Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

DA TEPPISTA A SCHIAVO, Alessio e Marzia

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view post Posted on 28/3/2015, 12:10     +5   +1   -1




DA TEPPISTA A SCHIAVO

Guardando queste foto un mare di ricordi mi sommerge la mente.
Buona parte sono pessimi; figlio unico, madre finita chissà dove dopo il divorzio, mio padre assente per portare a casa da mangiare rompendosi la schiena tutto il giorno in cantiere: diciamo che di tutte le scelte che la vita mi ha dato io non ne ho azzeccata una... sarà per questo che quando ho iniziato a non scegliere più io, le cose sono migliorate.
Mi chiamo Alessio e se oggi ho un posto di lavoro e tengo alla mia vita è solo grazie alla donna che non so come ha scelto di starmi accanto, ma partiamo dal principio senza alcuna fretta.

Ero un bastardo. Su questo non ci piove.
Da quando iniziò il mio cammino scolastico, ovunque andassi, qualsiasi classe frequentassi, riuscivo sempre a farmi odiare da tutti senza ascoltare mai niente e nessuno. Da piccoli ti possono mettere vicino alla maestra e tenerti buono, alle medie già è più difficile... inizi a frequentare gente come te, ci fai gruppo assieme e passi le giornate a picchiare le mani e insultare chi ti passa vicino solo per sfogarti.
Il cammino delle scuole medie fu tortuoso lo ammetto. Venni bocciato un anno in terza e la mia condotta era pressoché irrecuperabile. Rompevo cose, gridavo per nulla e insultavo i professori; una volta ricordo che una compagna mi urlò contro qualcosa, non ricordo il perché sicuramente avevo torto marcio. Era dietro di me ed esasperata si alzò e mi diede uno schiaffo tra capo e collo.
Si spense il cervello. Diventai una furia, mi avventai sulla cattedra e sfondai la parte a sostegno delle gambe con un calcio facendo scappare lei e la sua amica fuori dalla classe per la paura.
Non avevo rispetto per niente, eppure mio padre poveraccio ci provava con le buone e con le cattive grande e grosso com'era, ma in me mancava qualcosa.
Fui mandato dallo psicologo della scuola; la sua stanzetta era vicino l'entrata dell'istituto poco distante dalla segreteria. Ci volevo andare? No. Me ne fregava qualcosa? Nemmeno. Ma siccome mio padre mi ci portò a calci li dentro, quando aprì la porta e mi trovai davanti quella giovane donna appena venticinquenne restai interdetto.
Tralasciamo il come una così giovane fosse entrata li dentro nell'ambiente scolastico, lo avrei scoperto moooolto più tardi. Ora voglio che focalizziate la sua immagine con me.
Ti potevi perdere in quegli occhi azzurri, letteralmente. Lei mi guardò con fare dubbioso quando ancora mio padre faceva i convenevoli; c'era nella stanza un profumo buonissimo, qualcosa di dolciastro ma non smielato. Aveva una coda alta raccolta tenuta dietro con un nastrino nero ondulato, ma lasciava qualche punta libera di caderle sul lato sinistro del viso dai lineamenti delicati. Era del nord Italia quasi sicuramente, parlava con un inflessione non certo romana, ma di quelle labbra sottili e ben delineate, io pensavo a tutto tranne che alla parlata.
Orecchini non ne aveva, un collo sottile ed un corpo perfetto vestito da un tubino nero lungo fino alle ginocchia con sopra un maglioncino aperto dai toni rossastri, che si sposavano benissimo con il paio di scarpe aperte tacco 12 (credo), anch'esse color sangue.
Restai in silenzio a guardarle il profilo, soffermandomi sulle calze scure velate, finché la voce di mio padre ed un suo sguardo assassino non mi salutarono restando da solo con lei.
A dispetto di quanto vi ho raccontato su di me non ero alto a quel tempo; biondino capelli lunghi selvaggi, occhi nocciola, oggi si cresce rapidamente ma io mi ero perso per strada e per arrivare al mio metro e ottanta odierni avrei dovuto aspettare il 3 o 4 anno di superiori.
Mi dava uno stacco di almeno venti centimetri (tacchi compresi...) e ricordo che non mi sorrise affatto. Se ne tornò dietro la scrivania prendendo una grossa cartellina con dentro probabilmente il mio fascicolo, facendomi segno di sedermi; - Alessio... mi chiamo Marzia, la psicologa dell'istituto, vuoi presentarti?

- no

Uno a zero per me pensai. Alzò gli occhi passando dal foglio a me e tornò a leggere ignorando la mia faccia imbronciata e la postura maleducata; - leggo qui che hai fatto un bel po' di confusione in aula, più del solito intendo. Mi spieghi il perché?

- perché ho sfondato una cattedra dopo che quella deficiente mi ha dato uno schiaffo? Non lo so mi andava

- usa un linguaggio più tranquillo d'accordo? Gradirei che non ci fosse astio nel tuo stare qui, ti viene data solo l'opportunità di parlare e avere semmai un consiglio

- da te? E che mi vuoi raccontare? Che ho sbagliato? Era meglio che il calcio glielo dessi in bocca per rifarle i denti? Non me ne frega niente

Sembrò sorpresa dalla mia rabbia e si tirò leggermente su con la testa, abbassando lo sguardo e dandomi un ottima sensazione di averla messa in difficoltà. Ero davvero un cretino dico oggi... e non notai neppure la sua mano abbassarsi dal tavolo sulla gamba per nascondere un pugno nervoso; - tuo padre mi ha raccontato giorni fa di tua madre, parlami di questo.

Stavolta fui io ad arrancare un attimo e mi chiusi senza rispondere; - so che c'è stato un divorzio dico bene? E l'affidamento è stato dato a tuo padre per tua richiesta, come mai?

- perché quella... (stavo per dire una parolaccia ma stranamente mi fermai), perché lei non è più mia madre

- cosa intendi?

- se n'è andata, ci ha lasciato soli per stare con quello stronzo (stavolta lo dissi) ma è meglio così, le femmine non servono a niente, sanno solo rompere le palle e tradire

Non era la cosa più geniale da dire ad una psicologa in erba fresca di università in effetti, ma lo dissi ugualmente, guardandola socchiudere gli occhi e sospirare. Si stava trattenendo o la mettevo a disagio? Anche fermo sul posto non riuscivo a capirlo, mi dava l'impressione che fosse provata quanto me di stare li dentro; - posso farti una domanda personale Alessio?

- come ti pare...

- hai la ragazza? Ne hai avute?

Dentro di me mi chiesi che cazzo gliene fregasse, comunque per orgoglio risposi con soddisfazione che ne avevo avute un paio tutte e due scopate; - capisco. Ora puoi farmi una cortesia? Prendi questo foglio e questa matita e disegna per me te stesso

Non si scompose mai, mi dava così suoi nervi. Nonostante i miei tentativi per farla incazzare mi poggiò quel foglio davanti e restò seria a guardarmi; - non so disegnare

- non importa, hai delle mani e puoi usarle oltre che per rompere le cose. Voglio solo che usi il cervello per fare qualcosa di più che un cerchio con due zeppi al posto delle braccia e delle gambe... puoi farlo?

Non le risposi.
Mi curvai sul foglio dopo essermi avvicinato alla scrivania e presi a disegnare. Non ero davanti a lei, piuttosto sin da subito mi ero tenuto al lato del tavolo ed avvicinandomi si poteva dire che fossi quasi al suo fianco, anche se potevo guardala in faccia.
Anche lei se ne stava girata in direzione mia, quindi cercando di seguire le linee immaginarie sul foglio, mi cadde l'occhio sulle sue gambe accavallate e restai sorpreso nel vederla senza scarpe, con solo le calze a coprirle i piedi; - ti do fastidio?

- eh? Di cosa?

Indicò il piede della gamba accavallata muovendolo un poco e le feci subito un segno negativo con la testa tornando a finire quell'oscenità che stava venendo fuori. Un altro paio di minuto dopo tornai ancora a guardarle i piedi. Non sapevo perché mi attirassero tanto. Lei era intenta a scrivere qualcosa, ma quando le cadde il tappuccio della stilografica restò in silenzio senza voltarsi come ad aspettare che gli facessi la cortesia di riprenderlo.
Mi bloccai guardando l'oggetto finito sotto la sedia e con un po' di reticenza mi chinai in avanti mettendomi in ginocchio al fianco delle sue gambe per afferrarlo.
Ne approfittai per guardarla meglio. Il piede era a poche decine di centimetri da me e continuai a guardarlo con insistenza, poi lo mosse e mi svegliai dal torpore vedendola infilarsi di nuovo la scarpa; - non lo trovi?

- eh?

- il tappo che è caduto vuoi che lo cerchi io?

Glielo porsi, alzandomi in piedi imbarazzato ed aumentando il broncio, feci per rimettermi al mio posto, ma lei mi prese per un polso con fermezza; - siediti qui, fammi vedere che stai facendo

- dove mi siedo?

- sulle mie gambe, sbrigati, l'ora è quasi terminata e non ho ancora il disegno da allegare al fascicolo.

Parlò in modo calmo ma sentivo che c'era irritazione nella voce, quindi sempre più a disagio non mi venne di dirle nulla, spostai il foglio e mi sedetti in quella posizione infantile.
Ero sopra elevato rispetto a lei e guardavo la stanza da una prospettiva molto differente, pensando in quel momento ai professori quando insegnavano; - stai comodo?

- non sono un bambino, perché devo stare così?

- perché te lo chiedo io

Ma che risposta era? Confuso tornai a disegnare e nel giro di qualche minuto, con suo viso adagiato al braccio destro per guardare, lo terminai facendo per alzarmi, ma fui trattenuto per i fianchi; - questa cosa serve a capire alcune sfumature del tuo carattere Alessio e la situazione qui è un po' complicata, ti importa o vuoi che ne parli direttamente con tuo padre?

Faceva una strana pressione su di me, non volevo dirlo ma mi stava facendo quasi male nel trattenermi, ma non mi ribellai girandomi verso di lei e guardando la sua bellezza da così vicino; - servirebbe molto più tempo per approfondire ma dubito ti rivedrò qui un'altra volta, quindi ti dirò le mie impressioni: l'allontanarsi di tua madre ti ha scatenato quel senso di rabbia che ti porti dietro. Il tuo bisogno di sfogarti deriva dalla perdita che non riesci a superare, ti manca quella figura che evidentemente per te è stata molto determinante durante la crescita infantile, ma non hai la calma e la voglia per riuscire a ricercare in modo costruttivo un surrogato

Forse sgranai gli occhi non lo ricordo, ma per certo restai zitto e mai ero stato messo più in imbarazzo in vita mia da quelle parole, quell'espressione severa, ma continuò stendendosi un po' di più sullo schienale guardando assieme a me il foglio tenuto in mano; - poche cose vengono fuori dal disegno in genere, da te almeno posso dire che hai una certa sensibilità che però è totalmente soppressa da strati su strati di ribellione. Dirò questo a tuo padre domani. Per me puoi andare

La sua presa non c'era più, ma nonostante questo esitai ad alzarmi restando confuso da certe emozioni che stavo provando; - non mi hai sentito?

- si...

A quel punto mi alzai dalle sue gambe guardando a terra, ma lei mi seguì un secondo più tardi sovrastandomi completamente e standomi praticamente attaccata. Ricordo che alzai la faccia e provai un senso di paura. Dal suo viso mi parve di capire che volesse picchiarmi, che con la sua mano volesse prendermi a sberle e non mi accorsi neppure di aver fatto un passo indietro toccando la scrivania.
Alzò quella mano smaltata di nero e continuò a fissarmi dall'alto con occhi gelidi che quasi non riuscivo più a sopportare e quando alzò il gomito trattenni il respiro e chiusi forte gli occhi, sentendo infine una piacevole carezza anziché dolore.
Il palmo della mano era morbido e delicato e con il pollice passò sulla guancia scendendo sulle mie labbra abbassando il labbro inferiore e ritrovandomi il dito in bocca. D'un tratto rise. Una risata leggera e di derisione che mi distolse completamente da quello che stava facendo, ritraendo la mano ed allontanandosi verso la porta che si aprì indicandomi l'uscita.
Mi salì un senso di fastidio tremendo ed afferrai la cartella e senza dire niente scappai fuori pulendomi le labbra simulando un qualche senso di schifo che invece non c'era.
Aveva ragione, nel senso che non mi avrebbe più rivisto.
Quell'anno mi mandarono via a calci dalla terza media e scelsi la scuola artistica, piena di ragazze e semplice da fare.
Dopo quella visita, la mia vita non cambiò affatto o quasi per nulla.
Forse ci pensai qualche giorno a quello che era successo con la sventola psicologa, ma non volendo accettare che avesse una minima ragione sui danni che aveva fatto mia madre, scelsi di ignorarne le conclusioni.
Presi presto a fumare e a bere. A scuola erano più le volte che non andavo e tra scazzottate e sospensioni rischiai anche di essere espulso. Nel frattempo i sabati e le domeniche mio padre mi portava con lui a lavorare, gli avevo detto più volte di farmi lasciare scuola, ma non sentiva ragioni, avrei preso il diploma e poi avrei fatto quello che volevo.
Pian pianino (non so come) arrivai al terzo anno, avrei fatto diciotto anni di li a qualche mese, era metà settembre, la scuola era ripresa da poco e le giornate erano ancora troppo belle per essere sprecate dentro la classe.
Poi successe accadde; finii in mezzo ad una brutta questione di spaccio, roba abbastanza preoccupante nella quale uno dei miei amici era quasi morto ed io venni pestato come mai nella vita, tornando a casa con le costole rotte.
Stufo di quella vita per me, mio padre mi diede il resto quando stetti meglio, (non fisicamente ma moralmente) dicendomi che sarei andato da una persona e che non avrei avuto scelta.
Non mi ribellai stavolta. Sapevo di averla fatta troppo grossa ed avevo rischiato di rovinarmi la fedina penale ed un futuro per fare lo stronzo. Quindi presi quel cavolo di indirizzo e ci andai.
Presi la metro e l'autobus per arrivarci. Era un grosso palazzo al centro di Roma, un quartiere per bene e lontano dalla periferia; lessi il nome sulla targa di bronzo e non mi suonò, ma compresi che stessi andando da un nuovo psicologo.
Terzo piano. In ascensore e nell'edificio regnava il silenzio, poi arrivai all'interno esatto.
Mi accolse una musica leggera di sottofondo. Era un appartamento molto bello, moderno e pieno di luce, poi spalancai gli occhi quando la vidi. Davanti a me, leggermente cambiata nell'aspetto, trovai nientemeno che la psicologa della scuola di quando facevo le medie e per un attimo restai senza parole a squadrarla da capo a piedi; - Alessio giusto? Forza vieni dentro...

La seguii entrando e mi trovai a guardare il suo bellissimo sedere fino ad un ampio salotto arredato con un comodo divano di pelle rossa al centro, (tutto era di tonalità tendente al rosso e al bianco e al nero, tende della porta finestra, mensole, quadri alle pareti). Il sofà era sopra un tappeto enorme e con un tavolinetto vicino ed una poltrona dello stesso genere a neanche un metro di distanza. Volete sapere della psicologa in carriera?
Indossava dei pantaloni leggeri di un completo nero; ai piedi calzava delle decolté a punta nere e riuscivo ad intravedere che non avesse calze sotto. Sopra, una camicetta bianca con qualche fronzolo sul davanti, lasciava ammirare il terzo bottoncino aperto ed una bella terza abbondante spuntare leggiadra tra le curve del seno di quella bellissima quasi trentenne; - se te lo stai chiedendo tua padre ha tenuto il biglietto da visita che gli avevo lasciato a scuola. Mi sono sorpresa quando mi ha chiamato, pensava non mi ricordassi di te

- si ricordava di me? Caspita dottoressa devo averle fatto proprio una bella impressione

Sorrisi un po' sfrontato e con le mani in tasca continuando a mangiarla con gli occhi. Non mi accorsi di neanche di aver dato del Lei, forse, anche se adesso ero io a darle più di dieci centimetri, la vedevo con occhi differenti, magari più maturi per certi versi e quegli occhiali leggeri sul naso e quei capelli lisci e lungi portati liberi sulle spalle, le davano un tocco in più di austerità; - ricordo che non usavi toni formali l'ultima volta, puoi continuare a chiamarmi Marzia, non serve fingere quello che non sei

Sorrise in modo freddo squadrandomi lei con un sopracciglio alzato ed aria riflessiva; - non me ne sono capitati tanti che mi hanno parlato con quelle parole offensive... me le hai quasi tolte dalle mani quel giorno sai? Stavo per rischiare il posto per un bambino

fece una smorfia che non compresi: sembrava fosse di derisione verso se stessa, ma c'era altro ne ero sicuro, poi titubante mi sedetti sul divano come indicato, aspettando che lei facesse lo stesso sulla poltrona; - allora, stavolta non ho informazioni, vuoi iniziare a raccontarmi l'agitazione di tuo padre a cosa è dovuta?

Lo feci. Non ci girai intorno e mi presi lunghi spazi per i dettagli come ad andare fiero di quello che avevo fatto, finché non terminai; - e ne sei contento? Va bene così o cambieresti qualcosa?

- beh ovvio che cambierei qualcosa... non ci andrei proprio da quello spacciatore ne cercherei uno più tranquillo!

Risi da solo restando a braccia conserte; - è già qualcosa...

Scrisse qualcosa su una sua cartellina che teneva fra le mani, ma a quel punto volli parlare di altro; - lo sai come sono, non c'è bisogno di parlare e girarci intorno più di tanto, i soldi di mio padre li prendi comunque quindi se me ne vado fa lo stesso no?

