Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

Posts written by Tuzzabanchi Nicola

view post Posted: 22/2/2020, 14:33     PRESENTAZIONE - PRESENTAZIONE
Oddio !!!! Ci siamo già incrociati....
view post Posted: 22/2/2020, 13:59     +2PRESENTAZIONE - PRESENTAZIONE
Vecchio (in tutti i sensi) frequentatore di questo mondo. Mi scuso se prima non mi sono presentato ma ho postato direttamente. Sorry
view post Posted: 22/2/2020, 13:34     +1RIFORMATORIO MASCHILE (postato anni fa su un altro forum) - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Era stato messo a punto nel 2030. Era un farmaco in grado di aumentare la forza muscolare, il suo antidoto, faceva quindi l’effetto contrario, rendeva più deboli. La dottoressa che l’aveva scoperta era stata insignita del premio nobel per la medicina. Non era molto nota negli ambiente medici, ma tutti le riconoscevano una determinazione e una caparbietà fuori dal comune. Nessuno sapeva la sua storia. Nessuno conosceva il motivo della sua caparbietà. La dottoressa da giovane era stata stuprata da un gruppo di uomini, che l’avevano costretta con la forza ad avere rapporti con tutti i membri del branco. Il gruppo non era mai stato condannato complice un giudice corrotto. La ragazza era cresciuta quindi, con l’unico scopo di compensare il gap biologico tra uomo e donna e rendere quindi l’uomo fisicamente più debole. Nel giro di un decennio dalla proprio scoperta, il farmaco aveva cambiato l’umanità, le donne aveva preso il sopravento. Occupavano i ruoli di comando in tutti i paesi più industrializzati. Il mondo era migliore, nel nuovo equilibrio erano scomparse le guerre, le donne di tutto il mondo non avevano interesse a combattere. Gestivano i loro mondi e le loro economie, nel rispetto le une delle altre. Le donne non avevano il senso di cupidigia dell’uomo, governavano con più equità. La violenza e i furti stavano scomparendo. Avevano creato un mondo migliore. Infatti fin dalla nascita, la somministrazione del farmaco per le donne e dell’antidoto per gli uomini erano obbligatorie. Arrivati all’adolescenza i ragazzi venivano portati in apposi siti dove venivano munti, si formavano così enormi banche del seme per la riproduzione. Erano diventate moltissime le donne che, preferivano procreare facendo ricorso alla banca del seme, rifiutandosi quindi, di avere rapporti completi con i loro mariti. Le persone infatti, continuavano la vita di tutti i giorni, si sposavano, lavoravano. Era però la donna a comandare la famiglia. Era la donna che picchiava il marito quando tornava a casa. Era la donna che decideva le leggi. Proprio in quel momento si stava discutendo nei vari parlamenti se raggiunta l’adolescenza, dopo la mungitura fosse giusto castrare l’uomo. Come in tutte le diatribe politiche che si rispettino, c’erano due schieramenti. La maggior parte delle donne era contraria alla castrazione. Sostenevano infatti che il testosterone, che dava all’uomo quell’irresistibile impulso di raggiungere l’orgasmo, era fondamentale. Che l’uomo così era completamente soggiogato alla donna, anche e sopratutto mentalmente. Che il bisogno degli uomini di avere un orgasmo li rendeva completamenti succubi delle donne, gli creava una sorta di dipendenza fisica. Le donne, dal canto loro, potevano far sperare l’uomo in un rapporto completo tutte le volte che volevano. Consapevoli di non avere nessun obbligo. La rinuncia per la donna era la prassi e all’uomo non restava che masturbarsi in bagno, sperando in una prossima volta. Sempre se la sua compagnia non gli aveva mollato prima, un paio di sberle per puro divertimento. Iniziava però, a formarsi qualche partito minore, propenso alla castrazione. Il testosterone e la voglia dell’uomo quindi, di arrivare al piacere, aveva mantenuto in vita il fenomeno della prostituzione. Seppur a caro prezzo, qualche donna decideva di prostituirsi, soprattutto quelle dei paesi non molto industrializzati, che non aveva ancora la giusta dimestichezza con il vaccino e con il suo antidoto. Soprattutto quelle che non si rendevano conto che il vecchio mondo era cambiato. Ed erano proprio gli uomini che controllavano e gestivano la prostituzione i nemici peggiori. Anche le prigioni erano cambiate. Gestite ovviamente da sole donne. Visto che i prigionieri erano solo maschili e solo per reati concernenti la sessualità, le carceri avevano cambiato il loro nome in riformatori maschili. Le guardie carcerarie, avevano una divisa molto sexy, per soggiogare di continuo i prigionieri. Indossavano solo camicetta bianche, minigonne di pelle nere e decolté con un terribile stiletto metallico. I prigionieri erano divisi in reparti a seconda delle colpe da scontare.
I reati minori, quelli di protesta, in cui qualche uomo aveva osato lamentarsi venivano scontati nelle segrete del castello. Tutti gli uomini che avevano provato moti di ribellione, venivano usati somari. Erano messi a spingere una ruota che produceva la corrente per il riformatorio, non gli veniva dato ne da mangiare ne da bere, così che vista la loro debolezza dopo poco crollavano a terra. A quel punto le guardie addette alla ruote, gli salivano sopra lo calpestavano come uno zerbino, infilando i loro tacchi a spillo nelle carni degli uomini, e quindi il malcapitato sempre più malconcio si rimetteva al suo posto.
Quelli che invece venivano beccati riuniti, in gruppo a cospirare contro il nuovo mondo venivano usati come cessi. Erano chiusi in apposite celle dalle quali sporgeva solo la testa, che veniva incastrata in una tazza. Le guardie andavano li a fare pipi, e gli uomini dovevano bere tutto, se una goccia cadeva per terra o peggio ancora se qualcuno provava a usare la lingua, veniva passato al piano di sotto dove c’erano della tazze analoghe in cui le ragazze non facevano solo la pipì….
Vista la difficoltà dell’uomo di avere un rapporto completo, la masturbazione era un’attività abbastanza frequente. Veniva sopportata dai governi solo gli uomini erano chiusi in un bagno. Ma tanti per eccitarsi si masturbano direttamente su indumenti o scarpe femminili. Questi venivano frustati costantemente sul culo, giornalmente, venivano posizionati su delle gogne e le donne che avevano subito l’onta di ricevere il seme maschile sui propri capi d’abbigliamento venivano chiamate per vendicarsi. Non c’erano limiti di tempo, la donna frustava come e quando voleva. Il malcapitato poteva solo sperare che la ragazza si stancasse presto. Se però così succedeva interveniva una guardia che continuava il lavoro fino a quando il culo del condannato non era completamente sanguinante. Allorché era il momento di un altro condannato che aveva aspettato il suo turno tremendo come una foglia, e pentendosi per quello che aveva fatto. Queste punizioni avevano anche lo scopo di assumere nuove guardie. Le ragazze infatti che frustavano con più violenza erano quelle alle quali, veniva chiesto di fermarsi a lavorare nel riformatorio. In questo reparto c’erano delle celle di isolamento destinate a coloro che reiteravano il misfatto o a quelli che mettevano su internet le loro bravate. Queste celle erano celle singole, i malcapitati erano incatenati al muro e le guardie si davano il cambio per frustarli fino a quando il poveretto sveniva dal dolore, a quel punto i tremendi tacchi a spillo delle carceriere si infilavano nella carne del detenuto e le ragazze potevano continuavano . Il trattamento durava fino a quando il condannato resisteva, c’era un punto in cui neanche i loro tremendi stiletto lo rianimavano più.
C’era poi il reparto in cui i prigionieri avevano tradito la propria compagna provando ad avvicinarsi a un’altra donna. Retaggio del passato. In questo reparto le carceriere avevano una variante all’uniforme standard, indossavano pantaloni di pelle e le loro decolté avevano una punta metallica rinforzata. I detenuti di questo reparto si pentivano dopo pochi attimi di avere le palle, le quali, erano solo il bersaglio dei calci delle loro aguzzine. Venivano legati al pavimento con le gambe larghe e a quel punto le carceriere infierivano sui loro indifesi coglioni con le loro decolté con la punta rinforzata. C'è da dire che le donne incentivavano questo tipo di condanne, visto che l'atteggiamento equivoco da parte loro era aumentato. Si divertivano a illudere un maschio, sapendo bene a cosa andava incontro se fosse stato beccato. Anche in questo reparto si incentivano le vendette personali, le donne piombano con furia sulle palle dei condannati, che erano in balia delle loro mogli. Ma a finire il lavoro servivano le decolté con la punta rinforzata delle carceriere. Visto il numero crescente di maschi che erano destinati a questo reparto la permanenza dei condannati non era molto lunga,….
Il reparto più duro era quello per i maschi che sfruttavano le prostitute organizzando loro gli incontri e lucrando una parte dei guadagni. C’era qualcuno che ancora la faceva. I condannati in questo reparto venivano legati su una panca con le gambe ben allargate, gli venivano infilati nel culo dildo di dimensioni enormi senza nessun tipo di lubrificante, e quando iniziavano copiose fuoriuscite di sangue le guardie si divertivano nell’infilargli dentro gli oggetti più disparati, bottiglie, tubi.
