Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

DA TEPPISTA A SCHIAVO, Alessio e Marzia

« Older   Newer »
  Share  
8DarkFrame8
view post Posted on 31/3/2015, 00:34 by: 8DarkFrame8     +2   +1   -1




DA TEPPISTA A SCHIAVO - II

- scusa Ale ma entri pure oggi?

- ... beh?

- beh? Va bene ieri che avevi detto che non ti andava di andare ai castelli perché pioveva, ma oggi c'è un sole assurdo, ci viene pure Katia dai che quella te la fai!

- ho detto che entro in classe

- boh, fa come ti pare, ricordati che prima dell'uscita ci sta quel tizio che voleva il fumo. Già che entri almeno fammi questo piacere. Ciao bello

Me ne restai attaccato al muretto fuori il cancello vedendo il mio amico tornarsene dal gruppetto più avanti. Erano sei o sette, tutti ragazzi con due femmine tra cui Katia, che stava parlando al cellulare indifferente.
Ci ero andato vicino con lei, ma più di una sega non ero riuscito ad ottenere in una settimana, un po' poco per i miei standard, però di certo nelle condizioni in cui ero adesso da quel fronte avrei potuto pretendere ben poco.
Mi lanciarono qualche occhiata, poi si avviarono verso la fermata dell'autobus e io tirai su lo zaino da terra, varcando la soglia di scuola come voleva Marzia.
Mi venne un incredibile desiderio di fumare una sigaretta. Non le avevo con me dopo che martedì avevo lasciato il pacchetto nello studio di quella che potremmo definire adesso... Padrona.
I suoi occhi severi mi apparvero nella mente intento a camminare lungo il piccolo vialetto, mentre scandiva quella parola -Schiavo- e mi fermai un attimo, godendomi un raggio di sole mattutino tra gli alberi.
Non mi aveva dato fastidio quel termine, anche se non capivo bene il motivo. Forse non avevo ancora afferrato cosa fosse successo, forse oggi dico che da ragazzo vedi tutto con leggerezza, con superficialità, ed era per quello che avevo ceduto. Per quello e per quelle pratiche meravigliose che avevo subito legato a quella croce.
Mi grattai la testa confuso, prima di percepire qualcosa tentare di ingrossarsi e subito quel sorriso ebete che avevo scomparve, riprendendo a camminare e pensare ad altro.
Ero uno degli ultimi. Tra poco non sarebbe stato possibile entrare se non in seconda ora, ma feci ugualmente in tempo e fui in aula pochi minuti dopo.
Tralasciando l'essere entrato a scuola ieri, prima di allora avevo saltato allegramente cinque giorni di fila, un'intera settimana e non avevo la minima idea ancora di dove fossimo arrivati con le materie e sinceramente non me ne fregava nemmeno nulla.
Mi sedetti all'ultimo banco a destra, quarta fila. Amavo quel posto, perché se mettevo sopra un giacchetto, d'inverno potevo passare quasi inosservato a dormire e d'estate la parete mi dava fresco e sostegno durante il caldo. Molto tattico insomma.
Il mio vicino di banco aveva da tempo cambiato posto; gli avevo rotto così tanto le palle, fatto prendere rimproveri ed avevo alzato così spesso le mani, che da quando la scuola era ricominciata lui non si avvicinò proprio e nessun altro lo fece. A me andava benissimo, meno spazio da spartire, ma era anche più difficile copiare!
Quando arrivò il prof partì la sagra del controllo esercizi, poi iniziò a parlare e parlare e la mia mente già dopo la prima ora faticava a seguire, così mi ritrovai a pensare a mio padre.
Ero tornato a casa lunedì in evidente stato alterato, non certo da alcool o droga, ma ero impressionato, avevo bisogno di farmi una doccia e chiarirmi le idee di quello che era successo con Marzia, ma quando lo incontrai, stanco ed intento a prendere un po' di fresco sul balcone mi salutò un po' diffidente.
Non gli dissi nulla, andai solo davanti a lui e lo abbracciai leggermente dicendogli quelle scuse doverose (almeno a sentire Marzia, ma in fondo un po' ci credevo anche io).
Prima che potesse fare qualche commento ero già dentro casa a prendere il cambio per farmi una doccia; - ad esempio Alessio, che oggi ci fa l'onore per due giorni consecutivi di venire a trovarci. Immagino non ci siano problemi per il compito di sabato dico bene?

Caddi dalle nuvole scuotendo la testa annoiato e compresi che si stava parlando di un compito in classe da fare. I compagni avevano scelto sabato e io in silenzio e ignorando quello stronzo di un nano supplente (aveva avuto ordine dalla prof di fare il test), feci assenso con la testa, per poi tornare a farmi i cavoli miei; - ...ma lo sai almeno che devi studiare?

Si voltò Sara, una ragazza tranquilla che a volte mi aveva passato i compiti. Era mora, capelli corti a caschetto, un viso carino con gli occhiali ed un fisico un po' grassottello ma nel complesso si poteva fare; - tanto mi passi tutto no?

- ma che vieni a fare se non ascolti? Il compito è a risposta aperta, ed è fatto a file A, B, C casuali, lo sta dicendo da una settimana Ale!

- quindi?

- quindi se tu sei A, io difficilmente avrò il lo stesso tuo e se anche lo avessi come pensi ti possa passare tre o quattro domande da venti righe l'una? Lo sai Ferretti quanto è bastardo pur di farci scrivere

Non risposi più e me ne tornai a braccia conserte sul banco poggiandoci la testa ed in quel momento realizzai: se Marzia mi aveva detto oggi di portarle tutto il materiale delle lezioni (pochissima roba in effetti), come avrebbe reagito ad un brutto voto? - che faccia Ale, hai capito che prenderai un altro non classificato?

