Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

L'INFERMIERA, by Delicato

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paimei77
view post Posted on 2/2/2011, 07:57     +1   -1




L'INFERMERIA

Ero sdraiato a pancia in giù, con una ragazza seduta sulla schiena e le sue scarpe da ginnastica puzzolenti davanti al muso. Non ci provavo neppure a ribellarmi, ma usavo quel poco di mobilità che avevo per spostare il mio naso da una parte all'altra della scarpa. A detta di quella ragazza quella operazione avrebbe tolto la puzza dalle scarpe. Io non ci credevo per niente, ma non avevo aperto bocca: mi ero limitato a sdraiarmi, lei mi aveva infilato le scarpe sotto la faccia e io avevo iniziato il lavoro. Lo facevo amorevolmente, e in silenzio per non disturbarla, ma era un'operazione disgustosa.

Intanto ripensavo a come ero arrivato a quella situazione.

Era una scuola, non era insolito che ci fossero gruppetti di ragazze. La promiscuità è un crimine che, grazie a certi luoghi comuni, ancora non è caduto in prescrizione. Discorsi da ragazze... cose da uomini... gusti da maschi... interessi femminili... queste espressioni vi suonano familiari? Allora avete capito il concetto.

Quello che era insolito era che di gruppetto ce ne fosse solo UNO. Tutte le altre ragazze andavano in giro isolate, facendosi un po' i fatti loro.

Un giorno mi trovavo in palestra. Stavo tirando un po' con la palla da basket. Timidezza o altro che fosse, giocavo solo se non c'era nessuno. E così, quando arrivarono sei o sette di loro, mi trovarono da solo.

"Ciao." mi disse una, che a quel avevo capito si chiamava Lara, mettendosi davanti a me. Aveva un sorriso gentile e disponibile, mi sbloccò un po' anche se non la conoscevo

"Ciao." risposi io; dissi una sillaba girato verso di lei e l'altra girato verso le altre, per salutare tutte

"Che fai ancora a scuola?" mi chiese un'altra

"Due tiri." dissi io, ero un po' in soggezione con tutte quelle ragazze intorno "Voi?"

"Veramente aspettavamo qualcuno che potesse darci una mano" disse una di loro, una che, sentivo, era soprannominata "Silver", perché portava sempre una magliettina color argento e sembrava inglese dalla pronuncia "con un piccolo problemino nello spogliatoio. Ci aiuti?"

Ora: quelle ragazze erano da sempre la cosa più misteriosa di quella scuola, per me, non è che proprio mi fidassi a seguirle. Se avessero avuto in mente di farmi sorprendere nel loro spogliatoio da qualcuno, e farmi passare per un maniaco? Comunque avevano l'aria tranquilla, così le seguii.




"Ma non l'avete usato?" dissi appena entrato nello spogliatoio: non c'erano vestiti in giro

"No." disse una venendo davanti a me, una ragazza riccia coi capelli castani, acconciati in una nuvola che contrastava con la sua statura slanciata "Però possiamo farlo un po' adesso." e si chinò per abbassare la zip di uno dei suoi stivali grigi

la cosa mi lasciò di sasso; intanto sentivo distintamente che un'altra ragazza scivolava alle mie spalle

"Che cosa... cos'è questo odore?" dissi a un certo punto; lo capii: usciva dallo stivale di quella ragazza

"Forse sono i piedi di Flaminia." disse la ragazza di prima, e mi mise le braccia intorno alla vita, Flaminia alzò la zip, l'odore scomparve "Vuoi che si tolga di nuovo le scarpe?"

"No, no!" risposi io, lei aumentò la presa

"Mettiti in ginocchio." mi disse tutta ridacchiando

"Io? Perché?" dissi io, allarmato. Mi allarmai ancora di più quando la ragazza dietro di me mi afferrò il pene (era nella posizione giusta per riuscirci con una mossa)

"Allora... se ti metti in ginocchio da solo bene... Altrimenti abbiamo qui una cordicella per tirarti giù noi... e magari le diamo anche uno strattone..."

le altre ragazze risero

"Dai, non ti facciamo niente: vogliamo solo spiegarti un paio di cose." disse una coi capelli rosso fuoco, probabilmente tinti, molto pallida

Io mi inginocchiai, una coi capelli raccolti dietro mi venne davanti (Flaminia si spostò), avvicinandosi quasi a farmi toccare il proprio inguine con la punta del naso. La riconoscevo dai capelli neri legati dietro: era Alessia, quella che stava sempre in prima fila quando le ragazze si spostavano per la scuola.

