| Ultima parte Arrivati stessa scena, lei scese tranquillamente, “fermati, mettiti giù voglio che mi porti in casa standoti a cavalcioni” il problema non era il suo peso, era la lunga strada, sterrata, per arrivare in casa, ma non ci fù verso, con i tacchi mi spronava “muoviti cavallino, su op, op,” le mie ginocchia cedevano, ero tutto sporco, ma arrivai all’ingresso, finalmente scese, mi rifilò un calcio nel culo “entra cavallino”. Arrivati nel salone, si tolse subito l’abito e rimase in perizoma e reggiseno, la sua bellezza era notevole, il suo culo mi faceva impazzire, l’avrei leccato per ore millimetro per millimetro, era un pochino ubriaca, non era molto stabile, e poi rideva un po troppo, si sedette sul divano “vieni qua toglimi le scarpe, fammi un bel massaggio ai piedi, che sono tutti gonfi” non me lo feci ripetere i massaggiai bene con delicatezza, leccandoli ogni tanto, “passami la lingua tra le dita, che mi piace da impazzire” pulii tutto quello che c’era tra le dita, anche se in effetti erano pulitissime, lei mi prese per i capelli, si allargò il perizoma, “adesso lecca qui, e fallo bene” era umida, molto umida, non ci misi molto a farla venire, lei mi tirava per i capelli, mi faceva anche male, poi venne con gusto, “bravo, bravo” mi tirò ancora per i capelli e mi fece sdraiare sul divano, mi tolse le scarpe ed i pantaloni, poi piano, piano lo fece uscire dalle mutande “adesso voglio sentire questo signore come si comporta” mi tolse anche le mutande il mio uccello svettava pulsante, lei lo menava lentamente, lo baciò, ed iniziò a succhiarmelo “bada di non venire perché ti do un calcio nelle palle, che te le sbriciolo” era dura, si mise sopra se lo introdusse da sola, “tu devi stare solo fermo” faceva tutto lei, io mi concentravo per non venire, lei andava piano, poi forte, poi fortissimo, poi di nuovo piano, ero al limite, come lei venne nuovamente mi lasciai andare, fu un orgasmo quasi più lungo del solito, lei si lasciò andare su di me, avevo il suo respiro addosso, mi baciò sulla bocca “sei in gamba, ne ero sicura, mi piace dominarti, e mi piace scoparti, sei un uomo fortunato”. Il resto della notte fu tranquillo, volle scopare nuovamente al mattino, adducendo ad una situazione molto arretrata, quindi aveva voglia e basta, io non mi tirai certo indietro. Al mattino della domenica mi alzai prestissimo alle sei, lei dormiva, era bellissima, feci piano e non la svegliai, volevo finire il lavoro, e poi andarmene, ma alle nove la vidi arrivare con passo deciso verso di me era in perizoma, senza reggiseno, con delle scarpe di vernice rosse, bellissime, era strano che fosse con l scarpe, aveva un’espressione cupa ed arrabbiata, appena mi fu vicino, io ero accovacciato con un cacciavite in mano stavo finendo di chiudere una copertura, mi tirò uno schiaffo con tutta la forza che aveva, “brutto stronzo, devi chiedermi il permesso per alzarti dal mio letto” e giù un calcio nel petto, mi prese anche il braccio, ed il cacciavite volò via, “ma, maa, Antonella devo finire il lavoro” lei era arrabbiata, “non me ne frega un cazzo del lavoro, adesso sei il mio schiavo, te lo dico io quando finisci il lavoro, hai capito brutto pezzo di merda” un’altra sberla sulla nuca, “posa tutto, e seguimi a quattro gambe fino al patio, muoviti” le trotterellavo dietro come un cagnolino, lei si fermava ogni tanto e alzava il tacco, “lecca il tacco “ ed io leccavo, arrivammo nel patio, “preparami un caffè” entrai in cucina e preparai il caffè, avevo già l’uccello in tiro, quella donna era di un sexy estremo, mi dominava anche solo con lo sguardo, quando arrivai con il caffè, feci per darglielo, “no, servimi fammi bere tu il caffè” piano, piano avvicinai la tazzina alla sua bocca, ne bevve un sorso, e così con dolcezza lo finì, si alzò in piedi, “massaggiami le gambe, bene, dall’alto verso il basso, prendi la crema che c’è sul