Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

Casto per la ragazza dei miei sogni, e non solo...

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Chastories
view post Posted on 4/2/2015, 23:07     +1   +1   -1




Quello che segue è un racconto in sei capitoli che volevo scrivere da parecchio tempo, finalmente ne ho avuto la possibilità. I capitoli successivi sono già pronti, ma li pubblicherò un po' alla volta.
E' il mio primo racconto, perciò spero che vi piaccia, sono graditi i commenti :D

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Capitolo 1
FRANCESCA, LA RAGAZZA DEI MIEI SOGNI

Avevo 22 anni ed ero in vacanza in un paesino di mare quando conobbi in spiaggia Francesca, una ragazzina stupenda, di 17 anni, dal viso angelico, pelle chiara un po’abbronzata per il sole, capelli biondi molto chiari, occhi verdi dolcissimi, labbra stupende, non molto alta, un fisico niente male. Insomma, nel giro di poco tempo presi una cotta per lei, io che per la mia timidezza non avevo mai avuto rapporti con ragazze. E infatti ogni volta che la vedevo mi scioglievo, balbettavo parole incomprensibili, non incrociavo mai il suo sguardo ma lo tenevo sempre basso, verso i suoi piedi.

Lei si accorse fin subito di quanto ero cotto di lei, eppure non mi evitava come tante ragazze in precedenza ma anzi la sera mi permetteva di sederle affianco quando andavamo in qualche bar in comitiva e accettava sempre di farsi offrire qualcosa da me. Ogni tanto mi rivolgeva persino la parola, ridendo divertita dal mio imbarazzo e del mio essere imbranatissimo, mentre io puntualmente diventavo paonazzo e incespicavo in continuazione con le parole. Ma quelle sue risatine di scherno mi facevano impazzire, adoravo il totale controllo che lei aveva di me.

Tutto peggiorò, però, quando confessai ad amici della comitiva quanto ero cotto di lei, nella speranza di un consiglio. Questo incauto gesto portò invece a continue prese in giro da parte del gruppo ogni qualvolta lei si avvicinava a me o quando ce n’era occasione. Mi deridevano perché sapevano che io nella mia nullità non avevo possibilità, Francesca piaceva a molti, e tanti ragazzi molto più belli e interessanti di me ci provavano con lei. Questi sfottò mi imbarazzavano tantissimo e portarono lei a distaccarsi sempre di più, l’ultima cosa che volevo. Già la sua vicinanza era tanto per uno sfigato come me, il suo contatto era il massimo e io a causa delle mie stupide azioni lo stavo perdendo.

Mancavano due giorni alla fine delle vacanze e io ormai da minidotato incapace mi ero arreso a dover solo sognare di poter stare con una come lei, come sempre d’altronde. Avevo avuto più di un’occasione per provarci ma non ero mai stato in grado di dichiararmi, anzi avevo collezionato solo figuracce e motivi per cui vergognarmi con lei per tutta la vita. La penultima sera, a causa dell’aria più afosa del solito, Francesca mi chiese con mio stupore di accompagnarla fino a fuori casa per posare la maglietta che la copriva. Subito partirono le prese in giro ad alta voce degli amici sul fatto che l’avrei accompagnata da solo, con il risultato che Francesca partì a razzo e io dovetti raggiungerla. Provai a cianciarle che avrei potuto portarla io in mano la maglietta durante la serata ma lei mi silenziò subito: << Dai, stai zitto che fai solo figure di merda, cretino>>. Fu un colpo, e io non proferii più parola. Arrivammo fuori casa sua, una bella villetta di sua proprietà, lei salì e poco dopo riscese di nuovo, lasciandomi ancor più senza parole. Sotto la maglietta nascondeva una scollatura da paura che mostrava tette morbide e sode, perfette, per metà abbronzate e metà no. Sbuffò vedendomi così rincoglionito a guardarla e sì incamminò sulla strada del ritorno.

Ritornammo quindi verso il punto in cui avevamo lasciato il gruppo, ma non trovammo più nessuno. Probabilmente erano andati via apposta per lasciarci soli, sapendo che tanto non avrei fatto altro che fare altre pessime figure. Francesca, un po’ scocciata, mi disse <<vabbè, andiamo in spiaggia dai>> e mi prese la mano. Arrossii, stupito da questa iniziativa, e mi lasciai portare. Ci togliemmo le scarpe, lei mi fece sedere su una sdraio e si stese appoggiando la testa sulle mie ginocchia, a mò di cuscino, e io cercai a fatica di non guardarle la scollatura, anche perché lei mi osservava da sotto.

Francesca mi chiese di raccontarle un po’ le mie ultime storie con ragazze. Io che ovviamente non avevo nessuna storia da raccontare, balbettai <<comincia tu dai>>, così lei mi raccontò dei suoi ultimi 2 morosi, alti, belli e palestrati, di come aveva lasciato il primo perché stufa del rapporto e del fatto che voleva sempre fare sesso, e mi fece vedere le loro foto sul cellulare. Inutile dire che io a confronto ero assolutamente ridicolo, senza un muscolo, probabilmente anche il mio pistolino a confronto con il loro la avrebbe fatta morire dal ridere.

<< Allora? Ora tocca a te>> mi disse ridacchiando. Io, distolto da questi pensieri, nel più totale imbarazzo mentre lei mi scrutava con i suoi splendidi occhi verdi, cominciai a inventarmi di una ragazza che avevo conosciuto e che abitava lontano, con la quale mi vedevo raramente. Lei mi interruppe: << vi siete baciati?>> io di scatto risposi di sì. << E avete pure fatto sesso scommetto>> io balbettai <<s-sì>>. Lei allora si alzò e, con me ancora seduto, venne a mettersi in ginocchio sulla sdraio, esattamente sopra di me. Praticamente mi ritrovai totalmente a contatto col suo corpo, la mia testa ad altezza tette, che sfioravano il mio naso, le sue cosce ai miei lati e il suo culo che poggiava sulle mie gambe. Il mio cazzetto scattò sull’attenti. Lei mi osservava dall’alto, imperiosa. << Guardami dritto negli occhi>> mi disse. Alzai lo sguardo, imbarazzatissimo, e ammirai attonito quegli incantevoli occhi, mai visti così da vicino.

<< Ascoltami bene. Se vuoi avere una minima possibilità con me, non osare raccontarmi cazzate. Voglio da te la più totale sincerità, hai capito?>>

Non credevo alle mie orecchie, allora avevo ancora una speranza con lei. <<va bene>> risposi, quasi inebetito.

<< Hai mai fatto sesso? >> mi chiese.

<< N-No >> risposi.

<< Quindi sei vergine? Ahahahah >>

<< Sì >> dissi, e abbassai lo sguardo.

<< Ahahahah piccolo! E immagino che non hai nemmeno baciato nessuna in vita tua vero?>>

<< V-vero >> risposi. Avevo gli occhi umidi, rosso per la vergogna.

<< AHAHAHAHAH che sfigato! A ventidue anni nemmeno un bacio? AHAHAHA! E volevi farmi credere di aver avuto storie… Che ridicolo! Ahahahahah >>

Avrei voluto scomparire. Ma lei mentre rideva mi accarezzò dolcemente sotto il mento.

<< Guardami dritto negli occhi, coglione! >> rialzai lo sguardo, tremante. << Voglio che adesso tu mi dica sinceramente tutto quello che provi per me, ok?>>

<< O-ok… Sei la ragazza più dolce e bella che abbia mai visto, mi sono i-innamorato di te fin dalla prima volta che ti ho incontrato in spiaggia, sei uno spettacolo e anche se non ti merito farei q-qualsiasi cosa per te >>

<< Ohhh, che cucciolo>> rispose lei solleticandomi il collo. << Qualsiasi cosa? Tipo? Fammi qualche esempio concreto, convincimi!>>

<< Ti porterei ovunque tu voglia in qualsiasi momento, correrei da te ogni volta che tu mi chiami, ti regalerei qualsiasi cosa, acconsentirei a qualsiasi tua richiesta, sarei p-persino il tuo… s-schiavo… se tu lo volessi >> buttai lì, al limite dell’emozione e dell’eccitazione.

<< WOW!!! Ma che tenero che sei! >> e mi diede un bacino sulla guancia. << Il mio tenero schiavetto personale! Non ci credo! Ahahahah >>. Qualche lacrima mi scese mentre tremavo dall’imbarazzo sotto di lei. Ma ero felice di essermi dichiarato. Nella mia inferiorità non osavo toccarla, le mie braccia restavano appoggiate alla sdraio.

<< Come è ovvio tu non potrai mai essere il mio tipo, stupidino>> mi disse, spegnendo di colpo la mia gioia. << Mi ha fatto morire dal ridere in questi giorni quanto sei stupido e imbranato, e prima che tu lo dicessi ai nostri amici mi stavo divertendo un mondo! Ma sei talmente imbecille che mi hai tolto il divertimento…>> aggiunse. << Però se a te sta bene potrei divertirmi un altro po’… e magari chissà, un giorno potremmo trovare il modo di divertirci insieme >> guardò verso le parti basse e fece una smorfia. << … Sto scherzando ovviamente, non farti strane idee… tanto con un inetto come te laggiù è difficile che ci sia vita… >> Mi eccitai e balbettai qualcosa di incomprensibile.