In tutto il riformatorio non c’erano delle regole molto rigide per le carceriere che facevano il bello e il cattivo tempo senza dover rendere conto a nessuno. Anzi spesso le direttrice le istigavano a comportamenti sempre più violenti. Il sabato sera, spesso le guardie si sfidano a chi riusciva a evirare prima il detenuto usando solo i calci, chi perdeva avrebbe pagato da bere. I riformatori venivano messi generalmente vicino alle scuole maschili, che ovviamente erano ben separate da quelle femminili, gli urli dei malcapitati accompagnavo i ragazzi nel loro studio e gli ricordava cosa succedeva a chi sbagliava. Spesso gli studenti peggiori scontavano delle ore nel riformatorio, ma con incarichi leggeri, pulire il sangue o disfarsi dei cadaveri.
view post Posted: 22/2/2020, 13:32     IL MIO PRIMO RACCONTO (postato anni fa su un altro forum) - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Mi chiamo Paolo, ho trentacinque anni single, maniaco per gli stivali e le donne che li indossano. Penso che lo stivale conferisca a una donna, quel senso di supremazia e aggressività che un sottomesso come me adora. Vivo le mie fantasie in tristi incontri con professioniste alle quali devo chiedere in maniera dettagliata quello che voglio, sperando che durante quei venti minuti non stiano sempre attaccata al cellulare. Fortunatamente i soldi non mi mancano, sono ricco di mia famiglia e i miei genitori praticamente mi mantengono. Mi hanno aperto un’agenzia immobiliare, ma non ho voglia di lavorare e passo tutto il giorno a navigare su internet. La crisi del momento giustifica i miei scarsissimi guadagni, e i miei genitori, continuano a mantenermi. La mia agenzia affaccia ovviamente su strada, per cui ho modo di guardare il passaggio delle persone. Si trova in una strada decentrata, per cui la gente che passa è quasi sempre la stessa Quest’estate notai il frequente passaggio di una signora mai vista prima. Non giovanissima, diciamo una decina di anni più di me, bionda. Lontana anni luce dalle splendide ed inarrivabili ragazze d’internet su cui fantastico tutti i giorni, ma con un qualcosa d’inspiegabile nello sguardo. Una calamita negli occhi. Uno sguardo di una sensualità debordante, quasi volgare. Ma la cosa che per prima mi ha colpito, le sue scarpe, sempre tacchi. A dire il vero non doveva navigare nel lusso, ma quei due o tre sandali che le avevo visto ai piedi avevano sempre rigorosamente il tacco alto. Ho iniziato a seguirla con lo sguardo e mi accorsi che abitava proprio al portone di fianco alla mia agenzia. Tutte le mattine quando passa, guardava dentro il mio negozio, sicuramente usando la vetrina come uno specchio. Ho iniziato a fantasticare su di lei, aspettando i primi freddi e il conseguente cambio di scarpe. L’autunno è arrivato, anche se i suoi primi stivali mi hanno parzialmente deluso: scamosciati, neri e con la zeppa. Ma sempre alti. L’altro giorni finalmente una visione, si è fermata a specchiarsi come tutte le mattine: giubbettino di pelle nera, jeans e stivali neri di pelle con il tacco di sette otto di centimetri, quadrato. Era fantastica. Ero talmente eccitato che sono corso subito in bagno a masturbarmi. Le mie fantasie su di lei si moltiplicarono, avrei pagato dieci volte quello che davo a una squallida professionista solo per poter accarezzare quegli stivali. Ma non avevo nessuna idea. Iniziai a leggere tutte le storie di questo forum in cerca di una scusa, di un modo per agganciarla, ma quasi tutti i protagonisti di queste bellissime storie, vengono scoperti a guardare o a toccare piedi o scarpe, ma io non sapevo come fare, neanche la salutavo. Un giorno un racconto mi diede l’ispirazione. Il protagonista aveva il mio stesso problema, non sapeva come dichiararsi e decise di lasciare un biglietto nel parabrezza della auto della donna dei suoi sogni. In preda a una di quell’eccitazione che solo che legge questi racconti può capire, aprì un nuovo foglio Word e le scrissi “Quando la vedo passare tutti i giorni davanti al mio negozio con i suoi stivali di pelle da impazzisco. Lei è sensualissima e i suoi stivali le conferiscono quell’aria dominate tipica di una mistress, vorrei essere il suo umile schiavo ed avere l’onore di servirla e per occupare quel posto che compete ad un umile servitore come : sotto i suoi stivali”. Decisi di lasciarle giusto l’indizio del negozio, per non essere troppo sfacciato. Avevo la voglia di dichiararmi, ma allo stesso tempo il terrore di fare una brutta figura. Stampai il foglietto e lo misi del parabrezza della sua macchina, una city-car che come spesso succedeva, era parcheggiata proprio di fronte alla mia agenzia. Aspettai con trepidazione l’orario in cui generalmente scendeva . Puntualmente arrivò. Con mia grande delusione indossava gli altri stivali, quelli scamosciati, una leggins nera, e il giubbettino di pelle. Si accorse all’ultimo momento del mio biglietto, scese dalla macchina e lo lesse. Io da dietro lo schermo del computer la guardavo. Lei rilesse il biglietto, lo mise dentro la sua borsa, montò in macchina senza degnarmi di uno sguardo e partì. Finalmente mi ero dichiarato, corsi nuovamente in bagno a masturbarmi tanta era l’eccitazione. L’indomani ero ancora più eccitato, lei scese con indosso i suoi stivali di pelle, e rimase a specchiarsi davanti la mia vetrina più del solito. Io la guardavo, sperando che entrasse per dirmi qualcosa. Ma niente, lei rimase davanti alla mia vetrina molto più tempo del normale, ma andò via come sempre. Mi sentì molto deluso, quel mio primo ed unico tentativo non aveva riscosso alcun successo. Mi ributtai a capo fitto dentro internet ed le mie fantasie virtuali. Navigando tra forum alla ricerca di qualche video di fronte al quale masturbarmi. Ero alla ricerca di un inedito, quando ad un tratto la porta dell’agenzia si aprì, ed entro lei con le busta della spesa. Mi guardò negli occhi e senza neanche salutarmi mi disse:”Quel biglietto da maniaco ieri lo hai scritto te?”. Io ero paralizzato, annui con la testa. “Allora portami la spesa a casa non mi va di fare le scale”. Lasciò le buste al centro dell’agenzia e se ne andò. Io ero in preda a una eccitazione indescrivibile. E come un automa presi le buste e la seguì. Lei camminava senza neanche voltarsi, i miei occhi erano fissi sui suoi stivali. Aprì il portone e salì le scale. Io ero ipnotizzato dai suoi tacchi. Aprì la porta di casa e senza degnarmi neanche di uno sguardo mi disse: “Posa la spesa sul tavolo della cucina”. La cucina era a vista, io ovviamente eseguì i suoi ordini. Sentì il rumore dei tacchi dei suoi stivali ancora per qualche secondo. “Vieni qui!” Secco deciso arrivò un altro comando. Io seguì la sua voce, era in sala da pranzo sul divano, si era accesa una sigaretta, accavallò le gambe, lasciando la gamba con lo stivale penzoloni davanti a me. Io fino a quel punto non avevo ancora aperto bocca. Lei accennò un sorriso e disse: ”Sono belli veri, ti piacciono così tanto….” Così dicendo alzò la gamba accavallata, che quindi si avvicinò al cazzo già abbastanza eccitato. Io non riuscivo a parlare, ero estasiato e feci solo un timido cenno di assenso. “Li vorresti accarezzare vero? Vorresti sentire quanto è morbida la pelle?”. Io mossi nuovamente il capo, per dirle di sì. “Allora fallo non stare li imbambolato come un coglione!” il suo tono era sferzante, io mi inginocchiai e iniziai ad accarezzare la pelle dei suoi stivali. Passai la mano su ogni centimetro di pelle. Lei ad un tratto accavallò l’altra gamba, ed io feci lo stesso con l’altro stivale. Lei continuava a fumare, buttandomi il fumo in faccia e dicendomi: “Sei proprio in coglione!” Ero in trance, avvicinai di più il viso, per respirare a fondo l’odore acre della pelle, non seppi resistere e iniziai a leccarli. Lei rimase un attimo sbigottita poi mi disse :”Sei proprio una merda! Leccali maiale”. Quella frase così umiliante, aumentò se mai fosse possibile la mia eccitazione, ed iniziai a leccare lo stivale con veemenza. Lei mi guardava, continuando a ripetermi :”Guarda che coglione! Leccali bene!” Io non riuscivo a staccare la lingua dai suoi stivali. Si alzò in piedi e andò a guardarsi allo specchio. “Non c’è che dire, hai fatto proprio un bel lavoretto da pervertito. Bravo! Ora coglione le suole, e prega che non ho pestato qualche merda come te!” Si rimise sul divano e accavallò le gambe nuovamente. Io che fino a qual momento avevo leccato solo le suole degli stivale delle varie professioniste che avevo frequentato rimasi un attimo sbigottito. Generalmente gli stivali alla coscia o in latex delle mercenarie non vedono mai la strada, Questi erano stivali veri, una donna vera, e soprattutto una suola sporca sul serio. Lei mi riportò alla realtà: “Avanti merda, lecca le mie suole sporche, sdraiati e inizia con fare un bel pompino ai miei tacchi, ingoiali coglione!” La sua volgarità mi eccita sempre di più, mi infilai un tacco in bocca ad iniziai a succhiarlo, lei si stava palesemente divertendo e continuava ad insultarmi dicendomi :”E brava la mia puttanella, ingoialo tutto, succhiamelo per bene, e mi raccomando coglione non dimenticarti delle suole”. Mi sfilò il tacco dalla bocca e mi alzò la suola davanti alla faccia. Iniziai a leccarla, all’inizio la polvere mi impastava la bocca, ero quindi leggermente titubante, lei se ne accorse e mi disse:”Dai coglione lecca sotto la suola, mi sa che prima ho pestato una merda, proprio come te, puliscimela bene!!” Le sue frasi offensive mi eccitavano sempre di più. Leccai la suola senza sosta, per un tempo che sembrava infinito mentre il cazzo sembrava voler scoppiare nei pantaloni. Ad un tratto lei mi disse:”Può bastare coglione, tira fuori la lingua fammela vedere!” Io esegui l’ordine senza fiatare, lei si fece una gran risata “E’ tutta sporca, ora si che sei veramente una merda. Ora vattene. Levati dai coglioni esci da casa mia!” Io che ero rimasto in silenzio tutto il tempo, mi alzai e senza dire una parola uscì da casa sua, andai subito in agenzia mi chiusi in bagno e mi masturbai due volte pensando a lei - CONTINUA

CONTINUA Mi svegliai l’indomani, avevo ripensato tutto la notte a quello che era successo, ero stato di fronte a lei senza dire una parola, avevo subito le sue umiliazioni ed avevo finalmente leccato gli stivali che stavo sognando. Mi recai in agenzia, sperando di poterla rivedere. Stranamente non scese all’orario di sempre. Aspettai una mezz’oretta poi mi dedicai al poco lavoro che avevo da fare, preparai la distinta di versamento per la banca, era venerdì e generalmente andavo a versare allora quel poco contante che avevo incassato durante la settimana . Qualche istante prima di andare in banca, squillò il telefono. Andai a rispondere con il solito tono professionale.
