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Ester: la storia di una donna in carriera

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view post Posted on 29/4/2022, 13:45     +5   +1   -1

Maestro di Piedi

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Grazie per seguire il racconto e per aver apprezzato :)
Ecco altri due capitoli.

VII.
«Gentile Signor Pisani, Lei è convocato presso l’ufficio del Professor Ranieri martedì mattina alle ore 9:00. Cordialità».
Alessio Pisani aveva letto e riletto la mail che gli aveva inviato Ester come se cercasse di carpirne chissà quale significato nascosto. La cosa lo rendeva estremamente nervoso. Cosa aveva da dirgli? Ma rileggere il testo più e più volte non aveva un granché di utilità.
Lui aveva davvero intenzione di lavorare alla tesi col Professor Ranieri, ma se questo avesse comportato il dover avere a che fare con Ester allora avrebbe cambiato volentieri relatore.

«Buongiorno».
Fu una sorta di déjà-vu. Pisani entrò nell’ufficio del Professor Ranieri e vi trovò Ester, che ormai aveva preso possesso della scrivania e di tutti i suoi effetti personali. La differenza fu che lo studente quella volta sapeva benissimo chi avrebbe incontrato una volta varcata la soglia. Nella stanza si sentiva un profumo buonissimo, che evidentemente Ester aveva spruzzato da poco.
«Buongiorno a lei» rispose formalmente Ester. «Si accomodi, Signor Pisani». Gli indicò la sedia di fronte alla sua.
Pisani obbedì e si sedette di fronte ad Ester, pettinata, vestita e truccata sempre in modo impeccabile. Indossava una camicetta bianca che le metteva in risalto il seno, e lo sguardo di Pisani non poté non indugiare sulle sue tette per qualche istante. I due si studiarono per un po’ di tempo. Pisani si sentiva come se fosse in procinto di dover sostenere un esame particolarmente ostico. Alla fine fu Ester a rompere il silenzio.
«Si sarà chiesto il perché della mia convocazione, Signor Pisani».
«Certamente» rispose in modo educato il ragazzo.
«Verrò subito al dunque» disse Ester, chiedendosi se fosse il caso di iniziare subito con le ostilità. «Non fingerò che è un piacere vederla, e so che anche per lei è così. Non c’è bisogno di fingere. Il Professor Ranieri si dovrà assentare per un periodo relativamente lungo… no, non mi chieda perché, non sono affari suoi, e non mi chieda quanto, non lo so ma comunque non la riguarderebbe».
«Mi riguarda eccome» la contraddisse Pisani con tono pacato. «Io devo assolutamente parlare col Professor Ranieri della tesi, non posso perdere tempo».

Ester guardò duramente Pisani, e il ragazzo capì che quell’occhiataccia era davvero velenosa e rancorosa. Perché quella donna lo odiava così tanto?
«Non riesce a togliersi il brutto vizio di intervenire quando non interpellato» disse Ester astiosa. «Deve tenere quella brutta linguaccia al suo posto, Signor Pisani. Le ho detto che non la riguarda, il professore si assenterà per un certo periodo, quindi o aspetta il suo rientro o sceglie un altro relatore. Non deve discutere domani la tesi, c’è prima la sessione degli esami e non è nemmeno detto che li superi al primo tentativo. Capisco che lei è un perfettino e vuole iniziare secoli prima, ma a tutto c’è un limite. Può perdere ancora del tempo, dorma sonni sereni».
I due continuavano a studiarsi. La loro conversazione somigliava tantissimo ad una partita a scacchi. C’erano momenti in cui si studiavano senza fare mosse, momenti in cui le mosse erano prudenti, momenti in cui le mosse erano piuttosto aggressive.

«In realtà» disse poi Ester, «se lei davvero ha intenzione di partire con un pizzico di anticipo un’alternativa ci sarebbe. Iniziare a lavorare con me».
Pisani restò a bocca aperta. Aveva avuto una sorta di sesto senso e immaginato qualcosa di simile. Ma Ester era davvero intenzionata a seguirlo o era solo una trappola? Il ragazzo avrebbe giocato tutto quello che possedeva che una passeggiata all’inferno sarebbe stata più piacevole di un percorso didattico con Ester.
«E lei può?» chiese Pisani titubante, che effettivamente non sapeva se Ester avesse potuto farlo.
«Certo che posso» rispose. «Non osi mettere in dubbio certe cose. Io farò le veci del Professor Ranieri, che ovviamente sarà informato di tutto. Ma deve essere consapevole di una cosa, Pisani».
«Di cosa?».
«Io non ho nessun piacere di avere a che fare con lei, ma ahimè non posso negarle questo diritto. Il Professor Ranieri è via al momento, quindi io devo sostituirlo per qualunque cosa. Posso però…» si alzò e si avvicinò pericolosamente a Pisani, sussurrandogli nell’orecchio, «renderle la vita un inferno».
Ester fissava Pisani con aria diabolica e soddisfatta, allo stesso modo in cui un predatore osserva la propria preda appena prima di sbranarla e degustarla.
«Non cederò ai suoi ricatti» sbottò seriamente Pisani, alzandosi a sua volta. «Voglio essere io a parlare col professore».

Fu un attimo. Ester fu colpita da un improvviso impulso e pestò con tutta la forza che possedeva un piede di Pisani con i suoi immancabili tacchi; il ragazzo ne rimase scioccato oltre che addolorato.
«Ma cosa… ma cosa fa? Ma è impazzita?» le urlò contro.
«Questo è per la lettera anonima che hai mandato al Rettore, brutto stronzo!» disse Ester, fissandolo con odio e trattenendosi giusto in tempo dal dargli uno schiaffo molto violento. «Avevano detto che eri intelligente, invece sei solo uno stupido. Credi che non l’ho capito che è tutta opera tua?».
«Lettera… ma di cosa sta parlando?» disse Pisani, che era rosso in volto.
«Non fare finta di nulla, imbecille!» disse Ester minacciosa. «So che sei stato tu, e se menti non fai che peggiorare la situazione».
«Non so di cosa stia parlando!» urlò Pisani. «Non ho mandato nessuna lettera a nessuno!». A un tratto poi il ragazzo si ricordò di una cosa. Una ragazza eccentrica dai capelli biondi seduta su una panchina intenta a fumare, una ragazza conciata in modo stravagante che si avvicinava a Giusy e le chiedeva da accendere. «E a proposito, lei è l’ultima persona che può parlare».
«Tu stamattina le vuoi proprio prendere» disse Ester.
«Una ragazza mi ha pedinato sabato sera» disse Pisani. «So che è stata lei a mandarla. Se sono stato io a mandare la lettera anonima allora lei è stata a mandarmi quella ragazza alle costole».
«Stai molto attento con le accuse, ragazzino» disse Ester con un filo di voce, fissandolo minacciosa. «Altrimenti la prossima volta i miei tacchi non traforeranno il tuo piede, ma i tuoi gioielli. Non so quanto ti convenga sinceramente». Il suo tono era tanto minaccioso quanto seducente e sensuale.
«Perché il Professor Ranieri si sta assentando?» chiese il ragazzo, cambiando bruscamente argomento ed evitando di cedere alle provocazioni di Ester. Era perfettamente consapevole del fatto che il coltello dalla parte del manico l’avrebbe avuto sempre e solo lei.
Ester parve tornare in sé e tornò a sedersi.
«Si prenda qualche giorno per pensarci e mi faccia sapere» gli disse, tornando a un tono più formale e gentile. Pisani fu totalmente spiazzato dalla cosa e la guardò interrogativo. «Se iniziare a lavorare con me sulla tesi» aggiunse Ester. «Buona giornata».
Pisani però non si mosse.
«Quanto tempo?» chiese.
«Ho detto qualche giorno. Ora smamma, non ho altro tempo da perdere con te» lo liquidò.

VIII.
Pisani diede appuntamento a Giusy allo stesso pub dove si erano incontrati quel sabato sera in cui lui le spiegò quali fossero i suoi dubbi riguardo la faccenda del Professor Ranieri, di Ester e della ragazza eccentrica dai capelli biondi e lucenti.
In realtà non fu casuale il fatto che avesse scelto proprio quel luogo. Forse sperava dentro di sé di incontrare qualcuno in particolare. Si avvicinò alla panchina sulla quale era seduta quella ragazza, ma non c’era nessuno. Forse si aspettava che la ragazza lo pedinasse ovunque lui andasse? O che fosse sempre su quella panchina ad aspettare che lui entrasse in quel pub? A dire il vero non aveva visto quella ragazza da quel sabato sera, quindi iniziò quasi ad ammettere di aver immaginato tutto e di aver solo lavorato troppo di fantasia. Forse aveva ragione Giusy, quella ragazza doveva aver origliato qualcosa della loro conversazione e li aveva voluti prendere un po’ in giro.
Il pub era molto meno affollato della volta precedente.