"Sai... i piedi di Flaminia" mi spiegò "puzzano tantissimo. Non sappiamo perché, forse perché è freddolosa e mette sempre i calzini negli stivali... quegli stivali certe volte li usiamo anche per punirci tra di noi... quando qualche ragazza fa qualcosa di sbagliato."

"Punirvi tra di voi? Nel gruppo delle ragazze?" dissi io allibito

"Sì. Se una di noi fa qualcosa di sbagliato glie li facciamo annusare. Magari un giorno ti faccio parlare con una di quelle che le hanno provate così ti spiegano com'è." aggiunse con un ghigno

"Qualcosa di sbagliato?" ripetei io

"Tipo avere pietà di un ragazzo." mi rispose una ragazza alle mie spalle

"Vedi... lo sai chi la comanda la scuola?" mi chiese Alessia

"I sindacati? Confindustria?" risposi io pronto

"A parte quello..." disse lei "Dico QUESTA scuola, lo sai? Noi, il nostro gruppetto di ragazze." io non capivo dove andasse a parare quel discorso: che volevano da ME? "Qui tutti i ragazzi devono essere gentili e disponibili con noi, altrimenti li puniamo." mi spiegò "E ogni sabato sera deve venire alla nostra festa segreta in infermeria."

"Che succede al sabato sera?" chiesi

"Sabato vieni e lo scoprirai." rispose lei sempre con quel ghigno




"Lo facciamo alzare subito?" disse la ragazza coi capelli rosso fuoco "No, dai, giochiamoci un po', prima..."

"Sara..." disse Alessia "Avrete tutti i ragazzi che volete sabato!"

"Ti prego..." disse Silver "Una cosina sola... giusto per fargli capire cosa lo aspetta...!"

"Uhm..." fece Alessia "Va bene! Ma solo Silver! Voi assisterete e basta, non mettetevi a litigare.".

Le ragazze si misero tutte comode, mentre la testolina bionda di Silver veniva a posizionarsi sopra di me. Non sapevo cosa stava per succedermi, ma ero terrorizzato

"Pancia a terra." mi disse Silver, io la guardai senza capire "Ho detto 'a terra'!" disse lei

"Guarda che fai meglio a farlo." disse una ragazza del primo anno "Sei in inferiorità numerica: se vogliamo possiamo tenerti fermo e prenderti a calci le palle finché non ti si polverizzano."

mi misi a pancia in giù

"Ora baciala." mi disse Silver infilandomi una scarpa sotto la faccia "La scarpa. Baciala." io la baciai; era una scarpa aperta con un piccolo tacco, un po' coperta sopra. Baciai dove la scarpa le copriva il dorso "Bene. Ora bacia il piede. La pelle nuda, forza." le ragazze scoppiarono a ridere, io le diedi un bacio sul piede

"Alessia? Posso andare a tenergli ferma la testa? Ti prego..." disse Sara

"E va bene... tanto tra un po' lo lasciamo andare."

Sentii il piede di Sara sulla testa, che mi teneva il mento incollato al suolo. La ballerina che indossava si piegò per la forma della mia calotta cranica

"Ora baciami le dita dei piedi." ordinò Silver; aveva un modo di ordinare le cose delicato, di una tranquillità da fare paura. Baciai anche sulle dita, che a malapena si distinguevano, con quella scarpa; a quel punto il tormento doveva essere finito, non c'era molto altro che potessi fare... "Lecca qui sotto." disse Silver a quel punto. Vidi con terrore che alzava il piede da terra e mi porgeva la suola sporca

"No..." risposi io, Silver sospirò

"Sara, convincilo..." disse "Io intanto mi siedo."