“Coglione te li sarai sognati stanotte i miei stivali. Ieri mi hai fatto proprio divertire, non pensavo che esistessero dei vermi smidollati come te. Sbrigati sali merda”.
Volai letteralmente a casa sua. Suonai alla porta, sentì il rumore dei suoi tacchi avvicinarsi nel corridoio. Lei aprì la porta, era vestita esattamente come il giorno prima, giubbettino di pelle nera e jeans, ai piedi i suoi stivali. Appena entrai, non potei fare a meno di guardarli. Lei se ne accorse mi diede uno schiaffo sulla guancia dicendomi:
“Coglione, che cazzo fai ancora in piedi? Al tuo posto, lecca!”
Io non aspettavo altro, mi sdraiai e iniziai a leccare. La lingua si riempì subito del sapore amaro della pelle dei suoi stivali. Dopo qualche minuto lei fece un passo indietro, dicendomi:
”Continua a leccare coglione. Struscia ai miei piedi come il verme che sei!”
Il giochetto era abbastanza chiaro, lei indietreggiava poco alla volta, ed io dove strisciare dietro di lei. Arrivò sul divano, si sedette. La mia lingua era sempre incollata ai suoi stivali. Mi mise la suola di uno stivale sulla testa, schiacciandola, mentre io continuavo a leccare.
“Non fermarti maiale. Lecca, che lo so che ti piace. Sei proprio un pervertito. Non ti credere che non mi fossi accorta che uscivi per strada a guardarmi, pensavo che fossi un semplice porco, ma non un depravato fino a questo punto. Sul biglietto che mi hai scritto, hai usato una parola – mistress- sono andato a cercarla su internet e mi si è aperto un mondo. Quello dei maiali depravati, feticisti merdosi come te disposti a tutto pur di fare le loro porcherie. Ma stavolta saranno cazzi tuoi coglione”.
Io non capì bene le sue parole ero completamente rapito dai suoi stivali.
“Guardati che merda umana che sei, parlo e neanche mi capisci, preso come sei a leccare i miei stivali. Ho scoperto che voi lerci depravati siete disposti a tutto pur di fare le vostre porcate. Ma d’ora in avanti saranno cazzi tuoi”.
Sentii un paio di “click” e lei iniziò a ridere
“Ora sei fottuto!”
Alzai la testa e la vidi con il cellulare il mano.
“Ho preso informazioni su di te coglione merdoso, la portiera è stata una miniera di notizie. Mi ha detto che sei il classico figlio di papà che non fa un cazzo dalla sera alla mattina. Che stai tutto il giorno davanti al tuo computer invece di lavorare, sicuramente di segherai di fronte a qualche video da lercio maiale. Mi ha detto una cosa molto importante che tua madre è una bacchettona che va sempre in chiesa…. Mi sa che se dovesse vedere le foto di suo figlio intento a leccare un paio di stivali, chiuderebbe i cordoni della borsa non trovi”
Mi prese il panico, in effetti, i miei genitori la pensavano parecchio all’antica, già vedevano male una coppia che si separava, figurarsi come avrebbero potuto reagire di fronte a delle foto del genere. Rimasi sbigottito, uno schiaffone in faccia mi riporto alla realtà
“Lecca stronzo non fermarti. Ora le cose prenderanno per te una piega diversa. Sono stata licenziata qualche giorno fa proprio da uno stronzetto simile a te. Il figlio del capo, che non capisce un cazzo, e mi ha iniziato a parlare di crisi, e di costi del personale, licenziando me e una mia amica. Un vero maiale, un porco pensa che alla mia amica aveva detto che se gli avesse concesso un rapporto anale, non l’avrebbe licenziata. La poveretta è più giovane di me e gli ha creduto. Nonostante non lo aveva mai fatto, per non perdere il lavoro ha ceduto alle sue richieste. Il porco ha fatto i comodi suoi e l’ha mandata a casa lo stesso. Sono incazzata nera ed ho proprio voglia di sfogarmi con te, che sei un maiale figlio di papà proprio come il porco che mi ha licenziato”.
Io ero terrorizzato, la storia che mi aveva raccontato era abbastanza plausibile, in città si parlava di licenziamenti in fabbrica. La sua grinta m’intimoriva, io cercavo di non staccare la lingua dai suoi stivali. Lei fece passare una decina di minuti poi si alzò dicendomi: “Oggi per te maiale, inizia il servizio a me a alla mia casa. Per prima cosa svuotati le tasche, voglio i tuoi soldi. In tutti i filmati che mi hai fatto scoprire tu, le donne usavo vari attrezzi, voglio comprarmi qualcosa pure io per divertirmi un po’”.
Io rimasi incredulo a mi fermi un istante, un sonoro ceffone mi riporto alla realtà “Avanti coglioni, tira fuori i tuoi soldi"
Io avevo in tasca i soldi per il versamento, e tirai fuori parecchi fogli da cinquanta euro.
“Guarda guarda il porco gira bello gonfio, avevi per caso appuntamento con qualche troietta per fare il depravato?”
Mi diede un altro paio di sberle e mi disse:
“Io esco, vado a trovare la mia amica, tu stai qua dentro e mi pulisci tutta casa, il bagno la cucina, la camera da letto. Tutto in pratica. Casa deve brillare. Lavi i piatti e ti levi dai coglioni. Quando torno a casa, voglio passare davanti alla tua agenzia e vederti al tuo posto, dietro le schermo del tuo pc a segarti il cazzo come il maiale che sei. E mi raccomando fai un bel lavoro altrimenti la mammina scoprirà che razza di porco depravato mantiene”.
Uscì con una sonora risata. Io rimasi solo in casa. Dovevo sbrigarmi a sistemare tutto come lei mi aveva ordinato. La casa non era molto grande, ed era abbastanza pulita, cercai di mettere molta cura per evitare di farla arrabbiare, il pensiero che i miei genitori potessero scoprirmi mi terrorizzava. Pulii tutta con molta cura, sistemai la cucina e la camera. Andai in bagno e con molta attenzione pulii i sanitari, In un angolo c’era la scarpiera, da bravo feticista non seppi resistere e la aprì. Dentro c’erano i sandali con i quali l’avevo vista la prima volta, li presi in mano, e mi guardai allo specchio, ero veramente ridotto una nullità: fantasticavo su una donna mentre le pulivo il bagno. Questa scena mi diede una scarica di testosterone incredibile, mi eccitai e mi masturbai. Venni copiosamente, stando attento a non sporcare, mi pulì con cura e buttai tutto in un cestino sotto il lavello. Finito di pulire il bagno scesi in agenzia. Non avevo la minima idea di quando sarebbe tornata, ma l’idea che lei potesse mettere in pratica la sua minaccia m’impauriva parecchio. Mi misi al mio posto dietro al pc, esattamente come lei mi aveva detto, aspettando il suo ritorno. Fuori il tempo iniziava a peggiorare, improvvise folate di vento si alzarono e le nuvole coprirono il cielo. Pochi minuti dopo iniziò a piovere. Una pioggia leggera, ma incessante. Dopo circa un’oretta lei entrò. Era stata sorpresa dalla pioggia. La camicetta che indossava sotto il giubbetto, si era bagnata e metteva ancora più in evidenza il seno, gli stivali ovviamente erano infangati
“Guarda coglione sono tutta bagnata per colpa tua”
Io farfugliai qualche parola.
”Se un porco depravato come te non avesse abusato e licenziato la mia amica del cuore io oggi sarei rimasta a casa!! Che cazzo fai la dietro seduto, guarda in che condizioni sono i miei stivali vieni a pulirli merda!!!”.
Io mi alzai e provai a obiettare, che dentro il negozio qualcuno poteva vedermi.
“Non hai ancora capito che di te non mi frega un cazzo? Vuoi rischiare che ti veda qualcuno o vuoi esser sicuro che ci scopra la mammima? Lecca coglione che con questo tempo da lupi non gira nessuno!”
Io mio malgrado mi chinai, fortunatamente lei di era seduta, dietro la vetrina, e i vari annunci pubblicitari delle case in vendita e in affitto rendevano poco visibile l’interno. Lo stivale era parecchio infangato, mi domandai se non lo avesse fatto apposta, mi prese per i capelli muovendomi la testa su e giù:
“Lecca coglione, pulisci i miei stivali, visto che ti piacciono tanto mica vorrai mandarmi a casa con gli stivali infangati?”
Io non parlavo più di fronte a lei leccavo e basta
“La suola ora svelto, chissà con quest’acqua cosa si trova nelle pozzanghere, pensa lo ho prese tutte apposta, ho pensato che intanto c’era il mio lustra suole personale”
Dopo qualche minuto si alzò, sicuramente era bagnata e voleva andare a casa a cambiarsi ed a mettersi qualcosa di asciutto addosso, davanti la porta guardò con cura i suoi stivali
“Sono ancora sporchi, sei proprio un coglione”.
Mi diede l’ennesimo schiaffo.
"Da oggi sarai punito per ogni errore che farai, spera mi avrai pulito casa mia per bene e che non trovo qualche macchia in giro. Altrimenti saranno cazzi tuoi. Devi essere completamente soggiogato ai miei voleri, altrimenti mammina saprà che razza di maiale ha come figlio”.