Raccontò all’amica del suo incontro con Ester per filo e per segno. Giusy sbiancò quando lui era arrivato al punto in cui Ester gli pestava un piede e rimase indignata quando l’amico le disse della minaccia di dargli un calcio nelle palle.
«Quindi su una cosa avevi ragione» convenne Giusy. «L’assistente ti ha effettivamente preso di mira. Ora bisogna capire il perché».
«Già» disse Pisani, che sembrava non a torto pensieroso. «Perché una ragazza più grande di me, bella, intelligente, assistente di un colosso dell’università, aspirante alla cattedra e a progetti ambiziosi dovrebbe prendersela con me, un semplice studente laureando?».
«Secondo me» disse Giusy, che stava riflettendo, «non c’è nemmeno un granché da indagare. Sadismo. Sarà una stronza e basta. Si diverte a stare nella posizione in cui si trova e le va di giocare all’essere superiore. Oppure…».
«Oppure?» chiese impaziente Pisani.

Una notifica sul cellulare di Pisani interruppe la conversazione dei due ragazzi. Il ragazzo visualizzò la schermata con un’espressione strana, cosa che preoccupò un po’ Giusy.
«Be’?» chiese lei. «Cosa c’è?».
«È una mail del Professor Ranieri» disse Pisani, ma la sua espressione rimaneva dubbiosa.
«Alleluia!» esclamò Giusy. «Ora siamo sicuri che è vivo» disse scherzosamente. «Ma cosa dice la mail? Ora sono curiosa».
«Gentile studente» prese a leggere Pisani, «mi scuso se non mi sono presentato al ricevimento, ma ho avuto dei contrattempi e un’indisposizione. Le devo purtroppo comunicare che non sono ancora del tutto guarito, di conseguenza se Lei lo desidera può iniziare a lavorare per il suo elaborato con la Dott.ssa Ester… oddio no, che palle!» commentò Pisani, ma in quel momento fermò la sua lettura.
Giusy fissava Pisani, ma lui non continuò a leggere.
«Null’altro?» chiese Giusy.
«Sì, che devo fargli sapere e tantissimi saluti» rispose Pisani.
«Qual è la tua intenzione, Ale?».
«Non voglio lavorare con lei» disse Pisani, sempre più pensieroso. «Questa faccenda è piuttosto strana. Non so come muovermi».
«Perché strana?». Giusy era scettica, ormai convinta che il suo amico cercasse a tutti i costi un complotto contro di lui. Era certamente palese che Ester avesse preso di mira Pisani, ma Giusy era convinta che lei lo facesse per puro divertimento e per il piacere di fare la bulla, non perché ci fosse chissà quale complotto sotto. «Ormai il prof ti ha risposto. Senti, lo so che ci tieni e tutto, ma a questo punto chiedila a qualcun altro la tesi. Oppure» aggiunse saggiamente, «per il momento non fare nulla e aspetta. Lo so che vuoi iniziare a lavorare in anticipo, ma la cosa non è proprio così imminente. Aspetta il suo rientro e agisci di conseguenza».
Ma Alessio Pisani in quel momento era assente, avvolto in pensieri che Giusy non poteva neanche lontanamente immaginare e captare.
 
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view post Posted on 2/5/2022, 08:27     +1   +1   -1

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Livello superiore. Ogni parola al posto giusto
 
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view post Posted on 2/5/2022, 09:04     +2   +1   -1

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CITAZIONE (Maxslave5 @ 2/5/2022, 09:27) 
Livello superiore. Ogni parola al posto giusto

Spero che il seguito sarà all'altezza.
Oggi pubblico un capitolo breve e di transizione.

IX.
«Ma chi te lo fa fare di sgobbare fino a tarda ora?».
A parlare era stata Claudia, la migliore amica di Ester. Aveva la sua stessa età ed era incredibilmente bella: alta, slanciata, aveva dei lunghissimi capelli neri e dei begli occhi azzurri. Aveva un viso molto grazioso e malizioso, era giusto un pochettino più alta di Ester ma rispetto all’amica era leggermente meno formosa. Ester la giudicava come la ragazza più bella che avesse mai visto.
Quel venerdì sera Claudia era a casa di Ester, intenta ad oziare beatamente sul letto dell’amica a fumare una sigaretta mentre Ester era impegnata a finire di scrivere un articolo molto importante.
«Per una serata potresti smettere di fare l’intellettuale!» commentò Claudia con un sorriso. «Il mondo potrà sopravvivere se non completerai entro stasera i tuoi articoli. È iniziato il weekend, dobbiamo spassarcela e divertirci!».
Ester per tutta risposta salvò i dati e spense il computer portatile.
«Brava ragazza!» approvò Claudia sorridendo. «Poi hai anche i tuoi stupidi sottomessi che puoi far sgobbare, una reginetta come te non dovrebbe consumarsi così tanto i polpastrelli sulla tastiera di un pc. È una cosa da plebei. Tu invece hai sangue nobile».
«Non posso sempre affidarmi allo schiavo» disse seria Ester, inarcando le sopracciglia. «Ad essere intelligente lo è, non è affatto stupido, ma non è sempre allineato ai miei pensieri. E poi ha anche una sua vita».
«Vorrai dire che non è un perverso come te?» disse Claudia con un sorrisetto. «La sua idea di potere delle donne è farsi dare qualche calcio in culo mentre si masturba, mentre la tua è una cosa molto più seria e superiore. Trascendentale. Se fosse per te tutti i maschietti camminerebbero con le catene ai piedi come nell’antico Egitto. Funzionava così o sto dicendo una stronzata?» si grattò i capelli e guardò in alto, contraendo la faccia come se si stesse concentrando su un argomento particolarmente complicato. «Comunque non sono d’accordo che lo schiavo deve avere la sua vita, la sua vita sei tu che sei la sua padrona. Se no che schiavo di merda è?».
Ester scoppiò a ridere.

D’un tratto squillò il cellulare di Ester. La ragazza fissò lo schermo e il suo volto si irrigidì.
«Chi ti desidera?» chiese ironicamente Claudia. «È lo schiavo che può captare i nostri pensieri? Vuole essere calpestato? Sputato in bocca?».
«È Bernardo».
«Uh, figo!» commentò Claudia. «Ancora meglio! Molto bene, rispondi e metti in vivavoce, voglio godermi lo spettacolo».
«Sì?» rispose Ester svogliatamente.
«Amore come stai?» la voce di Bernardo risuonò per tutta la camera.
«Bene tu?» rispose Ester freddamente.
«Senti» disse Bernardo, come se non avesse sentito ciò che Ester gli aveva (seppur svogliatamente) chiesto, «domani sera dobbiamo uscire a cena coi miei genitori per un evento. Verrai pure tu naturalmente».
«Ho cose più divertenti da fare domani sera» rispose Ester seccata. «Dopo una settimana a sgobbare non ho intenzione di trascorrere un sabato sera noiosissimo».
«Non ti credere che io mi sia divertito tutto il tempo» rispose Bernardo.
«Mi hai sentito» disse Ester. «Non te lo ripeterò un’altra volta. Siamo fidanzati, non sposati. E pure se lo fossimo non sarei comunque tenuta a passare il sabato sera coi miei suoceri. Domani sera sarò con Claudia».
«CIAOOOOOOOO!!!!» urlò Claudia, che poi prese a ridacchiare come una scema.
«Ah ecco» disse Bernardo. «Sei con Claudia» e riattaccò.
«Il tuo ragazzo muore dall’entusiasmo di sentirmi» disse Claudia sarcasticamente. «A volte mi sembra una donnina isterica con il ciclo».
«Ora lo sistemo io» disse Ester, che richiamò il suo ragazzo.
«Cosa c’è?» rispose Bernardo acidamente.
«Amore della mia vita» disse Ester, con un tono che sembrava adulatorio.
«Sì?» rispose Bernardo, incerto.
«Se hai il ciclo possiamo prestarti un assorbente!» urlò Claudia.
«Volevo solo dirti che sei un coglione e null’altro!» disse Ester.

Il tono di Ester era cambiato drasticamente. Non aveva nemmeno dato tempo a Bernardo di rispondere perché gli aveva attaccato il telefono in faccia immediatamente, appena dopo aver parlato.
«La tocchi piano» fu il commento di Claudia. «Chiama un po’ il tuo schiavo, ho voglia di divertirmi ancora».
«Ora non mi va» disse Ester sbadigliando. «Starà con la moglie, ci metterà tempo prima di trovare una scusa e richiamarmi».
«E da quanto sei così dolce?» chiese Claudia. «Non ti starai rammollendo? Che ti frega se lo metti nei guai, lui è solo il tuo schiavo. Ancora non ha mollato la moglie per te?».
Ester scrollò le spalle.
«Sono molto felice che domani verrai a fare baldoria con me» disse Claudia, sorridendo all’amica. «Dai, chiama il tuo schiavo» insistette. «Ho finito le sigarette e ne ho bisogno. Digli che hai bisogno che ti vada a comprare un pacchetto».
«Per quanto sei pigra certe volte dovresti trovarti anche tu uno schiavo» disse Ester. Ridacchiò.
«Oh no, che barba, non vorrei una palla al piede, quella la lascio volentieri a te. E poi c’è più sfizio a sfruttare lo schiavo tuo».
Ester si buttò sul letto di fianco a Claudia. Erano a pochissimi centimetri di distanza e la guardò negli occhi. L’amica ricambiò lo sguardo: avevano entrambe gli occhi molto stanchi.
«Per stasera dovrai farne a meno, mi dispiace» disse Ester con tono gentile ma definitivo, dandole un bacio affettuoso sulla testa.
«E va bene» disse Claudia, ormai rassegnata e, scherzosamente, un pochino imbronciata. «Però per punizione dovrai dormire abbracciata a me».
«Quanto mi piacciono queste punizioni!» disse Ester, che si abbracciò all’amica ed entrambe crollarono in un sonno profondo in pochissimi istanti.
 
