia e timore del solito l’arrivo della professoressa. Temevo le conseguenze dei suoi discorsi del giorno prima e allo stesso tempo, senza capirne il perché, sentivo quasi di desiderarle.

Dopo essermi separato da lei iniziai quasi a dubitare della realtà di quanto era successo. Forse era stata solo un allucinazione, o forse ero crollato senza accorgermene in un sonno profondo dopo avere finito di dipingere il muro e avevo fatto quel bizzarro sogno, pensai. Ma quando la professoressa varcò la soglia dell’aula richiudendo la porta dietro di sé non ebbi più alcun dubbio sulla realtà di quanto era avvenuto il giorno prima nel cortile e il suo sguardo mi rammentò subito quale fosse ora la mia situazione e la mutata natura del rapporto che c’era ora tra di noi. Tutti ci sentivamo in balia di lei come se fossimo suoi vassalli e ci sentivamo inermi in sua presenza sapendo che lei poteva disporre di noi a suo piacimento, ma ora io mi trovavo su un piano ben diverso da quello dei miei compagni e potevo percepire tutto il peso del suo dominio su di me sentendomene totalmente sopraffatto.

Sapevo che le regole della schiavitù che mi aveva imposto avevano valore solo quando ero solo con lei, ma temevo ugualmente che lei potesse decidere di usufruirne anche in quel momento e stranamente, per un attimo, fui io stesso ad essere tentato di alzarmi dal mio posto e prostrarmi a baciare il suolo ai suoi piedi per salutarla. Non capivo cosa mi stesse succedendo, continuavo a provare vergogna per il fatto che lei mi trattasse come se fossi il suo servo e che potesse ancora chiedermi di leccarle i piedi, ma una parte di me desiderava proprio questo ed era felice di quella assurda condizione a cui ero legato.
Avevamo due ore di lezione quel giorno con lei e durante la prima ora, mentre lei commentava un nuovo brano di letteratura latina, continuai a fissare ossessivamente i suoi piedi sentendomene quasi ipnotizzato. Sedevo al primo banco e ciò mi permetteva di sbirciare senza alcuna difficoltà sotto la sua cattedra e mentre lo facevo mi accorsi che lei ricambiava quei miei sguardi con un enigmatico sorriso compiaciuto e quasi di scherno. Poi all’improvviso cessò di leggere chiudendo rumorosamente il libro e chiamò Daniele, che sedeva al banco affianco al mio, per interrogarlo. Gli diede una versione molto difficile da svolgere e, mentre aspettava che lui scrivesse la traduzione sulla lavagna, si mise a passeggiare tra le file di banchi.

Daniele era tra i più bravi in latino, ma tradurre un testo complesso e che mai prima di allora avevamo studiato, per di più senza l’ausilio del vocabolario, non gli fu facile. Procedeva molto lentamente mostrando diverse esitazioni mentre scriveva e il suono dei tacchi della professoressa che risuonavano nella stanza probabilmente accrescevano la sua agitazione provocandogli quasi un attacco di panico che gli impediva di ragionare. Passarono poco più di cinque minuti, durante i quali Daniele riuscì a svolgere quasi un terzo della versione che gli era stata assegnata, nessuno di noi avrebbe saputo far meglio di così, ma la professoressa si avventò su di lui con rabbia e lo afferrò per i capelli strattonandolo.

-Sei un incapace!- gli urlò in faccia.
-Sono stanca di perdere il mio tempo con delle bestie come te e vedere tutti i miei insegnamenti sprecati! Ti insegnerò io ad impegnarti di più nello studio! Prendi il sacco di ceci!- aggiunse colpendolo al volto con un violento ceffone. I ceci rappresentavano una delle torture più dolorose e anche più frequenti alle quali la professoressa ci sottoponeva. Bastava molto poco per meritarsi quella punizione, anche un semplice colpo di tosse che disturbasse la lezione poteva essere un motivo più che sufficiente per subire quel trattamento e forse tutti eccetto me avevano provato almeno per una volta quel dolore.

Rosso in volto per la vergogna oltre che per lo schiaffo ricevuto e quasi sul punto di scoppiare in lacrime, Daniele prese il sacco di ceci che si trovava in un angolo in fondo all’aula e senza bisogno che la professoressa gli fornisse altre indicazioni, estrasse alcune manciate di ceci e li dispose accanto alla cattedra fino a formare un piccolo tappeto sul quale si mise carponi. Mentre il mio compagno restava in quella posizione, la professoressa tornò a sedersi e riaprì il libro riprendendo la lettura del brano con cui aveva dato inizio alla sua lezione. Daniele era visibilmente scosso e forse per questo perse l’equilibrio e scivolò sui ceci cadendo rumorosamente a terra. Trattenere le risa davanti ad una caduta del genere è impossibile, anche quando ci si trova in un regime del terrore come il nostro e inevitabilmente tutti scoppiammo in un ilare boato liberatorio davanti a quella scena che ben presto avrebbe scoperto il suo lato terribilmente tragico.
La reazione della professoressa Sobieskji non si fece attendere e quando vide la testa di Daniele ai suoi piedi infierì su di lui calpestandolo e ordinandogli di rimettersi carponi sui ceci.
-Sei più stupido di un cane! Non riesci neanche a stare a quattro zampe! Ma ci penserò io ad insegnarti a farlo!- disse aprendo un cassetto della sua cattedra ed estraendo un frustino da amazzone.
-Voi che avete riso ora conterete i colpi!- aggiunse rivolta a noi. Sconvolti dalla paura di poter diventare le prossime vittime, contammo ad alta voce le dieci frustrate che la professoressa fece calare violentemente sulle natiche del nostro compagno che ad ogni colpo gridava pietà implorando il perdono della sua crudele carnefice.
-Spero che questa lezione ti sia sufficiente!- disse riponendo il frustino nel cassetto della cattedra.
-Ora vedremo se hai imparato…- aggiunse sedendosi sulla sua schiena e restandoci fino al suono della campanella.

La figura snella e slanciata della nostra professoressa troneggiava inquietante sulla schiena di Daniele che a fatica resistette sotto il suo peso, mentre lei con estrema noncuranza continuava a commentarci frammenti tratti da brani di letteratura latina. Quando la lezione finì e lui fu finalmente libero, si rialzò esausto rimettendo al loro posto i ceci ed abbandonò in silenzio e a testa bassa l’aula. Tutti si allontanarono quasi fuggendo da quella stanza di tortura e anch’io sarei stato felice di farlo se la professoressa non mi avesse trattenuto con un perentorio cenno imponendomi di restare.
-Sai benissimo cosa fare… quindi fallo se non vuoi che ti punisca.- disse quando l’aula si fu svuotata del tutto. Senza farmelo ripetere mi avvicinai alla cattedra e mi prostrai subito a baciare il suolo ai suoi piedi. Lei accolse il mio saluto poggiando un piede sul mio capo e costringendomi a restare con le labbra premute sul pavimento.
-Perché mi fissavi i piedi durante la lezione?-

Quella domanda mi colse di sorpresa e rimasi in silenzio temendo che la mia risposta potesse rappresentare per lei un valido motivo per punirmi.
-Quando ti faccio una domanda esigo che tu mi risponda subito!- disse aumentando la pressione del piede sul mio capo.
-Le chiedo perdono Padrona, guardavo i suoi piedi perché desideravo poterli leccare…- sussurrai.
-Bene, sapevo che ti saresti rivelato un buon discepolo e un servo devoto. Per questa volta ti perdono e ti concedo di leccarmi i piedi per premiare la sincera e profonda sottomissione che esprimono i tuoi desideri.-
Pronunciò quest’ultime parole con estrema dolcezza e dopo aver sollevato il piede dal mio capo attese il giusto tributo della mia bocca. Avvicinando le labbra alle sue scarpe fui subito travolto dal profumo dei suoi piedi e con impazienza mi accinsi a denudarli per potermi nutrire nuovamente del loro misterioso sapore.

-Come osi!- disse sottraendo il piede alla mia presa e colpendomi con un calcio sufficientemente forte da farmi sanguinare il naso.
-Non ti ho detto che potevi togliermi le scarpe schiavo! Se ti ordino di leccarmi i piedi tu devi solo tirare fuori la lingua e leccare e se quando te lo ordino indosso le scarpe tu devi leccare anche quelle!-
-Perdono Padrona.-
-Ti ho già perdonato a sufficienza per oggi! Ora usa la tua lingua per pulire il sangue che hai fatto cadere sul pavimento e poi vai a prendere i ceci!-
Eseguii il suo ordine leccando tutto il mio sangue dal pavimento e nel farlo mi accorsi che anche sulle mattonelle su cui lei aveva camminato si sentiva, seppur leggermente, l’odore sconvolgente dei suoi piedi. Quando finii di ripulire il mio sangue strisciai sulle ginocchia fino al sacco di ceci, rispettando la regola di dover stare sempre in ginocchio in sua presenza.
-Ora lecca!- mi ordinò porgendomi la suola delle sue scarpe non appena mi vide prostrato davanti a lei sullo strato di ceci.

Il contatto coi ceci mi procurava un dolore atroce, ma nonostante questo mi sottomisi al suo volere ed iniziai a leccare le suole delle sue scarpe. Il potente aroma dei suoi piedi mi raggiunse anche attraverso le scarpe e mentre le lucidavo ebbi l’impressione che il dolore che mi causavano i ceci diminuisse fino quasi a scomparire. Anche leccare le sue suole mi dava sensazioni di inaspettato piacere e quei sapori stavano divenendo quasi come una droga per me ed ogni volta che la mia lingua scivolava sulle sue scarpe il mio incomprensibile desiderio di leccarle aumentava a dismisura e cominciavo seriamente a temere le conseguenze di questa mia dipendenza che accresceva ancor di più il potere che la mia Padrona aveva su di me. Mentre le leccavo i piedi cominciavo a sentirmi davvero fortunato per il fatto che lei avesse deciso di fare di me il suo servo e sentivo quasi di amare quell’umiliante stato di schiavitù.

-Basta così! Le hai leccate abbastanza! Ora rimetti i ceci al loro posto e poi ritorna strisciando ai miei piedi!- disse spingendomi via col piede.
-Ricorda che anche leccare le suole delle mie scarpe per te è un privilegio e che devi essermi grato per questo! Se ho deciso di farti mio schiavo è stato perché ho visto qualcosa di speciale in te. Sono pochi gli uomini capaci di comprendere la superiore bellezza delle donne, ma qualcosa mi dice che tu sia in grado di farlo e per questo ho deciso di educarti evitando che l’ignoranza del mondo ti possa traviare. La foresta che hai dipinto e le figure femminili con cui l’hai popolata mi hanno rivelato i segreti più profondi del tuo animo e stamattina, dopo averla osservata attentamente ho deciso di revocare l’ordine che ti avevo dato di cancellarla. Hai molto talento e m’impegnerò per insegnarti ad usarlo nel modo giusto. Un futuro radioso ti attende, tu sarai il portatore di grandi e sacri valori che fonderanno una nuova e splendente civiltà.-

Mi rallegrai del fatto che lei non desiderasse più che io distruggessi il mio lavoro, ma il resto del suo discorso rimase alquanto oscuro per me. Se i miei disegni le piacevano e non voleva più che li cancellassi, per quale motivo il giorno prima aveva minacciato di farmi espellere e perché dovevo comunque continuare ad essere il suo schiavo? Stando alle sue parole trovarmi in quello stato, prostrato ai suoi piedi e pronto a leccarli come se fossi stato il suo cane, doveva rappresentare un privilegio per me e doveva rendermi migliore, ma io proprio non capivo come ciò fosse possibile, così come non capivo cosa le avessero mostrato di me i miei disegni.

Eppure, nonostante i dubbi, fui sopraffatto dalla strana logica delle sue parole e mi convinsi delle loro ragionevolezza senza riuscire ad oppormi alla sua carismatica personalità. Per quanto fosse umiliante, leccare i suoi piedi e le suole delle sue scarpe mi procurava un immenso piacere e per questo non mi fu difficile credere che si trattasse di un privilegio per me poterlo fare. Inoltre nel tono della sua voce e nel suo modo di parlami e di impartirmi ordini c’era qualcosa di ipnotico che mi soggiogava annientando ogni mia resistenza.

-Ora ho degli impegni da sbrigare.- disse alzandosi.
-Ma più tardi avrò bisogno di te… stasera, alle otto in punto, dovrai raggiungermi nelle mie camere. Vedi di non tardare!-

Dopo il tramonto la sagoma austera del collegio assumeva un’aria particolarmente sinistra che gli alberi alti e scuri del giardino rendeva ancora più inquietante. La luna proiettava le ombre degli alberi agitati dal vento lungo il selciato su cui mi aggiravo guardingo, sforzandomi di scacciare i fantasmi che si affacciavano nella mia mente approfittando di quell’atmosfera sepolcrale. Le stanze degli insegnanti si trovavano in un edificio adiacente al dormitorio di noi alunni e spesso, quando non riuscivo a dormire, mi soffermavo a guardare con curiosità le sue luci dalla mia finestra, chiedendomi come fosse la vita di un professore quando smetteva i panni di insegnante e diveniva un semplice essere umano tra le quattro anguste pareti della sua camera. Non ero mai stato lì e faticai per riuscire a trovare la stanza della professoressa Sobieskji.

Agli studenti di solito era vietato entrare nel dormitorio dei professori e temetti che qualcuno potesse vedermi e chiedermi spiegazioni per la mia presenza lì, anche perché non avrei saputo in che modo giustificarla. Cominciai a chiedermi come avrebbero reagito i professori o la direttrice se a un loro eventuale interrogatorio avessi risposto che stavo eseguendo solo un ordine della mia Padrona. Anche se i discorsi della professoressa Sobieskji erano molto convincenti, dubitavo che gli altri professori potessero trovare normale la schiavitù che mi aveva imposto. Forse mi sarebbe bastato parlarne con la direttrice per liberarmene, ma se lo avessi fatto si sarebbe trattato comunque della mia parola contro quella della professoressa e probabilmente mi sarei ritrovato io sotto processo per aver inventato tutto ed aver ingiustamente accusato un insegnante.

Mi attaccai a questo pensiero per giustificare il mio remissivo silenzio, ma sapevo bene che il motivo per cui accettavo passivamente il volere della mia Padrona era un altro. Nell’angosciante silenzio dei grandi corridoi cercai di attutire più che potevo il suono dei miei passi facendoli scivolare con estrema lentezza sul pavimento. Con agitazione leggevo i nomi sulle porte delle stanze disperando di riuscire a trovare in tempo quella della professoressa Sobieskji. Ero certo che sarei stato punito duramente se avessi tardato anche solo di un minuto all’appuntamento e non osavo neanche immaginare quale sarebbe stato il mio castigo. Poi udii dei passi dietro di me e preso dal panico iniziai a correre salendo su per le scale fino all’ultimo piano dell’edificio.

Alla fine della rampa di scale mi fermai appena in tempo prima di andare a sbattere contro la porta della direttrice. Al contrario dei primi tre piani in cui c’erano le porte di otto stanze, all’ultimo ce n’era solo un’altra oltre a quella della direttrice e avvicinandomi ad essa lessi con gioia che era proprio quella della professoressa Sobieskji. Dalla forma regolare e squadrata dell’edificio dedussi che quei due appartamenti dovevano essere molto più grandi di quelli degli altri professori, ma non mi soffermai a lungo a chiedermi le ragioni di questa differenza. Le otto stavano per scoccare e mi affrettai a bussare alla porta della mia Padrona sperando che non fosse già troppo tardi.

Quando la porta si aprì, la professoressa Sobieskji mi apparve in tutto il suo regale splendore e in vesti che mai avrei immaginato di vederle indossare. Il suo corpo snello e flessuoso era avvolto in una lunga veste di seta nera che si adagiava morbidamente sulle sue forme e i suoi piedi come stelle brillavano in sabot di pelle, anch’essi neri, coi tacchi a spillo e aperti sul davanti.
-Benvenuto nel mio regno schiavo… sei stato molto puntuale, meriti un premio per questo.-
A questo saluto risposi prostrandomi subito a baciare il suolo ai suoi piedi, così come lei mi aveva insegnato.

La professoressa Sobieskji sembrava molto soddisfatta nel avermi lì ai suoi piedi e di potersi servire di me nell’intimità del suo appartamento. Varcai la soglia del suo regno carponi e allo stesso modo la seguii fino al divano del suo ampio soggiorno. Il suo appartamento era molto più grande di quanto mi aspettassi ed era riccamente arredato, decisamente molto diverso dalle normali stanze di un dormitorio e molto più simile ad una piccola reggia. La stanza era immersa in una tenue penombra rischiarata solo dalla flebile luce di alcune candele profumate e di uno scoppiettante camino che donava un’atmosfera ancor più magica e quasi irreale a quel momento che recava già in sé i segni di arcane e sconosciute sensazioni senza tempo.

