| Un po’ di tempo prima
«Io ho una bassissima opinione di uomini come voi» disse Sarah rivolta a Paul. Paul era decisamente un bel ragazzo. Aveva un’espressione cupa e indecifrabile. Era scuro di capelli che contrastavano coi suoi occhi azzurri. Aveva un viso pallido e liscio, completamente privo di barba, e un mento leggermente pronunciato. Dava l’impressione di un ragazzo alquanto misterioso. Sarah provava sentimenti contrastanti per Paul: pietà, perché fragile e sempre manovrato come una marionetta dalla sua ex ragazza, Carla, ma anche una certa repulsione, dal momento che Paul aveva fantasie da voyeur, e insieme Carla aveva coinvolto John, il suo ex ragazzo, in un ménage a trois, un piccante gioco erotico a tre in cui Paul, insieme frustrato ed eccitato, spiava Carla mentre aveva dei rapporti sessuali con John. Persuaso dall’amico in comune William, che faceva parte della stessa band musicale di cui John era stato il leader, Paul si era stufato di condividere la sua ex ragazza con John, e la situazione era degenerata in una lite. John, provato fisicamente e psicologicamente, era rientrato in anticipo in casa, dove aveva avuto una colluttazione con suo padre che, una volta aver tramortito suo figlio, preso dal panico aveva deciso di uccidere John ed inscenare il suo suicidio. Smascherato dalle autorità, Fred, il padre di John, era stato portato in carcere.
«Uomini che diventano il giocattolo sessuale di una donna, non ho mai sentito di una cosa meno eccitante in vita mia. È l’antisesso. Ma prima ero ingenua, ora ho capito che voi dovete essere manovrati per farci ottenere cose che desideriamo. Sei d’accordo?». «Sì, mia padrona» rispose Paul, la cui eccitazione stava crescendo verso i picchi massimi. «Padrona? Addirittura?» disse Sarah, prima di scoppiare a ridere forte. «E poi ti lamenti se ti chiamano cagnolino. Ripetilo, figlio di puttana: ripeti che voi dovete essere usati per farci ottenere ciò che desideriamo». «Noi dobbiamo essere usati per ottenere quello che desiderate» ripeté meccanicamente Paul. «Bravo, cane» disse Sarah. «Cane arrapato, vedi come ti sta crescendo il cazzo. Sai che dovrei punirti, vero?». «Sì, ti prego» supplicò Paul. «Puniscimi». «Col cazzo» disse Sarah. «Non sono qui per soddisfare le tue voglie malate. Potrei farlo se mi farai ottenere ciò che voglio. Ma non prometto nulla. Se tu vuoi fare davvero del male a Carla, non devi pubblicare un articolo in cui dici che lei, al contrario di te, si scopa qualcuno. Dobbiamo ricattarla. O sgancia i soldi, o uscirà un bellissimo articolo di giornale in cui la sputtaneremo. Le manderemo una lettera anonima. Dovrai fare tutto alla perfezione senza che lei sospetti di nulla». «No» disse Paul. «È troppo pericoloso. La famiglia di Carla è potente, molto potente. Possono permettersi il miglior avvocato del mondo e finiremo nella merda». Sarah si alzò, mise un piede sul cazzo di Paul e premette molto forte, schiacciandogli tutto il membro. Poi gli sputò forte in faccia. «Figlio di puttana, mettiamo in chiaro due cose» disse, premendo sempre più forte col piede sul pene. «Prima di tutto, se non mi aiuterai, andrò alla polizia e dirò che volevi diffamare Carla. Seconda cosa, sarai tu a scrivere la lettera e a spedirgliela. Se tutto andrà male, sarai tu a cadere nella merda, non io. La tua parola contro la mia, a chi crederanno? Chi è l’ex ragazzo di Carla, il cornuto, che vorrebbe tramare vendetta per essere stato lasciato? Tu, tu hai il movente. Tu e solo tu, non io». «Anche tu potresti avere un movente validissimo» disse Paul ammiccando. «Carla si è scopata il tuo ragazzo, potresti benissimo volerla rovinare. E ti ricordo che il tradimento di Carla era in realtà programmato e voluto da entrambi». «Sei un figlio di puttana» disse Sarah, togliendo il piede dal pene di Paul. «Fammi vedere il cazzo». Paul fece come richiesto da Sarah, prese il mano il suo membro e lo tirò fuori dalle mutande. Sarah si avvicinò leggermente e gli sputò sopra. «Le uniche parti di me che toccheranno il tuo cazzo: la mia saliva e le suole delle mie scarpe. Ed ora copritelo, che mi fai schifo così. Tu mi aiuterai, e lo farai perché quella che comanda sono io, tu puoi solo obbedire ad una donna. E le dimensioni del tuo cazzo confermano che la cosa ti piace, nonostante tu voglia fare il ribelle. Ora alzati e seguimi!».