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view post Posted on 4/5/2022, 10:02     +5   +1   -1

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X.
«Sei pronta Claudia? Muoviti, il taxi è arrivato da un pezzo!».
Era di sabato sera. Ester e Claudia si stavano preparando per uscire. Avevano deciso di andare in un locale, e nonostante quest’ultimo non fosse particolarmente lontano sarebbero andate con un taxi piuttosto che con le loro auto, e questo solo per fare qualcosa di diverso e figo.
«E fallo aspettare!» urlò Claudia, che come al solito se la stava prendendo con tutta la calma di questo mondo.
«Non ci mettere troppo» raccomandò Ester, ben conscia di quanto fosse tempo perso fare delle raccomandazioni a Claudia.
Claudia uscì finalmente dal bagno: era uno schianto, ma la sua bellezza non faceva di certo sfigurare Ester. Entrambe erano ben truccate, pettinate e profumate, indossavano dei vestitini neri e leggeri piuttosto scollati, delle minigonne, collant scuri e scarpe coi tacchi.
Claudia fece una faccia seriosa e rispose: «L’autista dovrebbe solo ringraziare di trasportare due bellissime ragazze come noi. Usciamo? Dai Ester muoviamoci, mi fai perdere solo tempo».
«Ah, io» disse Ester, scoppiando a ridere.

Le due ragazze entrarono nel taxi, il cui autista era visibilmente seccato.
«Quasi 20 minuti di ritardo» disse l’uomo, che non doveva avere più di 34-35 anni ed era anche molto carino. «Non ho tutto il tempo, abbiate più rispetto di chi deve lavorare la prossima volta».
«Ringrazia che non ti abbiamo fatto aspettare mezz’ora» disse Claudia sfacciata, mettendosi comoda, poggiando una gamba su quella di Ester. «Anzi, mi sento offesa: perché non ci hai aperto lo sportello da vero cavaliere? Ora io e la mia amica usciamo e per farci rientrare ci devi aprire tu lo sportello».
«Stai scherzando spero» rispose l’autista, osservando Claudia dallo specchietto retrovisore.
«No che non scherzo. E già che ci siamo devi fare anche l’inchino e il baciamano» aggiunse la ragazza.
«Ci porti al Palazzo di Cristallo, per favore» disse Ester, interrompendo l’amica. Il Palazzo di Cristallo era un locale molto figo a detta di Claudia. Era stato inaugurato da non moltissimi mesi e si trovava in centro, in una zona molto affollata e piena di locali.
«Sta solo cercando di rimediare al suo ritardo» disse Claudia, iniziando a ridere. «Io ero già pronta da mezz’ora e lei stava ancora cantando sotto la doccia. Ed è anche stonata!».
Ester guardò torva l’amica e le diede uno spintone, ma quando i loro sguardi si incrociarono scoppiarono incessantemente a ridere.
L’autista le guardò e mormorò qualcosa come: «Roba da matti!».
«Cos’hai detto brutto stronzo?» disse Claudia, ma il tassista decise che era meglio non reagire alle provocazioni della ragazza.

Nonostante le brevi distanze ci volle un po’ perché arrivassero al punto di destinazione. Era sabato sera all’ora di punta, quindi era prevedibile ci fosse traffico intenso. Claudia bisbigliò qualcosa nell’orecchio di Ester mentre il tassista stava parcheggiando.
«Signorine» disse l’autista formalmente, come a dire che erano arrivate ed era giunto finalmente il momento di pagare e togliersi dai piedi.
«Ci hai fatto arrivare in ritardo» disse Claudia, fingendo un tono risentito. «Ci hai rovinato un sabato sera. Ora vogliamo uno sconto».
«Sei seria?» sbottò l’autista, irritato. «Siete voi che siete scese con mezz’ora di ritardo!».
«Ehi amico stai calmo» disse Claudia. «E comunque per la precisione saranno stati 18 o 19 minuti. Non essere bugiardo».
L’autista imprecò.
«Pagate la corsa e scendete» disse con voce tagliente.
Per tutta risposta Claudia si voltò verso Ester e le disse: «È arrivato il momento di pagare».

Le due ragazze presero a limonare selvaggiamente. Si baciarono in bocca, leccandosi le lingue e mordendosi le labbra. Claudia iniziò ad ansimare e morse il collo di Ester, che ansimò anche lei. Poi tutto d’un tratto le due ragazze si distaccarono.
«Ecco, abbiamo saldato il nostro debito» disse Claudia sistemandosi i capelli. «Ora se vuoi continuare a goderti lo spettacolo devi essere tu a pagare noi. E dovrai riaccompagnarci a casa. Ovviamente ci aspetterai qui. Tutto compreso nel pacchetto».
L’autista era visibilmente scosso ed eccitato. La tentazione di fargliela pagare a quella stronzetta era altissima. Lui ingenuo non era, e buttando a indovinare immaginò che la ragazza avrebbe potuto provocargli un mare di guai se solo lo avesse voluto.
«Non mi interessano le vostre effusioni» disse. «Ora fuori i soldi».
Le due ragazze si guardarono.
«Il tuo amichetto tra le cosce non sembra però pensarla come te. E ora come la mettiamo?» sghignazzò Claudia.
«I soldi!» urlò l’autista.
«I soldi!» gli fece eco Claudia, canzonandolo. «Amore» aggiunse rivolgendosi ad Ester, «via le scarpe».
Ester annuì con uno sguardo d’intesa e le due ragazze si sfilarono le scarpe.
L’uomo guardò sconcertato la cosa.
«Che significa questo?» chiese.
«Ora dovrai massaggiarci i piedi» disse Claudia. «Per farti perdonare per il ritardo sai».
«Non esiste!» urlò l’uomo. «Mi avete fatto perdere fin troppo tempo questa sera, pagatemi e andate via!».

Per tutta risposta le due ragazze uscirono dall’auto e, scalze e con le scarpe salde in mano, corsero lontano dalla macchina ridendo come due matte.
L’uomo uscì di corsa dalla macchina.
«Che vi salta in mente?» strillò, rincorrendole. «Tornate indietro!».
Claudia andò a urtare appositamente un ragazzo con l’abito che era vicino l’ingresso del locale, dal cui interno proveniva musica ad alto volume.
Il ragazzo trasalì e guardò allarmato le due ragazze, ma giusto qualche secondo di tempo per realizzare chi l’avesse urtato che la sua espressione mutò di colpo e sorrise, mostrando dei denti bianchi e perfettamente allineati. Era un bel ragazzo, molto alto, forse sul metro e ottantacinque circa, moro dagli occhi chiari, era vestito molto bene e elegantemente e aveva l’aria da ragazzo cool.
Claudia rise non appena si fu avvicinato l’autista, sconvolto dalla corsa a cui non era fisicamente abituato, rosso in volto e sudaticcio.
Ester osservava la scena senza aprir bocca. Il suo sguardo si spostava da Claudia al ragazzo all’autista. Iniziava ad avvertire freddo ai piedi, così infilò nuovamente le sue scarpe, mentre Claudia rimase ancora scalza.
Il ragazzo in abito si fece un’idea di quello che era potuto succedere e cacciò fuori il portafoglio.
«Le ragazze stanno con me» disse rivolto all’autista, dandosi arie di importanza. «Pago io la loro corsa».
Ester e Claudia si fissarono e fecero un sorrisetto complice.
Il ragazzo estrasse un bigliettone da cento e lo diede al tassista, che osservava sbigottito la scena.
«Tenga pure il resto» disse il ragazzo. L’uomo afferrò la banconota senza batter ciglio. «È la sua mancia per il disturbo» aggiunse il ragazzo. «Le mie amiche a volte sono un po’… spiritose!».
Ester fece una risatina che però sembrò più uno sbuffo. Claudia invece era rimasta rapita. Più che dal ragazzo o dal suo abito o dal suo savoir-faire, fu colpita dai suoi soldi e soprattutto dal modo facile in cui li buttava via.
L’autista ringraziò con un cenno e tornò al suo taxi, pensando che alla fine quel sabato sera non era poi andato così male: tra il limone delle ragazze e la mancia corposissima non poteva certo lamentarsi.