Si soffermò a guardarmi per un po’ dall’alto, sempre standomi addosso, con me che ero in totale imbarazzo, tremavo e cercavo di evitare di guardarle la scollatura che mi stava esattamente di fronte, a un solo centimetro dagli occhi. Ci godeva un sacco a vedermi in questo stato di totale sottomissione, lei molto più piccola di me che nella sua magnificenza mi dominava totalmente e io inutile inetto assoggettato a lei. << Ti ho detto di guardarmi negli occhi >> mi tornò a ripetere, e io scattai verso l’alto, le lacrime che ormai mi scendevano a dirotto.

<< Ho un’idea >> mi sussurrò con la sua voce soave all’orecchio. << Tu non sarai mai il mio ragazzo, però mi piace un casino vederti ridotto a piangere così per me sai? E poi adoro l’idea di averti in qualche modo come schiavetto… lo faresti davvero? >>

<< Sì, sì, ti prego, per te farei t-tutto, qualsiasi cosa >>. Avevo il cuore in gola, al culmine dell’emozione. Un sogno che sembrava diventare realtà.

<< Allora voglio che tu ora vada a piedi al sexy shop a 6 chilometri da qua e compri una cintura di castità maschile, ho letto sull’insegna che la vendono. Va bene? >>

Sbiancai. << S-Sì, ok >>

<< E compra anche quelle manette coi polsini neri che sono in vetrina. Portami tutto domani sera quando ci vediamo e non aprire nulla prima di allora, chiaro? >>. Il mio pistolino per quanto piccolo era sempre più gonfio dall’eccitazione. Ma perché la cintura? Cosa aveva intenzione di fare? Soprattutto considerando che la giornata seguente era l’ultima di villeggiatura prima del mio ritorno a casa? << Se farai quello che ti dico ti prometto che avrai il tuo primo vero bacio. Mi dicono che sono brava a darli! Ahahah >>

Mi bastò questo per farmi morire dalla voglia di fare quanto mi aveva appena ordinato. Ma prima di scendere da me per permettermi di andare, volle che le descrivessi cosa provavo ad essere così sottomesso a lei. << E smettila di guardarmi le tette, stupido idiota! >>. Mi diede una forte sberla. Nell’eccitazione per quanto mi aveva detto prima gli occhi mi erano inevitabilmente caduti in basso. Tornai a guardare su, verso quegli occhietti splendidi che ormai mi dominavano incondizionatamente, e senza più controllo di me le dissi << E’… è il momento più bello della mia vita… ho sempre sognato di essere sottomesso a una ragazza bellissima come te…>>. << Continua >> mi intimò. << Tu sei perfetta, sei una Dea… e i-io non merito una Dea come te. Però ti prego, voglio vivere solo per essere il tuo schiavo. Ti supplico P-Padrona, non abbandonarmi… voglio essere il tuo schiavo… p-per sempre >>.

<< AHAHAHAHAHAHAHA!! Ma che tenero schiavetto! Ahahahah! Ti meriti un premio! Apri la bocca!>>. Timidamente la aprii, lei avvicinò le sue labbra e inaspettatamente fece partire un grosso sputo. Un fiotto caldo e denso di saliva mi finì dritto in gola. Poi si sedette affianco a me e mi ordinò di pulirle i piedi dalla sabbia e di infilarle le scarpe. Io col cazzettino che pulsava eccitatissimo mi fiondai immediatamente in ginocchio di fronte alla mia Dea e provvidi a pulire perfettamente con le mani quei bellissimi piedi da ogni granello di sabbia. Il solo contatto con la sua morbida pelle mi faceva sentire in paradiso, avrei dato qualsiasi cosa per prolungare quegli attimi. Poi lei mi riprese la mano e si fece riaccompagnare a casa. Ero totalmente in balia di lei, della sua sicurezza, della sua voce, del suo profumo.

<< Baciami il piede e salutami come si deve, cucciolo! >>. Mi guardai intorno, a quell’ora non c’era quasi nessuno per strada, ma forse nemmeno mi importava di essere visto. Mi inchinai e in ginocchio piegai la testa fino a baciare quella parte del piede non coperta dalle scarpe. <<buonanotte mia Dea. Sarò sempre pronto a servirLa. Non finirò mai di ringraziarla di averlo permesso a un essere inutile come me>>.

<<ahahaha che carino! Ciao stupido schiavetto! E adesso corri, che altrimenti il sexy shop chiude>> e mi lasciò.


[continua...]
 
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view post Posted on 5/2/2015, 00:14     +1   -1
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Maestro di Piedi

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Bello! Lo dico da possessore di cb6000...
 
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belzebu975
view post Posted on 5/2/2015, 01:45     +1   -1




bello continuaaa
 
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Yuuto H
view post Posted on 5/2/2015, 11:03     +1   -1




Interessante u-u merita.
 
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Chastories
view post Posted on 5/2/2015, 23:14     +2   +1   -1




Vi ringrazio per i commenti, ecco il seguito :)

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Capitolo 2
LA PUNIZIONE

Cominciai a correre verso il sexy shop, ancora incredulo per quanto era successo. Nel giro di pochi minuti il mio sogno era diventato realtà, anzi la realtà aveva superato la fantasia. Ero totalmente e incondizionatamente nelle mani della ragazza dei miei sogni. Il tempo volò rapido e in men che non si dica arrivai allo shop. Acquistai i due oggetti per un totale di 200 euro, che mi prosciugarono totalmente la mia carta di credito. Ma ne ero felice, per la mia Padrona questo e altro. Raggiunsi il mio appartamento in affitto con le due confezioni, le nascosi bene e corsi in bagno a sfogarmi. La notte la passai in bianco, al pensiero di quello che avevo appena passato e della serata che mi attendeva. Il pensiero che la successiva era l’ultima notte, e poi chissà quando avrei rivisto più Francesca, mi faceva stare male. Avevo un enorme bisogno di lei.

La mattina e il pomeriggio seguente scesi in spiaggia per godermi gli ultimi momenti di lei in costume, una visione meravigliosa che avrei voluto imprimere nella mia mente. La fissavo ininterrottamente, mentre gli amici mi indicavano e ridevano a crepapelle. Ma non mi importava. Vederla uscire dall’acqua, completamente bagnata, vederla prendere il sole con il suo fantastico culetto e le piante dei suoi piedini in mostra, o giocare a pallavolo esibendo le sue forme era il massimo per me. La giornata finì presto però, e arrivò la sera.
Presi una busta, misi le due confezioni dentro, raggiunsi casa di Francesca e aspettai mezz’ora là fuori, nella speranza che nessuno mi vedesse e mi chiedesse cosa ci fosse all’interno. Finalmente lei scese, radiosa, con uno splendido vestitino nero anche stavolta scollato e scarpe nere col tacco che la esaltavano. Ero in trance, preso dalla sua bellezza.

<< Vieni >> mi disse, nervosa. La seguii fino in spiaggia, nella penombra, dove non c’era nessuno per fortuna. << Toglimi le scarpe >>. Mi inginocchiai e eseguii immediatamente. La vista ravvicinata dei suoi piedini era emozionante come sempre. << Togliti la maglia >> mi ordinò, mentre apriva la confezione delle manette. Il mio piccolo cazzettino cominciò a gonfiarsi sotto i pantaloni mentre mi tolsi la maglietta, col cuore che palpitava. Lei rimosse dalle manette quasi tutti gli anelli che distanziavano i due polsini, mi fece mettere le mani dietro la schiena, mi infilò questi ultimi e chiuse il lucchetto. Rimasi con le braccia totalmente bloccate dietro la schiena, i polsi a stretto contatto. Cominciai a tremare. << Inginocchiati ora >>. Lo feci senza farmelo ripetere, spaventato. Rimasi per qualche attimo in silenzio, in ginocchio, indifeso, davanti alla mia dolcissima Dea che amavo con tutto il cuore.

All’improvviso partì uno schiaffo, il più forte che abbia mai ricevuto, che mi lasciò i segni delle cinque dita in faccia. Poi un altro, ancora più forte, sull’altra guancia. Poi altri ancora. La mia faccia divenne rossa dai lividi. << SEI UN IDIOTA! >> mi urlò. << MI HAI FISSATO COME UN PIRLA PER TUTTO IL GIORNO FACENDOTI RIDERE DIETRO, MA CHE CAZZO HAI IN TESTA? COGLIONE! >> Ancora tanti schiaffoni, finchè un ultimo ceffone mi fece cadere sul lato, inerme. Cominciai a piangere e piagnucolai << S-scusami Francesca, non volevo >>. << CHIAMAMI PADRONA, IDIOTA! >> e mi rifilò un calcio a piedi nudi in pieno petto, che mi riempì di sabbia. << Chiedo perdono Padrona, non accadrà mai più >> dissi impaurito. Era una furia. << STAI ZITTO VERME SCHIFOSO >> volarono altri dolorosissimi calcioni dappertutto, finché la mia Padrona non si stancò. Ero pieno di lividi e di sabbia, legato, stremato, a pancia in su. Lei si calmò, mi guardò dall’alto, si pulì il piede dalla sabbia e lo avvicinò alla mia faccia. << Bacialo, e ringrazialo adeguatamente se speri di essere perdonato >>.