Sara a quel punto mi girò la testa con un colpo del piede. Mi ritrovai con una guancia sul pavimento e il suo piede sull'altra. Iniziò a stropicciarmi la guancia. Appena iniziai a lamentarmi, perché mi faceva male all'orecchio e alla guancia, si mise a ridere.

"Adoro fare questa cosa..." disse tra i risolini

Quando Silver ebbe finito si sedette davanti a me e tese una gamba, per tenere la suola alzata

"Dai, pulisci." mi disse

Io tirai fuori la lingua, per evitare che Sara rifacesse quello che aveva appena fatto, e mi misi a leccare.

"Piano." disse Sara da sopra di me "Vogliono goderselo lo spettacolo le mie amiche!"

"Piano..." ripetei io con una smorfia, e mi rimisi a leccare

"Non è ancora pulita, continua." disse Silver quando ebbi finito con tutte e due le scarpe

"Ma è pulita..." mi lamentai io

"Vuoi mettere in dubbio quello che dico?" disse Silver sbarrando gli occhi "Lecca. E mettiti in bocca in tacco."

"Silver... il tacco no... ti prego..."

"Sara, convincilo." disse Silver

"No!" implorai io, facendole ridere tutte

"Devi essere educato bene." disse Sara "Quindi ti puniamo anche se dici 'no' e poi lo fai."

Mi salì sulla testa con tutto il peso e scese dall'altra parte, schiacciandomi la faccia al suolo

"Ora lecchi?" disse Silver

"Sì... dammi la scarpa..."

"Eccotela." disse Silver

era troppo lontana per arrivarci, per quanto tendessi la lingua

"Ti prego... avvicinala..." pregai io

"Uh... la prima volta che ci prega!" sorrise Silver, scoprendo i suoi denti piccoli e bianchi "Bisogna festeggiare. Alessia: gli facciamo il gioco della sacca da ginnastica."

"Hmmm... perché no?" disse lei "Servirà a tenerlo impegnato mentre ci allontaniamo."

"Cos'è?" chiesi, loro risero "Cos'è? Per favore... cos'è...?".

Scoprii che consisteva nel prendere una sacca da ginnastica, imbottirla di abiti sudati (specie calzini), infilarci la mia testa dentro e chiuderla con un lucchetto. Poi mi fecero piroettar per una decina di minuti e alla fine mi chiusero nell'armadio. Ci sarebbe voluto almeno un'oretta per forzare quel lucchetto, in quelle condizioni, e intanto dovevo starmene in quell'armadietto con il loro sudore che mi si spalmava sulla faccia.

 
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paimei77
view post Posted on 6/2/2011, 23:45     +1   -1




LA FESTA SEGRETA

Quel sabato, verso le dieci, mi presentai a scuola. Non potevo fare molto altro, in realtà; fuori, ad aspettarmi, c'era Lara. Mi accolse con quella sua solita aria gentile; nei giorni successivi allo spogliatoio mi avevano spiegato un paio di cosette: per esempio che i più facoltosi di noi dovevano sempre offrire al bar e alle macchinette, o che dovevamo sempre salutarle per primi, e se non c'erano estranei in giro anche chinarci a baciare una scarpa. Lei mi sorrise, non so se per gentilezza o pregustando il mio saluto.

"Buonasera, signorina." le dissi io, mi misi in ginocchio, poi poggiai le mani a terra e mi umiliai baciando la sua scarpa "Come è carina stasera." aggiunsi

lei fece un risolino

"Vieni" mi disse "andiamo in infermeria."

io la seguii spaventato, fino all'infermeria della nostra scuola, che era abbastanza grande per la media. Era l'unica luce accesa di tutta la scuola. Dentro c'erano un bel po' di lettini, quasi tutti erano occupati da una o più ragazze. Non era molto diverso da una di quelle innaturali festicciole in pigiama tra ragazze. Però era PALESEMENTE qualcos'altro: c'erano anche dei ragazzi, e ognuno di loro era impegnato in qualcosa. C'era chi faceva un massaggio a qualche ragazza, chi preparava uno spuntino, chi acconciava loro i capelli, chi si limitava a leccar loro i piedi. Guardando chi si prestava a certe umiliazioni feci una smorfia di disgusto, e Lara rise.