Si fermò dallo scrivere e mi parve di vedere stringere la stilografica con maggior forza nelle dita; - fa lo stesso, ma preferirei che mi lasciassi fare il mio lavoro. Ti è così difficile parlare con qualcuno? È qualcosa che fanno anche i bambini

Si era innervosita? Non ne ebbi la certezza, ma lei ebbe la sua sul fatto di avermi fatto subito girare le palle nel trattarmi a quel modo; - non ne frega un cazzo del tuo lavoro, io questo sono e questo sarò sempre! E così che vivo e mi sta bene

Alzandomi, tirai fuori il portafoglio dalla tasca e lasciai cadere sul tavolino le sessanta euro della seduta girando i tacchi, ma a quel punto lei si alzò di scatto, mi raggiunse e nel voltarmi ricevetti uno schiaffo fortissimo in faccia che mi spense per un attimo la vista.
Col viso spostato dall'inerzia del colpo, il tempo sembrò fermarsi e la testa mi era stata appena svuotata; - siediti

Tornai a guardarla. Stavo tremando, ma non di rabbia, di una sensazione di timore, io che non avevo mai avuto paura di niente e mi ritorno alla mente quando nella stanzetta a scuola provai una cosa simile ad averla così vicino. Mi mossi per andare verso il divano ma bloccò la strada; - siediti ho detto

Indicò con l'indice per terra. Aveva le mani sempre smaltate di nero ricordo e vinto da quel carisma sconcertante, mi abbassai lentamente restando in ginocchio a sentir pulsare la guancia arrossata; - rivolgiti a me un'altra volta così e giuro che ti faccio mangiare quei soldi, chiaro? Rispondi!

Fui afferrato forte per i capelli e mi urlò l'ultima parola, finché non le risposi in modo offeso; - il tuo problema si può curare con facilità, sei soltanto uno stronzo che ha perso sua madre, la quale neanche ha avuto la decenza di crepare, ma di andarsi a scopare un altro. Pensi che qualcun altro deve rovinarsi la vita per una donna così oltre a tuo padre?!

Sgranai gli occhi ancora mantenuto per i capelli. Era leggermente china su di me, potevo guardarla così distintamente negli occhi da seguire ogni tratto del trucco scuro che aveva sugli occhi, scendendo involontariamente sull'apertura della camicetta; - n-no...

- parla più forte

- No

- merita rispetto tua madre?!

- NO!

Urlai anche io alla fine e fui rilasciato, finendo con il viso adagiato al suo ventre. Aveva fatto un passo avanti e con la mano aveva premuto la mia testa fino ad avermi a contatto. Aveva un profumo meraviglioso, era calda e involontariamente a quel gesto così dolce dopo tanta aggressività, mi fece tornare improvvisamente bambino, alzando le braccia abbracciandole con gentilezza le gambe; - già con questo dovresti stare apposto con la tua coscienza... non hai sbagliato a provare quel sentimento, ma buttarlo sugli altri e su te stesso così alla rinfusa non è costruttivo Alessio. Oltre il bene, oltre il male, oltre tutte le stupidaggini che si sentono in giro, ci sono solo due vie da seguire nella vita, puoi scegliere di distruggere qualcosa e puoi scegliere di crearla. Il resto non conta. Fino ad oggi hai distrutto, adesso voglio che tu costruisca, perché tutti sono in grado di farlo ed io odio vedere gli sprechi

Quelle carezze sui capelli aumentarono di intensità man mano che il discorso proseguiva e non mi accorsi nemmeno di stare piangendo quando questo finì. Era un pianto silenzioso e senza singhiozzo, quasi un pianto liberatorio di un qualche peso; - alzati

Si scostò di punto in bianco e mi lasciò solo, pieno di vergogna ad asciugarmi il viso a tornare suo pari; - ora puoi andare

- a-aspetta io...

- cosa?

Non riuscivo più a parlare. Cosa mi stava succedendo? Volevo soltanto chiederle se potessi tornare alla prossima seduta, ma non ci riuscivo, mentre lei tornò seduta togliendosi gli occhiali e passandosi una mano sulle tempie visibilmente infastidita dalla confusione; - m-mi dispiace. Per tutto, per quella volta a scuola e per prima, ma vorrei...

- non posso seguirti

Alzai di colpo la testa e feci un passo avanti spaesato; - c-come? E perché? Le ho chiesto scusa!

- le scuse non centrano. Quello che ne verrebbe fuori l'ho già visto e non è quello che ti serve... non sarebbe nulla di professionale. Tu hai bisogno di una donna che ti segni la strada da seguire, non di uno strizzacervelli

- l-lo so ma... forse con te, insomma potrei

- te lo devo ripetere?

Mi stavo umiliando e non riconoscevo più me stesso. l'Alessio di sempre l'avrebbe mandata a fanculo da moltissimo tempo, ma qualcosa si era rotto ed era stata lei a farlo; - i-io voglio seguirti, dico sul serio! Posso accettare quello che mi dici, l'ho capito prima... ho bisogno di essere seguito un pochino lo riconosco, ma posso impegnarmi, dico davvero! Senti, farò qualsiasi cosa ma... dedicami un po' di tempo

- ...

- ...la sto pregando

Abbassai il tono dell'ultima frase ingoiando l'orgoglio, quasi per non voler sentire di averlo detto davvero, mentre lei se ne restò in silenzio per quasi un minuto, guardando fuori la finestra e mordendo dolcemente l'asticella degli occhiali; - perché?

- …

- ti farei più male che bene, so di cosa parlo

- vuoi più soldi? Sono un caso disperato mi sta bene, posso darteli, non c'è problema parlerò con papà

Sembrò sorpresa e serrò la mascella trafiggendomi con uno sguardo per nulla piacevole; - vieni con me... sbrigati

Si alzò aspettandomi al fianco della poltrona. Era riflessiva, come qualcuno che sta per fare una scelta complicata, ma vedendo una qualche possibilità di non essere respinto, la seguii in silenzio prendendo a seguire il corridoio che si allungava oltre l'arco del soffitto, dando su quella dei servizi più in fondo e ad un'altra chiusa a chiave; - chiudi gli occhi

- c-come?

Mi riprese fermando la chiave tirata fuori dalla tasca e mi fissò finché non li serrai zittendomi. Sentii il chiavistello girare e poi la maniglia abbassarsi. Fui preso per mano e condotto nel nuovo ambiente, percependo un profumo conosciuto, forse di cuoio o comunque un qualche tessuto trattato.
Mi lasciò la mano per richiudere la porta e riconobbi il suono di un interruttore, forse due; - aprili

Alzai le palpebre e la vidi.
Non so in quale mondo parallelo fossi finito, ma davanti a me non c'era una stanza da letto (alla quale scioccamente avevo pensato per un attimo); anche li, un grosso tappeto occupava quasi l'intero spazio disponibile, era una stanza più piccola del salotto, forse la metà, quindi una trentina di metri quadrati. Una sola finestra figurava dalla parete alla sinistra dell'entrata, ma la serranda era completamente abbassata e sul soffitto splendeva la luce artificiale di due plafoniere a neon industriali.
Tutto era molto spartano, molto ordinato, ma quello che mi lasciò a bocca aperta fu che al posto della mobilia, ci fossero ogni sorta di diavoleria per il sadomaso.
Un singolo divano nero era posto al centro sopra al tappeto; alle pareti spiccavano numerose rastrelliere con sopra vari tipi di fruste, bastoni e cinture di ogni genere. Due grosse cassettiere contenevano chissà cosa e davanti al divano spiccava una grossa croce ad X appesta al muro, con tanto di catene per polsi e caviglie; -...c-che significa?

- facevo anche questo di mestiere... sai di cosa si tratta?

- n-no... cioè, non proprio almeno

Stranamente non la volli offendere. Sapevo che centrasse un discorso di un qualche tipo di prostituzione, ma era un dato preso dalla mia ignoranza e che comunque tenni per me, camminando spaesato avvicinandomi alle rastrelliere con le fruste e frustini; - non sarei in grado di portare avanti il tuo caso da un punto di vista etico della professione, mi dispiace, ma la risposta continua ad essere la stessa Alessio

Mi voltai tornando in me, inebriato dall'odore forte del cuoio che mi circondava; - ma io...

- ...però

Mi parlò sopra standosene vicino la porta con le braccia conserte, attaccata con la schiena alla parete a sospirare; - non gradisco essere interrotta, ok?

- s-scusa...

- però... posso darti questo che vedi. Non sarò per te una dottoressa ma una padrona e se il termine non ti aggrada possiamo anche smettere ora di parlare

- ...p-padrona?

Una padrona? Non sapevo un cazzo di quella storia e rimasi sbigottito. Voleva che fossi il suo cane? Voleva altro? Mi avrebbe tenuto e aiutato ugualmente accettando?

- continua...

Sorrise leggermente. Era ancora più carina quando sorrideva, pensai; - ti darò quello che vuoi, ma a modo mio, con regole vere, questo non è un gioco. Farai quello che dico io, quando e come lo dirò io sempre o finché non riterrò la cosa sterile e senza possibilità di seguito. Riusci a seguirmi?

- s-si...

- con tuo padre siamo rimasti per due visite a settimana, quelle basteranno. Ti stai mettendo nelle mie mani e se accetti questa soluzione ti prometto che mi prenderò cura di te

Cura? In che senso cura? Avrei voluto chiederglielo sentendo montare un nuovo senso di eccitazione dato dalla mia mente un po' su di giri e mi voltai a guardare ancora l'oggettistica presente; - verresti usare questi?

- e' un problema?

Si avvicinò facendo suonare i tacchi nella stanza e mi restò a fianco a guardare con me la croce a X che più di tutto mi colpiva; - n-no... cioè, non lo so, insomma, ma lo fai da tanto?

Persi la mia maschera di sfigato e per un attimo cercai di riavere un contegno, vedendola sorridere di nuovo; - ho fatto cose abbastanza discutibili quando avevo la tua età e crescendo sono peggiorata... l'ultima relazione che ho avuto non è andata a buon fine e da li ho smesso, sono un paio d'anni che me ne sto buona

Quella sensazione di eccitamento si tramutò presto in un accenno di erezione al sentirla parlare. Era pazza? Faceva queste cose da quando aveva la mia età?
Eravamo davanti la croce a X con le catene, quando improvvisamente mi ci spinse addosso tenendomi per il collo con una forza che non mi sarei aspettato, per poi poggiare le labbra sulle mie ed affondare la lingua in un lungo bacio al quale non potei ribellarmi.
La morbidezza della sua bocca era qualcosa di fenomenale, ed il modo che aveva di baciare per me era nuovo; lasciava le labbra morbide, muovendo il viso avanti e indietro carezzando le mie per poi chiuderle con forza e lasciare che la lingua rincorresse la mia. Mi morse il labbro inferiore, leccando prima quest'ultimo e poi risalendo lungo i margini, alzando una gamba in mezzo alle palle ed alzandomi una mano verso una delle costrizioni; - i-io...

- zitto. Resta fermo

Mi poggiò l'indice sulla bocca e riprese a legarmi prima un polso e poi l'altro e nel giro di pochi secondi ero completamente prigioniero e un po' in intimorito.
Mi sorrise toccandomi la maglietta sul petto, scendendo lentamente, per poi togliere il ginocchio ed afferrare saldamente le palle strappandomi un grido. Le teneva davvero forte, non in modo eccessivo da far male, ma neanche era una carezza; - ti piaccio?

- c-come?

- faresti l'amore con me?

Accennai un sontuoso si all'istante, sentendo la sua mano carezzare con decisione il pene prigioniero dei jeans, finché con mio stupore non prese a sbottonarmi e lo tirò fuori abbassando i boxer.
Svettava indomito tra le gambe. Non credo di avere mai avuto un'erezione così forte prima di allora e con le dita a saggiare quella carne, Marzia prese a segarmi mettendosi a me di fianco e tornando a baciarmi.
Persi ogni dignità nel giro di un minuto, forse due al massimo. Sentii un orgasmo travolgente montare dal basso e risalire il condotto caricandosi alla base del cazzo e quando l'ennesima contrazione lo spinse fuori, il movimento si interruppe, ed il suo pollice si legò all'indice facendo un anello che bloccò tutto; - ah! Ma che fai?!

- ci stai? Vuoi essere il mio schiavo?

Voi, avreste detto di no?
Sospirai sentendo l'orgasmo rimanere orrendamente in bilico e in imbarazzo abbassai ed alzai la testa più volte, ma non le fu sufficiente, tornando a masturbarmi e fermandosi al limite degli spasmi un'altra volta; - AH! Si si accetto!

- che cosa?

- ...di diventare tuo schiavo!

La mano si tolse in un attimo e si spostò avanti a me sorridente, tornando a baciarmi. Persino con quei baci sarei potuto venire se avesse insistito ancora un po' e quando la vidi scendere in ginocchio il cuore ebbe un sussulto.
Arrivò a trovarsi il cazzo praticamente davanti al viso e se lo guardò attentamente; sulla punta era comparsa una goccia trasparente che preannunciava l'imminente fuoriuscita di liquido. Ci poggiò l'indice sopra lasciandolo sulla punta e spalmando quella goccia attorno alla punta sensibile, poi scese con la mano sulle palle e le afferrò saldamente stringendole in pugno; - avvertimi quando sei al limite ok?

Sospirando in modo frustrato, una stretta alle palle mi cacciò fuori un urlo ed un -SI- molto convinto, finché la testa del pene, lentamente, non scomparve tra le sue labbra.
Quel calore infernale mi avvolse. Gemetti come una femmina tirando indietro il bacino per istinto, attaccandomi di più alla croce alla quale ero legato.
Se la tenne in bocca senza muoversi e lasciò lavorare la lingua che corse lungo la carne pulsante leccando senza sosta intorno, sopra e sotto, soffermandosi sulla punta e li ci fu il mio primo avviso.
Si tolse, lasciò le mie palle e tornò a stringere la base del pene con decisione, finché l'orgasmo non tornò indietro; - M-Marzia... non ce la faccio più!

Se lo ingoiò un'altra volta e ripeté quel sistema diabolico per altre quattro o cinque volte fino a portarmi sull'orlo della pazzia e presi a dimenarmi pur di godere, ma non ci fu nulla da fare e la cosa restò irrisolta, vedendola tornare in piedi e baciarmi ancora.
Sapeva di me, ma non mi importava. Le ricambia quel bacio godendo del lentissimo movimento della mano bagnata della sua saliva sul sesso, che ad una nuova pulsazione fu puntualmente lasciato; - BASTA! Ti prego basta! Sto impazzendo...

- questa è la prima lezione, siamo già ben oltre l'orario e siamo qui solamente perché un cliente ha disdetto: il tuo corpo è mio adesso, sono io che decido quando godrai e se godrai, intesi?

Dovetti rispondere per non ricevere una strizzata alle palle ormai durissime; - molto del nostro lavoro sarà su questo Alessio. L'uomo è portato per natura a seguire i propri bisogni nella vita, se qualcuno conosce il bisogno primario, la ragione di vita, allora governa quella persona. Ti darò nuovi bisogni, ed il primo sarà quello di godere. Non penserai ad altro e mi pregherai di esaudire quell'unica ragione che ti farà alzare in piedi la mattina...

Un discorso così perverso, così crudele mi lasciò veramente spaventato, ma così inerte e con il cervello oscurato dalla voglia e da quella mano che continuava dolcemente a segarmi, ingoiai la lingua abbassando lo sguardo su me stesso.
Marzia mi lasciò, pulendosi la mano sulla maglietta e si diresse verso una cassettiera vicino la porta. Ero provato, le gambe mi tremavano e stavo sudando come un maiale. Quando tornò da me aveva qualcosa nelle mani; - ...c-che cos'è?

- il tuo guinzaglio... fattelo tornare giù, sbrigati

- cosa?! Ma come faccio non ci riuscirò mai!

Perse il suo sorriso quando la contraddissi. Tenne quanto aveva portato nella mano sinistra e con la destra mi diede un altro schiaffo bello forte sulla faccia; - abbassalo

- ci sto provando... non so come fare

Altro schiaffo.

- il prossimo non sarà sul viso...

- Marzia, ascolta ti pre...

Per un attimo la vista scomparve. Un dolore pazzesco si liberò dalle palle schiacciate da una sua ginocchiata e si spanse nel ventre risalendo tutto l'addome. Urlai in modo strozzato e caddi in avanti sorretto dalle catene, sentendo il sangue defluire dal cazzo che tornò a dimensioni quasi normali nel giro di un minuto.
Mi vennero gli occhi lucidi e provai rabbia, subito prima di essere preso per il viso e tirato verso il suo petto morbido in una specie di abbraccio; - non amo fare del male senza ragione... potrai sempre evitare di subirlo nel modo più semplice, obbedisci sempre. Se qualcosa non riesci a farla non dire mai -non posso- ma impegnati e fallo ugualmente, non ti metterò fretta e premerò il tentativo

- s-scusami...

Perché diavolo mi stavo scusando? Ero stato picchiato a quel modo e torturato e mi veniva anche da chiederle scusa?
Inspirai forte il suo odore afrodisiaco e la lasciai fare, prima che il pene cominciasse a rianimarsi. Fece il tutto con molta calma, aprì quella specie di custodia di gomma trasparente, ne leccò i bordi interni per lubrificarla e in ginocchio ci infilò dentro il mio uccello lottando un po' con la pelle in eccesso, finché l'anello iniziale non fu in congiunzione con la scocca esterna e venne infine chiusa con un piccolo lucchetto.
Era stranissimo vedermi ridotto a quel modo ed ancora non avevo realizzato quanto quell'arnese potesse essere diabolico. C'erano dei fori per la traspirazione, la punta del pene era l'unica parte esposta e in quel modo non avrei avuto problemi ad andare in bagno pensai ingenuamente tra me; poi, Marzia passò un dito proprio sul prepuzio esposto, ed in un paio di secondi le arterie del pene tornarono ad ingrossare il muscolo che tuttavia subì un brusco arresto; - oddio, ma fa male!

- eccitati senza permesso e questo è quello che avrai. Da oggi non ti toccherai più, a meno che non sia io a chiedertelo. Come ti senti?

Non seppi cosa rispondere. La vedevo li vicino, in piedi sui tacchi e volevo scoparmela con tutto me stesso e invece ero chiuso in quella gabbietta. La piccola chiave con attorno una catenina d'argento finì attorno al suo collo, comparendo fra le tette nella camicetta ed infine fui liberato dalla croce; - allora?

- b-bene...

- bene?

Mi guardò sorpresa mentre allentava anche l'altro polso, tornando a braccia conserte a fissarmi; - potrei stare meglio...