Sara scoppiò a ridere coinvolgendo la sua amica di banco che però rimase più discreta. In realtà non so che faccia avevo fatto, ma sapevo cosa nelle mutande si era mosso e col fatto di non poter camminare o muovermi non riuscii a far defluire il sangue, che invece si riversò nella carne stretta da quella maledetta gabbia di plastica.
La mente viaggiò di pari passo al fastidio; più non volevo pensarci e più ci pensavo e più ci pensavo più il cazzo veniva stritolato dalla costrizione, abbassando la faccia verso il pavimento e restando immobile per non far danni.
Accadde altre tre volte quella mattina e pian piano cominciavo a capire cosa volesse dire avere quella cintura di castità in miniatura attaccata all'uccello. Anche mentre facevo la doccia il giorno prima mi era successo di eccitarmi, ma se stavo in piedi era più facile tenermi a bada un minimo; fuori invece, con tutte quelle ragazze attorno, i loro sederi, le tette, insomma era da uscir pazzi!
Non ero mai stato incline a vedere le mie compagne di classe e tranne un paio su quindici, il resto non erano tutta sta gran bellezza, ma al mio uccello non gliene poteva fregare di meno.
Il suono della ricreazione fu la liberazione mentale che aspettavo ormai con impazienza.
Mi fiondai fuori dalla classe e scesi giù nel cortile dove ero solito bazzicare con altri ragazzi e bramai una sigaretta, ne avevo bisogno subito, in modo assoluto e trovarmi in mezzo agli amici tutti quanti intenti a fumare ovviamente ebbe ripercussioni.
Uno dei cinque, vista la mia condizione e saputo che - avevo dimenticato a casa il pacchetto - me ne offrì una e presa tra le dita pretesi anche l'accendino fermandomi; - la vuoi accendere con lo sguardo? Se non la volevi potevi dirmelo

- che cazzo ridi? E' che oggi non sto tanto bene... dai per stavolta passo

Faticai come un bastardo a ridargliela indietro e tutti mi guardarono sorpresi; - Alessio che rifiuta una sigaretta? Cazzo c'hai sta per morire?

Lo guardai male li seduto sul motorino mezzo sfondato e mi sedetti sul muretto con una gran voglia di prendere a pugni qualcuno e quel qualcuno mi passò davanti guarda caso proprio in quel momento; - c'è Mirco, quello del primo F, dai chiamalo qui un attimo

Mi venne da ridere e prima che potessi rispondere gli altri gli avevano già fatto cenno e lui con reticenza si stava avvicinando. Era un soggetto, altroché se lo era.
Vestiva di nero, secco come un chiodo, capelli mezzi rasati, mezzi lunghi che sembrava fosse andato da Sweeney Todd a farsi i capelli.
Era taciturno, una faccetta pulita, sempre con quelle cavolo di cuffiette; avevo iniziato a dargli fastidio pochi giorni dopo l'inizio della scuola quando lo avevo visto alla fermata dell'autobus. stavo con tre amici, lui da solo come sempre. Ci scherzammo un po' pesante prendendolo per il culo, poi visto la sua assenza di ribellione passammo a scherzi di mani finché non salimmo sul mezzo pubblico e anche li continuammo.
Da quel giorno quando lo vedevamo c'era ben poco che potesse fare per sfuggirci; - ritardato vuoi fumare erba?

Si vedeva che era agitato e fece di no con la testa, mentre uno dei ragazzi scese dal motorino con fare arrogante come se volesse picchiarlo e gli andò sotto spingendolo col petto per farlo arretrare; - torna qui, fatti dare un pugno sennò ti distruggo, sbrigati

Cercò di andarsene, ma un altro lo trattenne e lo mandò addosso al primo che lo aveva spinto, quindi rassegnato si girò di fianco e porse la spalla dove spesso lo colpivamo. C'erano ancora i lividi delle altre volte constatai ridendo.
Mi avvicinai pure io facendo scrocchiare le nocche e caricai il pugno mettendoci dentro tutta la frustrazione che avevo in corpo, quindi lo colpii a bomba tanto da farlo cadere a terra urlante.
I ragazzi si tirarono indietro sorpresi dalla violenza del colpo e dalla reazione urlante di Mirco, quindi dopo avermi guardato come per dire -cazzo fai- se ne andarono prima di finire nei guai, cosa che prontamente, attirando l'attenzione piangendo, il custode venne verso di noi e la mia giornata precipitò in un attimo.

- non me ne importa niente se stavi scherzando! Quel ragazzo è più piccolo di te e lo hanno portato al pronto soccorso te ne rendi conto?!

- ...

La preside mi urlava contro e io stavo li davanti seduto aspettando che la ramanzina finisse. Non mi ero reso conto di esserci andato così pesante, volevo solo sfogarmi un po', invece Mirco lo erano venuti a prendere e portato in infermeria, poi chissà dove; - iniziamo l'anno con una sospensione Alessio? Così a tuo padre puoi dare altri problemi, dimmi tu cosa devo fare? Hanno chiamato adesso i genitori del ragazzo vogliono denunciarti!

- d-denunciarmi?! Andiamo per un pugno?!

Restai interdetto e persi la mia maschera iniziando a preoccuparmi sul serio; - pensi che il pugno sia il problema? Ho già avvisato tuo padre della cosa... non può venire qui per via del lavoro, ma ci parlerò stanne certo Alessio

Mi fece un cenno disgustato di andar via e mi alzai come una furia sbattendo la porta e mollando un pugno al muro, poi la rabbia passò piano piano e sfumò con il vento fresco che c'era fuori la scuola e restai a pensare. Quella cosa sarebbe rimasta li dentro, Marzia non l'avrebbe saputo. Mi bastava fingere e sorvolare sulla cosa e se non ci fossero state ripercussioni serie l'avrei fatta franca.
Poteva funzionare.
L'agitazione lentamente passò fino a che non tornai a casa.
Mio padre sarebbe tornato la sera quindi mangiai un panino al volo e mi rilassai davanti la TV cercando di non pensarci. Alle e 15:30 mi avviai con calma; presi la metro e l'autobus come la prima volta ed uscii dalla periferia di Roma per entrare nel centro e camminai lungo il viale alberato fino a scorgere il grande portone di ghisa e acciaio placcato con su la targa (fra le tante esposte) della mia psicologa.
Quando citofonai, tutta la tensione tenuta a bada uscì dal binario che avevo costruito e non presi neanche l'ascensore per allungare il tragitto. Se ne sarebbe accorta? Dovevo fingere meglio se volevo salvarmi. E se mi avesse scoperto? Cosa mi avrebbe fatto? Forse mi avrebbe lasciato stare, non volendo più seguirmi!
Mi prese una specie di attacco di panico di cui rimasi spiazzato. Fermo ad un piano da lei pensai a quanto tenessi ad essere li in quel momento, allo zaino sulle spalle dove avevo le cose che le avrei fatto vedere, ed il pensiero che tutto finisse per un coglione a cui avevo dato un pugno mi gelò il sangue. Ma questo non sarebbe successo, dovevo solo calmarmi.
Quando arrivai su, Marzia era sulla porta e parlava al cellulare con qualcuno.
Mi fece accomodare salutandomi con un cenno del capo ed un po' in ansia entrai, sospirando una volta dentro il salone; - capisco. La ringrazio, è sempre utile avere sostegno dalla famiglia. Si, rimaniamo così. Arrivederci

La telefonata si chiuse con me in piedi davanti al divano reticente a sedermi e lei che invece poggiò il telefonino sul tavolo di cristallo e mi squadrò; - come stai Alessio?