Io ero totalmente inebetito e le risposi
“Si signora….”
”Mi chiamo Vanessa, ma non ti azzardare a chiamarmi per nome. Per te sono la tua padrona, non sei degno neanche rivolgermi la parola, io per te da oggi in poi sarò Padrona Vanessa”.
“Sì Padrona Vanessa”
le risposi io. Aprì la porta, fuori aveva leggermente spiovuto
”Senti maiale, queste porcate da depravato con gli stivali tu andavi a farle con le puttane vero? Sai bene che le donne normali li schifano i maiali come te?”
Io feci un timido cenno di si con la testa.
“Quindi per te coglione è normale pagare una donna che ti tratta male, giusto merda umana?”
Divenni rosso per la vergogna, le sue frasi erano sferzanti e dirette, ma fui nuovamente costretto a fare segno di si con la testa “Bene merda allora voglio farti sentire a tuo agio, domani ci vediamo a pranzo e portami trecento euro, mi diverte trattarti come un oggetto ma è giusto che paghi è nella tua natura di coglione!”
Andò via con la solita risata. Il rapporto stava assumendo una brutta piega, non tanto per i trecento euro, quanto per il potere che Vanessa stavo assumendo su di me. Ma la notte mi masturbai nuovamente pensando a lei. L’indomani mattina passai il tempo contando i minuti che mi separavano per vederla. Chiusi l’agenzia con qualche minuto di anticipo, corsi da lei, le suonai alla porta….CONTINUA

CONTINUA Il rumore dei tacchi che si avvicinavano era diverso, più acuto. La porta si aprì comparve lei. Indossava un paio di stivali con un tacco a stiletto da urlo. Gli stivali erano di pelle nera, mentre il tacco era argentato così da evidenziarsi ancora di più, sopra aveva un vestitino corto rosso e sempre il giubbettino di pelle nera. Io rimasi senza fiato. Dopo un paio di secondi uno schiaffone mi riportò alla realtà.
“Sei solo un lercio depravato, lecca coglione. Non sei neanche capace di fare i complimenti a una donna. Sei buono solo ad andare a puttane. A proposito, dammi i tuoi soldi merda!”
Io mi buttai per terra, m’infilai una mano in tasca e le diedi i trecento euro.
“Così vestita mi sento più a mio agio, somiglio di più alle protagoniste dei video da maiale che guardavi tu…”
Lentamente andò sul divano, accavallò le gambe, lasciando uno stivale a penzolare di fronte ai miei occhi, io ero rapito da quel tacco metallico.
“Lecca cesso merdoso, umiliati ai miei piedi, come il verme che sei!”
Io iniziai a leccare come un forsennato, il contatto del metallo freddo dello stiletto mi faceva impazzire, lei se ne accorse.
“Apri la bocca puttanella, vedo che vuoi spompinare questo tacco, anche se è più lungo che quell’altro, ingoialo tutto lo stesso”.
Così dicendo me lo spinse in bocca incurante di tutto. Era una Dea, ed io ero steso sotto di lei, con un’erezione che cresceva sempre di più.
“Guarda che pacco che ti sta venendo? Ti piace proprio fare il cane lustra scarpe. Ma attento a non godere ti voglio sempre gonfio ed eccitato in mia presenza”.
Gli stivali erano nuovi, sarei rimasto sotto di lei per tutto la giornata. Lei a un tratto mi mise la suola di uno stivale in mezzo alle gambe e iniziò a muoverlo, su e giù, ritmicamente. La mia eccitazione era al massimo, stavo letteralmente impazzendo. Lei se ne accorse e si fermò.
“Non devi godere maiale, continua a leccare”.
Così dicendo, mi tolse la suola da sopra il cazzo e ci poggiò lo stiletto del suo stivale, spingendo.
“Hai paura porco che ti spingo questo tacco nelle tue palline vero? Lecca pervertito merdoso, che altrimenti te lo buco”.
Io continuavo a leccare, mentre lei teneva il suo tacco ben saldo sulle mie palle, dando ogni tanto qualche spinta.
“Devo aver lasciato le sigarette in bagno, tu resta qui e lecca il pavimento coglione”.
Si alzò, entrò in bagno e dopo un qualche secondo cominciò a strillare.
“Che cazzo questo schifo!??! Vieni coglioni sbrigati!!”.
Io andai in bagno. Lei era seduta sulla vasca, in mano avevo il cestino, nel quale io il giorno prima avevo lasciato la carta usata per pulirmi, dopo che mi ero masturbato.
“Che cazzo è questo schifo coglione?? Non dirmi che è quello che penso io??? Mica sarai venuto a casa mia a farti le seghe?? Parla !!!”
Era infuriata, io mi mise in ginocchio, abbassai lo sguardo.
“Scusi Padrona Vanessa, ho sbagliato, mi perdoni, non succederà più…”
Mi diede una sberla, poi un’altra, e un’altra ancora
“Te la cavi con le tue scuse pensi? Allora sei più coglione di quanto pensavo!! Quanto volte ti ho ripetuto di non godere!!??!! Levati il maglione, la camicia e sdraiati a pancia in su, sbrigati merda!!”.
Io esegui i suoi ordini, lei era una furia, il contatto della schiena con il pavimento freddo, istintivamente mi fece ritrarre, lei mi mollò un calcio sulle costole, facendomi capire che tirava una brutta aria. Mi salì sulla pancia con un piede. Poggiò le mani sulla parete per trovare l’equilibrio e a quel punto affondò anche l’altro tacco sulla mia pancia. Non mi ero mai fatto calpestare, avevo sempre pensato che dovesse essere una cosa dolorosissima. Avevo ragione. Spingeva i suoi tacchi dentro la mia pancia e li usava per rigarmi il petto, sentivo un dolore forte. Lei si piegò, poggiandosi al lavabo, fece perno con il tacco su un mio capezzolo, il dolore era lancinante. Estrasse dalla tasca del giubbetto il cellulare e mi fece altre foto. Per schernirmi ulteriormente me le fece vedere. La mia foto con il petto segnato e uno stiletto sul capezzolo, mi eccitò. Provai a muovere il bacino, in cerca di un contatto. Lei se ne accorse, si alzò nuovamente in piedi.
“Allora sei proprio un pervertito, più le prendi più ti diventa duro! Allarga le gambe”
Scese dalla mia pancia, il petto mi bruciava, ma esegui lo stesso i suoi ordini. Si mise di fronte a me, prendendo di mira il mio pacco. Prima iniziò a spingermi la suola sul cazzo, muovendola.
“Ti piace merda eh? “
Io stavo per rispondere, quando lei di scatto tolse la suole e mi spinse il tacco nelle palle, i jeans mi stavano proteggendo, ma lei continuava a spingere.
“Sei venuto a segarti in casa mia? Te le stacco queste palle merdose”
Mi tolse il tacco dalle palle, non feci in tempo a rifiatare che iniziò a prendermi a calci. Fortunatamente il bagno era piccolo, e non aveva la possibilità di caricare con forza il colpo, complice anche il vestito abbastanza stretto. I suoi colpi erano tremendi lo stesso, la punta dei suoi stivali, mi centrava perfettamente proprio in mezzo ai coglioni.
“Sei solo un pervertito, un maiale che deve segarsi di continuo, volevo solo divertirmi ad umiliarti ed offenderti, ma sei proprio un coglione. Ti ci vogliono le botte per capire!”.
Io provai a farle nuovamente le mie scuse, istintivamente misi la mano davanti al cazzo per proteggermi. Lei s’incavolò sempre di più
“Me frego di te e delle tue scuse….. E togli quelle cazzo di mano…Mi hai fatto veramente incazzare e voglio sfogarmi. Ora te la meriti una bella ripassata come si deve, così imparerei l’educazione una volta per tutte. Imparerai che le seghe te le puoi fare davanti al tuo pc, o al massimo puoi andare a fare il maiale pervertito con qualche puttanella. Devi capire che le donne vere, i maiali depravati come te li schifano, e te lo farò capire io! Seguimi merda!”
Andò verso la sala, io la seguivo. Il vestito stretto e lo stiletto le conferivano un’andatura molto sensuale. Non riuscivo a staccare lo sguardo dai suoi tacchi, e nonostante i colpi ricevuti, sentì l’eccitazione che saliva, automaticamente la mia mano andò a sfiorare le mie parti intime, lei mi vide.
“Ma sei proprio un pervertito della peggiore specie, non riesce a guardare un paio di tacchi senza toccarti il cazzo? Ma che razza di porco sei? Mettiti con la pancia sul divano, sbrigati!”
Arrivai vicino al divano carponi, come lei mi aveva ordinato, mi ci poggiai, sempre rimanendo con le ginocchia sul pavimento.
“Allarga bene le braccia sul divano e gira la testa coglione!”
Assunsi la posizione che mi aveva ordinato, non capendo bene quali sviluppi la situazione avrebbe preso. Sentì i rumori dei suoi tacchi avvicinarsi, il collo del suo piede strusciarmi i miei pantaloni, all’altezza delle palle.
“Girati e guardarmi merda!”
Mi girai, vidi il suo sorriso trionfante da dietro il cellulare mentre scattava l’ennesima foto.
“Voglio fare un bel servizio fotografico da mostrare a mammima, se non dovessi essere docile e remissivo!”
Mentre parlava, continuava a strusciarsi sulle mie palle….. A un tratto un dolore tremendo mi colpì. Le aveva centrato in pieno con un calcio. Io rotolai sul pavimento, lei rideva, ma subito dopo riprese a strillare.
“Torna al tuo posto cesso merdoso, voglio staccartele o vuoi che mammina veda che razza di maiale sei?”
Il dolore era tanto, ma era terrorizzato dall’idea che mia madre potesse vedere quel servizio fotografico, che andava a mano a mano infoltendosi. Riassunsi la posizione sul divano, sperando che vista la mia obbedienza il colpo stavolta sarebbe stato meno forte. Mi sbagliavo, prese un paio di passi di rincorsa si tirò su il vestito e mi sferrò un altro poderoso calcio. Un male indescrivibile, inizia a contorcermi dal dolore, implorandola di smettere con i calci. Mi guardò, rise e mi fece l’ennesima foto, mentre mi contorcevo dal dolore sotto i suoi stivali.