tavolino” eseguii l’operazione con cura, lei svettava su quei tacchi vertiginosi, era bellissimo,”prendimi una sigaretta” eseguivo con velocità, lei era soddisfatta, “mettiti in ginocchio vicino a me, e apri la bocca” eh, questo era più complicato, “fai come ti ho detto o ti riempio di calci”, stavo lì a bocca aperta, e sapevo cosa voleva fare, mi butto la cenere in bocca “inghiotti idiota di un posacenere” ed io ubbidivo, “bravo, sei proprio uno schiavetto ubbidiente” se ne stava in piedi a far asciugare la crema e mi usava come posacenere, era eccitante, buttò grazie a Dio la cicca per terra, e la spense con la scarpa, “leccami la suola che si è sporcata di cenere, avanti schiavo leccala bene, altrimenti ti faccio mangiare la cicca”mi leccai tutta la suola che lei mi porgeva ridendo, “bravissimo, falla bella pulita,”poi mi prese il mento fra le mani, e mi sputò in faccia due volte “sei solo uno schiavo, o sei anche una sputacchiera” e se la rideva “soffiami sulle gambe, che questa crema non asciuga, dai deficiente”e adesso soffiavo sembravo un mantice, “soffia sul culo, anche sui polpacci” era una vera padrona, ed aveva trovato il suo giocattolo, “basta, hai il fiato caldo, mi dai fastidio, me le asciugo io prendendoti a calci, mettiti a novanta gradi, toccati le ginocchia, bravo, stai fermo così” iniziò una sessione di calci nel culo usava entrambe le gambe, “ti piace, lo so che ti piace essere preso a calci,” non rispondevo, “e rispondi” ed allora si, “si mi piace padrona Antonella” lei si divertiva usava il collo del piede, e a volte la punta, non colpiva forte, ed era quasi piacevole, sentire il suo piede nel culo, poi di colpo, “adesso vediamo quanto resisti” ed iniziò a colpire con violenza di punta, le scarpe avevano una zeppa di due centimetri, erano molto dure, il dolore si faceva sentire, “conta schiavo, io dico che non arrivi a dieci” al settimo calcio, ero nei guai, al dodicesimo crollai sulle ginocchia, “basta, basta padrona, ti prego” me ne diede ancora uno, “e tredici, però sei resistente, ricorda sei arrivato a tredici, più tardi vedremo di battere questo record, ho un paio di stivali che fanno al tuo caso, con queste belle scarpe mi faccio troppo male” non avrei sopportato oltre, gli ultimi cinque calci me li aveva dati tutti nello stesso punto, il culo mi andava a fuoco.
La signora, era senz’altro annoiata, e non le pareva vero di avere un giocattolo tutto per eli, sia da dominare, ma anche da usare sessualmente, io però volevo tornare a casa, finire il lavoro e tornare a casa, mi ero divertito, ma ora il gioco si faceva pesante “hei deficiente, vieni qui ho bisogno di una mano” stava trafficando con delle corde che erano incastrate sotto un bancone nel patio, l’aiutai a tirare fuori delle corde in nylon colorato, sperando che non avesse intenzione di usarle con me, invece “bene, bene adesso ti lego perbene, ti piace essere legato?” non era esattamente la mia aspettativa “no signora padrona, non mi piace essere legato, ma penso che non te ne freghi niente di quello che mi piace” lei con sarcasmo “hai perfettamente ragione, tu sei il mio schiavo, che cazzo me ne frega di te, adesso ti lego come un salame e poi mi diverto” infatti mi fece mettere in piedi davanti a lei completamente nudo, iniziò dalle gambe, era esperta, mi legò i piedi in modo che potessi fare dei piccoli passi, poi le mani dietro l a schiena, fece passare la corda in mezzo alle mie gambe, di lato alle palle e mi legò intorno al collo in modo che se muovevo le braccia mi facevo male tremendamente al collo rischiando di strozzarmi, in quella posizione ero completamente esposto alle sue azioni, ed ero veramente preoccupato, anche se l’adrenalina mi piaceva da morire, Antonella mi girava intorno, si era cambiata, aveva un paio di stivali bellissimi sicuramente di alta moda erano di un blu cobalto con un tacco altissimo, la punta affusolata, e