Non me lo feci ripetere: immediatamente riempii di bacini la sua bellissima, morbida e soffice pianta, quindi baciai le dita una per una, incantato, quasi come se stessi baciando una persona. Poi rivolto al piede stesso dissi imbarazzato e in lacrime: << Grazie per avermi punito, sei morbido e meraviglioso come la Dea a cui appartieni, e ti chiedo perdono per averti costretto a colpire un lurido essere inutile come me a causa delle mie azioni. Tu meriti solo di essere baciato, massaggiato e venerato. Stai sicuro che non si ripeterà più, Padrone >> e diedi al piede un ultimo, lungo, appassionato e struggente, bacio.

L’incantevole risatina della mia Dea all’udire le mie parole e vedere quei baci mi tranquillizzò e mi emozionò, anche se mi sentii quanto mai stupido e ridicolo. Mi disse di rialzarmi in piedi, e lo feci a fatica date le mani legate e il dolore. Quindi cominciò a aprire l’altra scatola e a leggere le istruzioni.

<< Schiavetto, il tuo sogno è essere di mia proprietà, vero? Ti piacerebbe essere costantemente sotto il mio controllo? >>

<< Sì Padrona, è la cosa che desidero di più al mondo >>.

<< Bene >> sentenziò lei mentre cominciava a sbottonarmi i pantaloni. Ero paralizzato, il cazzettino ormai gonfissimo, mentre osservavo indifeso lei che mi sfilava via il pantalone. << Allora da adesso in poi il tuo cazzetto sarà solo mio, nessun altro potrà averlo… ma tanto nessuna l’ha mai richiesto! Ahahahah >>.

Mi sfilò i boxer… e ci fu un attimo di silenzio sconcertato da parte sua, e di imbarazzo enorme da parte mia.

<< MA AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!!! NON CI CREDO!!! E QUESTO PISELLINO??? >> urlò ridendo come una matta. Mi guardai intorno, tremante, scosso, imbarazzatissimo, sperando che nessuno sentisse.

<< AHAHAHAHAHAH MA DAI! GUARDA CHE PISELLINO RIDICOLO! AHAHAHAHAH! MA DOVE VOLEVI ANDARE? >>

<< Padrona, la prego, non urli >>

<< MA CERTO CHE URLO! SEI RIDICOLO! TU E IL TUO PISELLINO MICROSCOPICO! TI RENDI CONTO??? TU VOLEVI PROVARCI CON ME! AHAHAHAHAHA QUANTO SEI COGLIONE??? >> Mi sfiorò il cazzettino per inserire la cintura di castità e io dall’abnorme eccitazione in un attimo le venni in mano. << MA CHE SCHIFO!! CAZZO DI IDIOTA, NON TI HO NEMMENO TOCCATO! MA VAFFANCULO LURIDO VERME SCHIFOSO MINIDOTATO! LECCA QUESTO SCHIFO ORA! >> e mi fece leccare il mio stesso seme dalle sue mani, mentre io provavo tantissima vergogna e mi sentivo mancare la terra sotto i piedi. Strizzò per bene il pisellino e riportò le mani alla mia bocca più volte, affinché io leccassi tutto fino all’ultima goccia. Poi sciacquò il cazzettino e le sue mani con una bottiglietta d’acqua che aveva in borsa e mi infilò la cintura. Dopo aver verificato che fosse il più stretta possibile sopra le palle, inserì il lucchetto e lo chiuse. Un sonoro e inquietante “click” mi fece trasalire. << SONO SCONVOLTA. QUESTE LE PRENDO IO >> disse, e agganciò le chiavi della serratura a una catenina d’oro che portava alla caviglia.

Era una sensazione stranissima. La cintura era pesante, ingombrante, fastidiosa. Non potevo in alcun modo toccare il mio cazzetto se non in minima parte grazie a una piccola fessura che mi permetteva di fare pipì, e non potevo togliere in alcun modo la cintura, a meno di non volermi castrare. << Se davvero ci tieni a me, stupido schifoso, te la tieni UN ANNO. L’anno prossimo torna qui in vacanza e comportati bene, che se mi garberà magari ti premio >>. Rimasi di sasso.

Mi fece una foto col cellulare, poi mi infilò di nuovo boxer e pantaloni. << Dammi il tuo numero di telefono. Ti contatterò io per controllarti. Tu non osare mai chiamarmi o contattarmi se hai la minima intenzione di rivedermi o essere liberato. E non farti venire strane idee, che posso sputtanarti in qualsiasi momento con tutti i tuoi amici… o mandare il mio ragazzo a farti una visitina non piacevole! E’ tutto chiaro? >> Mi cadde il mondo addosso. Il suo ragazzo? << Ah non te l’ho detto? Io col mio ultimo ragazzo non mi sono mica lasciata. E non vede l’ora di sfogarsi se qualcuno mi importuna… >>.

Mi tolse le manette e me le ridiede, e su suo ordine le pulii di nuovo i suoi perfetti piedini e le infilai le scarpe. Ero combattuto tra il terrore di dover portare quella cintura per un anno e la gioia di aver reso il mio cazzetto proprietà della bellissima ragazzina che tanto sognavo, anche se lei era già di un altro. Quasi a cogliere i miei pensieri, mentre tornavamo verso casa sua lei mi disse << Pisellino, quante seghe ti tiri al giorno? Tante vero? >> Io balbettai qualcosa. << Ovvio, un impedito minidotato come te non può che fare questo tutti i giorni… Immagino quanto sarà difficile per te vivere un anno col cazzettino sofferente in gabbia, senza nemmeno una mano che possa soddisfarlo… Che ne pensi? >>

<< E’ quello che mi merito, mia Dea >>.

<< Bravo pisellino >> arrivammo fuori casa sua. << Voglio che tu pensi sempre e solo a me, dalla mattina alla sera. E ogni qualvolta te lo chiederò, dovrai immediatamente mandarmi una foto di te con la cintura di castità e che contenga la data del giorno, così verificherò che tu stia bene e che tu esegua sempre gli ordini. E’ chiaro? >>

<< Certo Padrona. Per Lei farò sempre qualunque cosa mi chieda >>.

<< Bene. Ora baciami rapidamente il piede e sparisci. Spero che l’anno prossimo ti ritrovi meno stupido e coglione e il tuo pisellino sia un tantino più grande di adesso che è quasi invisibile… ma tanto sono speranze vane >>.

<< Mia Dea, ma mi aveva promesso un vero bacio… >>

Mi zittì urlando. << MA DI QUALE CAZZO DI BACIO PARLI, LURIDO IDIOTA! Hai fatto la figura del babbeo stamattina in spiaggia, mi hai mostrato un cazzettino ridicolo stasera e addirittura mi sei venuto in mano non appena ti ho toccato! Accontentati di quel bacio appassionato di prima col mio piede, che è già abbastanza, brutto schifoso! Devo dire che ti ci sei messo di impegno, forse abbiamo trovato qualcuno con cui potresti stare! AHAHAHA! Adesso fila via, schiavo, e augurati di non fare altre figure di merda l’anno prossimo. Ciao pisellino! >>.

E salì sopra. Tornai a casa disperato, sapendo che mi attendeva un anno terribile.

[continua...]


 
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demian2
view post Posted on 6/2/2015, 07:19     +1   -1




Interessante....continua!
 
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view post Posted on 7/2/2015, 00:52     +1   -1
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Complimenti!! Perfavore continua..
 
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skiavodasempre
view post Posted on 7/2/2015, 15:39     +1   -1




Bello, non vedo l'ora di leggere il seguito
 
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Chastories
view post Posted on 8/2/2015, 15:37     +1   +1   -1




Grazie ancora! Si prosegue, aspettatevi di tutto...

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Capitolo 3
L’AGONIA

Il tempo sembrava non passare mai. La mia Padrona aveva ragione, essendo uno sfigato ero abituato a masturbarmi tutti i giorni, più volte al giorno, sognando ragazze come lei che non avrei mai potuto avere, e adesso che avevo vissuto i momenti più emozionanti della mia vita non avevo più alcuna possibilità di toccare il mio cazzettino. Passò un tremendo autunno, con me che non facevo altro che fantasticare su Francesca, immaginandola in costume, o ripensando a quei suoi morbidi piedini da baciare, o all’eccitante momento in cui aveva scoperto il mio pisellino microscopico. Dovevo continuamente sciacquare le mie parti basse con acqua gelida e cercare di tenermi sempre occupato a fare qualcosa, ma era difficilissimo.

Arrivò l’inverno. Cominciai a sottrarmi a qualsiasi riunione tra amici e a saltare ogni uscita, ogni volta con una scusa diversa, per evitare che i miei amici notassero lo strano rigonfiamento tra i pantaloni. Dovetti abbandonare l’università e iscrivermi a una telematica per poter andare avanti nello studio. Mi tolsi da facebook per evitare di dover dare troppe spiegazioni o di vedere foto di belle ragazze. Cominciai a isolarmi dal mondo esterno, per soffrire il meno possibile ed evitare di rovinare la mia reputazione per sempre. La mia Dea mi mandava spesso foto di lei a letto con il suo ragazzo, o in intimo, e io cercavo di dimenticarle, ma ormai la mia testa pensava sempre e solo a lei e io soffrivo silenziosamente. Ovviamente ricambiavo immediatamente mandandole le foto della gabbietta col prigioniero. Come da lei ordinato, non osai dirle della mia sofferenza né del mio estremo bisogno di sfogarmi. Avrei dato qualunque cosa per potermi toccare.