“In posizione merda, implorami mi piace. Ma me ne sbatto il cazzo di te e delle tue lamentele, in posizione coglione, voglio andarti a casa con le palle talmente doloranti che per un po’ ti passerà la voglia di menartelo”.
Tremavo come una foglia, e imploravo pietà, ma lei rideva e continuava a urlarmi di mettermi in posizione. Mi si avvicinò, piano. Sentivo il rumore dei suoi tacchi dietro di me, si allontanavano. Poi un attimo di silenzio. Io ero terrorizzato, pensavo stesse prendendo la rincorsa, invece niente. Le piaceva giocare a gatto con il topo. Mi venne vicino, e mi sferrò un tremendo calcio, quasi da ferma. Stavolta mi centrò perfettamente con la punta lo scroto. Il male fu lancinante, chiusi gli occhi e iniziai a contorcermi dal dolore. Mi mancava il fiato, ero sotto di lei che rotolavo e imploravo, lei mi derivava con frasi umilianti.
“Dai maiale che lo stacco una volte per tutte, così non posso più farti male che dici?
Sei proprio un coglione, ricorda che stai qui per volontà, ora m’implori di smettere, prima mi scrivi che vuoi servirmi, e poi al primo calcetto sei pronto a tirarti indietro? Avanti in posizione!!”
La pregai di smettere, la implorai di cessare i suoi colpi, ma lei mi rideva in faccia, e mi costrinse a rimettermi sul divano. Mi rimisi in posizione. Stavolta il dolore era assurdo a fatica riuscivo a stare fermo.
“Preparati segaiolo merdoso, arriva un altro calcione nei coglioni! Stavolta prendo una bella rincorsa preparati! Uno….due… e tre!”
Il suo calcio si abbatté sulle mie palle con una violenza fuori dal comune, crollai a terra, stavolta ero certo che non ne avrei potuto subire un altro. Lei mi fece rotolare per un qualche minuto. Poi si mise seduta sul divano.
“Dagli una leccata coglione, che ti vedo messo proprio male. Mi sa che stavolta ti ho conciato per le feste. Fai un bel pompino ai miei tacchi, poi vai in bagno a rivestirti e lavati dal cazzo! Ma prima lasciami il tuo biglietto da visita con il cellulare, voglio averti sempre a mia disposizione”.
Nonostante le botte prese, infilarmi il suo tacco in bocca mi dava sempre una grande eccitazione, aspettai che lei mi ordinasse di vestirmi e uscì, non prima ovviamente di averle lasciato il mio biglietto da visita. Tornai in agenzia, le palle mi facevano parecchio, ed ero abbastanza indolenzito dai colpi presi. Quel sabato pomeriggio, come spesso succedeva in agenzia, ci fu un po’ più di movimento del solito, qualche trattativa già avviata ma niente di definito. Quella sera ci sarebbe in città una festa, al palazzetto dello sport organizzata dal neo eletto sindaco. Una specie di discoteca, in un posto che poco offriva poco e niente il sabato sera. In altri tempi ci sarei andato. Avrei ammirato decine e decine di tacchi, fantasticando su ogni ragazza della serata. Ma quella sera optai per accettare un invito a cena da miei, mi ci voleva una serata tranquilla. Durante la cena l’argomento fu sempre lo stesso: la crisi. La fabbrica aveva licenziato degli operai, giravano meno soldi e la mia agenzia non ne voleva sapere di decollare. La serata passò in maniera abbastanza scorrevole. Montai in macchina per tornare a casa. A un tratto il mio cellulare squillò, il numero indicava che la chiamata proveniva dalla zona dell’agenzia. Forse un cliente, strano a quell’ora del sabato. Risposi con il consueto tono professionale.
“Coglione ti voglio qua tra mezz’ora. Vola pervertito, ho una sorpresina per te…” CONTINUA

CONTINUA Feci una brusca inversione di marcia e mi recai verso casa sua. Il dolore nelle zone basse era dimenticato, il pensiero di finire sotto i suoi tacchi a spillo mi eccitava da morire. Puntualissimo arrivai a destinazione, del resto casa dei miei genitori non distava tanto dall’agenzia. Entrai nel portone, arrivai davanti la porta di casa sua: era socchiusa. Io per paura di fare qualcosa che avesse potuta infastidirla, suonai lo stesso. Una gran risata fece da preludio al suo benvenuto
“Avanti merda, non lo vedi che la porta è aperta! Poi chiudila coglione mi raccomando non vorrei che qualcuno ci disturbasse!”
Entrai e chiusi la porta, e mi avvinai verso la sala, lei era sul seduta sul divano. Indossava gli stessi stivali con lo stiletto del giorno prima, delle leggins nere, e una camicia bianca.
“Che cazzo fai coglione!! Al tuo posto merda!!”
Io mi inginocchiai davanti a lei ed iniziai a leccare, arrivai subito a succhiare il suo tacco
“Che ti avevo detto? E’ un depravato succhia tacchi….Vieni a vederlo da vicino”
Sentì dei passi dietro di me, istintivamente mi girai, c’era un’altra donna, più giovane di lei, forse una mia coetanea, altezza media, capelli castani a caschetto. Indossava jeans e maglia dorata, sopra aveva una giacchettina nera. Subito i miei occhi si posarono sulle sue scarpe, delle splendide decolté nere, con sette od otto centimetri di tacco.
“Avevi ragione – disse la nuova arrivata – è proprio un pervertito, i suoi occhi sono già incollati alle mie scarpe”.
Iniziarono a ridere. Vanessa mi diede la consueta sberla, per richiamare la mia attenzione
“Ti ricordi cesso ti avevo parlato di una mia amica… si chiama Deborah. Ti ho anche accennato che ultimamente ha avuto dei problemi con i maiali come te ricordi? Ho pensato che farla sfogare su un altro porco depravato le poteva far tornare il buon umore non credi? Sdraiati cesso, ci sono un altri tacci da spampinare!”
Mi stesi per terra, Vanessa fece spazio a Deborah, la quale si mise seduta accavallando le gambe proprio davanti alla mia bocca. Aveva delle scarpe fantastiche: un leggero plateau al massimo di un paio di centimetri, e ammirandolo da vicino forse il tacco era leggermente più alto di quanto avevo pensato pochi istanti prima. Ridevano divertite.
“Guardalo la merda muore dalla voglia di ciucciare i tuoi tacchi. Vero lercio maiale merdoso? Ma i primi i soldi. Ora siamo in due, tira fuori seicento euro!!”
“Mi scusi Padrona Vanessa, ma io non ho soldi con me….”
“Male, molto male! Paghi le tue puttanelle e pensi che due donne vere si facciano spampinare i loro tacchi da un maniaco come te gratis? Ci fai schifo, sei un porco. E devi pagare per avere l’onore di succhiare i nostri tacchi. Esci e vai al bancomat e torno con seicento euro!”
Io mi alzai di scatto, Deborah disse a Vanessa.
“Digli pure di comprare un’altra bottiglia di Martini, quel goccio che avevi in casa tu, ce lo siamo già scolato!”
“Diglielo te – replicò Vanessa – E’ vero che è un coglione, ma ha capito che ora ha due padrone da servire”.
Deborah mi venne vicino, ridendo e iniziò a parlarmi cercando di assumere un’espressione autoritaria.
“Allora cesso… ti chiami così giusto?”
E scoppiò a ridere, io feci cenno di sì con la testa.
“Allora cesso, dicevamo, vai al bancomat torni con seicento e ti fermi al bar a comprare una bottiglia di Martini bianca, capito cesso?”
Feci un cenno di assenso ma Vanessa le disse ridendo.
“Non ha capito è un ritardato, devi essere più incisiva, più autoritaria”.
“Allora cesso, ricominciamo, vai al bancomat prelevi seicento euro e compri una bottiglia di Martini. Vola cesso!”
Finì la frase e mi mollò una sberla in pieno viso. Scoppiò in una gran risata subito seguita da Vanessa. Io corsi fuori, andai verso lo sportello bancomat della mia banca e prelevai cinquecento euro, in tasca avevo un po’ di contanti. Mi recai al bar in cui ero solito andare a fare colazione e comprai una bottiglia di Martini bianco, come mi era stato richiesto. Il cameriere che ben mi conosceva, mi guardò con sguardo ammiccante e mi disse:
“Stasera si fa baldoria, sicuramente avrei conosciuto qualcuna alla festa, ora gliela fai tu la festa!”
Io pensai che invece la festa la stavano per fare a me, per un attimo pensai di non andarci, ma subito mi vennero in mente tutte le foto che Vanessa mi aveva fatto, la sola idea che mia madre potesse vederne anche una soltanto mi fece prendere velocemente la strada di casa di Vanessa. Mi venne ad aprire la porta Deborah. Mi spinse in salone. Vanessa era seduta sul divano con aria trionfale, mi guardò e mi disse:
“Svelto coglione, vai in cucina, prendi del ghiaccio e preparaci due Martini, abbiamo sete. Dai pervertito sbrigati, che ci sono quattro tacchi da succhiare!”
Feci quanto mi era stato ordinato, tornai in sala e m’inginocchiai di fronte a loro, bevvero lentamente i loro Martini, ridevano, secondo me il livello alcolico della serata era al limite. Vanessa mi disse
“Dai lercio maiale, fai vedere alla mia amica con quanta foga spompini i suoi tacchi!”
Mi sdraiai sotto di loro, Deborah senza nessuna delicatezza mi spinse il tacco in gola. Io inizia a succhiare in preda ad una eccitazione che cresceva sempre di più. Dopo cinque o sei minuti disse a Vanessa
“E’ proprio un depravato, guarda come succhia, veramente gli sta facendo un pompino!”