L’apice più basso della sua vita
La sorpresa sul volto di Sarah fu notevole. Era chiaro che Paul era l’ultima persona al mondo che lei si aspettasse di ritrovarsi sull’uscio di casa quando aveva sentito bussare. «Cosa ci fai qui, Paul?» chiese la ragazza, che aveva indosso una camiciola azzurrina, un paio di pantaloncini neri ed era scalza: un look del tutto casalingo e casuale. Sarah scrutò il viso di Paul. Era pallido, spettinato, era leggermente sudato ed aveva un’espressione così avvilita da farle dimenticare per un momento tutto il rancore che provava nei suoi confronti. «Mi fai entrare?» chiese Paul con voce spenta. Sarah non disse nulla. Studiò Paul per alcuni secondi, poi si fece di lato, in modo da far entrare Paul in casa. Paul entrò e si guardò intorno, beandosi dell’ordine e del profumo di pulito di casa di Sarah, che gli regalava una piacevole sensazione di benessere e tranquillità. Sarah, che anche lei aveva i capelli un po’ spettinati, andò a prendere un elastico e se li legò in una coda. «Beh?» chiese, rompendo il silenzio. Paul tacque per una decina di secondi, fissando dapprima il salotto di casa di Sarah, per poi posare lo sguardo su di lei. «Carla vuole che io ti denunci alla polizia».
Cadde il silenzio tra i due. Sarah aveva un’espressione molto rigida, e sembrò arrossire leggermente. Aveva le braccia conserte e fissò i suoi occhi in quelli di Paul. «E tu, da bravo cagnolino quale sei, le obbedirai ciecamente, vero?». «No, Sarah» rispose Paul. Sarah inarcò le sopracciglia dalla sorpresa. «Tu mi dici di fare questo, lei mi dice di fare quello, William mi dice di fare quell’altro, mi sono rotto». Paul aveva parlato con tono spento ed inespressivo, tuttavia Sarah aveva colto un po’ di adrenalina nella sua voce. «Wow» disse Sarah. «All’improvviso il perdente beta che ama farsi mettere le corna ha il coraggio di cacciare fuori le palle. Sono davvero tanto impressionata». C’era del sarcasmo nel tono di voce di Sarah. «E come mai ti sei scomodato a venire fin qui a dirmelo? Avresti potuto non farlo e non dirmelo, non l’avrei mai saputo». «Non sono venuto qui per dirti questo» rispose Paul, dipingendo così per la terza volta la sorpresa sul viso grazioso di Sarah. «Okay» disse Sarah, cercando di carpire emozioni nello sguardo di Paul, che da spento qual era, sembrò iniziasse ad ardere una fiamma tra i suoi occhi. «E allora perché sei qui?». Paul avanzò verso Sarah, avvicinandosi il più possibile a lei, che non indietreggiò, ma si limitò a guardarlo negli occhi. «La mia vita non aveva mai raggiunto un apice così basso» spiegò Paul. «Non ho niente più da perdere, e sono venuto a prendermi qualcosa che può solo migliorare la mia vita». «Che intendi, Paul?» chiese Sarah, un po’ nervosa. «Hai sofferto tantissimo per colpa nostra. Per colpa mia» disse Paul, prendendo le soffici mani di Sarah tra le sue. Il contatto con lei gli risvegliò una certa eccitazione e il suo cuore prese ad accelerare. Sarah fece una risata molto simile ad uno sbuffo, poi scosse la testa. «Non potrò mai perdonarti, Paul» disse la ragazza, il cui tono di voce sembrò incrinarsi di un po’. «Non dopo tutto quello che è successo. Oltre al tradimento, la vostra bravata è sfociata in una tragedia. Qualcosa dentro di me si è rotto e…». Paul strinse con forza le mani di Sarah, che si interruppe e lo guardò di nuovo negli occhi. Ci mise meno di un millesimo di secondo Paul per decidersi. Afferrò in una mano il fianco di Sarah e la baciò. La ragazza rimase sorpresa per la quarta volta in pochissimi minuti, e per qualche istante rimase immobile. Poi, con immensa sorpresa di Paul, chiuse gli occhi e rispose al bacio. «Non sei venuta più in piscina» sussurrò Paul in affanno. Cominciava a sentire dei capogiri molto forti. «Sì, vero» rispose Sarah, un po’ imbarazzata. «È che ultimamente ho tanto da fare. Ho da studiare, e non è che io riesca a concentrarmi molto». «Mi manca molto la tua presenza lì» ammise Paul. Iniziò a vederci doppio. «Mi piaci un sacco, Sarah». E all’improvviso tutto divenne scuro.
