Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

Il praticantato

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view post Posted on 11/1/2021, 18:05     +3   +1   -1

Maestro di Piedi

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Questa storia è frutto della mia fantasia, ed è uno spin off di "Corde fatali: la storia di John".
Ogni riferimento a persone o eventi è puramente casuale.

La ragazza minuta non era mai stata vestita in maniera così elegante in tutta la sua vita. I lunghi capelli castani e lisci (anche se solitamente li portava mossi o ricci) profumavano di pulito e danzavano sulle sue spalle mentre, a passo svelto e nervoso, entrava nella hall dell’albergo dove si stava tenendo un importante meeting. Indossava una giacca nera, con al di sotto una camicia bianca, una minigonna dello stesso colore, e un paio di sandali neri col tacco, che lasciavano intravedere gli alluci sulle cui unghie portava uno smalto nero, della stessa tonalità di quello che aveva sulle unghie delle mani. Aveva un paio di occhi azzurri ed indossava un paio di occhiali, rotondi e sempre neri, che le rendevano il viso molto più grazioso del solito, ed aveva una generosa dose di trucco sul viso.
«Salve disse in affanno alla ragazza dietro al bancone della hall. «Avvocato Sarah Dexter» si annunciò, mostrandole un biglietto da visita. Sono qui in nome dell’avvocato Cooper».
Sarah prese un foglio dall’aria ufficiale dalla borsa e lo porse alla ragazza dietro al bancone.
«Impegno improrogabile, prenderò io le sue veci. Può indicarmi il luogo del meeting, per favore?».
«Da questa parte; mi segua, prego» disse la concierge con aria altezzosa. Sovrastava in altezza Sarah, che con un nodo in gola prese a seguirla attraverso un lungo corridoio.
Le due donne giunsero vicino ad un’enorme porta, dove c’era scritto su una targhetta affissa ad essa “Eventi e Meeting”.
La concierge entrò, interruppe il gruppo di uomini che stavano discutendo seduti intorno ad un enorme tavolo di forma ovale ed annunciò Sarah, che entrò a sua volta sotto lo sguardo interrogativo e severo di tutti i presenti.

«Buon pomeriggio» esordì Sarah, con voce nervosa ma decisa. «Chiedo immensamente scusa per il ritardo, signor Gibson».
«Lei è in estremo ritardo» disse un uomo di mezza età dal volto anonimo. Sarah scrutò per qualche secondo tutti i presenti, tutti vestiti in egual modo: giacca e pantaloni neri o grigio scuri, camicia bianca, cravatta blu scuro.
«È quello che ho appena detto» fu la risposta di Sarah, fissando i suoi occhi in quelli dell’uomo che aveva parlato in modo rude.
«La riunione è quasi finita» tagliò corto l’uomo. «Cooper ha avuto un comportamento molto scorretto. Il suo cliente…».
«Ora sono io qui al posto di Cooper» lo interruppe Sarah con una bella dose di faccia tosta. «Siete già arrivati ad un punto d’incontro, ad un accordo tra le parti?».
L’uomo di mezza età fissò Sarah con sguardo curioso, e forse in parte interessato.
«No» rispose laconicamente. «Ma ormai la riunione è finita. Abbiamo riferito al suo cliente tutte le nostre condizioni. Cosa che non si può dire a parti inverse».
«La riunione è finita ma non siete arrivati ad un punto d’incontro» disse Sarah decisa. «Questo vuol dire che ce ne sarà un’altra in futuro. Mi lasci parlare un attimo e poi riferirò col mio cliente».
Gibson inarcò le sopracciglia e si rivolse ad un ragazzo belloccio, probabilmente sui trent’anni scarsi, piuttosto alto, con capelli nerissimi un po’ spettinati e un paio di occhi azzurri.
«Le parli tu un attimo?» gli chiese, come a far quasi intendere di non volersi scomodare a parlare o contrattare con una ragazza.
«Ci penso io» rispose il ragazzo con un cenno d’intesa intriso di un certo compiacimento. Ci fu qualche momento di caos, in cui tutti si alzarono e si levò un leggero chiacchiericcio. Sarah si rivolse al cliente di Cooper, dandogli un appuntamento, poi lei e il ragazzo attesero che tutti fossero usciti dalla sala.
Sarah si sedette ed accavallò le gambe, mentre il ragazzo rimase in piedi.

«Mi sorprende che un pezzo grosso del calibro di Cooper mandi una ragazzina qualsiasi a svolgere una mansione di questo genere» disse il ragazzo con una certa spocchia, avvicinandosi di qualche passo verso Sarah. «Si vede che non gli importa molto che il suo cliente ottenga dei vantaggi da questa alleanza. O forse pensa di aver già perso in partenza. O forse» e il suo sguardo cadde maliziosamente sulle gambe nude di Sarah, «è tutta una strategia e vuole puntare tutto sul fascino».
Tra i due cadde il silenzio. Ma la cosa durò poco.
«Già sta sbavando, signor…?» chiese Sarah con una certa acidità.
«Chiamami pure Joey» convenne il ragazzo. «In realtà sarei Joseph, ma mi chiamano Joey, proprio come il personaggio…».
«Non m’importa un accidente che lei si chiami come chicchessia» lo interruppe Sarah. «Credevo che fossimo qui per parlare del contratto per lo sfruttamento delle risorse naturali in Sud America».
Joey parve sorpreso e restò muto per alcuni secondi. Tuttavia parve riprendere subito il controllo di se stesso e curvò le sue labbra carnose in un sorriso molto simile ad un ghigno.
«Abbiamo già riferito al suo cliente che non potrà ambire a più del 15% dei ricavi perché…» prese a spiegare il ragazzo frettolosamente e senza fare nemmeno una pausa, come in una sorta di filastrocca che avrebbe dovuto recitare a memoria, tornando ad un tono un po’ più formale.
«Il 15%?» interruppe Sarah, sorridendo. «Il suo cliente non sarebbe molto felice se noi volessimo, ecco… fare delle indagini molto serie e scrupolose su tutti i disastri finanziari, sull’incidente di quel famoso e misterioso treno di qualche tempo fa, dove rimase ferito un pezzo grosso che non era proprio suo amico, e sui mercati del Sud America, dell’Indonesia, del mare del Nord, su tutte le spedizioni e tutto quanto. E sulla parola con la D».