- lo potremmo tutti... vieni. Usciamo

Quando tornammo in salotto restai qualche istante da solo con me stesso aspettando che Marzia si versasse un bicchiere di aperitivo dal carrello dei liquori e mi guardò indecisa; - prendi qualcosa?

- eh? Ah quello... no grazie

Sorrisi cadendo dalle nuvole e la guardai sistemandomi con poca grazia in mezzo alle gambe; si vedeva un leggero rigonfiamento, ma poteva anche essere scambiato per semplice dotazione naturale; - cosa stai pensando?

- non lo so... a niente e a tutto. Io non mi sarei mai aspettato questo

Bevve un altro lungo sorso dal bicchiere di cristallo e si attaccò col sedere al mobile vicino; - Martedì e Giovedì sarai da me, a meno che io non decida diversamente. Stessa ora, puntuale, sempre. La prossima volta mi porterai gli orari delle tue lezioni e i tuoi libri... ti aiuterò come posso nelle materie in cui sei carente e dal tuo rendimento scolastico dipenderanno molte cose del tuo futuro, in tutti i sensi

Sorrise e io sospirai pensando a che gran casino sarebbe stato; - fumi?

- si

- non più

- non più?!

Mi guardò con occhi di ghiaccio e incredulo tolsi dalla tasca dei jeans il pacchetto mezzo finito e lo poggiai sul carrello con un finto sorriso accondiscendente; - che bravo bambino. Avviserò tuo padre della tua scelta di smettere di fumare e gli chiederò di monitorarti qualora dovessi venirti voglia di comprarti un pacchetto. Se verrò a sapere in qualsiasi modo che hai fumato, beh... fa che non lo scopra ok?

Mi tolse il sorriso. Riusciva a spaventarmi e non capivo da dove venisse quell'ascendente così forte che emanava su di me; - stessa cosa per alcool e se per caso fai uso di droghe...

Restai zitto grattandomi la testa colpevole e la vidi passarsi una mano sulle tempie esasperata; - c'è qualcosa che non fai di sbagliato?

- i videogiochi sono il male?

- ...no

- gioco a quelli quando ho tempo...

- molto maturo per essere il teppistello di periferia

Finì di bere dandomi quella frecciatina e poi si avvicinò in modo provocante fissandomi negli occhi e tirando fuori dal seno la chiavetta della mia prigionia; - io amo costruire qualcosa. Posso dedicare molto tempo a qualcosa per cui ritengo ne valga la pena... ma so anche distruggere. In modo assoluto e permanente. Ora vai e quando sarai a casa abbraccia tuo padre e chiedigli scusa

- ...

- ALLORA?!

- s-si... come vuoi!

Smise di giocare con la chiavetta e soddisfatta si avviò all'ingresso aprendomi la porta, finché non restai fuori a fissarla; - ...posso una domanda?

- dimmi

- anni fa, alla scuola media... eri già così? Nel senso, mi avresti picchiato o robe simili?

- se ti avessi avuto fra le mani quel giorno m'avrebbero sbattuta in galera e buttato la chiave

Deglutii sorridendo forzatamente a mezza bocca, mentre lei si fece una risata; - ma so riconoscere quando c'è da poter potenziale... sono le sfide che preferisco

Alzò una mano e mi salutò in modo distaccato, finché non mi chiuse la porta in faccia con garbo, restando come un fesso a guardare avanti a me e dirle quel grazie che avevo solo pensato.

Continua...

Edited by 8Dark8 - 1/10/2015, 18:04
 
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view post Posted on 28/3/2015, 17:19     +1   +1   -1

Professore/essa SM

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Definirlo stupendo sarebbe riduttivo !!! È magnifico ☺️
Non vedo l'ora che esca la prossima parte !!!
 
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dolcesogno24
view post Posted on 28/3/2015, 17:48     +1   -1




molto originale dovresti scrivere libri
 
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view post Posted on 29/3/2015, 00:08     +1   -1
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Fantastico
 
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demian2
view post Posted on 29/3/2015, 14:50     +1   -1




Gran bel racconto. Complimenti. Continua per favore!
 
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8DarkFrame8
view post Posted on 31/3/2015, 00:34     +2   +1   -1




DA TEPPISTA A SCHIAVO - II

- scusa Ale ma entri pure oggi?

- ... beh?

- beh? Va bene ieri che avevi detto che non ti andava di andare ai castelli perché pioveva, ma oggi c'è un sole assurdo, ci viene pure Katia dai che quella te la fai!

- ho detto che entro in classe

- boh, fa come ti pare, ricordati che prima dell'uscita ci sta quel tizio che voleva il fumo. Già che entri almeno fammi questo piacere. Ciao bello

Me ne restai attaccato al muretto fuori il cancello vedendo il mio amico tornarsene dal gruppetto più avanti. Erano sei o sette, tutti ragazzi con due femmine tra cui Katia, che stava parlando al cellulare indifferente.
Ci ero andato vicino con lei, ma più di una sega non ero riuscito ad ottenere in una settimana, un po' poco per i miei standard, però di certo nelle condizioni in cui ero adesso da quel fronte avrei potuto pretendere ben poco.
Mi lanciarono qualche occhiata, poi si avviarono verso la fermata dell'autobus e io tirai su lo zaino da terra, varcando la soglia di scuola come voleva Marzia.
Mi venne un incredibile desiderio di fumare una sigaretta. Non le avevo con me dopo che martedì avevo lasciato il pacchetto nello studio di quella che potremmo definire adesso... Padrona.
I suoi occhi severi mi apparvero nella mente intento a camminare lungo il piccolo vialetto, mentre scandiva quella parola -Schiavo- e mi fermai un attimo, godendomi un raggio di sole mattutino tra gli alberi.
Non mi aveva dato fastidio quel termine, anche se non capivo bene il motivo. Forse non avevo ancora afferrato cosa fosse successo, forse oggi dico che da ragazzo vedi tutto con leggerezza, con superficialità, ed era per quello che avevo ceduto. Per quello e per quelle pratiche meravigliose che avevo subito legato a quella croce.
Mi grattai la testa confuso, prima di percepire qualcosa tentare di ingrossarsi e subito quel sorriso ebete che avevo scomparve, riprendendo a camminare e pensare ad altro.
Ero uno degli ultimi. Tra poco non sarebbe stato possibile entrare se non in seconda ora, ma feci ugualmente in tempo e fui in aula pochi minuti dopo.
Tralasciando l'essere entrato a scuola ieri, prima di allora avevo saltato allegramente cinque giorni di fila, un'intera settimana e non avevo la minima idea ancora di dove fossimo arrivati con le materie e sinceramente non me ne fregava nemmeno nulla.
Mi sedetti all'ultimo banco a destra, quarta fila. Amavo quel posto, perché se mettevo sopra un giacchetto, d'inverno potevo passare quasi inosservato a dormire e d'estate la parete mi dava fresco e sostegno durante il caldo. Molto tattico insomma.
Il mio vicino di banco aveva da tempo cambiato posto; gli avevo rotto così tanto le palle, fatto prendere rimproveri ed avevo alzato così spesso le mani, che da quando la scuola era ricominciata lui non si avvicinò proprio e nessun altro lo fece. A me andava benissimo, meno spazio da spartire, ma era anche più difficile copiare!
Quando arrivò il prof partì la sagra del controllo esercizi, poi iniziò a parlare e parlare e la mia mente già dopo la prima ora faticava a seguire, così mi ritrovai a pensare a mio padre.
Ero tornato a casa lunedì in evidente stato alterato, non certo da alcool o droga, ma ero impressionato, avevo bisogno di farmi una doccia e chiarirmi le idee di quello che era successo con Marzia, ma quando lo incontrai, stanco ed intento a prendere un po' di fresco sul balcone mi salutò un po' diffidente.
Non gli dissi nulla, andai solo davanti a lui e lo abbracciai leggermente dicendogli quelle scuse doverose (almeno a sentire Marzia, ma in fondo un po' ci credevo anche io).
Prima che potesse fare qualche commento ero già dentro casa a prendere il cambio per farmi una doccia; - ad esempio Alessio, che oggi ci fa l'onore per due giorni consecutivi di venire a trovarci. Immagino non ci siano problemi per il compito di sabato dico bene?

Caddi dalle nuvole scuotendo la testa annoiato e compresi che si stava parlando di un compito in classe da fare. I compagni avevano scelto sabato e io in silenzio e ignorando quello stronzo di un nano supplente (aveva avuto ordine dalla prof di fare il test), feci assenso con la testa, per poi tornare a farmi i cavoli miei; - ...ma lo sai almeno che devi studiare?

Si voltò Sara, una ragazza tranquilla che a volte mi aveva passato i compiti. Era mora, capelli corti a caschetto, un viso carino con gli occhiali ed un fisico un po' grassottello ma nel complesso si poteva fare; - tanto mi passi tutto no?

- ma che vieni a fare se non ascolti? Il compito è a risposta aperta, ed è fatto a file A, B, C casuali, lo sta dicendo da una settimana Ale!

- quindi?

- quindi se tu sei A, io difficilmente avrò il lo stesso tuo e se anche lo avessi come pensi ti possa passare tre o quattro domande da venti righe l'una? Lo sai Ferretti quanto è bastardo pur di farci scrivere

Non risposi più e me ne tornai a braccia conserte sul banco poggiandoci la testa ed in quel momento realizzai: se Marzia mi aveva detto oggi di portarle tutto il materiale delle lezioni (pochissima roba in effetti), come avrebbe reagito ad un brutto voto? - che faccia Ale, hai capito che prenderai un altro non classificato?

Sara scoppiò a ridere coinvolgendo la sua amica di banco che però rimase più discreta. In realtà non so che faccia avevo fatto, ma sapevo cosa nelle mutande si era mosso e col fatto di non poter camminare o muovermi non riuscii a far defluire il sangue, che invece si riversò nella carne stretta da quella maledetta gabbia di plastica.
La mente viaggiò di pari passo al fastidio; più non volevo pensarci e più ci pensavo e più ci pensavo più il cazzo veniva stritolato dalla costrizione, abbassando la faccia verso il pavimento e restando immobile per non far danni.
Accadde altre tre volte quella mattina e pian piano cominciavo a capire cosa volesse dire avere quella cintura di castità in miniatura attaccata all'uccello. Anche mentre facevo la doccia il giorno prima mi era successo di eccitarmi, ma se stavo in piedi era più facile tenermi a bada un minimo; fuori invece, con tutte quelle ragazze attorno, i loro sederi, le tette, insomma era da uscir pazzi!
Non ero mai stato incline a vedere le mie compagne di classe e tranne un paio su quindici, il resto non erano tutta sta gran bellezza, ma al mio uccello non gliene poteva fregare di meno.
Il suono della ricreazione fu la liberazione mentale che aspettavo ormai con impazienza.
Mi fiondai fuori dalla classe e scesi giù nel cortile dove ero solito bazzicare con altri ragazzi e bramai una sigaretta, ne avevo bisogno subito, in modo assoluto e trovarmi in mezzo agli amici tutti quanti intenti a fumare ovviamente ebbe ripercussioni.
Uno dei cinque, vista la mia condizione e saputo che - avevo dimenticato a casa il pacchetto - me ne offrì una e presa tra le dita pretesi anche l'accendino fermandomi; - la vuoi accendere con lo sguardo? Se non la volevi potevi dirmelo

- che cazzo ridi? E' che oggi non sto tanto bene... dai per stavolta passo

Faticai come un bastardo a ridargliela indietro e tutti mi guardarono sorpresi; - Alessio che rifiuta una sigaretta? Cazzo c'hai sta per morire?

Lo guardai male li seduto sul motorino mezzo sfondato e mi sedetti sul muretto con una gran voglia di prendere a pugni qualcuno e quel qualcuno mi passò davanti guarda caso proprio in quel momento; - c'è Mirco, quello del primo F, dai chiamalo qui un attimo

Mi venne da ridere e prima che potessi rispondere gli altri gli avevano già fatto cenno e lui con reticenza si stava avvicinando. Era un soggetto, altroché se lo era.
Vestiva di nero, secco come un chiodo, capelli mezzi rasati, mezzi lunghi che sembrava fosse andato da Sweeney Todd a farsi i capelli.
Era taciturno, una faccetta pulita, sempre con quelle cavolo di cuffiette; avevo iniziato a dargli fastidio pochi giorni dopo l'inizio della scuola quando lo avevo visto alla fermata dell'autobus. stavo con tre amici, lui da solo come sempre. Ci scherzammo un po' pesante prendendolo per il culo, poi visto la sua assenza di ribellione passammo a scherzi di mani finché non salimmo sul mezzo pubblico e anche li continuammo.
Da quel giorno quando lo vedevamo c'era ben poco che potesse fare per sfuggirci; - ritardato vuoi fumare erba?

Si vedeva che era agitato e fece di no con la testa, mentre uno dei ragazzi scese dal motorino con fare arrogante come se volesse picchiarlo e gli andò sotto spingendolo col petto per farlo arretrare; - torna qui, fatti dare un pugno sennò ti distruggo, sbrigati

Cercò di andarsene, ma un altro lo trattenne e lo mandò addosso al primo che lo aveva spinto, quindi rassegnato si girò di fianco e porse la spalla dove spesso lo colpivamo. C'erano ancora i lividi delle altre volte constatai ridendo.
Mi avvicinai pure io facendo scrocchiare le nocche e caricai il pugno mettendoci dentro tutta la frustrazione che avevo in corpo, quindi lo colpii a bomba tanto da farlo cadere a terra urlante.
I ragazzi si tirarono indietro sorpresi dalla violenza del colpo e dalla reazione urlante di Mirco, quindi dopo avermi guardato come per dire -cazzo fai- se ne andarono prima di finire nei guai, cosa che prontamente, attirando l'attenzione piangendo, il custode venne verso di noi e la mia giornata precipitò in un attimo.

- non me ne importa niente se stavi scherzando! Quel ragazzo è più piccolo di te e lo hanno portato al pronto soccorso te ne rendi conto?!

- ...

La preside mi urlava contro e io stavo li davanti seduto aspettando che la ramanzina finisse. Non mi ero reso conto di esserci andato così pesante, volevo solo sfogarmi un po', invece Mirco lo erano venuti a prendere e portato in infermeria, poi chissà dove; - iniziamo l'anno con una sospensione Alessio? Così a tuo padre puoi dare altri problemi, dimmi tu cosa devo fare? Hanno chiamato adesso i genitori del ragazzo vogliono denunciarti!

- d-denunciarmi?! Andiamo per un pugno?!

Restai interdetto e persi la mia maschera iniziando a preoccuparmi sul serio; - pensi che il pugno sia il problema? Ho già avvisato tuo padre della cosa... non può venire qui per via del lavoro, ma ci parlerò stanne certo Alessio

Mi fece un cenno disgustato di andar via e mi alzai come una furia sbattendo la porta e mollando un pugno al muro, poi la rabbia passò piano piano e sfumò con il vento fresco che c'era fuori la scuola e restai a pensare. Quella cosa sarebbe rimasta li dentro, Marzia non l'avrebbe saputo. Mi bastava fingere e sorvolare sulla cosa e se non ci fossero state ripercussioni serie l'avrei fatta franca.
Poteva funzionare.
L'agitazione lentamente passò fino a che non tornai a casa.
Mio padre sarebbe tornato la sera quindi mangiai un panino al volo e mi rilassai davanti la TV cercando di non pensarci. Alle e 15:30 mi avviai con calma; presi la metro e l'autobus come la prima volta ed uscii dalla periferia di Roma per entrare nel centro e camminai lungo il viale alberato fino a scorgere il grande portone di ghisa e acciaio placcato con su la targa (fra le tante esposte) della mia psicologa.
Quando citofonai, tutta la tensione tenuta a bada uscì dal binario che avevo costruito e non presi neanche l'ascensore per allungare il tragitto. Se ne sarebbe accorta? Dovevo fingere meglio se volevo salvarmi. E se mi avesse scoperto? Cosa mi avrebbe fatto? Forse mi avrebbe lasciato stare, non volendo più seguirmi!
Mi prese una specie di attacco di panico di cui rimasi spiazzato. Fermo ad un piano da lei pensai a quanto tenessi ad essere li in quel momento, allo zaino sulle spalle dove avevo le cose che le avrei fatto vedere, ed il pensiero che tutto finisse per un coglione a cui avevo dato un pugno mi gelò il sangue. Ma questo non sarebbe successo, dovevo solo calmarmi.
Quando arrivai su, Marzia era sulla porta e parlava al cellulare con qualcuno.
Mi fece accomodare salutandomi con un cenno del capo ed un po' in ansia entrai, sospirando una volta dentro il salone; - capisco. La ringrazio, è sempre utile avere sostegno dalla famiglia. Si, rimaniamo così. Arrivederci

La telefonata si chiuse con me in piedi davanti al divano reticente a sedermi e lei che invece poggiò il telefonino sul tavolo di cristallo e mi squadrò; - come stai Alessio?

- c-ciao Marzia... bene

Schiarii subito la voce uscita un po' sommessa; - dicevo Bene! Oggi poi ha fatto un sole! Sembrava ancora Agosto

Si mise seduta sulla poltrona accavallando le gambe.
Indossava stavolta una gonna abbastanza corta, senza calze, che lasciava scoperte quelle belle gambe dalla pelle bianca che aveva, con sopra una camicetta anch'essa nera e molto seria, sbottonata come di consueto fino al terzo bottone. Da qualche parte ero certo avesse anche una giacchetta in coordinato, le sarebbe stata benissimo; - hai portato quello che ti ho chiesto?

- certo, ma non è tanta roba... insomma, capisci non seguo molto

Mi ignorò e si fece passare le mie cose dicendomi di poggiarle sul tavolino li di fianco dicendomi di sedermi; - il tuo diario?

- diario? Non lo uso veramente...

Sospirò ed il mio sorriso sornione scomparve davanti la sua austerità. Sembrava fosse già arrabbiata per qualcosa, forse qualche cliente l'aveva fatta innervosire. Da quel momento si prese del tempo. Ispezionò i quaderni uno ad uno, guardò le condizioni dei libri didattici trovandoli ovviamente immacolati, poi si soffermò sulla prima pagina di un quaderno dove avevo scritto l'orario, non avendo appunto il diario; - in quali materie sei sufficiente come rendimento?