La primavera fu peggio. Le mie palle si erano ingrossate e cominciavano a diventare color violetto. Non accesi più la televisione, perché ormai mi eccitavo alla vista di qualsiasi donna. Ero totalmente isolato dal mondo. L’unica persona che vedevo era mia sorella Alessia, di quasi 17 anni (un anno in meno di Francesca), che abitava con me. Anche lei era stupenda e dolce, le volevo un gran bene, ma dovevo evitare a tutti i costi di parlarle e guardarla perché ormai anche la sua voce e la sua vista mi eccitavano. Fortunatamente lei spesso usciva e io restavo sempre nella mia camera, perciò ci vedevamo solo per pranzo e cena.

Finalmente arrivò l’estate. Io ormai ero al limite. Le mie palle erano strapiene e di un colorito blu preoccupante. Prendevo tranquillanti durante il giorno e sonniferi la notte per non impazzire e riuscire a dormire un po’. Abbandonai completamente l’università, concentrarmi per me era diventato impossibile. Il mio pisellino pulsava incessantemente e piangeva continuamente presperma. Dall’eccitazione continua ormai respiravo affannosamente. Solo a vedere le perfette gambe abbronzate e gli incantevoli piedini nudi di mia sorella che camminava scalza per casa mi sentivo male. Cominciai a cercare un appartamento per le vacanze vicino casa di Francesca, ne trovai uno a 300 metri ma era troppo per le mie finanze semivuote, dato che per le mie condizioni non potevo lavorare.

Non avevo altre possibilità, dovevo chiedere alla mia sorellina, che aveva un po’ di soldi da parte, di venire con me. Non potevo fare altro, non avendo più amici. E poi avrei dovuto dare loro troppe spiegazioni. Così cercai di calmarmi, feci un bel respiro, presi coraggio e entrai in camera sua. Trovai Alessia stesa sul divano a messaggiare col suo ragazzo. Era in shorts e maglietta, le piante dei piedini rivolte verso di me e le sue meravigliose gambe in bella vista. Mi sentii male. Cercai di non darlo a vedere. << Ale >> sospiro affannoso << T-ti andrebbe di venire con me in vacanza?... Aah >>.

<< Che gentile >> mi rispose lei staccandosi dal cellulare. << Come mai questa proposta? >> mi scrutò stupita, sapendo che io da tempo evitavo di vedere tutti e preferivo stare sempre da solo.

La sua voce, il suo sguardo, la vista della sua pelle mi inebriavano. << E’ che… ahhh… volevo un po’ di compagnia… uhhh… >> guardai a terra. << E poi non ce la faccio a pagare l’affitto da solo…ahhh >>

<< Ah ecco il vero motivo, furbetto! >> Disse lei. Io stavo per svenire. << Fratellino, ti senti bene? >> si alzò dal divano e corse scalza verso di me. << S-sì, sto bene >> tremavo. << Forse ho un po’ di febbre >> inventai. Lei mi abbracciò. << Ti voglio bene >> mi disse. Io mi sentivo morire. Ero a contatto con la sua pelle, la mia meravigliosa sorellina abbronzata a piedi nudi mi stava abbracciando. Ero rossissimo, il pisellino ormai una fontana di presperma. << Dai, vengo con te in vacanza, tanto nessuno ha organizzato nulla >>, mi baciò sulla guancia. Poi mise una mano sulla mia fronte. << Sì, forse hai un po’ di febbre, vieni, ti accompagno a letto >>. Era adorabile, ma speravo ardentemente mi lasciasse solo. Ormai quel maledetto dispositivo di castità mi aveva annebbiato la mente, per il mio pisellino persino la mia dolce sorellina era diventata una ragazza seducente su cui fantasticare in continuazione. Stavo diventando tremendamente voglioso di lei. Mi vergognai profondamente di me stesso e della situazione in cui mi ero cacciato. Feci finta di dormire, sperando mia sorella mi lasciasse stare, e nei giorni seguenti cercai di evitarla in ogni modo.

Arrivò il giorno della partenza, io ero al culmine dell’eccitazione. La settimana precedente insieme alla mia foto nudo in castità avevo aggiunto un messaggio alla mia Dea per avvisarla che sarei venuto a breve in vacanza con mia sorella. Da allora Francesca non mi aveva mandato più nulla, ma sapevo che era lì in villeggiatura, visto che nella sua villetta ci trascorre l’intera estate. Misi in valigia le manette comprate l’anno precedente, mi imbottii di tranquillanti, mi misi il pantalone che meno mostrava la mia protuberanza e andai a prendere il treno con mia sorella. Alessia purtroppo era già in tenuta vacanziera, con la maglietta che lasciava intravedere le sue splendide tettine e gli shorts. Ai piedi per fortuna portava le converse, risparmiandomi almeno la visione delle sue incantevoli estremità. Salimmo in treno di prima mattina e lei decise di sedersi di fronte a me, con le sue gambe e le tette esposte alla mia vista. Ero nel panico, così per evitare quella visione celestiale che mi straziava decisi di chiudere gli occhi, facendo finta di dormire per tutto il viaggio.

Era una giornata afosissima, mancava l’aria condizionata in treno, così le ultime due ore di viaggio furono tremende. Era quasi mezzogiorno quando finalmente arrivammo alla stazione, zuppi di sudore. Mi fiondai davanti a lei per evitare di vedere le forme del suo culetto, il suo seno, la sua pelle luccicanti per le gocce di sudore. Arrivammo in appartamento e cominciai a disfare i bagagli mentre lei davanti a me si toglieva shorts e maglietta per andare a farsi la doccia. Un altro strazio. Sentivo il pisellino piangere mentre ansimavo. Rimasta in intimo, finalmente entrò in bagno. Credevo che il tormento fosse finito, invece dopo la doccia uscì in costume, si avvicinò e mi chiese:

<< Scendi con me in spiaggia fratellino? Sei bianco come una mozzarella… >>

<< N-no >> ansimai con lo sguardo a terra, evitando anche di guardarle i piedini. << D-devo finire di sistemare le valigie…uhh… e poi sono stanco >>. Lei mi osservò da capo a piedi pensosa, poi scosse la testa e disse << come vuoi >>. Scese. Tirai un sospiro di sollievo. Avrei fatto finta di dormire anche il pomeriggio e poi finalmente la sera avrei potuto raggiungere ad un anno di distanza la mia tanto attesa, sospirata, desiderata, amata e dolce Padrona. Non vedevo davvero l’ora. Però non sapevo cosa avrei dovuto fare. Avrei dovuto presentarmi sotto casa sua in attesa che scendesse? O forse dovevo aspettare che fosse lei a contattarmi? E se decidesse di farlo giorni dopo? Non osavo immaginare come sarebbe stato sopportare ulteriori giorni in quelle condizioni con la mia sorellina che mi girava intorno in costume.

La mattinata passò, il pomeriggio pure, mentre io sul letto facevo finta di dormire e in realtà contavo i minuti e sbirciavo il cellulare. Mia sorella rientrò. << Fratellino, che ti sei perso! Ho conosciuto un sacco di ragazzi e ragazze, abbiamo fatto tornei, ci siamo divertiti un mondo! >> << Mmmmhh >> mormorai senza guardarla. << Che fratellino patetico! Hai dormito tutto il giorno, ma che cavolo sei venuto a fare? >> Non risposi. “Solo ed esclusivamente a venerare la mia unica meravigliosa Dea Padrona. Vivo solo per lei” pensai tra me e me.

Erano ormai le sei e trenta del pomeriggio. Ero preoccupatissimo, pregai intensamente che la mia Padrona si facesse sentire. Contavo ogni minuto, ogni secondo. Alle sette, finalmente, il mio cellulare vibrò. Trasalii, il mio cuore palpitava dalla gioia e l’eccitazione. La mia amata Dea mi aveva mandato un messaggio. Lo aprii.

Quello che lessi era assurdo, inverosimile, elettrizzante. Andai immediatamente nel panico. Erano istruzioni chiare e precise su quello che avrei dovuto attuare quella notte, cose che in vita mia non avrei mai sognato di fare. Ma era il volere della mia Padrona, e andava eseguito alla perfezione se volevo compiacere la ragazzina che amavo con tutto il cuore e sperare che il mio pisellino fosse liberato.

Per compiere quanto ordinatomi dovevo innanzitutto attendere che la mia sorellina si preparasse e scendesse quella sera. Per evitare che mi facesse domande scomode, attesi che si vestisse e si truccasse, bellissima come sempre, e le dissi che sarei sceso più tardi. Ma fu una pessima mossa. << Dai allora ti aspetto, così mi fai compagnia >> mi disse. Cercai di non guardarla. << Preferisco… uhh… andare da solo >> dissi a bassa voce. Lei mi abbracciò, facendomi andare nel panico più totale, e mi accarezzò. << Ma perché fai così fratellino? Che ti è successo? >> Non finì nemmeno di dirlo che io la spinsi via, facendola inciampare e cadere a terra. Lei rimase sconvolta, mi guardò sprezzante e disse: << Ma sei impazzito? >>. Le scese qualche lacrima. << Io davvero non ti riconosco più… tu non sei il mio fratellino… ma che cazzo ti prende ultimamente? >>. Si rialzò e fuggì sbattendo la porta.

