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La fatidica sera dell' 11 marzo 2020, quando l'intero Paese fu messo in quarantena per il contagio da COVID-19, mi trovavo a Jesi, in provincia di Ancona, a casa della mia ragazza. Io abitavo in Alta Lombardia, a 474 km di distanza, ed ero praticamente scappato dalla mia regione 5 giorni prima che diventasse "zona rossa", rifugiandomi da Maria. Quella sera eravamo a letto insieme e il discorso alla nazione del Presidente del Consiglio interruppe i nostri preliminari.
Ascoltammo increduli mentre annunciava la decisione del governo di mettere in quarantena tutto il Paese: nessuno poteva più uscire di casa se non per motivi strettamente necessari. Essendo residente in Lombardia, sarei potuto tornare a casa ma, a quel punto, non avrei potuto vedere Maria per chissà quanto tempo. Così lei mi propose di rimanere da lei per tutto il tempo della quarantena. Devo ammettere che l'idea di rimanere chiuso in casa con lei era piuttosto eccitante e non ebbi difficoltà ad accettare il fatto di restare a lungo lontano da casa, senza vedere la mia famiglia e i miei amici. Io e Maria stavamo insieme da quasi due anni e non avevamo molto in comune. Eravamo entrambi studenti universitari: lei era straordinariamente forte e atletica, io quasi un rachitico. Lei era una sportiva, io un topo di biblioteca. Ho imparato ad apprezzare le nostre differenze: prima cercavo una versione femminile di me stesso, poi ho capito che duplicare i propri pregi e i propri difetti non è salutare per la vita di coppia. Gli opposti si attraggono, si dice, e forse è così. Una cosa so: gli opposti funzionano. All'inizio la nostra storia mancava un po' di sostanza, ma non me ne rendevo conto all'epoca. Maria sapeva compensare con il suo carattere dolce e premuroso che mi faceva stare bene. La nostra vita sessuale era buona, anche se non eccezionale. Ci piaceva stare insieme, godere della compagnia dell'altro, e questo è la pietra angolare dell'amore. I primi giorni da reclusi in casa furono piacevoli e non sentimmo la mancanza di vita sociale. A dire il vero mi mancava il mio computer, ma non osavo dirglielo. Era un po' noioso a volte quando non c'era nulla da fare e Maria era impegnata a fare esercizi ginnici per tenersi in forma. Non avevo i miei libri e quelli di Maria non mi interessavano. A parte questo, però, passammo giorni meravigliosi, e Maria era sempre affettuosa e ottimista. Ma le cose iniziarono a peggiorare in modo in cui non avevamo previsto. La quarantena veniva prolungata e le notizie alla tv davano ogni giorno cifre crescenti di contagiati e di morti. Notai che Maria era preoccupata e inquieta. Avevamo cibo ancora per una settimana e ai supermercati c'erano code interminabili. Capivo perfettamente la situazione, ma non capivo a quale scopo avremmo dovuto lasciare che questo distruggesse il nostro buonumore. Durante il giorno cominciò a crescere la mia irritazione. Questo aumentò la mia frustrazione per il comportamento di Maria, che passava il tempo ad allenarsi, farsi selfie allo specchio e provarsi vestiti comprati su internet.
All'ora di pranzo, ero già diventato piuttosto incazzato. Mangiammo seduti a tavola, rimanendo in silenzio per un po'. "che cosa c'è?" mi chiese, senza mostrare troppo interesse per il mio stato d'animo. "niente... È solo che mi annoio a stare seduto a fissare il vuoto mentre ti fai i cavoli tuoi“ "non è colpa mia se non vuoi fare un po' di esercizio fisico. E poi avresti potuto portare i tuoi libri quando sei venuto qui" rispose acidamente lei. Lo sprezzo totale nei confronti della mia lamentela accese qualcosa dentro di me. Non aveva fatto il minimo sforzo per essere un po' più diplomatica, e mi aveva dato solo uno schiaffo verbale. Fu una cosa del tutto inaspettata: era la prima volta che si comportava in modo sgarbato nei miei confronti. Mi aveva provocato e non potevo fargliela passare liscia. Pensai per qualche secondo a come andare all'attacco. "potresti mostrare un po' più di considerazione" le dissi, guardandola dritta negli occhi. Lei a sua volta mi fissò allo stesso modo e qualcosa, non saprei dire cosa, mi costrinse a distogliere lo sguardo. "sì in effetti voglio passare più tempo a parlare con una lagna" disse con sarcasmo. Sospirai per nascondere la mia sconfitta. "sì, sarà molto divertente" aggiunse ancora.