Ci dovetti pensare un attimo. In inglese me la cavavo, anche perché giocando online a casa mi ero fatto una mezza cultura autodidatta e riuscivo per lo più a capirlo e scriverlo, ma il resto era un disastro come tutti gli anni precedenti; - inglese...

- ...poi?

- e poi... basta

Avrei voluto farvi essere me per un attimo, quantomeno per condividere il dolore che riuscì a infliggermi con un solo sguardo di ghiaccio, che passò poi ad un leggero scuotere della testa ed il passarsi le dita della mano sulla tempia destra. Aveva i capelli raccolti in una coda bassa quel giorno e niente occhiali; - qual'è il test più vicino?

- filosofia... sabato

Prese a guardare il quaderno della materia e si fermò alla quarta pagina per via che il resto erano bianche; - hai solo appunti dell'anno passato... e sono solo quattro pagine. Vista la gravità della situazione ti presterò ulteriore attenzione portando le nostre sedute a Tre volte la settimana, l'ultima sarà sempre di sabato e sempre alla stessa ora intesi?

Scostai lo sguardo per riflettere che forse avrei dovuto avvertire un attimo mio padre, ma lei mi azzerò quel pensiero; - non pagherai per quelle sedute extra. Sabato il mio studio è chiuso, non è lavorativo. Mi porterai questo quaderno con almeno venti pagine di riflessioni, appunti e quant'altro il tuo professore abbia spiegato fino ad ora, sono stata chiara?

- VENTI?!

Mi grattai la testa fissando quel quaderno e il libro di filosofia, ma fu ignorato e l'attenzione mi andò per un istante sulle sue gambe e poi suoi piedi tenuti nelle stesse scarpe della volta precedente.
Fece un gesto con la mano come per dirmi di tirar su la faccia da lei e tornai in me seguendola alzarsi ed andare alla scrivania (anch'essa di cristallo), posta al lato del salotto.
Mi disse di portarmi il libro ed il quaderno e tirò a sé la piccola poltroncina girevole, spostando alcuni fascicoli per farmi posto, quindi tornai seduto, un po' sorpreso e titubante, con il libro davanti; - primo capitolo, hai quaranta minuti. Voglio che tu legga ed appunti l'essenziale. Allo scadere del tempo mi leggerai ad alta voce il tuo scritto. Inizia.

No. Non era così che me l'ero immaginata la questione.
Ero contento ovviamente che non sapesse dell'accaduto a scuola, ma io volevo da lei delle attenzioni di un certo tipo e che magari mi togliesse quella gabbietta, al massimo parlare un po' di questo o di quello... ma non i compiti!
Non mi saltò neppure per l'anticamera del cervello di dire qualcosa contrario ai suoi piani e sospirando un po' nervoso, mandai giù la voglia di fumare che mi stava accecando, quindi aprii le prime pagine ed iniziai a leggere mentalmente.
Marzia se ne andò poco dopo e tornò sulla poltrona accavallando le gambe. Potevo vederla benissimo anche se di profilo. Stava leggendo un qualche saggio su qualcosa di importante che non compresi e ricordo di essermi sentito in imbarazzo. Esatto era quella la cosa che più sentivo in quel momento.
Sembrava una sorella maggiore alla quale non si può disubbidire e l'essere ignorato a quel modo dopo le mie aspettative bruciava parecchio.
Guardai l'ora sulla sveglia digitale della scrivania ordinatissima. Avevo già perso dieci minuti e subito mi agitai cominciando a leggere. Era un capitolo di quindici paginette belle piene, suddiviso in sottocapitoli.
Lo lessi tutto d'un fiato sperando bastasse, ma neanche alla decima pagina tutto era diventato un caos pazzesco e non ricordavo neppure di cosa parlasse. Mi prese il panico. Mi concentrai e tornai daccapo a leggere tutto con più attenzione, ma anche stavolta arrivato quasi alla fine della decima pagina non ricordavo più l'inizio e piegato su quel libro mi ressi la testa con la mano non sapendo che fare.
Pensai di avvertire Marzia che non ci riuscivo, ma come a subire uno schiaffo dalla mente, le parole sul non gettare la spugna mai davanti ad una sua richiesta causò un immediato ripensamento e l'impossibilità di scegliere la via facile, mi portò ad alzarmi dalla sedia più che mai agitato e nervoso.
Scostai la tenda della parete a vetro che dava sull'ampio balconcino del locale e cercai di non pensare a Marzia che si era voltata un attimo ad osservarmi. C'era il sole, volevo uscire e passeggiare e non potevo. Non avevo catene a tenermi li, ma non potevo comunque... dovevo far funzionare la cosa; mi accorsi di volere sorprenderla.
Tornai seduto ed oltre al libro aprii anche il quaderno, strappai con rabbia le quattro pagine dello scorso anno e le accartocciai nella mano sfogando li l'ansia, poi presi la penna e cominciai a leggere paragrafo per paragrafo.
Avevo tristemente capito che non potevo fare affidamento sulla memoria, non so se ero stupido di mio o altro, ma non ci riuscivo. Dovevo restringere il campo. Arrivai fino al primo sottocapitolo e trascrissi un sunto grossolano su quello che ricordavo e ripetei la questione ancora e ancora perdendomi tra quella calligrafia spigolosa e infantile.
Arrivai alla nona pagina del capitolo e non me resi conto. Avevo smesso di pensare a Marzia, alla scuola, al professore, al sicuro brutto voto che avrei preso e avevo soltanto scritto. Una cosa abbastanza semplice aggiungerei. Leggere e riportare in sintesi, persino io mi accorsi di poterlo fare e la cosa mi aveva preso tanto da isolarmi; cosa mi fece tornare in me? Ad esempio sentire dietro la nuca il seno di Marzia che morbido si poggiò alla base del collo, mentre lei se ne stava sporta a vedere il mio lavoro.
Restai immobile con la penna ferma sull'ultima parola ed il cuore che mancò un battito. Il suo profumo era inebriante, qualcosa di eccezionale e persistente. Non potevo vederla e spostai lo sguardo sull'orario che segnava avessi sforato di dieci minuti abbondanti, poi si abbassò leggermente scendendo con il viso di fianco al mio, lasciando che la pelle dei nostri volti si toccasse; - continua...

- non ho fatto in tempo a finire...

Non mi voltai, restai fermo a guardare il quaderno; - continua ho detto

Ripresi a leggere con più difficoltà visto la sua presenza, ma mi sforzai di farlo, finché una sua mano non scese in mezzo alle gambe facendomi sbavare il foglio; - ah!

- continua

- m-ma...

Alla mia protesta, le dita che prima mi avevano carezzato gonfiandomi fino al massimo consentito dalla gabbietta, si chiusero con forza più in basso afferrando le palle e strappandomi un urlo; - cosa devi fare?

- c-continuare!

Nel silenzio assenso continuò a trattenerle con forza rendendo il compito quasi impossibile. Non so neppure io come riuscii a riprendere a scrivere, ma lo feci sentendo montare la voglia che fino a quel momento avevo sopito.
Conclusi malamente quelle ultime paginette (per fortuna quelle con più immagini) e alla fine mi abbassai sulla scrivania con busto e la testa sul quaderno ansimante, mentre le palle venivano rilasciate e tornava quel piacevole tocco di prima; - lascia il quaderno e seguimi adesso

Come un automa mi alzai lentamente zoppicando per il fastidio che avevo tra le gambe e un po' a fatica presi a seguirla verso il corridoio sentendo il cuore riaccendersi e battere per l'agitazione. Mi avrebbe portato dentro quella stanza? Cosa avrebbe fatto? Avrei goduto? Quasi certamente mi avrebbe premiato per essere riuscito a fare quel compito.
E con questa speranza restai ad attendere in silenzio che la porta chiusa a chiave si aprisse e la luce artificiale illuminasse ogni dettaglio.
Tutto come ricordavo, anche quella dannata croce che catturò subito la mia attenzione, sentendo chiudere dietro di me la porta, stavolta a chiave, deglutendo sonoramente assieme al girare della serratura; - n-non hai altre visite oggi?

- no, sapevo mi avresti preso più tempo della consueta ora quindi ho sistemato gli appuntamenti

- capisco...

Mi girò attorno facendo suonare i tacchi sul pavimento e le sorrisi senza un perché, ma non fui ricambiato. Era così seria, così austera quel giorno, non sapevo cosa avesse, era differente; - hai voglia?

- tanta...

Mi venne più vicina, praticamente davanti a contatto col corpo. La guardai dall'alto volendo allungare le mani su di lei, ma le trattenni; - mi baceresti?

Mossi il capo per rispondere e mi arrivò subito uno schiaffo sul viso, al quale socchiusi gli occhi; - si, mi piacerebbe baciarti

- baciami i piedi allora

COME? I piedi? La mia faccia sorpresa non diede adito a domande di nessun tipo per evitare altre sberle. Scesi in ginocchio un po' reticente per quella richiesta inaspettata, ma restò con le scarpe piantate a terra senza aiutarmi, quindi tornai a guardarla confuso e la sua mano si mosse afferrandomi per i capelli saldamente, spingendomi giù, sempre più giù fino a toccare il pavimento davanti con le labbra.
Il peso di quell'umiliazione era forte, lo sentivo nell'animo e non mi piaceva. Non c'era niente di arrapante in quella cosa e quando portò la punta della scarpa sinistra in avanti, la bocca lasciò il freddo del marmo e passò al caldo del pelle.
Lasciò i capelli e continuai a dare piccoli baci fissando quel piede con astio, annusando l'odore della calzatura, provando a salire un poco sul dorso e poi sulla caviglia, ma venni prontamente allontanato; - alzati e spogliati completamente

Prima di tornare in piedi ebbi la malaugurata idea di non frenare uno sguardo feroce che dalle punte dei capelli che avevo sul viso passò dritto verso di lei. Quasi non la vidi muoversi, mi ritrovai la sua mano sulla gola con le unghie conficcate nella carne e per l'inerzia dello spostamento caddi all'indietro ritrovandola in ginocchio sopra di me con uno sguardo impassibile; - vuoi dirmi che non ti piace essere sottomesso? Baciare i miei piedi non ti soddisfa?

- ...

Strinse maggiormente la gola al mio silenzio; - RISPONDI?!

- n-no! Mi piace! MI PIACE!

Strillai umiliato cercando di non guardarla, poi mi alzò leggermente la testa e la spedì a terra facendola sbattere sul pavimento. Ero nuovamente senza parole per quella violenza. Scattava come niente, sembrava una qualche agente segreto dei film e gli mancava giusto la pistola per esserlo, poi fece segno di alzarmi.
Tolsi la felpa, la maglietta, sbottonai la cinta e scesi i jeans a vita bassa restando in boxer per decenza. Non ero mai stato un tipo vergognoso con le ragazze, ma qua era tutto diverso e provavo cose che di cui non sapevo neppure esserne in grado; - hai qualche problema a capire l'italiano oggi?

- no...

Lasciai cadere anche l'intimo e restai così, portando esasperato le mani ai fianchi fingendo di non provare vergogna per la mia condizione reclusa; - ti stai abituando ad averla?

- non proprio... andare in bagno è complicato e non so come lavarmi li

- di questo non devi preoccuparti. Sei una mia proprietà, ho dei doveri verso di te

Essere definito proprietà mi lasciò interdetto, ed in quel tempo che spesi a guardarla, lei si avviò verso una delle rastrelliere e prese quello che a conti fatti era un grosso collare di pelle. Non disse nulla, si avvicinò, mi guardò negli occhi aspettando forse che distogliessi lo sguardo ma non lo feci e finalmente le strappai un sorriso, sentendo stringere la cinghia con forza al mio collo.
Era stretto, ma potevo respirare.
Mossi la testa di lato un paio di volte per abituarmi e lo toccai non potendolo vedere. Mi lasciò analizzare quel regalo non richiesto finché non concluse il tutto legando ad un anello metallico un moschettone con una spessa catena di acciaio ed al primo strattone caddi in avanti in ginocchio.
M'aveva fatto male, ma faceva più male vederla ad un metro da me e ugualmente inarrivabile. Mi sentivo una cazzo di bestia a passeggio ed una parte di me stava ringhiando nella mente, continuando a fissarla in cagnesco e facendo una leggera resistenza al suo tirare giocoso; - quella posizione ti si addice maggiormente non trovi? Da quando le persone hanno guinzagli?

...quando si sposano?

Oddio l'avevo detto? Mi gelai per quella battuta irriverente e lei continuò a sorridere; - era ironia quella? Un ragazzino che si diverte a colpire chi è più debole è capace anche di fare dello spirito?

Sgranai gli occhi incredulo ricevendo uno strattone così forte da essere trascinato pancia a terra, con il tacco e la suola di una scarpa premuto sulla testa; - ero rimasta d'accordo con tuo padre che mi avrebbe avvertito per qualsiasi cosa avessi fatto non ricordi? O pensavi valesse solo per il fumo?

La sua voce era calma nonostante tutto, non riuscivo a capirla. Premette maggiormente come a schiacciare un verme o un mozzicone di sigaretta e silenzioso la lasciai fare pensando a come cavarmela; - lecca

- c-cosa?

- lecca la scarpa che hai davanti!

Smise di calpestarmi e me la spedì dritto davanti gli occhi, scendendo sulle labbra con la punta rigida, ma vedendo la mia esitazione, iniziò a premere sulla bocca per farla entrare. Cercai di ritrarmi un poco, ma un nuovo strattone del guinzaglio mi tolse il respiro facendomi urlare ed aprendo la via.
Mi ritrovai in bocca diversi centimetri della scarpa e terrorizzato restai fermo a guardare avanti quella prospettiva da animale dalla quale potevo seguire la forma del piede ed il salire della gamba perfetta perdendosi sotto la gonna; - fallo...

Allentò un poco la presa del guinzaglio per farmi respirare meglio e lasciata uscire la punta, rosso in volto per l'imbarazzo e lo sforzo tirai fuori la lingua e la passai sulla pelle della calzatura; - sei forte quando sei in compagnia dico bene? Cosa direbbero i tuoi compagni se ti vedessero in questo stato?

Trattenni un attimo la lingua ed alzai gli occhi, subendo il suo scendere in picchiata ed afferrarmi per i capelli ancora una vota con molta più forza ridendo della mia condizione; - hai uno spirito ribelle, questi occhi con cui mi guardi riescono quasi ad eccitarmi e non accade spesso... come ti sei sentito dopo averlo picchiato? Rispondi

- n-non lo so...

Mi schiacciò il viso per terra senza cura di potermi rompere un dente ed urlai dal dolore venendo rialzato sempre per i capelli; - s-sentivo di poterlo fare, lui non risponde mai alle provocazioni!

- quindi se io adesso ti prendo e ti apro in due la schiena di frustate potrei farlo perché tu non reagiresti, è un concetto semplice, mi piace che tu l'abbia detto! Adesso alzati!

In quel momento ebbi paura.
Fui trascinato per un paio di metri a carponi, poi riuscì ad alzarmi e fui spinto davanti la croce ad X e legato saldamente per i polsi e stavolta anche per le caviglie. Mi feci fare tutto nonostante sapessi che volesse farmi del male, ma li per li l'unica cosa che avevo per la testa era lo sgomento che una donna potesse fare quello che stava facendo.
Quello non era il dare uno schiaffo, non era il dare un pugno ad uno del primo anno o una scazzottata per strada, quello era Dominio.
Perché lo faceva? Cosa poteva aver spinto qualcuno a diventare così? A quante persone avrà riservato quel suo lato così perverso? Tutte domande che morirono nel momento in cui mi alzò la testa afferrando la gola e mollando finalmente il guinzaglio.
Era vicina, così vicina che se avessi proteso le labbra avrei potuto baciarla. I suoi occhi di ghiaccio mi fissavano e leggermente affaticata dallo sforzo di tenermi fermo sorrise per un attimo, quasi un tic represso, che per quel secondo sfigurò il suo viso perfetto in una parodia sadica e preoccupante; - hai un corpo davvero bello Alessio... il tuo viso, la tua pelle abbronzata, questo petto allenato anche se non ha mai visto l'ombra di una palestra o di una qualche disciplina. Sei solo il risultato di una roulette fortunata nel tuo codice genetico e ne sei amabilmente ignorante e l'ignoranza porta solo decadenza

Mi carezzò il viso sudato con la morbida mano. Scese poi sul collo superando il collare e si soffermò sul petto, scendendo sempre più in basso dove inevitabilmente riprese a gonfiarsi il mio affare; - secondo la tua logica se qualcuno può fare qualcosa è giusto che la faccia se non c'è alcun ostacolo ad impedirlo...

- n-no aspetta, stavo solo giocando con lui! Non pensavo di esagerare a quel modo... s-scusami!

E le scuse me le aveva tirate fuori alla fine, ma sorrise in modo cupo allontanandosi verso un'altra rastrelliera, tornando davanti a me con un'inquietante frustino di cuoio nero e qualcosa che descriverei come una palletta rossa legata ad una bavaglio, che finì dritta nella mia bocca.
La trovai incredibilmente scomoda. La mascella era costretta a restare aperta e i denti dell'arcata superiore mordevano la sfera che bloccava al contempo anche buona parte della lingua.
Marzia non parlò. Restò solo a guardarmi trattenere il respiro temendo il peggio ed infatti, quando alzò la mano con cui teneva lo scudiscio, questo si schiantò su di me lasciando comparire all'istante un segno scuro dal petto verso il ventre.
Gridai ovviamente, ma dopo qualche secondo, il dolore iniziale fu superato dal bruciore della pelle e inutilmente mossi i polsi incatenati per coprirmi; - ora io sono quella che gioca e tu sei quello costretto a giocare, come ti sembra? E' bello avere qualcuno come te che voglia giocare? TI PIACE?!