Mi pianse il cuore, mi sentii una vera merda, un essere spregevole. Ma il cazzettino in gabbia era troppo eccitato, mi torturava, e non avrei potuto sopportare il contatto con la sua morbida pelle un secondo di più. Come se non bastasse quanto avevo appena fatto, entrai nella sua camera cercando il nascondiglio in cui aveva i suoi soldi. Dovevo rubarne una parte, perché a me era rimasto troppo poco e per eseguire gli ordini della mia Padrona era necessario andare ad acquistare un altro oggetto al sexy shop. Trovai i soldi finalmente, e li presi.

Mi vestii rapidamente e mi fiondai giù. Corsi a tutta velocità, per non incontrare nessuno evitai le strade principali, arrivai allo shop, acquistai l’oggetto richiesto e tornai a casa. Ora avevo tutto il necessario, dovevo solo attendere l’ora stabilità per procedere. Mi salì l’ansia. Per la mia Dea stavo per fare qualcosa che poteva mettermi veramente nei guai, ma che era tremendamente eccitante. Dopo un oretta o due mia sorella tornò e io feci finta di cambiarmi per dimostrare che ero uscito. Lei non proferì parola, andò nella sua stanza e chiuse la porta. Ero pronto a tutto, il momento tanto atteso era quasi giunto...

[continua...]
 
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Chastories
view post Posted on 10/2/2015, 00:00     +1   +1   -1




Capitolo 4
LA NOTTE DELLA PAURA

Si fece notte. Erano quasi le 3, era il momento di agire. Feci un respiro profondo, cercando di calmarmi, ma era davvero impossibile. Per prima cosa dovevo tornare in camera di Alessia, sperando lei dormisse profondamente. Aprii lentamente la sua porta, che cigolò un po’, ma lei fortunatamente era nel pieno del sonno e non si svegliò. Il messaggio della mia Padrona non dava adito a dubbi: dovevo indossare una mutandina femminile, di colore rosa. Sapevo che la mia sorellina ne aveva una, perciò aprii il cassetto delle sue mutande e lo rovistai per trovarla. Le controllai a una a una, sfruttando la luce molto fioca, e cominciai a preoccuparmi: quella che mi serviva non c’era. Stavo perdendo troppo tempo, Alessia avrebbe potuto svegliarsi e trovarmi in quella situazione da un momento all’altro, così decisi di passare a cercare un altro oggetto espressamente richiesto nel messaggio: i calzini usati di mia sorella.

Mi avvicinai al letto, tastai il pavimento e trovai le converse che aveva usato la mattina durante il viaggio. All’interno, fortunatamente, c’erano i suoi calzini, di colore rosa chiaro, ancora leggermente umidi e odorosissimi per tutto il sudore di cui si erano impregnati durante il viaggio. Nella fioca luce si vedevano persino le impronte delle dita dei piedi, nere per il contatto con le scarpe e il viaggio molto lungo. Erano calzini ben sporchi, la mia Padrona sarebbe stata contenta. Cercai di contenermi ma quella vista e quella puzza erano eccitanti come non mai. Ansimai come un porco. Dovevo uscire da quella stanza, subito. Nella fretta dell’alzarmi, sbattei col piede vicino alla base del letto. Mi immobilizzai, il cuore che batteva all’impazzata, con ancora i calzini in mano. Mia sorella cominciò a muoversi nel letto. Cercai di trattenere il respiro, ma non ci riuscii, mugugnai e mi uscì un << Uuuuhhh >> disperato. Sentii il presperma che mi colava dal pisellino. Mi credetti finito. Invece Alessia si girò dall’altro lato, sospirando, senza aprire gli occhi. Stava ancora, incredibilmente, dormendo. Attesi ancora un minuto, quindi uscii da quella stanza senza fare altri rumori. Il cuore mi batteva ancora forte. Me l’ero scampata bella.

Mi ricordai, per fortuna, che quando quella mattina Alessia mi era passata davanti in intimo, aveva indosso proprio la mutandina rosa. Anche quella l’aveva usata durante il viaggio. Entrai in bagno e la trovai a terra in un angolo. Era elastica, semitrasparente e tremendamente sexy. Era sicuramente odorosa, avrei quasi voluto annusarla pur essendo di mia sorella, ma cercai di controllarmi. Ansimai ancora. Corsi in camera mia a prendere del nastro isolante e l’oggetto acquistato al sexy shop: un butt plug. Il messaggio della mia Padrona era chiaro: dovevo infilarmi il plug nel culo, assicurarlo con del nastro isolante e poi infilarmi la mutandina rosa. Mi spogliai nudo, provai a bagnare il buco del culo e a inserirlo. Sentii un dolore e un fastidio atroci, era come se mi stessi inserendo una supposta dieci volte più grande. Lo spinsi fino in fondo, mugugnando ad alta voce. Sperai ardentemente che la mia sorellina non si fosse svegliata. Era una sensazione terribile. Il plug premeva spietatamente sulle pareti e sullo sfintere, ed era così eccitante e opprimente che portava il mio cazzettino a gonfiarsi ancora di più. Ormai il pisellino premeva furiosamente contro le pareti della gabbietta e piangeva disperato implorando di uscire.

Mancava solo un quarto d’ora alle 3.30, l’orario prefissato. Ero fuori di me per l’eccitazione ma dovevo sbrigarmi. Fissai il butt plug al culo con più pezzi di nastro adesivo, poi mi infilai la mutandina, aderentissima, anche a causa anche della cintura di castità che sporgeva. Infine presi i calzini usati, li risvoltai in modo che all’esterno ci fosse il lato che era stato a contatto con i piedini vellutati della mia sorellina, me li infilai in bocca e chiusi col nastro adesivo, come ordinatomi dalla mia Padrona. Mi sentivo circondato, intriso, impregnato dell’odore fortissimo dei suoi piedini e dello stuzzicante sapore salato delle sue estremità sudate.

Ero in paradiso e contemporaneamente all’inferno. Ormai il bagno era un lago di presperma, il pisellino pulsava senza pietà e io ansimavo disperato senza alcun controllo. Solo i calzini e il nastro isolante riuscivano a placare il mio lamento disperato. << Mmmmphff >> presi le manette, uno straccio e le chiavi di casa e uscìì dall’appartamento. Scesi le scale e arrivai al pian terreno. Mi affacciai fuori dal palazzo. L’intera struttura era affittata e c’erano balconi su tutti i lati, se qualcuno fosse stato affacciato mi avrebbe visto sicuramente. Per fortuna sembrava dormissero tutti, non si vedeva nessuno né affacciato né in strada. << Mmmmphfff >> Pregai intensamente che fosse così. Avevo una fottuta paura, ma l’eccitazione era tremendamente, compulsivamente più forte. << Mmmphfff >> “ti prego, mia Dea, salvami” pensai.

Nascosi le chiavi dietro le scale e ripensai agli ordini. Dovevo oltrepassare il piccolo cortile, attraversare la strada che costeggia il lungomare e arrivare in spiaggia, dopo aver ovviamente raggiunto il varco di accesso. E dovevo farlo completamente nudo, in castità, con la bocca tappata dai calzini puzzolenti di mia sorella, un butt plug nel culo e coperto solo da una mutandina rosa semitrasparente e quanto mai imbarazzante. Ma non solo. Dovevo farlo anche alla cieca, bendato e con le mani legate dietro la schiena.

Erano in gioco la mia vita e il mio onore. Se qualcuno mi avesse visto, sarebbe stata la mia rovina, per la vergogna avrei dovuto sparire per sempre. Ma se non l’avessi fatto, sarebbe stato anche peggio. Il mio pisellino sarebbe rimasto ancora in gabbia, avrei preso qualche infezione, sarei totalmente impazzito alla vista di una ragazza, mi sarei evirato o chissà.

Dovevo agire, non c’era più tempo. << Mmmphfff >> calcolai bene il percorso da fare, mi augurai che il mio senso dell’orientamento funzionasse ancora, e mi bendai. Le palpitazioni aumentarono. Presi le manette, misi le mani dietro la schiena e con l’aiuto del muro riuscii a infilarmele e a chiudere il lucchetto. “Click”. Un tuffo al cuore.

Mi incamminai tremante, totalmente indifeso e esposto. Le mutandine erano già totalmente fradice di presperma, il cuore a mille per il panico e l’eccitazione. “Aiuto, aiuto, aiuto” pensai. Solo il tatto dei miei piedi poteva aiutarmi a capire dov’ero, e infatti capii che il cortile era finito quando sentii il contatto con l’asfalto. Ero sul marciapiede, nella zona del lungomare più frequentata la sera, esposto quindi alla vista di qualunque nottambulo passeggiasse di lì. Per la vergogna velocizzai il passo e caddi rovinosamente in mezzo alla strada, dimenticandomi che il marciapiede era rialzato. << Mmmmpppppphffff >> urlai di dolore. Per fortuna non mi ero rotto nulla, nonostante le braccia legate.

Mi affrettai ad alzarmi, per paura anche di essere investito, e salii sull’altro capo del marciapiede. Toccai ripetutamente col piede il muretto che delimitava il marciapiede dalla spiaggia, mentre seguivo il percorso della strada, alla ricerca del varco per raggiungere la riva. Dopo qualche minuto di cammino, allungando il piede trovai il vuoto, persi l’equilibrio e feci un volo di quasi un metro, cascando con le ginocchia sulle scale e la faccia sulla sabbia. Ero dolorante, pieno di ferite, con le ginocchia sbucciate, ma non mi importava. Ero in spiaggia, l’obiettivo era vicino. Mi rialzai a fatica, raggiunsi il mare e mi immersi fino ai capelli, stando attento a non perdere l’equilibrio, per sciacquare le ferite e togliermi la sabbia.