- c-ciao Marzia... bene

Schiarii subito la voce uscita un po' sommessa; - dicevo Bene! Oggi poi ha fatto un sole! Sembrava ancora Agosto

Si mise seduta sulla poltrona accavallando le gambe.
Indossava stavolta una gonna abbastanza corta, senza calze, che lasciava scoperte quelle belle gambe dalla pelle bianca che aveva, con sopra una camicetta anch'essa nera e molto seria, sbottonata come di consueto fino al terzo bottone. Da qualche parte ero certo avesse anche una giacchetta in coordinato, le sarebbe stata benissimo; - hai portato quello che ti ho chiesto?

- certo, ma non è tanta roba... insomma, capisci non seguo molto

Mi ignorò e si fece passare le mie cose dicendomi di poggiarle sul tavolino li di fianco dicendomi di sedermi; - il tuo diario?

- diario? Non lo uso veramente...

Sospirò ed il mio sorriso sornione scomparve davanti la sua austerità. Sembrava fosse già arrabbiata per qualcosa, forse qualche cliente l'aveva fatta innervosire. Da quel momento si prese del tempo. Ispezionò i quaderni uno ad uno, guardò le condizioni dei libri didattici trovandoli ovviamente immacolati, poi si soffermò sulla prima pagina di un quaderno dove avevo scritto l'orario, non avendo appunto il diario; - in quali materie sei sufficiente come rendimento?

Ci dovetti pensare un attimo. In inglese me la cavavo, anche perché giocando online a casa mi ero fatto una mezza cultura autodidatta e riuscivo per lo più a capirlo e scriverlo, ma il resto era un disastro come tutti gli anni precedenti; - inglese...

- ...poi?

- e poi... basta

Avrei voluto farvi essere me per un attimo, quantomeno per condividere il dolore che riuscì a infliggermi con un solo sguardo di ghiaccio, che passò poi ad un leggero scuotere della testa ed il passarsi le dita della mano sulla tempia destra. Aveva i capelli raccolti in una coda bassa quel giorno e niente occhiali; - qual'è il test più vicino?

- filosofia... sabato

Prese a guardare il quaderno della materia e si fermò alla quarta pagina per via che il resto erano bianche; - hai solo appunti dell'anno passato... e sono solo quattro pagine. Vista la gravità della situazione ti presterò ulteriore attenzione portando le nostre sedute a Tre volte la settimana, l'ultima sarà sempre di sabato e sempre alla stessa ora intesi?

Scostai lo sguardo per riflettere che forse avrei dovuto avvertire un attimo mio padre, ma lei mi azzerò quel pensiero; - non pagherai per quelle sedute extra. Sabato il mio studio è chiuso, non è lavorativo. Mi porterai questo quaderno con almeno venti pagine di riflessioni, appunti e quant'altro il tuo professore abbia spiegato fino ad ora, sono stata chiara?

- VENTI?!

Mi grattai la testa fissando quel quaderno e il libro di filosofia, ma fu ignorato e l'attenzione mi andò per un istante sulle sue gambe e poi suoi piedi tenuti nelle stesse scarpe della volta precedente.
Fece un gesto con la mano come per dirmi di tirar su la faccia da lei e tornai in me seguendola alzarsi ed andare alla scrivania (anch'essa di cristallo), posta al lato del salotto.
Mi disse di portarmi il libro ed il quaderno e tirò a sé la piccola poltroncina girevole, spostando alcuni fascicoli per farmi posto, quindi tornai seduto, un po' sorpreso e titubante, con il libro davanti; - primo capitolo, hai quaranta minuti. Voglio che tu legga ed appunti l'essenziale. Allo scadere del tempo mi leggerai ad alta voce il tuo scritto. Inizia.

No. Non era così che me l'ero immaginata la questione.
Ero contento ovviamente che non sapesse dell'accaduto a scuola, ma io volevo da lei delle attenzioni di un certo tipo e che magari mi togliesse quella gabbietta, al massimo parlare un po' di questo o di quello... ma non i compiti!
Non mi saltò neppure per l'anticamera del cervello di dire qualcosa contrario ai suoi piani e sospirando un po' nervoso, mandai giù la voglia di fumare che mi stava accecando, quindi aprii le prime pagine ed iniziai a leggere mentalmente.
Marzia se ne andò poco dopo e tornò sulla poltrona accavallando le gambe. Potevo vederla benissimo anche se di profilo. Stava leggendo un qualche saggio su qualcosa di importante che non compresi e ricordo di essermi sentito in imbarazzo. Esatto era quella la cosa che più sentivo in quel momento.
Sembrava una sorella maggiore alla quale non si può disubbidire e l'essere ignorato a quel modo dopo le mie aspettative bruciava parecchio.
Guardai l'ora sulla sveglia digitale della scrivania ordinatissima. Avevo già perso dieci minuti e subito mi agitai cominciando a leggere. Era un capitolo di quindici paginette belle piene, suddiviso in sottocapitoli.
Lo lessi tutto d'un fiato sperando bastasse, ma neanche alla decima pagina tutto era diventato un caos pazzesco e non ricordavo neppure di cosa parlasse. Mi prese il panico. Mi concentrai e tornai daccapo a leggere tutto con più attenzione, ma anche stavolta arrivato quasi alla fine della decima pagina non ricordavo più l'inizio e piegato su quel libro mi ressi la testa con la mano non sapendo che fare.
Pensai di avvertire Marzia che non ci riuscivo, ma come a subire uno schiaffo dalla mente, le parole sul non gettare la spugna mai davanti ad una sua richiesta causò un immediato ripensamento e l'impossibilità di scegliere la via facile, mi portò ad alzarmi dalla sedia più che mai agitato e nervoso.
Scostai la tenda della parete a vetro che dava sull'ampio balconcino del locale e cercai di non pensare a Marzia che si era voltata un attimo ad osservarmi. C'era il sole, volevo uscire e passeggiare e non potevo. Non avevo catene a tenermi li, ma non potevo comunque... dovevo far funzionare la cosa; mi accorsi di volere sorprenderla.
Tornai seduto ed oltre al libro aprii anche il quaderno, strappai con rabbia le quattro pagine dello scorso anno e le accartocciai nella mano sfogando li l'ansia, poi presi la penna e cominciai a leggere paragrafo per paragrafo.
Avevo tristemente capito che non potevo fare affidamento sulla memoria, non so se ero stupido di mio o altro, ma non ci riuscivo. Dovevo restringere il campo. Arrivai fino al primo sottocapitolo e trascrissi un sunto grossolano su quello che ricordavo e ripetei la questione ancora e ancora perdendomi tra quella calligrafia spigolosa e infantile.
Arrivai alla nona pagina del capitolo e non me resi conto. Avevo smesso di pensare a Marzia, alla scuola, al professore, al sicuro brutto voto che avrei preso e avevo soltanto scritto. Una cosa abbastanza semplice aggiungerei. Leggere e riportare in sintesi, persino io mi accorsi di poterlo fare e la cosa mi aveva preso tanto da isolarmi; cosa mi fece tornare in me? Ad esempio sentire dietro la nuca il seno di Marzia che morbido si poggiò alla base del collo, mentre lei se ne stava sporta a vedere il mio lavoro.
Restai immobile con la penna ferma sull'ultima parola ed il cuore che mancò un battito. Il suo profumo era inebriante, qualcosa di eccezionale e persistente. Non potevo vederla e spostai lo sguardo sull'orario che segnava avessi sforato di dieci minuti abbondanti, poi si abbassò leggermente scendendo con il viso di fianco al mio, lasciando che la pelle dei nostri volti si toccasse; - continua...