Sgranai gli occhi sia per le parole sia per l'abbattersi furioso del frustino che colpì violentemente altre cinque o sei volte e poi di nuovo altrettante, dopo una piccola pausa di qualche secondo.
Ad ogni sferzata, una scarica di dolore mi attraversava il cervello come una lama. Sussultavo, tentavo di sottrarmi ed urlavo soffocato dal bavaglio colando a terra saliva, finché non ci fu silenzio.
La croce sorreggeva il mio corpo leggermente proteso in avanti. Le catene ai polsi tiravano, ma non erano nulla a confronto con quello che sentivo dal ventre alle clavicole. Nel cervello avevo soltanto paura e l'immagine di Marzia che senza alcuna emozione continuava a ferirmi, finché la vista si appannò di lacrime.
Sospiravo con il battito accelerato, ma i miei occhi erano persi, fissi sul pavimento osservando le sue gambe avvicinarsi, poi il viso mi fu sollevato un poco, ed il passaggio di un pollice cancellò la scesa di una lacrima, trovando il conforto del suo seno sul quale venni adagiato; - se invece di un pugno domani ti divertisse uccidere troveresti dentro di te ancora il coraggio per sminuire le tue azioni e lavare la coscienza. Sei in grado di difenderti, hai una costituzione robusta e sana, ma senza il cervello, questo tuo corpo è soltanto uno spreco di carne, uno spreco che detesto. Io ho avuto il controllo di te e non mi è servita alcuna forza, ti ho messo in ginocchio, hai leccato le mie scarpe e preso le mie frustate perché l'unica forza che conta al mondo e qui dentro

Mi allontanò un poco dal suo seno e dal suo profumo e toccò la fronte con l'indice,dopo avermi tolto il bavaglio; - perché hai lasciato che ti umiliassi fino a questo punto?

Attesi a rispondere, perso dal dolore tra mille pensieri; - n-non lo...

Fermai la voce sofferta costretto ad essere sincero; - avevo paura...

- Paura? La forma più bassa dell'essere umano. Se un arrogante come te ha avuto paura, il ragazzo si meritava di essere trattato così da uno Schiavo?!

- n-no...

Stranamente risposi subito quella volta, sentendo l'indice lasciare la fronte e vedendola allontanarsi verso la porta; - pensa a ciò che hai fatto. Al mio ritorno giudicherò se vali ancora il mio tempo

Lasciandomi crocifisso e piangente, Marzia si avviò verso la porta, girò la chiave, la aprì, e spense le luci.
Cosa ero diventato? Mai nella vita ero stato trattato in quel modo anche solo lontanamente. Mai nella vita una persona dovrebbe essere trattata così. Strinsi i denti per una rabbia ceca per il fatto di aver subito ogni scempio che le era passato per la testa, per la codardia che avevo dimostrato senza ribellarmi.
Avevo accettato così pacatamente di diventare suo schiavo, ma non sapevo cosa volesse dire fino a quel momento. Piansi ancora, stavolta buttando fuori il disgusto per quello che ero.
Nel buio mi immaginavo davanti a me, potendo guardarmi alla luce di una candela ridotto così da quella donna e immaginai improvvisamente Mirco al mio posto e subito ebbi un rigurgito mentale, una sensazione di ribrezzo incredibile.
Avrei potuto colpirlo per i miei stupidi scherzi, ma non gli avrei mai fatto una cosa simile, un pestaggio per strada per una partita di fumo era inferiore a tutto quello, all'annullamento di una persona. E se quel malessere che stavo provando, quel senso di inferiorità l'avesse provato anche Mirco per quello stupido scherzo?
Contai velocemente dall'inizio della scuola le sue vicissitudini con me e gli altri ragazzi, offese, battute sulla madre (bella donna tra l'altro), i soldi presi per lo spaccio dell'istituto lasciandolo senza merenda. No, c'era qualcosa che non andava... era tutto sbagliato.
Mi mossi sentendo il collare graffiarmi un poco la pelle del collo e tirai su col naso, poi chiusi gli occhi e non so come mi addormentai.

-O-

Una luce bianca ed abbastanza forte, disturbò il mio riposo crucciando il viso e lasciando aprire gli occhi che trovarono davanti a me Marzia, seduta comodamente sul divano in pelle nera. Aveva in mano il mio quaderno chiuso e mi osservava; - s-scusami... per tutto

Parlai io per primo, muovendo un po' i polsi e sentendo le braccia addormentate; - non avevo mai pensato alle mie azioni in questo modo, dalla parte di chi le subisce... i ragazzi pensano una cosa e non si fanno problemi a farla purché questo ci diverta, è così per tutto, per attirare l'attenzione delle ragazze, per spacciare, per noia. Tutte cazzate

Sospirai ancora un po'. A meno che non mi muovevo, il dolore era quasi del tutto scomparso e restavano solo i segni rossi delle sferzate a testimoniare quanto accaduto; - è un lavoro mediocre, ma considerando la tua attitudine allo studio può passare stavolta. Trova un metodo che ti permetta di concentrare quante più nozioni possibili in un piccolo spazio così da occupare meno la memoria. Non sei abituato a passare ore sui libri, dovrai arrivarci per gradi, come tutto a quanto pare... sai dove sono arrivati i tuoi compagni?

Accennai di si con la testa, ma guardandola replicai un forte -Si- e grazie a Dio la vidi sorridere leggermente; - entro venerdì arriva fino a quel capitolo, l'anno è iniziato da poco, non dovrebbe essere troppo difficile. Ti ordino di scrivere. Scrivi ogni cosa studiata fino a trovare la tua forma e la tua dimensione nel prendere appunti, sabato controllerò personalmente. Prega di non deludermi

Alzai le sopracciglia sorpreso; - a-allora posso tornare?

Si alzò e notai solo ora una bacinella d'acqua vicino a me con del detergente intimo al fianco; - non ti dirò di cambiare amicizie perché l'animale che sto curando deve essere in grado di mantenere se stesso in qualsiasi circostanza. Frequenta chi vuoi, ma farai amicizia anche con questo ragazzo che hai picchiato, voglio che tu lo conosca, se non ti accetterà farai di tutto per fargli cambiare idea

Avanzò con le mani dopo aver sfilato dal collo la collana d'argento con la chiavetta della mia prigione ed aprì il lucchetto iniziando a smontare lentamente la gabbietta; - va bene... come vuoi tu, grazie Marzia, scusami ancora

La guardai prendersi dimestichezza del pene, che per la prima volta in due giorni fu libero di tornare alle sue forme originali tra le sue dita. Marzia premette il pulsante per far uscire il detergente dal contenitore e ne versò una gran quantità sulle mani, mettendosi in ginocchio davanti a me; - ah...

- hai dolore?

- n-no... non li almeno

Sperai di vederla sorridere, ma restò seria a passare su tutta la carne rossa e dura il liquido azzurro, ponendo la bacinella d'acqua sotto di me e con dolcezza prese a lavarlo passando con minuzia in ogni punto. Tirò indietro la pelle mostrando completamente la testa del pene e con le dita ad anello girò attorno alla cappella pulendo a fondo, risalendo lungo il frenulo con il pollice e afferrando poi interamente la testa girando il pugno come se dovesse svitarlo; - M-Marzia attenta...

Si interruppe. Osservai il pene sobbalzare qualche volta e l'orgasmo restare orrendamente prigioniero dentro di me; - non hai più male dove ti ho colpito?

- s-si però se lo tocchi così...

Dal polso sciolse qualcosa, un laccetto nero simile a quello per scarpe però più sottile e di gomma morbidissima, che in pochi attimi fu attorno alla base del cazzo con due o tre giri belli stretti ed un fiocchetto. Le vene, già ingrossate dall'erezione, si concentrarono in modo pauroso trattenendo il sangue in circolazione ed aumentando il volume come mai l'avevo visto; - devo pulire anche dentro... non posso farlo con te che sei ad un passo

- dentro? Che significa?

Dal fondo della bacinella tirò fuori un arnese molto strano; sembrava un tubicino di gomma rigida di colore nero lucido e mi accorsi che fosse cavo; - o ti trattieni o devo rimetterti quello in bocca, cosa scegli?

Guardai il bavaglio sul divano e feci segno di non volerlo, quindi tornò a lavorare e finalmente compresi. Preso nel pugno il pene pulsante, Marzia indirizzò il tubicino verso le piccole labbra che lo accolsero senza troppe difficoltà. Sperai fosse finita li, ma trattenni il respiro inarcandomi con la schiena quando iniziò a mandarlo giù nell'uretra con delicatezza, lubrificato dal resto del sapone che prese a pizzicare le pareti; - ah! Brucia! A-aspetta un attimo non spingerlo così a fondo! FERMA!

Avrebbe potuto alzarsi e chiudermi la bocca, ma mi lasciò sbraitare contrariamente a quanto le avevo promesso. Centimetro dopo centimetro quel maledetto tubicino scomparve dentro di me fino a più della metà del pene e solo allora Marzia si fermò lasciandolo dentro.
Mi godetti un attimo di tregua ignorando il pizzico continuo del detergente finito dentro e quando prese a tirarlo fuori fu una liberazione. Sembrava mi stessero sturando il cervello, una sensazione pazzesca che mi accese nuovamente la sensibilità del piacere e del dolore assieme, ma giunta alla parte finale lo rispinse dentro; - NO! Non farlo!

- pensi si pulisca con una sola passata?

- sento che mi sta aprendo tutto Marzia!

- è così infatti. Passerai molto tempo nel mio regalo, è importante che sia tutto igienizzato al meglio

Toccò il fondo e risalì lentamente facendomi gemere sempre più forte, aumentando di pari passo la velocità con cui mi stava torturando, finché non sentii un terribile spasmo che cercò di mandare su del liquido seminale; - AH! TOGLIELO STO PER...

Non lo fece, ma per lo meno si fermò divertita, sapendo benissimo che con il laccio fermo alla base difficilmente qualcosa sarebbe passato. Ed infatti restò tutto così, facendomi stringere le cosce (inutilmente per via delle catene alle caviglie della croce).
Mossi il bacino come un disperato e senza volere toccai la bocca di Marzia con il pene intubato, bagnandola di acqua e sapone.
Non me ne accorsi finché all'aggiunta di tutto non si unì anche un calore improvviso che mi costrinse a riaprire gli occhi, trovando l'orribile immagine del resto del tubicino (circa due centimetri) scomparso nelle sue labbra.
Lo stava usando come una cannuccia e d ebbi un altro spasmo improvviso; - se togliessi il laccio probabilmente potrei berla direttamente da qui

- ODDIO! Toglilo ti prego, fai tutti quello che vuoi ma falla uscire!

- no

Il suo secco -No- si contrappose con l'aprire la bocca, ingoiarmi fin sotto la cappella e prendere a leccare dolcemente il tutto, sotto le mi urla sguaiate. Stavo per morire, sentivo che sarei esploso alla prossima contrazione, ma grazie al cielo fui liberato e restai disperato e con gli occhi lucidi a guardare il tubicino sporgente stretto tra gli incisivi di Marzia e con un gesto veloce si tirò indietro con la testa e mi svuotò di quel tormento.
La fuoriuscita fu così rapida che notai qualche secondo le labbra del pene restare dilatate, colando fuori bollicine di detergente come una schiuma profumata; - può bastare per oggi, abbassalo adesso

Disse quella pazzia mentre con delicatezza toglieva il laccio dalla base, lasciando libero il sangue ormai fermo all'interno del muscolo; - t-ti prego...

- cosa?

- falla uscire...

- potrebbe essere un buon premio per il tuo compito di venerdì non trovi?

- ... Marzia io non

Sorrise sciacquandosi le mani nella bacinella nella quale era finita anche la gabbietta di plastica (già lavata) ed il tubicino. In ginocchio si passò il cazzo sulle labbra, vedendomi inarcarmi ad un'improvvisa fuoriuscita di liquido trasparente e vischioso trattenuto da troppo tempo dentro. Le bagnai le labbra, ma leccandole sorrise sospirando; - ...se non vuoi questa possibilità per sabato, attenderemo. Ma dovresti ascoltare di più il tuo corpo

- va bene! Va bene... tutto quello che vuoi, tutto quello che vuoi Marzia

Incalzai subito, accettando quell'ennesimo sopruso, distrutto dall'idea che neppure quella volta avrei goduto; - non penso di aver mai avuto schiavi disobbedienti come te... e sei anche l'unico che non mi ha ancora mai chiamato padrona, ti sembra corretto?

- n-no... scusami

- scusami...

– ...padrona

Si alzò in piedi dopo aver afferrato un sacchetto bianco che non avevo notato vicino la bacinella (era dello stesso colore) e poggiato sulle palle sobbalzai per il freddo dei cubetti di ghiaccio che dovevano esserci dentro; - mi sta bene anche Marzia, tu non sei ancora realmente consapevole del tuo ruolo. I tuoi occhi gridano ribellione, ma vedrai che un giorno ti verrà naturale chiamarmi Padrona

Strinsi i denti inspirando ed espirando faticosamente, ma stava funzionando. Il cazzo lentamente stava tornando giù e le palle già dai primi minuti non le sentivo più, finché non fu piccolo abbastanza da poter tornare nella gabbietta di plastica, asciugata dovutamente come anche il mio uccello.
Quel panno morbido passò anche sulla fronte madida e poi mi fu lasciato sulla testa, mentre Marzia mi staccò finalmente da quella crocifissione durata non so più quanto. Liberò prima le gambe e poi i polsi e quando mossi un passo in avanti, le gambe cedettero finendo in avanti, trovando il suo corpo a sorreggermi, come se già sapesse che sarebbe accaduto; - due ore e mezzo alla croce sono parecchie anche per gente più pratica di te... il formicolio alle braccia passerà tra un quarto d'ora o anche prima se stai buono

La stavo abbracciando, un contatto -Normale- finalmente. La desideravo coma mai avevo desiderato qualcuna e subito strinsi i denti per il pisello tornato a gonfiarsi; - vestiti ora. Ti preparò qualcosa da bere

Mi lasciò andare, ma prima che potesse rimettermi sulle mie gambe nella pazzia del momento osai darle un bacio sulla guancia. I suoi occhi si accesero stringendosi a fessura, la sua mascella si serrò e quel piccolo sorriso che avevo scomparve temendo di aver fatto qualcosa di terribile; - s-scusa, non volevo...

- il più disobbediente mai avuto...

Rimarcò quanto mi aveva detto prima, rasserenando la sua espressione con una tolleranza evidentemente fuori dalla norma per quella libertà che mi ero preso, poi si allontanò sistemandosi la coda dietro le spalle e lasciando la porta socchiusa, mi disse di prendere il quaderno e di portare bacinella e detergente al bagno.
Quando tornai in salotto mi ero dato una leggera rinfrescata al viso.
Davanti allo specchio del bagno a torso nudo avevo contato quei brutti graffi lasciati dal frustino, dieci in tutto, alcuni che si intersecavano tra loro sul torace e sull'addome. Facevano male se toccati, ma il tocco della maglietta non si sentiva molto (la felpa me la legai alla vita per sicurezza).
Marzia era seduta alla scrivania; il computer acceso mostrava un gran numero di cartelle messe precisamente in ordine sopra uno sfondo di un cielo stellato e la sveglia digitale segnava le 19:23; - e-eccomi...

- che genere di musica ascolti?

Che domanda era?! Mi aspettavo un -come stai- non i miei gusti musicali, che a quel tempo erano molto limitati; - house più che altro... tecno e roba così, da discoteca insomma

- ti piace ballare?

Non seppi se rispondere onestamente. Mi guardava da dietro la scrivania e per un attimo mi rividi bambino quando la conobbi per la prima volta; - che c'è? Qualcosa non va?

- n-no no... solo che da li dietro mi è venuto in mente quando ci incontrammo la prima volta

Sorrisi un po' stupido. Ero così arrendevole dopo quanto avevo subito, invece sarei dovuto scappare a gambe levate; - allora?

Ritornò con un rapido sorriso alla domanda; - si mi piace. Ci vado spesso i fine settimana...

Registrò mentalmente la cosa per un qualche motivo, poi mi mise davanti una pennetta USB, lasciandomi interdetto; - la musica è la forma più semplice ed efficace per toccare le emozioni umane. E' diretta e sincera, o ti piace o non ti piace. Focalizzarsi nell'ascolto di una sola tipologia non è produttivo, sia per cultura generale che per lo spettro emotivo che viene toccato. Qui sopra c'è una raccolta scelta da me di musica globale. Troverai praticamente ogni genere

- ok...

- ascoltale. Tutte.

- d'accordo, lo farò...

Che cosa strana pensai. Non avevo sentito gran che di altra musica, quindi non avevo idea di cosa avrei trovato; - sabato mi poterai una lista di ciò che ti è piaciuto, ciò sarà anche utile a me per vedere come aggiustarti

Restò seria mentre mi seguì afferrare quella pennetta e mettermela in tasca, poi notai un bicchiere d'acqua accanto al suo con un qualche liquore rosato; - n-non ho sete veramente...

- non te l'ho chiesto infatti. Bevi

Prese il suo e ne bevve un sorso alzandosi in piedi e come sempre non ribattei, mandando giù tutto in un sorso (effettivamente avevo sete eccome).
Si avviò alla porta lasciando la scia di profumo che aveva riempito la stanza dove ero stato rinchiuso, poi giunti alla porta, con lo zaino sulle spalle mi fermò prima di aprirla; - chiamerò tuo padre e ci sentiremo nei prossimi giorni per sapere come evolve la questione che, inutile che te lo dica, deciderà la tua condizione nel prossimo futuro. Io non ammetto certi atteggiamenti, né con me, né con il prossimo, ed il mio schiavo è una parte di me per cui non posso e non voglio ritornare su questo discorso. Sei forte, usa il cervello per capire come farci qualcosa, altrimenti, prima di rompere il nostro rapporto, farò in modo che tu non sia più in grado di esserlo...

- ...

Restai di nuovo in silenzio rimproverato da quella sorella, da quella madre, da quella Dea che riusciva con ogni sua parola a distruggermi e ricostruirmi; “sistemerò tutto... te lo premetto e scusa per il bacio prima”

Sorrise aprendo la porta ed io ne fui sollevato, ma mentre stavo uscendo mi afferrò il viso girandolo indietro e mi baciò sulle labbra a stampo, spingendomi poi fuori e chiudendo la porta nello stesso momento.
Sarà sempre così il nostro salutarsi? Mi chiesi poggiando la schiena alla porta scuotendo il capo incredulo. Poi mi avviai scesi le scale lentamente e tornai a casa a fare i conti con mio padre.