Dopo essersi seduta la professoressa Sobieskji si sfilò i sabot e immerse i suoi piedi nudi in una bacinella colma d’acqua e petali di rosa che aveva precedentemente preparato.
-Ecco il premio per la tua puntualità…-disse indicando i suoi sabot.
-Leccali!- Mi gettai sulle sue scarpe vuote come un cane che addenta un succulento pezzo di carne e le leccai avidamente insinuando la mia lingua fin negli angoli più riposti, nutrendomi dell’aroma intenso che conservava ancora dei suoi piedi come se si fosse trattato di una droga di cui ero ormai irrimediabilmente dipendente e della quale sentivo un assoluto bisogno.
-La devozione con cui adori la tua Padrona ti fa onore e per questo riceverai la giusta investitura che farà di te il mio servo prediletto.- disse con solennità, ma dalla sua voce trapelava anche un divertito compiacimento quasi beffardo per la mia sottomissione quasi canina.
-Ora basta leccare, avrai tempo a sufficienza per farlo ancora in seguito.
Togliti la camicia e distendila sul pavimento così che la possa usare per asciugarmi i piedi.-
Eseguii il suo ordine rimanendo a torso nudo e restai a guardare in religioso silenzio i suoi piedi emergere dalle acque floreali della bacinella e posarsi sulla candida camicia della mia divisa.
-L’acqua in cui ho immerso i miei piedi sarà la sacra bevanda che segnerà il tuo ingresso nel mio regno come schiavo e discepolo, elevandoti al di sopra dell’ignoranza degli uomini. Bevi schiavo e diventa mio!-

Non appena bagnai le labbra nel liquido della bacinella sentii il sapore dei suoi piedi investirmi potentemente e bevvi tutta ‘acqua fino ad ubriacarmene sentendo su di me un effetto quasi allucinogeno. Quando sentii quel dolce e strano nettare scivolare dentro me e sommergermi, una sete inestinguibile nacque in me e nei piedi della mia Padrona vidi l’unica sorgente capace di dissetarmi.

-Bravo schiavo! Ora il tuo corpo e il tuo spirito sono pronti a trascendere i limiti del pensiero comune. Potrai abbandonare la tua infelice condizione di arrogante inferiorità e recidere i legami con la società corrotta degli uomini per entrare a far parte di una nuova civiltà di esseri superiori. Plasmerò la tua mente liberandola dal gravoso peso di secoli di insulse ed erronee credenze che fin dalla nascita ti sono state ingiustamente imposte. Questo sarà il giorno della tua rinascita e rimarrà impresso per sempre nella tua mente come tale, perché oggi intraprenderai il percorso che farà di te un uomo nuovo.-
La mia sete continuava a crescere impetuosamente, fino ad impedirmi di ragionare, e implorai umilmente la mia Padrona di poter leccare i suoi piedi. Parole che mai avrei immaginato di poter pronunciare sgorgarono d’istinto dalla mia bocca e si riversarono sul suolo che baciai con devozione mentre le mie suppliche come timide onde lambivano i piedi della professoressa Sobieskji.

-Il desiderio devoto e intenso di uno schiavo per la sua Padrona è molto prezioso, è un sentimento che dovrai coltivare fino al dolore, solo così potrai vedere la luce. Ora seguimi continuando a mostrarmi tutta la tua devozione!- disse alzandosi.
Baciando le orme dei suoi passi strisciai dietro lei fino al fuoco del camino e in preda alla follia che era nata in me attesi con ansia i suoi ordini.
-Ora ti conferirò gli emblemi della tua investitura.-

Mentre continuavo a baciare il pavimento la sentii cingere il mio collo con un collare di pelle nera a cui poco dopo agganciò un corto guinzaglio.
-Questo è il simbolo della tua nuova ed irreversibile condizione e dovrai indossarlo sempre per non dimenticare ciò che sei… e quest’altro sarà invece il marchio tangibile e indelebile del mio dominio e servirà a ricordarti sempre a chi appartieni.- disse armeggiando con un attizzatoio nella brace del camino.
Ancor prima che mi rendessi conto di ciò che volesse farmi la sentii salire sulla mia schiena affondando i suoi tacchi con forza nella mia pelle e, mentre tirava a sé il guinzaglio per tenermi ben fermo, un lancinante dolore mi raggiunse all’improvviso alla base del collo, poco al di sotto del mio collare. Sentii un intenso bruciore che mi parve percorrere tutte le mie membra esplodendo nella mia mente e che senza darmi neanche il tempo di gridare mi fece perdere i sensi.

Quando riaprii gli occhi vidi nuovamente il fuoco scoppiettante del camino accanto a me, dovevo essere rimasto lì disteso per diverso tempo dopo essere svenuto per il dolore che ancora sentivo pulsare sul mio collo. I piedi della professoressa Sobieskji con il loro suadente profumo solleticarono i miei sensi facendomi quasi dimenticare subito il dolore, il loro peso gravava dolcemente sul mio corpo, di cui lei aveva fatto un comodo poggiapiedi mentre ero esanime.
-Vedo che ti sei ripreso finalmente! La “S” infuocata con cui ti ho marchiato deve averti fatto molto male e di questo dovresti rallegrarti, il dolore è il solo mezzo di ascesi di cui l’uomo dispone.- disse tallonando il mio viso quando mi voltai verso lei.
-Ebbene, non c’era qualcosa che desideravi ardentemente che la tua Padrona ti concedesse?- disse sorridendo maliziosamente.

Subito mi risollevai prostrandomi ai suoi piedi e mi accinsi ad implorarla, ma non appena la mia bocca si aprì per pronunciare le parole più umili di cui il mio cuore fosse capace, lei mi fermò facendo aderire perfettamente la pianta del suo piede sul mio viso, come se si fosse trattato della più comoda delle sue pantofole, e fece scivolare la punta tra le mie labbra costringendomi a un dolce silenzio.
-Il desiderio che leggo nei tuoi occhi è più eloquente di qualsiasi supplica. Puoi leccare i piedi della tua Padrona ora, te lo sei meritato.- disse spingendo ancor di più il piede nella mia bocca, fino ad immergerlo quasi per metà tra le carezze della mia lingua.

Leccando i suoi piedi sentii sparire totalmente il dolore, come se in quella umiliante e per me sempre più piacevole e indispensabile pratica si celasse un portentoso rimedio per ogni male. Tutto si dileguava in un nulla indistinto e per me esistevano solo gli incantevoli piedi della mia Padrona e soltanto lei, che si era magicamente impossessata in un sol colpo del mio destino e della mia vita, era la detentrice e la fonte di ogni mia emozione. I suoi piedi erano per me l’unico possibile accesso al Paradiso, in loro, nella loro pelle morbida e vellutata, era custodita la chiave della mia infinita gioia, ma erano allo stesso tempo anche lo strumento che permetteva alla mia Padrona di infliggermi qualsiasi pena, facendo sì che lei divenisse la mia unica e assoluta Sovrana, capace di decidere e disporre liberamente della mia esistenza.

La mia vita, con tutte le abitudini che da sempre l’avevano accompagnata, cambiò bruscamente in seguito alla mia rinascita come schiavo della professoressa Sobieskij. Ogni mia fantasticheria svanì lasciando il posto a lei che era diventata ormai l’indiscussa tiranna di ogni mio singolo pensiero. Il piacere di servirla e adorarla mi veniva somministrato quotidianamente a piccole dosi, come se si trattasse di una preziosa e potentissima droga della quale non potevo fare a meno ma che non mi era possibile assumere in quantità troppo massicce. Quando non ero ai suoi piedi mi era severamente vietato fare qualsiasi cosa che non riguardasse lo studio o la pittura.

La mia Padrona voleva che coltivassi il mio talento e che soprattutto eccellessi nello studio di tutte le materie.
-Saresti del tutto inutile come schiavo se tu non sviluppassi al massimo tutte le tue capacità raggiungendo livelli ben superiori rispetto a quelle degli uomini comuni!- disse quando m’impartì il suo ordine.
Per alleviare le mie frequenti crisi di astinenza potevo beneficiare delle calze usate che ogni giorno la professoressa Sobieskij mi infilava in bocca prima di costringermi ad abbandonare le sue stanze e delle scarpe che dovevo lucidare accuratamente con la mia lingua consegnandole l’indomani al suo risveglio. Le sue calze, pregne del soave aroma dei suoi piedi, soggiornavano gran parte della giornata nella mia bocca solleticando il mio palato e tenendomi compagnia durante le ore di studio e anche in quelle notturne, quando chiudendo gli occhi precipitavo nel mondo dei sogni, ritrovando immancabilmente la mia Padrona.

Attendevo con ansia di vederla anche durante le orse di lezione, sperando ardentemente che lei mi punisse per poter segretamente godere del suo dominio, e questo avveniva puntualmente ogni volta, spesso senza alcun valido motivo, quasi con una sorta di affetto. Accoglievo con gioia il dolore dei ceci per poter stare prostrato davanti a lei, che dolcemente allungava di tanto in tanto i piedi fino a sfiorare quasi le mie labbra. Tutto mi appariva perfetto mentre la mia razionalità con tutti i suoi naturali dubbi e sospetti dormiva un sonno profondo schiacciata dal peso insostenibile della mia improvvisa follia. Sembrava essere destinato tutto ad una perpetua immutabilità, ma bastò un breve istante di lucida e quasi inconsapevole ribellione per capovolgere la situazione gettandomi in faccia il guanto rivoltato della mia passione.
Dopo tre mesi di ligia schiavitù e di massacrante studio che mi permise di terminare da solo il programma di ogni materia, decisi di prendermi una meritata pausa e di recarmi nel mio amato cortile, che oltre ad essere stato a lungo il mio rifugio aveva rappresentato anche l’impensabile punto di svolta della mia vita. Varcai la soglia del corridoio che portava al cortile provando uno strano senso di nostalgia per quel luogo e con ansia mi diressi verso il muro che con tanta cura e impegno avevo dipinto. Ma giunto a pochi passi dalla mia meta udii delle voci che mi spinsero a nascondermi dietro una colonna tenendo il fiato sospeso per la sorpresa di quell’inaspettato dialogo a cui mi trovai ad assistere.

Vidi due figure confabulare davanti al mio dipinto e in una di loro potei riconoscere subito la mia Padrona, l’altra era la direttrice del collegio e sembrava estremamente interessata dai miei disegni. Pensai che la mia Padrona nonostante tutto mi avesse tradito e che avesse mostrato alla direttrice i miei disegni sul muro per farmi espellere, ma ascoltando il loro discorso scoprii che il motivo per cui erano lì era di gran lungo diverso da quello che io potessi immaginare.

-Come vedi ha molto talento e non solo in questo… sono certa che potrà tornarci molto utile per la nostra causa, tu non credi?-
-Si, credo tu abbia ragione. Resta da vedere se sarà disposto ad eseguire ogni nostro ordine dedicandosi alla realizzazione del nostro progetto.-
-Di questo non devi preoccuparti, grazie alla mia abilità e alla pozione sono riuscita a farlo mio schiavo… posso fare di lui ciò che voglio, vive solo per il piacere di adorarmi e servirmi. Mi è bastato fargli assumere la droga una sola volta dai costingendolo a leccarmi i piedi ed è diventato subito il mio animaletto domestico.-
-Quindi quella pozione si è rivelata efficace… ma sei sicura che sia irreversibile il suo effetto?-
-Si, finché non gli viene somministrato l’antidoto lui ne sarà totalmente dipendente.-
-Ma Margot, non possiamo tenerlo qui e drogarlo per sempre, altrimenti non ci sarebbe di alcuna utilità… quando abbandonerà il collegio dovrai dargli l’antidoto e allora come faremo a controllare la sua mente?-
-Di questo non devi preoccuparti, l’antidoto non lo libererà dal modo in cui gli è stata somministrata la droga… a quello resterà per sempre legato.-
-Quindi continuerà ad essere il tuo schiavo anche dopo?-
-Non solo il mio… diventerà un uomo sottomesso e servizievole con tutte le donne, un perfetto servo del nostro nuovo mondo e ci aiuterà a realizzarlo anche a costo della sua stessa vita.-
-Chi avrebbe mai pensato che i nostri piedi potessero divenire un’arma così potente… se ci avessimo pensato prima avremmo realizzato già da tempo il nostro sogno.-
-Non preoccuparti lo realizzeremo presto e non solo le nuove generazioni, ma anche noi potremo goderne.-
-Si, se quest’esperimento funziona, presto metteremo in commercio la lozione attraverso una nuova linea di calzature femminili… quando lo faremo non ci sarà uomo al mondo che non desideri di le cari i piedi delle donne.-
-Sarà comunque necessario continuare ad addestrare schiavi che vadano a formare la classe dirigenziale del domani per poter dare vita alla nuova società…-
-Lo so, infatti dall’anno prossimo gli insegnanti del collegio verranno tutti sostituiti dalle nostre adepte e il percorso di studi del collegio sarà prolungato fino alla laurea… e se ciò non dovesse bastare stiamo comunque addestrando anche un esercito di schiavi che ci fornirà il necessario sostegno militare, ma a questo ricorreremo solo nel momento finale del nostro piano… per il momento, se funziona, ci limiteremo a creare una buona classe dirigenziale a noi sottomessa e a diffondere il più possibile la dipendenza dai piedi femminili negli uomini.-
-Sono certa che funzionerà… stasera ti mostrerò il mio schiavo e ti renderai conto tu stessa di quanto efficace è la droga che gli ho somministrato.-
-Bene, sono proprio curiosa di vedere cosa si prova a farsi leccare i piedi da un cucciolo d’uomo.-
-Esattamente ciò che si prova a farseli leccare da un cane mia cara Lucia… del resto non c’è alcuna differenza tra di loro, non credi?- disse la professoressa Sobieskij beffardamente.
-Eh no Margot, qui ti sbagli … i cani sono di gran lunga meglio degli uomini…-

Entrambe scoppiarono in una sonora risata, mentre io, ancora incredulo per quanto avevo ascoltato, faticavo a riprendermi. Era dunque questo il motivo per cui non riuscivo a fare a meno dei piedi della professoressa Sobieskji?
Provai un enorme disgusto per quanto avevo fatto, lei era riuscita a sottomettermi attraverso la droga e a far sì che le leccassi i piedi senza neanche più accorgermi di quanto fosse umiliante farle da cane, facendomi apparire il tutto come qualcosa di cui essere quasi orgoglioso, ma ora la vergogna e la rabbia in me riaffiorarono con forza davanti a quella rivelazione. Sapevo che non avrei potuto far nulla contro quella pozione di cui aveva già sperimentato ampiamente l’efficacia, ma non avevo alcuna intenzione di continuare a farle da schiavo lasciandole calpestare a quel modo la mia dignità. Corsi subito nella mia stanza e preparai alla meglio la valigia per abbandonare quella strana prigione in cui mi avevano costretto. Quella sera, invece di recarmi da lei scodinzolando come un cagnolino, sarei fuggito dal collegio ed avrei denunciato le assurde pratiche a cui ero stato sottoposto.

Attesi con impazienza che il sole tramontasse e poi subito mi avventurai lungo il giardino del collegio, che in quell’occasione mi apparve stranamente luminoso, come un viale dorato che m’indicava la via della mia futura e imminente liberazione. Il muro di recinzione dell’istituto era molto alto, quasi insommortabile, ma per fortuna avevo con me una copia della chiave del cancello che la professoressa Sobieskji mi aveva dato proprio il giorno prima ordinandomi di andarle a comprare un nuovo paio di calze in paese. Non c’era mai nessuno a sorvegliare l’ingresso dopo le sette e mi fu facile sgattaiolare via senza che nessuno mi vedesse. La professoressa Sobieskij mi attendeva per le otto nelle sue stanze, quindi avevo almeno un’ora prima che lei potesse accorgersi della mia assenza ed almeno un altro paio d’ore perché capisse che ero fuggito dal collegio. Per raggiungere il paese ci volevano circa trenta minuti a piedi, avevo tutto il tempo di raggiungerlo e trovare un treno che mi portasse il più lontano possibile da quel luogo.

Mi avventurai alla cieca lungo il sentiero di campagna illuminato dalla pallida luce di una timida luna quasi spenta, l’assurda realtà del collegio mi aveva sconvolto e tra la rabbia per ciò che avevo dovuto subire e la paura di essere nuovamente imprigionato, giunsi come un moribondo alla stazione desolata del paese. Invano cercai qualcuno a cui chiedere informazioni sul prossimo treno in partenza, ma persino la biglietteria era chiusa e quella piccola stazione mi parve quasi abbandonata, come il fatiscente edificio di un binario morto. Per fortuna trovai una bacheca su cui era affisso un foglio sbiadito che riportava gli orari dei treni, ma non ebbi il tempo di esultare perché scoprii che su quei binari passava solo un treno che portava alla città più vicina e che la prossima partenza era prevista per il mattino dopo alle sei.

Solo, infreddolito e con pochi soldi, mi ritrovavo bloccato e col rischio di essere riacciuffato dalla mia carceriera, della quale non osavo immaginare neanche la reazione alla scoperta della mia fuga, sapevo bene quanto potesse essere crudele e di certo mi avrebbe punito duramente se fosse riuscita a ricondurmi con sé nella mia prigione. Vagai a lungo per le stradine del paese cercando un luogo in cui ripararmi, con la speranza che nessuno venisse a darmi la caccia fino al mattino dopo. La mia attenzione fu attratta dall’insegna di una piccola locanda dalla quale mi giungeva un caldo e allegro vocio, forse lì mi sarei potuto rifugiare e riordinare le idee per decidere cosa fare, pensai. Il tepore dell’aria piena di alcol e di fumo mi abbracciò e mi dondolai ritrovando per un attimo un po’ di serenità in quell’allegro caos che mi circondava in modo quasi benevolo.

La padrona della locanda mi scrutò con curiosità, meravigliata forse di vedere un ragazzino con la divisa da collegiale nel suo locale. Il collegio non permetteva a nessuno, se non in caso di emergenza, di allontanarsi dall’istituto e in paese non doveva essere molto comune la presenza di studenti, soprattutto la sera.
-Dimmi la verità carino, sei fuggito di nascosto dal collegio?- disse la locandiera.
A queste parole mi si gelò il sangue e fui quasi sul punto di scappare, temendo che lei potesse chiamare la direttrice per avvisarla.
-Non preoccuparti piccolo… è giusto divertirsi un po’ ogni tanto…- aggiunse strizzando l’occhio.

