Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

DA TEPPISTA A SCHIAVO, Alessio e Marzia

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8DarkFrame8
view post Posted on 28/3/2015, 12:10 by: 8DarkFrame8     +5   +1   -1




DA TEPPISTA A SCHIAVO

Guardando queste foto un mare di ricordi mi sommerge la mente.
Buona parte sono pessimi; figlio unico, madre finita chissà dove dopo il divorzio, mio padre assente per portare a casa da mangiare rompendosi la schiena tutto il giorno in cantiere: diciamo che di tutte le scelte che la vita mi ha dato io non ne ho azzeccata una... sarà per questo che quando ho iniziato a non scegliere più io, le cose sono migliorate.
Mi chiamo Alessio e se oggi ho un posto di lavoro e tengo alla mia vita è solo grazie alla donna che non so come ha scelto di starmi accanto, ma partiamo dal principio senza alcuna fretta.

Ero un bastardo. Su questo non ci piove.
Da quando iniziò il mio cammino scolastico, ovunque andassi, qualsiasi classe frequentassi, riuscivo sempre a farmi odiare da tutti senza ascoltare mai niente e nessuno. Da piccoli ti possono mettere vicino alla maestra e tenerti buono, alle medie già è più difficile... inizi a frequentare gente come te, ci fai gruppo assieme e passi le giornate a picchiare le mani e insultare chi ti passa vicino solo per sfogarti.
Il cammino delle scuole medie fu tortuoso lo ammetto. Venni bocciato un anno in terza e la mia condotta era pressoché irrecuperabile. Rompevo cose, gridavo per nulla e insultavo i professori; una volta ricordo che una compagna mi urlò contro qualcosa, non ricordo il perché sicuramente avevo torto marcio. Era dietro di me ed esasperata si alzò e mi diede uno schiaffo tra capo e collo.
Si spense il cervello. Diventai una furia, mi avventai sulla cattedra e sfondai la parte a sostegno delle gambe con un calcio facendo scappare lei e la sua amica fuori dalla classe per la paura.
Non avevo rispetto per niente, eppure mio padre poveraccio ci provava con le buone e con le cattive grande e grosso com'era, ma in me mancava qualcosa.
Fui mandato dallo psicologo della scuola; la sua stanzetta era vicino l'entrata dell'istituto poco distante dalla segreteria. Ci volevo andare? No. Me ne fregava qualcosa? Nemmeno. Ma siccome mio padre mi ci portò a calci li dentro, quando aprì la porta e mi trovai davanti quella giovane donna appena venticinquenne restai interdetto.
Tralasciamo il come una così giovane fosse entrata li dentro nell'ambiente scolastico, lo avrei scoperto moooolto più tardi. Ora voglio che focalizziate la sua immagine con me.
Ti potevi perdere in quegli occhi azzurri, letteralmente. Lei mi guardò con fare dubbioso quando ancora mio padre faceva i convenevoli; c'era nella stanza un profumo buonissimo, qualcosa di dolciastro ma non smielato. Aveva una coda alta raccolta tenuta dietro con un nastrino nero ondulato, ma lasciava qualche punta libera di caderle sul lato sinistro del viso dai lineamenti delicati. Era del nord Italia quasi sicuramente, parlava con un inflessione non certo romana, ma di quelle labbra sottili e ben delineate, io pensavo a tutto tranne che alla parlata.
Orecchini non ne aveva, un collo sottile ed un corpo perfetto vestito da un tubino nero lungo fino alle ginocchia con sopra un maglioncino aperto dai toni rossastri, che si sposavano benissimo con il paio di scarpe aperte tacco 12 (credo), anch'esse color sangue.
Restai in silenzio a guardarle il profilo, soffermandomi sulle calze scure velate, finché la voce di mio padre ed un suo sguardo assassino non mi salutarono restando da solo con lei.
A dispetto di quanto vi ho raccontato su di me non ero alto a quel tempo; biondino capelli lunghi selvaggi, occhi nocciola, oggi si cresce rapidamente ma io mi ero perso per strada e per arrivare al mio metro e ottanta odierni avrei dovuto aspettare il 3 o 4 anno di superiori.
Mi dava uno stacco di almeno venti centimetri (tacchi compresi...) e ricordo che non mi sorrise affatto. Se ne tornò dietro la scrivania prendendo una grossa cartellina con dentro probabilmente il mio fascicolo, facendomi segno di sedermi; - Alessio... mi chiamo Marzia, la psicologa dell'istituto, vuoi presentarti?

- no

Uno a zero per me pensai. Alzò gli occhi passando dal foglio a me e tornò a leggere ignorando la mia faccia imbronciata e la postura maleducata; - leggo qui che hai fatto un bel po' di confusione in aula, più del solito intendo. Mi spieghi il perché?

