Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

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view post Posted: 25/11/2013, 16:52     Sofia e Al - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
non ricordo su che sito, ma il titolo era questo
view post Posted: 22/11/2013, 11:28     +3Vipera, l'assassina sadica - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Vipera bionda, questo il suo nome in codice, in realtà si chiama Emanuela Volpati, anni ventinove, nata a Roma da una famiglia molto ricca, diplomata in ragioneria, e poi laureata in economia e commercio, lavora presso un agenzia di import ed export sempre a Roma, ma questa è una copertura in realtà il suo lavoro è una cosa particolare, fa parte di una associazione segreta con una rete a livello mondiale, e la sua specializzazione è punire definitivamente le vittime che gli vengono indicate, dico punire perché prima di ucciderle le fa soffrire, in quanto sadica all’ennesima potenza, lesbica, e dominatrice fino all’ultimo centimetro del suo meraviglioso corpo.
Dico meraviglioso perché è bellissima, alta e slanciata, fisico plasmato da ore di palestra e di arti marziali, le sue gambe ed il suo culo sono da pin up, un seno sodo e prosperoso, ed un viso da innocente fanciulla bionda naturale, capelli lunghi, ma quando è in azione li raccoglie in una coda alta sulla testa che la fa sembrare ancora più alta, una bella donna sensuale e sexy, sempre vestita in modo provocante, sempre con tacchi vertiginosi, ma sembra che lei su quei tacchi ci sia nata.
Nulla nella sua vita di facciata non fa trapelare nulla, se non fosse per le parecchie assenze dal lavoro, ma la direzione non ha mai eccepito sul suo comportamento, parla inglese e francese come l’italiano, è intelligente e colta, ma è una killer spietata.
Vipera vive in un attico ai Parioli, donatole dai suoi genitori, ogni tanto ospita Pamela la sua donna, ma non capita spesso, capita invece che qualche malcapitato con l’indole sottomessa, si faccia accalappiare nei bar che lei frequenta, lei è molto diretta, quando si accorge di avere per le mani l’uomo giusto, amante di piedi e tacchi da leccare, se lo porta a casa per divertirsi un po’, a volte anche con l’aiuto di Pamela, i malcapitati subiscono trattamenti estremi, di solito poi abbandonati sul ciglio di strade poco frequentate, lei può entrare nel suo attico direttamente dal suo garage privato tramite un ascensore a codice personale, quindi se li carica e scarica dalla macchina senza paura di essere vista, è capitato di rischiare con qualcuno che minacciava di denunciarla, ma la paura e la vergogna superavano le loro voglie ed alla fine nessuno andava alla polizia, ma tutti cercavano di dimenticare in fretta l’esperienza subita.
Era un lunedì mattina di settembre, fresco e soleggiato Vipera camminava leggiadra nel suo completo gonna e giacca blu, con un bel paio di scarpe aperte in punta nere, con tacco 12 a stiletto, era un bel vedere, e la gente si voltava a rimirarla con gusto, la piccola borsa a tracolla, non aveva azioni in vista, erano due mesi che l’associazione non gli dava incarichi, aveva voglia di azione, aveva voglia di un maschio da dominare e umiliare, quindi pregustava una ricerca per la serata, ma gia a pranzo nel self vicino al lavoro aveva identificato una possibile vittima, un ometto piccolo, sui cinquanta, calvo, che non la smetteva di guardarle le scarpe, ma era troppo vicino all’ufficio, e sicuramente lui lavorava li vicino, quindi abbandonò l’idea, se non urtarlo con il ginocchio di sfuggita mentre scendeva dallo sgabello del bar, e il suo sguardo la convinse che era proprio il tipo giusto, ma lasciò perdere a malincuore, sarebbe stato bello salirgli con i tacchi su quella palla di bigliardo, e vedere i suoi occhi strabuzzare, ma meglio non pensarci.
Alla sera però agghindata a dovere, microgonna nera in panno, e sandali neri con tacco vertiginoso, completava il tutto un giubbino in jeans nero, si preparava ad entrare in un disco bar di periferia, dove non era mai stata, il locale non era molto frequentato, ed erano tutti giovani, dopo una mezz’oretta riprese la sua porche nera e cambiò zona, le avevano parlato di un posto frequentato da amanti del liscio, si trattava di una classica balera sotto un capannone, e li l’età era molto più alta, lei spiccava in maniera evidente, si sedette al bar ed ordinò una coca con del rum, si guardava intorno, ma nessuno sembrava interessato a lei, anche se centinaia di occhi erano sulle sue gambe, stava quasi per andarsene, ma notò un uomo sulla quarantina con doppiopetto grigio, che la puntava, era solo e si stava bevendo una birra al tavolo, Vipera si accomodò al tavolo vicino, espose le sue gambe accavallate ed iniziò a dondolare il piedino ad un metro e mezzo circa dall’uomo, notò del rossore sulle guance, si alzò per andare al bar e con noncuranza gli pestò un piede “oh, mi scusi” l’uomo trasalì “niente, niente, è un piacere un suo contatto” la risposta dell’uomo, Vipera pensò di essere in compagnia della persona giusta “ma come le piace che pestino i piedi?” e guardò l’uomo con più attenzione, era persino bello capelli a spazzola, abbastanza in forma era seduto ma sembrava di statura media, molto molto elegante, camicia con gemelli e scarpe sicuramente di marca all’inglese, senza calze, forse era anche più giovane dei quaranta stimati, “da una donna bella come lei potrei farmi schiacciare ben altro” Vipera rise “questa sua impertinenza andrebbe punita” “e lei saprebbe punirmi, perché sa a me potrebbe piacere essere punito da lei” i discorsi prendevano la piega giusta “io sono nata per punire gli uomini come lei mio caro” l’uomo rise “piacere mi chiamo Marco” “piacere sono Elisa” gli era sempre piaciuto il nome Elisa, e lo usava spesso con le sue vittime, “veramente vuole essere punito?” lui serio “se lei è nata per punire io sono un uomo fortunato, non cerco altro” Vipera si distese “e come mai frequenta un posto come questo?” lui si guardò intorno “avevo una amica, o meglio una che anche lei si diverte con le punizioni, ma stasera non si vede, forse sarà il destino” Vipera si alzò e gli si mise di fronte con il tacco affondò sul piede dell’uomo “sei sicuro di quello che vuoi, potrebbe essere pericoloso per te” l‘uomo era perplesso “allora non scherza, lei è proprio una che punta al nocciolo della questione” “mi piace avere a che fare con dei sottomessi, se sono masochisti tanto meglio, quindi esprimiti” era al muro “ebbene si sono un sottomesso, mi basta guardarle le gambe per sognare di essere sdraiato sotto i suoi piedi meravigliosi, non sono un masochista, ma sono sicuramente sottomesso alle donne belle come lei” Vipera non sapeva bene se l’uomo bleffava per stare al gioco o meno, comunque decise di portarselo a casa “allora senti stronzetto, io non scherzo mai, se vuoi provare qualche emozione forte sono disponibile” il tacco scarnificava il piede dell’uomo e rovinava la scarpa, lui cercò di sottrarre il piede, Vipera gli appoggiò allora il tacco sul ginocchio, e da quella posizione lo guardava con un sorriso divertito “non credo che tu voglia dare spettacolo qui, meglio a casa mia” l’uomo si alzò subito rosso in viso e balbettando “siggnnoor signora io scherzavo, cosa vuole da me” allora era cretino, Vipera abbassò i toni, “non volevi essere strapazzato da una bella donna?” lui sempre più rosso “ma veramente non saprei, io vorrei solo succhiare i suoi splendidi piedi, e magari i suoi tacchi” Vipera era impaziente “e quello che ti farò fare dai, magari con qualche giochetto accessorio, vieni o no?” e si avviò verso l’uscita, qualcuno aveva visto la scena, l’uomo la seguì all’uscita “vuole che la segua in macchina?” Vipera era eccitata “no andiamo con la mia poi ti riporto” in macchina iniziò a stuzzicarlo “allora cosa ti piace di preciso spiegati” l’uomo ora sembrava rilassato” e iniziò a passare al tu “ma guarda, in effetti sono un servitore di donne, faccio anche i lavori di casa, mi piace essere sottomesso, umiliato, mi piace come ti dicevo leccare i piedi le scarpe gli stivali, ecco ho una passione smodata per gli stivali” disse tutto in un fiato, “prima di tutto non ti ho detto assolutamente di darmi del tu, quindi gradirei, che ti rivolgessi a me chiamandomi Signora, per quanto riguarda le tue passioni saprò accontentarti vedrai” l’uomo cercò di entrare nella parte “mi scusi signora” Vipera aveva l’espressione classica, assaporava la sua vittima, fra poco avrebbe sentito nell’aria la paura della sua preda, arrivarono davanti al cancello, azionò il telecomando che aprì anche la porta del suo garage, la macchina vi scomparse dentro, la porta si richiuse, si accesero le luci “scendi imbecille sei arrivato” l’uomo scese, lei lo prese sottobraccio e lo portò all’ascensore digitò un codice, le porte si aprirono su di una stanza quattro per quattro, enorme, l’ascensore serviva anche per trasportare i mobili, o altro, lo spinse dentro, appena si chiusero le porte lo afferrò per i coglioni stingendo come una pazza, l’uomo si piegò in due “hei calma così non mi piace” “e chi ti ha detto che ti doveva piacere” lo strinse ancora più forte “basta basta per favore, mi fa troppo male” Vipera lo mollò, l’ascensore arrivò all’attico si aprirono le porte su di un salone galattico, tutto arredato con mobili moderni in legno di ulivo e acciaio, il pavimento era in ulivo pregiato, lo spinse fuori, l’uomo cercò di aggredirla prendendola per il collo “brutta stronza che cazzo hai in mente, non mi faccio strizzare i coglioni da una troietta infoiata” la strinse più forte, era a gambe larghe e la teneva ferma “adesso che cazzo fai, adesso te lo infilo in bocca e tu me lo succhi” Vipera si concentrò bene e fece scattare un calcio di tallone in pieno sulle palle dell’uomo, che mollò la presa immediatamente, lei si divincolò, ed un altro calcio con il collo del piede colpì nuovamente l’uomo nelle palle, prendendo anche le sue mani che aveva portato d’istinto a protezione, cadde in ginocchio, ed il calcio in faccia arrivò deciso SBAAAM, un grido di dolore confermò la potenza del calcio “aHHHHHHHH” “allora cretino, non hai capito niente, quella che mena sono io, tu sei qui per prenderle e basta, non mi porto uno stronzo come te a casa per ciucciargli il cazzo” lo prese per un orecchio e lo trascinò Marco urlava “me lo strappi, aspetta, ferma” Vipera tirò ancora più forte, poi perse la presa, l’uomo un po’ stordito cercava ancora di attaccarla, ma un pugno in piena pancia lo fece piegare in due “OHHHFFFF” Vipera gli prese il braccio e glielo torse dietro la schiena, lo spinse ancora avanti fino ad basso tavolino, li prese con la mano libera un grosso batuffolo di cotone aprì una bottiglietta e versò del liquido sul cotone che poi forzò sul naso e sulla bocca di Marco, dopo alcuni secondi si afflosciò come un sacco di patate svenuto.