Tirando un sospiro di sollievo le sorrisi con gratitudine e quasi mi commossi per il suo modo di fare così affettuoso e amichevole che da sempre mi era negato, ma proprio quel calore e quella dolcezza mi fece improvvisamente piombare nella disperazione riportandomi all’effettiva realtà della mia situazione.
Ero giunto al collegio direttamente dall’orfanotrofio, al mondo non esisteva alcun posto che potessi definire casa e al quale potessi tornare, se non proprio quello da cui ero appena fuggito. Mi resi conto che l’unico vero legame che avevo avuto nella vita era proprio quello di schiavitù che la professoressa Sobieskji mi aveva imposto e che il nulla mi attendeva lontano dalla mia prigione. Forse avevo commesso un grande errore a scappare dal collegio e una volta preso il treno che avrebbe coronato la mia fuga non avrei saputo proprio cosa farne della mia vita.

Cominciavo ad avere dubbi anche riguardo l’idea di denunciare le sevizie che avevo subito, chi avrebbe creduto a quella storia assurda e che peso poteva avere la parola di un trovatello senza nessuno contro quella della professoressa Sobieskji. Denunciando l’accaduto avrei solo rischiato che mi riconducessero a forza all’istituto e in quel caso la mia Padrona mi avrebbe sottoposto a supplizi inimmaginabili per punirmi. Ormai non mi restava da fare altro che continuare a scappare verso quel nulla senza voltarmi indietro. Una volta giunto in città mi sarei trovato un lavoro e mi sarei arrangiato a vivere per strada, mi attendevo tempi molto duri, ma in qualche modo me la sarei cavata e nessuna presunta Padrona mi avrebbe più umiliato costringendomi a leccarle i piedi. I pensieri si susseguivano vorticosamente nella mia mente alternando disperazione e speranza, ma improvvisamente si arrestarono ricadendo sui piedi della mia Padrona e mi accorsi che già da diverso tempo il mio sguardo si era incantato contemplando i piedi della locandiera che girava tra i tavoli.

Seguivo con desiderio i suoi passi nei zoccoli di legno, immaginandomi prostrato a baciare e leccare i suoi piedi stanchi attraverso le spesse calze che indossava. Gli effetti della droga che la professoressa Sobieskji mi aveva somministrato stava riaffiorando e senza l’antidoto presto avrei avuto una crisi d’astinenza di cui non conoscevo neanche le conseguenze. Per fortuna avevo portato con me un paio di calze usate della mia Padrona per poter resistere a questi attacchi, ma non me ne sarei potuto servire a lungo. Con uno sforzo immane allontanai lo sguardo dai piedi della locandiera e mi ritrovai a fissare la mia immagine nello specchio.
Al collo portavo ancora il collare della mia Padrona, pur essendo fuggito da lei non avevo potuto disobbedire all’ordine di indossarlo sempre, mi resi conto che il condizionamento mentale che mi aveva imposto era più potente di quanto pensassi. Che sia ormai troppo tardi per me? Possibile che l’impronta dei suoi piedi nella mia mente sia ormai incancellabile e che la mia esistenza sia segnata per sempre?
-Che c’è tesoro, non ti senti bene? Di certo la fame non ti manca comunque…- disse portando via il piatto vuoto dal mio tavolo. Preso dalla pazzia che mi era stata inculcata, seguii la padrona della locanda nel retro e la trovai seduta a riposare, approfittando del fatto che erano rimasti pochi clienti.
-Eh no cucciolo, qui non puoi stare…- disse vedendomi.
-Mi perdoni, volevo solo ringraziarla per la sua gentilezza e chiederle se potevo esserle d’aiuto.-
-Non è che per caso non hai soldi per pagare?-
-No, no… i soldi ce li ho…-
-Allora non c’è bisogno che mi ringrazi, ho fatto solo il mio lavoro tesoro.-
-Ma no, la prego… lasci che la ringrazi massaggiando i suoi piedi stanchi, la supplico…- dissi cadendo in ginocchio ai suoi piedi.
-Tu devi essere pazzo ragazzo mio…- disse ridendo con imbarazzo per il mio comportamento.
-La supplico, non mi neghi il piacere di poter baciare i suoi piedi.- dissi piangendo e bagnando le sue calze con le mie lacrime.
-Eh si… tu sei decisamente un pazzo!-
Incapace di rialzarmi continuai ad implorarla e a piangere sui suoi piedi finché lei non si impietosì.
-Su, basta piangere ora… se proprio ci tieni tanto fai pure, ma solo per un paio di minuti, chiaro?-
-Si Padrona…-
-Padrona? Ma da quale manicomio sei fuggito?-
Io ormai non sentivo più le sue parole ed ero totalmente preso dai suoi piedi e dal loro aroma che aspiravo avidamente mentre glieli massaggiavo ricoprendoli di delicati baci.
-Però… sei bravo a fare massaggi. Ce ne vorrebbero di più di pazzi come te, soprattutto dopo una dura giornata passata a servire tra i tavoli.-
Strofinando il viso e la bocca sui suoi piedi riuscii a mitigare almeno in parte la mia crisi d’astinenza, ma quel lieve sollievo non bastò e preso da un raptus di follia iniziai a leccare e succhiare le sue calze infilandomi il suo piede in bocca.

-Ok cucciolo, basta così! Ora stai esagerando!- Con una pedata mi allontanò, ma io non desistetti dalla mia vana ricerca della dose di droga che speravo di trovare sui suoi piedi e mi aggrappai a loro continuando a leccarli senza accorgermi delle sue urla e dei colpi del suo zoccolo che ricevevo sulla testa. Strinsi i suoi piedi premendomeli contro il viso e continuai a leccarli finché non fui preso dalle convulsioni e caddi svenuto ai suoi piedi.

Finalmente ti sei ripreso stupido cane ingrato!- La voce della professoressa Sobieskji tuonò dall’alto aggredendo le mie orecchie ancora in preda all’intontimento quando riaprii gli occhi. Vidi la suola della sua scarpa premuta sul mio viso e presto avvertii il dolore che mi procurava il suo tacco che affondava nella mia pelle. Tirai fuori la lingua e leccai il cuoio della sua scarpa, dimenticando che non mi era permesso leccare le sue scarpe senza il suo permesso.
-Come osi cane!-
Con una pedata mi bloccò facendomi quasi perdere nuovamente i sensi e con rabbia conficcò il tacco della sua scarpa nel mio petto stropicciandolo come se stesse spegnendo la cicca di una sigaretta.
-Cosa ne facciamo ora? Non possiamo più addestrarlo ormai… forse dobbiamo cancellare i suoi ricordi e mandarlo via.-

Il suono della voce della direttrice mi sorprese e solo allora iniziai a percepire la realtà che mi circondava. Mi trovavo steso sul fresco parquet del soggiorno della professoressa Sobieskji con le mani legate dietro la schiena, ero accanto al divano e voltandomi vidi i piedi della direttrice non molto lontani dal mio viso.
Mi scrutava con curiosità mentre parlava con la mia Padrona e le sue lunghe gambe che terminavano nelle appuntite decoltè m’indicavano minacciosamente quasi attirandomi magicamente a sé, mentre il tacco della professoressa Sobieskji continuava insistentemente a scavare nel mio petto. Non sapevo com’ero finito lì, forse era stata la locandiera a chiamare le mie carceriere perché venissero a prendermi, non ricordavo nulla eccetto il sapore acre del suo sudore che avevo leccato con impeto attraverso le sue calze pregne dei frutti di una giornata di lavoro. La mia crisi d’astinenza aveva reso vana la mia fuga riconducendomi alla mia prigionia e mi riscoprii ad essere quasi felice di questo.
Sentivo il mio malessere diminuire poco a poco, sovrastato dal potere incontrastato dei piedi della mia Padrona che anche nel dolore sapevano donarmi piacere.
-Ma quel macchinario è ancora in via sperimentale, non ne conosciamo ancora bene gli effetti.-
-Lo so Margot, ma non possiamo mica tenerlo segregato qui per sempre…-
-Certo che possiamo, è un trovatello… non ha nessuna famiglia a cui far ritorno, quindi potrò tenerlo qui al mio servizio addestrandolo a dovere fino alla laurea.-
-Non lo so, è rischioso. E poi quando si sarà laureato dovremo comunque lasciarlo libero e ci troveremo ad affrontare di nuovo questo problema.-
-Non preoccuparti, quando arriverà quel giorno mi supplicherà di poter restare. Ormai mi appartiene, è proprio per questo che la sua fuga è stata un totale fallimento… non può stare lontano dai miei piedi, l’hai visto tu stessa quanto desidera leccarli. Non è in grado di opporsi al mio volere, la sua mente è stata condizionata in maniera irreversibile. Sarebbe un vero peccato buttar via un elemento così valido ai fini del nostro progetto.-
-Credi che non si ribellerà più?- -Ne sono certa… non è vero schiavo?!- disse afferrando il guinzaglio di cui solo in quel momento mi resi conto e strattonandomi fino a farmi mettere in ginocchio.
-Si Padrona.-

La direttrice rise di gusto vedendomi così e sollevò una gamba poggiando il piede sul mio viso, curiosa, forse, di sperimentare l’ebbrezza che poteva regalarle un atto di assoluto dominio come quello.
Per un attimo mi chiesi quanto piacere provassero nell’umiliarmi a quel modo e se era paragonabile a quello che provavo io assumendo la droga dalle loro scarpe, o se forse era anche di gran lunga superiore ad esso.
-Lucia! Non poggiare le scarpe sporche sulla sua faccia… aspetta che lui si occupi prima di pulirle con la sua lingua…-
-Ah si, scusa… hai ragione.- disse la direttrice abbassando il piede con grazia sul pavimento davanti a me.
-Avanti schiavo! Lecca!- ordinò la professoressa Sobieskji afferrandomi per i capelli e premendomi il viso sui piedi della direttrice.

Leccando i piedi della mia nuova Padrona vi ritrovai lo stesso dolce sapore dei piedi della professoressa Sobieskji, evidentemente anche la direttrice aveva cosparso la pelle delle sue scarpe con la stessa droga e le lucidai con foga tra le risa compiaciute e di scherno delle mie tiranne.
-Avevi ragione Margot… è davvero un bravo cagnolino.- disse rimirando la scarpa che avevo già fatto risplendere con la mia lingua.
-Puoi tenerlo, ma solo se lo farai usare anche a me ogni tanto.-
-Ma certo cara, è a tua completa disposizione.-
-Grazie Margot… ne avevo proprio bisogno sai? Ho molte scarpe da lucidare è un così abile lustrascarpe è quel che mi ci voleva!-
-E pensa che sa fare bene anche altro oltre a questo…-
-Ah si? E cosa?-
-La sua linguetta è ottima anche per rilassanti pediluvi…-
-Davvero? Devo assolutamente provarlo allora!-
-Che aspetti schiavo, non hai sentito cosa ha detto la tua nuova Padrona?!- disse la professoressa Sobieskji tirandomi per un orecchio.
-Lascia cara, faccio io…-
-Si, giusto… è come un cane, ha bisogno di imparare anche la tua voce per riconoscerti come Padrona…-
-Da bravo schiavo, toglimi le scarpe… oh, ma ha ancora le mani legate questo povero cagnolino…- disse scoppiando in una sonora risata.
-Va bene, per questa volta farò da sola.- aggiunse sfilandosi le scarpe e poggiando i piedi fasciati dal nylon dei collant scuri sul mio viso. Per un po’ si divertì a sfregarli sul mio viso asciugandoli del sudore di cui erano intrisi, poi ne poggiò uno sulla mia testa e l’altro sul mio viso facendolo combaciare perfettamente con la sua pianta.
-Ti piacciono i miei piedi piccolo?-
-Si Padrona…-
-Che carino… mi chiama Padrona.- disse accarezzandomi con dolcezza il contorno del viso con la punta del piede prima di adagiarla sulle mie labbra.
-Da bravo cagnolino, leccami i piedi ora… fammi vedere quanto ti piacciono.-

Sotto il suo sguardo vigile e attento iniziai ad insinuare la mia lingua sotto le sue dita che continuavano ad esercitare la loro lieve pressione sulla mia bocca. Abbracciai con enfasi il sapore intenso dei suoi piedi in cui si mischiavano quelli delle scarpe e del nylon delle sue calze oltre che dell’agognata droga che mi aveva reso loro schiavo.
Lei si distese incrociando le braccia dietro la testa e si rilassò totalmente abbandonandosi al massaggio plantare che le offriva la mia lingua. La superficie liscia dei suoi collant era ormai madida della mia saliva e lei di tanto in tanto strofinava i piedi tra i miei capelli nel vano tentativo di liberarsene.
-Non c’è che dire Margot, è davvero molto bravo questo cucciolo d’uomo… diventerà un perfetto schiavo se continuerai ad addestrarlo così bene.-
-Si, ha molto talento… ti spiace se mi unisco anch’io? Ho i piedi molto stanchi e un bel massaggio è proprio ciò di cui ho bisogno.-
-Ma no, fai pure cara… in fondo il cagnolino è il tuo. Forse però dovresti liberargli le mani, così può servirci meglio.- disse la direttrice ridendo.
La professoressa Sobieskji allora si alzò e mi slegò le mani facendomi ricadere carponi. Poi tornò a sedersi e si sfilò le scarpe e le calze avvolgendole attorno al mio collo.
-Sulla pelle nuda è molto più piacevole, prova anche tu.-
La direttrice non ebbe esitazioni a seguire quel consiglio, si liberò subito delle calze zuppe della mia saliva e poggiò i suoi piedi nudi sul mio viso accanto a quelli della professoressa che avevo già iniziato a leccare. Entrambe si divertirono a giocare con la mia faccia mentre la mia lingua arrancava tra i loro piedi senza più riuscire a distinguerli l’uno dall’altro.

Il mio viso era totalmente ricoperto dai loro piedi che si strusciavano su di esso e s’infilavano nella mia bocca esplorando la mia cavità orale premendo la mia lingua che instancabilmente continuava il suo lavorio bagnando la loro pelle con le sue carezze. Ero totalmente pervaso dal loro aroma che mi stava causando quasi un overdose e i loro risolini e commenti di scherno che avrebbero dovuto umiliarmi risuonavano invece dolcemente nelle mie orecchie e mi spingevano a leccare ancora con più passione i loro piedi succhiando le loro dita e avvolgendole tra i miei caldi e devoti baci. Poi la professoressa improvvisamente si alzò allontanandosi e mi lasciò per alcuni istanti solo con i piedi della direttrice che ridendo soddisfatta ne infilò uno nella mia bocca spingendolo dentro più che poteva e solleticò il mio palato agitando le sue dita mentre cercavo invano di continuare a leccarle. Poco dopo la professoressa Sobieskji tornò con una tinozza piena d’acqua e la posò sul pavimento davanti a me.
-Su, bevi cane! Non hai più saliva e non riesci più a leccare come si deve i nostri piedi se non bevi prima un po’ d’acqua.-
-Aspetta! Voglio sottoporlo anch’io alla cerimonia di investitura come hai fatto tu…- disse la direttrice immergendo i piedi nella tinozza.
-Si, giusto… la berrà leccandoti i piedi! Avanti schiavo, bevi!- disse la professoressa calcando il piede sul mio capo e spingendomi col viso nell’acqua della tinozza fino a premerlo sul dorso dei piedi della direttrice. A grandi sorsate bevvi l’acqua in cui la professoressa Sobieskji continuava ad immergermi bloccandomi col peso del suo piede fino quasi ad affogarmi e ben presto la mia lingua si ritrovò a lambire nuovamente i piedi della direttrice prosciugando tutta l’acqua attorno a loro.
-Povero cucciolo… dovevi avere proprio una gran sete.- La professoressa Sobieskji allentò la pressione sul mio capo che rimase chino sui piedi della direttrice, poi mi afferrò per i capelli tirandomi su e sovrastando il mio viso col suo mi annientò col suo sguardo severo e sprezzante.
-Ti è piaciuto il nettare della tua Dea, vero schiavo?! Sai bene di non esserne degno dopo la tua fuga e che meriteresti di essere punito e non premiato dai nostri piedi!-
-Si Padrona, mi perdoni…- sussurrai gemendo per il dolore.

Sentivo il suo alito soffiarmi in faccia rabbioso e la sua mano strattonare con forza i miei capelli costringendo la mia bocca a restare aperta in una trattenuta smorfia di dolore della quale lei approfittò sputandoci dentro ripetutamente.
-Neanche di questo sei degno!- aggiunse sputandomi ancora in bocca e costringendomi ad ingoiare la sua saliva. Poi abbandonò il mio capo e con un paio di calci al ventre mi fece ricadere prostrato. Nel dolore vedevo i piedi vogliosi della direttrice infilarsi sotto il mio viso esigendo ancora i baci della mia lingua e quelli della professoressa salire sulla mia schiena e percorrerla fino alla testa, sulla quale si rigirò tornando a sedere sul divano. I loro piedi tornarono a divertirsi con la mia faccia strofinando le piante su di esso mentre li leccavo con inesauribile avidità, come se la mia sete di loro fosse inestinguibile. Ancora una volta fui investito da quella miriade di sapori e odori che sommergevano il mio viso e divenivano tutt’uno con la mia bocca scorrendo con perverso impeto dentro me.