- non ho fatto in tempo a finire...

Non mi voltai, restai fermo a guardare il quaderno; - continua ho detto

Ripresi a leggere con più difficoltà visto la sua presenza, ma mi sforzai di farlo, finché una sua mano non scese in mezzo alle gambe facendomi sbavare il foglio; - ah!

- continua

- m-ma...

Alla mia protesta, le dita che prima mi avevano carezzato gonfiandomi fino al massimo consentito dalla gabbietta, si chiusero con forza più in basso afferrando le palle e strappandomi un urlo; - cosa devi fare?

- c-continuare!

Nel silenzio assenso continuò a trattenerle con forza rendendo il compito quasi impossibile. Non so neppure io come riuscii a riprendere a scrivere, ma lo feci sentendo montare la voglia che fino a quel momento avevo sopito.
Conclusi malamente quelle ultime paginette (per fortuna quelle con più immagini) e alla fine mi abbassai sulla scrivania con busto e la testa sul quaderno ansimante, mentre le palle venivano rilasciate e tornava quel piacevole tocco di prima; - lascia il quaderno e seguimi adesso

Come un automa mi alzai lentamente zoppicando per il fastidio che avevo tra le gambe e un po' a fatica presi a seguirla verso il corridoio sentendo il cuore riaccendersi e battere per l'agitazione. Mi avrebbe portato dentro quella stanza? Cosa avrebbe fatto? Avrei goduto? Quasi certamente mi avrebbe premiato per essere riuscito a fare quel compito.
E con questa speranza restai ad attendere in silenzio che la porta chiusa a chiave si aprisse e la luce artificiale illuminasse ogni dettaglio.
Tutto come ricordavo, anche quella dannata croce che catturò subito la mia attenzione, sentendo chiudere dietro di me la porta, stavolta a chiave, deglutendo sonoramente assieme al girare della serratura; - n-non hai altre visite oggi?

- no, sapevo mi avresti preso più tempo della consueta ora quindi ho sistemato gli appuntamenti

- capisco...

Mi girò attorno facendo suonare i tacchi sul pavimento e le sorrisi senza un perché, ma non fui ricambiato. Era così seria, così austera quel giorno, non sapevo cosa avesse, era differente; - hai voglia?

- tanta...

Mi venne più vicina, praticamente davanti a contatto col corpo. La guardai dall'alto volendo allungare le mani su di lei, ma le trattenni; - mi baceresti?

Mossi il capo per rispondere e mi arrivò subito uno schiaffo sul viso, al quale socchiusi gli occhi; - si, mi piacerebbe baciarti

- baciami i piedi allora

COME? I piedi? La mia faccia sorpresa non diede adito a domande di nessun tipo per evitare altre sberle. Scesi in ginocchio un po' reticente per quella richiesta inaspettata, ma restò con le scarpe piantate a terra senza aiutarmi, quindi tornai a guardarla confuso e la sua mano si mosse afferrandomi per i capelli saldamente, spingendomi giù, sempre più giù fino a toccare il pavimento davanti con le labbra.
Il peso di quell'umiliazione era forte, lo sentivo nell'animo e non mi piaceva. Non c'era niente di arrapante in quella cosa e quando portò la punta della scarpa sinistra in avanti, la bocca lasciò il freddo del marmo e passò al caldo del pelle.
Lasciò i capelli e continuai a dare piccoli baci fissando quel piede con astio, annusando l'odore della calzatura, provando a salire un poco sul dorso e poi sulla caviglia, ma venni prontamente allontanato; - alzati e spogliati completamente

Prima di tornare in piedi ebbi la malaugurata idea di non frenare uno sguardo feroce che dalle punte dei capelli che avevo sul viso passò dritto verso di lei. Quasi non la vidi muoversi, mi ritrovai la sua mano sulla gola con le unghie conficcate nella carne e per l'inerzia dello spostamento caddi all'indietro ritrovandola in ginocchio sopra di me con uno sguardo impassibile; - vuoi dirmi che non ti piace essere sottomesso? Baciare i miei piedi non ti soddisfa?

- ...

Strinse maggiormente la gola al mio silenzio; - RISPONDI?!

- n-no! Mi piace! MI PIACE!

Strillai umiliato cercando di non guardarla, poi mi alzò leggermente la testa e la spedì a terra facendola sbattere sul pavimento. Ero nuovamente senza parole per quella violenza. Scattava come niente, sembrava una qualche agente segreto dei film e gli mancava giusto la pistola per esserlo, poi fece segno di alzarmi.
Tolsi la felpa, la maglietta, sbottonai la cinta e scesi i jeans a vita bassa restando in boxer per decenza. Non ero mai stato un tipo vergognoso con le ragazze, ma qua era tutto diverso e provavo cose che di cui non sapevo neppure esserne in grado; - hai qualche problema a capire l'italiano oggi?

- no...

Lasciai cadere anche l'intimo e restai così, portando esasperato le mani ai fianchi fingendo di non provare vergogna per la mia condizione reclusa; - ti stai abituando ad averla?