«Ci offri da bere?» chiese Claudia al ragazzo.
«Ma certo, non c’era nemmeno bisogno di chiederlo» disse il ragazzo, facendole poi il baciamano. «A proposito, io sono Leonardo».
«Io sono Claudia».
«Claudia» ripeté Leonardo, con un tono di voce che secondo il suo modesto parere era seducente e allo stesso tempo autoritario, per nulla consapevole di essere risultato semplicemente comico.
«Leo?» disse un ragazzo che era nelle vicinanze dell’ingresso del locale.
«Francesco» disse Leonardo, ma ora con un tono molto più scocciato.
Anche Francesco era vestito bene, ma era molto più basso dell’amico e delle due ragazze, che godevano entrambe di buona statura, e non certamente una gran bellezza. O semplicemente era Leonardo che faceva sfigurare altre figure maschili. «Francesco, ti presento la mia nuova amica Claudia, e…» prestò la sua attenzione per la prima volta ad Ester, a cui aveva solo dato qualche occhiata di sbieco.
«Antonella» si presentò Ester. «Io sono Antonella». Disse Ester presentandosi con un nome falso. Aveva solo bisogno di allontanarsi un po’ da sé stessa quella sera.
«Antonella» ripeté Leonardo con un sorriso.
«Offri da bere anche ad Antonella vero? Se non offri da bere a lei allora nemmeno a me» chiese Claudia, e fu precisa nel chiederlo a lui e non a Francesco.
Ester era poco convinta ma non disse nulla. Era palese che quella serata Leonardo e Claudia fossero destinati a fare coppia, e a lei sarebbe toccata la compagnia di Francesco.
«Ma certo» disse Leonardo con un inchino. «Le amiche di Claudia sono anche mie amiche. Vi prego, entriamo. Dopo di voi» e indicò l’ingresso del locale.
«Dai Antonella, entriamo» disse Claudia, continuando ad utilizzare il nome falso e stando al suo gioco. La cosa divertì molto Ester che entrò senza esitare.

Leonardo fece strada alle ragazze e loro quattro si sedettero a un tavolino. Il ragazzo parlava molto di sé e non sembrava essere molto interessato o incuriosito dalle ragazze. Aveva 28 anni e lavorava nel mondo della musica: suonava il pianoforte e cantava, e si era pagato gli studi facendo il dj.
Tutte informazioni inutili a parere di Ester. Informazioni di cui avrebbe fatto sicuramente a meno ma che Leonardo le usava per gonfiare il suo ego, che Ester avrebbe fatto scoppiare volentieri con i suoi tacchi come con un palloncino.
Claudia aveva poggiato le scarpe sul tavolo, in una zona molto vicino a Francesco. Un po’ come a far intendere quali fossero le considerazioni che aveva di lui. Claudia sapeva essere molto snob e altezzosa, e sapeva bene che l’amica non gradiva particolarmente la compagnia di Francesco. Ma forse in realtà neanche quella di Leonardo.

«Cosa prendete da bere ragazze?» chiese Leonardo.
«Voglio del prosecco» rispose Claudia. «Voglio qualcosa di qualità e estremamente costoso. Io e la mia amica siamo abbastanza belle da meritare il miglior lusso possibile. E tu Antonella? Cosa prendi?».
«Qualcosa di forte. A scelta di Leonardo. Vediamo se mi sa sorprendere» affermò Ester, felice che la sua amica la comprendesse sempre al volo. Quanto amava quella ragazza!
«E ci credo» le disse Claudia sottovoce con tono sarcastico e cattivo, osservando prima lei e poi Francesco, che non proferiva parola.
Leonardo ordinò da bere e nel frattempo un cameriere servì qualcosa da sgranocchiare per aperitivo. La musica era sempre ad altissimo volume. Ester iniziò a sentirsi stanca.
«Gentilmente puoi dire alle tue amiche di levar via le scarpe dal tavolo?» disse il cameriere a Leonardo, che evidentemente doveva conoscere bene.
«Oddio!» esclamò Claudia fingendosi imbarazzata. «Chiedo scusa, le scarpe sono le mie. È stato lui» ed indicò Francesco, «a chiedermi di poggiarle lì, dice che ha un debole per le scarpe femminili. Che figure che mi fai fare Franchino…».
Francesco sembrava sconvolto dall’atteggiamento di Claudia, che indossò le sue scarpe. Leonardo ed Ester scoppiarono a ridere.
«Tu sei fuori» buttò lì Francesco, un po’ rosso in volto.
«Attento a quella linguetta» disse Claudia, non discostando lo sguardo dal povero ragazzo vittima delle sue angherie.

«Sai essere una vera stronzetta» commentò Leonardo l’accaduto, mentre Claudia era intenta a mangiare facendo movimenti sensuali e maliziosi con la bocca. Sembrava divertito e fiero di sé dal fatto di essere riuscito ad attirare l’attenzione di una ragazza del genere. Di questo Ester se n’era accorta, e non poté che constatare quanto fosse ingenuo quel ragazzo.
«Ne ho conosciute di ragazze come te, sai?» proseguì il ragazzo.
«Ma non mi dire!» esclamò Claudia, fingendo così bene di essere piacevolmente sorpresa che Ester quasi ci cascò lei stessa.
«Ebbene sì» disse Leonardo, che sembrava incredibilmente compiaciuto. «Quando la musica è il tuo mondo i privilegi sono tantissimi».
Aveva l’aria di chi la sapeva lunga. Ester ridacchiò, e Leonardo la guardò torvo.
«Cosa succede?».
«Niente».
Gli avrebbe schiacciato volentieri le palle coi tacchi.

«WHAT IS LOVE 🎶» partì forte la canzone di Haddaway.
«Adoro questa canzone» disse Claudia.
«Balliamo?» chiese Leonardo porgendole la mano.
I due si allontanarono dal tavolo e presero a ballare con entusiasmo.
«Ti va di ballare?» chiese Francesco ad Ester.
«Non ne ho voglia» rispose lei freddamente, non credendo alle proprie orecchie per il fatto che quel tipo per davvero avesse pensato di invitarla a ballare. Francesco si alzò e sparì dalla sua vista, non che la cosa le dispiacesse naturalmente.
Era intenta a bere il suo superalcolico, che l’aveva resa accaldata e leggermente brilla. Si sentiva molto eccitata e sentiva forte il bisogno di scoparsi un uomo maturo. Si guardò un po’ in giro: c’erano dei bei ragazzi che sicuramente avrebbero scopato con lei se solo avesse schioccato due dita, ma la sua reale intenzione non era quella di farsi scopare da un giovane allupato. Sicuramente quella serata avrebbe preferito sentire lungo i suoi fianchi delle mani mature e salde.
Guardò con un pizzico di gelosia Claudia intenta a ballare con Leonardo e sfrenarsi.
Leonardo sapeva essere carino a volte, nonostante avesse dei modi molto pomposi.
«Sei rimasta sola» constatò urlando, dal momento che il volume della musica era ai massimi storici. «Vuoi che chiami qualche altro amico?».
«No, non m’importa» urlò Ester a sua volta. Gli avrebbe dovuto altrimenti dire che aveva voglia di sentire sul suo corpo le mani di un uomo maturo, e non ne aveva voglia.
«Se non t’importa allora va bene!» disse e tornò a ballare con Claudia.
Ester lo fissò con un sorriso obliquo. Era troppo ingenuo quel ragazzo. Lo vide baciare Claudia: lo avrebbe frustato e calpestato volentieri coi suoi tacchi lungo tutto il corpo per quel gesto ignobile.

Ester decise di uscire dal locale per dare un po’ di sollievo alle sue orecchie e godersi l’aria fresca notturna. E fu in quel momento che avvenne la cosa che svoltò la sua serata.
Si ritrovò faccia a faccia con l’uomo di mezza età, il suo schiavo. Trasalì non appena lo vide.
«E tu cosa ci fai qui?» gli chiese con tono sorpreso ma felice. Dalla sua voce lasciò trapelare che era un po’ brilla. «Non dovevi passare il weekend con la tua famiglia?».
«Una serata noiosa la mia» disse l’uomo. «E la tua?».
«Anche» disse Ester, fissandolo negli occhi. «Dove sono tua moglie e i tuoi figli?».
L’uomo scrollò le spalle.
«Non dovresti farti vedere qui. Non ci dovremmo far vedere insieme» disse Ester.
Il suo schiavo si guardò in giro. Non c’era più il traffico intenso dell’ora di punta. Le auto scorrazzavano di qua e di là senza creare ingorghi. Gran parte della gente era ormai all’interno dei locali. E per risposta a quello che aveva detto Ester, lo schiavo si inginocchiò al suo cospetto.
«Essere il tuo schiavo è la cosa che mi fa sentire più vivo» le disse, guardandole dal basso verso l’alto. «Sarei disposto a baciarti le punte delle scarpe qui per strada, davanti a tutti».