Uscii dall’acqua e cominciò per me l’attesa finale, la più trepidante della mia vita. La mia Padrona, la mia immensa Dea a momenti sarebbe stata lì e mi avrebbe visto ridotto in quelle condizioni assurde, dopo un anno di sofferenze, patimento e vergogna, dopo essere stato chiuso un anno intero in camera, dopo aver cancellato tutto dalla mia vita, gli obiettivi, le amicizie, gli hobby, ed anche tv e pc. Un intero anno in perenne eccitazione. E tutto questo solo, unicamente e incondizionatamente per Lei.

[continua...]
 
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skiavodasempre
view post Posted on 10/2/2015, 10:55     +1   -1




non farci stare sulle spine :)
 
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pietoni
view post Posted on 10/2/2015, 12:14     +1   -1




Bellissimo ! Grande ! già m'immagino cosa può succedere con la sorella che entra in scena. Continua please
 
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Chastories
view post Posted on 11/2/2015, 00:42     +1   +1   -1




Capitolo 5
NELLE MANI DELLA MIA DEA

Cominciai a tremare tutto. Non solo per l’eccitazione perpetua, le palpitazioni, la paura, ma anche per il freddo. Ero tutto bagnato, e il leggero venticello che c’era mi faceva rabbrividire. Intanto il tempo passava. Dieci minuti, un quarto d’ora, mezz’ora. Cominciai seriamente a preoccuparmi. E se la mia padrona non fosse venuta? Cosa avrei dovuto fare? Attenderla fino al mattino, in piedi, grondante di presperma, col cazzetto disperato, conciato in quel modo ridicolo e con la gente che cominciava a scendere in spiaggia?

Ormai avevo perso ogni cognizione del tempo, distrutto da dolore, eccitazione, stanchezza e paura, quando uno strillo gioioso quasi mi fece venire un infarto. << PISELLINOOO!!! >>. Era lei, La voce soave della mia Dea. Mi sentii male. Francesca se ne accorse, mi abbracciò stretto e mi riempì di bacini in faccia. << Mmmphfff >> è tutto quello che riuscii a dire, allo stremo delle forze. << Piccolino…!! >> mi disse amorevolmente, << Hai fatto tutto questo per me come ti avevo ordinato… Sei uno schiavetto bravissimo! >> e mi coccolò facendomi il solletico. Era dolcissima, un angelo. Ma per me fu un’ennesima tortura.

Il pisellino pressava ormai come una bomba pronta a esplodere. Lei mi osservò, poi si avvicinò all’orecchio e mi bisbigliò: << Non vedevo l’ora di vederti così, sai stupidino? Ma quanto sei eccitante con questa mutandina sexy… ihihi >> . Mi morse sensualmente il lobo dell’orecchio. << Ti meriti un premio… >>. Pur non potendola vedere a causa della benda, sentii che si spogliava per rimanere in bikini. Poi mi abbassò la mutandina rosa e salì coi suoi adorabili piedini nudi sopra i miei, ergendosi sulle punte, e mise le mani intorno al collo. Sentii su di me l’intero peso della mia Dea. Infine appoggiò la sua passerina coperta dal costume sulla mia gabbietta e le tette sul mio petto, e cominciò a strusciarsi lentamente.

Sentii che cominciava a godere. << Mi manca tanto il mio ragazzo sai? Mmmm… Non lo vedo da quindici giorni... >> mi sussurrò eccitata sfiorando il mio orecchio mentre col corpo si strusciava sempre più rapidamente e in modo provocante. Mi prese i capezzoli tra le dita e cominciò a stringerli forte, tirarli e pizzicarli mentre appoggiava le sue morbide e sensuali labbra sul mio collo. Io urlavo, più per l’eccitazione a livelli impossibili che per il dolore. Non ce la facevo più. << MMMMMMMPHHFFFFFF >>. Ma la mia sofferenza epica non faceva che aumentare il suo godimento. Tirò i capezzoli ancora più forte e cominciò a farmi un succhiotto sul collo da paura. Il cazzettino si stava lacerando a contatto con la plastica, io sentivo mancarmi l’aria. Pregai intensamente che la mia Dea mi lasciasse stare, ma lei stava godendo intensamente e il mio compito era accontentare ogni suo capriccio e renderla felice, quindi resistetti eroicamente, con le ultime forze che mi restavano. << MMMMMPPPPHHHFFFFF >>.

Dopo dieci minuti di terrore puro, finalmente smise di succhiare e si staccò di dosso. Immaginai che guardasse con soddisfazione l’enorme livido che mi aveva procurato. Poi sentii che mi girava intorno. Notò ridacchiando il plug infilato su per il culo, poi mi tastò le palle con le sue morbide mani. << Uuuuuuhhh uhuhuh che belle palle gonfie! >> sogghignò mentre notava il loro inquietante colore blu scuro. Ero felice di aver soddisfatto la mia Dea con la mia sofferenza. << Schiavetto, ti piacerebbe essere liberato, vero? >> mi disse provocatoriamente, mentre mi faceva sentire il tintinnare delle chiavi che portava alla caviglia. Le chiavi della mia libertà. Non mi sembrava vero. << MMMMPPPHFFFF >> bofonchiai mentre facevo un convintissimo cenno di sì con la testa. Le bramavo ardentemente, ero fuori di me.

<< Uhmmm… non so se liberarti o no… mi piace troppo vederti ridotto come uno straccetto solo per me… io voglio vederti così sempre! Sai che ti dico? Ti lascio così fino alla fine delle vacanze, e tu domani scendi in spiaggia con questa mutandina! >>. Non potevo credere alle mie orecchie. << MMMMMPPPPHFFFFF >> urlai. Non potevo. Non potevo! Sarei diventato lo zimbello di tutti, per sempre. E poi gli ormoni erano partiti, non sarei riuscito ad arrivare nemmeno al giorno dopo per quanto ero al limite. Mi inginocchiai e piansi disperato, nascosto dalla benda. Lei decise di darmi una speranza. << Ora ti tolgo i calzini dalla bocca, e ti do la possibilità di farmi cambiare idea. Ma ti conviene essere convincente molto più della volta scorsa, perché al momento sono convintissima della mia decisione… >>. Mi strappò il nastro adesivo e tirò fuori compiaciuta i calzini che mi tappavano la bocca. Finalmente respiravo. << UUUUUUUHHHHH >>. Subito mi fiondai strisciando come un verme senza dignità al cospetto della mia Principessa, la mia giovane e adorata Dea, seguendo il suono della sua voce, quindi mi buttai a capofitto sui suoi soffici piedini e cominciai a baciarli a raffica, a leccarli, a sbavare e slinguazzare senza freni dappertutto.

<< UUUUUUHHHH Padrona… io… sono solo un porco schifoso… UUUUUUUHHHH… e Lei dovrebbe… rinchiudermi per sempre… e gettare la chiave… OOOUUUUUUHHHH… perché una Dea stupenda come Lei… merita Uomini veri… UUUUUUUUUUUUUHHHH… e non uno schiavo… inutile e minidotato come me… OOOOUUHHHHH… sono uno schifo umano… merito di essere solo… uno straccetto… UUUUUUUHHHH nelle sue mani… e nient’altro… per tutta la mia vita… UUUUUUHHHH… ma La prego… nella sua infinita bontà… mi salvi… UUUUUUUHHHH… La prego… continuerò a fare… tutto quello che desidera… mi salvi… La prego… >> da un suo piede partì un calcione dritto in faccia che mi scaraventò a terra, poi si appoggiò con lo stesso piede sulla mia faccia e se lo strusciò per bene con tutto il suo peso, come a sotterrarmi e a farmi sentire ancora più inferiore, lei vincente e io il suo trofeo. Fece un saltello con entrambi i suoi morbidi piedini sulla mia faccia, poi scese e mi ordinò << Alzati >>. Lo feci istantaneamente, per quanto in difficoltà. Sentii il tintinnare delle chiavi, stavolta le stava prendendo sul serio. Avevo gli occhi lucidi dalla gioia. Sentii che le infilava nel lucchetto della gabbietta. << Click >> …un’emozione unica. Sfilò via la gabbia.

Il mio cazzetto ne uscì gonfio e deforme, pieno di lividi viola, palpitante, quasi incredulo anche lui di poter riassaporare la libertà. << Ahahaha guarda com’è ridotto il tuo pisellino! >> disse lei. Io non potevo crederci, mi sentivo rinascere. << Bleah, che puzza! >> disse poi, sentendo il terribile odore che proveniva dalla gabbietta che per un anno aveva limitato e costretto a patimenti il mio cazzetto piangente. << Puliscila per bene con la lingua >> aggiunse, avvicinandomela alla bocca. Io che avevo ancora naso e bocca impregnati dal meraviglioso sapore dei calzini sporchi di mia sorella, e sempre ultraeccitato anche grazie alla soave voce della mia Padrona, riuscii a contenere il ribrezzo e tirai fuori la lingua. Ma il sapore e l’odore erano assolutamente disgustosi, non ce la facevo, quindi la tirai indietro poco dopo. La mia Padrona cominciò a solleticarmi sotto il cazzettino con le unghie, e questo mi convinse a tornare a sforzarmi e cercare di farmi piacere il sapore. Non avevo nessuna intenzione di deludere la mia Dea, quindi cominciai a passare la lingua in ogni punto che era stato a contatto col pisellino, in ogni antro o poro, allungandomi al massimo per poterla pulire per tutta la sua lunghezza (non molta a dire il vero), fino in fondo. << Bravo, schiavetto, ora apri la bocca! >> E ricevetti uno sputo denso e schiumoso, che per me era un premio divino.