- perché ho sfondato una cattedra dopo che quella deficiente mi ha dato uno schiaffo? Non lo so mi andava

- usa un linguaggio più tranquillo d'accordo? Gradirei che non ci fosse astio nel tuo stare qui, ti viene data solo l'opportunità di parlare e avere semmai un consiglio

- da te? E che mi vuoi raccontare? Che ho sbagliato? Era meglio che il calcio glielo dessi in bocca per rifarle i denti? Non me ne frega niente

Sembrò sorpresa dalla mia rabbia e si tirò leggermente su con la testa, abbassando lo sguardo e dandomi un ottima sensazione di averla messa in difficoltà. Ero davvero un cretino dico oggi... e non notai neppure la sua mano abbassarsi dal tavolo sulla gamba per nascondere un pugno nervoso; - tuo padre mi ha raccontato giorni fa di tua madre, parlami di questo.

Stavolta fui io ad arrancare un attimo e mi chiusi senza rispondere; - so che c'è stato un divorzio dico bene? E l'affidamento è stato dato a tuo padre per tua richiesta, come mai?

- perché quella... (stavo per dire una parolaccia ma stranamente mi fermai), perché lei non è più mia madre

- cosa intendi?

- se n'è andata, ci ha lasciato soli per stare con quello stronzo (stavolta lo dissi) ma è meglio così, le femmine non servono a niente, sanno solo rompere le palle e tradire

Non era la cosa più geniale da dire ad una psicologa in erba fresca di università in effetti, ma lo dissi ugualmente, guardandola socchiudere gli occhi e sospirare. Si stava trattenendo o la mettevo a disagio? Anche fermo sul posto non riuscivo a capirlo, mi dava l'impressione che fosse provata quanto me di stare li dentro; - posso farti una domanda personale Alessio?

- come ti pare...

- hai la ragazza? Ne hai avute?

Dentro di me mi chiesi che cazzo gliene fregasse, comunque per orgoglio risposi con soddisfazione che ne avevo avute un paio tutte e due scopate; - capisco. Ora puoi farmi una cortesia? Prendi questo foglio e questa matita e disegna per me te stesso

Non si scompose mai, mi dava così suoi nervi. Nonostante i miei tentativi per farla incazzare mi poggiò quel foglio davanti e restò seria a guardarmi; - non so disegnare

- non importa, hai delle mani e puoi usarle oltre che per rompere le cose. Voglio solo che usi il cervello per fare qualcosa di più che un cerchio con due zeppi al posto delle braccia e delle gambe... puoi farlo?

Non le risposi.
Mi curvai sul foglio dopo essermi avvicinato alla scrivania e presi a disegnare. Non ero davanti a lei, piuttosto sin da subito mi ero tenuto al lato del tavolo ed avvicinandomi si poteva dire che fossi quasi al suo fianco, anche se potevo guardala in faccia.
Anche lei se ne stava girata in direzione mia, quindi cercando di seguire le linee immaginarie sul foglio, mi cadde l'occhio sulle sue gambe accavallate e restai sorpreso nel vederla senza scarpe, con solo le calze a coprirle i piedi; - ti do fastidio?

- eh? Di cosa?

Indicò il piede della gamba accavallata muovendolo un poco e le feci subito un segno negativo con la testa tornando a finire quell'oscenità che stava venendo fuori. Un altro paio di minuto dopo tornai ancora a guardarle i piedi. Non sapevo perché mi attirassero tanto. Lei era intenta a scrivere qualcosa, ma quando le cadde il tappuccio della stilografica restò in silenzio senza voltarsi come ad aspettare che gli facessi la cortesia di riprenderlo.
Mi bloccai guardando l'oggetto finito sotto la sedia e con un po' di reticenza mi chinai in avanti mettendomi in ginocchio al fianco delle sue gambe per afferrarlo.
Ne approfittai per guardarla meglio. Il piede era a poche decine di centimetri da me e continuai a guardarlo con insistenza, poi lo mosse e mi svegliai dal torpore vedendola infilarsi di nuovo la scarpa; - non lo trovi?

- eh?

- il tappo che è caduto vuoi che lo cerchi io?

Glielo porsi, alzandomi in piedi imbarazzato ed aumentando il broncio, feci per rimettermi al mio posto, ma lei mi prese per un polso con fermezza; - siediti qui, fammi vedere che stai facendo

- dove mi siedo?

- sulle mie gambe, sbrigati, l'ora è quasi terminata e non ho ancora il disegno da allegare al fascicolo.

Parlò in modo calmo ma sentivo che c'era irritazione nella voce, quindi sempre più a disagio non mi venne di dirle nulla, spostai il foglio e mi sedetti in quella posizione infantile.
Ero sopra elevato rispetto a lei e guardavo la stanza da una prospettiva molto differente, pensando in quel momento ai professori quando insegnavano; - stai comodo?

- non sono un bambino, perché devo stare così?

- perché te lo chiedo io

Ma che risposta era? Confuso tornai a disegnare e nel giro di qualche minuto, con suo viso adagiato al braccio destro per guardare, lo terminai facendo per alzarmi, ma fui trattenuto per i fianchi; - questa cosa serve a capire alcune sfumature del tuo carattere Alessio e la situazione qui è un po' complicata, ti importa o vuoi che ne parli direttamente con tuo padre?