Il risveglio dell’uomo fu lento, era appeso al soffitto in una stanza insonorizzata, nudo come un verme, le sue gambe erano divaricate da un bastone legato alle caviglie, i piedi poggiavano a terra ma la posizione era dolorosa, anche le braccia erano attaccate una per una distanti tra loro, era solo, la testa gli faceva male, ed anche la faccia gli bruciava, ricordava la donna, e la vide, seduta su di una sedia davanti a lui, era vestita di pelle nera una tuta aderentissima, una seconda pelle, con un paio di stivali alti a punta tacco a spillo, insomma stivali cattivi, lo guardava ridendo “sei sveglio amico mio?” l’uomo la mise a fuoco bene “cosa vuoi farmi bastarda, slegami” lei con estrema tranquillità “allora cosa voglio farti, vediamo, ti piace fare i lavori di casa, ma ora sei legato e non puoi farli, ti piace leccare piedi e scarpe, ma anche quello non lo puoi fare, però hai una passione smodata per gli stivali, ed in questo posso accontentarti” si avvicinò a lui, iniziò a girargli intorno, l’uomo la seguiva girando la testa, quando fu dietro di lui, lasciò partire un calcio con la gamba destra, e lo colpì di collo pieno nelle palle da dietro, “whaaaaaaaa” ecco appagata la tua passione per gli stivali, ti piacciono questi” e poi senza aspettare iniziò una sessione di calci nelle palle, colpiva con sapienza alternava le gambe, di punta, con il tacco, di collo, furono circa una trentina di calci, “l’uomo, Marco era ormai svenuto dal dolore “eh no amico mio, mica puoi svenire per così poco, ho appena iniziato, e tu svieni, ma va a fanculo stronzo vedi di stare sveglio”Marco cambiò tattica e si mise a piangere, la supplicava, “ti prego signora Elisa, La prego signora Elisa mi lasci andare,” e piangeva come un bambino “lascia perdere non mi fai pena anzi mi fai eccitare ti conviene stare zitto, per me un uomo come te che mi supplica è un invito a massacrarlo” gli tirò una forte sberla, e poi un’altra e un’altra ancora “stai zitto scemo, tanto non mi fermo” i trattamenti quando aveva un uomo appeso erano i più estremi, frusta, pinzette di ferro nei capezzoli, nelle palle sul pene, eseguiva tutto con estrema lentezza, assaporava ogni momento, ora era alle prese con l’uccello di Marco, era riuscita a farlo venire duro, eccitata come una bimba “bravo coglione, vedi che ti piace” Marco non parlava più i suoi erano solo urli di dolore, però le sapienti mani di Vipera l’avevano eccitato, e lui non si dava pace di avere l’uccello duro, vipera si spogliò lentamente davanti a lui, rimase solo con gli stivali, e gli strusciava la coscia sull’uccello in tiro, si accese una sigaretta “vediamo se adesso riesco a placare la tua erezione”ci riuscì in un attimo perché gli spense la sigaretta sul glande “whhhaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa” Per Marco fu disperazione “non ti è piaciuto eh, proprio niente?” “WHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH; WHAAAAAAAAAAAAAAA” si accese altre sigarette, e toccò varie parti del corpo del povero Marco, dopo le sigarette ci fu una pausa, “ora ti slego, ti avverto uomo, non tentare nessun movimento strano, potrei ucciderti” Marco privo delle corde cadde sul pavimento privo di forze, Vipera gli mise il piede vicino alla faccia “leccami gli stivali, forza sono la tua passione, fammi vedere” non aveva nessuna forza, ma le minacce lo fecero muovere, lei gli forzava la punta in bocca con brutalità estrema “e lecca, ciucciami la punta bene” dopo la punta la suola, poi il tacco, poi l’altro stivale, poi tutto lo stivale fino al ginocchio, lei lo spronava e lo derideva.
Marco fu abbandonato sul ciglio di una strada, vicino a Latina, l’aveva ridotto male, ma si sarebbe ripreso, l’aveva minacciato di ucciderlo, e si era tenuta i suoi documenti.
Vipera fu contattata dal solito biglietto nella buca delle lettere, dove c’era solo un numero di cellulare e una data con l’ora, mercoledì 9 settembre ore 18.00, attese con impazienza il giorno e telefonò, “sotto il tappeto del passeggero nella tua macchina c’è una busta, troverai tutto, hai un mese di tempo, organizzati” voce metallica registrata, corse in garage e trovò la busta, si trattava di un italiano, cinquantasei anni, residente a Napoli, di facciata gestiva un’azienda di trasporti a Milano, in realtà trafficava in armi per la mafia, nella busta c’erano tutte le informazioni che le potevano servire, compresi i gusti sessuali dell’uomo, nella foto era ripreso in primo piano e poi una per intero, basso di statura, calvo e grassoccio, la faccia di un ragioniere qualunque, tra l’altro gli piaceva stuprare ragazzine, era una feccia andava eliminato.
Frequentava un famoso locale di Milano, molto in, ci avrebbe festeggiato il compleanno il 25 settembre, Vipera si organizzò doveva essere pronta, si trasferì a Milano in un bellissimo hotel del centro, e frequentò il locale diverse sere, quando lui usciva, lei lo seguiva fino a casa, cercava di capire tutti i suoi movimenti, la sera prima del venticinque lo vide, prendeva accordi con il proprietario, per la sua festa. Vipera era agghindata a dovere, calze nere scarpe nere aperte in punta ,gonna nera, cortissima, una camicetta azzura, con una bella cinghia rossa, le sue gambe non potevano passare inosservate,difatti l’uomo la guardava continuamente. Ma lei si tenne a debita distanza, attese che se ne andasse, e lo seguì, aveva l’auto nel parcheggio vip del locale, lei aspettò che uscisse e si mise dietro, il percorso fu breve Antonio Cagli, andava a casa, viveva in un attico in centro che Vipera conosceva già bene, pensò di intervenire mentre entrava in casa, oppure in garage, sapeva che il mattino dopo sarebbe andato dal barbiere alle dieci, lo avrebbe atteso nel garage al suo ritorno, e poi lei gli avrebbe fatto la festa, proprio il giorno del suo compleanno.
Era pronta per l’occasione indossò una gonna in jeans molto corta, degli stivaletti a tronchetto con una zeppa di due centimetri ed un tacco dodici, senza calze, mise solo una maglietta nera, la pistola la teneva nella ampia borsa che aveva a tracolla, si appostò vicino all’entrata del garage, attese la macchina della vittima ed entrò, come l’uomo scese gli puntò la pistola, sapeva che era armato “stai fermo e non ti succederà niente, dammi la tua pistola” l’uomo era stupito, ma si vedeva che non aveva paura “accidenti che figa, mi vuoi ammazzare, non ho armi io, vuoi dei soldi?” Vipera si avvicinò a lui “non voglio soldi” lo perquisì giacca e pantaloni, anche vicino all’uccello “hei se vuoi scopare è diverso” “stai zitto, saliamo in casa” il momento iniziale era sempre pericoloso, presero l’ascensore ed entrarono in casa, Vipera sapeva che la donna di servizio sarebbe arrivata solo alle quattro, prese le manette dalla borsa e lo ammanetto con le mani dietro la schiena, poi si rilassò, poteva ucciderlo subito, ed era tutto a posto, ma lei voleva divertirsi un po’.
Antonio Cagli era baldanzoso, ma non capiva le intenzioni della donna “senti ma una figa come te che bisogno ha di rapinare” stava li a guardarla nel suo abito armani con quei pochi capelli nella nuca appena rasati, Vipera gli rifilò un calcio nei coglioni spaventoso “whaaaoooooooooo, che cazzo” l’aveva piegato in due l’uomo cadde in ginocchio, e siccome aveva le mani legate picchiò con la testa sul pavimento, Vipera gli mise il piede sulla sua testa calva “stai per morire stronzo, ma siccome sei anche uno stupratore di minorenni, ti farò morire a modo mio, il regalo dei tuoi amici non potrai averlo stavolta” infatti gli amici mafiosi di Antonio gli avevano preparato una ragazzina per la nottata, Vipera aveva anche visto la foto, avrà avuto si e no quattordici anni, di nazionalità argentina, rapita per farle fare poi la vita da strada, ma prima se la sarebbe scopata Antonio.
“senti, mettiamoci d’accordo, dimmi cosa vuoi, sono ricco “ Vipera era già in posizione per colpirlo nuovamente, “voglio picchiarti prima di ucciderti, ecco cosa voglio” e gli mollò un calcio in faccia, poi posò la pistola, e lo tempestò di pugni , si doveva chinare perché l’uomo era a terra dolorante, si fece addirittura male alla mano, allora iniziò a calpestarlo incurante delle urla dell’uomo, gli saltava sullo stomaco, quando fu girato di schiena, con un salto gli atterrò sulla spina dorsale provocando le sue urla “ahhhhhhhhhhhhhhh,ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhh oddio no, basta, basta ahhhhhhhhhhhhhhh” Vipera era brutale, continuò a prenderlo a calci ovunque, e poi si sedette su di una poltrona esausta, rimase a guardarlo mentre si contorceva dal dolore, la faccia era piena di sangue, ed anche i suoi stivali lo erano, andò in bagno prese un asciugamano e iniziò lentamente a pulirli, “volevo farteli pulire con la tua lingua ma sei pieno di sangue e li avresti solo sporcati” poi con cattiveria gli pulì la faccia facendolo urlare, e gli salì sulla testa calva con i suoi tacchi, era da quando aveva visto l’ometto vicino al suo ufficio che voleva schiacciare una palla da bigliardo, scivolò per il sangue e rigò la testa dell’uomo da parte a parte “ma guarda che bel segno che ti ho fatto, bene, adesso divertiamoci per bene, ti piace stuprare ok, ora vedremo” prese dalla sua borsa uno cazzo enorme, trascinò l’uomo appoggiandolo sul divano e gli tolse i calzoni le scarpe e le mutande, quel coglione era tutto firmato, gli tolse anche la giacca strappandola per via delle manette, e poi indossato il cazzo, senza nessuna lubrificazione si mise decisa ad incularlo inginocchiata a terra, con una forza devastante con lui che urlava e si disperava, ma lei lo teneva fermo, gli massacrò il culo, quando ebbe infilato tutto il cazzone si tolse l’imbragatura e glielo spingeva con il piede, sempre più forte, lo stava sfondando “dai è più bello farsi stuprare no?” Antonio Cagli piangeva come un bambino, ma Vipera non aveva pietà l’uomo svenne.
Gli tolse il cazzo dal culo, andò in cucina e prese una pentola piena d’acqua fredda, gliela gettò addosso per svegliarlo, lo voleva bello lucido, Antonio, si riprese, ed iniziò ad implorare, era devastato dal dolore al culo alla pancia, un occhio era quasi chiuso, il naso sicuramente rotto, “è inutile che mi supplichi, tu non devi vivere, quelli come te meritano solo la morte”mentre parlava, Vipera avvitava il silenziatore alla pistola, poi lo mise sdraiato, gli salì sul petto con cattiveria e gli infilò il tacco dello stivaletto in bocca, “morirai succhiando il mio tacco merda”, l’uomo si rifiutava ma Vipera spingeva il tacco con forza, poi il rumore secco della pistola, in piena fronte un piccolo buco, l’uomo era morto.
Vipera si cambiò gli abiti e mise quelli sporchi nella borsa, jeans e scarpe da ginnastica con una lacoste bianca, se ne andò, ma prima prese una pietra che aveva portato apposta, e la infilò nella bocca.
Vipera bionda, era in vacanza nel Midi francese, precisamente a Sainte Maxime, aveva prenotato una settimana in albergo molto bello a poca distanza dal mare, si stava godendo il sole di agosto soprattutto in piscina, andava in spiaggia solo al mattino presto, passeggiava sul bagnasciuga facendo voltare tutti gli uomini presenti, a causa del suo perizoma che metteva in mostra un culo portentoso e sexy, anche in piscina era guardata con attenzione da centinaia di occhi, il culo era ancora meglio, perché indossava degli zoccoli con un tacco da dodici centimetri, di legno scuro con la fascetta rossa, alle dita dei piedi portava degli anellini doro, ed alla caviglia sinistra una catenina di corallo liscio rosa pallido, era abbronzata e bella da morire, La sua amica Pamela non aveva potuto venire, quindi era sola ed anche un pochino annoiata, la vacanza di solo riposo gli stava stretta, quindi si mise ad osservare una possibile vittima.
Gli uomini erano quasi tutti accoppiati, ma durante la cena vicino al suo tavolo, c’era un italiano solo, sulla cinquantina, alto e muscoloso, abbronzato da far schifo, l’aveva notato perché aveva una maniera arrogante nel rivolgersi ai camerieri, e questo la infastidiva, la guardava senza ritegno ed ogni tanto le sorrideva malizioso, non sapeva cosa stava toccando, lei non gli dava la benché minima soddisfazione, quella sera era vestita molto sexy, con un abito nero sopra il ginocchio un bel paio di sandali neri con il tacco in metallo a spillo, le braccia nude, aveva con se un leggero scialle di pizzo bianco, ma lo aveva appoggiato alla sedia, l’abito era talmente attillato che le sue forme erano palesemente in vista, e chiaramente il culo la faceva da padrone, il cameriere era anche sfacciato, già la sera prima si era permesso di adularla, “si accomodi splendida creatura, posso portarle l’aperitivo” lei non aveva neanche risposto, invece quella sera nel sistemargli la sedia osò addirittura sfiorargli le spalle, e “tutto bene splendida creatura, è pronta per mangiare?” lei in un attimo di ira “sono pronta a prenderti a calci nelle palle stronzo, stai al tuo posto o potresti pentirtene” il cameriere rimase di merda, e per tutta la sera non osò neanche a guardarla negli occhi ma se ne stava a testa bassa, muovendosi velocemente.