Potevo talvolta distinguere i piedi ancora umidi della direttrice da quelli della professoressa velati da un po’ di polvere che si era appiccicata alle sue piante quando era andata a prendere la tinozza con l’acqua. Ma poi di nuovo si confusero tra di loro immergendosi più e più volte nella mia bocca e i miei pensieri divennero sempre più sfocati, nella mia mente annebbiata campeggiava solo il volere delle mie Padrone e il dolce aroma dei loro piedi, mia unica fonte di gioia e meta di tutti i miei desideri.
-E’ stupefacente quello che sei riuscita a fare di lui…-
-L’ho solo reso consapevole della sua natura mostrandogli l’immensa superiorità delle donne e il giusto modo di rapportarsi ad esse…-
-Già… e da quanto ci ha riferito la padrona della locanda si direbbe che l’ha appreso bene.- disse la direttrice con tono beffardo.
-Lui sarà il precursore di una nuova era… vedrai che presto tutti gli uomini impareranno a sottomettersi alle donne riconoscendo in loro le assolute Dee e Padrone dell’umanità. Il cosiddetto sesso forte soccomberà sotto i nostri tacchi adorandoci con devozione!-

Scrissi tutto d’un fiato, quasi come se fossi in trance, senza neanche rendermi conto del tempo che passava. Mi stupii di come un effimero barlume di ricordi avesse potuto suggestionarmi a tal punto. Spesso prendevo spunto dalla realtà per i miei racconti, ma utilizzavo eventi molto più consistenti, sui quali dovevo lavorare a lungo per poter creare le mie storie. Gli elementi reali in questo caso erano ben pochi, la vaga memoria del collegio in cui avevo studiato e di cui stranamente non ricordavo quasi nulla, eccetto le interminabili ore passate sui libri, e la presenza della professoressa Margot Sobieskji, che con il suo fascino altero e severo aveva costituito la molla principale della mia invenzione.

Lei era il ricordo più vivido che avevo di quegli anni, i suoi occhi e il suono dei suoi tacchi mentre incedeva nel corridoio, erano la prima cosa che mi tornavano in mente quando ripensavo alla mia adolescenza, forse avrei dovuto ringraziarla dedicando a lei questo mio nuovo racconto. Mi resi conto che era davvero tardi e che Nadia sarebbe arrivata a momenti per pranzare con me. Dopo essermi staccato a forza dal computer, corsi a farmi la doccia, cercando di riprendermi. Ero scosso dalla dura nottata passata a scrivere e faticavo a distogliere la mente dalla mia nuova storia. Nadia aveva le chiavi del mio appartamento e, quando uscii dalla doccia, la trovai seduta sul divano ad aspettarmi.
Indossava una leggera camicia rossa, su cui riposavano le lunghe ciocche dei suoi capelli biondi e le sue gambe accavallate si affacciavano attraverso lo spacco della lunga gonna di jeans.
-Ciao amore! Ti sei alzato tardi stamattina, eh?-
-A dire il vero non ho dormito per niente.-
Era bellissima e il mio sguardo accarezzò voluttuosamente il suo corpo snello e flessuoso, giungendo fino ai piedi affusolati che irradiavano il loro fascino attraverso i sandali rossi e col tacco alto che calzava. Un impulso incontrollabile si avventò all’improvviso su di me ed ogni cellula del mio corpo desiderò di prostrarsi ad adorare quei meravigliosi piedini. Forse ero stanco, o forse era la suggestione del racconto appena scritto che mi faceva sentire così. Non era la prima volta che vedevo i piedi di Nadia e che ne ammiravo la bellezza, ma mai come in quel momento li trovai tanto irresistibili.
Temevo di non riuscire a controllarmi, è vero che avevo deciso di dire a Nadia della mia passione, ma volevo evitare di rivelarglielo in maniera così esplicita col rischio che la mia confessione risultasse troppo scioccante per lei.
-Cos’hai non ti senti bene?- mi disse notando il mio stato alterato.
-No, niente… sarà la stanchezza.-
Cercai di distogliere lo sguardo dai suoi piedi sedendomi accanto a lei, ma li sentivo insinuarsi prepotentemente nella mia testa, frugando con le dita nei miei pensieri. Mi vedevo prono, sottomesso e intento ad adorare i suoi incantevoli piedi con devozione. Sulla lingua sentivo il loro dolce sapore sommergermi mentre li lambivo infilandola sotto le sue dita, lasciando che la premesse contro i sandali che calzava. D’un tratto lei si distese, sollevando le gambe e poggiando i piedi sullo schienale del divano a pochi centimetri dal mio viso.
-Accidenti… ed io che speravo di starmene sul divano a rilassarmi mentre tu ti prendevi cura di me cucinando e facendomi magari anche un bel massaggio ai piedi.-
Perché faceva così, perché mi provocavo a quel modo?
Non mi aveva mai chiesto di massaggiarle i piedi, perché proprio ora che mi trovavo in quello stato febbricitante mi tentava con quella richiesta? Spesso, seppur con dolcezza e ironia, si comportava come una regina con me, spingendomi a servirla e a coccolarla così come io desideravo, ma in quel momento mi parve che calcasse un po’ troppo la mano e il piede su quel gioco. Osservai i suoi occhi che brillavano sorridendo e i suoi piedi ammiccanti che mi avvolgevano col loro profumo. Non avrei potuto resistere ancora a lungo, ero certo che da un momento all’altro sarei crollato ai suoi piedi baciandoli con passione come in preda ad improvvisa follia. Mi alzai subito, feci appena in tempo ad allontanarmi da loro prima che s’impossessassero irrimediabilmente di me, infatti proprio in quel momento sentii i suoi sandali cadere al suolo e vidi il nudo candore di quelle dolci estremità che continuavano a chiamarmi a sé come echi di sirene.
-Ma che ti prende tesoro?-
-Nulla Nadia, scusami ma credo sia meglio se ci vediamo un’altra volta.- -Cosa? Mi stai cacciando per caso?-
-Perdonami, ma non mi sento bene… ho un disperato bisogno di mettermi a letto e dormire.
-Ti chiamo io stasera, ma ora ti prego, lasciami solo.-
A queste parole Nadia non replicò, con rabbia si rimise le scarpe ed uscì sbattendo sonoramente la porta d’ingresso. Mi pentii subito di quanto avevo fatto e pensai di rincorrerla per fermarla, ma giunto alla porta capii che se l’avessi fatto non avrei potuto più resistere agli impulsi insensati che avevano preso il controllo della mia mente e allora avrei rischiato di perderla per sempre. In preda alla disperazione notai le infradito di Nadia, quelle che usava quando restava a dormire da me.
-Ecco, ti lascio un mio ricordino… trattale bene, sono le mie preferite.- disse sorridendo il giorno in cui le lasciò a casa mia.
In un attimo mi ritrovai sul pavimento ad abbracciare e baciare con foga le sue infradito, leccandole con passione per dissetarmi col sapore che ancora conservavano dei piedi di Nadia, sognando di sentirli sul mio petto e sul mio viso prono e intento ad amarli.

Di nuovo dieci minuti a mezzanotte quando mi svegliai con il viso ancora premuto contro gli infradito di Nadia. Percepii il fresco del pavimento sul mio corpo accaldato e mi rialzai chiedendomi se non fosse stato tutto un sogno. Ero ancora intontito e sentivo girandole di strani pensieri che si agitavano nella mia testa. Invano cercai di fugarle con una lunga e profonda sorsata dalla bottiglia di whisky che mi ammiccava dalla scrivania, ma ottenni solo nuove vertigini che si aggiunsero, mischiandosi, al mio malessere. Accesi il computer cercando inutilmente di riordinare un po’ le idee e mi ritrovai a desiderare disperatamente di fumare un po’ d’erba, magari così sarei riuscito a ragionare meglio, o almeno mi sarei potuto rincoglionire fino a perdere i sensi, ma forse per questo l’erba non bastava.

Un nuovo messaggio di Miss Lucinda mi attendeva nella mia mailbox: “Il perdono dovrai guadagnartelo e lo farai presto, pagandolo a caro prezzo! Nessun uomo può mancare di rispetto alla Suprema Dea impunemente! Hai dimenticato qual è il tuo posto, ma tra non molto lo ricorderai di nuovo, imprimendolo in modo indelebile nella tua mente!” Le sue parole mi fecero provare un indefinibile senso di sgomento, c’era in quelle poche righe il riferimento a qualcosa che non comprendevo pienamente, ma che lentamente strisciava facendosi strada dentro me. Non ritenevo il racconto ancora finito, ma l’insistenza di Miss Lucinda e l’effetto che aveva su di me lavorare a quella storia, mi spinsero ad inviarlo subito, così com’era, alla mailbox della redazione della rivista. Mi abbandonai esausto sul divano, cercando un attimo di oblio per la mia mente febbricitante e mi assopii quasi subito, nonostante avessi dormito già tutta la giornata sugli infradito di Nadia. Le luci soffuse dell’alba avevano appena cominciato a rischiarare il cielo quando sentii la porta del mio appartamento aprirsi.

Balzai in piedi credendo si trattasse di un ladro e con mia enorme sorpresa scorsi invece Nadia, che con sguardo severo e senza neanche rivolgermi la parola, varcò la soglia. Un lungo vestito di seta bianca le fasciava il corpo ricoprendolo fino alle caviglie. Ad ogni passo gli orli del vestito svolazzavano e il suono dei tacchi a spillo dei suoi sandali neri e argento risuonava nella stanza. Sedette sul divano davanti a me e rivolgendomi uno sguardo duro e gelido che mi era del tutto sconosciuto in lei, indicò il suolo ai suoi piedi. -Cosa aspetti schiavo? Sai già quel che devi fare.- Il tono delle sue parole non ammettevano alcuna replica e senza esitare mi prostrai fino a sfiorare il suolo con la fronte, baciandolo umilmente per esprimerle la mia devozione.
Improvvisamente le immagine vivide della vita in collegio di cui avevo scritto scorsero davanti ai miei occhi. I contorni indistinti dei sogni si espandevano varcando il limite della realtà e divenendo parte di essa. Nadia premette lievemente il tacco sul mio capo e mi ordinò di sollevarmi quel tanto che bastava per poter offrire il mio viso all’assoluto dominio del suo piede.

-Bene, vedo che la memoria ti è tornata schiavo. Buon per te, se le cose fossero andate diversamente avrei dovuto mandarti nel centro di rieducazione e lì sanno essere più dure e severe persino di Miss Sobieskji. -
La mia confusione andava man mano scemando e il solo pensiero di servire e adorare la mia Padrona occupava la mia mente mentre baciavo e leccavo la suola delle sue scarpe.
-Forse non ti è ancora del tutto chiara la situazione e probabilmente non mi hai ancora riconosciuta.- disse spingendomi via e facendomi stendere supino sul pavimento.
-Vediamo se ora mi riconosci.- aggiunse sfilandosi le scarpe e salendo sul mio petto. Quando vidi la pianta del suo piede nudo sospesa sul mio viso, calare lentamente fino a raggiungermi, riconobbi subito il piede delle foto allegate ai messaggi di Miss Lucinda.
-Mi è sempre piaciuto molto quello che scrivi e per questo mi sono interessata a te e sono intervenuta in tua difesa quando il Consiglio ha iniziato a trovare sospetto il tuo comportamento.

Ma forse hai prima bisogno di qualche delucidazione per capire ciò che ti sto dicendo.- Dopo essere scesa dal mio petto tornò a sedersi sul divano e ad un suo cenno la raggiunsi carponi e iniziai ad accarezzare con umidi baci la pelle vellutata dei suoi piedi. Mentre la mia lingua scivolava tra le sue dita, scorrendo delicatamente lungo le rotondità del suo alluce e tra i dolci sentieri disegnati sulle sue piante, lei si rilassò tra soffusi gemiti che di tanto in tanto vibravano nella sua voce che mi avvolse con le straordinarie rivelazioni del suo discorso.

-Sappi che colei che stai adorando è la Dea Suprema del regno dei drow. La nostra esistenza si è celata fino ad ora in leggende e storie fantasy che narrano di una comunità di elfi oscuri la cui società è governata dalle donne. Bizzarro come le leggende si avvicinino spesso alla realtà. La nostra razza un tempo imperava su tutto il mondo, i nostri maschi erano ridotti in schiavitù, usati per le guerre e i lavori più duri, mentre gli umani erano poco più che polvere sotto i nostri piedi. Ma, come tutti i più grandi imperi, anche il nostro finì per collassare a causa di guerre interne. Restammo in pochi, un gruppo troppo esiguo per poter continuare a dominare tutto il globo e il nostro impero si ridusse a un piccolo regno. Non appena cominciammo a riprenderci dalla nostra decadenza, iniziammo a infiltrarci tra i vili umani e da allora, con un lento e duro lavoro, abbiamo organizzato la nostra rinascita. Affinando le nostre arti e le nostre capacità di dominio abbiamo scoperto lo strano potere di fascinazione che i piedi delle donne, sia umane che drow, hanno su tutti i maschi e abbiamo deciso di sfruttarlo per assoggettare nuovamente la razza umana rifondando il nostro impero. Il collegio in cui sei stato allevato aveva proprio questo scopo, anche se le cose non sono andate esattamente nel modo in cui l’hai descritto. Non esiste nessuna pozione magica, è solo la tua natura di schiavo che ti ha spinto a sottometterti incondizionatamente a Miss Sobieskji. Il desiderio di sottomettersi a noi alberga nel cuore di ogni essere di sesso maschile, basta saperlo portare alla luce, e questo è ancor più vero per te che discendi dalla razza dei drow.-

Ciò che il suo discorso mi rivelò mi sorprese e ancor di più mi stupì quanto credibili e vere apparivano al mio intelletto quelle parole. Un drow, uno schiavo, nient’altro che questo io ero e uno strano senso di gioia e soddisfazione s’impossessò di me a quel pensiero mentre continuavo a leccare i piedi della mia Dea Suprema.
-Dopo il collegio il Consiglio ha continuato a tenerti d’occhio, trovando in te un motivo di orgoglio. Ma quando hai smesso di rispettare le scadenze abbiamo pensato a una tua eventuale ribellione, per cui sarebbe stata necessario un breve soggiorno nel centro di rieducazione. Per tua fortuna io li ho fermati e ho deciso di sondare io stesso il tuo animo. Ho trovato in te uno schiavo devoto e per questo sarai perdonato per la tua insubordinazione. Però, dopo averti rivelato tutto questo, non potrai più tornare alla tua vita di prima, c’è sempre il rischio che tu possa commettere l’errore di divulgare queste notizie. Il nostro controllo su di te diverrà più stretto d’ora in poi e sarò io stesso ad esercitarlo, prendendoti con me come mio schiavo personale. E’ un onore questo di cui pochi maschi possono beneficiare. Di sicuro te ne rendi conto e sono certo che tale privilegio sia per te un motivo di gioia.-