Faceva una strana pressione su di me, non volevo dirlo ma mi stava facendo quasi male nel trattenermi, ma non mi ribellai girandomi verso di lei e guardando la sua bellezza da così vicino; - servirebbe molto più tempo per approfondire ma dubito ti rivedrò qui un'altra volta, quindi ti dirò le mie impressioni: l'allontanarsi di tua madre ti ha scatenato quel senso di rabbia che ti porti dietro. Il tuo bisogno di sfogarti deriva dalla perdita che non riesci a superare, ti manca quella figura che evidentemente per te è stata molto determinante durante la crescita infantile, ma non hai la calma e la voglia per riuscire a ricercare in modo costruttivo un surrogato

Forse sgranai gli occhi non lo ricordo, ma per certo restai zitto e mai ero stato messo più in imbarazzo in vita mia da quelle parole, quell'espressione severa, ma continuò stendendosi un po' di più sullo schienale guardando assieme a me il foglio tenuto in mano; - poche cose vengono fuori dal disegno in genere, da te almeno posso dire che hai una certa sensibilità che però è totalmente soppressa da strati su strati di ribellione. Dirò questo a tuo padre domani. Per me puoi andare

La sua presa non c'era più, ma nonostante questo esitai ad alzarmi restando confuso da certe emozioni che stavo provando; - non mi hai sentito?

- si...

A quel punto mi alzai dalle sue gambe guardando a terra, ma lei mi seguì un secondo più tardi sovrastandomi completamente e standomi praticamente attaccata. Ricordo che alzai la faccia e provai un senso di paura. Dal suo viso mi parve di capire che volesse picchiarmi, che con la sua mano volesse prendermi a sberle e non mi accorsi neppure di aver fatto un passo indietro toccando la scrivania.
Alzò quella mano smaltata di nero e continuò a fissarmi dall'alto con occhi gelidi che quasi non riuscivo più a sopportare e quando alzò il gomito trattenni il respiro e chiusi forte gli occhi, sentendo infine una piacevole carezza anziché dolore.
Il palmo della mano era morbido e delicato e con il pollice passò sulla guancia scendendo sulle mie labbra abbassando il labbro inferiore e ritrovandomi il dito in bocca. D'un tratto rise. Una risata leggera e di derisione che mi distolse completamente da quello che stava facendo, ritraendo la mano ed allontanandosi verso la porta che si aprì indicandomi l'uscita.
Mi salì un senso di fastidio tremendo ed afferrai la cartella e senza dire niente scappai fuori pulendomi le labbra simulando un qualche senso di schifo che invece non c'era.
Aveva ragione, nel senso che non mi avrebbe più rivisto.
Quell'anno mi mandarono via a calci dalla terza media e scelsi la scuola artistica, piena di ragazze e semplice da fare.
Dopo quella visita, la mia vita non cambiò affatto o quasi per nulla.
Forse ci pensai qualche giorno a quello che era successo con la sventola psicologa, ma non volendo accettare che avesse una minima ragione sui danni che aveva fatto mia madre, scelsi di ignorarne le conclusioni.
Presi presto a fumare e a bere. A scuola erano più le volte che non andavo e tra scazzottate e sospensioni rischiai anche di essere espulso. Nel frattempo i sabati e le domeniche mio padre mi portava con lui a lavorare, gli avevo detto più volte di farmi lasciare scuola, ma non sentiva ragioni, avrei preso il diploma e poi avrei fatto quello che volevo.
Pian pianino (non so come) arrivai al terzo anno, avrei fatto diciotto anni di li a qualche mese, era metà settembre, la scuola era ripresa da poco e le giornate erano ancora troppo belle per essere sprecate dentro la classe.
Poi successe accadde; finii in mezzo ad una brutta questione di spaccio, roba abbastanza preoccupante nella quale uno dei miei amici era quasi morto ed io venni pestato come mai nella vita, tornando a casa con le costole rotte.
Stufo di quella vita per me, mio padre mi diede il resto quando stetti meglio, (non fisicamente ma moralmente) dicendomi che sarei andato da una persona e che non avrei avuto scelta.
Non mi ribellai stavolta. Sapevo di averla fatta troppo grossa ed avevo rischiato di rovinarmi la fedina penale ed un futuro per fare lo stronzo. Quindi presi quel cavolo di indirizzo e ci andai.
Presi la metro e l'autobus per arrivarci. Era un grosso palazzo al centro di Roma, un quartiere per bene e lontano dalla periferia; lessi il nome sulla targa di bronzo e non mi suonò, ma compresi che stessi andando da un nuovo psicologo.
Terzo piano. In ascensore e nell'edificio regnava il silenzio, poi arrivai all'interno esatto.
Mi accolse una musica leggera di sottofondo. Era un appartamento molto bello, moderno e pieno di luce, poi spalancai gli occhi quando la vidi. Davanti a me, leggermente cambiata nell'aspetto, trovai nientemeno che la psicologa della scuola di quando facevo le medie e per un attimo restai senza parole a squadrarla da capo a piedi; - Alessio giusto? Forza vieni dentro...