Soddisfatta, si concentrò sul tavolo vicino, e rispose al sorriso dell’uomo, il quale alzò il bicchiere del vino “alla sua salute signore” lei rispose con il suo bicchiere, alla fine della cena il cameriere portò un bicchiere di porto, “glielo offre quel signore madame” lei lo sorseggiò apprezzando e sorridendo all’uomo.
Il giorno dopo in piscina, fu avvicinata dall’uomo che si sistemò nello sdraio vicino al suo “posso, oppure la disturbo” “prego è tutto libero, non mi disturba”.
I soliti convenevoli, tipo “una donna bella come lei cosa ci fa sola” ed altre amenità del genere, ma Vipera non aveva voglia di parlare troppo, mise in vista i suoi piedini per vedere eventuali reazioni dell’uomo, che si era presentato come Ambrogio, medico chirurgo, che era li per un congresso.
Ma i piedini di Vipera sembrava non interessassero più di tanto, lei voleva vedere che tipo era, i suoi sguardi erano diretti, ed era molto sicuro di se, non era un sottomesso, bene, sarebbe stato più divertente ed eccitante.
Vipera allora puntò al sodo e gli fece capire che era disponibile ad una avventura estiva, lo adulò un po e poi senza preamboli, “senti io non sono una che ci mette molto, tu mi piaci, ti aspetto in camera alle cinque oggi pomeriggio, numero 606” Ambrogio non sembrava neanche stupito, sorrise amabilmente “ci sarò sicuramente” vipera raccolse le sue cose e se ne andò sculettando, abbastanza stupita delle reazioni dell’uomo, ma non gliene fregava niente voleva solo uno da picchiare e da umiliare per noia, non per altro.
Però questa volta, la sorpresa fu sua, l’uomo arrivò puntuale, entrò deciso salutandola con uno smagliante sorriso, e la frase che pronunciò la lasciò di sasso “allora Vipera bionda, sei pronta” l’aveva chiamata con il suo nome in codice, e spuntò una pistola in mezzo alle sue tette, era in bikini. Aveva deciso di cambiarsi durante il trattamento, ora era nel panico, si sentiva fregata “questa volta ti è andata male, sarai tu la preda, l’associazione ha deciso di eliminarti, la tua carriera è finita, ed io mi voglio divertire prima di ucciderti” era stata troppo disattenta, avrebbe dovuto controllare meglio di solito lo faceva, ma era troppo sicura di sé, ed ora erano cazzi. L’uomo le prese un braccio e glielo torse dietro la schiena, poi prese l’altro e la legò con una corda, Vipera era inerme, conosceva la pericolosità del Killer che aveva davanti, la fece inginocchiare davanti a lui e gli mollò due sberle micidiali, Vipera incassò senza un lamento, ma una righetta di sangue comparì sul suo labbro, le stracciò il bikini, in malo modo, le strinse le tette con cattiveria, e la lecco in faccia, si mise ad accarezzarle le gambe “sei proprio una gran figa” si slacciò i pantaloni, e la prese da dietro spingendo nella sua figa asciutta con forza fino ad entrare completamente, Vipera sapeva che era inutile resistere, “vedo che ti piace brutta troia, quanti ne hai inculati tu eh, ma ora è finita” le dava delle gran pacche sul culo “hai proprio un bel culo, è un piacere rompertelo, dopo mi occuperò anche di lui non ti preoccupare” Vipera era sicura che non poteva essere l’associazione a volerla morta, ma era qualcun altro di sicuro, ma chi?
Il fantomatico Ambrogio gli sborrò sulla schiena deridendola, e sempre puntandole la pistola dotata di silenziatore, alla tempi “ciucciamelo, ripuliscilo” glielo sbatté in bocca, Vipera dovette prendere quell’uccello mezzo molle tra le labbra, e sentì il gusto dello sperma, avrebbe voluto strapparlo con i denti, ma non era nelle condizioni, poi la spinse via. Riprese a prenderla a sberle, la sua faccia era paonazza, quando cadeva la ritirava su e picchiava nuovamente. Era brutale gli diede anche un calcio nella pancia che la lasciò senza fiato, poi la sbattè con la testa sul pavimento, più volte, Vipera stava per svenire, l’uomo smise,
“non ti uccido subito, voglio ancora scoparti una volta, ma devo aspettare che il mio amico si riprenda”. La lasciò li nella camera se ne andò via, tirandosi su i calzoni, torno dopo una mezz’oretta, con una bottiglia di vino, si sedette sulla poltrona “allora come va ti sei ripresa lurida vacca, sei pronta per il secondo raund” Vipera aveva provato a liberarsi, ma niente era legata troppo stretta, però aveva visto la sua borsa vicina, e dentro c’era un taglierino di quelli tappezziere che lei usava per tagliarsi delle corde quando voleva legare qualcuno, doveva a tutti i costi raggiungerlo, Ambrogio si alzò, si stava già sbottonando i pantaloni, ma dovette andare in bagno a pisciare, e quella fu la sua più grande cazzata,
ora o mai più, Vipera si butto sulla borsa, con la bocca prese in taglierino, lo aprì tutto, riuscì ad incastrarlo vicino ad una sedia e si liberò le mani, quando Ambrogio tornò aveva già l’uccello in mano pronto, lei lo lasciò avvicinare, era in ginocchio, si avventò su di lui con una testata in pieno volto, e non perse tempo gli assestò un calcio nelle palle, anche a piede nudo gli effetti furono quelli desiderati, gli salì addosso e con la stessa corda con cui era stata legata, la usò per legargli le mani dietro la schiena, ora l’uomo era a terra dolorante e con le braghe calate, lo colpì con un calcio in faccia, “le cose sono cambiate”.
L’uomo era in silenzio conscio della sua fine, aveva fatto un errore e l’avrebbe pagato con la morte, Vipera andò a cambiarsi, e quando tornò, tolse ogni possibile dubbio sulle sue intenzioni, si era messa la sua tuta in pelle, aderente proprio come una seconda pelle, con i suoi stivali neri, prese una palla legata ad un collare e la mise in bocca all’uomo, così non avrebbe potuto urlare, gli sfilò i calzoni e le mutande, gli tolse le scarpe e lo lasciò con i calzini e la camicia, ora il suo uccello era molle. Gli strinse le palle fra le dita, lo fece con forza, l’uomo la seguiva con il bacino, ma lei tirava e stringeva, tolse la mano ma solo per dargli un pugno in faccia tremendo.
Prese dai calzoni la carta per aprire la sua camera, si mise un paio di guanti e si tolse gli stivali indossò l’accappatoio e le zoccole, fece una rapida ricognizione della camera ma non trovò nulla, neanche i documenti, solo la valigia dell’uomo, tornò da lui, avrebbe voluto interrogarlo, ma in quel luogo poteva urlare, quindi non poteva toglierli il bavaglio, lo mise a sedere su di una sedia, si rimise gli stivali, e con le mani guantate iniziò a prenderlo a sberle, ed erano sberle che facevano male date con tutta la sua forza “mhuuuuuuuuuuu” i lamenti dell’uomo erano di pura sofferenza.
Avrebbe voluto interrogarlo, ma lui poteva urlare, quindi prima di toglierli il bavaglio lo tempestò di pugni in faccia, tanto da intontirlo, poi lo libero da quella palla che aveva in bocca, l’uomo si lamentava soltanto non aveva che la forza di respirare, Vipera si accese una sigaretta, e gliela spense in una palla, le sue grida erano flebili, “ascolta devi dirmi chi ti ha ordinato di uccidermi, dipende da te come morire, alla svelta oppure tra atroci tormenti scegli bastardo” stava pestando le sue palle con il tacco dello stivale, e le stava devastando, si allontanò ma solo per tirargli un calcio in faccia, brutale, la testa dell’uomo quasi si staccava, svenne, altra caraffa d’acqua, “bastaaa, ti prego, è stato Davide Benedetto” il nome non diceva niente a Vipera “chi cazzo è questo?” il povero killer sperò di salvarsi la vita, e spiattellò tutto, “abita a Roma in via Adelfia 21, ti odia non so cosa gli hai fatto, mi ha dato 20.000 euro, ed altri trenta a lavoro eseguito” non le veniva in mente nulla, era stata sei mesi a Roma due anni prima, comunque aveva memorizzato tutto, un altro calcio in testa fece di nuovo svenire il killer, lo lasciò lì, preparò tutta la sua roba, attese la notte fonda, ogni tanto lo colpiva con pugni e calci continuando a farlo svenire, alle quattro lo trascinò in camera sua, sperando che nessuno la vedesse, la fortuna era che stava nello stesso piano, lo buttò per terra picchiandolo ancora, in modo che il pavimento si sporcasse di sangue, gli sparò in testa mentre era svenuto usando il silenziatore, mise in disordine come se tutto fosse avvenuto lì, prese tutta la roba del killer, con un pennarello scrisse sul suo petto spia, per depistare, tornò nella sua camera, pulì tutto c’era del sangue sul pavimento, e si appestò ad andarsene al mattino.
Durante il viaggio di ritorno, pensava a questo Davide, non doveva perdere tempo, sicuramente il Killer dove aggiornare il suo cliente, non facendolo lo avrebbe insospettito, quindi appena arrivata a casa ripartì per Roma.
Prese alloggio in un Hotel del centro, si sistemò, ed usci alla ricerca di Via Adelfia 21, e si trovò davanti ad una palazzina, di tre piani, al citofono il nome Benedetto, era al primo piano, ma la fortuna fu di vedere un uomo sul balcone, così gli tornò tutto alla mente, era un poveraccio che aveva maltrattato, ma non a Roma, a Milano, si ricordò di averlo adescato in un club per feticisti del piede, che lei frequentava ogni tanto, sulla cinquantina, piccolo calvo, grassoccio con dei baffetti, che gli rendevano una faccia da schiaffi, e lei di schiaffi gliene aveva dati tanti, e non solo schiaffi, lo aveva lasciato a Melegnano in fondo ad una stradina veramente malconcio, in quanto lo aveva inculato a sangue con un fallo di proporzioni enormi, era quasi morto. In qualche modo era risalito a lei, ma come faceva a sapere dell’associazione, quello era un mistero, si arrabbiò con se stessa per non averlo chiesto al killer, ma ormai era tardi, se ne andò in fretta, ora sapeva tutto.
Il mattino dopo iniziò i suoi appostamenti, noleggiò un auto di piccola cilindrata una panda nera, e parcheggiò alle sei davanti alla palazzina, l’uomo uscì alle nove e si avviò a piedi, lei scese e lo seguì, ma il tragitto fu breve Davide Benedetto entrò in un bar a fare colazione, lei attese fuori una buona mezz’ora, all’uscita l’uomo era in compagnia, e salì sull’auto della donna che era con lui, Vipera fu così fregata.
Ci mise tre giorni a studiare i suoi movimenti, in conclusione poteva sorprenderlo quando metteva l’auto in garage, era sempre il momento migliore, Davide aveva una bmw x5 Vipera pensò di usare quella si vestì elegante, gonna a tubo blu e giacca in tinta, un paio di guanti in lattice, e la sua pistola, Davide scese in garage che era all’esterno della palazzina, lei lo seguì, stava per aprire la porta basculante del suo box “tranquillo stai zitto o ti sparo subito” gli fece sentire la canna della pistola sulla schiena, l’uomo restò immobile, “si sono io, il tuo killer non può telefonarti stronzo, Sali in macchina e mettiti al volante, abbiamo un lungo viaggio da fare”.
Vipera aveva una casa anche a Cecina in Toscana, era li che voleva portarlo, si trattava di una villa in campagna a sei chilometri dal mare, la villa era tutta recintata, e nascosta, da altre case, per tutto il viaggio l’uomo cercò di convincerla a lasciarlo andare, le offrì del denaro tanto denaro, “stai zitto è meglio per te guida in silenzio”.