Prese un elastico per i capelli e lo strinse stretto sopra le mie palle, poi prese i suoi calzini e quelli di mia sorella, li impilò uno dentro l’altro e infilò il fagotto così ottenuto intorno al mio cazzetto. Quel morbido tessuto attillato, caldo e umido diede ulteriore spinta al mio pisellino, che ormai era un piccolo vulcano pronto a esplodere. Lei si mise dietro di me e appoggiò le sue tette, coperte dal costume, sulla mia schiena. Le mie mani legate dietro la schiena, senza volerlo, per la prima volta potevano toccare la morbida pelle della sua pancia, il suo ombelico e il bordo superiore della sua mutandina. Mi costrinsi, nonostante l’immensa eccitazione, a non osare muovermi per provare a toccarla più in basso. Già toccare quel lembo di pelle era tantissimo. Lei intanto con una mano mi tappò la bocca e con l’altra strinse l’involto che conteneva il mio pisellino. Cominciò a sfregare. << MMMMPPPHHFFFFF >> urlai. Sarei venuto istantaneamente, se non avessi quel laccetto che mi stringeva le palle. Lei cominciò a sfregare sempre più rapidamente, il mio cuore era a mille, rischiavo quasi un infarto. Al culmine dello sfregamento, mentre io in un raptus infilai le mani sotto il costume e le toccai la figa, lei tolse le sue mani dalla mia bocca e con un rapido movimento mi tolse il laccetto dalle palle.

Il vulcano esplose immediatamente. << UUUUUUUUUUUUUUHHHH AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHH >> urlai. Sentii fiumi di sperma straripare, inondare quel fagotto. Una quantità impressionante di liquido viscoso stava riempendo e gonfiando quei calzini, mentre io mi liberavo di tutto ciò che avevo conservato e covato nelle mie palle nel mio lungo anno di indicibili sofferenze.

Lei sfregò ancora per un paio di minuti, per consentirmi di liberarmi fino all’ultima goccia, quindi sfilò il paccotto gonfio del mio seme e col nastro adesivo che avevo usato per tapparmi la bocca lo richiuse. Poi sciacquò il pisellino, che si era ridotto ai minimi termini, quasi invisibile, e cominciò a infilarmi di nuovo la gabbietta. <<ma… Padrona>> provai a protestare. << ZITTO SCHIFOSO! >> mi urlò lei furiosa. Strinse di nuovo al massimo sotto le palle e richiuse il lucchetto, mi rimise la mutandina, mi urlò << SEI UNO STRONZO >> e mi diede uno schiaffone forte. << CHI CAZZO TI HA DETTO DI TOCCARMI SOTTO IL COSTUME? PEZZO DI MERDA! INGINOCCHIATI! >>. Conoscendo la sua furia, ebbi una paura tremenda. Feci come aveva ordinato, tremante. Passarono secondi che sembravano un’infinità, poi ricevetti un fortissimo, preciso e tremendo calcio nelle palle, a piedi nudi. Volai a faccia a terra, contorcendomi e piangendo per il dolore atroce. Lei mi diede altri calci ovunque, poi con un piede mi fece rotolare a pancia in su e infilò i calzini ripieni del mio sperma nella mutandina che indossavo, affianco alla gabbietta. << Conservali con il loro contenuto o te la vedrai nera con me. Ci vediamo domani pomeriggio in spiaggia, stronzo >>. Mi diede un calcetto in faccia e se ne andò.

Mi sentii una vera merda, dopo tutto quello che avevo fatto ero riuscito a deludere la mia Padrona ancora una volta. Avevo di nuovo addosso quella maledetta gabbietta e le mie speranze di avere il pisellino libero entro la fine delle vacanze si stavano riducendo a un lumicino. Le mie palle avevano ancora altro sperma di cui liberarsi, ma almeno, magra consolazione, la mia infinita eccitazione si era ridotta di un bel po’ e avrei sofferto di meno. Dovevo evitare di deludere ulteriormente la mia Padrona se volevo ancora un barlume di speranza.

Mi rialzai, dolorante e distrutto. Senza l’accecante eccitazione avuta all’andata, mi resi conto ancora di più di quanto ero ridicolo ridotto in quel modo, bendato e con la mutandina rosa semitrasparente che metteva in mostra la mia bella cintura di castità e il plug nel culo. Era umiliante, e io non avevo idea di che ore fossero. Senza la presenza e il calore della mia Dea mi sentii anche congelare dal freddo. Pregai fosse ancora buio e provai a incamminarmi, ma mi resi conto che avevo perso totalmente il senso dell’orientamento. Stavo quasi per farmela sotto, mi misi a piangere come un bambino.

Inspirai profondamente e provai a calmarmi. Cercai di capire da dove provenisse il rumore delle onde e andai nella direzione opposta. Dopo numerosi tentativi e altrettante cadute, riuscii a salire le scale che riportavano sul lungomare, a attraversare marciapiede e strada e a trovare il cortile del palazzo dove c’era il mio appartamento in affitto. Recuperai nel sottoscala le chiavi della mia camera e salii le scale, maledicendo il fatto che non avevo pensato di lasciare nel sottoscala anche le chiavi delle manette.

Arrivai sotto la porta, mi girai e mi resi conto con terrore che il buco della serratura era di una quindicina di centimetri più in alto delle mie mani legate. Così mi piegai a 90 gradi come una puttana, appoggiando culo e gambe alla porta, e mi alzai sulle punte, per permettere alle mani di arrivare più in alto. Sentii che così il buco della serratura sforzandomi era quasi raggiungibile, ma ora sorgeva un altro problema. Nel pesante mazzo c’erano 3 chiavi simili, e non potendo vederle non sapevo qual era quella giusta. Dovevo anche provarle evitando di fare rumore.

Con sforzo, tenendola per il bordo, provai ad infilare la prima chiave, ma sembrava non andare. Provai la seconda, tendendola il più possibile, ma nemmeno questa andava. Quindi presi la terza e provai, ma non riuscii a farla entrare. Mi stava salendo l’ansia, riprovai tenendo la chiave il minimo possibile… e accadde il patatrac. La chiave mi sfuggì dalle mani, e nel tentativo immediato di riprenderla, finii col spingere il mazzo verso la porta. Le chiavi strusciarono stridendo sulla porta di legno e finirono a terra facendo un bel baccano, a cui si aggiunse quello prodotto dal mio culo che picchiò sulla porta nel tentativo di riprenderle al volo.

Mi sentii finito. Divenni tutto rosso. Sentii dei passi rapidi da dentro. Mia sorella s’era svegliata di colpo e stava correndo scalza, in pigiama, verso la porta. Mi imbambolai, non sapendo cosa fare. Ero nel pallone. La porta si aprì.

<< CHE CAZZO… >> urlò mia sorella, terrorizzata.

[continua...]
 
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belzebu975
view post Posted on 11/2/2015, 01:26     +1   -1




splendido continua dai!
 
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Chastories
view post Posted on 14/2/2015, 01:17     +1   -1




Capitolo 6
L’ULTIMA UMILIAZIONE

Alessia si richiuse dentro, sbattendo la porta, terrificata da quello che aveva appena visto. << A… A… Ale… sono io >> biascicai. Lei riaprì leggermente la porta, incredula che fossi io, e si portò la mano alla bocca, sconcertata. << ODDIO ODDIO ODDIO… FRATELLINO SEI TU??? MA CHE TI HANNO FATTO? >> stava per correre verso di me, ma si fermò. Qualcosa non quadrava. L’immagine che aveva davanti non aveva senso: oltre a essere totalmente nudo, legato, bendato, pieno di lividi e ferite (tra cui l’evidente segno di un succhiotto sul collo), io stavo indossando la sua mutandina rosa preferita. Mia sorella cambiò più volte espressione, passando da terrorizzata a insospettita. << FRATELLINO, CHE CAZZO E’ SUCCESSO? PERCHE’ HAI LA MIA MUTANDINA? >>. << Ale… t-ti prego non urlare… fammi entrare… >>. Mi fece entrare, e notò che avevo qualche oggetto sotto la mutandina e qualcosa anche nel culo. Non ci mise molto a capire che qualsiasi cosa fosse successa quella notte, io avevo collaborato in qualche modo.

<< PERCHE’-HAI-LA-MIA-MUTANDINA? >> mi ripetè, cominciando seriamente a irritarsi. Prima che potessi cianciare qualcosa, me la tirò giù, lasciandomi nudo e rivelando al suo interno i suoi calzini rosa, pieni di qualcosa, la mia cintura di castità e il butt plug. Rimase ancora più sconvolta. Le partì istintivamente uno schiaffo che mi colpì in faccia. E me lo meritavo. Rimase senza parole, dovette sedersi sul letto cercando di raccapezzarsi, con le mani nei capelli. Io intanto ero mortificato, avrei voluto sciogliermi, squagliarmi, scappare, sparire. Dopo qualche attimo quanto mai imbarazzante, trovai il coraggio di chiederle di togliermi la benda. << IO NON TI LIBERO DA NIENTE FINO A QUANDO NON MI DICI COSA CAZZO HAI FATTO STANOTTE >> mi intimò.