Joey si irrigidì. Sembrava che Sarah avesse appena detto le ultime parole al mondo che lui si sarebbe aspettato ed avrebbe desiderato. La ragazza fece un sorrisetto ed un’espressione trionfale.
«Si sieda» disse al ragazzo, che però non si mosse. L’espressione di Sarah si irrigidì a sua volta. «Non è una richiesta. Non ho voglia di perdere tempo con le cause perse».
«Perdere tempo?» sbottò il ragazzo. «Cooper non si è presentato, lei si è presentata con estremo ritardo, ed ora lei non vuole perdere tempo? Che persona poco seria, ma da Cooper cosa potevamo aspettarci se non…».
«Ha finito?» chiese Sarah con tono secco. Joey tacque. Sembrava nervoso ed era arrossito in faccia. «Ora si sieda. Ho studiato per bene il caso. Circolano tantissimi soldi intorno al suo cliente. E circolano anche tante storie misteriose intorno ai suoi concorrenti. I negoziatori principali che subiscono incidenti, direttori che sviluppano seri problemi mentali, avvocati che crollano improvvisamente, accettando accordi svantaggiosi… il 15% che vuole imporre a noi sembra quasi una bazzecola, vero? Non importa quanti soldi abbia il suo cliente. Se dovremo indagare, lo faremo. E stia certo che non finirà per nulla bene per il suo cliente. Tuttavia…» e qui gli occhi di Sarah si illuminarono, «possiamo fare cambio. La vostra parte accetta il 15%, cedendo al mio cliente il restante 85%. E così eviteremo spiacevoli indagini che potrebbero compromettere seriamente la vostra posizione».

Joey sembrava molto scosso. Fissava quell’affascinante tanto quanto sorprendente ragazza. Da un primo impatto gli era sembrata la tipica ragazza impacciata, nervosa, quasi incapace di fare il proprio mestiere, mandata lì giusto per tappare i buchi. Ed invece sembrava saperci fare davvero molto bene.
«Mi dia il tempo di telefonare un attimo Gibson» disse Joey, ma Sarah si alzò e gli tolse il cellulare di mano con forza, per poi tornare a sedersi.
«Tu non chiami proprio nessuno» gli disse, iniziando ad usare un tono più informale e minaccioso. «Voi due sembravate pensare che bastasse la tua bella presenza giovanile ed inesperta per intimorirmi. Tanto, sono la ragazzina di turno, vero?».
«Ridammi il cellulare!» urlò il ragazzo, ma Sarah fu più veloce, ed infilò il cellulare di Joey nella sua borsa.
«Cosa c’è su questo cellulare che non vuoi far saltare fuori? Dimmi, sono curiosa».
«Sai che è un reato, vero?» disse Joey, tremando. «Sei del mestiere e sei ben preparata. Quindi ti beccherai una bella denuncia per…».
«Sono prontissima a beccarmi una denuncia» lo sfidò Sarah. «E tu sei pronto a beccarti una denuncia per… lo scopriremo poi?».
Joey non rispose. Era evidentemente alle prese con una terribile lotta interiore.
«Quindi ho ragione» disse Sarah, sempre con un’espressione di trionfo. «Sei stato così stupido da lasciare qualche traccia sul tuo cellulare. Devi come minimo metterti in ginocchio e sperare che io sia clemente».
Joey sgranò gli occhi.
«In… in ginocchio? Qui?».
«E dove altrimenti?» chiese Sarah. «Vorresti dirmi che sotto sotto non ti intriga un po’ l’idea? Voi uomini vi conosco. Così ti sto facendo un favore. Anzi, due. Su, svelto. In ginocchio».