La macchina aveva bisogno di benzina e questo era un problema, ma Vipera lo fece fermare abbastanza vicino ad un distributore, e aspettarono che non ci fosse nessuno, alle dieci di sera si decise, “vai metti benzina velocemente fai il pieno, gli diede lei addirittura i soldi”, Davide si guardava intorno, ma nessuno vicino a quel piccolo benzinaio, si rassegnò, risalì in macchina, arrivarono a destinazione, davanti alla villa, Vipera aprì il cancello con il telecomando, appena dentro, richiuse, “vai davanti a quel portone e spegni il motore” come spense gli arrivò una sberla micidiale, e poi un’altra, “scendi bastardo sei arrivato” lo prese per un braccio e lo fece avanzare a calci nel culo “e muoviti cammina pezzo di merda”, gli diede le chiavi “apri” appena entrati Vipera digitò il codice per l’antifurto e accese tutte le luci, erano le cinque del mattino, ce l’aveva fatta, ora era nelle sue mani.
In quella casa Vipera aveva una stanza attrezzata per i suoi giochi, lo fece entrare, c’era di tutto una croce, una gogna, ganci al soffitto, fruste, falli di tutte le dimensioni, catene, una gabbia in ferro battuto, un cavalletto, insomma di tutto di più, i brividi percorsero la schiena dell’uomo, che già conosceva, il sadismo della sua carnefice, “spogliati nudo” i lamenti dell’uomo servirono solo a scatenare la sua ira che sfogò con calci e sberle, “muoviti altrimenti ti sparo in un piede”, sospinse vicino alla gogna, e vincendo ogni resistenza gli fece mettere il collo e le mani negli incavi, e poi la chiuse con un lucchetto, posò la pistola su di un banchetto “finalmente, adesso si ragiona meglio”, una sberla cattiva stampò cinque dita sulla guancia destra del poveraccio “ahhhhhhhhhhhhhh” Davide iniziò a piangere, “piangi pure, non me ne frega un cazzo, ora vado a cambiarmi poi mi preoccuperò di te”.
Con la massima calma Vipera si vestì con la sua tuta super aderente, che metteva in mostra tutte le sue forme, scelse un paio di stivali con la punta e il tacco in metallo, e si mise anche degli speroni a stella, che solo a vederli avrebbero fatto rabbrividire chiunque, Davide sentì il suo avanzare e sentì anche il tintinnio degli speroni, ma non capiva di cosa si trattasse fino a quando non li vide, Vipera prese una sedia e si appostò davanti a lui “prima di tutto facciamo due chiacchiere, come hai fatto a trovarmi?” una sberla, lo convinse che era meglio parlare “la targa della tua auto, una mia amica lavora alla motorizzazione” Vipera annuì, “e questo va bene, come conosci l’associazione?” “non conosco nessuna associazione” sembrava sincero, impaurito com’era, Vipera si alzò e scelse un frustino dalla sua collezione, “ricordo che ti piace adorare i piedi di donne, vediamo come sai adorare i miei stivali” gli porse il piede davanti alla bocca “lecca, e vedi metterci tutta la tua adorazione”e lui leccò, eccome se leccò, tutti e due gli stivali anche gli speroni, che Vipera gli porgeva, poi gli piantò uno sperone sulla guancia, segnandolo e facendolo sanguinare, “whaaaaaaaaaa” “questo ti piace meno vedo”, si portò dietro di lui dove il culo era completamente esposto, “ora ti darò venti frustate, come l’acconto che hai dato al tuo amico killer, devi contare a voce alta” terribili “Whhhhhhhhhhhhhhhhhhhha uno, whaaaaaaaaaa due, whaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa tre” tra le urla arrivò a venti, il suo culo era segnato a sangue, “adesso devi scegliere, perché devo darti il saldo, trenta frustate, trenta calci, oppure trenta colpi con la canna, a te la scelta, se non rispondi faccio io” Davide non rispondeva, le lacrime gli scendevano copiosamente era solo un singhiozzare frenetico, “e va bene tu meriti solo di essere preso a calci nel culo, ed io ti accontenterò” Vipera buttò il frustino sul pavimento e si mise in posizione, mettendosi di lato, “mi raccomando conta a voce alta” iniziò di sinistro, “haaaaaaaaaa uno, haaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa, due” arrivò a quindici, e si spostò per cambiare piede, “ti prego ti scongiuro, pietà basta” “ma non scherzare neanche i debiti vanno pagati” essendo destra, gli altri quindici calci furono devastanti, le spalle di Davide sbattevano sul legno, ad ogni colpo la gogna tentava di spostarsi dagli ancoraggi al pavimento, Vipera aveva una forza bestiale, “trentaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa”, “debito saldato”.
Il metallo della punta degli stivali era stato più devastante della frusta, il culo di Davide era ridotto a carne viva, sanguinava copiosamente “penso che se dovresti provare a sederti” e Vipera rise freddamente guardando la sua opera, ma aveva appena iniziato, quindi gli salì sulla schiena tenendosi alle sue orecchie tentando di strappargliele, e con gli speroni gli colpiva ancora il culo facendolo urlare “haaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa,haaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa,ha,,,,,,,,,,,,” il dolore era insopportabile, la pelle si lacerava, le punte degli speroni entravano nella carne, Vipera non aveva pietà.
Scese dalla sua cavalcatura, gli girò intorno lentamente facendo tintinnare gli speroni, e quando gli passava davanti lo colpiva con delle sberle in faccia tremende, poi con uno sperone gli rigò la testa calva, segnandolo con una striscia rossa, “whooooaaaaaaaaa” un’altra strisciata, che terminò sulla guancia, “whaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa”, “ti faccio a righe e poi ti ammazzo”, gli passò gli speroni su tutto il corpo, neanche le mani furono risparmiate, due calci in pancia completarono l’opera Davide svenne.
Quando si risvegliò era appeso al soffitto, con le gambe larghe, era tutto un dolore, sanguinava, dal naso, e dalla testa, Vipera stava armeggiando con le sue palle, le stava legando alla base con una corda di pelle, si allontanò da lui, ed iniziò a tirare la corda, il bacino di avide seguiva la corda, ma non potva più di tanto, “adesso te le strappo vuoi vedere?” non scherzava, sembrava veramente che volesse strappargliele “Haaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa”
Ogni tanto mollava, ma per tirare nuovamente, la tortura era nauseante, la pancia di Davide aveva dei vuoti, la sensazione di vomitare non fu più solo una sensazione, e l’uomo si vomitò addosso, “che schifo, fai veramente schifo” Vipera prese della carta, e lo ripulì con rudezza, pulì anche il pavimento, se ne andò e tornò con una bomboletta, di deodorante, che spruzzò nella stanza “hai impestato di puzza”.
Lo lasciò li appeso, e andò a riposarsi, aveva bisogno di dormire un po’.
Vipera, si alzò al mattino presto, andò subito a vedere la sua vittima, che era semisvenuta, lo slegò facendolo cadere sul pavimento, lo tempestò di pugni al volto, ma lui ormai era nel mondo dei sogni, non dava segni di vita, gli legò un cappio al collo, e stringendo aiutandosi con il piede sulla sua testa, lo strozzò definitivamente, non aveva tempo di continuare a torturarlo, voleva sbarazzarsi del cadavere.
Lo infilò con fatica in due sacchi neri molto resistenti, e lo portò in garage, per metterlo nel baule della sua auto, a notte fonda lo avrebbe scaricato in qualche posto lontano, poi si vestì con calma, e prenotò tramite internet un volo per Parigi, anche lì aveva una casa, e voleva stare via per un po’, telefonò in ufficio, dicendo che prendeva ferie per alcuni giorni adducendo a motivi famigliari.
Il mattino dopo era sul volo per Parigi, arrivò nel suo appartamento in una villetta nella periferia sud, e si mise in contatto con l’associazione, mandando un messaggio con il telefonino segreto, dopo un ora la risposta, mandando il messaggio aveva innescato una procedura di intervallo, fino a quando non mandava un altro messaggio, l’associazione non l’avrebbe cercata, si usava questo in caso di pericolo.
Quindi era tranquilla, doveva stare più attenta, non doveva più capitare nessun inconveniente, Telefonò a Pamela per metterla al corrente e di stare tranquilla, che l’avrebbe cercata lei.
Erano tre giorni che faceva vita da turista, ed era già stufa, aveva voglia di un po’ di movimento, il suo movimento, quindi la terza sera si mise in caccia, ma non voleva un francese cercava un italiano, in centro entrò in un bar molto affollato, ma non c’era nessuno da inquadrare, si era vestita sobria anche se la gonna del taieur era molto corta, e le scarpe color panna avevano un tacco in metallo molto eccitante, cercava una vittima sottomessa, uno di quelli che sbavano per dei tacchi del genere, ma la sua ricerca non ebbe fortuna.
Il giorno dopo con una ricerca su internet, trovò un club di feticisti, con iscrizione on line, che per le padrone era assolutamente gratuita, si iscrisse come padrona Guenda, in cerca di emozioni, la pubblicità del club indicava una festa feticista la sera stessa, le padrone rigorosamente in stivali e gonna corta, ingresso alle ore 23.00, bisognava stampare l’invito e via.
Curò l’abbigliamento, con stivali di vernice neri, tacco a spillo, punta che più a punta non si può, trovati in un armadio, non sapeva neanche di averli, micro gonna, e corpetto in pelle, tutto nascosto da un impermeabile nero, si mise anche delle calze strane, di colore viola, che le davano un tocco molto stiloso.
Arrivata al club, non si accorse di nessun italiano, gli uomini erano abbastanza datati, e le donne sembravano casalinghe, non c’erano bellezze, e lei spiccava in modo ancora più forte.
Le scene erano di leccaggio stivali e basta, qualche timido calpestamento ma niente di estremo, tutto molto soft, nessuno si avvicinava a lei, la musica faceva inorridire, solo l’arredamento era passabile, un cameriere le portò una coppa di vino bianco, dal gusto rancido, poi le si avvicinò un tipetto sui sessanta, piccolo ben vestito, calvo come piace a lei, In francese le chiese se poteva baciare i suoi splendidi stivali, Vipera rispose in italiano “si puoi” lui galvanizzato “ma siete italiana signora?” “si sono italiana, di Roma”, “io parlo molto bene italiano” ed infatti era vero “ho lavorato a Napoli, per dieci anni” Vipera dura “non me ne frega un cazzo, volevi baciarmi gli stivali, no, e allora muoviti” l’ometto si inginocchiò subito, e non solo baci, ma a piena lingua prese a leccare con vigore e passione, Vipera, gli appoggiò un tacco nella testa calva, “sei solo un leccascarpe, oppure…” il tipo “oppure mia signora, sono uno schiavo perfetto” “sei anche presuntuoso coglione, qui si può fare solo questo, altrimenti ti metterei alla prova subito merda” ed affondò il tacco nella testa dell’uomo, che non si spostò di un centimetro, “qui no, ma se vuole possiamo andare a casa mia” “neanche per idea, non vado a casa degli sconosciuti, continua a leccare la suola” non si scompose, “come posso fare per dimostrarle quello che dico signora” Vipera pensò un momento, almeno fece finta di pensare, “prenoti una camera in un hotel almeno di quattro stelle, me lo comunichi, mi dai il numero della camera e resti ad aspettarmi, se la cosa è di mio gradimento verrò, e ti dimostrerò che non sei uno schiavo, ma solo una merda da schiacciare” l’uomo era decisamente eccitato, si vedeva da come leccava il tacco dello stivale “stia sicura lo farò, deve darmi un numero di cellulare” “non ti do niente merda umana, domani sera vieni qui davanti e mi dici tutto, io sono disponibile sabato notte e basta, ti avverto, io sono brutale, la mia dominazione non ammette regole, non voglio sentire lamentele del giorno dopo, una notte e basta, e poi ti dimentichi di me, sempre se riuscirai a dimenticare”
Il tipo si eccitava ancora di più “non la deluderò signora, io sono resistente, può usare frusta, canna, calpestarmi con i suoi splendidi tacchi, prendermi a sberle, a calci, tutto quello che vuole” Vipera lo ascoltava “tu non sai neanche minimamente a cosa vai incontro, io ti distruggerò fisicamente e mentalmente, dopo non sarai più lo stesso uomo”, tutte quelle minacce gli piacevano “siete meravigliosa madame, una vera padrona sadica” non sapeva di rischiare la sua vita.
