| "Prima però, per rendere più divertente il tutto, leghiamo le manine così". Mi lega i polsi all'anello del collare con due moschettoni. "E poi evitiamo che tu possa chiudere le gambe. Aspetta qui, non ti muovere", mi dice con un sorriso. "Tranquilla. Non mi muoverei neanche se potessi". Ritorna poco dopo con una barra di metallo che, assicurata alle cavigliere sempre tramite moschettoni, mi impedisce di chiudere le gambe. "Adesso ci divertiamo". Inizia a toccarmi delicatamente tra gambe e testicoli. Ed a me si irrigidisce, o meglio, ci prova, dato che è compresso. E provoca un certo male. "Adesso iniziamo a fare sul serio". Mi passa l'unghia nella fessura che la cintura lascia aperta all'altezza della cappella, in corrispondenza dell'uretra. Questo mi provoca un misto di piacere e di brividi di dolore. Mi agito. "Ahhh, buono" mi dice. "Adesso arriva il bello". Con un gesto delicato ma eccitante, degno degno delle migliori attrici di film hard core, si scosta la massa di capelli mentre china il viso verso il mio membro, di modo che io possa vedere le sue espressioni mentre mi stimola con la bocca. Le labbra rosse ingoiano con voluttà la parte della cintura che racchiude il glande. L'espressione è da, perdonate il termine, consumata maiala come la più perversa delle pornomignotte. Gli sguardi che mi lancia bastano a provocare in me uno sconquasso tale che, anche senza l'uso della punta della lingua che sento sulla parte del glande scoperta, sarei ad implorarla di smettere dal male che mi provoca l'erezione compressa. "Ti supplico, liberami, mi fa male". "Lo so, è questo il bello", dice in un sussurro. Ed io mi eccito, se possibile ancora di più. E meno male che non ha un rossetto di quelli cremosi, altrimenti sarei davvero impazzito. Poi prende a massaggiarmi le palle gonfie. "Qui bisogna svuotarle un po'', mi dice sorridendo con consumata malizia, "vediamo se ci riusciamo". Ricomincia con il lavoro di bocca e di lingua. Io all'improvviso, tra gli spasmi di dolore sento come una specie di orgasmo. Lei se ne accorge e si interrompe. "Uhm, sei quasi pronto. Aggiungiamo questo, ti va?" Come per magia ecco apparire nella sua mano un piccolo plug vibrante. Lo lubrifica bene e poi, senza troppi complimenti me lo infila dove deve stare e lo accende. È piccolo, ma potente. "Vediamo se lo sento anch'io". Lubrifica ben bene la cintura di castità ed all'improvviso, se la ingloba completamente tra le sue grandi labbra. Istantaneamente, forse frutto della mia immaginazione, sento un tempore umido, le vibrazioni che si diffondono dal mio ano alla sua vagina. Lei mugola di piacere. O forse finge bene.
Inizio ad ansimare. Pur sembrando quasi impossibile, lei si muove in una specie di su e giù ridotto, facendo entrare ed uscire la parte della cintura che chiude la mia asta. "Oh, si, si, non senti quanto è bello?" Io sono indeciso se provo più dolore o più piacere. Di botto si ferma, con tutto il mio capitano compresso in gnocca. Anche se sembra impossibile, ho quasi la stessa sensazione di quando sto per venire, anche se molto dolorosa. A tradimento mi prende i capezzoli tra le lunghe unghie rosse e li stringe senza pietà. Io inarco la schiena ed urlo di dolore. "Ti prego basta, ti supplico". Non faccio a tempo a dirlo che un fiotto caldo di sperma gorgoglia fuori. Non è come quando si ha un orgasmo ma più una specie di pulsazioni che alleviano la pressione. "Ma che bravo, sei venuto in castità. E senza dirmi nulla, senza chiedermi il permesso, mi hai insozzato la mia figa". Non le faccio notare il pleonasmo,in certi momenti non sarebbe d'uopo. Si alza, si mette in ginocchio di fianco a me. Mi toglie il plug. Poi mi libera dalla cintura. Per quanto incredibile, il mio pene dopo tre secondi è alla sua massima estensione, duro ma sensibile come dopo un orgasmo normale. E lei immediatamente, si siede sulla mia pancia e parte a stimolarmelo con la mano destra, insistendo bene, anche con le unghie a grappolo sulla cappella. Io mi divincolo tentando, senza riuscirci, di sottrarmi a quello che più che un dolore è un enorme fastidio. Il risultato sono tentativi di disarcionarla. "Oh, si, mi piace provocarti questo dolore. Te la sei goduta la sborrata vero? Ed ora la paghi. Mi piace come ti agiti. Sembri quasi un cavallo da domare." All'improvviso muove le ginocchia e mi piazza i tacchi a spillo con violenza nel costato. "Basta, ti supplico, Irina". "Ti supplico? È questo il modo di rivolgerti alla tua padrona, schiavo?" E per meglio sottolineare il concetto, mi infilza ancora di più con i tacchi e con le unghie nella cappella. Ti prego, ti prego, basta, ti supplico. Sei la prima che riesce a farmi provare questo fastidio così intenso. Poi mi rendo conto che sto proiettando. Lei, dandomi le spalle, per fortuna non si è accorta di nulla. Oppure un sospetto le è venuto e fa finta di niente per darmi una lezione. Tra una specie di urletto, dato che