Non c’erano possibili scuse da inventare, né avevo altre possibilità. Quanto mai umiliato, mi avvicinai a mia sorella piangendo, mi inginocchiai, mi infilai con la testa tra le sue gambe aprendogliele e appoggiai la faccia sulla sua pancia, come un cucciolo che va dalla sua mamma. << Ti racconto… tutta la verità Ale >> singhiozzai. << Ti chiedo scusa fin da ora… promettimi che mi perdonerai… ti prego… >>. << Vedremo >> disse lei, placando la rabbia e cominciando ad accarezzarmi teneramente. Mi venne la pelle d’oca, la mia bellissima sorellina di sei anni più piccola mi stava coccolando dolcemente, facendomi sentire protetto e contemporaneamente sottomesso a lei. Iniziai a sperare che lei mi punisse adeguatamente, e che cominciasse a trattarmi da essere inferiore quale mi ero dimostrato.

Raccolsi tutto il coraggio possibile, mentre ormai piangevo a dirotto come un bambino, e tra un singhiozzo e l’altro decisi di non nasconderle nulla, di raccontarle tutto nei minimi particolari. Avevo voglia di spogliarmi di ogni mio pensiero e perversione di fronte a lei, di rendermi nudo e fragile in tutti i sensi, per una umiliazione totale e profonda che mi permettesse di vergognarmi per sempre al cospetto della mia sorellina.

Così le raccontai tutto: il mio amore incondizionato per Francesca, le figure di merda che avevo fatto con lei l’anno prima, la mia confessione di non aver mai baciato o scopato nessuna in vita mia e la promessa che le avrei fatto da schiavetto. E poi le dissi del mio pisellino piccolissimo che aveva fatto ridere Francesca a crepapelle, di come per l’emozione le ero venuto istantaneamente in mano appena mi aveva sfiorato, della cintura di castità che mi aveva inserito, della mia totale sottomissione alla mia Padrona e ai suoi ordini, di come mi aveva picchiato e deriso, e del fatto che per farla calmare avevo baciato con passione il suo piede.

Mia sorella ormai non mi accarezzava più da un po’, inorridita. Non aprì bocca, mentre io sempre singhiozzante appoggiato al suo pancino continuavo a raccontarle senza freni inibitori di quell’anno di sofferenza in castità in cui dovetti evitare tutto e tutti, compresa lei, la mia sorellina. E di come mi bastava sentire la sua vocina, vedere le sue gambe abbronzate, le sue tette e il suo culetto nascosti dai vestiti e soprattutto i suoi incantevoli piedini nudi che camminavano per casa per farmi arrivare al culmine dell’eccitazione e della sofferenza. Mentre glielo raccontavo, quasi come per dimostrarglielo, abbassai la testa fino al pavimento cercando di raggiungere il suo piedino, e vincendo ogni imbarazzo gli diedi un bacino dolcissimo, quello che sognavo di dare da mesi, da vero sottomesso. Lei spostò subito il piede, imbarazzata e schifata. << S… scusami >> le dissi. << E’ che… >> singhiozzai << …mi piacciono davvero da morire… >>. Lei era senza parole, del tutto sconvolta e sconcertata. Cercai di nuovo con la testa il suo pancino, mi aiutai strusciando con le mie ginocchia sul pavimento per muovermi verso di lei, così da stare più a stretto contatto col suo corpicino caldo e con quel grembo quasi materno che mi faceva sentire al riparo.

Tra le lacrime le parlai quindi della giornata appena trascorsa, dell’attesa angosciante di notizie dalla mia Padrona e dell’arrivo di quegli ordini precisi: le mutandine rosa, i calzini sporchi, il butt plug, le manette. Le riferii poi dei soldi che le avevo rubato. << CHE COSA??? >> disse, mi diede un altro schiaffo e mi tirò forte i capelli. << SEI UNO STRONZO>>. Mentre ancora Alessia mi teneva per i capelli, indifeso, proseguii raccontandole l’ansia, la paura, le palpitazioni di quella notte nel tragitto compiuto per arrivare in spiaggia mentre ero conciato in quel modo. E poi le riportai nei particolari il succhiotto che la mia Padrona mi aveva fatto costringendomi a soffrire tremendamente in silenzio, le mie slinguate sui suoi piedi mentre mi umiliavo ulteriormente per convincerla a togliermi la cintura, la mia liberazione e le lappate alla cintura di castità, la mia mano infilata sotto il suo costume che l’aveva fatta esplodere di rabbia con il conseguente calcio nelle palle e la mia contemporanea liberazione di litri del mio seme nei calzini di mia sorella, calzini assolutamente da conservare con il loro contenuto.

L’ultimo particolare la face scattare. << COMEEEEE??? >> strillò Alessia. << QUELLA ROBA NEI CALZINI E’… SPERMA??? >> << Sì… >> mormorai, colpevole, a bassa voce. << MA CHE SCHIFOOO!!! >> quasi mi strappò i capelli dalla rabbia, poi mi sputò in faccia e con la pianta del piede sul mio petto mi scalciò via dal suo grembo. Quindi si alzò, mi guardò disgustata e si mise le mani in faccia, in lacrime anche lei. << MI FAI RIBREZZO… TU SEI COMPLETAMENTE PAZZO! HAI PERSO DEL TUTTO IL SENNO… SEI UN IDIOTA, NON TI FARE MAI PIU’ VEDERE! >>

<< S…sorellina, ti prego… perdonami... >> << DAMMI LE CHIAVI DELLE TUE MANETTE , TU ORA FILI A LETTO COSÌ. E’ ASSAI SE NON DICO A TUTTI QUANTO FAI SCHIFO. E DA ORA NON OSARE MAI PIÙ RIVOLGERMI LA PAROLA >> aggiunse. Prese le chiavi e si chiuse in camera sua sbattendo la porta. Avrei voluto sotterrarmi. L’avevo delusa profondamente e mi ero umiliato totalmente di fronte a lei. E in fondo, da inetto, minidotato e masochista quale ero, ne ero anche felice. Da quel momento la mia bella sorellina mi avrebbe guardato sdegnosa, sprezzante, dominante, e io sarei stato ai suoi occhi un essere inferiore, quello che mi meritavo. Piangente e tremante mi andai a stendere sul letto, sempre nudo, in manette e bendato, e grazie a quanto appena successo e al butt plug ancora infilato su per il culo sentii nuovamente il mio cazzetto gonfio e eccitato dentro la cintura di castità. Mi resi conto, dalla fioca luce che penetrava attraverso la benda, che era stata superata l’alba. Rimasi sveglio, estasiato al pensiero di quella lunga notte appena passata. La mia vita ora era subordinata a due bellissime ragazze più piccole di me, di fronte alle quali umiliarmi, sottomettermi e soffrire da vero schiavetto.

Dopo un’ora sentii la porta della camera di mia sorella che si apriva e lei che si avvicinava al letto. << A-Ale… >> provai a dire. << Ti ho detto di non osare più rivolgermi la parola, bastardo. Questo è per quello che mi hai fatto >> e mi diede un doloroso cazzotto nelle palle. << Sei un essere schifoso, ridicolo, sadico e masochista. Farai bene a fare tutto quello che ti ordinerò da ora in poi se non vuoi che racconti in giro quello che hai fatto. >> me ne diede un altro, ancora più forte, che mi fece sussultare e urlare. Poi mi salì addosso, abbracciandomi. << Però sei sempre il mio fratellino >> mi strinse fortissimo << …non te lo meriti, ma ti aiuterò a guarire. Sarò sempre e comunque con te e ti difenderò da chiunque altro voglia farti del male. Tu sei mio. Ti voglio bene, nonostante tutto >>. Mi diede un bacino affettuoso e si addormentò poco dopo abbracciata a me.

Ero eccitatissimo, felice, emozionato. Mia sorella era fantastica, riusciva a essere dolcissima con me e a dimostrarmi affetto anche quando avrebbe dovuto evitarmi per sempre. E io, da vera merda, a causa dell’eccitazione continuavo a non riuscire a vederla come sorella ma come una bomba sexy che mi stava addosso. Le sue tettine sul mio petto, i suoi piedini che toccavano i miei, la sua bocca carnosa da cui usciva il suo fiato caldo accanto al mio orecchio mentre dormiva teneramente mi facevano morire. Non chiusi occhio quella notte, e nonostante necessitassi di girarmi non osai muovermi. Il respiro di Alessia si faceva pian piano più profondo, ormai dormiva beata. Avrei voluto accarezzarle i capelli e baciarla tutta. A bassa voce, sapendo che probabilmente non mi avrebbe sentito, dal profondo del cuore, glielo dissi.

<< Sorellina, io… Ti amo >>.




- FINE -



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Il racconto per ora finisce qui, gradirei molto i vostri feedback e consigli.
Se vi è piaciuto e gradite un proseguimento, ho un po' di idee per un sequel, che però scriverò in un futuro prossimo.
Grazie a tutti :)
 
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20 replies since 4/2/2015, 23:07   8989 views
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