Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

2020

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Vtx
view post Posted on 24/11/2021, 20:21 by: Vtx     +2   +1   -1

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Faccio per tirarmi indietro: la mia intenzione è di rivestirmi, andarmene e cercare di dimenticare quanto sono stato bene con lei.
Le dita della mano sinistra, che tutt'ora stringono il mio capezzolo, aumentano la stretta e mi tirano in avanti.
"Se mi restituisci il capezzolo, io farei quello che abbiamo deciso essere la cosa migliore: andarmene e dimenticarti".
Sono talmente triste che al confronto un funerale sembrerebbe un rave party.
Lei sussurra:"Quella è cosa migliore da fare. Quella più sicura. Ma siamo sicuri che sia anche più giusta? Anche io come te non so un cazzo. Ma tu hai voglia di fare cosa migliore?"
Allenta la stretta sul capezzolo mentre due dita sotto al mento mi invitano ad alzare la testa.
Riluttante assecondo la spinta fino ad avere il capo leggermente indietro ed arrivo ad incrociare due occhi azzurri che esprimono timore ma anche determinazione e tanta attesa colma di speranza.
I miei devono essere interrogativamente tristi e lucidi.
Per quanto me lo consentono le dita sotto il mento, scuoto la testa in segno di diniego.
"Sei disposto a rischiare di soffrire tanto? Ma veramente tanto?"
Capisco che non parla di dolore fisico, ma di quello, ancora peggiore che trafigge l'anima ed il cuore.
Lascio parlare i miei occhi.
Lei li interpreta e continua:"Sei davvero disposto a rischiare di star male quando sai che io incontrerò altri uomini? Sopporterai sapendo che io ho bisogno di certe emozioni che tu non mi puoi dare? Sai che lo faccio non solo per i soldi, ma che non penso di riuscire a rinunciare anche ad essi?"
La voce mi si strozza un po' quando le rispondo:"Non sono mai stato così bene come oggi con te. Ma, come ti ho detto, non posso essere certo di..."
Non finisco la frase. Adesso sono io che ho la speranza nello sguardo, lei il sollievo, seppur con una lieve ombra.
"Ti chiedo una sola cosa. Una sola promessa."
Ahia, penso. Naturalmente lei non ha sentito la mia proiezione.
"Dimmi". Non so perché ma ora mi sembra meno strano usare questo verbo.
"Se fossi telepates potrei sapere in ogni momento quello che provi. I tuoi sentimenti, il tuo disagio e se hai qualcosa che non va. Promettimi di tradurre tutto in parole, anche i tuoi stati d'animo. Promettimi che non imparerai a mentire come fanno i sapiens."
La tensione è tale che mi scappa quasi da ridere. Se ne accorge, ma prima che lei possa dire o fare qualcosa in un fiato:"Ho tutt'ora un certo doloroso ricordo al sederino che mi ammonisce a tradurre i pensieri in parole. E non dubito che tu sarai ben disposta a rinnovarlo, nel caso sbiadisse."
Stavolta è lei ad esplodere in una risata.
Io, invece, ridivento serio:"Ma tu devi promettermi la stessa cosa. Lo sai che io non sono un sapiens e quindi non sono bravo ad interpretare le emozioni, ma sai anche che noi telepates siamo molto più tolleranti :siamo abituati a scambiarci sentimenti e pensieri senza alcuna vergogna."
Sospira a lungo.
"Sai che per me è difficile. Va contro tutta la mia natura. Ma ci proverò."
Ci fissiamo negli occhi, la tensione ha allentato la sua morsa d'acciaio diventando un semplice filo per imbastire, che spezziamo guardandoci negli occhi, in silenzio.
I volti naturalmente si avvicinano, si sfalsano leggermente per permettere alle nostre labbra di raggiungere la posizione migliore per quello che fin dall'antichità è considerato un suggello definitivo di un patto tra innamorati.
Le labbra si schiudono, le mie bramose di toccare quelle di lei, lucide, turgide, cremose.
Si toccano e...
Un canotto. Sto baciando un canotto.
Maledetto rossetto polimerico che rovina il momento poetico.
Anche lei si ritrae.
Si scusa, con un sorriso.
Con le lunghe unghie rosse di pollice ed indice pizzica leggermente le turgide labbra in un angolo, fa qualche smorfia comica e finalmente solleva un lembo della pellicola polimerica.
Una volta pizzicato l'angolo tra le unghie del pollice e dell'indice, tira lentamente e con decisione ed all'improvviso il rosso e cremoso simulacro si stacca dalle sue labbra e rimane per breve istante a pendere, inutile, tra le dita prima di finire lanciato, distrattamente, verso il tavolino.
Il contrasto ora è terribile: le sue labbra sembrano rosa, pallide e sottili, i denti meno bianchi.
Lei si riavvicina a me, bramosa, almeno quanto lo sono io, di ritornare a dove ci eravamo lasciati.
Questa volta le labbra si incontrano ed ognuna conta le screpolature dell'altra, in un tenero, umido bacio che sembra cristallizzare il tempo e lo spazio.
Le lingue si inseguono golose e giocose contendendosi i territori della nostra bocca.