La seguii entrando e mi trovai a guardare il suo bellissimo sedere fino ad un ampio salotto arredato con un comodo divano di pelle rossa al centro, (tutto era di tonalità tendente al rosso e al bianco e al nero, tende della porta finestra, mensole, quadri alle pareti). Il sofà era sopra un tappeto enorme e con un tavolinetto vicino ed una poltrona dello stesso genere a neanche un metro di distanza. Volete sapere della psicologa in carriera?
Indossava dei pantaloni leggeri di un completo nero; ai piedi calzava delle decolté a punta nere e riuscivo ad intravedere che non avesse calze sotto. Sopra, una camicetta bianca con qualche fronzolo sul davanti, lasciava ammirare il terzo bottoncino aperto ed una bella terza abbondante spuntare leggiadra tra le curve del seno di quella bellissima quasi trentenne; - se te lo stai chiedendo tua padre ha tenuto il biglietto da visita che gli avevo lasciato a scuola. Mi sono sorpresa quando mi ha chiamato, pensava non mi ricordassi di te

- si ricordava di me? Caspita dottoressa devo averle fatto proprio una bella impressione

Sorrisi un po' sfrontato e con le mani in tasca continuando a mangiarla con gli occhi. Non mi accorsi di neanche di aver dato del Lei, forse, anche se adesso ero io a darle più di dieci centimetri, la vedevo con occhi differenti, magari più maturi per certi versi e quegli occhiali leggeri sul naso e quei capelli lisci e lungi portati liberi sulle spalle, le davano un tocco in più di austerità; - ricordo che non usavi toni formali l'ultima volta, puoi continuare a chiamarmi Marzia, non serve fingere quello che non sei

Sorrise in modo freddo squadrandomi lei con un sopracciglio alzato ed aria riflessiva; - non me ne sono capitati tanti che mi hanno parlato con quelle parole offensive... me le hai quasi tolte dalle mani quel giorno sai? Stavo per rischiare il posto per un bambino

fece una smorfia che non compresi: sembrava fosse di derisione verso se stessa, ma c'era altro ne ero sicuro, poi titubante mi sedetti sul divano come indicato, aspettando che lei facesse lo stesso sulla poltrona; - allora, stavolta non ho informazioni, vuoi iniziare a raccontarmi l'agitazione di tuo padre a cosa è dovuta?

Lo feci. Non ci girai intorno e mi presi lunghi spazi per i dettagli come ad andare fiero di quello che avevo fatto, finché non terminai; - e ne sei contento? Va bene così o cambieresti qualcosa?

- beh ovvio che cambierei qualcosa... non ci andrei proprio da quello spacciatore ne cercherei uno più tranquillo!

Risi da solo restando a braccia conserte; - è già qualcosa...

Scrisse qualcosa su una sua cartellina che teneva fra le mani, ma a quel punto volli parlare di altro; - lo sai come sono, non c'è bisogno di parlare e girarci intorno più di tanto, i soldi di mio padre li prendi comunque quindi se me ne vado fa lo stesso no?

Si fermò dallo scrivere e mi parve di vedere stringere la stilografica con maggior forza nelle dita; - fa lo stesso, ma preferirei che mi lasciassi fare il mio lavoro. Ti è così difficile parlare con qualcuno? È qualcosa che fanno anche i bambini

Si era innervosita? Non ne ebbi la certezza, ma lei ebbe la sua sul fatto di avermi fatto subito girare le palle nel trattarmi a quel modo; - non ne frega un cazzo del tuo lavoro, io questo sono e questo sarò sempre! E così che vivo e mi sta bene

Alzandomi, tirai fuori il portafoglio dalla tasca e lasciai cadere sul tavolino le sessanta euro della seduta girando i tacchi, ma a quel punto lei si alzò di scatto, mi raggiunse e nel voltarmi ricevetti uno schiaffo fortissimo in faccia che mi spense per un attimo la vista.
Col viso spostato dall'inerzia del colpo, il tempo sembrò fermarsi e la testa mi era stata appena svuotata; - siediti

Tornai a guardarla. Stavo tremando, ma non di rabbia, di una sensazione di timore, io che non avevo mai avuto paura di niente e mi ritorno alla mente quando nella stanzetta a scuola provai una cosa simile ad averla così vicino. Mi mossi per andare verso il divano ma bloccò la strada; - siediti ho detto

Indicò con l'indice per terra. Aveva le mani sempre smaltate di nero ricordo e vinto da quel carisma sconcertante, mi abbassai lentamente restando in ginocchio a sentir pulsare la guancia arrossata; - rivolgiti a me un'altra volta così e giuro che ti faccio mangiare quei soldi, chiaro? Rispondi!

Fui afferrato forte per i capelli e mi urlò l'ultima parola, finché non le risposi in modo offeso; - il tuo problema si può curare con facilità, sei soltanto uno stronzo che ha perso sua madre, la quale neanche ha avuto la decenza di crepare, ma di andarsi a scopare un altro. Pensi che qualcun altro deve rovinarsi la vita per una donna così oltre a tuo padre?!

Sgranai gli occhi ancora mantenuto per i capelli. Era leggermente china su di me, potevo guardarla così distintamente negli occhi da seguire ogni tratto del trucco scuro che aveva sugli occhi, scendendo involontariamente sull'apertura della camicetta; - n-no...