“Te lo avevo detto io! E’ un pervertito proprio come il figlio di Rossi, quel gran porco.
E’ perfetto per sfogarci, un maiale figlio di papà tale e quale!”
“E’ vero gli somiglia pure – disse Deborah – Se mi ci fai pensare a quel brutto bastardo merdoso, mi viene voglia di calpestarlo, di schiacciarlo proprio come una merda!”
“Sentito coglione – intervenne Vanessa – la mia amica vuole sfogarsi, mettiti a petto in fuori vicino al tavolo, su sbrigati!”
Fui percorso da un fremito, i segni di poche ore fa erano ancora freschi, e il pensiero di ricevere anche i tacchi di Deborah sul petto mi terrorrizava. Esegui i suoi ordini senza discutere, cosa altro poteva fare. Mi spogliai e mi sdraiai vicino sotto il tavolino. Mi si avvicinano ridendo, Deborah vide i segni sul mio petto e disse a Vanessa:
“Ma questi glieli hai fatti tu stamattina?”
“Sì ha assaggiato i miei tacchi, ora sono cazzi suoi gli buchiamo la pancia a questo coglione!”.
Continuarono a ridere e mi salirono sopra entrambe. Si reggevano al tavolino per trovare il giusto equilibrio. Vanessa era sul mio petto, mentre Deborah iniziava ad infierire sulla mia pancia. Faceva dei piccoli salti, poi, mettendo l’altro piede stabilmente al terreno, mi spingeva il tacco nella pancia. A un tratto disse a
Vanessa
“Come cazzo hai fatto a fargli le strisce io mica ci riesco?”
“ Facile – le rispose l’amica – inclini un po’’ il piede, fai perno sulla sua pelle e cominci a spingere, guarda non ci vuole niente!”
Così dicendo mi fece una striscia lungo il costato. Bruciava da morire, come tutte le altre ferite che Vanessa mi aveva inferto nella mattinata. Deborah aveva capito e ci stava prendendo gusto, ridevano divertite di quella situazione. Deborah, provava con i tacchi a spingersi verso le mie parti intime, ma avevo i pantaloni chiusi, mi fece un paio di graffi sul basso ventre, spingeva sempre di più. Il dolore era insopportabile. Quando a un tratto Vanessa fortunatamente per me disse
“Ho sete andiamo coglione prepararci altri due Martini”.
Mi misero sedute sul divano, io andai in cucina, per preparargli i Martini, feci scorrere un po’ d’acqua dal rubinetto con l’intento di rinfrescarmi i numerosi graffi, che avevo, soprattutto gli ultimi due che Deborah mi aveva fatto quasi all’altezza del pube. Rimasi qualche secondo in cucina, presi un paio di pezzi di scottex, e me li passai sulla pancia. Il fresco mi diede un minimo di sollievo, anche se i pantaloni m’impedivano di arrivare fino in fondo. Li slacciai e presi un altro paio di pezzi di carta per ripetere l’operazione….
“Sei proprio un depravato aveva ragione Vanessa che sicuramente ti stavi segando?!”
Alle mie spalle c’era Deborah, era venuta in cucina a vedere per quale motivo ci stavo mettendo tanto tempo.
“Vanessa viene a vedere questo cesso merdoso che cazzo stava facendo, avevi proprio ragione!”
Vanesse venne di corsa in cucina io ero rimasto paralizzato, e mi trovò con i pantaloni calati e la carta in mano. Mi diede uno schiaffo tremendo, mi prese il labro e subito senti il sapore del sangue in bocca.
“Quando cazzo imparerai le buone maniere!! Sei proprio un lercio maiale, appena puoi corri in un angolo a farti una sega, ma ora te la facciamo passare noi la voglia!”
Mi tempestava di schiaffi, alle sue spalle Deborah rideva sotto i bassi consapevole di avere acceso la miccia amplificando un’inezia. Vanessa mi prese per un orecchio e mi tirò in sala….. CONTINUA

CONTINUA Vanessa mi spinse in sala, era veramente infuriata, continuava a strillare.
“Sei proprio un pervertito, sempre pronto a segarti, te la togliamo noi la voglia di toccarti il cazzo”.
Uscì dalla stanza e rientrò con delle buste, Deborah mi si avvicinò e mi sussurrò in un orecchio:
“Preparati coglione, che ora sono proprio cazzi tuoi”.
“Stasera siamo uscite per andare alla festa – disse Vanessa – ci siamo fatte un paio di bevute, ma dopo pochi minuti ci siamo rotte, niente da fare. Ho parlato alla mia amica di te, di quanto sei maiale. Le ho raccontato dei filmini che ti vedi su internet. Le ho detto che poteva usarti a suo piacimento, Siamo passate in un sexy shop, per ridere, per vedere gli oggetti usati nei video che mi hai fatto conoscere. Era eccitante vederli, li abbiamo presi in mano e il pensiero di provarli su un maschio ci è piaciuto e complice un drink di troppo abbiamo deciso di comprare qualcosa. Ora ti insegniamo l’educazione. Hai rotto il cazzo di segarti di continuo!”.
Tirò fuori dalla busta delle manette, e mi si avvicinò. Si guardavano e ridevano di continuo. Vanessa mi disse
“Visto che sei verme, ti voglio nudo proprio come un verme spogliati del tutto, Avanti coglione non abbiamo mica tutta la nottata!”.
Io mi spogliai
“Cesso come cazzo te le fai le seghe? Con le pinzette per togliere le ciglia – mi derise Deborah – Ti credo che fai il depravato succhia tacchi con le troiette e quando l’accontenti una vera donna con quel coso?”.
Ridevano divertite. Mi umiliavano e si divertivano sempre più. Anche Vanessa mi disse
“Certe che andava a puttane il depravato, pensava di soddisfare una donna vera con quel pisellino! Indietro coglione, poggiati al tavolino maiale!”
Mi misero le manette alle caviglie e le assicurarono alle zampe del tavolino, nonostante questo non fosse molto lungo, dovevo tenere le gambe parecchio divaricate. Presero altre manette e me le misero ai polsi.
“Dai coglione vieni indietro, con queste cazzo di mani!”
Vanessa mi tirava, voleva chiudere le manette alle altre due zampe del tavolino. Lei mi portava il mio braccio verso di sé, io per consentirglielo, dovevo fare con la schiena un grosso arco all’indietro. Chiuse la prima manetta e passò alla seconda.
“Perfette. Sembrano fatte su misura! Ora possiamo cominciare!”
Solo allora mi resi conto della posizione alla quale mi aveva costretto. Stavo a gambe divaricate, con le braccia all’indietro. Questa posizione mi costringeva ad inarcare molto la schiena. Con il risultato che le mie palle erano un bersaglio fin troppo facile.
“No pietà padrona Vanessa – provai ad implorarla – la prego padrona…la scongiuro!”
“Il coglione ha capito quello che gli sta per succedere! Mi sa che si ricorda ancora i calci di oggi!”
Vanessa parlava e rideva, assunse per un attimo un tono serio dicendo a Deborah:
“Allora prendi bene la mira, avvicini la punta della scarpe ai suoi merdosi coglioni, prendi un passo di rincorsa…… e zac colpo secco!”
La punta dei suoi stivali mi centro in pieno le palle, io emisi un urlo.
“Zitto merda, vuoi che ti senta tutto il palazzo? Io sono una signora ho una reputazione da difendere!”
Risero divertite e Deborah gli rispose:
“Come puoi pretendere che non urla dopo quella botta nelle palle! Bisogna mettergli qualcosa in bocca, poi voglio provare io!”
Raccolse le mie mutande e me le spinse in bocca. Rideva di me, della mia situazione.
“Sei un cesso giusto? Quindi la tua bocca è il posto perfetto dove mettere le mutande! Preparati ora te le stacco!”
Mi diede un calcio tremendo, pensavo di svenire dal dolore, spostai leggermente il tavolino. Vanessa si avventò su di me come una furia. Mi diede una ginocchiata nelle palle, urlandomi:
“Devi stare fermo stronzo, a subire la tua punizione, ti dobbiamo far passare il vizio di segarti ogni momento. Ti prenderemo a calci fino a castrarti, così non avrai più niente da toccare!”
“Ma non può stare fermo. E’ un coglione e non capisce un cazzo!”
“Ora ti faccio vedere, se lo faccio star fermo!”
Vanessa salì sul tavolo, si mise dietro di me, mi spinse un ginocchio nella schiena e mi prese per i capelli tirandoli all’indietro. Mi aveva immobilizzato.
“Ora si che sta bello fermo, le sue palline sono ben in mostra, nonostante quel coso che ha in mezzo alle gambe sia minuscolo, non posso non centrarlo”.
Deborah mi diede un altro calcio. Il dolore mi salì fino al cervello. Pensai di svenire. Ma un altro calcio mi riportò alla realtà. Mi stavano distruggendo.
“Ma così gli meno solo io a questo cesso merdoso? Tu stai là dietro a guardarmi e non ti diverti?”
“Castrarlo pure, divertiti tu. Io stamattina ho fatto la mia parte. Ora è il tuo turno. Pensa al figlio del dottor Rossi…. Pensano che queste palline penzolanti siano le sue!”
Deborah smise di ridere. Mi guardò con uno sguardo carico di odio.
“Bastardo! Ti castro!”
Prese una breve rincorsa e iniziò e tempestarmi di calci, non prendeva neanche più la rincorsa, era ferma davanti a me e mi calciava a ripetizione con una violenza inaudita. Il dolore era insopportabile. Mi sembrava di svenire.
“Mi sa che lo sto castrando sul serio, guarda?”
Deborah si fermò, Vanessa allentò la presa. Dal glande mi usciva del sangue. Qualche goccia era caduta sul pavimento.
“Brava, e perché ti sei fermata proprio ora?”
“Mi sto stancando un po’e devo andare al bagno?”
“In bagno? Lo sai che mi è venuta una bella idea. Dammi una mano a slegarlo”.