Vipera era stufa, la vittima l’aveva presa, non era italiano, ma parlava italiano andava bene lo stesso, “basta leccare merda mi hai stufata, me ne vado, domani sera alle 23.00 qui davanti”
Vipera arrivò con un taxi scese e disse all’autista di attendere, la merda era li sorridente “buonasera mia signora” “buonasera un cazzo, dimmi cosa hai fatto” l’uomo gli passò un biglietto Hotel Plaza camera 1009 con tanto di indirizzo, ed il suo numero di telefono, “hai scelto bene, vai in camera e non muoverti, io sarò lì alle ventuno, lascia la porta socchiusa, non farti vedere in giro, vai in camera subito, vedi di essere pulito, ben lavato e profumato, ti voglio nudo come un verme, e non sdraiarti sul letto, non portare nessun bagaglio” “ ai suoi ordini padrona”, Vipera risalì sul taxì e se ne andò.
Il sabato sera, prese una borsa in pelle, ci mise tutto il suo armamentario, e vestita come una donna manager, ma con una parrucca di riccioli neri, ed un paio di occhiali, partì per il suo appuntamento, solo le scarpe erano vistose, delle decoltè nere, con il tacco da dodici in metallo, entrò nella hall del Plaza, e come immaginava era piena di gente, bighellonò un pochino, la 1009 era al terzo piano, aspettò che l’addetto all’ascensore si allontanasse con dei bagagli, prese a sua volta l’ascensore e salì, nessuno era sicura l’aveva notata, la porta era socchiusa, entrò subito, la merda era in piedi nudo come un verme, con un sorriso a sessanta denti, un uccello in tiro, di dimensioni enormi, che vipera on si aspettava di sicuro, “stai calmo pezzo di scemo, mettiti in ginocchio, devo andare a cambiarmi”, passandogli vicino lo colpì con uno scappellotto “fattelo venire molle altrimenti ci penso io a calci nelle palle” e scomparve in bagno. Si tolse la parrucca, ed iniziò la sua vestizione.
Aveva deciso per un abbigliamento da battaglia, stile poliziotta sadica, infatti era un completo-divisa, camicia grigia, cravattino in pelle, gonna a tubo con uno spacco davanti, niente calze, stivali della sera in cui la merda aveva leccato per bene, un frustino, ed un cappello con visiera, proprio una poliziotta, con tanto di distintivo, quando uscì la faccia dell’uomo parlava, “siete meravigliosa” ed il so uccello era ancora in tiro “ti avevo detto di fartelo venire molle deficiente” “è impossibile con la vostra presenza signora” il primo calcio non lo prese bene, ma il secondo andò a segno perfettamente centrando le palle, ne seguirono altri tre uno più forte dell’altro, finalmente l’uomo si piegò soffocando, e l’uccello era un moncherino, “te l’avevo detto, ed io mantengo sempre le promesse, allora pezzo di merda schifoso, la situazione è questa, tu sei uno sporco mafioso del cazzo, ed io sono la tua aguzzina, sei in carcere, hai tentato di scappare, ed ora io ti punisco, ti piace la storia” l’uomo che si era abbastanza ripreso “si mi piace moltissimo” due sberle in sequenza gli fecero ballonzolare la testa, mettiti in piedi con le mani sulla testa e guai se ti muovi”, ubbidì immediatamente, e la frusta di Vipera iniziò la sua opera, non era mai stato frustato così brutalmente, iniziava a pensare che forse aveva fatto un errore “non così forte signora” “che cazzo dici, non così forte” vipera gli tirò un altro calcio nei coglioni, facendolo urlare “AHHHHHHHHHHHHHHHH” “io ti frusto come voglio, tu eri tanto baldanzoso, ti avevo avvertito” “ma io, ma ioooo, non credevo” “quello che credevi non mi interessa” altro calcio questa volta nel culo, e poi riprese a frustarlo “ti ho detto mani sulla testa, altrimenti ti lego” le frustate segnavano la carne, in modo evidente, i lividi uscivano allo scoperto, uno dopo l’altro aveva infierito soprattutto sulla schiena, “sdraiati, voglio salire sulla tua pancia” iniziò un lungo calpestamento “così impari a scappare schifoso”, Vipera alzava il tacco e poi lo faceva calare dolorosamente sulla pancia del malcapitato, non sapeva neanche come si chiamava, tanto non gliene fregava niente, dopo il calpestamento sulla pancia, lo fece girare di schiena, e gliela massacrò facendo uscire del sangue, quando incontrava i lividi delle frustate, strisciava il suo tacco sulla carne, lasciando delle strisce rosse, di pelle strappata, i lamenti e le contorsioni della sua vittima la eccitavano, “non scapperai più vero brutto bastardo” scese da quel corpo, solo per frustarlo ancora, questa volta anche in testa, con lui che cercava di ripararsi come poteva, si fermò “lecca i miei stivali in segno di devozione e di ringraziamento, e vedi di ringraziarmi veramente” “graaa zzzie siiiiiiiignora “ “puoi fare di meglio” l’uomo tremava e leccava, “la ringrazio di avermi punito splendida signora”, Vipera rideva, “così eri resistente a tutto, avevi detto. Abbiamo appena iniziato e tremi come una foglia”.
Vipera lo trascinò contro il muro, lo mise in piedi, “tieni le braccia lungo il corpo, e stai fermo immobile” lei si allontanò e di colpo piantò un calcio che si stampò sul muro a due centimetri dalla faccia dell’uomo, il tacco segnò la parete con un buco scrostando l’intonaco, stessa cosa dall’altra parte della testa, il malcapitato non si muoveva, vedeva solo quelle splendide gambe, colpire, “vedi se voglio ti disfo la faccia, e tu subisci e basta” gli appoggiò la suola dello stivale sul pene, schiacciandolo con tutto il suo peso, ed avvitando per aumentare il dolore, lo piegava in due, quando tolse il piede, l’uccello era quasi violaceo, colpì con una ginocchiata i suoi coglioni, facendolo guaire come un cane “whaaaaaaaaaaaaaaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii” cadde in ginocchio, con una ginocchiata gli colpì la testa da sotto il mento, buttandolo contro il muro, e la testa sbattè pesantemente anche sul muro, cadde in avanti sui piedi di Vipera, che gli salì sulla testa con i tacchi, “mi piace tantissimo schiacciare la tua testa a palla, quasi quasi ti faccio un buco, e ti ammazzo così” e spingeva con il tacco sulla tempia dell’uomo che implorava impaurito “no, signora, no la prego, noooooooo” non lo fece, anche se la tentazione era forte, però gli tiro un calcio in uno zigomo di punta, con un rumore, pauroso, l’uomo si portò le mani al volto, Vipera allora mirò ai coglioni. E l’uomo abbassò le mani, “basta la pregoooo, non ce la faccio” Vipera si fermò, “allora sei una nullità e basta, non è vero che sei uno schiavo resistente” “no, non così, lei è troppo forte, troppo cattiva, le picchia per fare male veramente” Vipera sorrise “che cazzo credevi, sei uno di quelli che vuole fare a modo suo, con me non è così, ora ti punirò per avermi ingannata”.
Gli piantò il tacco su di un capezzolo, e salì con il peso, scivolò rigandogli il petto a sangue, iniziò a saltargli sulla pancia a piedi uniti, e tutte le volte rischiava di cadere, ma incurante continuava il pestaggio, l’uomo cercò la fuga, e si mise a strisciare girandosi ed a carponi cercava di guadagnare la porta, un calcio di punta in un fianco lo fermo, ci fu un rumore sordo di costole infrante, “hooooooooooooooooooo, noooooooooooooooo” ora il piede di Vipera lo schiacciava sul collo spingendo la faccia contro il pavimento, “ti schiaccio come il verme che sei, dove cazzo credi di andare” il tacco strisciò il collo lasciando una riga che trasudava già sangue, il pestaggio continuò soprattutto a calci, come piaceva a Vipera, gli dava il tempo di riprendersi leggermente e poi lo colpiva ovunque, senza risparmiare la testa che era un bersaglio che lei amava sadicamente colpire.
L’uomo era alla fine, suonato come un tamburo, non parlava neanche più, era sanguinante dal naso in modo copioso, Vipera si fermò, lo lasciò a terra per un po’ guardandolo con disprezzo, “prendi gli asciugamani in bagno e ripulisci tutto il tuo sangue muoviti, altrimenti continuo a riempirti di calci”.
A fatica, estrema fatica si alzò ed iniziò a pulire, Vipera, lo asciugo, in faccia e sulla schiena, “rivestiti” prese gli asciugamani sporchi e li mise nella sua borsa, L’ometto si rivestì mettendoci un casino di tempo “vedi, non vali nulla, non puoi essere il mio schiavo, puoi solo essere ma per pochi minuti il mio sacco d’allenamento” “è vero signora, mi scusi signora” nella sua mente c’era solo la fuga da quella stanza, il volto era tumefatto, “ascolta bene, ho visto i tuoi documenti, ti lascio vivere, non tentare nulla, e continuerai a vivere, altrimenti ti trovo e ti ammazzo, ma prima di ucciderti definitivamente te lo farò implorare, quindi attento a te lurida merda” anche Vipera si cambiò davanti a lui, si rimise la parrucca, prese la suo borsa, gli tese la mano, “ti saluto merda” l’uomo fece per rispondere con la mano tesa, invece ricevette un ultimo calcio nelle palle devastante, “questo è il mio saluto, buffone, ciao”, piegato in due la vide uscire, l’ultima visione furono i tacchi di Vipera che scomparivano dietro la porta.
view post Posted: 20/11/2013, 17:37     +1Sofia e Al - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Sofia, anni 40 mora naturale, altezza 1.78, tette rifatte, culo mozzafiato, gambe lunghe e muscolose, numero di scarpe 39, amante dei bei vestiti e della cura del corpo, separata da cinque anni, ha scoperto di essere una dominatrice appena lasciato il marito, frequentando un club a Firenze, ora si diverte ad umiliare ed annientare gli uomini. Attualmente fa la segretaria da un dentista in centro a Firenze.
Al, anni 45, senza capelli, altezza 1.68, corpo flaccido e grasso, pieno di soldi da far schifo, ha ereditato una fortuna, amante della bella vita, masochista incallito, non si è mai sposato, vive in una bella villa sulla collina di Firenze, ha frequentato il club dove ha conosciuto Sofia. Attualmente ha venduto le sue aziende e vive di rendita.

I nostri protagonisti si sono conosciuti una sera di Luglio al club xxx, lei stava ballando sul cubo nella sala disco, microgonna di pelle nera, calze con riga dietro,e stivali da urlo, canottiera in pelle con le tette al vento, Al si invaghì immediatamente, era il suo sogno di donna dominatrice, anche il volto di Sofia era talmente cattivo che lo ammaliava, ma Sofia non lo cagava minimamente, lui si era messo sotto il cubo, e non aveva occhi che per lei, ma altri uomini avevano le sue stesse intenzioni.
Decise di abbordarla senza remore, tra il fragore della musica riuscì a parlarle “posso offrirti dello champagne, sei bellissima” la donna si fece ripetere almeno tre volte la frase, poi scese dal cubo, dentro di lei aveva già pregustato la vittima, appena gli fu vicino “vuoi offrirmi da bere, e per quale motivo, vieni a disturbarmi mentre stò ballando, stai attento che ti prendo a sberle subito coglione” Al si rese conto di aver fatto centro “potrei anche prendere le sberle mentre ti offro da bere, non è un problema anzi” Sofia lo prese per un braccio “allora andiamo a bere, come ti chiami stronzetto” lui felice come una pasqua “mi chiamo Al e tu?” “Sofia”.
Al tavolo il cameriere aspettava l’ordinazione, poi lo champagne ghiacciato arrivò, e Al si prese una sberla subito, alcuni si girarono, ma poi nessuno ci fece caso, era un club dove era abbastanza frequente vedere donne che calpestavano uomini, oppure si facevano leccare le scarpe, chi frequentava lo sapeva, non che fosse un club Femdom, ma c’era un po di tutto, “ti avevo promesso le sberle, non mi piace essere disturbata” altra sberla, Al le sorrideva inebetito, quello fu il loro incontro, subito incentrato su quello che entrambi volevano.