Non si sbagliava la mia Dea e Padrona Suprema e il mio perpetuo leccare e baciare adorando i suoi piedi fu una tacita risposta più che soddisfacente per lei. Il sole ormai illuminava tutta la stanza, una nuova alba era sorta su di me, rinascevo ora finalmente come schiavo e l’astro della mia Padrona brillava radioso nel cielo della mia devozione.
view post Posted: 24/11/2011, 11:05     Dalia - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Sono ormai due giorni che sono qui……mi sembra un sogno, un meraviglioso sogno ma invece è tutto incredibilmente vero! Le avevo proposto, naturalmente insieme a Giulio, di passare qualche giorno dalle mie parti in un grazioso agriturismo (naturalmente a mie spese) ma tramite e-mail mi aveva risposto che prima voleva conoscermi a fondo e di fornirle nel frattempo il numero del mio cellulare. La sua voce è rimasta indelebilmente scolpita nella mia mente e quelle due parole “Vieni, servo!!” mi hanno fatto correre da lei col cuore in gola. Ho letteralmente divorato quei 350 km. che mi separavano dalla sua abitazione, e giunto al raccordo anulare ho seguito il percorso segnalato dal navigatore sul quale avevo segnato l’indirizzo che mi aveva indicato in quella mail. Quegli ultimi momenti mi facevano rimbalzare nella mente le mille domande che mi ero fatto….come mi accoglierà?....come sarà vestita?...dovrò aspettare un Suo ordine o appena La vedo mi getterò subito ai suoi piedi?...ma soprattutto in che modo mi accoglierà Giulio? Sarò per lui un amico, un concorrente o cosa?......mentre stavo titubante davanti alla porta era quest’ultima domanda che mi assillava, ma non appena aperta ,il sorriso ammiccante del suo schiavo mi ha tolto ogni dubbio…..avrei avuto in lui un amico con il quale avrei condiviso il piacere della sottomissione più dura
“Entra, ti sta aspettando…..mettiti in ginocchio e non alzare lo sguardo fino a che non te lo dice lei “…poi sussurrando in modo da non farsi sentire:
“in bocca al lupo, collega….” E sempre ammiccando mi ha indicato dove dovevo indirizzarmi……..a capo chino e avanzando in ginocchio sono entrato nella sala….potevo vedere solo un paio di ciabattine da casa accanto ad un divano, ed immaginai che la padrona vi fosse distesa sopra. Il solo fatto di saperla a piedi nudi mi fece accapponare la pelle dai brividi di piacere ma non osavo ancora alzare la testa ,memore delle indicazioni di Giulio.
Il bellissimo piede di Dalia, che conoscevo ormai per averlo stampato nella mente dopo averlo visto mille e mille volte in foto sul Forum, si avvicinò al mio viso ….non una parola, solo quel piede che dondolandomi davanti, pareva invitarmi a baciarlo….preso dall’eccitazione mi sono sporto in avanti con le labbra pronte …il piede è calato fin quasi a strusciare il pavimento ed io continuavo a seguirlo come ammaliato…stavo quasi per raggiungerlo quando , velocemente si è spostato andando a premere la mia nuca sul nudo pavimento…..solo in quel momento ho sentito la sua voce:
“Chi ti ha detto di baciarlo, servo?!?!?...tu devi fare solo quello che ti dico io e nient’altro, ci siamo capiti?...” senza attendere risposta ha premuto con più forza il piede fino schiacciarmi quasi il naso sul pavimento….poi lentamente, sempre usando il piede, ha spostato la mia testa fino a farmi raggiungere con il viso le ciabattine; ha allentato leggermente la pressione ,per poi riprenderla con vigore non appena il mio naso si è appoggiato sulla suola interna delle calzature della signora.
“Per adesso limitati ad annusarmi le ciabattine, cerca di inebriarti con il loro profumo ,perché dovrai imparare bene l’odore dei miei piedi, servo!!..dovrai riconoscerlo ad occhi chiusi!!...servo!!”
Calcava bene il tono della voce quando diceva “servo”……e questa cosa mi eccitava…..non sapevo cosa stesse facendo esattamente lei…. immaginai che leggesse qualcosa dato che la televisione era spenta, ma non ne ero sicuro….forse invece si stava divertendo a guardarmi, a valutare le mie reazioni, a studiarmi ….Dopo una decina di minuti sentii che il piede sulla nuca non c’era più, e vidi invece le dita che mi si avvicinavano alla fronte, mi toccavano, scendevano lentamente sul naso, poi sulle labbra….stavano per forzarle per entrare ma non ce ne fù bisogno….trovarono la bocca aperta pronta ad omaggiarle. Mi è difficile esprimere quel che ho provato in quel momento, tutti quei mesi passati sul Forum, le innumerevoli frasi piene di devozione e ammirazione che Le avevo inviato sui vari thread, tutto questo non aveva più importanza..ora ero lì, con il suo piede in bocca mentre la mia lingua avvolgeva una ad una quelle splendide dita che avevo così tanto sognato….Forse si era accorta della mia fortissima e nel contempo umile adorazione, perché dopo poco anche l’altro piede, che fino ad ora era stato assente, si fece forza nella mia bocca…per facilitarle il compito sono stato costretto ad alzare il viso ……l’ho vista…mio Dio come era bella (Lo è ancora, anzi, forse di più dopo 2 giorni, ma sto scrivendo al passato, mi si perdoni quindi l’espressione)……non mi soffermai sul suo abbigliamento, fui subito attratto dai suoi occhi…occhi scuri sguardo magnetico,intenso…La guardai e mi persi , così come il passerotto quando è ammaliato dal serpente….tolse i piedi dalla mia bocca, mi spinse giù, sdraiato, sempre guardandomi…..
“Spalanca la bocca, servo!!”……..si sporse dal divano, quel tanto che bastava per avere esattamente il suo viso perpendicolare al mio….si aggiustò meglio mettendosi a sedere, i piedi sul mio petto….senza mai distogliere lo sguardo….ero letteralmente ipnotizzato….
“apri bene….e tieni gli occhi aperti…”….la sua saliva mi scese lentamente sulla lingua…..cercava di leggere la mia reazione , mi scrutava nel profondo dell’anima. Immagino che fosse soddisfatta nel vedere che, quasi con ingordigia, ingoiai subito quanto mi aveva donato……e lei capì che ero suo!
“Giulio…vieni qui…..”
Quando entrò ,notai che aveva un grembiule davanti, di quelli che si usano in cucina……
“Lascio decidere a te chi dovrà prepararmi il pranzo oggi……quello che non lavorerà in cucina dovrà leccarmi i piedi mentre aspetto di mangiare…..ehehehhe..immagino che non sarai tu a cucinare oggi, vero?
Naturalmente aveva pienamente ragione e fui io ad indossare il grembiule e ad andare a preparare…..Giulio mi aveva dato istruzioni precise, sia sul menù che dove trovare i vari ingredienti……mentre eravamo soli in cucina mi chiese cosa pensassi di Dalia, se era come me la ero immaginata etc. Cominciò a ridere non appena notò la mia espressione imbambolata e non ci fu bisogno di alcuna risposta……mi disse solo di prepararmi a tante umiliazioni,e con fare cameratesco andò di là, con lei.
Onestamente non ricordo neanche cosa preparai, tutto preso com’ero dall’eccitazione dei momenti passati ed anche, devo confessarlo , con la mente rivolta a quanto stava accedendo in sala. Un paio di volte fui preso dalla tentazione di andare a spiare ma poi,conscio del pericolo che correvo e soprattutto con il rischio di essere buttato letteralmente fuori da quella casa , mi sono rintanato nei miei pensieri cercando di concentrarmi sulla preparazione del pranzo. Devo riconoscere che il fatto di essere lì a lavorare per la Padrona e conscio del fatto che Lei in quel preciso momento , mentre aveva lo sguattero in cucina, si dilettava con noncuranza a farsi leccare i piedi…beh, questo fatto mi eccitava,si…mi eccitava ma non sessualmente parlando, mi eccitava cerebralmente…..mi eccitava sentirmi così suo.
Fu Giulio ad interrompere il flusso dei miei pensieri, immagino sollecitato dalla signora, a chiedermi a che punto ero…..solo allora mi resi conto che mi restava solo da impiattare e servire a tavola per cui prontamente risposi :
“La signora è servita…” e mi misi in ginocchio
Il pranzo fu una cosa eccezionale…non tanto per le portate (stranamente ero stato bravo!) ma per il modo nel quale si svolse…..quando arrivai al tavolo da pranzo con il vassoio fui preso dalla visione della Padrona e non notai Giulio che, sotto il tavolo, era sdraiato in modo tale che i piedi nudi di Dalia fossero poggiati sul suo viso…..Lei era una favola…..bellissima….stava sorseggiando il contenuto del bicchiere quando arrivai….senza dir nulla mi fece cenno di appoggiare il vassoio sul tavolo e poi con l’indice della mano destra mi indicò di andare sotto il tavolo….Inutile dire che mi posizionai esattamente come Giulio, e dopo un attimo il suo piede destro prese possesso del mio viso……si divertiva a strofinarli, quasi i nostri nasi La aiutassero a farsi un auto massaggio…ogni tanto si chinava e dava qualcosa da mangiare a Giulio per poi prontamente ritappargli la faccia con il piede. Io avevo una fame terribile, mi ero fermato una sola volta ad un autogrill ma più per andare in bagno che per mangiare e nonostante questo avrei rinunciato a qualunque leccornia pur di non perdere neanche per un secondo la pressione di quel meraviglioso piede sulla mia faccia…
Mentre ero in estasi e mi stavo beando di quella pianta che a volte delicatamente , altre volte con vigore, si strofinava sulla mia faccia, la Padrona ha spostato il piede e ha messo anche quello sulla viso di Giulio……aspettavo con ansia il momento in cui avrei riavuto la mia parte di “premio” e guardavo dalla parte del “collega” nella trepida attesa di vedere un minimo spostamento. Sono passati così circa dieci minuti ,mentre sentivo sopra di me , sul tavolo, i consueti movimenti di chi sta consumando il pranzo….continuavo a guardare con invidia quei piedi stupendi che si erano impossessati completamente del viso di Giulio, quando con la coda dell’occhio ho visto il viso della Padrona che si era abbassata leggermente verso di me…..aveva gli occhi brillanti mentre mi guardava…..poi con voce maliziosa :
“stai soffrendo, servo, vero???...lo so….lo leggo nei tuoi occhi….mi piace farti ,ma soprattutto vederti ,soffrire……cosa saresti disposto a fare per avere questi piedini ( e nel dir questo li muoveva dilatando le dita ma rimanendo sempre su Giulio) sulla tua faccia di servo…di schiavo leccapiedi….eh?.....”
Mi limitai a mugolare un “tutto” che La fece ridere di gusto mentre riprendeva la Sua posizione……..qualche attimo dopo mi disse di alzarmi e di portale un dessert che era nel frigo, cosa che feci senza indugio ma non senza gettare uno sguardo pieno di invidia su Giulio ……mentre ritornavo con il vassoio, osservai la scena che mi si presentava davanti……Lei, stupendamente bella, disinvolta ed a proprio agio , seduta con eleganza al tavolo da pranzo, con i piedi nudi appoggiati a coprire quasi completamente il volto dello schiavo sotto di Lei…..cercavo di immaginare come poteva essere la scena prima, con due schiavi sotto i suoi piedi…non so esattamente come si chiama la scomposizione del corpo dall’anima ma avrei davvero voluto essere stato sotto il tavolo e nel contempo aver avuto la possibilità di godermi la scena….. subito dopo pensai che a questo poteva esser posto rimedio con una semplice videocamera opportunamente piazzata. Mi riproposi di parlare alla Signora di questa idea, non sapendo però se Lei avrebbe gradito rivedersi in video…..ancora non La conoscevo e sinceramente ero molto timoroso al riguardo, per cui decisi per il momento di tenermi la cosa per me. Mentre mi frullavano in testa questi pensieri ero arrivato al suo cospetto ……ricordo bene il suo sguardo, gli occhi penetranti che mi hanno “comandato”, si..proprio comandato di inginocchiarmi immediatamente….non una parola, non un gesto…..solo lo sguardo…..Non appena le mie ginocchia hanno toccato il pavimento ho chinato anche la fronte a terra profondendomi in mille scuse….in cuor mio speravo tanto che quel mio gesto, unito alle scuse, La inducesse a poggiarmi un piede sulla nuca in segno di chiara dominazione……ma mi sbagliavo.
“Non fare il furbo con me, servo!!!....non devi mai sbagliare per sperare in certe punizioni…..il mio modo di punirti sarà proprio l’opposto di quel che aneli……l’indifferenza sarà la mia punizione, e so bene quanto questo Ti farà star male…..Ti legherò e benderò in un angolo e ordinerò a Giulio di commentare ad alta voce quel che sta facendo in quel momento….sono sicura che questo Ti farà impazzire dal desiderio di essere anche te con lui…..per oggi, dato che è il tuo primo giorno sarò magnanima….da domani però sai cosa ti aspetta….( e sorridendo maliziosamente)….beh, a dire il vero potrebbero arrivare questi provvedimenti anche senza tuoi errori…giusto per il mio piacere….si..la cosa potrebbe piacermi…e molto!!....ora sdraiati sotto il tavolo e aspettate, tutti e due, che abbia finito il dessert….vai sotto, servo!!!”
Ero in cucina a rigovernare i piatti ed i tegami mentre Giulio, nello sgabuzzino accanto preparava la lavatrice….La Signora era sul divano (furtivamente avevo cercato di capire se si era tolta le ciabattine…si…quelle erano allineate a fianco del divano)…Il pensiero di saperla scalza mi faceva fremere dal desiderio di adorarla e stavo fantasticando su quel che mi sarebbe capitato nelle prossime ore…magari mi avrebbe concesso di leccarle i piedi….beh, qualunque cosa mi avesse ordinato sarebbe stata stupenda per il semplice fatto di vederla…..
“Servo…..vieni qua…..”……immediatamente tutti e due, non sapendo bene a chi era rivolto l’ordine, ci siamo precipitati in ginocchio verso di Lei….quando ci ha visti così è scoppiata a ridere, una risata vera, divertita….
“Mamma mai come siete buffi……..siete davvero ridicoli ma già…siete servi!!...dimenticavo che ora siete due …dunque vediamo….allora, quando chiamo da un posto dal quale non potete vedermi il servo è Giulio, diversamente ognuno saprà a chi mi riferisco….se invece vorrò te ( e mi indicò con la punta del piede) ti chiamerò….vediamo….servo-schiavo….si..ecco…proprio così…servo-schiavo….mi raccomando non sbagliate e adesso tu, servo (indicandomi nuovamente con la punta del piede, e calcando sulla singola parola per farmi capire che in quel contesto bastava quella) torna di là…qui voglio solo lui…..vieni qui tu….”..con il dorso del piede artigliò il collo di Giulio e lo fece accucciare ai piedi del divano,seduto in terra ma con il viso ai suoi piedi….
“Leccali……..e tu cosa fai lì impalato, servo stupido!!!!!..Ti ho detto di tornare di là…..”..mentre mi giravo, sempre in ginocchio, quasi avvertivo il suo sguardo divertito su di me…..sapeva bene quanto desideravo i suoi piedi e questo immagino La eccitasse ,quantomeno cerebralmente…..ad eccitarla diversamente avrebbe provveduto Giulio.
Tornai mestamente in cucina….non sapevo cosa fare perché non avevo avuto ordini in proposito, ma mi ingegnai a passare il tempo per non pensare a quel che stava accadendo nella stanza accanto….nello sgabuzzino della lavatrice trovai alcuni indumenti già puliti ma da stirare…..mentre da dietro la porta tiravo giù la tavola con il ferro da stiro ho notato un piccolo cesto dove c’erano ancora dei panni sporchi….ero titubante perché non sapevo a chi appartenevano ma poi, con la curiosità e la cupidigia dello schiavo, mi son fatto coraggio , ho tuffato la mano nel cesto e mi sono trovato dinnanzi ad un inconfondibile paio di mutandine da donna…….col battito cardiaco accelerato ho fatto una nuova “pesca”….questa volta una calza di nylon, non collant ma quelle che si usano con le giarrettiere…..non sapevo che fare….non sono mai stato quel che si definisce un feticista amante degli indumenti….ma quelli…quelli non erano indumenti, erano reliquie….me le sono appoggiate al naso aspirando profondamente, quasi ad assorbirne completamente il profumo rimasto….poi ho messo la calza in bocca dalla parte del piede….l’ho ciucciata ….mentre rimiravo tra le mani le mutandine…..c’era una piccola macchia….forse qualche residuo di eccitazioni passate….ancora una volta non sapevo che fare…stavo per leccarle quando la voce imperiosa della Signora mi ha fatto tornare nel mondo reale
“Che diavolo stai facendo servo-schiavo?!?!?!....non starai mica leggendo vero????....Tu sei qui per lavorare e per servirmi….capito, servo!!??”…..
Rosso in viso come quando da ragazzino mi sorpresero per la prima volta in bagno “tra me e me” balbettai un “niente Padrona….cercavo di stirare i panni già lavati…..”…….ma il mio imbarazzo doveva davvero essere evidente perché….
“Non è che stai annusando le mie calze vero????????”…………
Sarei voluto sprofondare e mi chiesi come aveva fatto ad immaginare una cosa del genere……non sapevo davvero cosa rispondere..negare avrebbe voluto dire non donarsi alla Padrona come Lei pretendeva, dire la verità poteva compromettere la mia posizione lì e addirittura venir cacciato….non sapevo che pesci prendere…..
“Vieni qui….muoviti….in ginocchio….ma svelto….”…trotterellando in ginocchio, più velocemente che potevo, rosso in viso come il classico peperone, mi sono presentato dinnanzi a LEI
“Le stavi annusando vero??...lo leggo nei tuoi occhi…si…e magari le hai anche messe in bocca…cosa volevi fare, volevi lavarle così eh?...rispondi “
Giulio mentre continuava a leccarle i piedi riuscì a lanciarmi un messaggio con lo sguardo…Non mentire…non mentire…Mi feci coraggio ed abbassai il capo a significare che si, le avevo annusate e che si, le avevo anche messe in bocca……
“Lo sapevo….sapevo che lo avresti fatto….che ti avevo detto, servo (accennando a Giulio)?...sei stato uno stupido, avresti potuto implorarmi e forse..dico forse…ti avrei permesso di leccarmi i piedi anziché le calze di là in cucina…..”
“ma…ma….”balbettai
“e già…ma tu non lo sapevi che potevi implorarmi…vedi..è proprio questo che mi eccita, il fatto che tu non sappia mai esattamente quel che devi fare senza un mio preciso ordine, non sai fin dove puoi spingerti….hai paura, hai paura di perdere la tua qualifica di servo-schiavo….si…mi eccita da morire questo tuo timore….ehehehe….dovresti vederti ora, come sei buffo….anzi, apri quel cassetto là ..si…in quel mobile…ecco…la vedi la macchina fotografica?....si..quella…prendila e portamela”
Feci come mi aveva ordinato…Le porsi la macchina digitale ….
“rimettiti come prima ..si…qui davanti a me in ginocchio….e raccontami cosa hai fatto in cucina, momento per momento”……
Mi immortalò proprio mentre, confuso, le raccontavo che stavo per leccare le mutandine , con la calza sempre in bocca…….
“Ahhh, porcellino…..sei un servo porcellino allora…..bene bene….Giulio..cioè..servo, alzati un attimo e vai di là in cucina a prendermi un bicchiere…no, tu non muoverti (indicando me)….anzi, vieni qui…sdraiati …no..non così..perpendicolare al divano…ecco….così….”..avevo la testa appoggiata alla sponda del divano mentre le gambe erano indirizzate al centro della stanza….Si mise seduta… la mia testa tra i suoi piedi…mamma mia ora me li fa leccare pensai. Come mi sbagliavo…..quando Giulio rientrò tenendo il bicchiere in mano, lo fece sdraiare proprio accanto a me…..un piede lo rimise sul suo viso, l’altro me lo appoggiò sulla fronte negandomi il piacere di sentirne il contatto con le labbra…….Si sporse un po’ in avanti e quello lo si percepì dalla pressione dei piedi….
“Chiudete gli occhi…tutti e due…servi!!!”
Sentii il classico gorgogliare del liquido che viene versato in un contenitore….realizzai subito cosa stava accadendo e non mi meravigliai più di tanto quando poco dopo mi disse , togliendomi il piede dalla fronte, di rimettermi in ginocchio.
Lei rimase nella stessa posizione di prima, seduta con un piede sul viso di Giulio, l’altro appoggiato a terra; mentre mi guardava intensamente, con il bicchiere pieno del liquido..del suo liquido….alzò il piede e lo mise con la gamba piegata sotto il sedere. Mi scrutava, mi scandagliava la mente, mi legava inesorabilmente a sé mentre mi porgeva il bicchiere……
“Bevi..servo!!!”..disse semplicemente.
Rientrarono dopo un paio d’ore, Giulio con due sacchi della spesa, Lei naturalmente lo precedeva e si diresse, con la Sua andatura regale verso la camera da letto, immagino per cambiarsi e mettersi più in libertà….Giulio posò i sacchi sul tavolo di cucina ,mi salutò con un cenno della testa o almeno io pensai che fosse un saluto. Era invece un gesto di disapprovazione come capii un istante dopo….
“Quando hai sentito aprire la porta dovevi arrivare in ginocchio davanti a lei e baciarle i piedi , è questo il modo in cui un vero servo dà il benvenuto alla sua padrona….credo che tu l’abbia fatta indispettire….ma staremo a vedere. Ora io vado di là, con lei…..tu resta in cucina e non muoverti a meno che non tu senta che ti sta chiamando…..a proposito, hai mangiato qualcosa?....io bene o male qualcosa ho messo sotto i denti mentre ero sotto il tavolo…..”
“ma…no…non ho mangiato nulla perché aspettavo che mi desse il permesso lei, ho solo bevuto….beh…ho bevuto quel che sai e niente altro”
Un sorriso divertito di Giulio mi rifece venire in mente il profondo imbarazzo che avevo provato nel sorseggiare la pipì della Padrona, ma sotto il suo sguardo magnetico , divertito ed anche eccitato avevo bevuto , quasi con piacere, tutto…fino all’ultima goccia…beh, certo..il sapere da dove fuoriusciva quel biondo liquido rendeva meno dura la prova alla quale mi stava sottoponendo, e questo lei lo sapeva benissimo…Mi aveva incatenato davvero bene, ma ne ero felice….bevendo il suo liquido Le avevo dimostrato che ormai ero davvero una SUA proprietà!
Prima di uscire Mistress Dalia mi aveva detto di lasciare sul comodino della camera da letto un vassoio con della frutta, cosa che naturalmente avevo fatto….un arancio, due mele , una banana e una manciata di fragole……Dopo poco minuti che Giulio era entrato ne riuscì con il vassoio della frutta in mano…nel piatto erano rimaste solo le bucce ed una poltiglia che realizzai essere un boccone semi-masticato…..me lo porse dicendomi:
“La padrona ha detto che puoi mangiare…..ha sottolineato che il boccone da Lei sputato lo devi mangiare per ultimo….mi dispiace Koso, non è colpa mia ma è lei che mi ha detto che questo è il tuo pranzo “… leggevo l’imbarazzo nel suo sguardo ma gli detti un’amichevole pacca sulla spalla come per dire di non preoccuparsi e che tutto andava bene così. Mi sorrise mentre rientrava nella stanza……non gli avevo chiesto nulla riguarda a quello che stava accadendo lì, ma sapevo che non doveva interessarmi….
Mangiai con avidità quello che la Signora mi aveva mandato e naturalmente, come ordinatomi, misi in bocca per ultimo il boccone già semi-masticato……non so, ma anche quello..quel gesto di mangiare qualcosa che era stato nella sua bocca, anziché crearmi disgusto mi creò invece una sorta di eccitazione….mi stava umiliando, mi trattava come una cane, un vero cane ed in fondo era questo che sognavo, che desideravo….di consegnarmi totalmente a lei, anima e corpo . Avvertivo brividi di piacere mentre ripensavo a come mi aveva umiliato da quando ero arrivato …….ed anche ora, mentre ero solo in cucina mi stava umiliando con la sua indifferenza. Ero sicuro che il sapermi escluso , relegato da solo in una stanza, bramoso di servirla ed adorarla, aumentava in Lei il sottile piacere che Giulio sicuramente stava provvedendo a placare. Cercai di non pensare a questo ma non ci riuscivo…..mi limitai a guaire forte, proprio come un cane ferito, un guaito pieno di lamenti e sofferenze….e sono sicuro che Lei lo ha sentito ed ha sorriso, guardando Giulio tra le Sue braccia.
view post Posted: 23/11/2011, 10:13     dominio tedesco - VIDEO STRANIERI FETISH / BDSM
Questi sono solo alcuni dei favolosi video di questa splendida padrona, potrete rovarne molti altri su www.filestube.com.
le anteprime invece sono su www.dreamfeets.com e www.foot-domination.com