- non proprio... andare in bagno è complicato e non so come lavarmi li

- di questo non devi preoccuparti. Sei una mia proprietà, ho dei doveri verso di te

Essere definito proprietà mi lasciò interdetto, ed in quel tempo che spesi a guardarla, lei si avviò verso una delle rastrelliere e prese quello che a conti fatti era un grosso collare di pelle. Non disse nulla, si avvicinò, mi guardò negli occhi aspettando forse che distogliessi lo sguardo ma non lo feci e finalmente le strappai un sorriso, sentendo stringere la cinghia con forza al mio collo.
Era stretto, ma potevo respirare.
Mossi la testa di lato un paio di volte per abituarmi e lo toccai non potendolo vedere. Mi lasciò analizzare quel regalo non richiesto finché non concluse il tutto legando ad un anello metallico un moschettone con una spessa catena di acciaio ed al primo strattone caddi in avanti in ginocchio.
M'aveva fatto male, ma faceva più male vederla ad un metro da me e ugualmente inarrivabile. Mi sentivo una cazzo di bestia a passeggio ed una parte di me stava ringhiando nella mente, continuando a fissarla in cagnesco e facendo una leggera resistenza al suo tirare giocoso; - quella posizione ti si addice maggiormente non trovi? Da quando le persone hanno guinzagli?

...quando si sposano?

Oddio l'avevo detto? Mi gelai per quella battuta irriverente e lei continuò a sorridere; - era ironia quella? Un ragazzino che si diverte a colpire chi è più debole è capace anche di fare dello spirito?

Sgranai gli occhi incredulo ricevendo uno strattone così forte da essere trascinato pancia a terra, con il tacco e la suola di una scarpa premuto sulla testa; - ero rimasta d'accordo con tuo padre che mi avrebbe avvertito per qualsiasi cosa avessi fatto non ricordi? O pensavi valesse solo per il fumo?

La sua voce era calma nonostante tutto, non riuscivo a capirla. Premette maggiormente come a schiacciare un verme o un mozzicone di sigaretta e silenzioso la lasciai fare pensando a come cavarmela; - lecca

- c-cosa?

- lecca la scarpa che hai davanti!

Smise di calpestarmi e me la spedì dritto davanti gli occhi, scendendo sulle labbra con la punta rigida, ma vedendo la mia esitazione, iniziò a premere sulla bocca per farla entrare. Cercai di ritrarmi un poco, ma un nuovo strattone del guinzaglio mi tolse il respiro facendomi urlare ed aprendo la via.
Mi ritrovai in bocca diversi centimetri della scarpa e terrorizzato restai fermo a guardare avanti quella prospettiva da animale dalla quale potevo seguire la forma del piede ed il salire della gamba perfetta perdendosi sotto la gonna; - fallo...

Allentò un poco la presa del guinzaglio per farmi respirare meglio e lasciata uscire la punta, rosso in volto per l'imbarazzo e lo sforzo tirai fuori la lingua e la passai sulla pelle della calzatura; - sei forte quando sei in compagnia dico bene? Cosa direbbero i tuoi compagni se ti vedessero in questo stato?

Trattenni un attimo la lingua ed alzai gli occhi, subendo il suo scendere in picchiata ed afferrarmi per i capelli ancora una vota con molta più forza ridendo della mia condizione; - hai uno spirito ribelle, questi occhi con cui mi guardi riescono quasi ad eccitarmi e non accade spesso... come ti sei sentito dopo averlo picchiato? Rispondi

- n-non lo so...

Mi schiacciò il viso per terra senza cura di potermi rompere un dente ed urlai dal dolore venendo rialzato sempre per i capelli; - s-sentivo di poterlo fare, lui non risponde mai alle provocazioni!

- quindi se io adesso ti prendo e ti apro in due la schiena di frustate potrei farlo perché tu non reagiresti, è un concetto semplice, mi piace che tu l'abbia detto! Adesso alzati!

In quel momento ebbi paura.
Fui trascinato per un paio di metri a carponi, poi riuscì ad alzarmi e fui spinto davanti la croce ad X e legato saldamente per i polsi e stavolta anche per le caviglie. Mi feci fare tutto nonostante sapessi che volesse farmi del male, ma li per li l'unica cosa che avevo per la testa era lo sgomento che una donna potesse fare quello che stava facendo.
Quello non era il dare uno schiaffo, non era il dare un pugno ad uno del primo anno o una scazzottata per strada, quello era Dominio.
Perché lo faceva? Cosa poteva aver spinto qualcuno a diventare così? A quante persone avrà riservato quel suo lato così perverso? Tutte domande che morirono nel momento in cui mi alzò la testa afferrando la gola e mollando finalmente il guinzaglio.
Era vicina, così vicina che se avessi proteso le labbra avrei potuto baciarla. I suoi occhi di ghiaccio mi fissavano e leggermente affaticata dallo sforzo di tenermi fermo sorrise per un attimo, quasi un tic represso, che per quel secondo sfigurò il suo viso perfetto in una parodia sadica e preoccupante; - hai un corpo davvero bello Alessio... il tuo viso, la tua pelle abbronzata, questo petto allenato anche se non ha mai visto l'ombra di una palestra o di una qualche disciplina. Sei solo il risultato di una roulette fortunata nel tuo codice genetico e ne sei amabilmente ignorante e l'ignoranza porta solo decadenza

Mi carezzò il viso sudato con la morbida mano. Scese poi sul collo superando il collare e si soffermò sul petto, scendendo sempre più in basso dove inevitabilmente riprese a gonfiarsi il mio affare; - secondo la tua logica se qualcuno può fare qualcosa è giusto che la faccia se non c'è alcun ostacolo ad impedirlo...

- n-no aspetta, stavo solo giocando con lui! Non pensavo di esagerare a quel modo... s-scusami!

E le scuse me le aveva tirate fuori alla fine, ma sorrise in modo cupo allontanandosi verso un'altra rastrelliera, tornando davanti a me con un'inquietante frustino di cuoio nero e qualcosa che descriverei come una palletta rossa legata ad una bavaglio, che finì dritta nella mia bocca.
La trovai incredibilmente scomoda. La mascella era costretta a restare aperta e i denti dell'arcata superiore mordevano la sfera che bloccava al contempo anche buona parte della lingua.
Marzia non parlò. Restò solo a guardarmi trattenere il respiro temendo il peggio ed infatti, quando alzò la mano con cui teneva lo scudiscio, questo si schiantò su di me lasciando comparire all'istante un segno scuro dal petto verso il ventre.
Gridai ovviamente, ma dopo qualche secondo, il dolore iniziale fu superato dal bruciore della pelle e inutilmente mossi i polsi incatenati per coprirmi; - ora io sono quella che gioca e tu sei quello costretto a giocare, come ti sembra? E' bello avere qualcuno come te che voglia giocare? TI PIACE?!