Ester deglutì. In quel momento avrebbe preferito farsi baciare altro ma decise di non forzare le cose.
«Allora baciale, che aspetti?» gli disse.
Lo schiavo non esitò. Avvicinò il suo viso ai piedi della ragazza e poggiò le labbra sulle punte delle sue scarpe.
«Il fegato non ti manca, schiavo» disse la ragazza. «Ora alzati».
«No» disse lo schiavo. «Voglio restare qui prostrato a te per sempre».
«Obbedisci!» urlò Ester, schiacciando la mano del suo schiavo che era poggiata per terra. L’uomo era incerto, ma non osò contraddire per la seconda volta la sua padrona. Si alzò e la guardò negli occhi un po’ timoroso. Ester gli diede uno schiaffo molto forte, non curandosi del fatto che erano comunque in una strada in pieno centro e chiunque avrebbe potuto osservare la scena.
«Non ti permettere mai più a dire di no quando ti ordino qualcosa» lo rimproverò. «Anche se il mio ordine è quello di non stare prostrato. Io sono un po’ brilla ma tu devi essere proprio ubriaco. Inginocchiarti e baciarmi le scarpe qui per strada, dove chiunque potrebbe vederci. La tua famiglia in primis».
«Non sono mai stato più sobrio in vita mia» disse l’uomo.
Ester era in preda ai dubbi. Gli istinti più selvaggi le suggerivano di saltargli addosso e baciarlo. Avrebbe preferito scoparselo quella sera piuttosto che farsi servire e riverire. Ma una vocina dentro la sua testa le suggeriva di starsene lì ferma e impalata. Doveva essere ragionevole. Non poteva e non voleva rovinare tutto. Non sapeva cosa le stesse succedendo. Era l’alcol a pensare quelle cose? O l’alcol aveva semplicemente sprigionato qualcosa che era in lei da tempo?
Fu Claudia a salvarla da quel dubbio amletico.
«Antonella?» chiamò forte.
Ester sobbalzò e guardò verso di lei: non era con Leonardo, e se non fosse stata così preoccupata di farsi trovare vicino al suo schiavo avrebbe riso di cuore per il fatto che Claudia l’avesse chiamata ancora Antonella. L’amica le si avvicinò. Aveva ancora un buonissimo odore, anche se un po’ alterato dall’alcol e dal fumo.

«Ah eccoti!» urlò Claudia sollevata. «Non ti vedevo più, pensavo che fossi finita a letto con quello gnomo». Poi prese a fissare l’uomo di mezza età con un’aria dubbiosa e interrogativa.
Ester tacque qualche istante. Era come se stesse cercando di prendere una decisione molto difficile in pochissimi secondi. Poi si decise a parlare.
«Lui è il mio schiavo» le disse indicandole l’uomo.
Claudia era rimasta a bocca aperta.
«È lui il tuo schiavo?» chiese sconvolta e seria.
«È lui» confermò Ester.
«Wow!» fu il commento di Claudia, che aveva già abbandonato il suo tono serio. «Ci riaccompagni a casa, schiavo di Ester?».
«Io…» disse l’uomo. Esitò.
«Certo che ci accompagna a casa» disse Ester con tono duro. «Dove hai la macchina?».
L’uomo arrossì e si guardò intorno.
«Che hai?» chiese Ester, e negli occhi dello schiavo fu palese la sua paura. Il tono di Ester non era rassicurante. «Fino a pochi secondi fa ti saresti fatto calpestare qui davanti a tutti. E ora ti tiri indietro? Non so se ti conviene».
«Oddio, lo stavi per calpestare?» chiese Claudia entusiasta scoppiando a ridere. «E che aspettate? Non voglio perdermi lo spettacolo. Però se aspettate giusto qualche minuto vado a comprare i popcorn».
«Dove hai la macchina?» chiese nuovamente Ester.
«In un parcheggio qua vicino» disse l’uomo.
«Bene, andiamo» disse Ester, e l’uomo rassegnato finalmente si decise ad obbedire.

«Posso approfittare un po’ del tuo schiavo mentre stiamo insieme, Antonella?» chiese Claudia ad Ester mentre erano in viaggio. Erano entrambe sedute sul retro.
«Accomodati pure» disse Ester.
«Perché “Antonella”?» chiese curiosamente l’uomo.
«Zitto tu» disse Claudia. «Sei uno schiavo, devi alzare la mano prima di parlare. Se non fossi stanca perché ho appena finito di ballare con un imbecille che si credeva figo ora ti farei accostare e ti farei fare una decina di flessioni sul marciapiede». Le due ragazze scoppiarono a ridere. «Anzi, accosta».
Lo schiavo di Ester era incerto, e guardò negli occhi la sua padrona tramite lo specchietto retrovisore.
«Hai sentito la mia amica» disse Ester. «Obbedisci».
Anche se titubante, l’uomo accostò.
«Cosa devo fare?» chiese.
«Per stasera te la sei cavata» disse Claudia. «Niente flessioni».
«E perché mi hai fatto accostare?».
«Lì c’è una tabaccheria» disse Claudia. «Ora è sera quindi è chiuso, però puoi andare al distributore del self esterno. Comprami un pacchetto di sigarette. Ne sei capace, sai come si fa? O sei un imbranato impedito?».
«Ma ti pare che…?» disse l’uomo, ma Ester lo interruppe.
«Obbedisci e non fiatare!» urlò la ragazza severamente. «E non usare questi toni con la mia amica».

«Eppure» disse Ester, dopo che lei e Claudia furono rincasate, struccate e docciate, «tanto hai fatto che ti sei fatta comprare le sigarette dal mio schiavo».
Le due ragazze ridacchiarono. Erano stanche morte, distese sul lettone di Ester.
«Pensavo che il tuo schiavo fosse un coglione, Antonella».
«E piantala con questa Antonella!» disse Ester, buttandole un cuscino sulla faccia. Claudia se lo tolse come se nulla fosse.
«Invece è quel pezzo di uomo. Non me l’avevi detto!» e a sua volta le diede una cuscinata. «Voglio usarlo anche io!».
«E no!» disse Ester. «Sono gelosa. Piuttosto… Leonardo?».
«È solo un ebete» disse Claudia, pensierosa. «Ma lo userò. E puoi usarlo anche tu. Anche se il tuo schiavo vale molto di più».

Edited by Flover 991 - 4/5/2022, 14:34
 
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XI.
«Signor Pisani!» esclamò Ester allegramente. Lo studente aveva appena varcato la soglia dell’ufficio del Professor Ranieri all’università. «Lei è tornato. Vuol dire che ha intenzione di iniziare a lavorare con me?». La ragazza aveva le labbra curvate in un sorriso smagliante.
«Sì, signorina» rispose Pisani.
«Dottoressa» puntualizzò Ester, che guardava il ragazzo con sguardo smagliante. «Mi deve chiamare dottoressa. Non sta parlando con la vicina della porta accanto».
«Mi scusi, dottoressa» rispose Pisani, accentuando la parola con sfacciataggine. Ester fece finta di non aver notato la cosa.
I due si guardarono negli occhi com’era successo già diverse volte in passato. La loro partita di scacchi continuava e stava per entrare nel vivo.
«Come mai ha deciso di iniziare a lavorare con me, Signor Pisani?».
«Lei non è la mia prima scelta» disse Pisani, non distogliendo lo sguardo dagli occhi di Ester. «Io voglio concludere il mio percorso col Professor Ranieri, che presto tornerà e mi seguirà. Non dovrò lavorare a lungo con lei fortunatamente. Avevo provato anche a contattare la Professoressa Giovannini, ma lei purtroppo ha detto che è già molto impegnata e non accetterà altri studenti per un periodo. Quindi inizierò con lei. Non mi fanno paura le sfide. Anzi mi piacciono molto».
«Mi fa piacere per lei, Pisani» disse Ester, che sembrava un po’ risentita. «Ha già pensato a un argomento?».
«Io…» il ragazzo esitò. «No, non ci ho ancora pensato».
Ester lo squadrò con uno sguardo indecifrabile e inquisitorio. Pisani giocherellava nervosamente con le dita. Il suo cuore iniziò ad accelerare, le sue mani presero a sudare e muoveva costantemente le gambe per il nervosismo. Si chiedeva se fosse effettivamente ragionevole iniziare a lavorare con Ester e se non fosse il caso di aspettare il ritorno del Professor Ranieri. L’umore di Ester invece sembrava indecifrabile. Quasi non batteva ciglio.

«Ha mai sentito parlare di William Styron?» chiese d’un tratto Ester, spiazzando Pisani.
«William?» chiese.
«Styron» ripeté con calma Ester.
Pisani cercò di frugare nella sua mente, ma già sapeva di non conoscere quella persona, chiunque egli fosse.
«No, non mi sembra».
«Non le sembra» fece eco Ester. «Non mi stupisco. C’è un’opera di Styron che mi piace particolarmente».
«Io credevo che lei proponesse un’autrice. Una donna. Soprattutto per qualcosa riguardo il femminismo».
Ester guardò Pisani con sguardo severo.
«Lei crede che io sia così limitata da affrontare solo donne e solo il femminismo? Non sarei in questa posizione ora se davvero così fosse».
«No, no» si affrettò a dire Pisani, «semplicemente pensavo fosse una sua preferenza».
«Lei è sempre così pignolo o riserva questo atteggiamento solo quando è all’università?».
«Mi scusi» disse Pisani, al che Ester inarcò le sopracciglia.
«Facciamo passi avanti» commentò Ester, grattandosi i capelli e continuando a studiare Pisani e cercando di cogliere la sua psicologia. «Vorrei suggerirle di affrontare The Confessions of Nat Turner, dell’autore William Styron, il cui tema centrale è la schiavitù».
«Non lo so» ammise schiettamente Pisani, «ma non mi ispira particolarmente la cosa».