alti fino al ginocchio, poi si era messa un paio di pantaloncini cortissimi anche loro blu cobalto, ed anche il reggiseno, era sicuramente un completo, “hai paura schiavo, devi averne, ti farò male, e poi ti manderò a casa, e tornerai per finire il lavoro, sei contento?” ecco il suo piano, per riavermi, scomparve, e tornò con un frustino da cavallerizza, che terminava con il solito cinghietto di cuoio, “sei stato indisponente, meriti di essere frustato” e senza perdere tempo mi frustò energicamente i primi colpi nelle natiche , e poi in tutto il corpo mi faceva male, non tutti i colpi gli riuscivano bene, era un pochino maldestra, ma si concentrò e le frustate andavano tutte a segno, mi risparmiava solo il viso, io cercavo di spostarmi, ma lei non mollava “basta padrona mi fa troppo male ti prego basta frustate” lei rideva “zitto merda, ti voglio fare tutto a righe” poi mi mollò un calcio nelle gambe all’altezza dietro al ginocchio, mi fece cadere malamente, battei la spalla e anche la testa sul pavimento, non riuscivo a ripararmi con le mani, il collo mi faceva male, la corda lo aveva tagliato facendo una specie di bruciatura, ero a terra con la schiena a sua disposizione, e lei ci salì sopra con cattiveria, i tacchi entravano nella carne, spingeva con forza “ti faccio tanti buchi, e poi ci metto il sale” era incattivita, gli piaceva fare la dominatrice sadica e cattiva, i suoi tacchi erano peggio delle frustate, ci metteva tutto il peso, con un tacco mi colpì la nuca, non mi mossi per paura di peggiorare la situazione, allora lei mi appoggiò il piede sul culo, e premeva con il tacco fino a che non urlai disperato “hAAAAAAAAAaaaaaaaa” smise ma solo per posarlo sull’altra chiappa, stesso trattamento “hAAAAAAAAAAaaaaaaaaa” pensavo me lo avesse bucato veramente, con un calcio nel fianco scese, “girati merda” giù calci perché ero lento a girarmi, il collo mi doleva, non dovevo usare le mani, “e girati impedito,” un calcio di punta prese una costola “whoooaaaaaaaaaa, Antonella mi fai male” lei con noncuranza mi salì sul petto, e usò lo stesso trattamento della schiena, i tacchi premevano, vedevo quegli splendidi stivali, il suo culo, le gambe che troneggiavano su di me, ed ebbi una erezione “eccolo qua che si eccita, questo masochista di merda, ti aggiusto io” mise il suo piede sul mio uccello, e pigiava con forza, poi usò il tacco sulla cappella schiacciandola sulla pancia intanto tutto il peso era sul tacco che aveva sul mio petto, il dolore non riuscivo più a sopportarlo “whaaaaaaaaaaaaa, scendi Anna ti prego” non ci pensava nemmeno, spostò solo il tacco, ma riprese a martoriarmi, “stai zitto guardami il culo frocetto, vuoi che ti faccio venire con il mio tacco,” ed iniziò un movimento avanti indietro con il tacco, stavo veramente quasi per venire, ma lei smise, scese ed iniziò a colpirmi a calci di punta, il primo calcio nell’anca sinistra fu il più doloroso, poi non sentivo più niente, vedevo solo quelle gambe che caricavano e colpivano, si mise ad infierire nella schiena perché ero riuscito a girarmi, finalmente smise, era affannata con il fiatone, “come stai merda, ne hai abbastanza?” ne avevo altro che abbastanza “si, si mia padrona, lasciami” lei “prima mi devi ringraziare” sicuramente “grazie padrona per tutto quello che mi hai fatto” sembrava soddisfatta, iniziò a slegarmi, ero veramente intorpidito e dolorante, quando fui libero, erano le undici del mattino, “te ne puoi andare, ti aspetto tra quindici giorni per finire il lavoro, vattene ora, vestiti e vattene” volevo dire qualcosa, ma un calcio nel culo dato con estrema cattiveria e forza chiuse ogni discussione. Mentre tornavo, pensavo di mandare qualcun altro a finire il lavoro, ma forse era meglio non cambiare nulla, la signora Antonella era capace di sputtanarmi, se non l’assecondavo.
THE END
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