Sgranai gli occhi sia per le parole sia per l'abbattersi furioso del frustino che colpì violentemente altre cinque o sei volte e poi di nuovo altrettante, dopo una piccola pausa di qualche secondo.
Ad ogni sferzata, una scarica di dolore mi attraversava il cervello come una lama. Sussultavo, tentavo di sottrarmi ed urlavo soffocato dal bavaglio colando a terra saliva, finché non ci fu silenzio.
La croce sorreggeva il mio corpo leggermente proteso in avanti. Le catene ai polsi tiravano, ma non erano nulla a confronto con quello che sentivo dal ventre alle clavicole. Nel cervello avevo soltanto paura e l'immagine di Marzia che senza alcuna emozione continuava a ferirmi, finché la vista si appannò di lacrime.
Sospiravo con il battito accelerato, ma i miei occhi erano persi, fissi sul pavimento osservando le sue gambe avvicinarsi, poi il viso mi fu sollevato un poco, ed il passaggio di un pollice cancellò la scesa di una lacrima, trovando il conforto del suo seno sul quale venni adagiato; - se invece di un pugno domani ti divertisse uccidere troveresti dentro di te ancora il coraggio per sminuire le tue azioni e lavare la coscienza. Sei in grado di difenderti, hai una costituzione robusta e sana, ma senza il cervello, questo tuo corpo è soltanto uno spreco di carne, uno spreco che detesto. Io ho avuto il controllo di te e non mi è servita alcuna forza, ti ho messo in ginocchio, hai leccato le mie scarpe e preso le mie frustate perché l'unica forza che conta al mondo e qui dentro

Mi allontanò un poco dal suo seno e dal suo profumo e toccò la fronte con l'indice,dopo avermi tolto il bavaglio; - perché hai lasciato che ti umiliassi fino a questo punto?

Attesi a rispondere, perso dal dolore tra mille pensieri; - n-non lo...

Fermai la voce sofferta costretto ad essere sincero; - avevo paura...

- Paura? La forma più bassa dell'essere umano. Se un arrogante come te ha avuto paura, il ragazzo si meritava di essere trattato così da uno Schiavo?!

- n-no...

Stranamente risposi subito quella volta, sentendo l'indice lasciare la fronte e vedendola allontanarsi verso la porta; - pensa a ciò che hai fatto. Al mio ritorno giudicherò se vali ancora il mio tempo

Lasciandomi crocifisso e piangente, Marzia si avviò verso la porta, girò la chiave, la aprì, e spense le luci.
Cosa ero diventato? Mai nella vita ero stato trattato in quel modo anche solo lontanamente. Mai nella vita una persona dovrebbe essere trattata così. Strinsi i denti per una rabbia ceca per il fatto di aver subito ogni scempio che le era passato per la testa, per la codardia che avevo dimostrato senza ribellarmi.
Avevo accettato così pacatamente di diventare suo schiavo, ma non sapevo cosa volesse dire fino a quel momento. Piansi ancora, stavolta buttando fuori il disgusto per quello che ero.
Nel buio mi immaginavo davanti a me, potendo guardarmi alla luce di una candela ridotto così da quella donna e immaginai improvvisamente Mirco al mio posto e subito ebbi un rigurgito mentale, una sensazione di ribrezzo incredibile.
Avrei potuto colpirlo per i miei stupidi scherzi, ma non gli avrei mai fatto una cosa simile, un pestaggio per strada per una partita di fumo era inferiore a tutto quello, all'annullamento di una persona. E se quel malessere che stavo provando, quel senso di inferiorità l'avesse provato anche Mirco per quello stupido scherzo?
Contai velocemente dall'inizio della scuola le sue vicissitudini con me e gli altri ragazzi, offese, battute sulla madre (bella donna tra l'altro), i soldi presi per lo spaccio dell'istituto lasciandolo senza merenda. No, c'era qualcosa che non andava... era tutto sbagliato.
Mi mossi sentendo il collare graffiarmi un poco la pelle del collo e tirai su col naso, poi chiusi gli occhi e non so come mi addormentai.

-O-

Una luce bianca ed abbastanza forte, disturbò il mio riposo crucciando il viso e lasciando aprire gli occhi che trovarono davanti a me Marzia, seduta comodamente sul divano in pelle nera. Aveva in mano il mio quaderno chiuso e mi osservava; - s-scusami... per tutto

Parlai io per primo, muovendo un po' i polsi e sentendo le braccia addormentate; - non avevo mai pensato alle mie azioni in questo modo, dalla parte di chi le subisce... i ragazzi pensano una cosa e non si fanno problemi a farla purché questo ci diverta, è così per tutto, per attirare l'attenzione delle ragazze, per spacciare, per noia. Tutte cazzate

Sospirai ancora un po'. A meno che non mi muovevo, il dolore era quasi del tutto scomparso e restavano solo i segni rossi delle sferzate a testimoniare quanto accaduto; - è un lavoro mediocre, ma considerando la tua attitudine allo studio può passare stavolta. Trova un metodo che ti permetta di concentrare quante più nozioni possibili in un piccolo spazio così da occupare meno la memoria. Non sei abituato a passare ore sui libri, dovrai arrivarci per gradi, come tutto a quanto pare... sai dove sono arrivati i tuoi compagni?

Accennai di si con la testa, ma guardandola replicai un forte -Si- e grazie a Dio la vidi sorridere leggermente; - entro venerdì arriva fino a quel capitolo, l'anno è iniziato da poco, non dovrebbe essere troppo difficile. Ti ordino di scrivere. Scrivi ogni cosa studiata fino a trovare la tua forma e la tua dimensione nel prendere appunti, sabato controllerò personalmente. Prega di non deludermi

Alzai le sopracciglia sorpreso; - a-allora posso tornare?