"Oh, ciao..." mi disse Alessia quando Lara mi ebbe portato davanti a lei. Era sdraiata con due ragazzi che le leccavano le piante dei piedi, e uno che si preparava a lavarle i piedi dalla saliva con una spugnetta. A farle da cuscino c'era un ragazzo poco più piccolo di me, tutto rannicchiato, coi suoi capelli sparsi sulla schiena "Allora... adesso ti spieghiamo cosa devi fare... ogni ragazzo qui fa qualcosa per farci passare una bella serata... in base a cosa sa fare... se non sa fare niente ci limitiamo a farci leccare i piedi, o a maltrattarlo in altri modi. Tu cosa sai fare?"

"Io... mio padre è estetista, mi ha insegnato qualche trucco del mestiere." risposi tutto impaurito all'idea di finire a leccare i piedi di qualcuno

"Bene!" disse lei "Vedi se c'è qualcuna a cui interessa una manicure.".

Mi ritrovai, così, in ginocchio vicino al letto di una ragazza con un visino un po' appuntito e un caschetto marrone chiaro. Le sue mani erano già abbastanza curate da permettermi di dare un'occhiata in giro mentre lavoravo.




Oltre a quelli che avevo già notato c'erano un sacco di ragazzi all'opera: mentre le signorine conversavano amabilmente avevano intorno un sacco di massaggiatori, o, ad esempio, di gente che le imboccava. Una di loro si divertiva a non aprire la bocca quando il suo schiavo si avvicinava con la fragola, così il poveretto, sapendo che se lo avessero sorpreso a non fare niente gli avrebbero affibbiato le mansioni più sgradevoli e umilianti, doveva per forza supplicarla di schiudere le labbra; la ragazza aveva l'aria di divertirsi un mondo. Silver si era seduta su una poltroncina e aveva preteso di avere sei ragazzi per massaggiarle i piedi. Due di loro le muovevano ritmicamente i millini e i ponduli (un po' come se stesse pedalando con le dita, per intenderci), altri due facevano la stessa cosa coi trilluci e gli illuci, mentre altri due facevano descrivere agli alluci movimenti circolari mentre le accarezzavano i talloni; Silver teneva in mano un tubo preso in palestra, sulla cui punta aveva legato una piccola cinghia con dei ganci di ferro, che usava per correggerli quando non andavano a tempo. Quelli degli schiavi di Silver quando venivano colpiti non erano gli unici lamenti che si sentivano: una ragazza aveva legato un ragazzo alle sbarre del letto, in modo che la sua faccia fosse completamente alla sua mercè (le mani erano legate troppo lontane perché potesse difendersi), e potesse tormentargliela. Per esempio gli infilava un piede in bocca, graffiando l'interno con le unghie o costringendolo a aprire la bocca a dismisura; altre volte gli spingeva il piede fino in fondo alla gola (difficile dire se per strapazzarlo o perché le piaceva la sensazione); ogni tanto gli metteva gli alluci ai lati della bocca e glie l'apriva a dismisura. Il povero ragazzo, che già non stava bene in equilibrio per come l'aveva legato, non poteva fare altro che subire. Cercai con lo sguardo le ragazze che avevo già conosciuto. Alessia e Silver le avevo già viste, cercai Sara con lo sguardo. Era vicino a una ragazza che si faceva imboccare da due ragazzi (sputando ogni boccone che le dava uno nella bocca del'altro); si stava togliendo un paio di calzini verde muffa, probabilmente si era appena fatta annusare i piedi con quei calzini da un ragazzo, e ora voleva fargli sentire anche com'erano nudi:

"No, per favore signorina" chiese il ragazzo con le mani giunte "non può farmi questo... sono qui da un'ora..."

"Dai." disse Sara con un mezzo sorriso "Non sei curioso di sapere come sono?" tolse i calzini e distese le gambe

"La prego..." supplicò il malcapitato

"Senti, guarda che sto aspettando dall'altroieri di farlo fare a qualcuno." si indispettì lei "Tieni: aiutati con questi." gli porse i calzini

"Che devo fare?"