Continua...

Edited by 8Dark8 - 1/10/2015, 18:56
 
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view post Posted on 31/3/2015, 05:29     +1   -1
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Maestro di Piedi

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Splendido... Complimenti
 
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view post Posted on 31/3/2015, 09:01     +1   -1
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Cavaliere BDSM

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bellissimo racconto. è bello leggerlo.
complimenti
 
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poggiapiedi
view post Posted on 31/3/2015, 10:01     +1   -1




Complimenti. Gran bel racconto.
 
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view post Posted on 31/3/2015, 13:42     +1   -1
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bellissimo davvero!!!
 
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baresina76
view post Posted on 31/3/2015, 18:09     +2   +1   -1




complimenti
 
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8DarkFrame8
view post Posted on 31/3/2015, 22:51     +2   +1   -1




Grazie infinite a tutti :D

E' un piacere scrivere per voi su questo Forum, dico davvero. :wub:
 
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view post Posted on 31/3/2015, 22:58     +2   +1   -1

Professore/essa SM

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Come ho già detto in precedenza, Stupendo !!!
Assolutamente non noioso , ti tiene con il fiato sospeso dall'inizio alla fine , e non vedo l'ora di leggere il
Seguito , non vedo che l'ora che arrivi il giorno in cui " gli verrà naturale chiamarla Padrona"
 
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8DarkFrame8
view post Posted on 4/4/2015, 11:44     +1   +1   -1




DA TEPPISTA A SCHIAVO – III

Sono disteso a terra nel buio.
Non sono legato, posso muovermi, ma qualcosa me lo impedisce lo stesso e poco a poco inizio a capire che si tratta del panico.
Realizzo che non so dove mi trovo ed in quel buio pesto sento unicamente il mio respiro affannoso ed il caldo torrido che si spande ovunque, lasciandomi sudato a guardarmi attorno nella speranza di vedere qualcosa.
Sono nudo. Mi tocco il petto e sento qualcosa di conosciuto che fa male, qualcosa che però non ricordo. Una sagoma più scura delle tenebre si muove vicino a me ed il cuore accelerato si impenna. Mi alzo in ginocchio portando le braccia per pararmi il viso da qualcosa che non esiste. Mi volto. Mi volto ancora in una direzione a caso in quel labirinto di nulla. Ho la sensazione di essere osservato, che qualcuno sia li con me e la paura inizia a mordermi la mente come mai avevo provato fino a quel momento.
Le mani tremano. Sto sudando freddo e lo stomaco è serrato tanto da far male. Ogni muscolo e tendine è teso per qualsiasi evenienza, poi da quel muro nero che mi avvolge, due braccia diafane si protendono leggere verso di me dall'alto verso il basso sotto il mio sconcerto, afferrandomi il viso.
Improvvisamente il volto di Marzia si sporge dalle ombre, facendole fluire sul suo viso fino a disperderle come fosse un qualche liquido nero etereo, senza sostanza e chinandosi mi bacia sulle labbra. E' un bacio freddo, un freddo che mi gela lentamente la bocca, poi il viso e poi la gola fino a farmi perdere i sensi.
Sono ancora in quel luogo. Il caldo è opprimente, ma l'oscurità attorno a me si è ritirata quel tanto da mostrarmi interamente il corpo di Marzia atto a cavalcarmi. E' nuda, bellissima. Ma nei suoi occhi manca qualcosa.
Sbatto le palpebre sentendo il piacere che mi sta donando. Lo stiamo facendo. Qualche perla di sudore le incornicia il volto e in mezzo i seni floridi. Mi alzo sulla schiena e finalmente la possiedo come ho sempre desiderato fare dal primo giorno.
La stringo tra le braccia. Non parla, non emette alcun gemito è impassibile e preoccupato stacco la guancia dal suo seno e la fisso negli occhi, scorgendo due sclere completamente nere di uno sguardo inumano.
Sto per godere, ma mi fermo all'istante spaesato. Quel volto mi terrorizza, mi strappa un urlo di ribrezzo, ma lei continua a muoversi finché le sue mani non raggiungono il mio collo. Stringe forte con le dita sempre di più. Cerco di resistere ipnotizzato da quello sguardo immondo, ma ben presto tento di sottrarmi alla presa per non soffocare. Non ci riesco.
E' forte. Così forte che nonostante io stringa i piccoli polsi con tutta la forza, lei continua a soffocarmi e tenermi a terra con la schiena. In quel momento, la sua maschera senza emozioni va in frantumi, letteralmente.
Una crepa si disegna sul suo viso bellissimo, alla quale ne segue una seconda e poi una terza, cadendo pezzo dopo pezzo come fosse di finissima porcellana e rivelando sotto di essa un volto ben diverso. Le morbide labbra sono piegate in una risata senza suono. I suoi occhi neri fremono della mia sofferenza e le sopracciglia sono crucciate dall'esaltazione, con i capelli lasciati sciolti a far da cornice a quel quadro macabro e spietato. E' lo stesso volto che mi ha mostrato per un attimo nella sua stanza dei giochi quando mi ha frustato.
Fremo, tento di riprendere fiato, ma finisco presto con l'arrendermi. Sento il suono dei nostri sessi che si nutrono a vicenda. E' calda. Le pareti interne lambiscono una sensibilità della mia pelle grazie alla quale potrei morire sereno e mi abbandono in quel momento.
Il suo cavalcare si fa più marcato. Con il poco tempo che mi resta le afferro i fianchi anziché i polsi e la premo maggiormente facendola inarcare e trattenendola dal muoversi per qualche istante.
Sento l'orgasmo salire, devo sbrigarmi, voglio morire in questo modo. Ho deciso che sarà questa la mia morte. Riprende a muoversi nell'esatto momento in cui un fiume di liquido seminale si riversa dentro di lei che viene penetrata da un mio spasmo mortale ancora più in profondità, alzando il viso verso un cielo nero e senza stelle.
Le sue mani allentano la presa. Le vertebre fremono giunte ad un passo dallo spezzarsi, poi mi alzo sulla schiena ansimante e confuso e la abbraccio. La abbraccio così forte per paura che possa perderla, che possa sparire da un momento all'altro.
Marzia abbassa finalmente il viso ed un nodo alla gola mi taglia di netto il sorriso guardandola piangere sangue dagli occhi oscurati. Le mie mani, ferme sulla sua schiena, vengono improvvisamente allontanate da qualcosa spuntata con irruenza delle scapole, guardando inorridito due ali nere spianarsi e chiudersi su di noi. L'ultima immagine sono le sue labbra, l'ultima sensazione sono quest'ultime sulle mie, poi un dolore lancinante mi lacerò il petto.

Mi svegliai di soprassalto attorcigliato al lenzuolo e con un dolore terribile in mezzo alle gambe.
Girai me stesso a pancia in su togliendo il cuscino che era finito praticamente sotto e lo vidi; il mio povero pisello stava soffrendo. Se avesse potuto gridare mi avrebbe detto peste e corna per averlo fatto rinchiudere dentro quella gabbietta di plastica e ora, rosso e gonfio da morire, continuava a lanciarmi fitte dolorose facendo colare dalla punta una goccia di liquido trasparente.
Mi passai una mano sulla faccia tirando indietro i capelli arruffati e guardai la stanza e la sveglia che segnava le 6:47.
Il sogno o meglio l'incubo che avevo fatto non se ne andava. Non era stato come tutti gli altri sogni, c'era qualcosa di preoccupante dentro ed anche se le immagini adesso erano più sfocate, quegli occhi che Marzia aveva e quel suo piangere sangue mi strinsero lo stomaco in un inizio mattinata non proprio dei migliori.
Che caspita avevo sognato? Perché quella cosa? Aveva attinenza sicuramente con la mia condizione, ma perché quella stortura? Quel mostro non era Marzia... poteva avere il suo corpo, ma addirittura diventare un cazzo di demonio era troppo.
Mi alzai disattivando la sveglia ben quindici minuti prima che suonasse ed andai in bagno a darmi una rinfrescata, scorgendo fuori dalla finestra la vita della periferia già bella che iniziata.
Mio padre era in piedi e stava per uscire. Non mi salutò nemmeno tanto era incazzato ed io me ne restai lontano mangiando un paio di fette biscottate lasciate dal vecchio.
Il cazzo faceva male. Lo avevo passato sotto l'acqua per calmarlo ma non appena mi andava il pensiero al giorno prima, questo tornava a darmi fastidio in un continuo gonfiarsi e sgonfiarsi. Guardai i segni sul petto, ancora persistevano un poco. Se li toccavo sentivo la pelle sensibile, ma il dolore era passato grazie al cielo.
Uscii di casa nel giro di venti minuti. Indossai lo stesso jeans di ieri, cambiai la maglietta e misi su una felpa verde militare di poco valore, preparando lo zaino con un minimo di accortezza a non sbagliare le materie e mi ritrovai sull'autobus e infine sulla metro.
La sera prima avevo acceso il PC per trasferire le canzoni di Marzia sul mio lettore, che quasi stavo per dimenticare uscendo di casa con mille pensieri.
Mi ero tenuto lontano da tutti quel giorno, limitandomi a salutare chi conoscevo e con le cuffiette me ne restai sempre in disparte ad ascoltare. Non c'era un brano uguale ad un altro.
Lessi i nomi delle canzoni dal piccolo display per ogni traccia e passai dalla musica americana famosa degli anni 70-80, musica italiana degli anni 90 e poi ancora qualcosa di musica classica e roba strana, tipo metal pesante tedesco che sinceramente mi chiesi come caspita facesse a conoscere.
Devo dire che dovetti fare uno sforzo ad ascoltarle tutte fino alla fine e reprimere il desiderio di andare avanti alla prossima traccia, ma me lo ero imposto. Avrei ascoltato tutto cercando di trovare qualcosa di mio gusto e in effetti verso la traccia 17 qualcosa mi colpì. Chiusi gli occhi ancora assonnati e mi gustai il viaggio in solitaria fino a scuola.
Quando fui al banco, avendo avuto la furbizia di non attaccare bottone con nessuno degli amici segaroli per non dover dare spiegazioni, tirai fuori quaderno e libro della materia e provai a seguire. Erano andati avanti un casino, altro che. La prof era una di quelle che correva, spiegando in modo preciso quello che le interessava capissimo e poi ci andava sotto di interrogazioni. Erano già in sei i compagni catturati dalla sua rete, io grazie a Dio non ero tra questi ancora.
Attesi la ricreazione con un peso sullo stomaco. Sapevo cosa dovessi fare e lo avrei fatto ad ogni costo perché... sapete già il perché, non mi va di dirvelo di nuovo.
Scesi le scale rapidamente fino ad uscire nell'ampio cortile e mi guardai attorno con occhi sicuramente diversi. E non ebbi una bella impressione.
Avete presente i carceri che si vedono nei film? Ecco, ovunque posassi gli occhi, io vedevo gruppetti di ragazzi e ragazzi, a volte mischiati, a volte separati, parlare del più e del meno mangiando le loro cose prese allo spaccio o portate da casa.
Tra i vari status che riconoscevo, ben presto trovai quello mio di appartenenza ed era davvero quello che faceva più schivo.
Se il 60% dei soggetti aveva in mano il cellulare continuando a scrivere e guardare roba su internet, da quella parte, vicino al parcheggio adibito ai motorini (sotto una tettoia cadente in ferro), se ne stavano i miei amici, intenti a ridere, fumare e urlare anziché parlare.
Cercai attentamente, ma ad una prima occhiata, mentre camminavo con le mani in tasca, Mirco non era uscito. Sapevo fosse venuto a scuola perché lo avevo intravisto all'entrata.
Il tempo non era molto e feci per tornare dentro e andare direttamente in primo F, quando tornai a guardare quei bastardi che conoscevo e dietro di loro scorsi proprio Mirco e un altro bamboccio che non avevo mai incontrato.
Ebbi una morsa allo stomaco e nel giro di pochi secondi fui da loro, avvicinandomi e sentendo chiaramente cosa stava accadendo; - chi denunci tu coglione? Lo sai che per colpa tua Alessio sarà sospeso, ti sembra giusto per uno scherzo?

Un altro che gli impediva di andarsene lo spintonò spingendolo verso l'altro ragazzino; era roscio, più o meno alto uguale a lui sul metro e sessanta, un po' più in carne di Mirco e con vestiti più colorati. Era un ragazzo normalissimo, ma si vedeva che aveva molta paura; - allora? Non rispondi ritardato? Pensi che ce ne freghi qualcosa di quello che dice quella puttana di tua madre?

Mirco restò zitto continuando a guardarli in faccia, era evidente che non sapesse che fare e aspettava soltanto che finisse la ricreazione sperando non accadesse altro; - tu, dagli un pugno sull'altro braccio. Non mi va nemmeno di toccarti, dovessi poi essere sospeso pure io come Alessio, dagli un destro fatto bene da parte mia

Il ragazzo roscio si rifiutò e gli venne dato una sberla dietro la testa e quello fu il momento del mio arrivo; - oh oh! Sono cazzi tuoi è arrivato Alessio

Guardai uno dei miei amici ridere spingendolo davanti a me. Avevo ancora le mani in tasca e lo osservai un attimo in silenzio. Se ne stava leggermente chino, non si ribellava e mi dava fastidio. Per un attimo mi prese davvero la voglia di picchiarlo, poi l'immagine improvvisa di lui legato al mio posto sulla croce di Marzia mi sconvolse, scuotendo la testa e mettendogli un braccio attorno al collo portandolo via da li in mezzo; - oh ma che fai Ale?!

- fatevi i cazzi vostri, devo dirgli due cose in privato

Strinsi il collo tra il gomito e l'avambraccio, ma non gli feci male e lui si lasciò guidare senza problemi. Avevo zittito tutto il gruppo, che prese a parlare ridendo sparando a zero sul fatto che probabilmente lo avrei ucciso o pestato a sangue, poi mi voltai un'ultima volta; - tu, vieni devo parlare pure a te

Indicai con lo sguardo il roscio che stava ancora spaventato in mezzo ai miei amici e con reticenza si fece avanti venendomi incontro. Questa cosa sorprese gli altri maggiormente, ma ne fregai lasciandoli a fumare erba e mi allontanai fino a dietro l'edificio scolastico.
C'era un campo da basket tenuto malissimo e più avanti si intravedeva il campo da calcio del club a cui la scuola faceva riferimento, me li portai li. Da quel punto di vista si vedeva l'entrata, era un luogo ben poco appartato in effetti, ma lontano dalle classi più grandi tipo la mia. Ci stavano principalmente quelli del primo e del secondo e camminai finché non fummo al centro del campetto. Sapevo cosa fare.
Spinsi Mirco vicino all'amico (presumo fossero amici ma non ero convinto a dire il vero); - il braccio, come sta?

Se lo massaggiò mostrando sotto la maglietta a mezze maniche una fasciatura di qualche tipo e fece un gesto con la mano tipo -così così-; - forza colpiscimi

Il roscio sgranò gli occhi per primo, invece Mirco non sembrò proprio aver capito e restò a due metri da me confuso; - non hai sentito? Le scuse non servono a un cazzo, voglio stare alla pari, non mi muoverò, colpiscimi in faccia sbrigati sta quasi suonando la campana

Adesso fu sorpreso; - g-guarda che non c'è bisogno...

Si voltò di lato prendendo atto dell'attenzione che lentamente stavamo attirando su di noi e già diversa gente aveva preso il cellulare ridendo sul fatto che probabilmente li avrei picchiati, altri invece, specialmente un gruppetto di ragazze, forse del secondo, si raggrupparono ai bordi del campo (qualcuna di sicuro era andata anche a chiamare un prof o il custode); - ti sbrighi? Se non ti muovi quel braccio te lo spezzo stavolta!

Gli andai sotto guardandolo brutto con le mani in tasca leggermente di profilo per invogliarlo, ma quel cretino non ne voleva sapere e continuava tra l'altro a fissare un punto nel gruppetto delle ragazze che gli dava pensiero. Non so come, ma mi fu chiaro qualcosa, ebbi una specie di rivelazione; - che c'è qualcuno di piace? Non vuoi fare la figura del coglione davanti a loro?

Non sapevo se ci avessi preso finché lui non mi disse di abbassare la voce (con preoccupazione e garbo), perché in effetti stavo praticamente urlando e quelle non erano a più di quindi metri, insomma sentivano benissimo. Tornai a fissarlo sorridendo in modo cattivo e lo afferrai per il colletto della maglietta; - ti faccio diventare famoso. Stai al gioco e recita imbranato. Quando ti faccio l'occhiolino dammi un pugno in faccia, fallo chiaro. Non scherzavo sul braccio prima

Si irrigidì e sgranò gli occhi per il mio sussurrare davanti il roscio, che come una statua di sale ammirava quel teatrino senza dire una parola. Ripresi la stretta con più forza e tornai a gridargli contro qualcosa di cattivo sulla madre e sul fatto che non me ne fregasse niente di essere sospeso, mi sarei vendicato e stronzate simili. Quando alzai il braccio destro con un pugno dritto sulla sua faccia, nel momento di flettere gli feci segno; se avesse sbagliato non lo avrei comunque colpito, mi sarei fermato lasciandolo stare e avrei trovato un altro modo per pareggiare i conti, invece fu davvero bravo.
Con rabbia si tolse la mano dalla maglia e cogliendomi un momento la mia sorpresa mi sferrò un pugno sul lato sinistro del viso. Ci aveva messo forza, ed era riuscito a farmelo sentire.
Indietreggiai per fare un po' di scena e sputai a terra un po' di sangue causato dal piccolo taglio del sul labbro che aveva sbattuto sul canino e poi sentii i mormorii sorpresi dei ragazzi che avevamo intorno.
Mirco stava sulle gambe tremante, ebbi la sensazione che volesse dirmi scusa, ma lo fulminai con gli occhi facendogli un altro occhiolino di sguincio, poi in modo clamorosamente perfetto suonò la campana; - ringrazia la campana... non finisce qui!