Si alzò e notai solo ora una bacinella d'acqua vicino a me con del detergente intimo al fianco; - non ti dirò di cambiare amicizie perché l'animale che sto curando deve essere in grado di mantenere se stesso in qualsiasi circostanza. Frequenta chi vuoi, ma farai amicizia anche con questo ragazzo che hai picchiato, voglio che tu lo conosca, se non ti accetterà farai di tutto per fargli cambiare idea

Avanzò con le mani dopo aver sfilato dal collo la collana d'argento con la chiavetta della mia prigione ed aprì il lucchetto iniziando a smontare lentamente la gabbietta; - va bene... come vuoi tu, grazie Marzia, scusami ancora

La guardai prendersi dimestichezza del pene, che per la prima volta in due giorni fu libero di tornare alle sue forme originali tra le sue dita. Marzia premette il pulsante per far uscire il detergente dal contenitore e ne versò una gran quantità sulle mani, mettendosi in ginocchio davanti a me; - ah...

- hai dolore?

- n-no... non li almeno

Sperai di vederla sorridere, ma restò seria a passare su tutta la carne rossa e dura il liquido azzurro, ponendo la bacinella d'acqua sotto di me e con dolcezza prese a lavarlo passando con minuzia in ogni punto. Tirò indietro la pelle mostrando completamente la testa del pene e con le dita ad anello girò attorno alla cappella pulendo a fondo, risalendo lungo il frenulo con il pollice e afferrando poi interamente la testa girando il pugno come se dovesse svitarlo; - M-Marzia attenta...

Si interruppe. Osservai il pene sobbalzare qualche volta e l'orgasmo restare orrendamente prigioniero dentro di me; - non hai più male dove ti ho colpito?

- s-si però se lo tocchi così...

Dal polso sciolse qualcosa, un laccetto nero simile a quello per scarpe però più sottile e di gomma morbidissima, che in pochi attimi fu attorno alla base del cazzo con due o tre giri belli stretti ed un fiocchetto. Le vene, già ingrossate dall'erezione, si concentrarono in modo pauroso trattenendo il sangue in circolazione ed aumentando il volume come mai l'avevo visto; - devo pulire anche dentro... non posso farlo con te che sei ad un passo

- dentro? Che significa?

Dal fondo della bacinella tirò fuori un arnese molto strano; sembrava un tubicino di gomma rigida di colore nero lucido e mi accorsi che fosse cavo; - o ti trattieni o devo rimetterti quello in bocca, cosa scegli?

Guardai il bavaglio sul divano e feci segno di non volerlo, quindi tornò a lavorare e finalmente compresi. Preso nel pugno il pene pulsante, Marzia indirizzò il tubicino verso le piccole labbra che lo accolsero senza troppe difficoltà. Sperai fosse finita li, ma trattenni il respiro inarcandomi con la schiena quando iniziò a mandarlo giù nell'uretra con delicatezza, lubrificato dal resto del sapone che prese a pizzicare le pareti; - ah! Brucia! A-aspetta un attimo non spingerlo così a fondo! FERMA!

Avrebbe potuto alzarsi e chiudermi la bocca, ma mi lasciò sbraitare contrariamente a quanto le avevo promesso. Centimetro dopo centimetro quel maledetto tubicino scomparve dentro di me fino a più della metà del pene e solo allora Marzia si fermò lasciandolo dentro.
Mi godetti un attimo di tregua ignorando il pizzico continuo del detergente finito dentro e quando prese a tirarlo fuori fu una liberazione. Sembrava mi stessero sturando il cervello, una sensazione pazzesca che mi accese nuovamente la sensibilità del piacere e del dolore assieme, ma giunta alla parte finale lo rispinse dentro; - NO! Non farlo!

- pensi si pulisca con una sola passata?

- sento che mi sta aprendo tutto Marzia!

- è così infatti. Passerai molto tempo nel mio regalo, è importante che sia tutto igienizzato al meglio

Toccò il fondo e risalì lentamente facendomi gemere sempre più forte, aumentando di pari passo la velocità con cui mi stava torturando, finché non sentii un terribile spasmo che cercò di mandare su del liquido seminale; - AH! TOGLIELO STO PER...

Non lo fece, ma per lo meno si fermò divertita, sapendo benissimo che con il laccio fermo alla base difficilmente qualcosa sarebbe passato. Ed infatti restò tutto così, facendomi stringere le cosce (inutilmente per via delle catene alle caviglie della croce).
Mossi il bacino come un disperato e senza volere toccai la bocca di Marzia con il pene intubato, bagnandola di acqua e sapone.
Non me ne accorsi finché all'aggiunta di tutto non si unì anche un calore improvviso che mi costrinse a riaprire gli occhi, trovando l'orribile immagine del resto del tubicino (circa due centimetri) scomparso nelle sue labbra.
Lo stava usando come una cannuccia e d ebbi un altro spasmo improvviso; - se togliessi il laccio probabilmente potrei berla direttamente da qui

- ODDIO! Toglilo ti prego, fai tutti quello che vuoi ma falla uscire!

- no

Il suo secco -No- si contrappose con l'aprire la bocca, ingoiarmi fin sotto la cappella e prendere a leccare dolcemente il tutto, sotto le mi urla sguaiate. Stavo per morire, sentivo che sarei esploso alla prossima contrazione, ma grazie al cielo fui liberato e restai disperato e con gli occhi lucidi a guardare il tubicino sporgente stretto tra gli incisivi di Marzia e con un gesto veloce si tirò indietro con la testa e mi svuotò di quel tormento.
La fuoriuscita fu così rapida che notai qualche secondo le labbra del pene restare dilatate, colando fuori bollicine di detergente come una schiuma profumata; - può bastare per oggi, abbassalo adesso

Disse quella pazzia mentre con delicatezza toglieva il laccio dalla base, lasciando libero il sangue ormai fermo all'interno del muscolo; - t-ti prego...

- cosa?

- falla uscire...

- potrebbe essere un buon premio per il tuo compito di venerdì non trovi?

- ... Marzia io non

Sorrise sciacquandosi le mani nella bacinella nella quale era finita anche la gabbietta di plastica (già lavata) ed il tubicino. In ginocchio si passò il cazzo sulle labbra, vedendomi inarcarmi ad un'improvvisa fuoriuscita di liquido trasparente e vischioso trattenuto da troppo tempo dentro. Le bagnai le labbra, ma leccandole sorrise sospirando; - ...se non vuoi questa possibilità per sabato, attenderemo. Ma dovresti ascoltare di più il tuo corpo

- va bene! Va bene... tutto quello che vuoi, tutto quello che vuoi Marzia

Incalzai subito, accettando quell'ennesimo sopruso, distrutto dall'idea che neppure quella volta avrei goduto; - non penso di aver mai avuto schiavi disobbedienti come te... e sei anche l'unico che non mi ha ancora mai chiamato padrona, ti sembra corretto?