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scusate sono talmente abituato ad andare su video italiani che l'ho postato qui.
C'è un modo per spostarlo in video stranieri?
view post Posted: 23/11/2011, 10:01     splendide padrone tedesche - DOMINAZIONE
[IMG]eat[/IMG]

[IMG]DEA[/IMG]

[IMG]trampling[/IMG]

HTML
[IMG]<a href="http://image.forumcommunity.it/6/9/7/7/4/7/5/1322038481.jpg" target="_blank" title="ball standing"><img src="http://image.forumcommunity.it/6/9/7/7/4/7/5/t/1322038481.jpg" alt="ball standing"></a>[/IMG]
view post Posted: 23/11/2011, 09:51     Schiavo di mia sorella e delle sue amiche - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
sto prendendo storie dall arete che non ricordo di aver letto in questo forum, quindi si è vecchia.
ora sto cercando di scriverne una io
view post Posted: 21/11/2011, 14:22     Padrona della sorella e del cognato - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
ecco il seguito del racconto scritto da hounsogno

Federica cercava di assecondare la sorellastra Padrona in ogni capriccio,cercando dentro se un modo per uscire da quella situazione... Era una tremenda tortura doverla servire in tutto, doverla guardare sempre dal basso. Essere costretta a dimostrarle la propria gratitudine per ogni minima concessione,come quella di poter mangiare i suoi avanzi... Da terra. .Ancora di più le pesava il fatto che non era più sola in questo "gioco". Che anche suo marito era caduto nelle mani di quella strega. Anche se ogni tanto, pur nella terribile confusione che aveva in mente, provava un po’ di rabbia a pensare che non era riuscito a resistere alla tentazione ed era scivolato ai piedi di Valeria.. Ora però, vedere con quanta sofferenza stava affrontando la cosa suscitava in lei una voglia incredibile di ribellione,immediatamente soppressa dalla evidente impossibilità di agire. Valeria non avrebbe avuto scrupoli a distruggere la sua vita e se fosse fuggita sarebbe stato suo marito a pagarne le conseguenze.
"Vincy" da parte sua, dopo lo stordimento del primo giorno era incapace di accettare la situazione...le sue fantasie erano diventate realtà, ma quello che doveva essere il sogno erotico di ogni aspirante schiavo,era diventato un vero e proprio incubo. E naturalmente si sentiva in colpa anche lui per non aver saputo resistere alla tentazione. Ora non poteva accettare di dover sottostare ad ogni capriccio di una ragazzina, che tra l'altro odiava con tutte le sue forze dalla prima volta che aveva avuto il"dispiacere"di conoscerla. Ora era li,incatenato al letto che una volta era il suo,sulla schiena i segni delle frustate ricevute erano più che evidenti. Ma Vincy aveva deciso a non cedere mai più ai ricatti della cognata. Meglio distruggersi la vita,almeno avrebbe vissuto la sua vergogna da uomo libero…Aveva scoperto la differenza tra fantasia e realtà. Ora era uno schiavo ma non desiderava altro che avere indietro la sua vita.
Valeria,che precedentemente era convinta di avere in suo totale potere il cognatino mostratosi inizialmente tanto arrendevole nei suoi confronti, ora doveva persino temere di scioglierlo per evitare di trovarsi vittima di una aggressione violenta...
-Te l'ho gia detto mamma...si rifiuta di obbedirmi,non fa che sbraitare dalla mattina alla sera...
l'ho frustato,ricattato, sembra che non tenga a cuore nemmeno alla salute della sua cara mogliettina,è impazzito.... Lo diceva Valeria parlando al telefono e poi continuava.. - Federica sa bene che non le conviene disobbedirmi,lei sa di cosa sono capace e teme le mie ripercussioni sul suo ribelle marito,quindi cerca di tenermi buona...perchè non dici nulla?
Dall'altra parte della cornetta la mamma di Valeria ascoltava senza commentare.. -Ci deve essere una soluzione, pensaci durante il viaggio, è il momento che tu venga a trovarci,ma vieni sola per ora,bisogna risolvere questa faccenda..
- Va bene, ora verrò. E vedrai qualcosa che ti sorprenderà.. La sentì ridere e allora la Padrona si rianimò… Così, rivolgendosi a Federica,impegnata nelle faccende di casa,con voce alta.. -Serva! vieni subito qui!
-Eccomi, sono qui,cosa c’è?
Ora che sua madre l’ha confortata Valeria è di nuovo scattante. Si alza dal divano e prende per i capelli la sorellastra costringendola in ginocchio..
-Cosa c’è?è forse cosi che ti ho insegnato a rivolgerti a me?tu sei la mia schiava!non dimenticarlo mai…la tua lurida faccia deve essere sempre il più vicino possibile ai miei piedi sono stata chiara?e dovrai essere umile fino alla nausea quando ti rivolgi a me!Intesi?
Dopo questo discorsetto, lascia la presa si riaccomoda sul divano.
Federica,ancora in ginocchio,impaurita ed umiliata dal rimprovero subito,nonostante la sua rabbia si inchina ulteriormente con la sua testa ai piedi di Valeria..
-Mi perdoni mia unica Padrona,non accadrà mai più,le chiedo umilmente perdono..
Ma Valeria non è ancora soddisfatta
-Tutto qui?pretendo molto di più da un essere inferiore come te…su, su... -puoi fare meglio.

Avvilita Federica continua nella sua supplica
-Ha ragione mia signora,sono un essere insignificante,una nullità in confronto a lei che è una Dea,merito solo di strisciare ai suoi piedi,sono la sua umile leccapiedi,la sua sguattera,sarò ciò che lei vuole che io sia….non merito di servirla..
Valeria sorride..
-Brava….cosi va meglio…ma non fare la furba mia cara sorellina,anche se sei solo una cagna e non meriti di leccare il pavimento sul quale cammino,tu continuerai a servirmi fino alla fine dei tuoi inutili giorni…Ora vai di sopra a preparare la camera per la mamma…poi non dimenticare di salutare come si deve la nuova Padrona quando arriverà…visto che il tuo maritino non è utilizzabile, dovrai pensarci tu a riceverla…voglio che tu ti genufletta di fronte a lei. E ricorda che dal momento in cui entrerà in questa casa sarai sua schiava e non pensare di ricevere benevolenza da parte sua. Ti odia…ti ha sempre odiato e ora finalmente la recita è finita…

Federica con le lacrime agli occhi..
-Si padrona,sarà fatto- br /> E cosi dicendo si allontana per svolgere i propri doveri.<
La giornata trascorre abbastanza tranquillamente e Valeria evita accuratamente di entrare nella camera da letto dove Vincy, è incatenato. La mamma ha detto che ci penserà lei e allora, meglio aspettarla.. …
Quella notte decide di sistemarsi nella camera degli ospiti insieme alla serva, alla quale viene applicato un collare per evitare la tentazione di una visita al maritino.

***

Appena sveglia, Valeria si alza e poggia i piedi sulla serva e lei prontamente le infila le pantofole. Poi ,una volta slegata, va in cucina a preparare la colazione. Dopo pochi minuti viene raggiunta dalla Padroncina che le ordina di riempirle una ciotola d’acqua e una volta accontentata si dirige verso la camera da letto dove si trova Vincy. Posizionatasi di fronte a lui gli pone accanto al viso la ciotola…lo schiavo ribelle infila la testa nel contenitore e beve con foga…

-Vedo che avevi sete…perché non sei sceso a bere? hihihihi…ah è vero!che distratta,sei legato…

Vincy la guarda come se fosse frastornato da qualcosa: ma lei neppure si rende conto del cambiamento che si sta verificando in quell’uomo…
-Cos’è quello sguardo?sembra che nemmeno soffrire la fame e la sete serva a farti ragionare…che cosa devo fare con te Vincy,vuoi davvero continuare cosi? guarda il mio piede Vincy guardalo Cosi dicendo lo pone di fronte a lui..
-Abbandonati al mio piede,lascia che diventi il tuo Dio,supplicami di liberarti per poterlo leccare,baciare e servire…sei nato per questo,coraggio…

Le parole di Valeria sembrano risvegliare l’orgoglio di quell’uomo…Ne accendono l’ira. Pur con una certa fatica, distoglie lo sguardo da quel piede. Sputa…
-Ah è cosi?Bene,hai buttato la tua ultima possibilità di risolvere tranquillamente la questione…avremo la tua sottomissione, Vincy, a costo di rimbecillirti.. tu presto sarai nostro schiavo. E prsto leccherai i miei sputi, te lo giuro….

***

Rimbecillirlo? Avremo? che cosa intendeva dire ? E quella notte, legato al letto lui aveva sognata Anna, la suocera. I suoi piedi grandi e sinuosi. Li infilava un paio di scarpe chiuse. Ma senza indossare le calze, che ripiegava e riponeva nella valigia . E gli sorrideva. Vincy non sapeva più cosa pensare. Perché si era svegliato eccitato…
***

Chissà se aveva capito che Valeria non era sola in questo diabolico piano. Che la madre aveva deciso di assecondare la figlia. Però giurò a se stesso che questa volta lui avrebbe resistito.
***

Di sotto intanto Federica era pronta a ricevere la matrigna…era da tanto che non la vedeva, l’ultima volta era stata al suo matrimonio…aveva sempre avuto un rapporto pessimo con lei,soprattutto dopo la morte del padre,in fondo però pensava che il loro rapporto prima o poi sarebbe migliorato,invece… E poi non le piaceva il modo in cui suo marito la guardava. Poi però Vincenzo era riuscito a portarla lontano. Lontana da quella vita. Senza poter immaginare il legame che era nato,purtroppo,tra lei e la sua sorellastra...

Ecco la macchina,il momento è arrivato….

Di corsa per le scale arriva Valeria,guarda dalla finestra poi corre ad aprire la porta -Mamma…. non ti aspettavo cosi presto…
La madre le sorride…
-Sono partita prestissimo,dopo la telefonata di ieri mi sono preoccupata per te…ma entriamo in casa…loro dove sono?
Anna, la matrigna si guarda intorno. Subito Valeria scorta la madre dentro casa..
-Federica è dentro,lui è di sopra,hai trovato una soluzione?
Federica aspetta impaurita l'ingresso della matrigna,appena la intravede si prostra al suo cospetto,senza nemmeno osare guardarla in viso. Aveva paura di quella donna,aveva paura di lei sin da bambina,anche quando suo padre era li con loro. Anna era una donna non più giovanissima,aveva 45 anni, non bellissima,capelli castani lunghi fino alle spalle, abbastanza alta en formosa. Vedendo la ragazza genuflessa davanti a lei non riesce a trattenere un sorriso maligno...
Non si sofferma su di lei, non le dice nulla, dopo averla guardata si volta verso l'auto parcheggiata fuori e batte le mani...
Un uomo, che fino a quel momento non era stato notato nemmeno da Valeria,esce dalla macchina,si carica di bagagli e arrivato sulla soglia,scarica a terra le valigie. Poi a quattro zampe si incammina ai piedi della sua Padrona,le bacia la mano,poi le scarpe..
-Il suo umile schiavo è pronto a servirla devotamente in ogni suo desiderio, mia unica Regina.
Valeria sorride a queste parole e guardando la madre..
-Chi è?
Anna scuote la testa, vagamente infastidita..
- Che domande fai?il mio schiavo,non l'hai sentito?
-Certo...ma non sapevo che ne avessi un'altro...che fine ha fatto...come lo chiamavi?
-Parli di Ambrogio?
-Hi-hi-hi...si...Ambrogio...hihihi
-l'ho venduto..
-Cosa?venduto?...-esclama sorpresa Valeria...
-Già…mi aveva stancato,mi annoiava e l'ho messo all'asta,l'ha comprato una anziana signora...si divertirà con lui...ahahaha
L'uomo intanto era ancora ai piedi della sua signora. Poteva avere circa 32-33 anni,capelli scuri corti,fisico da palestra, alto. Davvero un bell'uomo...
Concluse le presentazioni,la signora Anna si accomoda sul divano,Federica viene condotta da Valeria ai suoi piedi mentre lo schiavo porta in casa i bagagli.
-Mostagli dove sistemarli… Poi portalo in cantina. Resterà lì fino a quando non ne avremo bisogno..
L’uomo si inchina ubbidiente mentre Anna sussurra qualcosa d’altro all’orecchio di Valeria. La figlia prima la guarda stupita, poi annuisce.
- Oh ma…Sei incredibile, mamma…...
Anna sorride. E’ li solo da pochi minuti e ha già la situazione sotto controllo.