“mi piacerebbe farti da schiavo, se vuoi, mi hai colpito subito al cuore, comunque se ti disturba, possiamo limitarci allo champagne, non importa” Sofia sorseggiava il suo bicchiere”pensi che sia semplice essere il mio schiavo? Non ti credere, io sono cattiva, molto cattiva, e tu non mi sembri neanche fisicamente molto resistente” Al non intendeva mollare “potresti mettermi alla prova” la donna aveva già messo il tacco sulla scarpa di Al all’altezza del collo del suo piede, e stava iniziando a schiacciare con forza, lui fece finta di niente, continuarono a parlare e Sofia cambiava piede, martoriandolo con il suo tacco, lui le faceva solo complimenti, “hai delle gambe bellissime, e due tette stupende” senza smettere “grazie, lo so, le tette sono rifatte, il resto è tutto naturale” Al non toglieva il piede, anzi sembrava agevolarla, lei si alzò addirittura in piedi, per schiacciarlo meglio, si accordarono per rivedersi, Sofia se ne andò lasciando il suo bicchiere mezzo pieno, ed un bigliettino con il numero di telefono, appena sparì alla sua vista Al si guardò i piedi, alzò la calza, e cerano dei segni violacei sul collo con il circoletto nitido del tacco di Sofia, si accarezzò il piede, e pensò alla sua erezione che era stata fulminea.
Era stato molto semplice, Al era sicuro che Sofia cercava le stesse emozioni sue, solo con ruoli diversi, e si intascò il bigliettino, domani l’avrebbe chiamata.
Alle dieci del mattino faceva il numero “pronto, ciao, sono Al, come vedi non ho perso tempo, ti ho pensata tutta la notte” Sofia sembrava scocciata “che vuoi, stronzo, sto lavorando chiamami alle due” e mise giù il telefono, erano le due meno cinque minuti ma Al stava già chiamando “pronto Sofia, disturbo?” silenzio, solo il respiro poi “si disturbi, ma va bene lo stesso, che cazzo vuoi?” Al con estrema gentilezza, “vorrei vederti” alcuni secondi “si può fare, ma non da me, posso venire a casa tua, se non hai nessuno che rompa il cazzo” la volgarità di Sofia l’eccitava un casino, “non ho nessuno, ti do l’indirizzo” e così fece “va bene, posso venire questa sera alle dieci, non avrò mangiato, quindi vedi di prepararmi qualcosa, non mi piace la carne, andrebbe bene del sushi” Al ascoltava attentamente “sicuramente come vuoi Sofia, alle dieci ti aspetto, ciao” l’altra mise giù senza salutarlo.
Alle dieci del mattino faceva il numero “pronto, ciao, sono Al, come vedi non ho perso tempo, ti ho pensata tutta la notte” Sofia sembrava scocciata “che vuoi, stronzo, sto lavorando chiamami alle due” e mise giù il telefono, erano le due meno cinque minuti ma Al stava già chiamando “pronto Sofia, disturbo?” silenzio, solo il respiro poi “si disturbi, ma va bene lo stesso, che cazzo vuoi?” Al con estrema gentilezza, “vorrei vederti” alcuni secondi “si può fare, ma non da me, posso venire a casa tua, se non hai nessuno che rompa il cazzo” la volgarità di Sofia l’eccitava un casino, “non ho nessuno, ti do l’indirizzo” e così fece “va bene, posso venire questa sera alle dieci, non avrò mangiato, quindi vedi di prepararmi qualcosa, non mi piace la carne, andrebbe bene del sushi” Al ascoltava attentamente “sicuramente come vuoi Sofia, alle dieci ti aspetto, ciao” l’altra mise giù senza salutarlo.
Al passò il pomeriggio a cercare un ristorante che preparava sushi da asporto, lo trovò in centro, e ne acquistò una quantità esagerata, se lo fece portare per le nove, in modo che fosse tutto più che fresco, poi si fece una doccia lunghissima, si vestì elegante, un paio di calzoni blu in lino, una camicia bianca, delle scarpe blù in panno che sembravano delle pantofole, e poi restò in attesa di Sofia, era già in tiro, pregustava quell’incontro, la donna arrivò alle dieci e mezza, suonò al cancello della villa “vieni avanti con la macchina fino alla fontana” la villa era bellissima con un giardino enorme, tutta cintata da mura, era stata fatta da una attrice degli anni settanta, Al la voleva a tutti i costi, e l’acquistò strapagandola, usava solo quattro delle sedici stanze che aveva, e viveva quasi esclusivamente nel salone centrale, la piscina era galattica e moderna, l’aveva fatta rimodernare a suo piacere, ma anche quelle era usata sporadicamente, due donne due volte la settimana provvedevano alle polizie, ed un giardiniere veniva chiamato quando era il caso, altrimenti Al era nella solitudine sempre. Attese Sofia davanti alla fontana, la macchina era una utilitaria normale, una panda, anche abbastanza vecchia, ma scese quella donna bellissima, aveva un abito color crema, corto sopra al ginocchio, senza maniche, non aveva calze, ma un paio di decolletè in tinta con l’abito, altissime, “prendi la borsa dal bagagliaio” non lo salutò neanche, ed anticipò i suoi saluti “ciao Sofia” lei “prendi la borsa ti ho detto scemo, ciao, ciao” era un borsone, di quelli da tennis, Al lo prese e richiuse il bagagliaio, la introdusse in casa, Sofia non fece nessun commento sulla casa, entrò e basta, Al l’accompagnò da dietro le aprì la porta che dava direttamente sul salone enorme, “hai fame, possiamo mangiare subito” lei mise le chiavi dell’auto su di un mobiletto, gli strappò la borsa dalle meni e la posò a terra “chi ti ha detto che voglio mangiare con te merda, io mangio e tu mi servi, capito cretino” e gli tirò una sberla allucinante, “va bene, Sofia” lei lo prese per un orecchiò “sono la padrona Sofia, e dammi del lei, che cazzo è tutta questa confidenza” lo strattonò bene facendogli male, l’orecchio era già tutto rosso, Al l’accompagnò in sala da pranzo, dove aveva apparecchiato per due, tolse subito il suo piatto e le sue posate, fece accomodare “prego padrona Sofia” ed iniziò a servirla “mentre mangio lo schiavo lo voglio sotto i piedi che si prende cura delle mie calzature, visto che sono sporche, le pulisce in silenzio con la lingua” si tirò su la gonna, mettendo in mostra le cosce stupende, abbronzate e lisce, e lui si accomodò sotto il tavolo, leccando le sue scarpe piene di polvere, “lecca bene anche la suola” Al fece un bel lavoro, gli piaceva leccare quelle scarpe, lei gliele strofinava sulla camicia, al era contento, che le pulisse un po chissà cosa poteva aver pestato, ciucciò i tacchi con amore , e quando la sua lingua toccò la la pelle di Sofia, vicino alla caviglia si prese un calcio in testa, “chi ti ha detto di leccare la mia caviglia bestia, solo le scarpe” Sofia aveva finito di mangiare, non fece alzare mai Al da sotto al tavolo, si serviva da sola, alzandosi a prendersi la roba, “stai li tu, non ho bisogno, lecca e basta” aveva fatto onore, anche se era rimasto un casino di cibo, “fammi un caffè pezzo di cretino, alzati da li sotto, hai goduto abbastanza delle mie scarpe”Al aveva la camicia in uno stato inguardabile, fece il caffè ed in silenzio aspettò ordini, “cosa ti aspetti cretino, cosa ti aspetti da me?” Al era indeciso su cosa dire “non mi spetto altro che servirla padrona Sofia” lei rise di gusto, “mettiti giù sdraiato a pancia in su” fu velocissimo, e lei gli salì sul petto “questa è la posizione che mi piace di più, lo schiavo sotto i miei piedi, tu sei una merda di schiavo, quindi vai schiacciato bene, prima di iniziare altri trattamenti” lo calpestò infatti bene con cattiveria, gli strappò anche la camicia in due punti, “adesso vado a cambiarmi, dimmi dové il bagno, ne avrai un casino di bagni dentro questa casa” scese dal suo petto, e Al la portò davanti al bagno grande che dava sul salone, Sofia prese la sua borsa e scomparve dietro la porta.
Quando ricomparve, Al non aveva più dubbi su cosa doveva aspettarsi, aveva degli stivali alti fino alla coscia, rossi e neri, con un tacco altissimo, una suola spessa almeno due centimetri, il tanga nero era in pelle, il culo era in risalto, poi aveva un reggiseno in pelle, che lasciava le tette scoperte, un cappello da poliziotta, anche lui in pelle nera, ed un frustino da cavallerizza, nero che finiva con dei nodi all’estremità, si fermò sulla porta, sbattendo il frustino contro lo stivale, provocando un rumore sordo, e allo stesso tempo inquietante, “sei pronto schiavo dei miei stivali” mai tale espressione era stata più azzeccata, Al non parlava era affascinato da quella visione, la prima frustata la prese sulle gambe “spogliati nudo” mentre si svestiva altre frustate lo raggiunsero in tutto il corpo, quando fu nudo, Sofia lo prese ancora per lo stesso orecchio, e sembrava volesse strapparglielo, “le reggi le frustate schiavo, vediamo se le reggi anche su quella miniatura d’uccello che hai” e prese a frustarlo sul cazzo e sulle palle, lo faceva urlare ogni volta, poi smise e lo sbatte a terra con violenza, un calcio nella schiena lo fece guaire come un cane, “leccami gli stivali, prendili in bocca dalla punta” Sofia non aveva pietà gli forzava la punta in bocca e lo frustava sulla schiena, “mettiti in ginocchio con le mani sulla tua testa da bigliardo” gli girava intorno minacciosa “guarda che corpo flaccido hai, mi sembri un pallone sgonfio, fai schifo, come puoi pretendere che una donna come me ti possa toccare, posso solo frustarti e prenderti a calci” e si mise infatti con più impegno a frustarlo ovunque, ogni tanto intervallava le frustate con dei calci assassini con quegli stivali che sembravano fatti di marmo, il povero al ogni tanto staccava le mani dalla testa, “stai fermo, mani sulla testa, posso continuare per un’ora fino a quando non ci sarà nemmeno un centimetro integro della tua carne”, ma poi con un calcio lo spinse a terra, e Al ebbe un pochino di sollievo, cominciava a preoccuparsi, Sofia andava ben oltre le sue aspettative “bella casa merda, devi avere un casino di soldi, ecco una cos puoi farla, puoi farmi una donazione, diciamo duemila euro, per il mio disturbo, è un periodo che sono a corto” Al fu subito sensibile “certo padrona Sofia senz’altro, anche tremila se lei ha bisogno” lei sorrise “va bene allora tremila visto che insisti” si prese una pausa, e si mise a girare per l’enorme salone “bei mobili, di gusto, bravo merdaccia, con i soldi si può fare tutto, eh?” tornò da lui lo mise giù e gli salì in groppa, “dai fammi fare un giro, questo salone è una piazza d’armi” lo frustava nel culo per spronarlo, e lo fece girare fino a che non fu esausto, cadde di lato, facendola cadere, la sua reazione fu terribile “ma tu sei matto, mi hai fatto cadere” ora le frustate erano terribili, Al si contorceva come una biscia, lei lo inchiodò al pavimento piantandogli il tacco al centro della schiena “fermo verme” gli fu sopra e furono dolori estremi, la schiena di Al fu massacrata da i suoi tacchi, stufa scese due calci nei fianchi lo fecero sussultare, e lei si sedette stanca sul divano ad angolo, Al non aveva urlato molto, le sue grida erano piuttosto soffocate, ma non aveva la benché minima erezione, la paura aveva avuto la meglio sul suo essere masochista, quella donna faceva veramente paura.