Ester guardò lo studente con un’espressione strana.
«Non la ispira?» gli chiese scettica. «E cosa la ispira, Signor Pisani? Lei non ha la più pallida idea di cosa affrontare».
Il ragazzo non rispose. Era un po’ imbambolato.
«La schiavitù è un bel tema» riprese Ester. «Immagini un essere umano completamente soggiogato da un altro, in suo pieno potere, senza nessun diritto, neanche quello di parola. È affascinante la cosa. Donarsi fisicamente e psicologicamente al pieno potere di un’altra persona».
«È una cosa miseramente squallida in realtà» disse Pisani, «e purtroppo al giorno d’oggi la cosa non è ancora stata risolta del tutto».
«Ma perché deve rovinare sempre tutto, Pisani?» disse Ester, scuotendo la testa.
«Lei parla della vera schiavitù, vero? Mica della schiavitù per gioco?» chiese Pisani spiazzando completamente Ester, che non si aspettava tutta quella sfacciataggine dal ragazzo.
«Vedo che gli ormoni iniziano a prendere il sopravvento» disse, mantenendo un tono calmo.
Ester prese una cartaccia e fece per lanciarla nel cestino, ma la fece cadere appositamente per terra, non lontano dai suoi piedi.
«Ops, che sbadata che sono!» disse la ragazza. «Pisani, faccia il gentiluomo: raccoglie per favore la cartaccia e la butta nel cestino?».

Pisani sapeva benissimo che Ester si divertiva a provocarlo. Dentro di sé sapeva anche che l’unico motivo per cui gli aveva proposto di iniziare a lavorare con lei era perché aveva una gran voglia di tormentarlo. E se lui aveva varcato quella soglia per l’ennesima volta sapendo che nell’ufficio c’era lei e non il Professor Ranieri, era solo perché aveva tacitamente accettato di stare al gioco. E il perché non lo sapeva nemmeno lui. Voglia di vendetta? Voglia di riscattarsi e farle fare la figura della scema? No, lui sapeva benissimo che era estremamente difficile far fare la figura della scema ad una donna così intelligente, in gamba e in un certo senso perversa. La soluzione più semplice, ed era quella che temeva di più, era che un lato di sé era intrigato dal perverso gioco mentale che aveva iniziato Ester già da un po’ di tempo.

Pisani fece per raccogliere la cartaccia ed Ester fu velocissima nel mettergli un piede calzato dall’immancabile scarpa col tacco sulla sua mano.
«Ti stai eccitando, Pisani?» gli chiese con un sorriso guardandolo dall’alto.
«Io…» mormorò il ragazzo, ma Ester lo interruppe.
«Io sono sempre convinta che sei stato tu ad inviare quella lettera al Rettore. Ti do la possibilità di ammettere la cosa senza subire troppe conseguenze. Ma ti giuro, se neghi la cosa e poi vengo a scoprire che effettivamente sei stato tu… te la faccio pagare». Ester tolse il piede dalla mano di Pisani e fece un sorriso sadico. «La cartaccia, prego» aggiunse, cambiando completamente tono.
Un po’ scosso e scombussolato Pisani afferrò la cartaccia e la buttò nel cestino, per poi tornare a sedersi. Non poté non notare che una volta alzatosi si sentiva eccitato. Non aveva la tipica erezione potente che precede una penetrazione, ma il suo pene aveva dato qualche segnale di risveglio.

«Ha il suo pc in borsa, Pisani?» gli chiese Ester come se nulla fosse stato.
«Gliel’ho detto e lo ribadisco» disse il ragazzo, «non sono stato io ad inviare quella lettera».
«Questo lo scopriremo. Ma non ha risposto alla mia domanda».
«Sì, ho il mio pc. Perché?».
«Lo prenda. Intanto le invierò tramite mail del materiale per iniziare il lavoro».
Il tempo di accendere il pc e collegarsi ad internet che Ester gli inviò una mail con degli allegati.
«Lei inizi pure a leggere. Faccia con calma, manca ancora del tempo. Tra i file ci sono anche alcuni dei miei testi. Li legga per bene, meticolosamente, e controlli che non ci sia nessun tipo di errore».
«E perché devo fare questa cosa?» chiese Pisani, che sembrava un po’ contrariato.
«Lei vuole arrivare in alto in carriera, Signor Pisani» disse Ester saggiamente, che sembrava quasi sempre leggergli nella mente. «Ora però è ancora ai vertici più bassi. Quindi deve fare un po’, come dire… ah sì! Ecco! Il lavoro sporco per qualcuno più importante di lei. E quel qualcuno più importante di lei al momento sono io».
«Lei si fida di me?» chiese Pisani un po’ dubbioso.
«So che lei è molto studioso e intelligente, questo nessuno lo può negare» disse Ester, poggiando il mento sui dorsi delle sue mani. «Tuttavia non sono tra i documenti più importanti. Altrimenti non li avrei di certo affidati a lei. Buona giornata, Signor Pisani».
 
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view post Posted on 7/5/2022, 08:33     +1   +1   -1

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Probabilmente sarà il migliore tra i racconti da me letti
 
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Difficilmente leggo storie che non contengono descrizioni delle mie pratiche preferite ma i tuoi racconti sono sempre un piacere :)
Grazie per condividerle con noi
 
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view post Posted on 8/5/2022, 11:45     +1   +1   -1

Maestro di Piedi

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Grazie per seguirmi e soprattutto mi fa piacere che la storia sia apprezzata.
Tra un paio di giorni pubblicherò il seguito, sarà un episodio abbastanza piccante :)
 
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view post Posted on 8/5/2022, 14:48     +1   +1   -1
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Complimenti, molto ben scritto; e hai creato grande attesa di eventi più sensuali ed erotici
 
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view post Posted on 9/5/2022, 19:09     +6   +1   -1

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CITAZIONE (Marco Cerci @ 8/5/2022, 15:48) 
Complimenti, molto ben scritto; e hai creato grande attesa di eventi più sensuali ed erotici

Grazie di cuore :) ed ecco il seguito.

XII.
«Il lavoro è finito, padrona».
Era venerdì sera, ed Ester e il suo schiavo erano da soli a casa di lei.
Ester, che si stava rilassando sul divano, si alzò e andò vicino allo schiavo, che era a lavorare al pc.
L’uomo tremò. Sperava con tutto il suo cuore di aver fatto un buon lavoro e di non deludere la sua padrona.
Ester poggiò la mano sulla spalla dello schiavo, che ebbe un sussulto. Poi prese a massaggiarlo delicatamente, avvicinò la sua testa a quella dell’uomo poggiando il mento sulla sua spalla e si mise a leggere.
L’uomo era in preda a tutte le sue emozioni: eccitazione, apprensione, paura, desiderio. Il contatto con Ester e il suo odore lo mandavano in visibilio.

«Il lavoro è ben fatto, schiavo» disse Ester, facendo trasalire l’uomo. «Ma non avevo dubbi. Sei una persona molto intelligente. Ma ora parliamo del tuo premio».
«Il mio premio?» ripeté l’uomo, con la voce alterata dall’eccitazione che ormai avvampava ovunque nel suo corpo.
«Oh sì» disse Ester sensualmente. «La padrona sa anche premiare il suo schiavo quando se lo merita. O vorresti dirmi che ti piacciono solo le punizioni?». Gli diede uno schiaffo molto forte col dorso della mano. «Pervertito!». Gliene diede un altro col palmo.
«No, no! Padrona… accetto volentieri un premio, ne sarei onorato».
«E allora spogliati» gli disse Ester. «Ti voglio completamente nudo. E mettiti in ginocchio al mio cospetto».
L’uomo obbedì velocemente, spogliandosi e mettendosi in ginocchio col volto molto vicino alle gambe di Ester. Anche la ragazza iniziò a spogliarsi, rendendo l’atmosfera molto elettrizzata.
Ester osservò il fisico ben tenuto del suo schiavo, rivolgendo poi particolare attenzione al suo membro eretto.
«Mettiti steso per terra, schiavo» gli ordinò Ester. Non appena l’uomo ebbe obbedito, Ester gli poggiò un piede sulla punta del membro e iniziò a giocarci.
L’uomo chiuse gli occhi. Sentiva la voce di Ester in lontananza come se provenisse da un’altra dimensione. L’unica cosa che riusciva a sentire era il contatto di lei col suo pene in erezione.
«Sono anni che obbedisci ad ogni mio ordine» continuò Ester, non smettendo di massaggiargli il pene. «Sono anni che ogni volta che vieni pensi a me. E il tuo premio è proprio questo, schiavo. Ti farò venire come mai ti è successo prima. È tradimento secondo te?».
«Io… non lo so» mugolò l’uomo, che non sapeva per quanto tempo ancora sarebbe riuscito a trattenere l’esplosione.

Ester smise di toccargli il membro, che però continuava a pulsare dannatamente.
Gli salì in piedi sul petto, ma quella volta non c’erano i tacchi a traforare la sua pelle. Lei si era sempre divertita calpestandolo coi tacchi, perché le piaceva l’idea del tacco che penetrava la sua carne, provocandogli dolori intensi e segni. Ma quella volta era tutto diverso. Voleva sentire la pelle di lui sotto la sua pelle. E fargli a sua volta sentire la sua pelle sulla sua. Quella volta era carne contro carne. Lo schiavo si abbandonò sotto il peso della sua padrona, estasiato ed eccitato. Credeva di star sperimentando una nuova forma di paradiso. E quando Ester gli stuzzicava il sesso con le dita dei piedi, l’uomo si sentiva in una sorta di turbinio. Sentiva girare tutto intorno e sentiva il picco del piacere salire fin quasi al punto di non ritorno, per poi tornare vorticosamente giù e risalire velocemente. Quelle emozioni erano come un’altalena così forte e veloce che a stento notò che anche Ester era tutta nuda.
Istintivamente l’uomo strinse i pugni e i denti. Voleva evitare di godere prima che fosse troppo tardi, ma il compito diveniva sempre più duro man mano che trascorrevano i secondi.