Joey ci rifletté a lungo. Sarah non si era trovata al solo al posto giusto al momento sbagliato. La ragazza sapeva benissimo cosa dire e quando dire, ed ora si voleva divertire ad umiliarlo, sicura che poi lo avrebbe ulteriormente umiliato durante la riunione successiva davanti le due parti della società. E anche se all’inizio l’aveva negato, sapeva come far leva sul suo fascino e sugli istinti maschili.
Sarah rimase muta. Non diede fretta a Joey, ma si limitò a fissarlo negli occhi.
«Non mi umilierò così davanti a te, mi dispiace. Su quel cellulare non c’è proprio un bel niente. E pure se ci fosse, è bloccato da un codice pin».
«Lo so» rispose prontamente Sarah. «Non sei certamente un ragazzino che si è fatto sottrarre il cellulare mentre era alle prese con dei filmini pornografici. Ma non ho bisogno del tuo cellulare per farti inginocchiare qui davanti a me. In effetti, mi basta tutta la storia che inizia con la spedizione del mar del Nord». Sarah estrasse il cellulare di Joey dalla borsa e glielo mostrò. «Inginocchiati qui davanti a me, fai accettare il 15% al tuo cliente e non partirà nessuna indagine».
«Tu mi stai ricattando» disse Joey. «Questo non lo accetterò, sappilo».
«Ho studiato per bene il caso del tuo cliente» disse Sarah, fissandosi le unghie delle mani. «Conosco tutta la storia». La ragazza prese a fissare il suo rivale negli occhi, poggiandosi le mani sulle cosce. «Droga e soprattutto corruzione. La droga porta soldi, tantissimi soldi. E i soldi portano alla corruzione. E a tantissimi sabotaggi. Ho visto come vi siete guardati tu e il tuo padroncino quando lui si è riferito a me. “Parlaci tu, io non ho tempo di perdere tempo con questa sciacquetta”. Ed ora, per l’ultima volta, mettiti in ginocchio davanti alla sciacquetta. O la sciacquetta farà partire stesso ora delle indagini ufficialmente».

Joey non vedeva via di scampo. Se davvero Sarah era venuta a sapere di determinate cose… lui sarebbe finito in rovina, così Gibson e il loro cliente, Morton. Anche se non riusciva a spiegarsi come quella sfacciata di una ragazza fosse venuta a conoscenza di alcuni misfatti.
Combattuto, come se non vedesse l’ora di terminare quell’incontro che iniziava a renderlo insofferente, Joey si mise in ginocchio, molto vicino alle gambe nude di Sarah.
«Va bene così?» chiese. «Possiamo farla finita?».
«Non andiamo così di fretta. Non proprio ora che facciamo progressi» disse Sarah divertita, «siamo passati da un “Ci penso io” divertito, al mettersi in ginocchio dinanzi a me. Mi piace, mi piace. Ed ora guarda verso il basso. Non osare guardarmi».
Joey fissò le scarpe di Sarah, soffermando lo sguardo sull’alluce e sulla tonalità scura di smalto sull’unghia del dito.
«Baciami la punta delle scarpe» ordinò Sarah qualche mezzo metro più in alto.
«Cosa?» esclamò Joey, facendo scattare lo sguardo verso l’alto.
«Mi hai sentito. Bacia» disse Sarah in tono autoritario. «E credevo di essere stata chiara quando ti ho intimato di non guardarmi».
Joey serrò gli occhi ed avvicinò le labbra al piede di Sarah, che si alzò di scatto, facendo andare il tentativo di Joey a vuoto. La ragazza rise divertita.
«Guardati come sei ridotto, fai proprio pena» commentò. Poggiò il cellulare di Joey sul tavolo e gli si avvicinò, mettendo le ginocchia a pochi centimetri dal sul naso. «Riferisci al tuo padroncino della nostra chiacchierata e fate sapere a Cooper quando volete fissare il prossimo meeting. Arrivederci, Joseph». Si voltò e camminò a passo svelto verso la porta, la aprì e si voltò di nuovo verso Joey. «A proposito» disse, «non masturbarti troppo pensando a quello che è appena successo».
 
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Carino divertente
 
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Bell'inizio. Non ci lascerai così spero :D
 
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Un po’ di tempo prima

«Io ho una bassissima opinione di uomini come voi» disse Sarah rivolta a Paul.
Paul era decisamente un bel ragazzo. Aveva un’espressione cupa e indecifrabile. Era scuro di capelli che contrastavano coi suoi occhi azzurri. Aveva un viso pallido e liscio, completamente privo di barba, e un mento leggermente pronunciato. Dava l’impressione di un ragazzo alquanto misterioso. Sarah provava sentimenti contrastanti per Paul: pietà, perché fragile e sempre manovrato come una marionetta dalla sua ex ragazza, Carla, ma anche una certa repulsione, dal momento che Paul aveva fantasie da voyeur, e insieme Carla aveva coinvolto John, il suo ex ragazzo, in un ménage a trois, un piccante gioco erotico a tre in cui Paul, insieme frustrato ed eccitato, spiava Carla mentre aveva dei rapporti sessuali con John. Persuaso dall’amico in comune William, che faceva parte della stessa band musicale di cui John era stato il leader, Paul si era stufato di condividere la sua ex ragazza con John, e la situazione era degenerata in una lite.
John, provato fisicamente e psicologicamente, era rientrato in anticipo in casa, dove aveva avuto una colluttazione con suo padre che, una volta aver tramortito suo figlio, preso dal panico aveva deciso di uccidere John ed inscenare il suo suicidio. Smascherato dalle autorità, Fred, il padre di John, era stato portato in carcere.