- parla più forte

- No

- merita rispetto tua madre?!

- NO!

Urlai anche io alla fine e fui rilasciato, finendo con il viso adagiato al suo ventre. Aveva fatto un passo avanti e con la mano aveva premuto la mia testa fino ad avermi a contatto. Aveva un profumo meraviglioso, era calda e involontariamente a quel gesto così dolce dopo tanta aggressività, mi fece tornare improvvisamente bambino, alzando le braccia abbracciandole con gentilezza le gambe; - già con questo dovresti stare apposto con la tua coscienza... non hai sbagliato a provare quel sentimento, ma buttarlo sugli altri e su te stesso così alla rinfusa non è costruttivo Alessio. Oltre il bene, oltre il male, oltre tutte le stupidaggini che si sentono in giro, ci sono solo due vie da seguire nella vita, puoi scegliere di distruggere qualcosa e puoi scegliere di crearla. Il resto non conta. Fino ad oggi hai distrutto, adesso voglio che tu costruisca, perché tutti sono in grado di farlo ed io odio vedere gli sprechi

Quelle carezze sui capelli aumentarono di intensità man mano che il discorso proseguiva e non mi accorsi nemmeno di stare piangendo quando questo finì. Era un pianto silenzioso e senza singhiozzo, quasi un pianto liberatorio di un qualche peso; - alzati

Si scostò di punto in bianco e mi lasciò solo, pieno di vergogna ad asciugarmi il viso a tornare suo pari; - ora puoi andare

- a-aspetta io...

- cosa?

Non riuscivo più a parlare. Cosa mi stava succedendo? Volevo soltanto chiederle se potessi tornare alla prossima seduta, ma non ci riuscivo, mentre lei tornò seduta togliendosi gli occhiali e passandosi una mano sulle tempie visibilmente infastidita dalla confusione; - m-mi dispiace. Per tutto, per quella volta a scuola e per prima, ma vorrei...

- non posso seguirti

Alzai di colpo la testa e feci un passo avanti spaesato; - c-come? E perché? Le ho chiesto scusa!

- le scuse non centrano. Quello che ne verrebbe fuori l'ho già visto e non è quello che ti serve... non sarebbe nulla di professionale. Tu hai bisogno di una donna che ti segni la strada da seguire, non di uno strizzacervelli

- l-lo so ma... forse con te, insomma potrei

- te lo devo ripetere?

Mi stavo umiliando e non riconoscevo più me stesso. l'Alessio di sempre l'avrebbe mandata a fanculo da moltissimo tempo, ma qualcosa si era rotto ed era stata lei a farlo; - i-io voglio seguirti, dico sul serio! Posso accettare quello che mi dici, l'ho capito prima... ho bisogno di essere seguito un pochino lo riconosco, ma posso impegnarmi, dico davvero! Senti, farò qualsiasi cosa ma... dedicami un po' di tempo

- ...

- ...la sto pregando

Abbassai il tono dell'ultima frase ingoiando l'orgoglio, quasi per non voler sentire di averlo detto davvero, mentre lei se ne restò in silenzio per quasi un minuto, guardando fuori la finestra e mordendo dolcemente l'asticella degli occhiali; - perché?

- …

- ti farei più male che bene, so di cosa parlo

- vuoi più soldi? Sono un caso disperato mi sta bene, posso darteli, non c'è problema parlerò con papà

Sembrò sorpresa e serrò la mascella trafiggendomi con uno sguardo per nulla piacevole; - vieni con me... sbrigati

Si alzò aspettandomi al fianco della poltrona. Era riflessiva, come qualcuno che sta per fare una scelta complicata, ma vedendo una qualche possibilità di non essere respinto, la seguii in silenzio prendendo a seguire il corridoio che si allungava oltre l'arco del soffitto, dando su quella dei servizi più in fondo e ad un'altra chiusa a chiave; - chiudi gli occhi

- c-come?

Mi riprese fermando la chiave tirata fuori dalla tasca e mi fissò finché non li serrai zittendomi. Sentii il chiavistello girare e poi la maniglia abbassarsi. Fui preso per mano e condotto nel nuovo ambiente, percependo un profumo conosciuto, forse di cuoio o comunque un qualche tessuto trattato.
Mi lasciò la mano per richiudere la porta e riconobbi il suono di un interruttore, forse due; - aprili

Alzai le palpebre e la vidi.
Non so in quale mondo parallelo fossi finito, ma davanti a me non c'era una stanza da letto (alla quale scioccamente avevo pensato per un attimo); anche li, un grosso tappeto occupava quasi l'intero spazio disponibile, era una stanza più piccola del salotto, forse la metà, quindi una trentina di metri quadrati. Una sola finestra figurava dalla parete alla sinistra dell'entrata, ma la serranda era completamente abbassata e sul soffitto splendeva la luce artificiale di due plafoniere a neon industriali.
Tutto era molto spartano, molto ordinato, ma quello che mi lasciò a bocca aperta fu che al posto della mobilia, ci fossero ogni sorta di diavoleria per il sadomaso.
Un singolo divano nero era posto al centro sopra al tappeto; alle pareti spiccavano numerose rastrelliere con sopra vari tipi di fruste, bastoni e cinture di ogni genere. Due grosse cassettiere contenevano chissà cosa e davanti al divano spiccava una grossa croce ad X appesta al muro, con tanto di catene per polsi e caviglie; -...c-che significa?