Prontamente la serva si mette in ginocchio continuando a tenere lo sguardo basso...
-Hai paura di me?
L’altra esita.
-No....veramente è da tanto che non ti...scusi!che non la vedo..
Aldilà di ogni parola pronunciata, Federica sembra letteralmente terrorizzata..
-Uhm...non sai come comportarti vero?non avresti mai pensato di doverti trovare in una situazione cosi...guardati...sei in ginocchio di fronte alla persona che più odi...e non hai nemmeno il coraggio di guardarmi negli occhi...
Alzando con la mano il viso e guardandola diritto negli occhi..
-Toglimi le scarpe...è arrivato il momento che aspettavo da anni.. forza...s-c-h-i-a-v-a.
Federica ha un sussulto, si alza in piedi...
-Basta!!! -Io non ti permetterò di distruggere la mia vita...non mi importa nulla dei vostri sporchi ricatti!!!fate quello che volete ma io vi porterò a fondo con me!!!mio marito è ancora in tempo per salvarsi da voi...in fondo quando tutta questa storia verrà a galla capiranno.. e se non lo faranno pazienza,sarà comunque meglio vivere nella vergogna che vivere come schiavi!!!
La sfuriata di Federica non suscita alcuna reazione in Anna che ascolta molto attentamente le sue parole ma in modo molto tranquillo e per nulla turbata…
-Finalmente un pò di carattere...stavo cominciando ad annoiarmi....comunque mia cara tutto ciò non cambierà le cose,anzi questa tua reazione le renderà ancora più interessanti...
E’ interdetta Federica..
-Che vuoi dire?-
-Povera la mia serva...quando scoprirai ciò che ho da dirti capirai quanto la tua vita non ti appartenga più ormai...sarò io a decidere per te da ora in poi.....
-Basta smettila!!!dimmi ciò che hai da dire poi prendi tua figlia e sparite!!!
Ma non è troppo convinta
-Te lo spiego io-interviene alle sue spalle Valeria- col permesso tuo ovviamente mamma
-Fa pure-risponde Anna tranquillamente...
Federica guarda la sorella aspettando che si decida a parlare.
-Da dove comincio? beh...direi dall'inizio:tu certamente sai mia cara che la mente umana è molto complessa...in antichità si credeva che esistesse uno strumento,un anello, capace di confondere le menti. Pare addirittura che sia stato donato dal Diavolo ad Eva,come premio per aver disubbidito alla volontà di Dio...
-Ma che cosa stai dicendo?Il Diavolo,Dio...voi siete matte!con chi credete di parlare...
-Aspetta sorellina -non mi interrompere,ascoltami...
Spaventata e incuriosita Federica si ferma.. - Si pensa che dalle mani della prima donna creata, l'anello abbia vagato per secoli senza che nessuno sapesse il suo autentico valore...solo poche persone ne erano a conoscenza. Attraverso i secoli l'anello è stato nelle mani di Cleopatra che scorgendo il suo potere lo usò per sottomettere prima Giulio Cesare e poi Marco Antonio...ma quando ormai il suo regno stava per cadere nelle mani di Ottaviano Augusto, cercando di risolvere il problema a modo suo, si accorse che il prezioso oggetto non era più dove l'aveva riposto...nella confusione generale un servo lo rubò insieme ad altri gioielli che poi dovette vendette .L'anello sparì, ma la sua fama si prolungò nel tempo. Molti lo cercarono e quando finalmente fu trovato,la donna che ne capì il potere decise di nasconderlo per evitare che cadesse nelle mani sbagliate. Nacque l'ordine dell'anello e l'oggetto fu protetto e tramandato di madre in figlia insieme con una pergamena che spiegava gli innumerevoli motivi per cui l'anello non doveva assolutamente cadere nelle mani sbagliate...
Valeria fa una pausa e guarda sua madre…
- L'anello arrivò cosi a tua zia Sandra,ricordi?la cognata pazza di papà. La sorella di tua madre. Lei non poteva avere figli e decise che alla sua morte l'anello sarebbe passato a tua madre...
Federica perde la pazienza..
-Insomma…che cosa centrate voi con questo anello?
Ora Federica è più confusa che mai.
-Calma…ci sto arrivando…
Valeria è terribilmente tranquilla..
-Ciò che tu ignori è che mia madre era la migliore amica della tua...frequentava spesso casa di tua madre,è stata la sua testimone d nozze. Certo era definita l'amica di Maria,l'amica cicciottella...quella che viveva praticamente all'ombra di Maria! Tua madre aveva tutto,si prese anche nostro padre, si sposò e nascesti tu. Mia madre così restò a covare odio e vendetta fino al giorno in cui trovò per caso la pergamena a casa tua. Una sera in cui le fu chiesto da tua madre di badare a te. Trovò la pergamena e l'anello, capisci?
Valeria fa un’altra pausa. E sorride. Perfida.
Uhm...da quel momento la vita cambiò...quando capì che l'anello funzionava ipnotizzò la zia fino a renderla ancora più pazza, rese schiavo parzialmente nostro padre che si convinse di amare mia madre e non la tua. Tua madre fu ridotta in schiavitù….
Valeria sorride di nuovo. Senza cambiare espressione..
- ..fino a quando in un momento di confusione in cui la poverina si tolse la vita...Dunque ora l'anello è nelle mani di mia madre...
Federica sente l’odio sconvolgerla. Si lancia verso la matrigna…
-Cosa vorresti fare?...Non sai che devi ascoltare la mia voce?.... i miei comandi?...
Le mostra l'anello e la serva arresta la sua corsa, crolla al suolo disperata....
-Che cosa vuoi farci?lasciami andare da mio marito ti prego, lasciaci vivere la tua vita...
-Sei sicura che tuo marito voglia questo? ...Uhm… intanto io voglio che tu ti sottometta a me di tua spontanea volontà...
Federica esita…
- Ah… ricorda che se ti rifiuterai io potrei costringere tuo marito a qualsiasi gesto. Qualsiasi, capito? ricordi tua madre?
Federica capisce. E ricorda il dolore provocatole dalla morte di sua madre. Da quel suicidio. La pioggia nera al cimitero.. - Dunque...dovrai adorarmi come una vera Dea. Coscientemente...
Ha ancora un sussulto..
-Ma perchè mi odi tanto?cosa ti ho fatto io? mi hai tolto gia mia madre…perchè vuoi anche mio marito?
Valeria interviene
- Forse perchè nonostante il suo potere l’anello non è mai ad annullare l'amore che nostro padre aveva per te...e quello sciocco ha preferito morire piuttosto che cedere ai comandi di mia madre...
Le due ridono. In quel momento dentro Federica si inerpica un nuovo sogno. Che suo marito riesca a ribellarsi. Come ha fatto suo padre. E chissà, magari la fortuna potrebbe aiutarlo..
-Adesso che sai come stanno le cose sicuramente capirai che ti conviene cambiare atteggiamento, cara? ...Su, mettiti in ginocchio e toglimi le scarpe...
Seguendo il filo dei suoi pensieri, seguendo quel piccolo sogno, senza più protestare Federica stavolta si piega e sfila entrambe le scarpe alla Matrigna. In quel momento si accorge che i piedi sono senza calze...l’odore intenso la costringe a voltarsi..
Cosa c’è qualcosa ti turba?
Le risatine intorno le fanno sentire il baratro in cui sta precipitando..
- Insomma Federica. Vuoi dirci chi sei tu? Siamo in attesa… Con gli occhi bassi e cercando di non respirare l’odore della sua mortificazione lei.. -Io… Io sono la tua schiava,hai vinto...ti servirò umilmente fino a quando non ti stancherai di me. Servirò te e tua figlia perchè io non sono nulla,sono solo una schiava figlia di schiavi.. Sente lo schiocco delle mani. Si prepara all’ubbidienza più mortificante. Pulire i piedi a quella donna odiata. Sotto gli occhi di quell’altra, altrettanto odiata…Ma..
- Alzati ora, questo posto è già prenotato. Da tempo, non è vero Vincy?
Alle sue spalle vede il marito, in ginocchio.. In adorazione di quei piedi orribili..
-Ma si, si sono proprio io, quella dei tuoi sogni… leccami pure i piedi, idiota: è il tuo destino..- Ora ride con espressione trionfante Anna
E in silenzio la serva domata guarda suo marito prendere tra le mani il piede. E poi cominciare a leccarne pianta. Anna glielo schiaccia sul viso..
-Voglio sentirti parlare, idiota...
Continuando il suo lavoro, Vincy recita la sua sottomissione..
- Sono il tuo schiavo, hai vinto...ti servirò umilmente fino a quando non ti stancherai di me. Servirò te e tua figlia perchè io non sono nulla,sono solo uno schiavo figlio di schiavi.. Federica piange. Silenziosamente. Ora non ha davvero più nulla. Neppure un piccolo sogno da coltivare. Anzi sente di odiare profondamente anche suo marito.
Sai cosa faremo Valeria? Daremo in prestito questo idiota a Cinzia, la nostra pedicurista. Sarà l’attrazione del negozio. L’uomo che lecca i piedi sporchi delle donne prima del pedicure, ti pare?
Ma certo, così si guadagnerà il pane, almeno..
Valeria sputa a terra, davanti al piede di sua madre.
- Lecca quello sputo, Vincy, idiota… Non c’è altro che il silenzio a vegliare su quella scena. E’ un mattino qualsiasi nella città. Ognuno va al suo lavoro. Quello di Vincy è leccare uno sputo dal pavimento. E poi dei piedi puzzolenti.
- Lo so che è odioso sentirselo dire, ma ti ricordi che te l’avevo detto, Vincy?
Risate. Risate. Risate.....
view post Posted: 21/11/2011, 10:31     Padrona della sorella e del cognato - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Vincenzo è sposato con Federica da un anno. Con sua moglie ho una vita più che soddisfacente sotto tutti i punti di vista. O, almeno apparentemente...
Lei conosce tutto di lui , le sue abitudini, le sue fantasie bizzarre. Intorno ai piedi femminili...Cioè quasi tutto. Perché in realtà sua moglie non conosce la sua natura di schiavo. Vincenzo non ha mai avuto il coraggio di confidarle questo mio"piccolo" segreto e non se ne pente... Pensa che troppo l'affetto che li lega e poi non riuscirebbe ad immaginare lei come la sua padrona nella vita reale. Il suo carattere è troppo dolce per essere una dominante. Ma in fondo poi, è cosi che gli piace.
Quel giorno ritornando a casa dopo il lavoro, saluta come al solito sua moglie. Ad alta voce, dall’entrata, mentre sistema il cappotto all’attaccapanni. Lei dalla cucina ricambia. Dice di raggiungerla.
- Che c’è?
Si avvia verso Federica e la sente chiacchierare animatamente con qualcuno. Senza capire però chi sia l’altro, né di cosa parlino...
In sala da pranzo vede sua cognata alzarsi dalla poltrona e venirgli incontro
-Ciao Vincy come stai?
-Bene-bene….Uhm, Vale che ci fai qui?
Lei abbozza una smorfietta e lui, scuotendo il capo..
- Uhm…ma non ti ho detto mille volte di non chiamarmi Vincy? al massimo Enzo...
Si ravvia i capelli con un gesto lento, quasi studiato.. Poi sospira..
-Polemico come al solito, vedo...
Il commento di Valeria ed lo sbuffo, non vanno a genio a sua moglie..
-Lascia in pace il mio amore….è stanco,non farlo innervosire. Come al solito.
-Ok, ok ... faremo il possibile per non infastidire il principe...
Valeria è la sorella di sua moglie. Ha 19 anni, ed è decisamente carina. Ma, si direbbe che tra lei e Vincenzo non ci sia un grande feeling...
A sentir lui le ragioni sono tante. Prima di tutto è capricciosa, troppo per i suoi gusti. E ha una certa tendenza alla sopraffazione, così che più di un occasione è riuscita a prevalere su Federica... Inoltre c'è da dire che loro sono sorelle solo da parte di padre, ma in casa,dopo la sua morte,chi comanda è la madre di Valeria, che con sua moglie tanto feeling manco ce l’ha...E questo spiega molte cose. A cominciare dalla maggiori libertà concessa alla figlia minore. E, per finire, gli ha sempre dato l'impressione di una ragazza pericolosa.....
-Lasciamo perdere, su… che ci fai qui, ragazzina?
Nella ripresa del discorso non riesce a fare a meno di menarle una stoccatina..
- Ah-ah… ragazzina lo dici a tua sorella… e comunque, mi dispiace per te ma dovrai sopportarmi per almeno una settimana
-Cosi tanto?
Lo dice sorridendo, ma è decisamente seccato..
-Si amore…a casa mamma ha bisogno di un aiuto e Vale ha da studiare: perciò lei rimarrà qui a farti compagnia, mentre io andrò a Napoli da mamma, in modo da darle una mano.
-Ma Federica,lo sai che la prossima settimana non vado al lavoro,vuoi che venga con te?
La moglie sospira.
-No,sarebbe difficile sistemarci tutti in casa e poi Vale ormai è già qui e ha bisogno di un posto tranquillo per studiare.
-Va bene…E quando partiresti?
-Domani mattina...cerca di capire è una emergenza...
-Ok, però cerca di tornare presto,lo sai che mi annoio senza di te.

La serata trascorre tra cena,chiacchiere e televisione. Poi lui e sua moglie vanno nella loro camera, mentre Valeria si sistema in quella degli ospiti.

La mattina seguente Federica saluta e parte lasciandolo in compagnia della sua “amata” cognatina...
Valeria si è appena alzata..
-Vuoi del caffè?
-Si,grazie
Non pare tanto di buonumore, la cognatina. Magari avrà fatto brutti sogni..
-Eccolo…li c'è lo zucchero,io esco a fare qualche commissione,ci vediamo tra un paio d'ore...
Valeria prende il caffè sbadigliando. Lui si gira e guardandola, noto subito che è scalza. E’ in pigiama, con i capelli arruffati, che manco lo guarda rispondendogli...
-Ok Vincy… dopo
Per una volta non replica a quel nome che non gli garba: forse perché è impegnato in altro. Per quanto può, guarda i suoi piedi. Sono grandi, non curatissimi. E molto, molto arroganti. Lei è troppo presa dalla TV e ancora troppo stordita dal sonno per farci caso.
Vincenzo saluta ed esce in tutta fretta, evitando di pensarci.

Valeria da sola in casa,dopo aver fatto colazione si sistema sul divano con il suo librone pronta a mettersi al lavoro. In realtà studia per cinque minuti scarsi, poi si mette a girare per casa. E’ annoiata e si dirige verso lo studio. Prova ad aprire la porta, ma è chiusa a chiave.
-Mmmm, che noia.......
Ma sa dove cercare. Entra nella stanza della sorella, apre il cassettino del comodino e senza sforzo recupera la chiave dello studio,sotto un pigiama di Vincy. Sorride soddisfatta. L’ha beccata al primo colpo, come se sapesse già dove precisamente trovarla.....
Nello studio si guarda intorno… .
-Vediamo cosa nasconde il mio stupido cognatino nel suo misterioso portatile
Vincy, come lo chiama lei, è sempre stato geloso del suo computer, non permette nemmeno alla moglie di avvicinarsi, figuriamoci se avrebbe permesso che la sua cognatina ci mettesse le mani. Anzi,l'ultima volta che si erano visti,Valeria era stata sorpresa mentre dava un'occhiata più che curiosa. Era stata la scintilla per un'animata discussione,conclusasi con l'intervento di Fede a fare da “mediatrice”.
Quella volta però Valeria aveva individuato sul desktop una cartella particolarmente interessante e si era ripromessa di approfondirla…
-Uhau…Niente password!-
Era davvero felice. Così una volta entrata nel computer, ritrova la cartella. “I racconti” Chissà che storie….Quando la apre di fronte a lei trova quello che…Tombola!! Prende il telefono, digita il numero…
-Vieni qui!!!
E riattacca. Subito dopo inserisce un disco nel pc, salva tutto chiude ed esce richiudendo la porta alle sue spalle.

Poco dopo sente la porta di casa riaprirsi..
-Vale ?
-Eccomi.. Era al piano di sopra, in camera da letto: scende le scale, lentamente.
-Studiato?
-Un po’..
E’ assorta.
-Ho preso due pizze per pranzo cosi ci mettiamo subito a tavola
Annuisce, ma guarda altrove..
-Certo..
E’ sicuro una Valeria distratta. Perduta nei suoi pensieri
Dopo pranzo “Vincy” guarda la Tv. E succede l’inimmaginabile. Valeria si alza e spegne il televisore. Ed eccola in piedi davanti a lui..:
-Ricordi la nostra ultima discussione?
Dire che “Vincy” rimanga perplesso è decisamente riduttivo..
-Quale discussione?
- Quella sul tuo computer..
- Cosa? Ehi, ma perchè hai spento la Tv? Sei matta? tra poco comincia il notiziario e ..
-Niente notiziario. Oggi ho dato un'occhiata al tuo Pc
“Vincy” si alza in piedi. E’ visibilmente arrossito..
-Cosa hai fatto?
Valeria fa spallucce..
-Stai calmo: ho solo avuto la conferma che cercavo…
- La conferma? Ma che conferma? di che diavolo stai parlando!
Valeria siede sul divano e
-Dai “Vincy”.. non lo sai?
Lascia cadere a terra la ciabatta..