Si era chiaramente stancata di quella conversazione e si alzò da tavola. Non ci rivolgemmo più la parola per il resto del pomeriggio. Il mattino seguente mi svegliai all'alba e lei era sdraiata accanto a me nel letto. Guardava il suo cellulare ignorandomi completamente. La sua freddezza scatenò la rabbia dentro di me. "è così che vuoi andare avanti da ora in poi?" "non chiederlo a me" "lo sto chiedendo a te invece" Si girò dall'altra parte, dandomi le spalle, sempre guardando il suo maledetto cellulare. Ero furibondo e fissavo il soffitto, cercando di pensare a qualcosa di cattivo da dire. "sai una cosa? Se si continua così, prendo la mia auto e me ne torno a casa" "certo, come no" "dico sul serio" "devi farti 500 km di autostrada. Ci sono i controlli. Te la faresti sotto dalla paura di essere denunciato"
Non era solo l'ultima frase che aveva pronunciato a ferirmi, ma era anche la calma e la sicurezza nel modo in cui lo aveva detto. Mi ero messo all'angolo da solo, e non avevo altra scelta che lottare come se la mia intera autostima dipendesse da quello. "vaffanculo.." sibilai. Impiegò solo una manciata di secondi per rispondere. "non penso che dovresti parlarmi in questo modo" "vaffanculo" tornai a ripetere, ma subito dopo fui sopraffatto da un sentimento di vergogna. Dovevo riconsiderare la mia strategia. "dillo un'altra volta" disse con voce sprezzante. Mi alzai di scatto dal letto. Non avevo alternative. Presi la mia roba e mi rivestii in fretta e furia in salotto. Era una splendida giornata di sole. Stampai il modulo di autocertificazione e tornai trionfante in camera da letto. "vado a riprendere la mia macchina e torno a casa" "eh?" "ho stampato il modulo. Posso uscire" "sei fuori di testa" Alzai le spalle. "non vedo quale sia il problema. Ho diritto a tornare nella mia residenza" Mi guardò come se fossi uno psicopatico. " Togliti quei vestiti e torna a letto, altrimenti io ti..." "o tu cosa?" le chiesi sorridendo malignamente. "ciao, Maria" aggiunsi, lasciando la stanza. "aspetta, parliamone" disse, mentre mi incamminavo verso la porta d'ingresso. La ignorai del tutto e mi sentii molto soddisfatto di me stesso mettendomi la giacca. I miei pensieri in quel momento erano più o meno questi: "adesso le mostrerò che io ho le palle! Pensava di potermi prendere per il culo senza conseguenze. È così che si comportano le donne. Se non si mostra loro un po' di determinazione, prenderanno il controllo della tua vita. E poi alla fine ti lasceranno, perché vogliono un uomo vero che non si faccia manipolare da loro" Stavo infilando le scarpe, quando la porta della camera da letto si aprì e comparve Maria, in reggiseno e mutandine. Rimase a distanza, guardandomi con aria interrogativa. "tu sei davvero un idiota" "grazie per l'insulto" risposi, ostentando indifferenza, senza nemmeno guardarla. "ti darò tre secondi per toglierti le scarpe" disse con voce calma. Io ero perplesso per la sicurezza che mostrava,ma non ci pensai più di tanto mentre aprivo il portone d'ingresso. Feci appena due passi fuori prima che Maria mi afferrasse per il colletto della giacca e mi trascinasse dentro casa con tale forza da farmi atterrare di schiena sul tappeto.
Mantenendo il proprio auto controllo, limitando la furia crescente dentro di lei, mi parlò con un tono di voce che mi fece sentire i brividi lungo la schiena. "togliti i vestiti o ti darò una lezione" Io ero troppo sotto shock per rispondere. Lei si mise sopra di me e mi afferrò per la giacca. "Potresti essere stato contagiato senza saperlo e infettare la tua famiglia e altri" Sentii un potente ceffone raggiungere la mia faccia. Istintivamente sollevai il braccio per difendermi, ma lei lo afferrò per il polso, torcendolo. "aah" Maria allentò la presa. "voglio sentirti dire che nei prossimi giorni che trascorreremo qui, ti comporterai come un bravo bambino" "sì" risposi immediatamente, in uno stato di terrore e confusione. Lei si allontanò da me. "togliti i vestiti e torna a letto" Feci come richiesto, il più velocemente possibile, e mi sdraiai sul letto mentre lei si faceva l'ennesimo selfie allo specchio, ammirando il proprio corpo. Poco più tardi arrivò in camera da letto e, non appena si infilò sotto le coperte, il mio corpo si irrigidì e iniziò a tremare.
Lei mi guardò e disse: "dormi adesso" e si girò dall'altra parte. Mi sentivo umiliato, castrato e terrorizzato. Il mio istinto mi diceva di stare sdraiato, fermo e immobile, come se il più piccolo movimento potesse scatenare l'ira di Maria. Lei era diventata una persona completamente diversa: un mostro che mi opprimeva e che alla minima provocazione avrebbe potuto picchiarmi così forte da farmi sputare l'anima. Volevo odiarla, ma solo l'accenno di un sentimento di aggressività era in grado di risvegliare la paura. La totale passività era la sola cosa che riusciva a tenermi discretamente calmo. Il litigio mi aveva stremato e, nonostante il mio stato di ansia, mi addormentai dopo pochi minuti. Mi svegliai due ore e mezza dopo. Maria era già in piedi, ad aprire le finestre della camera da letto, per fare entrare un po' di aria. Non avevo voglia di alzarmi e decisi di restare a letto il più a lungo possibile, fissando il culo della mia ragazza, portando così al massimo la mia erezione mattutina. Avevo una voglia vaga di fare l'amore con lei, ma non ero dell'umore adatto.