«Sai cosa mi eccita tantissimo?» disse Ester con la voce alterata dall’eccitazione.
«Co-cosa…?» sussurrò appena lo schiavo, che iniziava a sudare seriamente.
«Che sia un uomo molto più grande di me a battere a mano tutto il mio lavoro. Mi dà un’immensa sensazione di potere e piacere».
Nel dirlo si mise nella classica victory pose: poggiò il piede sinistro per terra e gli mise il destro sulla faccia, annullandolo completamente sotto di lei.
«E tu, brutto sguattero, non potrai più uscirne. A meno che» disse poi Ester, spaventando un po’ il suo schiavo, «io non mi scoccerò. Ma dormi sonni tranquilli» aggiunse facendo un sorriso perfido, «ho voglia di sperimentare tantissime nuove forme di sadismo. E ho ancora tanto da lavorare. Non ho. Hai» si corresse. «Quanto ti piacerebbe fare sesso con me?».
Il membro dell’uomo ebbe un sussulto, e di conseguenza anche lui.
«Non so se merito un simile privilegio» disse l’uomo. «Sono solo il tuo schiavo».
«E se la tua padrona ti ordinasse di darle piacere? Non fare il santarellino. Io ho tradito tantissime volte il mio ragazzo. Bernardo è stata la persona che mi ha soddisfatto di meno. Tu sei un pezzo di uomo, mio schiavo. Voglio sperare che sei più capace del mio pseudo ragazzo. Ed ora mettiti sul letto».

L’uomo obbedì ed Ester si mise accanto a lui. Fissò tutto il suo fisico, mordendosi le labbra.
«Lo so che mi desideri» gli disse, dandogli dei baci sul petto e leccandogli i capezzoli, facendolo quasi sobbalzare. «E ti capisco. Sono giovane e bella. Tu mi desideri dalla prima volta che mi hai visto. Ma forse all’epoca ero troppo immatura. Anche io voglio scoparti duro. Ci sono troppi motivi per cui la cosa è proibita, ma mi eccita come una matta, lo ammetto». Gli diede un bacio umido e passionale sulle labbra che lo schiavo ricambiò, ed entrambi ansimarono. «Ma mi dispiace, il premio di questa sera non è fare sesso con me. È troppo che non vieni. E sei troppo eccitato. Mi inonderesti prima che io abbia il tempo di sbattere le palpebre. E voglio che la nostra prima volta sia perfetta. Ma sappi alcune cose: non voglio che lasci tua moglie. E la nostra prima volta potrà essere anche la nostra ultima volta. Quando verrà, se verrà, goditela».
L’uomo ascoltava rapito le parole di Ester, pendendo dalle sue labbra.
La ragazza completamente nuda si alzò e andò a prendere il suo reggiseno, che mise sulla faccia dell’uomo coprendogli completamente la visuale.
«Ed ora goditi il tuo premio. Liberati».

Nel dirlo, iniziò a giocherellare con le unghie delle mani sulla punta del suo glande, provocandolo con pollice, indice e medio. Faceva dei movimenti circolatori irregolari molto veloci e spesso affondava le unghie nella carne più del dovuto. Non ci volle molto perché l’uomo con delle contrazioni le facesse intendere che l’esplosione stava per arrivare. Si sentiva come se stesse precipitando in un burrone.
I fiotti caldi fuoriuscivano alla velocità della luce, e il piacere che stava provando doveva provenire sicuramente da un’altra dimensione. Non era umanamente possibile godere così tanto. Sapeva che il piacere esisteva eccome, ma quell’intensità di piacere era troppo per essere concepibile dalla mente di un semplice essere umano. Zampillava in maniera intensa e si sentiva sulle montagne russe. Il suo pene era schiacciato nella mano di Ester e lui perse la cognizione del tempo e del mondo. Chissà cosa avrebbe provato se lei l’avesse masturbato coi piedi. O se avessero scopato. Non riusciva ad immaginare a che picco sarebbe potuto arrivare il suo piacere: era come pensare all’infinito. La sua eiaculazione sembrava non voler mai volgere al termine, ma per lui andava benissimo così. Il piacere continuava ad invaderlo mentre sentiva la forte pressione delle unghie e dita di Ester, ormai umidissime, che continuavano a tormentargli il membro nell’exploit più forte della sua vita.
«Ed ora guardami mentre godi» gli ordinò Ester levandogli il reggiseno dagli occhi. Lui la guardò e constatò, nonostante avesse la vista un po’ sfocata a causa di quell’orgasmo insolitamente intenso e lunghissimo, quanto fosse perfetta: nuda, bellissima ed eccitata. Osservava i suoi capelli biondi ricaderle sulle spalle, i capezzoli turgidi, le labbra inumidite dalla sua lingua. E l’orgasmo continuava. Si chiedeva fino a quanto potesse reggere il suo cuore.

I primi barlumi di ragione gli suggerivano che lui aveva sporcato ovunque: erano le semplici conseguenze dell’orgasmo più devastante della sua vita.
Ester gli diede uno schiaffo fortissimo, forse il più forte che gli avesse mai dato da quando si erano conosciuti.
«Mi hai sporcato tutto il letto» gli disse con tono arrabbiato. «Ora ti tocca lavare le lenzuola e rifarmi il letto. Non m’importa se non sei capace, non uscirai di questa casa finché non sarò soddisfatta» e gli diede un altro schiaffo, ancora più forte di quello di prima.
«Provvedo subito, padrona» disse l’uomo con voce roca e affannata, essendo ancora scosso e tremolante a causa dell’orgasmo.
Mentre camminava, ancora nudo e tutto sporco, Ester gli diede un calcio sul culo, sfiorandogli anche le palle. L’uomo urlò per il dolore e per la sorpresa.
«Ti farei strisciare come un serpente» disse Ester con un sorriso sadico, «ma ci metteresti una vita. Però devi camminare a quattro zampe. Giù! Veloce!».

L’uomo sapeva che il premio prevedeva anche un costo. Ora Ester si divertiva tantissimo a torturarlo, forse conscia del fatto che i maschi dopo un orgasmo si sentono svuotati e senza forze. Ma la novità era quella: l’uomo non si sentiva per nulla svuotato, si sentiva più vivo che mai e obbedire ad ogni capriccio sadico e perverso di Ester, quella ragazza così bella, giovane e capricciosa, era per lui ragione di estrema felicità.
La ragazza fu molto spietata. Sapeva bene che il suo schiavo non era molto ferrato nelle faccende domestiche, nonostante lei nel corso degli anni gli avesse affidato alcune cose da fare, e ad ogni minimo errore o mossa goffa e impacciata gli dava uno schiaffo, un calcio o un colpo di cintura sulla schiena. Gli stava facendo pagare con gli interessi ogni secondo che aveva trascorso a godere.
Fu solo dopo un bel po’ di tempo, dopo aver messo a lavare le lenzuola sporche e dopo aver rifatto più e più volte il letto di Ester fino a che lei non ne fu soddisfatta, che la ragazza diede il permesso al suo schiavo di tornare dalla sua famiglia.
«Il tuo lavoro ha dato dei bei frutti, quindi era giusto premiarti» disse Ester. «Ma non farci l’abitudine. La mia attività preferita sarà sempre quella di schiacciarti sotto i miei tacchi».
Ma l’uomo non proferì parola, ed Ester fu sorpresa. Non si prese nemmeno la briga di dargli uno schiaffo per punirlo per quel suo silenzio sfacciato.
«Cosa c’è che non va?» gli chiese irritata.
«La tua amica» rispose l’uomo pensieroso. «È prudente che lei sappia di noi due?».
«Lei è la mia migliore amica e il fatto che tu dubiti di lei per me vale come alto tradimento. È come se dubitassi di me. Pagherai un prezzo altissimo per questa cosa. E ora vai via».
 
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view post Posted on 10/5/2022, 13:10     +2   +1   -1
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Categoria superiore. Molto intrigante questo episodio. Alcuni personaggi sono ormai ben definiti ma ci hai lasciati con la curiosità su altri. Il povero Pisani prenderà una cotta per la bella Ester e sarà da lei sottomesso? Ai posteri l'ardua sentenza
 
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CITAZIONE (Davide Sebastiani @ 10/5/2022, 14:10) 
Categoria superiore. Molto intrigante questo episodio. Alcuni personaggi sono ormai ben definiti ma ci hai lasciati con la curiosità su altri. Il povero Pisani prenderà una cotta per la bella Ester e sarà da lei sottomesso? Ai posteri l'ardua sentenza

Abbiamo intuito il tuo cuore per quale ship protende :) vedremo se sarai deluso o soddisfatto 😌
 
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view post Posted on 11/5/2022, 10:34     +2   +1   -1

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CITAZIONE (JackSpalla @ 11/5/2022, 11:34) 
Vabe ragazzi, Flower991 è sempre una garanzia, che piacere leggerti.

È un piacere sentirti <3 ed è un piacere che tu stia apprezzando.
Spero che presto rileggeremo qualcosa di tuo :) ci conto!
 