"Per un po' puoi tenerli tra i miei piedi e la tua faccia, ma quando lo dico io si tolgono: ok?"

"Sì, signorina..." disse quello sull'orlo delle lacrime, capendo che non c'era più nulla da fare.

Cercai di vedere se, intorno a me, c'era anche quella ragazzina che qualche giorno prima mi aveva detto che se mi rifiutavo di baciare la scarpa di Silver mi avrebbero "polverizzato le palle" perché "erano in superiorità numerica".

C'era: all'apparenza non stava facendo niente. Solo dopo notai che sotto le lenzuola si distingueva una sagoma umana; l'unica parte che usciva era coperta da lei, che si era seduta sopra la faccia.

"Mi scusi, signorina..." dissi umile e remissivo alla ragazza a cui stavo acconciando le unghie

"Sì?" rispose lei

"Cosa sta facendo quella ragazza?"

"Alba? Ma si è seduta sulla faccia di un ragazzo, non vedi?"

"Sì..." feci io, poi però feci la VERA domanda che avevo in mente "Ma non c'è il rischio che soffochi?"

"Oh, no..." sorrise lei "dalla sua espressione sembra che..."

"Che...?"

"Che se svenisse lo capirebbe dal fatto che tirerebbe in dentro la lingua." mi sorrise lei, io rabbrividii e ripresi a limarle le unghie con più lena

passato lo shock cercai di vedere se c'era anche quell'altra ragazza di cui non sapevo il nome, quella che mi aveva detto che avere pietà di un ragazzo era una cosa punibile con i piedi di Flaminia.

Era sdraiata a pancia in giù su un letto, guardando un ragazzo in ginocchio davanti a lei con un'aria tra il beato e il soddisfatto. Teneva una scarpa in mano (probabilmente sua) e glie la porgeva per fargli leccare la suola. Tra una leccata e l'altra il ragazzo diceva frasi tipo "sono uno schifoso... sono un umile verme che striscia ai tuoi piedi... la mia lingua deve leccare sotto i tuoi piedi..."

Nonostante tutto notai che era molto carina, e mi venne in mente che forse molte di quelle ragazze facevano quelle cose solo per paura che Alessia le costringesse a annusare i piedi di Flaminia...

A proposito: dov'era Flaminia? la cercai con lo sguardo. Era proprio dietro di me, così non potei guardarla troppo a lungo, ma si era seduta sopra un ragazzo e gli stava facendo fare un po' di flessioni. Il ragazzo aveva l'aria di avere la bocca piena: probabilmente c'era un calzino lì dentro.

O forse lo credevo io solo per suggestione, perché proprio lì davanti a me c'era una ragazza che continuava a infilare calzini in bocca a un ragazzo (o se li era portati da casa o non erano solo suoi).

"Apri bene." gli chiese, anche se vedeva che iniziava a non entrarci più niente "Questo è con l'antiscivolo, quindi apri un po' di più... considerala una punizione per lunedì, che non ti sei inchinato a baciarmi i piedi quando ci siamo incontrati per i corridoi."

Anche un'altra ragazza, nel letto successivo, stava imboccando un ragazzo: l'aveva legato dentro una specie di sacco a pelo, immobilizzandolo completamente con certi attrezzi da infermeria per le braccia rotte, e ora gli dava delle cucchiaiate di una disgustosa pappetta per bambini. Era deliziosa, a vederla così, una di quelle ragazze palesemente middleuropee (forse austriaca) ma coi capelli neri. Peccato che dall'altra parte non ci fosse un neonato, ma un ragazzo di circa diciott'anni (lei doveva averne sedici) che sembrava sull'orlo del vomito. Inoltre, lei si portava alla bocca ogni cucchiaiata che gli dava, ma, invece di soffiarci sopra amorevolmente come si fa di solito, ci sputava dentro.