Le mani scorrono, anelanti, sulle nostre schiene, sulle nostre natiche, sulle nostre parti più sensibili, nel tentativo di ottenere una perfetta cartografia dei nostri corpi, ansiose, come gli antichi esploratori di riportare tutto accuratamente e velocemente, senza tralasciare alcun particolare.
La mia asta, che sporge marmorea, all'improvviso è ghermita dalla sua mano e guidata all'interno dell'umido pertugio, dove viene prontamente accolta, avvolta e riscaldata.
Si stacca dalle mia labbra giusto il tempo di un avvertimento:"Se ti azzardi a venire ora, ti frusto a sangue."
Io faccio il possibile per resistere ma ogni minuto diventa sempre più difficile stare avvinghiato a lei e subire solo i suoi micromovimenti pelvici senza esplodere.
La sento sempre più umida, sempre più calda, sempre più scorrevole.
All'improvviso si stacca da me, lo fa scivolare fuori e la sua mano lo stringe fortissimo alla base per impedirmi di esplodere.
"Andiamo" e mi precede verso una scala che conduce al piano superiore. Lei davanti,con la sua mano stretta sulla mia asta io dietro, ad esplorarle il collo, le spalle, la schiena ed il fondoschiena con occhi, mani e labbra. Il profumo dei suoi capelli corvini è inebriante e mi manda in visibilio il cervello.
Ho un solo pensiero: essere tutt'uno con lei.
Lo esprimo ad alta voce, tra un lieve bacio sulla spalla ed uno sfioramento alla base della nuca.
La sento sorridere mentre mi dice che lei, invece, vuole farmi suo.
Entriamo in una camera da letto di cui al momento noto solo un particolare: un letto enorme, alto da terra ed in ferro battuto.
Mi fa girare con la schiena al letto, mi mette una mano aperta sul petto, mi spinge verso il bordo e poi giù di schiena sul materasso.
Mi salta sopra e mi riprende dentro di sé, nella posizione dell'amazzone. Si china e mi preme il seno, compatto ed impertinente sul petto, stimolando con i suoi capezzoli i miei ancora doloranti.
La sua bocca cerca la mia, le lingue si trovano ed iniziano di nuovo a rincorrersi. Le mie mani misurano la sua schiena, attirandola ancora più stretta a me.
Mi accarezza la testa ed il viso, esplorandolo con due dita, leggermente.
Poi all'improvviso si erge, con la schiena diritta.
Mi guarda maliziosa.
Si allunga verso il comodino ed apre il cassetto. Trova una piccola scatoletta di lucido argento.
La apre. Ne estrae un piccolo pennello già tinto di rosso. Lo passa nella parte inferiore della scatola, caricandolo di una pasta rossa e cremosa. Poi si guarda nello specchietto e si passa, con maestria, il pennellino sulle labbra, che immediatamente ne acquistano le stesse caratteristiche.
"Lo so che ti piace. Ma appena ti bacio, sembreremo due puttane che hanno appena fatto un pompino tanto si spanderà."
"Mi piace lo stesso".
Ansimo, eccitato come non mai, mentre lei chiude le labbra e tira un bacio immaginario.
Serra l'argenteo contenitore con un secco schiocco e lo ripone con cura nel posto da cui l'aveva tratto.
Io sono sempre duro come non mai e dentro di lei.
Sorride, un po' perfida. Io anelo a quelle labbra impreziosite da un vero rossetto cremoso. Mi fa segno di no con il dito indice, come la mamma intima al bambino discolo di non fare qualche marachella.
E si mette a farmi una smorzacandela dove solo la mia punta entra ed esce dal suo sesso sempre più bagnato.
"Ti prego, Irina, non riesco a resistere più di tanto."
"Lo so."
La voce è roca ed in un certo qual modo incrinata, la testa all'improvviso si getta indietro ed il suo corpo ha una serie di spasmi. Si lascia cadere sopra la mia asta e la prende dentro di sé, in una gnocca che sembra un lago in piena. All'improvviso il mio liquido si aggiunge, con una serie di poderosi fiotti, ai suoi umori.
Urlo. Un urlo belluino, di puro piacere. Ho persino le lacrime agli occhi dalla soddisfazione che mi dà l'agognata esplosione.
Le sue mani ancorano i miei polsi al materasso, si china e mi bacia. Prima una serie di lievi bacetti, poi umidi con affondi di lingua imperiosi e decisi.
Trema ancora di piacere, penso sia il secondo orgasmo, mentre io semplicemente ho dato già tutto. La forza con cui ho proiettato il mio piacere deve essere stata percepita ad isolati di distanza, ma non me ne vergogno.
Alza il suo viso dal mio. È vero, il rosso intorno alla sua bocca fa molto puttana dopo un sesso orale. Immagino che io sia conciato in modo simile.
Le mie mani sono ancora bloccate ma muovo le dita in un tentativo di indicare lei e me.
"Anch'io così?" riesco ad articolare.
Annuisce con le guance gonfie, come posso percepire le mie. Esplodiamo in una risata.
"Beh, visto che ormai la frittata è fatta, che ne dici di..."
Non finisco la frase. Le sue labbra baciano tutto il mio viso, io bacio il suo, poi ci si incontra ancora, bisognosi di baci e di coccole.
Dopo un po' si corica su un fianco. Io anche. Le gambe intrecciate. Ci accarezziamo, ci baciamo, ci parliamo.
Ci abbracciamo e cadiamo, esausti in preda al sonno, uno protetto dal caldo abbraccio dell'altro.
 
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