Sorride. Era tentato di farlo. Inginocchiarsi e raccogliere la ciabatta, ma non si lascia vincere dalla tentazione..Forte.
-Ascolta ragazzina…sono solo fantasie di cui tua sorella è a conoscenza,sono stupidaggini,credimi,non è neanche il caso di parlarne..
-Ah si? E allora se Federica conosce le tue storielle non avrà problemi, non credi?anche se dubito che lei sappia che desideri leccare i piedi della mamma…o di nostra zia...sai, sono molto delusa però…Su di me non hai scritto nulla? O l’hai nascosto altrove...
Vincenzo stava perdendo colore..
- Chi sa cosa ne penserà la mamma quando vedrà il cd che ho registrato... Però penso che riuscirò a convincerla a farteli leccare, i piedi. E anche la zia, perché no? Magari quando tornano da un pellegrinaggio a Pompei. Che ne dici, “Vincy” , ti piace l’idea?
E’ una prospettiva terrorizzante per lui. Perdere la faccia con tutta la famiglia. Magari davvero trovarsi con i piedi di sua suocera in faccia. E quelli della sorella. Sai che risate, quelle due streghe…Oh no..
-Vale, ragiona… non puoi farmi questo. Ok, hai vinto: farò tutto quello che vuoi, ma ti prego, lascia fuori la famiglia..
Senza dire una sola parola Vale si gira sul divano. Poggiando il suo piede nudo in grembo al cognato... Lo guarda negli occhi:<.
-Andiamo “Vincy” …Massaggiami il piede. Baciami il piede. Leccami il piede.. In ginocchio, please...se ti dimostrerai umile e sottomesso potrei decidere di essere benevola...
Ormai rassegnato, in silenzio “Vincy” si inginocchia ai piedi del divano e di fronte al piede della sua cognata. Lo prende tra le mani,lo massaggia, prima timidamente, poi con più vigore. Non è un piede bellissimo. Anzi è grande. E molto, molto arrogante. Comincia a baciarlo, poi a leccarlo quasi come se non avesse fatto altro per tutta la vita.. La sua mente è sgombra.
-Ok, può bastare….sei libero,non dirò nulla a mia sorella, né alla mamma..
Ma per “Vincy” sono cambiate tante cose in quei pochi istanti. Adesso è quasi in preda al panico al pensiero di interrompere quel che sta facendo. La guarda…
- Ti prego Vale… lasciami essere tuo schiavo: adoro i tuoi piedi dalla prima volta che li ho visti…E non ho mai voluto ammetterlo..
Dicendolo ricomincia a leccarli con maggiore impegno,come per convincere la sua signora. Completamente soggiogato da quel piede dimentica tutto,sua moglie,il suo lavoro,la sua vita.
E persino chi sta adorando. La sua odiata cognata. Ora Valeria lo guarda ridendo:
-Ahahahah…finalmente giustizia è fatta, sei in mio potere e sarai mio schiavo per sempre…sarai un cane fedele. Imparerai a temermi. Da questo momento “Io” sono la tua padrona. Anzi, la tua Dea: adorami...
Intento a leccarle i piedi Vincenzo a stento sente le parole della cognata. E’ come ipnotizzato ..

Quanto tempo passi prima che senta quel rumore non lo sa. Minuti, ore? Ma non osa voltarsi,.
Ancora quel rumore, poi una luce... Quando si volta, vede sua moglie con una macchina fotografica tra le mani...
Confuso e agitato “Vincy” abbandona il piede della cognata, si alza…
-Amore...non è come pensi...vedi...
Con gli occhi quasi persi nel vuoto Federica si dirige verso la sorella sorridente ed allegra.
Comodamente adagiata sul loro divano di casa. Le si inginocchia accanto, prende la sua mano e la bacia in segno di sottomissione. Un attimo dopo le consegna la macchina fotografica per poi prostrarsi davanti a lei.. Dire che Vincenzo sia stupito è decisamente riduttivo..
- Che significa tutto questo?
Vedere sua moglie genuflessa lo risveglia completamente…
-Alzati Federica!che cosa stai facendo?
Valeria lo guarda con un’espressione indefinibile..
-Non può farlo “Vincy” , stupido cognatino schiavo..
Cambia posizione sul divano, poggiando i suoi piedi uno sulla testa e l'altro sulla schiena della sorella.
-Non può farlo senza mio preciso ordine-
-Ma che cavolo dici?alzati subito e toglile i piedi da dosso!
Sta urlando adesso “Vincy” prendendo Valeria per un braccio costringendola ad alzarsi. Poi si piega sulla moglie costringendola a guardarlo. Quel viso è pieno di lacrime.
-Che succede amore mio?
-Non posso, non posso..-risponde
Gli appare sconsolata la moglie..
-Te lo spiego io Vincy” , stupido cognatino schiavo...ma non mi interrompere, idiota….e sopratutto non pensare di poter fare qualcosa. Il mio piano è stato perfetto...
Lui si sene come al centro di un uragano..
-Tua moglie è mia schiava da un anno, Anzi, precisamente dal giorno del vostro matrimonio.
- Ma di che stai parlando? Sei matta..
Ma l’atteggiamento di Federica gli dice il contrario e così Valeria con un sorriso beffardo continua il suo racconto, muovendo le dita dei piedi, come a volergli ricordare cosa stava facendo fino ad un attimo prima. Ride piano, vedendolo chinare gli occhi..
- Vedo che ci siamo capiti, eh? Insomma…Sono sempre stata attratta dal mondo della dominazione, ho avuto schiavi. Ma quando ti ho conosciuto il mio obiettivo è stato quello di sottometterti a me. Sembrava un desiderio irrealizzabile fino a pochi mesi prima del tuo matrimonio. Poi quando ho scoperto che la mia cara sorellina, in una serata un po’ troppo frizzante con le amiche, nel periodo in cui tu eri a Milano per lavoro,ti ha tradito,proprio qui,in questa casa ancora in costruzione....
Quasi paralizzato da quell’ultima rivelazione, Vincy” , lo stupido cognatino schiavo, crolla al suolo sedendosi con la schiena poggiata al divano. La moglie in lacrime e’ ancora prostrata con la testa a terra.
-Che scena, che scena…. Dai, non prendertela cosi, Vincy” , stupido cognatino schiavo, lei c'entra fino ad un certo punto, ho organizzato tutto io con un mio ex schiavo. Un paio di pasticche in discoteca poi qui, un po’ di foto ed è fatta... L'ho un po' ricattata, dicendole che se non fosse diventata la mia serva fedele ti avrei detto tutto, anche se la sua natura è quella. E’ una vera serva, tua moglie. Ma a scanso di problemi, in questi mesi l'ho costretta a fare cose ancora peggiori, per rinforzare il mio potere su di lei. Di ogni azione ho un paio di foto che potrebbero rovinarle la vita. Non solo matrimoniale. Le ho persino confessato il mio primo inganno, le pasticche in discoteca. Lei era già completamente nelle mie mani e le ho proposto un accordo: avrebbe avuto la sua libertà nel caso io non fossi riuscita a sottomettermi a me, senza ricatti. E ora… mi hai leccato i piedi perchè sei stato costretto, uhm….non saprei quanto, a dire il vero… perchè quando ti ho interrotto mi hai implorato di potermi servire...ed eccoci qui, ho vinto io...come sempre.......e ora entrambi mi servirete umilmente. Senza fiatare...altrimenti...beh di cose da raccontare e dimostrare ne ho...e tu Vincy” , stupido cognatino schiavo, arrenditi. La tua vita è nelle mie mani, posso renderti lo zimbello del paese. Farti lasciare il lavoro, come te del resto potrei fare con questa mia sciocca serva...

Senza più nessun appiglio a cui aggrapparsi, distrutto dall'inverosimile racconto, lo stupido cognatino schiavo è senza parole. Sua moglie lo guarda. E’ in ginocchio davanti alla sorella, prendendole la mano e baciandola trova il coraggio di parlare…
-La supplico mia signora,io la servirò umilmente,continuerò ad essere la sua schiava come ho fatto in questi mesi, ma libera mio marito,hai avuto quello che volevi,lascialo andare ti prego...
Schiaffeggiando la sorella, costringendola a prostrarsi a terra e dopo averle messo un piede nudo sulla testa Valeria scuote il capo..
-Non erano questi i patti serva,siete entrambi in mio potere e mi servirete con totale umiltà e sottomissione. Fra parentesi, intesterete a me tutti i vostri beni e diventerò l'unica Padrona di questa casa...vedrete,dopo un po' imparerete ad essermi grati, cambierò la vostra stupida vita... Vincy” , lo stupido cognatino schiavo, lavorerà il giorno e mi servirà non appena avrà varcato la soglia di casa. Tu sarai la mia sguattera. Quando se non mi servirai a dovere sarai severamente punita. Per tuo marito vale lo stesso..
C’è silenzio in quella casa. Come prima di un cambio della guardia. Valeria guarda la coppia davanti a lei, scuote il capo..
-Pensavi che allontanandoti da Napoli le cose sarebbero cambiate, serva?...
Dicendo ciò si riaccomoda sul divano porgendo il piede a Vincy, che senza proferire più parole lo accoglie direttamente nella bocca...
- Bravo…Tu serva,vai a preparare la mia nuova camera da letto. E poi fila cucina e organizza la cena… io mi godo il leccapiedi.. Ride…
- Ovviamente apparecchia solo per me, non crederete mica di mangiare alla mia tavola, vero? Federica si alza, con un inchino fa per allontanarsi, ma Valeria ha ancora qualcosa da dire.. - ..Ah….per quanto riguarda la vostra sistemazione notturna. Tu sarai lo scendiletto… Vincy se ne starà incatenato al letto… con la faccia rivolta verso i miei piedi, c’è bisogno di dirlo?...
Senza alzare lo sguardo Federica si incammina verso il piano superiore...
-Ah Fede...ops..schiava… chiama anche la mamma e dille che il suo genero non ha più una volontà… come da programma, anzi no, portami il telefono, voglio chiamarla io… ricordarle per il fine settimana l’aspetto con la zia… Vedrai che ci divertiremo, Vincy, stupido cognatino schiavo.
view post Posted: 19/11/2011, 09:57     Schiavo di mia sorella e delle sue amiche - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Sono un ragazzo di 22 anni con un'unica grande passione... i piedi delle donne... questa mia idea è nata ammirando i piedi curatissimi di mia sorella M... che è di 2 anni più grande di me.
Nei piedi delle ragazze cominciai a capire... le ragazze con le loro magnifiche estremità avrebbero potuto dominarmi tenendomi ai loro piedi...
Cosi' verso i 19 anni iniziai ad odorare le scarpe di mia sorella... specie se erano stivali, impazzivo. Con lei ho un gran bel rapporto... non ho mai pensato di farci del sesso, anche se molto bella e attraente... ma la mia unica voglia era quella di essere il suo zerbino...
Come dicevo con lei abbiamo un feeling pazzesco, nuda non lo mai vista, ma in tanga e reggiseno si...
Frequentiamo la stessa comitiva e quindi abbiamo amici in comune.
A mia sorella basto' poco per capire che adoravo i suoi piedini, cosi' inizio' a farmeli massaggiare sempre più spesso... fino ad arrivare a baciargleli.
Le sue amiche, io le conosco benissimo... e circa un annetto fa gli raccontò che io ero un leccapiedi e rimasero di stucco...
Piano piano diventai il cagnolino di 3 tre amiche di mia sorella. Che hanno la stessa' sua eta'.
Forse il fatto che amo stare ai piedi di una ragazza, è data dalla mia voglia di auto umiliarmi, visto che non sono uno stallone e il mio piselletto non raggiunge i 12 cm in erezione.
I ragazzi delle amiche di mia sorella, sono miei amici e spesso giocando a pallone insieme, quando ci facciamo la doccia, non ho potuto far a meno di guardare i loro cosi... in un certo senso sotto le docce, guardavo i loro pacchi... che anche se a riposo, erano molto più grandi del mio pisellino in tiro...
La voce si è sparsa e così anche mia sorella e le sua amiche... hanno saputo dai loro ragazzi della mia scarsa consistenza nelle mutande... tanto che quando siamo in gruppo..Melania, Martina e Barbara (questi i nomi delle nostre amiche) mi chiamano pisellino.
Dopo che mia sorella ebbe raccontato davanti a me che ero un leccapiedi, ance loro si adeguarono ed hanno iniziato a trattarmi da zerbino...
Mia sorella non si faceva tanti problemi a raccontare alle amiche delle sue prodezze. Una volta disse "Io adesso devo uscire un attimo, aspettami pur qui... ah quelli sono i sandali di Martina " e li indicò, quindi dopo una breve pausa sorrise e si avviò dicendomi "Non leccarli" poi rise di gusto.
Cosi' un giorno ci siamo trovati a casa di Martina, ed eravamo presenti io, mia sorella e le altre due nostre amiche, Melania e Barbara... era pomeriggio inoltrato...
Melania è alta, mora, capelli lunghi, giocava a pallavolo, bel fisico. Martina a gambe accavallate muoveva appena il piede; avendo delle gambe lunghissime riusciva con la gamba accavallata a toccare perfino per terra ed a un certo punto fece perno sul tallone del piede a mezz'aria (sfiorante il suolo) e lasciò uscire la ciabatta che produsse un forte ‘ciok! '.
In quell'istante sia Melania che mia sorella mi guardarono negli occhi... ".. mi dissero:"Ti piacciono i piedi Martina è... indicandoli. "Sì" risposi.
Poi mia sorella disse che doveva andar dal suo ragazzo e prendendomi in giro disse alle sue amiche:"trattatelo bene"... Poi risero tra loro come fanno a volte stupidamente le donne.
Barbara, era la più piccola, capelli lunghi castani mascherava la sua lussuria facendo la brava ragazza di chiesa. Uscita mia sorella, le squillo' il cell e mentre parlava al cell con il suo moroso mi chiese"Mi leccheresti i tacchi che si sono un po‘ sporcati... e mentre gle li leccavo... parlava tranquillamente al telefono... mentre Martina e Melania, mi deridevano... Finito di parlare al cell... Martina si alzo‘ dal divano, si tolse la calza e me la infilata in bocca dicendomi "Succhia... " oppure me le appiccicava sotto il naso costringendomi ad annusarla, il tutto condito da battutine.
Barbara con l'alluce fuori nel suo classico modo e mi guardava sorridente. Melania si era tolta una scarpa e roteava il piede a mezz'aria scalzo fumando e ridendo.
Tutte e tre mi guardavano, ero paralizzato. Martina mi chiama "Vieni qui e massaggiami un piede" Come ipnotizzato andai di fronte a Martina le tolsi le scarpe da ginnastica in dangling e in ginocchio cominciai a massaggiarle il piede; mentre Melania e Barbara parlavano del più e del meno. Non passarono neanche 5 minuti che Barbara mi infilo' prepotentemente il suo piedino in bocca.
Tutte risero sguaiatamente, Melania la più figa sembrava che non ci stesse più dentro "Allora è vero! Ah, ah, ah, ah! Sei solo un cagnolino... magari che si fà tante pippe... Fammi provare fammi provare" E Barbara: "aspetta... " e intanto si faceva leccare il piede come soprappensiero poi tolse il piede e disse "Vai da Martina ora, schiavo". Martina fremeva dentro le sue ciabatte muoveva continuamente i piedi e quando arrivai si bloccò e me li presentò sotto al naso tutte e due "Leccali insieme, leccali insieme" Iniziai a leccare mentre ancora loro parlavano di esami, prof., compagni "Lecca tra le dita" mi diceva Martina. Poi sempre la Marti mi prese la faccia con le piante dei piedi e mi fissò dritto negli occhi poi mi spostò con un lieve sorriso verso i piedi di Melania.
Melania un super sorca stava a gambe accavallate mi avvicinò lo stivale a mezz'aria alla faccia poi senza preavviso me lo stampò in faccia ridendo.
Mi muoveva il piede sulla faccia strofinando mentre io leccavo tutta la suola sporca.
Ora toglimi gli stivali..mi disse Melania, gleli sfilai... odorai i miei piedi... sei solo un verme... oggi non odorano, anzi puzzano un po'..visto che ho camminato tanto oggi con il mio ragazzo (il mio amico) ... e poi mi ha anche scopato per due ore in macchina... e tu hai mai scopato una ragazza? ... Sai mi hanno detto che che hai un fagiolino... mai sai come è fatta una patata? ... credo di No... quale ragazza vorrebbe il tuo cosino... e risero tutte... Mi fece sdraiare per terra e mi mise i piedi in faccia, usandomi come degno poggiapiedi... mentre le altre mi umiliavano e ridevano. Avevo i suoi piedi sul viso:"Lecca schiavo" mi sussurro'...
Martina disse."che leccapiedi... il mio ragazzo è un maschio..lui è solo un poverino... anche Melania aggiunse:"mi ha scopato per due ore..due... e sto segaiolo me lecca i piedi... ma quando stai con i tuoi amici (i loro ragazzi) sotto la doccia ma non ti vergogni? ... si risposi... e ancora... sei una merda... alle donne puoi solo leccarle i piedi..
Poi si alzo' Martina e mi mise i piedi sul pipino... sentendo quanto era grosso:"non c'è... è una checca.."Melania stufa... si alzo‘ e ridendo, mi prese per i capelli e mi mise il culo in faccia... dicendo"forse gli si rizza"...
Barbara‘ se ne andò ‘ ma prima gli baciai i piedi... Poco dopo Martina disse..io devo uscire...
Melania:"bacia i sandali di Martina"..obbedii...
Umiliato e sottomesso... vengo deriso... sono il loro cagnolino... ma a me va bene così... preferisco essere loro servo che far sesso... sono andato anche da alcune mistress... ma è meglio essere umiliato dalle nostre amiche... mia sorella mi chiama leccapiedi...
Melania e le altre pisellino...
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