«La pressione è ancora molto bassa, non va per niente bene». Paul era disteso su un divano nel salotto di Sarah, coi piedi poggiati su un cuscino. Era svenuto per alcuni secondi, e l’urto gli aveva provocato un bernoccolo sulla fronte. Aveva appena finito di fare una flebo. «Un eccessivo calo di zuccheri» disse il medico. «È un periodo di fortissimo stress?». Paul fece per parlare, ma era evidente che la cosa gli costava uno sforzo disumano, così fu Sarah a parlare al posto suo. «Sì, è stressatissimo. E che io sappia si sta imbottendo di psicofarmaci». «N-no…» sussurrò Paul. «È che… sono due giorni… che non mangio». «Che persona intelligente che sei» disse Sarah tra il preoccupato e lo sprezzante. «Suggerisco un bel pasto, tanta acqua, e zero psicofarmaci» convenne il medico alla fine. «Non si preoccupi» disse Sarah. «Ci penserò io». «Non ho preso psicofarmaci» ripeté Paul. «Taci» gli intimò Sarah. «Tra quanto potrà mettersi in piedi?» chiese poi rivolta al medico. «Tra non molto» disse il medico. «L’importante è che mangi qualcosa. È fondamentale». «Molto bene» disse Sarah con uno strano ghigno. «Ci penserò io».
Sarah accompagnò il medico alla porta e tornò da Paul. «Seguimi. Andiamo in camera mia». «Io…» bisbigliò Paul. «Tu cosa?» disse Sarah, seccata. «Ti presenti qui in condizioni pietose, mi baci, mi svieni davanti e mi fai prendere un colpo, ora dovrei anche nutrirti? Mi stai facendo perdere tempo preziosissimo che dovrei utilizzare nello studio». «Cosa stai studiando?» le chiese Paul piano. «Mi sto preparando per l’esame forense. Devo pur riprendere la mia vita in mano. E a proposito… un giorno sarò avvocato, non un’infermiera. Quindi alza quel culo dal divano e seguimi». «Non ho le forze, scusami» disse Paul, chiudendo gli occhi e portandosi una mano sulla fronte. Sarah rifletté per alcuni secondi, poi andò a passo svelto in camera sua. Stette via per pochissimo tempo, poi tornò con una cintura in mano. «La vedi questa, Paul?» gli disse con tono gelido. «Questa sul culo fa malissimo. Anche tu devi riprendere la tua vita in mano. E se non lo farai tu di persona, ci penserò io. E con le cattive». «Cosa… cosa vuoi fare?» chiese Paul, un po’ spaventato. «Picchiarti a sangue» rispose Sarah con un sorriso diabolico. «Picchiarti fino a che non tornerai ad essere un uomo. Anzi, fino a che non inizierai ad essere un uomo. Siamo soli in casa. E tu, da quello che ho capito, non hai nemmeno la forza di metterti seduto». Gli si avvicinò pericolosamente e stese la cintura tra le mani.
|