Era noioso stare stesi a letto ma per nessuna ragione al mondo volevo incrociare Maria, nel frattempo uscita dalla stanza. Speravo fosse già andata a fare ginnastica in salotto, in modo da farmi fare colazione in pace. Come pensavo, purtroppo, era in cucina a preparare qualcosa. Dopo mezz'ora, Maria entrò in camera da letto: "sei sveglio?“ la sua voce era piatta, il tono non era né ostile né amichevole. " sì "risposi debolmente. " c'è la colazione sul tavolo" "ok" sentii un'improvvisa voglia di piangere, ma mi trattenni. Lei restò a guardarmi in silenzio per qualche secondo, poi lasciò la stanza. Mi alzai e mi vestii in fretta prima di entrare in cucina. Lei era in piedi di fianco al tavolo e io, attento a evitare il suo sguardo, mi sedetti per mangiare. Con un gesto impaurito ed incerto presi una fetta di pane e me la misi sul tavolo,prima di versarmi un po' di latte bel bicchiere. "hai sentito che ci sono molti contagiati anche nel tuo paese?" mi chiese, sorseggiando il suo caffè.
"si" risposi a voce bassa. In una mossa improvvisa che provocò uno spasimo nel mio corpo, lei chiuse la mano attorno al mio polso. "hai paura di me oppure mi stai respingendo?" "ho paura" risposi, quasi con un sussurro. Lei mi lasciò il polso. "non devi averne. Non sono arrabbiata con te adesso"
Non riuscii più a sopportare quella situazione e la mia mano strinse la fetta di pane all'inverosimile, mentre sul mio volto si dipinse una smorfia di pianto. Una rabbia infantile mi travolse. Mi alzai in piedi e gettai la fetta dall'altra parte della stanza. Volevo gridarle in faccia qualcosa, ma ero bloccato dalla paura,e così corsi nella camera da letto degli ospiti, con una gran voglia di spaccare tutto. In realtà non osai fare nulla se non rifugiarmi in quella stanza e rimanere lì fermo. Maria entrò subito dopo di me. "non so se dovrei sculacciarti o coccolarti" disse con voce calma. Mi voltai verso di lei, pronto ad attaccarla con la mia furia infantile ma, non appena il suo sguardo incrociò il mio, abbassai la faccia, fissando il pavimento. Vidi le sue mutandine nere cadere a terra, tra le sue caviglie, poi la sua mano afferrarmi la spalla e spingermi giù, costringendomi a stare davanti a lei sulle mie ginocchia. Mi afferrò i capelli. "ora stai per fare qualcosa che non hai mai fatto per me prima" disse in tono intimidatorio, allargando leggermenente le gambe. Fissai spaventato i suoi addominali scolpiti appena prima che lei spingesse la mia faccia verso il suo sesso gocciolante di umori.
Improvvisamente i suoni mi apparvero ovattati, non appena le cosce di Maria coprirono le mie orecchie. All'inizio provai terrore, ma poi l'odore dei suoi succhi vaginali mi invase il cervello, tranquillizzandomi, dicendomi che andava tutto bene,che dovevo solo arrendermi e tutto sarebbe tornato a posto. La leccai come se la mia vita dipendesse dalla mia abilità con la lingua e se le sue cosce non mi avessero bloccato l'udito, avrei sentito distintamente versi animaleschi. Invece la sua eccitazione era tangibile dal flusso di succhi che iniziavano a riempire la mia bocca e gocciolavano all'esterno dal mento. Lei iniziò a roteare il bacino per spalmarli su tutta la mia faccia e potevo sentirla a malapena ordinarmi di "bere ogni singola goccia". In quel momento le avrei dato anche la luna se me lo avesse chiesto. Sentii i suoi succhi schizzarmi in gola come lei si avvicinò sempre di più all'orgasmo. Quando venne mi schiacciò duramente contro di lei e si sfregò sulla mia faccia intera. Per qualche secondo persi completamente il respiro, ma non ebbi il tempo per farmi prendere dal panico perché subito Maria allentò la presa. Era tutto finito. "la situazione è difficile, non possiamo farci nulla. Non potremmo provare a rendere questi giorni il più possibile piacevoli?“ chiese in modo amichevole. Annuii. Lei mi prese il braccio e mi tirò in piedi, prima di andarsene, lasciandomi da solo con i suoi odori. Ci comportammo in modo pseudo-normale per le ore successive. Non ci furono altri incontri fisici e parlammo di tanto in tanto di come organizzare la nostra serata. Lei faceva finta di tenere in considerazione le mie opinioni, ma alla fine si faceva solo quello che lei aveva stabilito. Le poche volte che ebbi una qualche influenza fu quando le ricordai una cosa che aveva dimenticato.
continua...
Edited by schiavolentieri - 31/3/2021, 07:51
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