- facevo anche questo di mestiere... sai di cosa si tratta?

- n-no... cioè, non proprio almeno

Stranamente non la volli offendere. Sapevo che centrasse un discorso di un qualche tipo di prostituzione, ma era un dato preso dalla mia ignoranza e che comunque tenni per me, camminando spaesato avvicinandomi alle rastrelliere con le fruste e frustini; - non sarei in grado di portare avanti il tuo caso da un punto di vista etico della professione, mi dispiace, ma la risposta continua ad essere la stessa Alessio

Mi voltai tornando in me, inebriato dall'odore forte del cuoio che mi circondava; - ma io...

- ...però

Mi parlò sopra standosene vicino la porta con le braccia conserte, attaccata con la schiena alla parete a sospirare; - non gradisco essere interrotta, ok?

- s-scusa...

- però... posso darti questo che vedi. Non sarò per te una dottoressa ma una padrona e se il termine non ti aggrada possiamo anche smettere ora di parlare

- ...p-padrona?

Una padrona? Non sapevo un cazzo di quella storia e rimasi sbigottito. Voleva che fossi il suo cane? Voleva altro? Mi avrebbe tenuto e aiutato ugualmente accettando?

- continua...

Sorrise leggermente. Era ancora più carina quando sorrideva, pensai; - ti darò quello che vuoi, ma a modo mio, con regole vere, questo non è un gioco. Farai quello che dico io, quando e come lo dirò io sempre o finché non riterrò la cosa sterile e senza possibilità di seguito. Riusci a seguirmi?

- s-si...

- con tuo padre siamo rimasti per due visite a settimana, quelle basteranno. Ti stai mettendo nelle mie mani e se accetti questa soluzione ti prometto che mi prenderò cura di te

Cura? In che senso cura? Avrei voluto chiederglielo sentendo montare un nuovo senso di eccitazione dato dalla mia mente un po' su di giri e mi voltai a guardare ancora l'oggettistica presente; - verresti usare questi?

- e' un problema?

Si avvicinò facendo suonare i tacchi nella stanza e mi restò a fianco a guardare con me la croce a X che più di tutto mi colpiva; - n-no... cioè, non lo so, insomma, ma lo fai da tanto?

Persi la mia maschera di sfigato e per un attimo cercai di riavere un contegno, vedendola sorridere di nuovo; - ho fatto cose abbastanza discutibili quando avevo la tua età e crescendo sono peggiorata... l'ultima relazione che ho avuto non è andata a buon fine e da li ho smesso, sono un paio d'anni che me ne sto buona

Quella sensazione di eccitamento si tramutò presto in un accenno di erezione al sentirla parlare. Era pazza? Faceva queste cose da quando aveva la mia età?
Eravamo davanti la croce a X con le catene, quando improvvisamente mi ci spinse addosso tenendomi per il collo con una forza che non mi sarei aspettato, per poi poggiare le labbra sulle mie ed affondare la lingua in un lungo bacio al quale non potei ribellarmi.
La morbidezza della sua bocca era qualcosa di fenomenale, ed il modo che aveva di baciare per me era nuovo; lasciava le labbra morbide, muovendo il viso avanti e indietro carezzando le mie per poi chiuderle con forza e lasciare che la lingua rincorresse la mia. Mi morse il labbro inferiore, leccando prima quest'ultimo e poi risalendo lungo i margini, alzando una gamba in mezzo alle palle ed alzandomi una mano verso una delle costrizioni; - i-io...

- zitto. Resta fermo

Mi poggiò l'indice sulla bocca e riprese a legarmi prima un polso e poi l'altro e nel giro di pochi secondi ero completamente prigioniero e un po' in intimorito.
Mi sorrise toccandomi la maglietta sul petto, scendendo lentamente, per poi togliere il ginocchio ed afferrare saldamente le palle strappandomi un grido. Le teneva davvero forte, non in modo eccessivo da far male, ma neanche era una carezza; - ti piaccio?

- c-come?

- faresti l'amore con me?

Accennai un sontuoso si all'istante, sentendo la sua mano carezzare con decisione il pene prigioniero dei jeans, finché con mio stupore non prese a sbottonarmi e lo tirò fuori abbassando i boxer.
Svettava indomito tra le gambe. Non credo di avere mai avuto un'erezione così forte prima di allora e con le dita a saggiare quella carne, Marzia prese a segarmi mettendosi a me di fianco e tornando a baciarmi.
Persi ogni dignità nel giro di un minuto, forse due al massimo. Sentii un orgasmo travolgente montare dal basso e risalire il condotto caricandosi alla base del cazzo e quando l'ennesima contrazione lo spinse fuori, il movimento si interruppe, ed il suo pollice si legò all'indice facendo un anello che bloccò tutto; - ah! Ma che fai?!