«Uomini che diventano il giocattolo sessuale di una donna, non ho mai sentito di una cosa meno eccitante in vita mia. È l’antisesso. Ma prima ero ingenua, ora ho capito che voi dovete essere manovrati per farci ottenere cose che desideriamo. Sei d’accordo?».
«Sì, mia padrona» rispose Paul, la cui eccitazione stava crescendo verso i picchi massimi.
«Padrona? Addirittura?» disse Sarah, prima di scoppiare a ridere forte. «E poi ti lamenti se ti chiamano cagnolino. Ripetilo, figlio di puttana: ripeti che voi dovete essere usati per farci ottenere ciò che desideriamo».
«Noi dobbiamo essere usati per ottenere quello che desiderate» ripeté meccanicamente Paul.
«Bravo, cane» disse Sarah. «Cane arrapato, vedi come ti sta crescendo il cazzo. Sai che dovrei punirti, vero?».
«Sì, ti prego» supplicò Paul. «Puniscimi».
«Col cazzo» disse Sarah. «Non sono qui per soddisfare le tue voglie malate. Potrei farlo se mi farai ottenere ciò che voglio. Ma non prometto nulla. Se tu vuoi fare davvero del male a Carla, non devi pubblicare un articolo in cui dici che lei, al contrario di te, si scopa qualcuno. Dobbiamo ricattarla. O sgancia i soldi, o uscirà un bellissimo articolo di giornale in cui la sputtaneremo. Le manderemo una lettera anonima. Dovrai fare tutto alla perfezione senza che lei sospetti di nulla».
«No» disse Paul. «È troppo pericoloso. La famiglia di Carla è potente, molto potente. Possono permettersi il miglior avvocato del mondo e finiremo nella merda».
Sarah si alzò, mise un piede sul cazzo di Paul e premette molto forte, schiacciandogli tutto il membro. Poi gli sputò forte in faccia.
«Figlio di puttana, mettiamo in chiaro due cose» disse, premendo sempre più forte col piede sul pene. «Prima di tutto, se non mi aiuterai, andrò alla polizia e dirò che volevi diffamare Carla. Seconda cosa, sarai tu a scrivere la lettera e a spedirgliela. Se tutto andrà male, sarai tu a cadere nella merda, non io. La tua parola contro la mia, a chi crederanno? Chi è l’ex ragazzo di Carla, il cornuto, che vorrebbe tramare vendetta per essere stato lasciato? Tu, tu hai il movente. Tu e solo tu, non io».
«Anche tu potresti avere un movente validissimo» disse Paul ammiccando. «Carla si è scopata il tuo ragazzo, potresti benissimo volerla rovinare. E ti ricordo che il tradimento di Carla era in realtà programmato e voluto da entrambi».
«Sei un figlio di puttana» disse Sarah, togliendo il piede dal pene di Paul. «Fammi vedere il cazzo».
Paul fece come richiesto da Sarah, prese il mano il suo membro e lo tirò fuori dalle mutande. Sarah si avvicinò leggermente e gli sputò sopra.
«Le uniche parti di me che toccheranno il tuo cazzo: la mia saliva e le suole delle mie scarpe. Ed ora copritelo, che mi fai schifo così. Tu mi aiuterai, e lo farai perché quella che comanda sono io, tu puoi solo obbedire ad una donna. E le dimensioni del tuo cazzo confermano che la cosa ti piace, nonostante tu voglia fare il ribelle. Ora alzati e seguimi!».


L’apice più basso della sua vita

La sorpresa sul volto di Sarah fu notevole. Era chiaro che Paul era l’ultima persona al mondo che lei si aspettasse di ritrovarsi sull’uscio di casa quando aveva sentito bussare.
«Cosa ci fai qui, Paul?» chiese la ragazza, che aveva indosso una camiciola azzurrina, un paio di pantaloncini neri ed era scalza: un look del tutto casalingo e casuale.
Sarah scrutò il viso di Paul. Era pallido, spettinato, era leggermente sudato ed aveva un’espressione così avvilita da farle dimenticare per un momento tutto il rancore che provava nei suoi confronti.
«Mi fai entrare?» chiese Paul con voce spenta.
Sarah non disse nulla. Studiò Paul per alcuni secondi, poi si fece di lato, in modo da far entrare Paul in casa.
Paul entrò e si guardò intorno, beandosi dell’ordine e del profumo di pulito di casa di Sarah, che gli regalava una piacevole sensazione di benessere e tranquillità.
Sarah, che anche lei aveva i capelli un po’ spettinati, andò a prendere un elastico e se li legò in una coda.
«Beh?» chiese, rompendo il silenzio.
Paul tacque per una decina di secondi, fissando dapprima il salotto di casa di Sarah, per poi posare lo sguardo su di lei.
«Carla vuole che io ti denunci alla polizia».