Mi tolsero le manette, caddi in terra dal dolore. Mi sfilarono le mutande dalla bocca e potei tornare a respirare.
“Vieni in bagno, strusciando come un verme dietro di noi e bacia le mattonelle dove passiamo”.
Andarono in bagno ridevano e confabulano. Vanessa stava dicendo qualcosa a Deborah che annuiva e rideva divertita.
“Coglione mettiti dentro la vasca a faccia in avanti”
Io mi posizionai come mi avevano ordinato.
“Non voglio però che un porco come lui mi veda nuda!”
“Hai ragione. Ora ci penso io“.
Vanessa andò in sala e tornò con la mia camicia che usò come una benda e con un paio di manette che mi immobilizzano le mani dietro la schiena. Mi riposizionai a fatica dentro la vasca. Le sentì parlottare, ridevano di continuo. Potevo capire solo che stavano preparando qualcosa. Sentì uno schizzo caldo sul cazzo e loro iniziarono a ridere a crepelle. Mi stavano pisciando addosso. Ero ammanettato e complice la vasca che non mi consentiva di sdraiarmi, la loro pipì mi scivolava sulla pancia. I segni che mi avevano fatto con i tacchi iniziarono a bruciarmi. Provai a muovermi, agitarmi, mugugnare.
“Che cazzo vuole questo coglione?”
“Probabilmente il tuo piscio gli fa bruciare le ferite! Certo ha ragione gli devono fare un gran male”
“E noi che cazzo ci frega? Anzi siamo contente giusto?”
“Mamma mia Deborah che sadismo, un briciolo di pietà…. Io non gli piscio addosso, mica sono crudele come te”
Rise e dopo qualche istante disse e Deborah:
“Puoi andare in cucina e prendermi una bottiglia di plastica e un coltello per favore”
Quando sentì la parola coltello mi prese un colpo, per un attimo temetti il peggio, avevo il timore che l’alcool gli avesse dato alla testa. Deborah tornò in bagno dopo qualche minuto. Mi sembrò di sentire il rumore fatto dal coltello nel tagliare la bottiglia, ma ridevano troppo e non capivo niente. Ad un certo punto Deborah disse:
“Ma così ti vede?”
“Sti cazzi! E’ troppo divertente. Apri la bocca cesso!”
Mi tolsero la tolsero la camicia dagli occhi e mi infilarono la bottiglia tagliata in bocca. Capì subito quello che quelle due matte volevano fare. Inizia a muovermi e mugugnare. Deborah mi piantò un tacco in mezzo le palle e mi disse:
“Stai fermo. Sei o non sei un cesso? E nei cessi ci si piscia dentro giusto!”
Si fece un’altra risata. Vidi il culo di Vanessa sopra di me, non feci in tempo a guardala in mezzo le gambe, che venni investito da uno getto di pipì. Quasi tutta centrò l’imbuto improvvisato, ma qualche goccia mi cascò in volto. Deborah aveva in mano il cellulare di Vanessa e scattava foto.
“Ora te la ingoi tutta cesso merdoso”.
La sua pipì mi aveva riempito la bocca di sapore acre e il naso di un disgustoso puzzo. Deborah mi spinse il tacco nelle palle dicendomi:
“O la ingoi o te le buco”.
Deglutì, trattenendo a stento i conati di vomito. Ridevano come delle matte. Vanessa si pulì e si rivestì, mentre Deborah, aprì il rubinetto dell’acqua fredda. Dicendomi:
“Dopo pisciato bisogna tirare la catena per pulire bene il cesso. Giusto coglione?”
Un flusso d’acqua gelata mi investi loro se ne andarono in sala ridendo.
“Vieni merda, mica pensi che abbiamo finito, la serata e solo all’inizio”.
Io mezzo bagnato e intirizzito dal acqua gelata, con lo stomaco sotto sopra, andai in sala. Loro erano sedute sul divano, stavano guardando il cellulare di Vanessa e ridevano.
“Dovresti vederti quanto sei coglione”
Risero nuovamente di me, Vanessa schioccò le dita ed io come un automa mi sdraiai sotto i loro tacchi
“Guardalo lo stiamo ammaestrando bene!”
“Certo con tutte le botte che gli stiamo dando”
“Dai leccami bene le scarpe, che prima per spingertele sul tuo lercio cazzettino me le sono sporcate! Sbrigati maiale che abbiamo comprato altri giocattoli con cui divertirci. CONTINUA

CONTINUA Deborah insisteva, spingendomi in gola i suoi tacchi:
“Lecca coglione, mi si sono sporcate tutte le scarpe per ricordarti che sei solo un lurido cesso! Puliscile bene, fino all’ultimo schizzo, tanto ora il sapore del piscio lo conosci bene!!”.
Ogni frase era una risata. Mentre Deborah era intenta a farsi lustrare le scarpe Vanessa, mi spingeva sulle palle la suola dei suoi stivali.
“Vedi che non gli sanguina più il suo micro pisello, l’abbiamo disinfettato per bene, dovrebbe ringraziarci…. Ringraziaci merda!”
Mi tolsi il tacco dalla bocca e pronunciai un timido:
“Grazie…..”
Mi spinse la suola sulle palle, inizia a strillare, ma subito Deborah mi tappò la bocca con il suo tacco.
“Che cazzo di ringraziamento è …… Più dettagliato, grazie padrone che con il vostro piscio mi avete disinfettato….”
Io ripetei quell’umiliante frase. Per loro ogni cosa era una scusa per deridermi. A un tratto Vanessa divenne serie, nelle ultime ore, avevo con terrore imparato a conoscere bene quell’espressione. Quando assumeva quello sguardo per me, non erano mai momenti felici. Mi disse:
“Dove cazzo stanno i nostri soldi? Sei tornato dal bancomat e non ci hai dato i nostri soldi? Pensi che siamo due stupide?”
Ero terrorizzato, provai a dire di no, ma Deborah non mi toglieva il tacco dalla bocca, anzi spingeva sempre di più, feci ampi cenni con le mani di no. Provai a indicare i miei pantaloni, mimando il gesto della tasca. Vanessa si alzò, prese i miei pantaloni e tornò verso di me. Si accovacciò, mise una mano nella tasca destra dei jeans e la girò. Vuota. Fece la stessa operazione con la tasca sinistra vuota.
“Maniaco del cazzo, non ci sono i nostri soldi!! Tu pensavi di fregarci, pensi che siamo due stupide?”
Deborah mi tolse il tacco della scarpa dalla bocca e potei finalmente parlare:
“Le giuro Padrona Vanessa li ho prelevati e sono salito qua mi ricordo perfettamente, il bancomat mi ha dato dodici pezzi da cinquanta euro…”.
“Qui non c’è un cazzo vedi!! Ci vuoi prendere per il culo perché pensi che siamo due stupide…”
“Per me è passato al volo da qualche puttanella a farsi una bella sega sotto un paio di tacchi!! Depravato com’è”.
Deborah rideva, mentre Vanessa era più seria.
“Ha ragione la mia amica? Sei passato da una delle tue troiette??”
“No padrona le giuro…. Sono tornato subito qua…. Non riesco a spiegarmelo….. Quando sono entrato i soldi c’erano…”
“Mica ci starai dando delle ladre? Deborah ti rendi conto questo pervertito merdoso ci sta dando delle ladre!”.
“No padrona Vanessa, no padrona Deborah non mi permetterei mai….”
“Allora pensi che siamo due stupide. Dicci o pensi che siamo due stupide o che siamo due ladre….”.
“Ma no Padrona io non penso niente…”
“Secondo me Deborah va punito per la sua insolenza non trovi?”.
Deborah a stento tratteneva le risate.
“Sicuramente sì, non ci sto mica a farmi insultare da un maniaco depravato come lui. Deve pagare per le sue parole”.
Pronunciò l’ultima frase ed esplose in una fragorosa risata.
“Vero e noi sappiamo bene come pulirlo”.
Erano state loro a prendermi i soldi dalle tasche mentre ero in bagno, La teatralità della sceneggiata di Vanessa era fin troppo chiara. Come se le servisse una scusa per punirmi.
“Alzati coglione vicino al tavolino come prima”.
“No vi prego padrone, altri calci nelle palle no basta per pietà…..”
“Ok basta calci nelle palle, ma non rompere il cazzo con le tue lamentele. Girati”.
Poggia la pancia sul bordo del tavolino, mentre loro mi ammanettava le caviglie alle gambe dello stesso. Mi fecero poggiare il petto sul tavolino e mi ammanettarono i polsi alle zampe opposte. Mi trovavo quindi nell’impossibilità di vederle direttamente. Anche se lo specchio dell’ingresso di fronte a me, rifletteva perfettamente l’immagine. Deborah si avvicinò con le mie mutande in mano e me le spinse in bocca. Dal riflesso dello specchio, vidi Vanessa armeggiare con le buste. Mi si avvicinò brandendo un oggetto che purtroppo ben conoscevo, una sottile canna di bambù, meglio nota nel mondo femdom con il nome di “cane”. Avevo visto decine di video, nei quali il sedere del malcapitato era fatto oggetto dei colpi del micidiale arnese, e spesso il trattamento termina con delle strisce di sangue. Inutile dire che nella realtà non mi era neanche passato nell’anticamera del cervello di farmi frustare.
“Tieni, ora ci divertiamo sul serio!”
Vanessa ne passò uno a Deborah. Lei lo guardò con un’espressione incuriosita, diede un paio di colpi a vuoto in aria, poi senza nessun preavviso mi colpì. Il dolore fu indescrivibile. Inarcai la schiena ed emisi un urlo che causa la bocca tappata mi rimase strozzato, in gola. Immancabile, scattò la loro risata. Vanessa si mise dall’altro lato. Mi poggiò il cane sul sedere, la priva volta mimò la frustate, la seconda si abbatté sul mio gluteo senza pietà. Il dolore su lo stesso indescrivibile di qualche secondo prima. Deborah che aveva assistito alla scudisciata che la sua amica mi aveva inferto disse:
“Certo che deve fargli proprio male, guarda come si agita il coglione”.