“senti merda, ho pensato che verrò a vivere qui per un periodo, non hai nulla in contrario vero?” be qualcosa in contrario Al ce l’aveva, ma si guardò bene dal dirlo, “assolutamente padrona, ne sono felice, “ lei di rimando, “non credo, comunque non me ne frega niente, quindi se hai del personale di servizio, licenzialo, perché i lavori li farai tu, io devo lavorare ugualmente dal mio dentista, anche perché oltre al lavoro, è un mio schiavo, hai capito bene, da ora in avanti sei al mio servizio, ti assumo come schiavo, sei contento?” Al si buttò ai suoi piedi, e le baciò gli stivali “si padrona sono felice” Sofia lo scalciò via, “ho visto che hai una piscina, fammela vedere, vieni così nudo, veloce” La portò alla piscina, era illuminata, c’era di tutto, sdraio, spogliatoio, docce esterne, docce interne, una vasca idromassaggio, ciabattine e accappatoi intonsi, Sofia era ammirata, “bene penso che starò bene, sabato staremo tutto il giorno in piscina, e tu sarai il mio bagnino personale” gli diede un calcio nel culo, ma quasi con tenerezza, Al non lo sentì neanche.
Iniziò una vita diversa per Al, era veramente lo schiavo di Sofia, la serviva in tutto, strisciava ai suoi piedi, e veniva regolarmente malmenato, ogni tanto Sofia lo faceva godere, ma solo con il contatto delle scarpe oppure degli stivali, che Al doveva regolarmente ripulire, dallo sperma che vi spruzzava sopra, Al era contento se non che, lo infastidiva la richiesta di soldi continua che Sofia gli faceva, ogni scusa era buona per scucirgli soldi, lui era ricco sfondato, ma il fatto che la donna fosse così mercenaria, gli toglieva tutta la poesia, lui avrebbe voluto che lo facesse solo per il piacere.
Comunque le cose andarono avanti per una paio di mesi, e tra loro ormai vi era una certa intesa, ma Sofia aveva in mente altro, qualcosa di estremamente pericoloso per Al, si Sofia voleva tutti i suoi soldi, ed iniziò una percussione continua, voleva che la sposasse, tutte le sere erano discussioni, e Sofia usava la sua dominazione a senso unico, lo picchiava duramente, “allora non vuoi sposarmi brutto frocio schifoso, ti rompo il culo,” aveva preso l’abitudine di incularlo, con dei cazzi enormi, divertendosi come una matta, per le urla di Al, che scappava per il giardino, ormai era ottobre, Al si nascondeva nudo tra le siepi, e Sofia lo andava a cercare “dove sei troia, fatti beccare altrimenti è peggio per te”. Finiva sempre con Al impalato e dolorante, dopo innumerevoli giochi sadici, Sofia gli permise di scoparla, una sera a fine ottobre, lo prese nel salone, gli succhiò l’uccello con la massima sorpresa di Al, e si fece impalare, ma l’uomo purtroppo venne subito, lei incazzata “ma fai schifo, leccamela almeno, fammi venire testa di cazzo” Al si buttò tra le sue gambe e leccò come un ossesso, la fece venire due volte, “almeno la lingua la sai usare” lo spinse via come uno straccio, “adesso o mi sposi, oppure non mi vedrai più” Sofia se ne andò quella sera, anche se lasciò tutta la sua roba in casa, non tornò più, Al ancora adesso a distanza di sei mesi, non sa se chiamarla o meno, è sicuro che Sofia stà aspettando, ma lui non si decide.
view post Posted: 18/11/2013, 15:47     +2La casa in campagna - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Ero nel cortile interno della casa, una vecchia cascina isolata nella campagna, stavo scopando con solerzia come mi avevano ordinato le mie padrone, ormai erano diversi fine settimana che passavo al lo servizio.
Due splendide amazzoni, alte e belle sembravano sorelle, in realtà erano cugine di primo grado, classica bellezza del sud, capelli neri, carnagione ambrata, Isabella la più vecchia aveva quarantatre anni, separata da sei, nessun figlio, libera come una libellula, lavorava presso un supermercato della città, era alta un metro e sessantotto, con i tacchi era sublime, belle gambe e un gran culo, leggermente più in carne di Marta, trentasei anni, nubile, cattiva come la merda, passatemi il termine, alta più di un metro e settanta, corpo da pin up, entrambe con dei visi angelici, insospettabili, in realtà due padrone nate per comandare.
Mi avevano reclutato al bar della frazione, che frequentavano nei fine settimana, visto che amavano quella casa di famiglia, e ci passavano il loro tempo libero, avevano bisogno di uno schiavo che si occupasse dei lavori, tutti i lavori.
Io separato da due anni, sempre alla ricerca di una padrona vera, che sapesse sottomettermi, ne avevo trovate due in un sol colpo, il mio fisico faticava non poco sotto la loro dominazione, e si che sono un bel tronco alto un metro e novanta per centosei chili, tonico e in forma dagli allenamenti, gioco in una squadra di football americano.
Comunque vestito solo di un paio di boxer, in un autunno piuttosto fresco, stavo come dicevo scopando il cortile, loro erano dentro, stavano facendo una torta, ed erano tutte assorte nei loro compiti, io dovevo pulire il cortile e preparare la legna per il camino, dopo di che sarei potuto entrare in casa.
Terminato il lavoro entrai bussando alla porta, “vieni dentro schiavo” Marta era tutta infarinata, era vestita con un abitino extracorto, sul verdino chiaro, senza calze, con le zoccollette a tacco alto in legno, Isabella che arrivava dalla cucina, era abbigliata già da padrona, gonna in pelle cortissima calze nere con la riga dietro rossa, stivali neri lucidi con un tacco alto e appuntito, era in reggiseno, in casa faceva caldo, il camino andava al massimo, portai il cesto della legna al suo posto, e mi misi come al solito in piedi vicino al muro attendendo i loro ordini, Isabella si accorse della mia presenza “hai fatto tutto schiavo, dopo vengo a vedere il cortile”, “si padrona, ho preparato anche la legna” “bene, stai li fermo non imbrogliare che dobbiamo finire, Marta sei pronta per infornare?” “si, tutto pronto, ora inforno, tu schiavo pulisci tutto, e lava gli attrezzi per bene” velocissimo iniziai a pulire, passai vicino ad Isabella, che mi prese per l’elastico dei boxer, “come mi passi davanti senza omaggiarmi”, lasciò andare l’elastico e mi rifilò una sberla, capii subito e mi inchinai a baciarle gli stivali, “basta va bene così, stai più attento” con un calcio nel culo mi spinse via, cercai di anticipare Marta baciandole il tacco delle zoccole, e lei apprezzò “vedi che impara isabella, è proprio bravo” anche lei mi spinse via con un calcio, quasi benevolo.
Pulivo con tranquillità, sentivo i loro discorsi, “stasera mangiamo solo la pasta e la torta” “va bene Marta, apriremo il vino della Sardegna, ho proprio voglia di bere” “si anch’io, schiavo vai in cantina e prendi una bottiglia di quelle sulla mensola gialla, non hanno etichetta” subito mi mossi, ripassando davanti ad Isabella mi inchinai a baciarle gli stivali, e lei sorrise “bravo schiavo” tornai con il vino, lo misi in frigo, e terminai le faccende.
“Isabella, vado a cambiarmi” “va bene portami il corpetto nero per favore” Marta tornò anche lei con la gonna in pelle nera, il corpetto, e le calze nere con la riga rossa e gli stivali, identici alla sua cugina, gli diede il corpetto, Isabella si tolse il reggiseno e lo indossò, erano identiche, due paia di gambe fantastiche, coscienti di fare un effetto eccitante da morire. Erano le quattro del pomeriggio, di quel sabato di ottobre avanzato, io in piedi contro il muro, e loro sedute sul divanetto davanti al camino, sapevo che avrebbero passato il tempo ad umiliarmi, era nella loro indole, ormai conoscevo anche le loro espressioni, “schiavo che ne dici di leccare questi splendidi stivali, su datti da fare tira fuori la tua linguaccia” Marta era impaziente, a quattro gambe come sapevo che loro volevano mi avvicinai ai loro piedi, ed iniziò un lungo adorare i loro stivali, me li porgevano continuamente tacco punta suola, io dovevo solo leccare, se insistevo di più con una l’altra con dei calcetti richiamava la mia attenzione, era un gioco esasperante, “è proprio un leccascarpe eccezionale, vero Isabella?” “si, ormai non potrei farne a meno del mio schiavo leccascarpe, fa parte delle nostre giornate di relax, stenditi qui sotto veloce” a quel punto mi poggiarono i loro tacchi una sulla faccia ed una sul petto, “leccascarpe e poggiapiedi, tanto gli piace” “si Isabella, è altro che gli piace meno” e mi lasciò andare una taccata su di una costola, Isabella per non essere da meno puntò il suo tacco sul mio zigomo sinistro, “stai fermo perché potresti farti male veramente” in qella posizione mi tennero per un buon quarto d’ora, pensavo di non avere più lo zigomo, “guarda che bel buchino, devo farlo anche dall’altra parte” ed il suo tacco affondò nello zigomo destro, Isabella infieriva sulle mie costole, poi si alzò in piedi con tutto il suo peso, Marta tolse il tacco finalmente, “ora hai due bei buchini, stai quasi bene” Isabella mi pestava con cattiveria tenendosi in equilibrio con l’aiuto di Marta, poi scese, “è sempre bello avere un uomo sotto i piedi, mi appaga totalmente, ma guardalo il porco ha l’uccello duro” Marta mi tolse i boxer strappandoli a forza di tirare, “eh si, guarda che bell’esemplare di erezione, e va bene schiavo mettiti in ginocchio davanti a noi e masturbati adulandoci come sai fare” era un giochetto già fatto, iniziai la sega davanti a loro “siete magnifiche padrone, avete delle gambe superbe, il vostro culo è il mio paradiso,” e avanti cercavo di variare nei complimenti “siete due strafighe, vi ringrazio di potermi masturbare davanti a voi,” erano contente e ridevano, “sono il vostro schiavo di merda, posso eiaculare padrone?” dovevo sempre chiedere altrimenti sarebbero stati dolori, Marta tolse la mia mano e con il suo piede iniziò una sega con la suola, “lascia ti faccio venire io” non ci volle molto, un mare di sperma colpì il suo stivale, “bravo il mio schiavetto, ora lecca pulisci tutto” lo sapevo naturalmente, leccai tutto lo sperma con gusto, Isabella da spettatrice, non commentava si limitava a tenermi la testa schiacciata sul pavimento e lo stivale di Marta.
Come al solito dopo aver eiaculato fosse stato per me me ne sarei andato, ma il loro divertimento iniziava solo ora.
Marta si alzò e tornò con il collare, ed il guinzaglio a catenella, “Dai Isa, è tornato il nostro cagnolino” mi infilarono il collare, Isabella mi agganciò il guinzaglio, “giretto, devi fare pipì” passeggiava in casa come se avesse un vero cane, “abbaia che ti voglio sentire” “bau, bau, bau,” “che cane di merda, puoi fare meglio, magari se ti prendo a calci guaisci bene” ed il giro continuò a forza di calci nel culo, fortissimi “e guaisci cane” “whaaai, whaaii” “fai schifo, Marta prendilo a calci anche tu, un eterno tormento per il mio culo, con loro che ridevano divertite per la mia umiliazione, Marta mi prendeva a calci anche nelle costole, “sai Isa se un cane ti attacca, per fermarlo basta un bel calcio di punta nella pancia” tirai gli addominali, ma il calcio era potente e guaii davvero “whhhhhhhhhhhhhhhhhhaaaaaaaaaaiiiiiiiiiiiiiiiii” fui ribaltato su di un fianco, Isabella prese una cordicella e mi legò le palle ad una estremità, e mentre Marta mi tirava per il guinzaglio lei mi teneva letteralmente per le palle, tutte e due appoggiarono un piede sulla mia schiena, e continuavano a straziarmi, le mie urla ora erano disumane, avevano iniziato il loro trattamento, Marta sganciò il guinzaglio, ed ora era Isabella a trascinarmi per casa, ero veloce a seguirla per attutire il dolore, sembrava me le strappasse, tanto tirava, “e cammina cane, altrimenti ti castro”, mi fece fermare con un calcio mi girò di schiena, e tirando con il piede le schiacciava, “ti piace il trattamento, si chiama pigia e tira”, infatti pestava e tirava, Marta aveva un frustino in mano, quando Isabella tolse il piede, “questo si chiama tira e frusta” le mie palle erano in fuoco, un senso di nausea mi devastava lo stomaco, stavo per vomitare, una frustata più forte mi fece sobbalzare “basta padrone, per favore basta” non che le mie suppliche servissero, era che dovevo durare due giorni, quindi smisero, “bene basta con le tue palle, prendiamo in considerazione il tuo culo, ormai non più vergine”
Mi slegarono le palle, mi massaggiai dolcemente i testicoli martoriati, ma sapevo cosa mi aspettava, infatti Marta aveva già indossato il fallo, e Isabella si appestava ad indossare il suo, non erano molto grandi, ma abbastanza per farmi piangere, mi presero di brutto, un po’ di unguento e Marta si mise subito ad incularmi, mentre Isabella davanti a me che ero carponi me lo infilava in bocca con cattiveria, i colpi di Marta erano furenti e poderosi, Isabella voleva che le mie mani fossero sui suoi stivali, così potevo tenermi, si cambiarono di posto, “questa troia non viene, si vede che non gli piacciamo più” il culo era in fiamme, la bocca indolenzita, si staccarono stanche, “ho capito perché non viene Isa, ha bisogno di cazzi più grossi, per la prossima volta provvederemo”.