Cadde il silenzio tra i due. Sarah aveva un’espressione molto rigida, e sembrò arrossire leggermente. Aveva le braccia conserte e fissò i suoi occhi in quelli di Paul.
«E tu, da bravo cagnolino quale sei, le obbedirai ciecamente, vero?».
«No, Sarah» rispose Paul. Sarah inarcò le sopracciglia dalla sorpresa. «Tu mi dici di fare questo, lei mi dice di fare quello, William mi dice di fare quell’altro, mi sono rotto».
Paul aveva parlato con tono spento ed inespressivo, tuttavia Sarah aveva colto un po’ di adrenalina nella sua voce.
«Wow» disse Sarah. «All’improvviso il perdente beta che ama farsi mettere le corna ha il coraggio di cacciare fuori le palle. Sono davvero tanto impressionata». C’era del sarcasmo nel tono di voce di Sarah. «E come mai ti sei scomodato a venire fin qui a dirmelo? Avresti potuto non farlo e non dirmelo, non l’avrei mai saputo».
«Non sono venuto qui per dirti questo» rispose Paul, dipingendo così per la terza volta la sorpresa sul viso grazioso di Sarah.
«Okay» disse Sarah, cercando di carpire emozioni nello sguardo di Paul, che da spento qual era, sembrò iniziasse ad ardere una fiamma tra i suoi occhi. «E allora perché sei qui?».
Paul avanzò verso Sarah, avvicinandosi il più possibile a lei, che non indietreggiò, ma si limitò a guardarlo negli occhi.
«La mia vita non aveva mai raggiunto un apice così basso» spiegò Paul. «Non ho niente più da perdere, e sono venuto a prendermi qualcosa che può solo migliorare la mia vita».
«Che intendi, Paul?» chiese Sarah, un po’ nervosa.
«Hai sofferto tantissimo per colpa nostra. Per colpa mia» disse Paul, prendendo le soffici mani di Sarah tra le sue. Il contatto con lei gli risvegliò una certa eccitazione e il suo cuore prese ad accelerare. Sarah fece una risata molto simile ad uno sbuffo, poi scosse la testa.
«Non potrò mai perdonarti, Paul» disse la ragazza, il cui tono di voce sembrò incrinarsi di un po’. «Non dopo tutto quello che è successo. Oltre al tradimento, la vostra bravata è sfociata in una tragedia. Qualcosa dentro di me si è rotto e…».
Paul strinse con forza le mani di Sarah, che si interruppe e lo guardò di nuovo negli occhi.
Ci mise meno di un millesimo di secondo Paul per decidersi. Afferrò in una mano il fianco di Sarah e la baciò. La ragazza rimase sorpresa per la quarta volta in pochissimi minuti, e per qualche istante rimase immobile. Poi, con immensa sorpresa di Paul, chiuse gli occhi e rispose al bacio.
«Non sei venuta più in piscina» sussurrò Paul in affanno. Cominciava a sentire dei capogiri molto forti.
«Sì, vero» rispose Sarah, un po’ imbarazzata. «È che ultimamente ho tanto da fare. Ho da studiare, e non è che io riesca a concentrarmi molto».
«Mi manca molto la tua presenza lì» ammise Paul. Iniziò a vederci doppio. «Mi piaci un sacco, Sarah».
E all’improvviso tutto divenne scuro.

«La pressione è ancora molto bassa, non va per niente bene».
Paul era disteso su un divano nel salotto di Sarah, coi piedi poggiati su un cuscino. Era svenuto per alcuni secondi, e l’urto gli aveva provocato un bernoccolo sulla fronte. Aveva appena finito di fare una flebo.
«Un eccessivo calo di zuccheri» disse il medico. «È un periodo di fortissimo stress?».
Paul fece per parlare, ma era evidente che la cosa gli costava uno sforzo disumano, così fu Sarah a parlare al posto suo.
«Sì, è stressatissimo. E che io sappia si sta imbottendo di psicofarmaci».
«N-no…» sussurrò Paul. «È che… sono due giorni… che non mangio».
«Che persona intelligente che sei» disse Sarah tra il preoccupato e lo sprezzante.
«Suggerisco un bel pasto, tanta acqua, e zero psicofarmaci» convenne il medico alla fine.
«Non si preoccupi» disse Sarah. «Ci penserò io».
«Non ho preso psicofarmaci» ripeté Paul.
«Taci» gli intimò Sarah. «Tra quanto potrà mettersi in piedi?» chiese poi rivolta al medico.
«Tra non molto» disse il medico. «L’importante è che mangi qualcosa. È fondamentale».
«Molto bene» disse Sarah con uno strano ghigno. «Ci penserò io».

Sarah accompagnò il medico alla porta e tornò da Paul.
«Seguimi. Andiamo in camera mia».
«Io…» bisbigliò Paul.
«Tu cosa?» disse Sarah, seccata. «Ti presenti qui in condizioni pietose, mi baci, mi svieni davanti e mi fai prendere un colpo, ora dovrei anche nutrirti? Mi stai facendo perdere tempo preziosissimo che dovrei utilizzare nello studio».
«Cosa stai studiando?» le chiese Paul piano.
«Mi sto preparando per l’esame forense. Devo pur riprendere la mia vita in mano. E a proposito… un giorno sarò avvocato, non un’infermiera. Quindi alza quel culo dal divano e seguimi».
«Non ho le forze, scusami» disse Paul, chiudendo gli occhi e portandosi una mano sulla fronte.
Sarah rifletté per alcuni secondi, poi andò a passo svelto in camera sua. Stette via per pochissimo tempo, poi tornò con una cintura in mano.
«La vedi questa, Paul?» gli disse con tono gelido. «Questa sul culo fa malissimo. Anche tu devi riprendere la tua vita in mano. E se non lo farai tu di persona, ci penserò io. E con le cattive».
«Cosa… cosa vuoi fare?» chiese Paul, un po’ spaventato.
«Picchiarti a sangue» rispose Sarah con un sorriso diabolico. «Picchiarti fino a che non tornerai ad essere un uomo. Anzi, fino a che non inizierai ad essere un uomo. Siamo soli in casa. E tu, da quello che ho capito, non hai nemmeno la forza di metterti seduto».
Gli si avvicinò pericolosamente e stese la cintura tra le mani.
 
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Complimenti, il racconto è molto intrigante.
 