Vanessa mi sferrò un altro colpo e le rispose.
“Tanti cazzi! E’ un coglione. E’ venuto lui a implorarmi per farsi pestare, che cazzo vuole? Le carezze? E’ solo un lurido porco, come tutti i maschi. Ricordati del figlio di Rossi….”
“E’ vero. Una razza di lerci maiali che non meritano nessuna pietà!”
Così dicendo Deborah mi diede un altro frustata. Ridevano come matte ogni volta che il loro cane si abbatteva su di me, e questo mi dava un attimo di respiro tra una scudisciata e l’altra, che altrimenti, tutti insieme, sarebbero stati drammatici. Fino a quando Vanessa disse:
“Facciamo una gara. Gli diamo un colpo per una, la prima che lo sa sanguinare il culo del coglione ha vinto!”.
“Ci sto, cominciamo. Preparati porco, ora sono proprio cazzi tuoi!”
Iniziarono questa drammatica sfida, ero immobile a loro disposizione e potevo solo incassare le loro tremende frustate.
“Eccolo comincia a diventare livido, il prossimo mi sa che gli rompo il culo!”
“No aspetta coglione non sanguinare ancora!”
Vanessa è Deborah si stavano sfidando nel martoriarmi il sedere, i loro colpi non mi davano tregua. Si abbattevano ritmicamente sulle mie chiappe. Pensavo di impazzire dal dolore. Avevano fiaccato la mia volontà, non mi dimenavo più. Ero inerme, totalmente immobile. Non mi rendevo conto di quante frustate stessi subendo. Fino a quando Vanessa disse:
“Ho vinto!! Il coglione sanguina!”.
“Aspetta, abbiamo pareggiato! Anche l’altra chiappa sta sanguinado”.
“Che bella scena, vederlo con il culo sanguinante! Voglio immortalarla per mammina”.
Fecero l’ennesima risata. Vanessa prese il cellulare, fece mettere Deborah in posa con il cane poggiato sul mio culo, si mise dietro di me e puntò il cellulare nello specchio, affinché la mia faccia fosse ben visibile e scattò. Si misero sedute.
“Hai visto il maiale neanche si dimena più. L’abbiamo annientato”
“E’ vero. Fisicamente il coglione lo abbiamo distrutto. Ma ora ci sono rimasti gli ultimi giocattoli. Lo voglio distruggere psicologicamente. Poi devi prenderti la tua rivincita”.
Mentre diceva queste parole, Vanessa si alzò in piedi, andando verso le buste, e ne estrasse due enormi falli finti. Alla visti di quei due oggetti, ricominciai a dimenarmi.
“Il maiale ha capito che ora gli facciamo il culo! Ha ricominciato a agitarsi!”
“Vero guardalo sempre un coglione tarantolato!”
Ennesima risata di scherno. Le vidi infilarsi i due strapon, provai a mugugnare per attirare la loro attenzione.
“Certo che sono due belle sventole! Mi sa che il culo glielo rompiamo e di brutto!”
“E’ quello che si merita, è solo un lurido maschio pervertito! Che cazzo mugugna perché non si sta zitto!”
Vanessa mi tolse le mutande dalla bocca e mi disse:
“Che cazzo vuoi pervertito?”
“Vi prego padrone, lo strapon no, vi prego non l’ho mai fatto. Abbiate pietà”.
“Pietà? Come quella che il figlio di Rossi ha avuta con me? E’ bello sapere che hai il culetto vergine, ci sarà più gusto nello spaccartelo! Posso iniziare io? ”
“Figurati Deborah, è la tua vendetta. Rompigli il culo, mentre io gli tappo la bocca! Dai pervertito infilati questo bel cazzone in bocca e fammi vedere quanto vali come pompinara! Dai troietta succhia!”
Mi spinse quell’enorme coso in bocca. Rimasi quasi soffocato e terrorizzato allo stesso tempo al pensiero di riceverlo di dietro. Deborah aveva poggiato la punto del suo strapon sul mio culo e provava a spingere ma senza il risultato sperato.
“E’ proprio una verginella!! Ha bisogno di un po’ di lubrificante. Se vai in bagno sulla mensola davanti alla specchio dovresti trovare la crema per le mani, è abbastanza fluida dovrebbe andar bene. Tu intanto continua a ciucciare puttanella, che cosi quando sarà il mio turno di farti il culo, sarò bella lubrificata”.
Deborah tornò dopo qualche minuto, con un flacone blu, mise un’abbondante quantitativo di crema sul suo strapon e me ne schizzò altrettanta nel sedere. Riprovò a spingere, il lubrificante faceva effetto. Mi allargò le chiappe con le mani, Mi sembrava che mi stessero squarciando in due.
“Dai così spingiglielo tutto!! Guarda come mugugna, ha gli occhi fuori dalle ordite!! Lecca porco depravato, spompinami!”
Vanessa mi spingeva il suo coso in gola, mentre Deborah continuava a spingere. Sentivo quell’enorme pezzo di plastica entrarmi direttamente nell’intestino. Deborah si fermò:
“E’ entrato tutto!! Ora comincio a scopargli il culo. Preparati coglione ora ti faccio la festa!!”
Iniziò a stantuffarmi nel dietro. Spingendo ritmicamente. Vanessa la incitava:
“Rompigli il culo. Ricordati quello che ti ha fatto quel porco di Rossi è pensa che lui è un maiale della stesse specie: quella dei depravati!”.
Deborah non aveva bisogno certo di farsi pregare, mi sembrava che la mia carne si dovesse squarciare da un momento all’altro.
“Sai che questo coso che mi struscia davanti mentre me lo inculo mi da quasi piacere? Aspetta voglio vedere se spogliandomi è meglio…”
Deborah mi sfilò il suo arnese da dietro, la vidi togliersi le leggins e le mutandine, si rimise lo strapon:
“Mi tolgo pure queste cazzo di scarpe, cominciano a darmi fastidio tanto ora non mi servono più a un cazzo. Preparati troietta si ricomincia!”
Me lo rimise nel di dietro senza nessun riguardo e continuava con i suoi colpi cadenzati.
“Mi sto eccitando da morire, sarà l’idea di incularmi un maiale merdoso, sarà lo strusciare di questo coso sulla passerina, ma se continuo così godo!!c Stai ferma troietta! Fammi godere!”
Continuò a spingermi dentro il suo strapon, aveva aumentato il ritmo. Dopo un lasso di tempo che mi sembrò interminabile, iniziò a gemere.
“Ho goduto come non mai! Ci devi provare Vanessa è fantastico!”
Vanessa non si fece pregare, si spogliò, si tolse gli stivali anche lei, e prese il posto dell’amica. Senza indugiò mi infilò lo strapon dietro.
“Orami non ha bisogno di lubrificazione, me lo hai spaccato in due! Tappagli la bocca ora, non lo far strillare, ho sempre una reputazione da difendere”.
“Aspetta che prima voglio fare una bella foto per completare la collezione”.
Deborah prese il cellulare dell’amica e mi fece l’ennesima umiliante foto. Orami non ci badavo più ora distrutto e l’ultimo mio pensiero erano gli scatti fotografici.
“Prendi il telefono e guarda come lo abbiamo ridotto! Ora coglione puliscimi il cazzo che ti ho tolto ora dal tuo lurido culo!”
Deborah me lo infilò in bocca, avrei dovuto sentire un sapore disgustoso. Ma il dolore di dietro era troppo forte per sentir qualunque altra sensazione.
“Avevi ragione, è troppo eccitante così godo pure io!”.
Vanessa spingeva come una furia, aveva un ritmo più sostenuto di Deborah, la quale mi stava quasi soffocando spingendomi in gola il suo fallo di plastica. Vanessa arrivò prima all’orgasmo. Mi sfilò lo strapon da dietro e mi disse:
“Coglione ora puliscimelo pure a me che tra un po’ ricominciamo. Voglio godere ancora scopandoti il culo maiale!”
Deborah mi sfilò il suo coso dalla bocca, per un attimo ripresi fiato e andò verso la porta del bagno. Vanessa le chiese:
“Dove vai?”
“In bagno”
“Ma scusa abbiamo qui il nostro cesso personale…..”.
“Non devo fare pipì ma quell’altra cosa”.
“Che differenza c’è, un cesso e sempre un cesso…..”
Si guardarono e iniziarono a ridere come delle matte. L’alcool le aveva dato alla testa, sicuramente erano sbronze, ma io ne stavo facendo le spese. Mi slegarono i polsi, e mantenendomi sempre le caviglie legate mi ammanettarono le mani dietro la schiena. Mi slegarono anche le gambe, mi condussero in bagno e mi fecero mettere dentro la vasca.
“Aspetta questa deve essere una foto da copertina, voglio beccare il momento esatto in cui gli cachi in bocca”.
Vanesse entrò dentro la vasca, sopra di te. Con una mano reggeva il telefono, con l’altra mi afferro le palle e mi dissi:
“O la ingoi tutta o ti strappo le palle così hai finito di fare il pervertito”.
Deborah si mise seduta, il suo culo sopra di me, vidi il suo buco dilatarsi….. Avevo sognato per una vista di essere umiliato da ragazze con stivali. Di succhiare i loro tacchi. Ragazze perfette, dee da adorare, regine. Ora invece vivevo un incubo: ero l’oggetto di due operaie sbronze di mezza età, che dopo avermi frustato e sodomizzato, si apprestavano a cacarmi in bocca. E per giunta scalze….. FINITO
view post Posted: 22/2/2020, 13:19     +1iIL RITORNO DELLA BADANTE RUMENA - 2 - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Il tuo racconto è fantastico, cruento e duro come piace a me. A quando il proseguimento....hai anche scritto che non era una storia del tutto inventata con una parte di verità ma non hai proseguito su nelle spiegazioni come mai ?
305 replies since 22/2/2020