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view post Posted on 12/5/2022, 09:37     +2   +1   -1

Maestro di Piedi

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XIII.
«Ho delle novità. E interessanti anche».
Alessio Pisani era nell’enorme aula magna dell’università, erano le 18 circa e aveva appena assistito alla cerimonia di laurea di alcuni studenti che conosceva di vista, che tra pasticcini e bibite stavano festeggiando e spassandosela allegramente. Era insieme a Giusy e Alessandra. Quest’ultima frequentava gli stessi corsi di Pisani, e anche lei non aveva quasi sicuramente avuto meno di trenta ad un esame.
«Del tipo?» chiese Giusy, che sembrava già scettica prima che l’amico iniziasse a parlare, visti i loro precedenti incontri.
«Avevo appuntamento con l’assistente del Professor Ranieri» spiegò Pisani, «e mi sono recato nell’ufficio del professore pensando di ritrovarmi faccia a faccia con lei, ma invece c’era il Professor Ranieri in carne ed ossa. Non ero stato avvertito della cosa».
«Alleluia!» esclamò Giusy. «Almeno ora sappiamo che è vivo e vegeto».
«Insomma…» disse Pisani.
«Che vuoi dire?» chiese Giusy incuriosita. «Sospetti sia il suo fantasma?».
«Ah-ah! Che ridere» sbottò Pisani, che aveva preso a male l’ironia dell’amica.
«Cosa c’è che non va in lui?» chiese Giusy.
«È molto sciupato» disse Pisani. «E ha detto che probabilmente si assenterà qualche altra volta. Quindi mi ha consigliato di continuare a lavorare con Ester in caso volessi anticiparmi».
«Se è stato ammalato è ovvio che sia sciupato» osservò Giusy.
«Certo, sì» rispose Pisani, e lo scettico fu lui questa volta. «Ma in tutta questa storia c’è qualcosa che non mi convince».
«Oh non di nuovo!» imprecò Giusy.
«Non prendermi per pazzo, per favore» protestò Pisani. Lo aveva fatto un po’ troppo ad alta voce, e nonostante in aula ci fosse baldoria per i festeggiamenti, qualcuno aveva notato la discussione dei due ragazzi e li stava fissando. «Un dettaglio in particolare mi è sembrato fin troppo strano» disse Pisani a voce un po’ più bassa.

«Pisani, sta iniziando a immergersi nella magica atmosfera della discussione tesi?».
A parlare era stata Ester, una delle persone che era stata attirata dal parlottare di Pisani. Era in compagnia di un’altra ragazza che il ragazzo non conosceva. Non faceva parte del corpo universitario. Era una ragazza dai lunghi capelli neri che stava sorseggiando un bicchiere di spumante. Entrambe le ragazze indossavano una maglietta blu e la minigonna, con la differenza che Ester aveva ai piedi le solite scarpe coi tacchi, mentre l’altra ragazza delle Dottor Martens nere.
Pisani si sentì avvampare e il suo cuore prese ad accelerare. La vicinanza di Ester lo rendeva estremamente nervoso, soprattutto in presenza delle sue amiche e di un’amica di lei.
«Dottoressa» la salutò Pisani. «Alla fine è tornato il Professor Ranieri».
«Non le sfugge nulla» commentò sarcasticamente Ester.
La ragazza al suo fianco ridacchiò. Pisani la guardò torvo.
«Avrà notato che di salute è ancora un po’ cagionevole» aggiunse Ester. «Al momento dovrà continuare a lavorare con me per la tesi se si vuole anticipare coi tempi».

Improvvisamente un ragazzo alto e bruno con un camice da medico si era avvicinato di corsa ad Ester, che lo guardò acidamente.
«Ester ti sto scrivendo da mezz’ora» le disse frettolosamente il ragazzo.
«Al momento sono impegnata, Bernardo» disse Ester, che era alquanto irritata.
«Volevo dirti…» prese a dire Bernardo, ma l’amica di Ester lo interruppe.
«Ester è impegnata» gli disse con tono serio e freddo. «Smetti di importunarla».
«Non rompere le palle!» le urlò Bernardo.
«Non le rompere tu, accidenti!» disse Ester arrabbiata. «Non voglio che tu ti faccia vedere vicino a me qui all’università, ne va della mia reputazione e della mia carriera, quindi smamma!».
Bernardo tacque per una manciata di secondi.
«Smamma lo dici a qualcun altro».
«Hai sentito cosa ha detto Ester» disse l’amica di Ester. «Torna al dipartimento di medicina a giocare al piccolo chimico nei laboratori come Dexter».
«Taci» disse Bernardo, che era livido dalla rabbia. Poi si rivolse ad Ester. «Mio padre ha detto che…», ma fu di nuovo interrotto dall’amica di Ester.
«Ester qui non ti può picchiare, ma io posso e lo farei anche molto volentieri. Conto fino a tre. Uno…» e gli diede uno schiaffetto leggero sulla guancia, senza nemmeno arrivare al due. «Se ne vuoi qualcun altro resta pure qui».
Pisani e le sue due amiche portarono le mani alla bocca per lo stupore.
«Non reagisco perché sono un signore» disse Bernardo.
«Non reagisci perché non sei capace di fare due passi senza cadere» lo prese in giro Ester. «Ti ho detto di andare via. Ti voglio lontano da me».
Bernardo diede un’ultima occhiata alle ragazze.
«Ne riparleremo» disse, e se ne andò.

«Che ne dici Doreen, ci avviamo?» chiese Ester alla sua amica.
«Va bene» assentì Doreen.
Ma Ester di colpo si bloccò. Aveva notato l’uomo calvo con gli occhiali che li fissava. L’uomo, che indossava una camicia bianca, una giacca blu scuro e un paio di jeans, prese ad avvicinarsi al gruppetto di ragazzi.
«Buonasera dottoressa» le disse con voce profonda e gentile. «Ragazzi» disse poi, facendo un cenno agli altri con un lieve sorriso. «Dunque» si rivolse di nuovo esclusivamente ad Ester, «il Professor Ranieri è tornato ma non è ancora al 100%. Per la sessione degli esami ce la farà ad essere operativo o lei sarà da sola? Se lei crede che sarà da sola la farò affiancare dalla Dottoressa Salerno. Lei è impegnata con la cattedra di Inglese Scientifico per le facoltà delle Professioni Sanitarie, ma non le dispiacerebbe dare una mano per gli esami di Lingue e Letterature Angloamericane se ce ne fosse il bisogno».
«Il Professor Ranieri sarà sicuramente disponibile, Professor Pisani» disse Ester. «Ma anche se lui non fosse disponibile me la caverò benissimo da sola».
«Sicura che non le costerà troppo sforzo?» disse gentilmente il Professor Pisani, che era il direttore del dipartimento degli studi umanistici ed era esperto di studi storici. «Può contare sempre su di noi, non desidero che lei strafaccia, so che è giovane e piena di energie, ma tutto questo potrà stancarla e stressarla».
Ester curvò le labbra e a malapena coprì una smorfia. Era il classico consiglio che in realtà somigliava più a una minaccia, ma non poteva e non voleva indagare sulla cosa davanti ad Alessio Pisani e alle sue amiche.
«D’accordo, grazie» disse Ester laconica. Il Professor Pisani sorrise e salutò prima di voltarsi e andar via, seguito da Ester, che sembrava immusonita, e dalla sua amica dal nome curioso.

«Che brutto tipo!» fu il commento di Giusy, che aveva la faccia disgustata. «Non so come il Professor Ranieri abbia scelto come assistente una snob del cazzo come lei. E la sua amica è anche peggio di lei».
«SHH!» fece Alessandra. «Non farti sentire, che sei scema?».
«E pure se mi sentisse? Che fa, mi viene a cercare fino a casa e mi picchia? Si deve solo permettere, anzi io questo aspetto. Comunque» si rivolse a Pisani con fare minaccioso, «non vorrai dirmi che davvero vuoi lavorare con lei per la tesi? Ti vuole solo prendere per il culo. Ale? Alessio?».
Ma Pisani sembrava assente. Era rimasto imbambolato.
«Ha un po’ la puzza sotto il naso» disse Alessandra, «ma se fai come dice lei prendi trenta all’esame».
«Ma chi se ne frega dell’esame!» urlò Giusy. «Alessio non ti azzardare di lavorare alla tesi con l’assistente, mi incazzo. Sono seria».
Ma Pisani continuava a fantasticare col cervello. Con la sua mente era distante anni luce da loro.
«Io invece vorrei lavorarci» disse infine pensieroso.
Giusy sgranò gli occhi.
«Stai scherzando, vero?» gli urlò addosso. «Mi hai rotto le palle di quanto ti abbia preso di mira, ho modo di conoscerla ed è peggio di quello che sembra, e tu ora ci vuoi lavorare? Io non ho parole. Vai dal prof e parlagli di persona, digli che aspetti lui e chiedigli quando tornerà operativo al 100%».
«Vediamo» disse incerto Pisani.
«La verità sai qual è secondo me?» disse Giusy infuriata. «La verità è che secondo me alla fine sotto sotto ti piace e ti piace anche come si comporta. E se ti piace tienitela e non ti lamentare se è qualcosa!».
 
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