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La lama del rasoio

«Un succo d’arancia, per favore» ordinò Sarah, che era seduta al bancone del bar dell’hotel.
«Succo d’arancia?» disse una voce maschile alle sue spalle. Sarah si voltò e vide Joey che, ricompostosi in fretta, si stava avvicinando a lei a passo svelto. «Mi permetta di offrirle qualcosa di serio» propose, tornando ad un tono di voce più formale e cordiale. «Che ne dice di un bicchiere di champagne?».
«Vuole che io beva champagne con lei?» chiese Sarah, tornando a sua volta a toni formali e cordiali, come se nulla fosse. «Festeggiamo in anticipo la mia vittoria?».
«Suvvia, prima la nostra è stata solo una semplice chiacchierata» disse Joey. «Dovremo confrontarci coi nostri superiori, e lì le cose saranno ben diverse».
«Io non ho superiori» rispose Sarah altezzosamente. «Io e il dottor Cooper collaboriamo. Ma non eseguo gli ordini di nessuno, so cosa dire, come e quando dirlo. Al contrario di qualcun altro». Prese il bicchiere di succo d’arancia e lo avvicinò alle labbra, fece un sorso, e poi riposò il bicchiere, che si era sporcato con un po’ di rossetto, sul bancone.
«Due bicchieri di champagne, per favore» ordinò Joey al barista, leggermente scosso. «Sperando che l’alcol non le faccia un cattivo effetto. Se già con una bibita analcolica vuol scherzare così tanto» disse poi Joey rivolto a Sarah.
«Io non scherzo» rispose Sarah, giocherellando col bordo della sua minigonna. «È lei che non vuole rassegnarsi al fatto che con questa alleanza dovrà abbassare le sue pretese».
«Certo che lei scherza» disse Joey, prendendo un bicchiere di champagne e passandolo a Sarah, per poi afferrare il suo. «Ed io sono stato disposto a scherzare un po’ con lei. Sa, tra colleghi giovanili. Quel teatrino di prima, con me in ginocchio… è sempre piacevole inginocchiarsi al cospetto di una ragazza così affascinante. Sempre per scherzo, s’intende. Ma quando si dovrà parlare seriamente, lo vedremo chi si inginocchierà a chi. Ma brindiamo».
I due ragazzi sbatterono i due bicchieri e li alzarono leggermente.
«Brindiamo allora alla verità» disse Sarah, ammiccando. «Alla verità che verrà a galla». Portò il bicchiere alla bocca, sorseggiando un po’ di champagne. «Ho sempre odiato chi nasconde la verità, e in passato sono successe cose che… beh… mi hanno fatto decidere che dedicherò la mia vita a fare giustizia e chiarezza». Riportò il bicchiere alle labbra e bevve tutto d’un sorso il rimanente champagne.
Joey si costrinse a fare un sorriso.
«La verità è relativa, mia dolce collega. In questo mondo non vince ciò che è giusto, ma ciò che è potente».

«JOJO!» cinguettò allegramente una graziosissima ragazza che si era avvicinata a passo svelto. Aveva dei lunghi capelli neri e ricci, occhi molto scuri, era di almeno quindici centimetri più alta di Sarah, ed era vestita molto elegantemente e molto truccata, e ciò che spiccava era soprattutto il suo rossetto di un rosso acceso, e una tonalità molto simile era lo smalto che aveva sulle unghie delle mani, indossava una maglietta nera, attillata e scollata, che lasciava intravedere un paio di tette niente male, aveva una bellissima e molto probabilmente preziosa collana, una minigonna che sfoderava un paio di gambe snelle e mozzafiato, a cui indossava un paio di calze scure, e ai piedi aveva un paio di decolté con un tacco che la rendeva ancora più alta di quello che era. Aveva una borsetta al braccio molto piccola e vari braccialetti al polso; era evidente che la ragazza era uscita per fare serata, elegante e fine come si era presentata. Il primo pensiero di Sarah quando la vide fu: “Davanti ad una donna del genere sparisco in meno di mezzo secondo”.
La ragazza baciò Joey che, per qualche attimo sorpreso e quasi scioccato, rispose al semplice e casto bacio a stampo che la ragazza gli aveva dato.
«Non ti aspettavo qui» disse Joey, dopo essersi ripreso dallo shock.
«Sorpresa!» urlò la ragazza allegramente. «Speravo potessimo cenare insieme in un luogo così elegante, sono così eccitata! Tu hai finito, amore? O stavi…» per la prima volta la sua attenzione si riversò curiosamente su Sarah, che fissava la ragazza con sguardo gelido. «È una tua collega? Non pensavo ci fosse una ragazza così giovane».
«Oh, sì» disse Joey, un po’ impacciato. «Lei è una collega, ma rappresenta Cooper, il nostro avversario. Si chiama Sarah. E Sarah, lei è Shirley, la mia ragazza».

L’affusolata mano di Shirley afferrò leggermente la molto più piccola mano di Sarah, che però strinse con un’energia di gran lunga più forte.
«Piacere» disse Shirley con un tono indecifrabile, ma sempre curioso.
«Mio» disse gelidamente Sarah.
«Io…» chiese Shirley rivolta a Joey, «devo aspettarvi nella hall? Avete ancora molto da discutere?».
«No, no» rispose Joey con aria spocchiosa. «La collega è convinta che avranno vittoria facile, e per darle un po’ di speranze le ho offerto un drink. Un gesto galante da parte di un gentiluomo, dal momento che sugli accordi non potrò dirmi ugualmente tenero».
Shirley diede in una risatina ed accarezzò dolcemente la guancia di Joey. Le labbra di Sarah si incurvarono in una specie di sorriso assai pericoloso.
«Ti dispiace se rubo il tuo ragazzo per giusto un altro minutino?» chiese Sarah con tono falsamente gentile.
«Fai pure!» disse ingenuamente Shirley, che afferrò il cellulare dalla borsetta e prese a smanettare.
Sarah tossicchiò.
«Oh» fece Shirley, capendo l’allusione, «d’accordo». Si allontanò di una decina di metri e continuò a smanettare.