Volli mantenere un minimo di dignità e pulendomi col dorso della mano un po' di sangue, mi voltai e tornai da dove eravamo venuti, spingendo bruscamente chi mi bloccava il passaggio.
Quando tornai in classe la notizia si era già sparsa, ma nessuno osava parlarne, non con me almeno. Me ne tornai a posto sollevato che la cosa fosse andata più o meno come avevo pensato, quindi lasciai continuare la prof nella sua spiegazione e terminai la giornata diretto oltre il cancello.
Il gruppetto con cui me la facevo si metteva sempre li davanti per osservare chi uscisse e quando mi videro, subito uno di loro si avvicinò incredulo; - ma è vera sta storia?! Ti ha dato un pugno in faccia quel nano di merda? Come cazzo hai fatto ad essere così rincoglionito?!

Ora... piccolo inciso, quello che mi stava parlando era un cretino che già diverse volte aveva conosciuto il mio lato peggiore per questioni di fumo e affari andati a male. Era talmente stupido che nonostante le botte che aveva preso un po' da tutti, continuava insistentemente a fare l'amicone, anche se era chiaro quanto ci stesse sulle palle.
Quindi capirete che all'essere insultato da quella nullità, una mano si alzò da sola dalla tasca, si strinse rapidamente in un destro e lo piantai sulla mascella del coglione sbattendolo a terra, ponendo fine alle sue risate; - oh ma cazzo c'hai oggi Ale?! Che ti sei fumato?

Lo guardai a terra tenersi la faccia intento a rialzarsi per far vedere la sua reazione da pazzo, ma un altro lo fermò sapendo che sarebbe tornato a casa con qualche osso rotto; - oggi gira così, cazzi miei. Ci vediamo domani

Liquidai tutti e mi avviai massaggiandomi le nocche (quel babbo sembrava che avesse le ossa a punta). Ero sull'autobus ad ascoltare l'Mp3 pensando all'accaduto e a quello che dovevo fare a casa riguardo lo studio per il test di venerdì, quando due mani mi coprirono gli occhi dandomi parecchio fastidio (ero molto nervoso ultimamente per colpa del fumo e... altro); - Ale ma che hai fatto, poverino! Ti fa male?

Prima che potessi rispondere a Katia, mi stampò un bacio dei suoi sulla bocca che decisamente non potei rifiutare. Continuò a sorridere a carezzarmi e subito il mio corpo reagì con lei dandomi ovvi segnali di avviso da dentro i boxer; - allora? Che è successo teso?

- niente tranquilla. Cose fra ragazzi... tutto bene?

Si accoccolò al mio braccio mettendosi seduta al mio fianco mettendo giù lo zaino, io ero vicino al finestrino. Katia era una ragazzetta come tante e che bazzicava tipi come me. Vestiva sempre in tuta, scarpe da ginnastica, bomberino quando faceva freddo e fumava peggio di un maschio, ma era anche davvero bella. Piccolina, una seconda scarsa, ma con un culo divino e poi essendo così minuta te la potevi girare come ti pareva; - ci sono rimasta male che non sei venuto ai castelli cattivo! Volevo farti un po' di coccole

- ...ah si? (grazie a Dio che non ero andato allora)

- si, però la sai una cosa, oggi i miei non ci stanno... non farti strane idee però! Ti faccio solo coccole

Che tradotto nella mia lingua era, -ti faccio solo una sega-; sospirai e mi morsi mentalmente la mano socchiudendo gli occhi, pensando a quanto mi sarebbe piaciuto. Aveva delle mani delicate, con unghie con quel gel trasparente e il french bianco con un brillantino ad ogni unghia. Prima che potessi rispondere, Katia si fece più vicina ed allungò una mano sotto la felpa che avevo legata alla cinta e mi toccò li alcune volte facendomi strillare dal dolore.
Si ritrasse sorpresa; - ma che hai?

- n-niente... solo che ho troppa voglia e siamo sull'autobus

Tornò serena avvicinandosi con la bocca al mio orecchio; - c'è un sacco di gente non ci vede nessuno tranquillo, lasciami fare...

- n-no Katia, asp...

Morse delicatamente il lobo e tirò fuori un pizzico di lingua per leccarlo ed io chiusi il becco restando rigido come la pietra. Eravamo sul davanti poco dietro il conducente e effettivamente tra gente che saliva e scendeva nessuno o quasi ci avrebbe notato fare gli scemi, ma non era quello il problema purtroppo.
Mi strinse il braccio destro sul quale era abbracciata e finì con metterselo precisamente in mezzo alle tette, spingendomi di riflesso a stringere una sua coscia con la mano; poi, silenziosa tornò a toccarmi attraverso la felpa sentendo certamente qualcosa di duro, ossia la gabbietta di plastica.
Non sembrò farci caso, forse con il tessuto dell'indumento la sua percezione era falsata, ma quello che io stavo sentendo era chiarissimo. Una contrazione mi tolse il respiro serrando i denti.
Scesi con gli occhi e vidi quella mano perfetta carezzarmi dolcemente, la sua lingua continuare a leccare ed il suono della bocca e della saliva mi sciolsero come una candela, dovendo stringere le gambe e fermarla; - basta...

- basta? Ti ho detto che non ci vede nessuno

- lo so, ma non è questo...

Con la coda dell'occhio la trovai sorridente di malizia e si morse il labbro inferiore tornando a sussurrarmi nell'orecchio; - riuscirei a farti felice solo così?

Quelle parole, il suo tono e la sua espressione era troppo. Sentii qualcosa bagnarsi sulla punta ed ansimai faticando a mantenere una faccia normale; - significa di si?! Ale non pensavo di essere così brava!

- l-lo sei... sei contenta, adesso basta prima che...

Mi diede un bacio sulla guancia e finalmente si staccò un poco; - non sarai diventato come quelli che durano poco vero?

- oh ma vaffan...

- scherzavo! Mamma mia che permaloso! Allora ci vieni a casa con me?

Sorrise ingenua sporgendo le labbra in un bacio affettuoso, ma io non so come, declina; - n-non posso... oggi ho da lavorare con mio padre, non posso rimandare

- davvero? Che peccato...

Si alzò per essere giunta alla sua fermata e si spostò davanti a me abbracciandomi forte per farmi sentire cosa mi stessi perdendo. Sapeva di bagno schiuma e fumo, un aroma classico nel mio giro, ma non trattenni le mani e me la portai seduta sulle gambe con fermezza, stringendola come se stessimo scopando incurante degli sguardi attorno a noi; - sei pazzo! Lasciami scemo!

Provò a ribellarsi un poco ma senza averne l'intenzione, quindi ridendo si fece baciare un po' sul collo e poi si alzò rapida, afferrò lo zaino e corse fuori mandandomi un bacio.
Dovetti scendere alla mia fermata (quattro dopo quella di Katia), con ancora seri problemi li sotto.
Soltanto quando presi a camminare verso casa la questione fu più tollerabile e mi ripetei in modo assillante di dover stare più buono col cervello e di dovermi controllare, perché a casa adesso veniva il mio tu per tu con lo studio e non sarebbe stato facile come incassare un pugno di uno del primo anno.
Non fu difficile. Fu stremante. Fu Orribile. Fu nuovo...
Esatto, era una cosa del tutto nuova, brutta quanto volete, ma c'era una cosa che riusciva a farmi restare li su quella scrivania del PC, ossia il pensiero di Marzia.
Dopo circa un oretta che stavo scrivendo il seguito del primo capitolo di filosofia, con il cervello fuso iniziai a pensare a lei. Quanto poco la conoscevo e quanto mi fidavo per sopportare quell'umiliazione ed essere cambiato in modo così radicale.
Il me stesso di neanche una settimana prima, al pugno di Mirco lo avrebbe probabilmente ammazzato, sarei finito denunciato come già mi era capitato parecchie altre volte (poi per fortuna mai nulla di fatto) e mi sarei bello che giocato la vita e forse pure le coronarie di mio padre.
Come mi sentivo? Boh... non saprei dirvi sinceramente.
Avevo fatto quella specie di buona azione a scuola, mio padre riusciva a tollerarmi vicino senza sbottare ogni due secondi e a conti fatti avevo già sentito 32 canzoni dell'Mp3 conoscendo generi nuovi, come pure quegli appunti di filosofia che volente o nolente un minimo mi erano rimasti in testa... sapevo cosa stavo leggendo e non fu brutto.
Guardai il lettore vicino a me. Le cuffiette penzolavano davanti al cassetto della scrivania e sorrisi senza motivo. Mi sentivo sereno.
Lo avevo detto a me stesso, lo avevo ammesso. Io non ci capivo un cazzo della vita ammettiamolo, avete abbastanza dati per confutarlo voi stessi. Ma Marzia... Marzia era l'anomalia che mandava in frantumi una triste storia già scritta. Era un po' strana come cosa, poteva spaventarmi... parecchio anche, sopratutto per quelle minacce con cui mi aveva accompagnato alla porta, ma era l'unica ad avere la forza e il potere per raddrizzarmi, farmi stare in piedi (o in ginocchio) e farmi cambiare.
Lo volevo. Volevo essere cambiato da lei, ma perché?
Il mal di testa si fece più pressante e decisi di interrompere quel terzo grado auto-imposto e un po' imbarazzante, quindi scrollai la testa e ripresi a scrivere, facendo di tanto in tanto delle pause.
Mi arrivarono un sacco di sms da vari gruppi di amici, ma li ignorai; restai a casa a studiare e penso che l'immagine emblematica di tutto quel pomeriggio fu mio padre, che rincasando la sera aprì la porta della mia stanza senza bussare, restando di sasso nel trovarmi con una penna in mano davanti a quaderno e libro.
Dissi un po' nervoso se potesse bussare e lui, con occhi increduli se ne restò zitto, portò la mano sulla barba ai lati della bocca e se ne andò lasciandola aperta.
Lo sentii poco dopo chiamare al telefono qualcuno e ringraziarlo in modo sentito per qualsiasi cosa stesse facendo e preso dal panico (arrivandoci molto in ritardo col cervello) scattai fuori dalla stanza gridando di attaccare, cosa che lui fece dopo mesti saluti ed un ultimo grazie.
L'aveva chiamata! Quel pollo aveva chiamato Marzia alle otto di sera solo per dirle quella stronzata! Me lo mangiai ma lui rise, da quanto non lo vedevo sorridere?
Gli abiti sporchi del cantiere, la stanchezza negli occhi e quell'espressione soddisfatta. Disse di andarsi a fare una doccia e che poi avrebbe pensato alla cena; passando, poggiò la mano sulla mia spalla e se ne andò.

Il mattino seguente fu una replica del giorno prima.
Agitato e sudato, le fitte all'uccello mi stritolavano la pelle nella gabbietta e cosa ancora più oscura, avevo di nuovo sognato Marzia. Non era precisamente qualcosa di così macabro, ma non era piacevole. Avevo un sentimento di angoscia spaventoso e davanti allo specchio del bagno mi vidi piuttosto smunto, come se non avessi dormito bene.
In effetti ero stanco, stanchissimo anzi. Feci una colazione degna di un pranzo e quasi persi l'autobus, poi arrivai.
Il giorno successivo avrei avuto il test e non mi sentivo affatto tranquillo, avevo una vera e propria ansia da prestazione e parlai anche con Sara (la compagna del posto avanti al mio), per avere qualche informazione o consiglio che potesse aiutarmi.
A ricreazione avevo bisogno di aria. In modo assoluto.
Non feci in tempo a scendere i primi gradini che dal piano di sotto trovai a salire Mirco che mi salutò alzando una mano, restando distaccato e serio; - che vuoi?

- posso parlarti?

Sospirai alzando un sopracciglio per quella cosa inaspettata, poi scrollai le spalle, pensando che Marzia avrebbe approvato; - si ma andiamo fuori che sto schiumando oggi...

Approvò.
Era vestito con jeans scuri abbastanza larghi, una maglietta di qualche gruppo musicale e sopra una camicia a quadri rossa e nera con i soliti capelli neri messi sul davanti modello EMO.
Andammo vicino al muretto della palestra. Distante si vedeva il cortile dove stavano la maggior parte dei ragazzi, era appartato; - insomma?

Mi sedetti sul muretto ed attesi; - senti, volevo chiederti scusa per ieri, non l'avrei mai fatto, non voglio problemi ok? I miei non denunciano nessuno sono solo arrabbiati

- non avrai problemi... non più almeno

Sorrisi tra me non potendo credere di stare parlando così e anche Mirco mi guardò perplesso; - ho fatto un sacco lo stronzo con te, mi ci è voluto... un po' per capirlo. Ma non avrai più fastidio da me o dagli altri, se succede chiamami, tanto qui dentro ci devo stare. accetti le scuse?

- s-si... certo, grazie

- ok...

Restai zitto. Il mio dovere l'avevo fatto. Restammo tutti e due muti, lui con la schiena appoggiata ad un palo li vicino e io a fissare il vuoto pensando a come creare dal nulla una sigaretta; - senti... posso chiederti come mai questo cambiamento? E' per la sospensione?

- non centra quella vecchiaccia di merda (la preside). Non mi ha sospeso, chi te lo ha detto?

- ah, pensavo di si... i tuoi amici ieri dicevano questo

- giraci a largo da quelli, stanno sempre li, perché cavolo non te ne vai dalla parte di la, dove stanno quelli del primo anno?

Sorrise. Perché sorrideva? Non era qualcosa riferito a me, ma ad un pensiero che evidentemente gli era passato per la testa; - allora?

- tu non hai risposto alla mia domanda...

Vado da una psicologa che mi ha chiuso il cazzo dentro un gabbietta e mi ha preso a frustate dicendomi che dovevo chiederti scusa. Sarebbe suonata male vero?
Sospirai; - una persona mi sta facendo capire delle cose... tutto qui. Tu perché vai sempre nel cortile?

Sospirò lui stavolta e guardò avanti verso un gruppo lontano di persone, saranno state a cinquanta metri, ma capivo che fossero ragazze del secondo, un gruppetto assortito; - beh?

- ...mi piace una di loro

Parlò così piano che quasi non riuscii a capirlo; - quindi c'hai la ragazza in quel gruppo? Strano non ti ho mai visto con nessuna

- infatti! Non fraintendere non sto con nessuna, la vado solo a vedere ogni tanto

Ok, era strano; - cioè tu ti rischi le botte ogni giorno per vedere quella li? Ma sei scemo?

Si staccò dal palo e rise un po' in imbarazzo; - forse...

- e chi sarebbe? Una del primo? Non vanno da quella parte

- no infatti, è del secondo. C'era anche lei ieri quando...

- quando mi hai dato quel cazzotto?

Si irrigidì, ma sorrisi fregandomene, poi cercai di focalizzare i ricordi sul gruppetto che gli avevo visto fissare il giorno prima, ma non mi vennero facce in mente; - vacci a parlare no? Sarai popolare ormai

- no! Non potrei mai, che gli dico?!

- che cazzo ne so, non devi mica pensarci, vai e le chiedi il numero o l'amicizia su FB...

Scosse la testa imbarazzato e tentò di cambiare discorso, ma mi piaceva vederlo un po' sulle spine e poi mancava poco a dover rientrare quindi lo incalzai; - vacci adesso, te le chiamo?

- no ti prego!

Si spaventò sul serio, ma stavo solo giocando e stavolta glielo dissi; - rilassati cazzo... il nome?

- Chiara

- sezione?

- secondo E... ma non ci dirai nulla vero?

Scesi dal muretto mettendo le mani in tasca, guardandolo dall'alto un po' cattivo; - quindi perché non ci parli?

- non saprei che dirle... e se metti accettasse che farei?

- scopartela. Hai avuto una ragazza no? Sai quelle cose? Baci, toccate di culo, le tette, cose così

Ma era scemo sul serio Cristo Santo; - non ho mai... non ce l'ho mai avuta la ragazza, non saprei che fare

Bingo. Finalmente capivo tutto. Era così coglione perché non aveva mai visto una fica in vita sua, era tutto molto semplice adesso e anche molto divertente, almeno per me che stavo li a guardarlo diventare mezzo rosso; - senti non fare niente però ok...

Si vede che gli venne qualche paura che me ne potessi uscire o fargli qualche scherzo dei miei, invece pensai a ben altro attaccandomi con la schiena al muretto; - senti un po', vorresti scopare? Intendo sul serio, per fare un po' di pratica

Sgranò gli occhi e restò a bocca aperta contro il mio sorriso smagliante sentendo suonare la campana; - c-come?!

- non hai capito, vuoi ficcarlo? Così magari dopo vai da quella li e le chiedi di uscire

- m-ma... e con chi?!

- dimmi solo si o no, sbrigati non ho tutto il giorno...

- c-certo mi piacerebbe, ma non è che mi fai qualche scherzo? No perché veramente preferisco i pugni sul braccio

Lo afferrai per il collo senza stringere troppo; - nessuno scherzo, ti devo delle scuse, so come rimediare al tuo problema, ma prima mi devo muovere un attimo per tastare il terreno

- MA CON CHI CAZZO?!

Sbottò al limite della paranoia togliendosi da me; - allora ti incazzi pure te ogni tanto... bella scoperta, domani mattina vieni a cercarmi su al terzo C

Me ne andai e lo mollai li spaurito e con chissà quali turbe mentali e paure, ma io avevo un piano.
Non so se Marzia avrebbe approvato questa cosa, ma non stavo facendo male a nessuno, anzi, se tutto fosse andato secondo i piani gli avrei fatto proprio un bel regalo, garantito!
In classe presi il cellulare e mandai un SMS ad Angela; Angela, per farvi capire un attimo la mia follia, era quella che in gergo avremmo definito ninfomane (pensavate zoccola dite la verità). Non stavo esagerando e lei ne era anche consapevole. Aveva la mia stessa età, ma aveva cambiato scuola dopo uno scandalo assurdo successo con alcuni tipi che conoscevo e un'orgia alla quale io per qualche ragione (e grazie al cielo) ero mancato.
L'avevo conosciuta di persona ed ero solito uscirci con un gruppo di amici misti che si ritrovavano spesso vicino da me. Ricordo ancora quando alla sua presentazione, con una faccia tosta incredibile disse a me ed un amico che doveva andare a casa perché gli stava venendo voglia di cazzo... insomma, capito il soggetto?
Una perla rara, la cui amicizia in questo caso m'avrebbe fatto comodo. Ci ero andato a letto anche io ovviamente ed era stato bellissimo, non sto qui a dirvi i dettagli ma se me la ricordo a distanza di un anno un motivo ci sarà pure.