- ci stai? Vuoi essere il mio schiavo?

Voi, avreste detto di no?
Sospirai sentendo l'orgasmo rimanere orrendamente in bilico e in imbarazzo abbassai ed alzai la testa più volte, ma non le fu sufficiente, tornando a masturbarmi e fermandosi al limite degli spasmi un'altra volta; - AH! Si si accetto!

- che cosa?

- ...di diventare tuo schiavo!

La mano si tolse in un attimo e si spostò avanti a me sorridente, tornando a baciarmi. Persino con quei baci sarei potuto venire se avesse insistito ancora un po' e quando la vidi scendere in ginocchio il cuore ebbe un sussulto.
Arrivò a trovarsi il cazzo praticamente davanti al viso e se lo guardò attentamente; sulla punta era comparsa una goccia trasparente che preannunciava l'imminente fuoriuscita di liquido. Ci poggiò l'indice sopra lasciandolo sulla punta e spalmando quella goccia attorno alla punta sensibile, poi scese con la mano sulle palle e le afferrò saldamente stringendole in pugno; - avvertimi quando sei al limite ok?

Sospirando in modo frustrato, una stretta alle palle mi cacciò fuori un urlo ed un -SI- molto convinto, finché la testa del pene, lentamente, non scomparve tra le sue labbra.
Quel calore infernale mi avvolse. Gemetti come una femmina tirando indietro il bacino per istinto, attaccandomi di più alla croce alla quale ero legato.
Se la tenne in bocca senza muoversi e lasciò lavorare la lingua che corse lungo la carne pulsante leccando senza sosta intorno, sopra e sotto, soffermandosi sulla punta e li ci fu il mio primo avviso.
Si tolse, lasciò le mie palle e tornò a stringere la base del pene con decisione, finché l'orgasmo non tornò indietro; - M-Marzia... non ce la faccio più!

Se lo ingoiò un'altra volta e ripeté quel sistema diabolico per altre quattro o cinque volte fino a portarmi sull'orlo della pazzia e presi a dimenarmi pur di godere, ma non ci fu nulla da fare e la cosa restò irrisolta, vedendola tornare in piedi e baciarmi ancora.
Sapeva di me, ma non mi importava. Le ricambia quel bacio godendo del lentissimo movimento della mano bagnata della sua saliva sul sesso, che ad una nuova pulsazione fu puntualmente lasciato; - BASTA! Ti prego basta! Sto impazzendo...

- questa è la prima lezione, siamo già ben oltre l'orario e siamo qui solamente perché un cliente ha disdetto: il tuo corpo è mio adesso, sono io che decido quando godrai e se godrai, intesi?

Dovetti rispondere per non ricevere una strizzata alle palle ormai durissime; - molto del nostro lavoro sarà su questo Alessio. L'uomo è portato per natura a seguire i propri bisogni nella vita, se qualcuno conosce il bisogno primario, la ragione di vita, allora governa quella persona. Ti darò nuovi bisogni, ed il primo sarà quello di godere. Non penserai ad altro e mi pregherai di esaudire quell'unica ragione che ti farà alzare in piedi la mattina...

Un discorso così perverso, così crudele mi lasciò veramente spaventato, ma così inerte e con il cervello oscurato dalla voglia e da quella mano che continuava dolcemente a segarmi, ingoiai la lingua abbassando lo sguardo su me stesso.
Marzia mi lasciò, pulendosi la mano sulla maglietta e si diresse verso una cassettiera vicino la porta. Ero provato, le gambe mi tremavano e stavo sudando come un maiale. Quando tornò da me aveva qualcosa nelle mani; - ...c-che cos'è?

- il tuo guinzaglio... fattelo tornare giù, sbrigati

- cosa?! Ma come faccio non ci riuscirò mai!

Perse il suo sorriso quando la contraddissi. Tenne quanto aveva portato nella mano sinistra e con la destra mi diede un altro schiaffo bello forte sulla faccia; - abbassalo

- ci sto provando... non so come fare

Altro schiaffo.

- il prossimo non sarà sul viso...

- Marzia, ascolta ti pre...

Per un attimo la vista scomparve. Un dolore pazzesco si liberò dalle palle schiacciate da una sua ginocchiata e si spanse nel ventre risalendo tutto l'addome. Urlai in modo strozzato e caddi in avanti sorretto dalle catene, sentendo il sangue defluire dal cazzo che tornò a dimensioni quasi normali nel giro di un minuto.
Mi vennero gli occhi lucidi e provai rabbia, subito prima di essere preso per il viso e tirato verso il suo petto morbido in una specie di abbraccio; - non amo fare del male senza ragione... potrai sempre evitare di subirlo nel modo più semplice, obbedisci sempre. Se qualcosa non riesci a farla non dire mai -non posso- ma impegnati e fallo ugualmente, non ti metterò fretta e premerò il tentativo

- s-scusami...