non posso proprio chiamarle urla, e l'altro, parlo:"La prego, basta, padrona, è troppo insopportabile". "Davvero?" E dicendo così cambia tecnica, massaggiandomi la punta della cappella con il palmo della mano destra, mentre stringe saldamente l'asta con la sinistra. È altrettanto fastidioso. Strano perché di solito, dopo un po', la sensibilità scema. Qui invece dopo quella specie di orgasmo castrato la sensibilità non sembra calare, anzi. Sto quasi raggiungendo il punto di non ritorno per un'altra orgasmo. Sento l'asta pulsare. E la sente anche lei. Stringe saldamente la base del cazzo mentre mi tira, a tradimento, una pacca sui testicoli. Si gira e mi guarda. A me scendono, non so perché, delle lacrime dagli occhi. "Per un pelo. Fai il furbetto eh? Adesso aspetta che riprendiamo." "No, ti prego Irina, basta, dammi un attimo di tregua". "Non ci riesci proprio a darmi del lei ed a chiamarmi padrona?" Lo dice sorridendo, di quei sorrisi che ricordano le bambine quando stanno per fare le marachelle. "Va bene, ti sei smontato abbastanza. Vediamo di continuare il trattamento". E così dicendo, riprende le sue manovre. Ma io non sono più così sensibile e reagisco meno. Questo la sprona a darci dentro con le unghie ed a pizzicare con le punte la piccola porzione di pelle sotto il glande. La strizza bene ed io urlo. Sono eccitatissimo. Si toglie dal mio stomaco e cammina indietro fino a posizionarsi sopra il mio viso. La vista delle lunghe gambe, con muscoli tonici e a fibra lunga, evidenziati dai sandali con tacco a spillo contribuiscono alla mia eccitazione ed al mio non capir più niente. "Bellissime gambe" mi esce con voce strozzata.
Sotto la minigonna non ci sono barriere. La solleva e la luce inonda quella meravigliosa e paradisiaca fessura, turgida e depilata. "Apri la bocca. Dovrai inghiottire solo quando io mi fermo. Chiaro?" Annuisco. Apro la bocca. Subito il fiotto caldo che fuoriesce da lei mi inonda con un sapore acre.
Lei si ferma. Io deglutisco. Sta per riprendere quando all'improvviso ho dei conati di vomito.
Giro la faccia di lato per evitare di soffocare nel caso il contenuto dello stomaco risalisse. Lei mi guarda preoccupata e mi fa un gesto con la mano destra, a sottolineare le parole che sta pronunciando in fretta: "Aspetta, aspetta, aspetta, resisti un secondo". Si alza di corsa. Non riesco a non notare come sia agilissima e veloce anche sulle scarpe con tacchi a spillo vertiginosi. Sembra che appoggi solo la punta del piede per uscire dal bagno in un lampo e tornarci in un baleno armata di una bottiglietta di cola, che sta stappando. Io ho rigurgitato parte della sua urina che, mescolata all'acido cloridrico del mio stomaco, non ha proprio deodorato l'ambiente e questo mi provoca altre convulsioni. Mi libera le mani e mi porge la bottiglietta che nel frattempo ha aperto. "Bevi, che anestetizza il sapore" mi dice pressante. Trinco a canna, vorace, come un vagabondo dei vecchi film americani sugge dalla sua bottiglia di bourbon scadente. Entrambi lo facciamo per obnubilare i sensi e dimenticare le cose brutte. Devo dire che la cola funziona. Nel frattempo lei, con ampio uso di carta assorbente, ha fatto sparire ogni traccia di vomito dal pavimento della doccia e poi ha passato un mix di acqua e disinfettante per la casa al gradevole profumo di pino. Mi ha anche liberato i piedi. "Bevi ancora, poi sul lavandino c'è del colluttorio. Usalo, che toglie ancora meglio ogni traccia."
Mi alzo ed esco dalla doccia. Nel frattempo Irina impugna il manico della doccia a telefono e, per buona misura, fa scorrere l'acqua calda.
Nell'aria si sente ancora l'olezzo. O forse è un'impressione mia. Intanto uso il colluttorio.
All'improvviso sento uno sfregamento ed il rumore di un allegro crepitio. Mi giro e vedo che ha acceso un paio di fiammiferi svedesi e li agita in aria. "Vecchio trucco che ci tramandiamo da generazioni: se vuoi togliere un cattivo odore da una stanza, accendi uno o due fiammiferi". Agita elegantemente la mano per spegnerli. Ora si sente il classico odore di bruciato che si ha quando si soffoca il fuoco del legno che brucia. "In realtà andrebbero spenti fuori...per non avere l'odore di bruciato, ma pazienza. Non so neppure se funziona perché il fosforo, accendendosi, inganna il naso o se perché davvero brucia i cattivi odori."
Poi mi guarda, un po' mortificata. "Scusa" dice sommessamente. Io la guardo. Mi esplode ancora di più la luce nel cuore. Se prima avevo un minimo dubbio, ora si è dissipato come la nebbia. Mi limito a guardarla, incerto su cosa dire e cosa fare. Se fosse telepates avrebbe già capito tutto. Ma per fortuna non lo è. Adesso, che ti dico? Ti spavento confessandoti quello che mi passa per la testa o glisso e dico qualcosa d'altro? E come reagiresti? Non so nulla di te e non so come si comportano i sapiens in certe occasioni. Cosa faccio?
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