Ciao bellissima, hai da fare oggi?



Pochi minuti dopo, la vibrazione mi fece riprendere il cellulare dalla tasca.

Guarda chi si sente! Bellissima? Mmm... che ti serve?



Non posso sentire un'amica perché ne ho voglia?



Lo so io di che hai voglia tu... sono libera comunque



tu sei pazza lo sai? Tranquilla non volevo quello



infatti lo voglio io, tu che centri? <3



Che stronza che era, mi faceva morire, una pazza completa.

vediamoci a Re di Roma ok?



Alle 16:00?



Alle 16:00 va benissimo... ciao bella!



Non rispose più.
Era fatta pensai, anche se adire il vero non sapevo se le cose sarebbe filate anche stavolta come avevo pensato, ma valeva la pena fare un tentativo. Mi sarebbe piaciuto lavarmi la coscienza con questo piacere verso Mirco e nel frattempo mi sforzai di organizzarmi mentalmente per finire il capitolo di filosofia che mi mancava e trovare spazio per ripassare e rileggere tutto... avrei fatto tardi sicuramente, pensai sospirando.
Quel pomeriggio passò in fretta e non tornai neppure a casa (di solito ci stavo per le 15:00 quindi era solo una corsa inutile) ed arrivai al luogo dell'appuntamento un ora e mezza prima. Mi presi un gelato e scelta la panchina più comoda me ne restai li, con la cartella sotto la testa e sdraiato a sentire l'Mp3, che ancora andava avanti superando le 52 tracce.
Il tempo volò rapidamente. Si stava da Dio, fresco venticello, un sole fantastico e ancora poca gente in giro. Avevo le braccia dietro la testa sopra lo zaino e gli occhi chiusi quando improvvisamente sentii un peso sulla pancia, svegliandomi di colpo e trovando Angela seduta comodamente come fossi io la panchina; - buongiorno, il sole è alto e tu dormi?

- ho dormito poco stanotte... che vuoi farci

Restammo in quella posizione un po' strana, fissati da una coppia che ci passò vicino; - troppe seghe?

- uno come me ne ha bisogno forse?

- tutti voi ne avete bisogno, non potete farne a meno. Sei comodo sai?

Ridemmo, ma poco dopo qualcosa inizio a muoversi e diventai più serio; - qualcosa non va?

- no figurati, stavo solo pensando a quella cosa che devo dirti... però magari mettiamoci seduti

Si tolse e mi lasciò sedere. Per farvi capire un attimo, Avete presente Lady Gaga con i capelli lunghi platino e la frangetta sugli occhi? Ecco Angela era identica, no sul serio era lei! La chiamavano tutti così per via del suo aspetto così simile, non sapeva cantare (almeno credo), ma il resto ci somigliava tantissimo; magra, alta un metro e sessanta, una terza di seno, un sedere sodo; sempre vestita in jeans e anfibi, mai vista senza. Quel giorno aveva anche una camicia larga ed un toppino nero; - allora, che succede?

- devo chiederti un favore stratosferico e sei l'unica che potrebbe aiutarmi

- mmm... continua

Si incuriosì; - ci sta un mio amico, uno sfigatello, tanti problemi a casa, il padre lo picchiava da piccolo, è cresciuto sempre solo (andai a braccio sparando stronzate senza ritegno), insomma ha una cotta per una ragazza a scuola, ma è più grande di lui, lui non ha mai fatto niente e se dico niente è proprio NIENTE, manco un bacio. Quindi è frenato, non si fida, pensa che sarebbe una merda se accettasse di stare con lui e qui intervieni tu...

- ...

Resto zitta, con un braccio dietro la panchina e non sapevo come tradurre la sua espressione; - quindi dovrei scoparmelo?

- eh... già

Chiusi le mani davanti a lei a mo di preghiera sorridendo e sembrò riflettere; - conosco i tipi con cui giri, non sono come mi hai descritto sto soggetto, come mai lo conosci?

- eh... è una lunga storia, un po' complicata. Ma poi che ti importa è solo un coglione del primo

- del primo? Maddai Ale che cazzo mi metto a fare...

- eddai, pensa che gli cambierai la vita! Poi questo è bravo, nessun problema, sta zitto e parla solo quando gli si dice

Attaccai la schiena alla panchina non sentendo più alcuna risposta, ma dalla faccia non sembrava d'accordo; - io do qualcosa a te, tu la dai a me giusto?

- come? Ah si certo... un favore così, qualsiasi cosa, vuoi l'erba?

- no ce l'ho quella, mi manca qualcosa qui...

Sgranai gli occhi quando divaricò leggermente le gambe e simulò su di lei il tenersi un cazzo invisibile con la mano smaltata di nero; - vuoi farlo con me?

- adesso. O non se ne fa niente...

Oh merda e adesso?! Pensai a come uscirne, non potevo scoparmela! Non che non avrei voluto, anzi! Ma non potevo proprio! Balbettai qualcosa prendendo tempo, ma lei pretese una risposta; - che c'è non ti piaccio più?

- Tu non sai quanto io ti scoperei qui sulla panchina Angela, no davvero non lo sai... però ecco, ho un problema li sotto capisci

- problema? Che problema?

Una gabbietta di plastica mi chiude il cazzo che sta per esplodere; - è complicato, ma sono fuori uso Angela, non sai quanto vorrei farlo, ma non posso

Sorrise maliziosa e si alzò prendendo una sigaretta e dopo averla accesa mi fece segno di seguirla, prendendo a camminare. Mi alzai di scatto come ad avergli letto nella testa; - Angela! Dico sul serio non posso!

- il pisello non si può usare, ma la bocca ti funziona no?

COSA?! Restai zitto guardandola mettersi in bocca la sigaretta ed ebbi subito una gran voglia di fumarla con lei, lei se ne accorse e me ne diede una, che però rifiutai dolente; - hai smesso?

- ci sto provando...

A quel punto si fermò dopo aver attraversato e mi guardò con quegli occhi azzurri truccati di nero con sguardo indagatore; - ti sei trovato qualcuna?

- n-no... cioè non proprio

- sei diverso...

Macché diverso pensai, qua stavamo continuando a camminare verso la mia distruzione! Il mio piano malvagio si stava rigirando contro di me a velocità supersonica; - s-senti Angela, possiamo fare un'altra volta?

- certo, ciao Ale

Aumentò il passo e fui costretto a rincorrerla con quel fastidio fisso in mezzo alle gambe; - aspetta! Come sei acida cavolo... senti, solo la lingua ok?

- mi sembra pochino per il favore che mi hai chiesto no?

- e che altro ti devo dare? Non posso qui sotto lo capisci?

Girammo l'angolo dopo una pausa finché non comparve il suo palazzo; - vedi di lavorare bene allora, sennò salta tutto chiaro?

Sorrise come la stronza che era e sempre più preoccupato le guardai quel culo bellissimo posto dentro quei jeans aderenti con una scritta sulle chiappe. Che potevo fare? Non mi avrebbe toccato li, ma di certo sarei esploso comunque... già ero gonfio da morire!
Entrai in casa sua. Un piccolo monolocale (viveva con una coinquilina che purtroppo non era in casa quel giorno.
Poggiai lo zaino di fianco la porta e mi fece strada nella sua stanza togliendosi subito le scarpe e gettandosi sul letto sorridente. Io restai li e mi mangiai il fegato. L'avrei sfondata, avrei fatto l'amore con lei fino alla morte e non potevo; - mi hai incuriosita però, che ti è successo che non puoi farlo?

-nulla di che, ma per un po' meglio stare buono...

La raggiunsi e sospirando per tenermi buono mi sedetti vicino a lei. Aveva le gambe dietro di me e ne aprì una spalancando la vista a quello che c'era in mezzo alle gambe per invogliarmi; - Angela... cazzo!

- dai su... baciami

Si tolse improvvisamente i jeans e restò in perizoma aprendo le braccia per accogliermi e persi la testa. Mi spinsi in avanti su di lei entrandole fra le gambe fino ad avere le sue labbra a contatto con le mie; la baciai a lungo, forte, come piaceva a lei, quindi le presi i fianchi e la portai istintivamente sul bacino ed una prima scarica di dolore mi fece urlare; - aspetta! Non posso te l'ho detto...

- ma che cazzo hai si può sapere, devo preoccuparmi?

Non so bene a cosa si riferisse, ma mi mise in imbarazzo; - ma no, è solo che...

Non feci neanche in tempo a finire la frase che mi voltò di peso sdraiandomi sul letto al suo posto e giocosa si sedette sul petto poco sotto il mento, con la sua rosa a cinque centimetri dalla mia bocca; - te la ricordi ancora? è passato un po' di tempo

- s-si...

- ti ha fatto divertire tanto no? Anche se tu eri interessato più a questo se non sbaglio

Dio mio... Alzò le ginocchia avanti e tolse l'intimo restando completamente nuda, offrendomi alla vista sia la fica completamente liscia che il sedere; - quale sistemi prima?

- c-come?

- l'ultima volta lo hai preso ma neanche un bacino gli hai dato... ci è rimasto male

Si riferiva a quando facemmo l'amore, le piaceva il sesso anale, io non l'avevo mai fatto ed ero desideroso di provare, ma quando mi disse di leccarlo mi fece schifo e risolsi spuntando sulla mano e lubrificando il mio affare che entrò con una facilità impressionante.
Ebbi una contrazione e serrai i denti ritrovandomi Angela con il buco del culo sulla mia bocca, seduta comodamente sulla faccia. Sentivo il naso entrare un poco dentro la sua rosa e l'odore che percepì bastò a strapparmi un grido soffocato per il dolore della gabbietta; - non ti togli? Facevi tante storie quella volta

Non potendo parlare cercai di toglierla, ma la forza mi era stata portata via completamente, quindi non mi restò che calmarmi; - bravo Alessio, la farò quella cosa per il tuo amico, tranquillo. Adesso però lecca, lo sai quanto mi piace

Respirai a fatica. Perso sotto di lei non potevo vederla direttamente ma solo sentirla e con riluttanza gettai fuori la lingua una prima volta sentendola tremare dal piacere. Era bastato così poco per eccitarla?
Chiusi gli occhi e pensai ad altro. Sentivo la mia lingua muoversi lentamente lungo la pelle morbida dell'ano, alternando lappate più forti a quelle più deboli per riprendere fiato. Fu un lavoro lungo e di una fatica immane, ma mai quanto resistere alla tentazione di tagliarmi via le palle per non soffrire più; - entra dentro ti prego... bravo, così! Più giù!

Guidato dai suoi movimenti e dai suoi ansimi eseguii quegli ordini penetrandola con la lingua fino a ficcarcela tutta completamente. Non volevo ammetterlo ma fu bellissimo. Mi sentivo soggiogato, costretto in qualche modo a pulire il culo di Angela con la lingua e nel vorticare dei pensieri pensai se un giorno avrei mai potuto farlo a Marzia.
In quel momento spalancai gli occhi sentendola godere sopra di me, intenta a toccarsi furiosamente davanti con le dita e godere sopra di me con contrazioni fortissime ed ansimi sommessi. Cadde in avanti sul cuscino tenendomi ancora li sotto.
Avevo il fiato corto ma ero felice, davvero felice di averla fatta godere e pensai a che quanto ero stato coglione quella volta a rifiutarmi, anche perché l'odore che avevo sulla faccia era paradisiaco; - adesso davanti...

Si tolse da me dicendo questo ed un po rossa in viso, tirando indietro i capelli, si girò senza che potessi fare nulla per fermarla e me la ritrovai a 69 con terrore; - Angela! Non...

Abbassò il bacino zittendomi. Era un fiume in piena. Dovetti succhiare non so quanto liquido dalla sua rosa colante per non annegare e mentre bevevo lei prese a sbottonarmi i jeans. Tentai di fare forza sulle braccia per toglierla, ma si alzò leggermente e tornò giù col bacino gemendo e schiacciandomi la faccia sul sesso e vinto mi arresi.
Le sue risate andarono scomparendo finché non ci fu silenzio. Io restai immobile con il cuore congelato e la immaginavo guardare la mia castità forzata senza una spiegazione, senza nulla a poterla spiegare.
Mi passò davanti una vita di derisione dopo averlo detto a tutti quelli che conosceva, alle sue amiche, molte delle quali me le ero anche fatte e affogai l'imbarazzo sulla sua rosa calda e umida tornando a leccare dolcemente.
Si inarcò un poco per la sensazione del mio lavoro ma continuò a restare in silenzio a godersi quel trattamento, finché non riprese un poco a muoversi assecondandomi. Mi stava guardando li in mezzo lo sentivo, una sua mano era scesa li a toccarmi notando sicuramente la contrazione causata dalle sue dita curiose.
Non volevo pensarci, non volevo pensare a quando si sarebbe tolta dalla mia faccia e continuai a leccare come un cane, facendo del mio meglio come mai avevo fatto, finché con ansimi sempre più violenti e movimenti del bacino più decisi, non esplose sulle mie labbra un orgasmo bellissimo e profondo, spingendo il sesso su di me tanto da infossarmi la testa nel materasso.
Tremò a lungo sdraiata al contrario su di me. Il suo viso era probabilmente a contatto con la gabbietta e poco a poco si stava riprendendo.
Mi toccò li, saggiando l'oggetto e le palle sottostanti che facevano un male cane; gemetti, poi purtroppo si tolse da sopra, restando al contrario di fianco godendosi un attimo di tranquillità e i miei respiri affaticati.
Ero con gli occhi chiusi dalla vergogna quando la sentii muoversi. Mi arrivò una carezza ed un bacio sulla fronte, ma prima che potessi fare o dire qualcosa si era già rimessa i jeans e si stava per accedere una sigaretta; - A-Angela... io non

- al posto di oggi, domani, stessa ora...

Non mi guardava. Fissava fuori dalla finestra con chissà quali pensieri per la testa e ricordo di essermi sentito solo, in un modo mai provato prima; - v-vorrei spiegarti tutto ma non posso...

- ...

Mi alzai in piedi tirando anche io su i jeans, asciugandomi la faccia sulla felpa che avevo, tornando a guardarla persa nei pensieri; - ...puoi evitare di dirlo in giro?

Era la cosa che più temevo in realtà, ma lei sembrò rianimarsi e voltarsi stizzita; - pensi che voglia sputtanarti?

- ...

- so quanto una voce messa in giro può cambiarti la vita fidati, meglio di me non lo sa nessuno

Restai interdetto, osservando la sigaretta bruciare lentamente ad un suo respiro, quindi con la testa in confusione mi sedetti di nuovo ai piedi del letto; - scusa...

Mi guardò con un sopracciglio alzato non sapendo a cosa mi riferissi; - mi sento una merda ad averti chiesto quella cosa prima, non lo so ma adesso ci sto male...

- non lo dirò a nessuno, ma alla fine Ale ad un nome che ti danno ti ci abitui e finisci per essere quello che gli altri dicono. Ti abitui, ma almeno puoi portare quel nome a testa alta, tanto non potrai mai farci niente

Altra botta. Sentivo bruciarmi dentro uno schifo tale che avrei vomitato bile tra qualche istante, perché riusciva a farmi sentire una Merda di proporzioni cosmiche anche se in realtà stava cercando di rassicurarmi a modo suo; - non sei un nome...

Mi guardò neutra buttando fuori dal naso un respiro di fumo; - questa persona di cui ti ho parlato l'ho trattata malissimo, l'ho fatta finire all'ospedale due giorni fa, gli ho reso la vita una merda da quando è iniziato l'anno, ma qualcuno mi ha fatto capire che stavo solo facendo cazzate. Mi sono fatto dare un pugno in faccia e ho risolto la cosa e se vai a scuola mia ti diranno che uno del primo ha dato un destro a uno del terzo e questo ha abbozzato e sai che c'è? Me lo meritavo Angela, mi meritavo dieci pugni in faccia non uno

Sospirai per quello sfogo; - quella che mi ha messo questo affare mi sta togliendo quel nome che avevo... non so neanche perché glielo lascio fare, ma sta funzionando e si sta bene

- ...quindi è una ragazza?

Sembrò eclissare il mio discorso limitando il tutto ad un mio -Si- un po' incerto; - se tu sei contento così Ale io lo sono per te... si vede che sei diverso te l'ho detto anche prima. Ogni tanto usciamo a fare una passeggiata, mi piacerebbe sapere i progressi

Mi alzai prendendo il posacenere sul davanzale della finestra e tornai da lei sorridendo e in ricambio lei si alzò, si stirò la schiena e mi accompagnò all'ingresso in silenzio; - ...va tutto bene?

Fu lei a chiederlo a me. Si vedeva che avevo una tempesta di pensieri, ma aprendo quella porta, la abbracciai cogliendola un po' di sorpresa; - ti faccio sapere prossimamente come vanno le cose, è bello poterne parlare con qualcuno

- sono la sola a sapere?

Confermai, vedendole fare una faccia tipo -ammazza che ficata- poi mi avviai sul pianerottolo caricando la cartella sulla spalla; - domani allo stesso posto di oggi Ale... con te la parola la mantengo

Mi voltai e le mandai un bacio a doppie mani, poi chiuse la porta e presi a scendere le scale con il fuoco nei boxer, ma la certezza di aver aperto gli occhi su una strada che poteva starmi bene e che infondo, se fatta su misura, lo sarebbe stata per tanta gente con problemi, proprio come me, proprio come Angela. La differenza tra noi era solo nella fortuna di aver impattato contro quel muro in tacchi e frustino di nome Marzia.

Continua...

Edited by 8Dark8 - 1/10/2015, 19:14
 
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dolcesogno24
view post Posted on 4/4/2015, 15:12     +1   -1




wow bello questo nuovo personaggio specie per il piacere nell'atto orale..
 
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59 replies since 28/3/2015, 12:10   34240 views
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