Perché diavolo mi stavo scusando? Ero stato picchiato a quel modo e torturato e mi veniva anche da chiederle scusa?
Inspirai forte il suo odore afrodisiaco e la lasciai fare, prima che il pene cominciasse a rianimarsi. Fece il tutto con molta calma, aprì quella specie di custodia di gomma trasparente, ne leccò i bordi interni per lubrificarla e in ginocchio ci infilò dentro il mio uccello lottando un po' con la pelle in eccesso, finché l'anello iniziale non fu in congiunzione con la scocca esterna e venne infine chiusa con un piccolo lucchetto.
Era stranissimo vedermi ridotto a quel modo ed ancora non avevo realizzato quanto quell'arnese potesse essere diabolico. C'erano dei fori per la traspirazione, la punta del pene era l'unica parte esposta e in quel modo non avrei avuto problemi ad andare in bagno pensai ingenuamente tra me; poi, Marzia passò un dito proprio sul prepuzio esposto, ed in un paio di secondi le arterie del pene tornarono ad ingrossare il muscolo che tuttavia subì un brusco arresto; - oddio, ma fa male!

- eccitati senza permesso e questo è quello che avrai. Da oggi non ti toccherai più, a meno che non sia io a chiedertelo. Come ti senti?

Non seppi cosa rispondere. La vedevo li vicino, in piedi sui tacchi e volevo scoparmela con tutto me stesso e invece ero chiuso in quella gabbietta. La piccola chiave con attorno una catenina d'argento finì attorno al suo collo, comparendo fra le tette nella camicetta ed infine fui liberato dalla croce; - allora?

- b-bene...

- bene?

Mi guardò sorpresa mentre allentava anche l'altro polso, tornando a braccia conserte a fissarmi; - potrei stare meglio...

- lo potremmo tutti... vieni. Usciamo

Quando tornammo in salotto restai qualche istante da solo con me stesso aspettando che Marzia si versasse un bicchiere di aperitivo dal carrello dei liquori e mi guardò indecisa; - prendi qualcosa?

- eh? Ah quello... no grazie

Sorrisi cadendo dalle nuvole e la guardai sistemandomi con poca grazia in mezzo alle gambe; si vedeva un leggero rigonfiamento, ma poteva anche essere scambiato per semplice dotazione naturale; - cosa stai pensando?

- non lo so... a niente e a tutto. Io non mi sarei mai aspettato questo

Bevve un altro lungo sorso dal bicchiere di cristallo e si attaccò col sedere al mobile vicino; - Martedì e Giovedì sarai da me, a meno che io non decida diversamente. Stessa ora, puntuale, sempre. La prossima volta mi porterai gli orari delle tue lezioni e i tuoi libri... ti aiuterò come posso nelle materie in cui sei carente e dal tuo rendimento scolastico dipenderanno molte cose del tuo futuro, in tutti i sensi

Sorrise e io sospirai pensando a che gran casino sarebbe stato; - fumi?

- si

- non più

- non più?!

Mi guardò con occhi di ghiaccio e incredulo tolsi dalla tasca dei jeans il pacchetto mezzo finito e lo poggiai sul carrello con un finto sorriso accondiscendente; - che bravo bambino. Avviserò tuo padre della tua scelta di smettere di fumare e gli chiederò di monitorarti qualora dovessi venirti voglia di comprarti un pacchetto. Se verrò a sapere in qualsiasi modo che hai fumato, beh... fa che non lo scopra ok?

Mi tolse il sorriso. Riusciva a spaventarmi e non capivo da dove venisse quell'ascendente così forte che emanava su di me; - stessa cosa per alcool e se per caso fai uso di droghe...

Restai zitto grattandomi la testa colpevole e la vidi passarsi una mano sulle tempie esasperata; - c'è qualcosa che non fai di sbagliato?

- i videogiochi sono il male?

- ...no

- gioco a quelli quando ho tempo...

- molto maturo per essere il teppistello di periferia

Finì di bere dandomi quella frecciatina e poi si avvicinò in modo provocante fissandomi negli occhi e tirando fuori dal seno la chiavetta della mia prigionia; - io amo costruire qualcosa. Posso dedicare molto tempo a qualcosa per cui ritengo ne valga la pena... ma so anche distruggere. In modo assoluto e permanente. Ora vai e quando sarai a casa abbraccia tuo padre e chiedigli scusa

- ...

- ALLORA?!

- s-si... come vuoi!

Smise di giocare con la chiavetta e soddisfatta si avviò all'ingresso aprendomi la porta, finché non restai fuori a fissarla; - ...posso una domanda?

- dimmi

- anni fa, alla scuola media... eri già così? Nel senso, mi avresti picchiato o robe simili?

- se ti avessi avuto fra le mani quel giorno m'avrebbero sbattuta in galera e buttato la chiave

Deglutii sorridendo forzatamente a mezza bocca, mentre lei si fece una risata; - ma so riconoscere quando c'è da poter potenziale... sono le sfide che preferisco

Alzò una mano e mi salutò in modo distaccato, finché non mi chiuse la porta in faccia con garbo, restando come un fesso a guardare avanti a me e dirle quel grazie che avevo solo pensato.

Continua...

Edited by 8Dark8 - 1/10/2015, 18:04
 
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