Sarah si avvicinò sensualmente al collo di Joey, gli respirò intensamente e lentamente su, e poi si rivolse al suo orecchio, parlando sottovoce.
«JOJO, la tua ragazza lo sa che non vedevi l’ora di baciarmi i piedi?».
Joey avvampò e sobbalzò.
«Cosa?» disse forte, ma sempre sottovoce. «Sei stata tu a chiedermelo, io non ho mai avuto questo desiderio!».
«La verità… aspetta un attimo, com’è che hai detto? Ah sì, la verità è relativa. Se la verità è relativa, per me è vero che, dopo avertelo chiesto, tu non vedevi l’ora di baciarmi i piedi e implorarmi di calpestarti».
«Tu sei fuori di testa!» disse Joey furente. «Che perversioni ti passano per la testa?».
«Nessuna» rispose semplicemente Sarah. «E a te, cosa dice la testa? Vuoi farmi passare per idiota davanti alla tua bellissima ragazza? Sai benissimo che questa causa la perderai, JOJO».
«E non chiamarmi JOJO!».
«Perché no, JOJO?» disse Sarah divertita. «La tua ragazza lo fa».
«Sì, perché è la mia ragazza. Tu invece non sei nessuno!».
Sarah scoppiò a ridere.
«Senti, JOJO, la tua ragazza ti sottomette? Prima eri dolcissimo quando ti sei inginocchiato, ti ci vedo benissimo a quattro zampe dinanzi a lei che dice ‘Leccami le scarpe JOJO!’».
«Tu non sei normale» disse un tremante Joey, osservando lo sguardo di trionfo che Sarah gli stava riservando.
«La tua ragazza non ti fa leccare le sue scarpe? Puoi leccare le mie. Ora, davanti a lei. O davanti al tuo cliente, dopo aver accettato il nostro accordo».
«Fatti vedere da uno bravo!» urlò questa volta Joey, senza più curarsi di tenere il tono di voce basso.

Shirley, avendo sentito il suo ragazzo urlare, si avvicinò, piuttosto allarmata.
«Che succede, amore?».
«Succede che JOJO a volte è un po’ suscettibile» disse Sarah. Joey la guardava allarmato, mentre lei era divertita di tenerlo sul filo del rasoio. «Maledetto orgoglio maschile, proprio non riesce ad accettare la possibilità che possa perdere contro una donna».
«Non abbiamo più nulla di cui discutere» disse secco Joey. «Devo portare a cena fuori la mia ragazza, con permesso».
Sarah ridacchiò.
«Va bene, va bene!» esclamò. Saltò giù dallo sgabello, si alzò sulle punte e diede un bacio sulla guancia a Joey.
«Sei un po’ sudato JOJO» gli disse. «Sarà stata la tensione… vai a darti una sciacquatina prima di portare la tua ragazza a cena fuori». Poi avanzò verso Shirley, che la sovrastava letteralmente in altezza. Si alzò nuovamente sulle punte e diede un bacio sulla guancia anche a lei, che rimase scioccata dall’atteggiamento di Sarah. «Tu invece profumi come una rosa». Avvicinò sensualmente le labbra al suo orecchio e le sussurrò: «JOJO è molto teso. Fallo rilassare per bene, perché al prossimo meeting la batosta sarà bella forte. Se posso darti un consiglio… usa le maniere forti. Ne ha bisogno. E alla fine coccolalo come un bambino. Buon divertimento, cuori miei».
E si avviò verso l’uscita, senza voltarsi nemmeno una volta all’indietro.
 
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view post Posted on 24/1/2021, 14:42     +2   +1   -1

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Voltare pagina

«Cosa vuoi farmi?» chiese Paul, spaventato.
«Alzati» ordinò Sarah.
«Ma io…».
«Alzati ti ho detto!» urlò la ragazza.
Paul, allarmato, si alzò, nonostante si sentisse molto debole e con un bel capogiro.
«Seguimi in camera mia. Ti preparo un sandwich, e mentre lo mangi io continuo a studiare. E tu non proferire parola, intesi?». Paul tacque, osservando Sarah come non aveva mai fatto in vita sua. L’idea che una ragazza si prendesse cura di lui, anche se con modi ancora molto ambigui e rudi, gli fece scorrere nel corpo una certa adrenalina che contribuì a farlo sentire leggermente meglio.
«Fammi strada» disse infine.
«Cosa c’è, hai avuto paura della cintura? Pensavo che ti piacesse prenderle. Da sottomesso quale sei».
«Non sopporto molto il dolore fisico» spiegò Paul. «Mi piace anche qualche ceffone, ma per me conta di più il fattore psicologico… le mie pulsioni sono diverse da quelle di John».
Calò il gelo tra i due, che stettero per alcuni secondi in un silenzio carico di tensione. Poi Sarah schiaffeggiò Paul sulla guancia, facendo fare un bello schiocco.
«Non nominare più John, okay?» gli disse gelida.
«Sì, hai ragione, scusami. Sono stato uno stupido» si scusò Paul.
«In altri frangenti ti saresti appena guadagnato un bel calcio nelle palle» disse Sarah. «Ma date le circostanze, te l’ho evitata. Ringraziami pure».
«Grazie» disse Paul, fissando intensamente Sarah. «C’è una considerazione che vorrei fare ma…» Paul esitò. «Meglio evitare».
«Ora dillo» gli intimò Sarah.
«No, meglio di no» disse Paul, un po’ preoccupato. «Riguarda sempre John».
«Ormai hai iniziato, dillo. Prima che io ci ripensi sul fatto di darti un calcio nelle palle. Ed anche un calcio in culo bonus».
«Okay, okay, lo dico» disse Paul, un po’ in affanno per l’emozione. «Non capisco il motivo per cui John sia corso da Carla, quando aveva una ragazza come te».
Sarah guardò Paul e inarcò le sopracciglia.
«Mi prendi in giro? Guarda Carla com’è, bellissima, alta, mozzafiato, di famiglia nobiliare e molto ricca, sicura di sé, e guarda me. Chi sceglierebbe me se avesse la possibilità di stare con Carla? Per lo stesso motivo per cui tu stavi con una come lei».
Per tutta risposta, Paul baciò nuovamente Sarah.