Il calvario per il momento era terminato, ero in posizione fetale, distrutto fisicamente, Marta mi passò sopra calpestandomi con noncuranza, e anche Isabella fece lo stesso, andando a posare quegli attrezzi infernali.
Quando tornò con un calcio nel fianco mi urlò “vai a preparare la pasta, il sugo l’ho portato io è nel frigorifero”, con fatica estreme mi rialzai aiutato da un altro calcione, che mi fece ricadere, “ma stai in piedi o no?” non avevano pietà, erano cattive, sadiche, malefiche, e ridevano di me mentre claudicante raggiungevo la cucina.
Marta mi raggiunse, mi prese per il collo in un abbraccio cattivo, mi baciò sulla bocca, e poi mi ruttò forte in faccia, ridendo di gusto “mi scappava, non volevo fartelo perdere, merda”.
Isabella non voleva essere da meno “aspetta anchio, anch’io” anche lei mi ruttò forte in bocca, tutta la birra che avevano bevuto aveva fatto effetto, “ringraziaci schiavo” baciai i loro stivali con devozione “grazie padrone”.

Marta e Isabella stavano mangiando la loro pasta, con estremo gusto, e bevevano vino in quantità, mi ordinarono anche una seconda bottiglia, io stavo in piedi vicino a loro, che appollaiate sugli sgabelli mangiavano al bancone della cucina, facendo sfoggia delle bellissime gambe, dovevo stare attento ai loro sguardi, perché volevano che le adorassi baciando loro gli stivali, quindi se abbassavano gli occhi, mi gettavo ai loro piedi, attaccarono la torta, che era una crostata ai mirtilli, il vino faceva effetto e ridevano sguaiatamente, “ne vuoi un pezzo schiavo”, Marta gettò un pezzo di torta per terra, gli salì sopra con la suola dello stivale e lo spiaccicò per bene, “mangia, prima dallo stivale e poi dal pavimento” velocissimo mi apprestai a leccare i resti dalla suola, e poi leccai tutto il pavimento neanche una briciola era rimasta “ti piace la nostra torta eh,” non mi facevano mai mangiare con loro, se non cose spiaccicate per umiliarmi, finirono con un caffè, e poi vollero due grappini, erano già abbastanza brille, “schiavo pulisci tutto e metti in ordine la cucina poi ci raggiungi di la” nudo sempre come un verme ubbidii immediatamente.
Se ne stavano sedute sul divano Isabella leggeva un libro, e Marta era alle prese con il suo ipad, non c’era nessuna televisione in casa, come arrivai Isabella “sai cosa devi fare, in silenzio senza disturbarci” sapevo eccome cosa dovevo fare, era la parte più eccitante, sdraiato ai loro piedi potevo leccare i loro stivali, a seconda delle posizioni che assumevano, c’era l’indifferenza totale, solo ogni tanto qualche calcetto in faccia dato con naturalezza, chiedevo il permesso per poter mettere legna nel camino, cosa che dovevo fare restando sempre a quattro gambe.
Isabella posò il libro dopo circa un’oretta, “bene vado prima io Marta” “si ma non spomparlo lasciamelo un pochino anche per me” “stai tranquilla, se viene lo castro a calci nelle palle” mi accompagnò a calci nel culo fino alla sua camera “muoviti schiavo devi farmi godere come non hai mai fatto in vita tua”, dormivano in camere separate, io dovevo trastullarle entrambe.
Isabella amava stare completamente nuda, “spogliami” gli tolsi gli stivali, e le infilai le ciabattine, poi le tolsi la gonna, le sfilai le calze, facendo attenzione a non farle appoggiare i piedi a terra, il tanga nero, il corpetto, ed eccola statuaria, bellissima, si stende sul letto allarga le gambe, “datti da fare” iniziai subito a leccarle la figa, dolcemente come vuole lei, è bagnata, eccitata, ogni tanto mi allontana e si fa baciare i piedi, me li passa sulla faccia, “ti piace schiavo” e con il tallone mi riavvicina alla sua figa, fino a quando non la faccio venire, gode rumorosamente, e mi fa continuare a leccare, il mio uccello è in tiro, mi sbatte sul letto e mi sale sopra, si impala, e mi scopa letteralmente con dei colpi micidiali, gode nuovamente, quasi subito, e mi sale sulla faccia, sono tutto impiastricciato dei suoi umori, continuo a leccarla fino a quando si calma, sembra esausta, “ora puoi andare da Marta, sei stato efficiente schiavo”.
Scendo dal suo letto, lei si mette sotto le lenzuola, io torno da Marta, “hai già fatto? Ha goduto bene la mia Isabella?” “si padrona” “ bene vieni qua” Marta si fa portare in camera salendomi in groppa con tutto il suo peso, arrivati in camera lei ha differenza di Isabella vuole tenere gli stivali, quindi la spoglio e le rimetto gli stivali, “sei in tiro, non va bene” mi tira un calcio nelle palle “deve essere molle quando cominciamo” e difatti il calcio ottiene l’effetto, mi si ammoscia subito, ed un senso di dolore nauseante mi prende tutto lo stomaco, “leccami il culo, bene” vuole che entri nel suo buchetto con la lingua, lei in piedi si allarga le chiappe con le mani, “bravo così, entra dentro con la lingua, ora la mia figa” e sempre stando in piedi si fa leccare lungamente, poi si siede sul fianco del letto ed io devo stare inginocchiato a terra e continuo a leccarla, i suoi tacchi appoggiano sui miei polpacci e li devastano, quando stà per venire preme con più forza facendomi urlare di dolore. A lei piace piantare i suoi tacchi ovunque.
Anche lei ama stare sopra mentre mi scopa, ma io stò per venire, non ce la faccio più “guai se vieni” penso alle cose più disparate per deconcentrarmi, al pelo la faccio godere, riprendo a leccarla, ma lei mi spinge via ed inizia con dei calci in faccia, lenti ma precisi, mi prende un orecchio, ride, è ubriaca, “adesso ti do un altro calcio nelle palle, così ti passa la voglia di venire, mettiti davanti a me a gambe larghe” la preparazione è lenta, lei gioca con il mio uccello, si strofina il suo magnifico culo sulla cappella, con il ginocchio lo punta sulle palle, mi prende le palle in mano e le tira violentemente, poi si allontana, “sta per arrivare schiavo” ed ecco che mi colpisce, di collo pieno, stramazzo a terra, il dolore è quasi insopportabile mi contorgo come una biscia, lei mi guarda con disprezzo “ok, smettila di lamentarti lo so che ti piace, toglimi gli stivali e vattene ci vediamo domattina” mi trascino fuori dalla stanza, il dolore è forte ci vuole un po’ perché mi passi, sono in bagno e finalmente do libero sfogo mi faccio una sega che dura un minuto, e poi un mare di sborra sgorga e finisce nella tazza del cesso.
Sono esausto, dormo un po’, ma metto la sveglia nel cellulare, perché guai se la legna finisse ed il camino si spegne, devo tenerlo acceso tutta la notte.
Il sabato è andato, domattina preparerò la colazione aspettando che le mie padrone si alzino, non devo assolutamente disturbarle, visto che non ho sonno, mi metto a pulire il pesce che ho comprato, perché a pranzo voglio fare la paella, come loro hanno ordinato.
E’ Marta la prima ad alzarsi, sono le dieci, arriva in cucina solo in perizoma nero e stivali, mi saluta con un calcio nel culo “ciao schiavo” e se ne va in bagno, non mi vuole per i piedi, Isabella dopo quindici minuti è in bagno anche lei, vestita o meglio svestita nello stesso modo, quando arrivano in cucina il caffè è pronto, insieme alle fette biscottate con la marmellata già spalmata, all’albicocca per Marta ed ai mirtilli per Isabella, sono sempre arrampicate sugli sgabelli, e le loro gambe mi eccitano, la mia erezione non può essere nascosta dai boxer “guarda Isa il nostro schiavo è già in tiro, ma cosa gli faremo mai” “ci ama Marta, lui ci ama” senza che me lo ordino, mi chino a baciare i loro stivali, se ne vanno, ma prima mi calpestano tutte e due ridendo “prepara la paella e non farti seghe capito”, se ne vanno, quando tornano sono in assetto da guerra, tutte e due con abitino rosso attillato in raso, cortissimo, senza calze si sono messe le scarpe rosse di vernice, sono uno spettacolo, su quei tacchi, vorrei leccarle subito ma devo aspettare i loro ordini, il rumore dei tacchi sul pavimento di legno è a dir poco fantastico “a che ora è pronto schiavo?” “alle dodici e trenta se per voi va bene” “dunque sono le undici, va bene, la passeggiata la facciamo nel pomeriggio, adesso mi do alla lettura” Isabella si distende sul divano con il suo libro, invece Marta, è irrequieta, sta a vedere cosa faccio, e mi punzecchia il culo alzando il tacco, “ti sono piaciuti i calci nelle palle di ieri sera?”cerco di non rispondere “hei schiavo ti ho fatto una domanda” “non molto padrona mi hai fatto veramente male” lei sorride “ma a te piace quando ti faccio male” stò pulendo le cozze, e lo faccio con il suo tacco piantato nella schiena, si è seduta sul tavolo e striscia il tacco rigandomi penso la schiena, “sei muscoloso, ed hai anche un bell’uccello questa è la tua fortuna, altrimenti ci saremmo già stufate della tua presenza” “grazie padrona” adesso il suo tacco è al centro della chiappa destra e si sta facendo strada, mi tira giù i boxer sempre con il tacco ed esplora il mio buco del culo, ho i brividi, meno male che smette, ma solo per piantarmi il ginocchio nel culo, “prima o poi ti voglio inculare con un tacco” gli è sempre piaciuto minacciarmi, “smetti di pulire le cozze e leccami le scarpe” non vedevo l’ora, la mia lingua si consuma su quelle scarpe splendide, rosso fuoco, mi prendo tutta la punta in bocca e la succhio con ardore, “ma guardalo come si diverte” lei spinge più forte, devo spostarmi, “stai fermo altrimenti di disfo la faccia con i miei tacchi” i riprendo la punta in bocca fino a quando lei non decide di smettere, mi spinge a terra e mi sale sul petto, “che visione da li sotto eh, guarda che gambe, sei fortunato schiavo” in effetti è stupenda.
La paella è pronta, e loro anche, se la mangiano di gusto, facendomi un sacco di complimenti, “meriti un premio, puoi masturbarti, davanti a noi” velocemente impugno il mio uccello, entrambe tengono una scarpa sotto le mie palle, il motivo è che vogliono che sborri sui loro piedi, ed infatti il tutto avviene in fretta “quanto sperma, leccatelo tutto, piaciuto il premio?” annuisco e lecco tutto, baciando il collo dei loro piedi.
Hanno finito di mangiare, io devo mettere tutto a posto, pulire e lavare il pavimento, mi stanno già chiamando per la passeggiata.
view post Posted: 19/9/2013, 10:44     FEMDOM FETISH TUBE - RICHIESTE e OPINIONI FOTO E VIDEO E RACCONTI
il limite va spesso va a caso, a volte mi dice di fare il log in dopo 5-10 video e me ne fa vedere altrettanti, altre volte raggiungo il limite senza loggare... :unsure: ...comunque per vedere senza limiti giornalieri devi pagare purtroppo :(
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