- n-no... scusami

- scusami...

– ...padrona

Si alzò in piedi dopo aver afferrato un sacchetto bianco che non avevo notato vicino la bacinella (era dello stesso colore) e poggiato sulle palle sobbalzai per il freddo dei cubetti di ghiaccio che dovevano esserci dentro; - mi sta bene anche Marzia, tu non sei ancora realmente consapevole del tuo ruolo. I tuoi occhi gridano ribellione, ma vedrai che un giorno ti verrà naturale chiamarmi Padrona

Strinsi i denti inspirando ed espirando faticosamente, ma stava funzionando. Il cazzo lentamente stava tornando giù e le palle già dai primi minuti non le sentivo più, finché non fu piccolo abbastanza da poter tornare nella gabbietta di plastica, asciugata dovutamente come anche il mio uccello.
Quel panno morbido passò anche sulla fronte madida e poi mi fu lasciato sulla testa, mentre Marzia mi staccò finalmente da quella crocifissione durata non so più quanto. Liberò prima le gambe e poi i polsi e quando mossi un passo in avanti, le gambe cedettero finendo in avanti, trovando il suo corpo a sorreggermi, come se già sapesse che sarebbe accaduto; - due ore e mezzo alla croce sono parecchie anche per gente più pratica di te... il formicolio alle braccia passerà tra un quarto d'ora o anche prima se stai buono

La stavo abbracciando, un contatto -Normale- finalmente. La desideravo coma mai avevo desiderato qualcuna e subito strinsi i denti per il pisello tornato a gonfiarsi; - vestiti ora. Ti preparò qualcosa da bere

Mi lasciò andare, ma prima che potesse rimettermi sulle mie gambe nella pazzia del momento osai darle un bacio sulla guancia. I suoi occhi si accesero stringendosi a fessura, la sua mascella si serrò e quel piccolo sorriso che avevo scomparve temendo di aver fatto qualcosa di terribile; - s-scusa, non volevo...

- il più disobbediente mai avuto...

Rimarcò quanto mi aveva detto prima, rasserenando la sua espressione con una tolleranza evidentemente fuori dalla norma per quella libertà che mi ero preso, poi si allontanò sistemandosi la coda dietro le spalle e lasciando la porta socchiusa, mi disse di prendere il quaderno e di portare bacinella e detergente al bagno.
Quando tornai in salotto mi ero dato una leggera rinfrescata al viso.
Davanti allo specchio del bagno a torso nudo avevo contato quei brutti graffi lasciati dal frustino, dieci in tutto, alcuni che si intersecavano tra loro sul torace e sull'addome. Facevano male se toccati, ma il tocco della maglietta non si sentiva molto (la felpa me la legai alla vita per sicurezza).
Marzia era seduta alla scrivania; il computer acceso mostrava un gran numero di cartelle messe precisamente in ordine sopra uno sfondo di un cielo stellato e la sveglia digitale segnava le 19:23; - e-eccomi...

- che genere di musica ascolti?

Che domanda era?! Mi aspettavo un -come stai- non i miei gusti musicali, che a quel tempo erano molto limitati; - house più che altro... tecno e roba così, da discoteca insomma

- ti piace ballare?

Non seppi se rispondere onestamente. Mi guardava da dietro la scrivania e per un attimo mi rividi bambino quando la conobbi per la prima volta; - che c'è? Qualcosa non va?

- n-no no... solo che da li dietro mi è venuto in mente quando ci incontrammo la prima volta

Sorrisi un po' stupido. Ero così arrendevole dopo quanto avevo subito, invece sarei dovuto scappare a gambe levate; - allora?

Ritornò con un rapido sorriso alla domanda; - si mi piace. Ci vado spesso i fine settimana...

Registrò mentalmente la cosa per un qualche motivo, poi mi mise davanti una pennetta USB, lasciandomi interdetto; - la musica è la forma più semplice ed efficace per toccare le emozioni umane. E' diretta e sincera, o ti piace o non ti piace. Focalizzarsi nell'ascolto di una sola tipologia non è produttivo, sia per cultura generale che per lo spettro emotivo che viene toccato. Qui sopra c'è una raccolta scelta da me di musica globale. Troverai praticamente ogni genere

- ok...

- ascoltale. Tutte.

- d'accordo, lo farò...

Che cosa strana pensai. Non avevo sentito gran che di altra musica, quindi non avevo idea di cosa avrei trovato; - sabato mi poterai una lista di ciò che ti è piaciuto, ciò sarà anche utile a me per vedere come aggiustarti

Restò seria mentre mi seguì afferrare quella pennetta e mettermela in tasca, poi notai un bicchiere d'acqua accanto al suo con un qualche liquore rosato; - n-non ho sete veramente...

- non te l'ho chiesto infatti. Bevi

Prese il suo e ne bevve un sorso alzandosi in piedi e come sempre non ribattei, mandando giù tutto in un sorso (effettivamente avevo sete eccome).
Si avviò alla porta lasciando la scia di profumo che aveva riempito la stanza dove ero stato rinchiuso, poi giunti alla porta, con lo zaino sulle spalle mi fermò prima di aprirla; - chiamerò tuo padre e ci sentiremo nei prossimi giorni per sapere come evolve la questione che, inutile che te lo dica, deciderà la tua condizione nel prossimo futuro. Io non ammetto certi atteggiamenti, né con me, né con il prossimo, ed il mio schiavo è una parte di me per cui non posso e non voglio ritornare su questo discorso. Sei forte, usa il cervello per capire come farci qualcosa, altrimenti, prima di rompere il nostro rapporto, farò in modo che tu non sia più in grado di esserlo...

- ...

Restai di nuovo in silenzio rimproverato da quella sorella, da quella madre, da quella Dea che riusciva con ogni sua parola a distruggermi e ricostruirmi; “sistemerò tutto... te lo premetto e scusa per il bacio prima”

Sorrise aprendo la porta ed io ne fui sollevato, ma mentre stavo uscendo mi afferrò il viso girandolo indietro e mi baciò sulle labbra a stampo, spingendomi poi fuori e chiudendo la porta nello stesso momento.
Sarà sempre così il nostro salutarsi? Mi chiesi poggiando la schiena alla porta scuotendo il capo incredulo. Poi mi avviai scesi le scale lentamente e tornai a casa a fare i conti con mio padre.

Continua...

Edited by 8Dark8 - 1/10/2015, 18:56
 
Top
59 replies since 28/3/2015, 12:10   34361 views
  Share