I due si distaccarono dopo un lasso indefinito di tempo; entrambi erano rossi in viso e vistosamente eccitati.
«Sai far godere una donna, Paul?» chiese Sarah con tono di voce palesemente alterato, quasi sussurrando. «Perché io ho una stramaledetta voglia di godere».
«Lascio giudicare a te».
Sarah rise.
«Non vorrai farmi credere che in queste condizioni puoi far davvero godere una donna? Mi sei appena svenuto davanti e sei denutrito, mi crolleresti in tre secondi. E poi, tanto per chiarire, non mi puoi far godere solo con un paio di botte. Non so quanto ci voglia a Carla, ma con me non te la caveresti con poco. E dal momento che sono sicura che se fallissi a letto con me ti butterei fuori a calci in culo, e tu non sei proprio nelle condizioni di ritornare da solo a casa… fila in camera e taci».
Paul rimase spiazzato per qualche secondo.
«Certo che sei una bella stronza» buttò fuori, per poi pentirsi dopo un millesimo di secondo nel vedere il repentino cambio dell’espressione sul volto di Sarah, che fu molto veloce nel dare uno schiaffo sul viso di Paul.
«Non volevo, scusami» disse lui.
«Volevi, volevi» lo corresse Sarah. «Ti sto pungendo sulla tua virilità, sto dubitando che tu possa farmi godere, certo che volevi darmi della stronza. Solo che…» ammiccò, «non mi hai smentito. Non è la prima volta che ti umilio sulla tua mascolinità. Cosa c’è, ti piace? Ti eccita sentirti dire che vali zero come maschio? Oppure davvero non sei un granché a letto? È per questo che Carla non vedeva l’ora di metterti le corna?».
«Basta!» urlò Paul, facendo sobbalzare Sarah, che gli scoccò uno sguardo gelido.
«Osi urlarmi contro in casa mia? Vuoi che ti sbatta fuori?».
«Io… no. Scusami. Ma basta tirare in ballo questa storia».
Sarah fissò Paul con uno sguardo enigmatico.
«Quindi mi stai dicendo che vuoi davvero iniziare a fare l’uomo? E che smetterai di farti mettere i piedi in testa?».
«Voglio lasciarmi il passato alle spalle» disse Paul, «voglio voltare pagina. E voglio farlo con te».
«Secondo me stai correndo un po’ troppo. Per l’ultima volta, seguimi in camera mia. Ho da studiare e non voglio perdere altro tempo prezioso. Anche io devo voltare pagina, con o senza di te. Non so se il tuo cazzo funzioni bene o male, ma fidati: se l’esame andrà male per colpa tua, il tuo organo riproduttivo non ti funzionerà mai più in vita tua. Ti renderò donna, e non sono proprio sicura che questo rientri nelle tue fantasie».
 
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view post Posted on 26/1/2021, 20:25     +1   -1

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Questo me l'ero perso
 
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view post Posted on 28/1/2021, 18:59     +1   -1

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CITAZIONE (Vtx @ 26/1/2021, 20:25) 
Questo me l'ero perso

Qui si parla della “minuta”. La tua preferita :)
 
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view post Posted on 24/2/2021, 17:07     +1   -1
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C’è qualche speranza di prosecuzione? L’attesa di un nuovo capitolo mi sta consumando.. 🙏😂
 
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view post Posted on 25/2/2021, 09:47     +1   -1

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CITAZIONE (tappeto @ 24/2/2021, 17:07) 
C’è qualche speranza di prosecuzione? L’attesa di un nuovo capitolo mi sta consumando.. 🙏😂

Ciao... si si, scusami :D è che sto lavorando tantissimo al PC quindi sto ritardando un po' le correzioni (ogni capitolo lo rileggo tantissime volte e cerco sempre di ridurre al minimo gli errori e, talvolta, di aggiungere qualcosina).
A breve pubblicherò il seguito :)
 
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view post Posted on 21/3/2021, 23:03     +1   -1
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🤷‍♂️😪
 
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view post Posted on 22/3/2021, 16:57     +1   -1

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CITAZIONE (tappeto @ 21/3/2021, 23:03) 
🤷‍♂️😪

Lo so sorry... mi sto attardando ma sono pieno fino alla testa.
Ma il seguito arriverà :)
 
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view post Posted on 22/3/2021, 16:58     +1   +1   -1
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Tranquillo. Ti capisco... a presto!
 
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view post Posted on 9/6/2023, 06:39     +1   -1
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Io comunque continuo a sperare 😅
 
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