Alla fine vidi anche dove si era andata a mettere Lara; era con il personaggio più insolito di tutta la stanza. Non gli stava affatto facendo qualcosa di sgradevole: anzi, gli aveva fatto togliere i pantaloni e le mutande, l'aveva legato sopra di sé con le mani dietro la schiena e gli stava stuzzicando il pene con una mano, tutta allegra e sorridente.

Il ragazzo continuava a implorarla di farlo venire, ma lei faceva finta di non sentirlo, e continuava, col braccio alzato, a solleticarlo.

Non era particolarmente cattiva, Lara, voleva solo che i ragazzi fossero... bhé... gentili con lei, le facessero inchini, baciassero i suoi piedi e tutto il resto.




Le ragazze del gruppo usavano spesso attrezzi dell'infermeria, magari per legare i ragazzi o cose simili. Forse all'inzio si limitavano a prendere le cose e stare attente a rimetterle al loro posto; ora, vidi, si erano fatte un armadietto personale di cui loro sole avevano la chiave. Vidi che la ragazza che fino a quel momento aveva infilato calzini nella bocca di un malcapitato si alzava, lasciando il ragazzo di prima legato coi calzini in bocca, dirigendosi verso quell'armadietto.

Tirò fuori un paio di panni e una cosa che sembrava una paletta per la polvere.

"Ehi, hai finito con le unghie?" mi disse la ragazza a cui avevo fatto le unghie

"Oh... sì..." dissi tornando a concentrarmi su di lei "Vuole lo smalto..."

"No." disse lei "Va a cercare qualcun'altra che abbia bisogno di un estetista, su... di corsa!"

mi rivolsi a una ragazza che sembrava avere voglia solo di rilassarsi

"Mi perdoni, signorina" mi rivolsi a lei "ha bisogno di qualcosa?" e le spiegai cosa potevo fare

"Hmmm... no, non mi va." rispose lei, aveva uno strano accento veneto "Massaggiami le gambe, e ogni tanto dimmi che sono bellissima."

"Subito, signorina." tirai un sospiro di sollievo: non era una cosa particolarmente sgradevole, e la serata era quasi finita. Forse avrei passato una prima sera tranquilla.

Ad un tratto sentii uno che si lamentava più forte del solito.

Mi voltai: due letti più avanti, sul pavimento, c'era un ragazzo accovacciato a quattro zampe, con la testa infilata in una specie di tenda fatta con teli da infermeria. Sopra la tenda c'era seduta la ragazza che avevo visto prima. Capii con terrore che quella che aveva preso era una padella da ospedale, e ora stava... mi venne un conato di vomito.

"Ah! Ah!" rise la ragazza che stavo servendo "Un giorno mi sa che dovrai farlo anche tu. Magari con me." io rabbrividì "Come sono io?"

"Lei è bellissima, stupenda, meravigliosa..."

La ragazza sorrise e si sdraiò. Io tornai a guardare la scena di prima. Il ragazzo non veniva toccato dalla pipì e dalla cacca della ragazza sopra di lui (magari qualche schizzetto sulle labbra); appena lei finì, però, chiuse ogni fessura della tendina di asciugamani che aveva creato intorno a lui, per lasciarlo da solo con quell'odore.

"Torno..." gli disse chinandosi su di lui "Lo sai che dopo devi pulirla a mani nude, la padella, vero?"

il poveretto si mosse un po', scuotendo la tendina; ma doveva averlo legato, perché riuscì solo a scuotersi un po'.

"Tranquillo..." mi disse la ragazza che stavo massaggiando, vedendo che guardavo quello spettacolo terrorizzato "Poi glie le fa lavare, le mani. Però deve pulire con la lingua tutti i segni di scuro che non vanno via alla prima passata...!" rise vedendomi completamente impietrito dal terrore "Dai, ti fermi? Guarda che se non sei bravo a massaggiare posso usarti come lui..."

"No, signorina, la prego!" dissi gettandomi sulle sue gambe "Non mi faccia soffrire così... pietà."

"Un giorno lo usiamo davvero così, Letizia?" disse una ragazza venendo a sedersi vicino a lei

"Dai, non me lo spaventare." rispose Letizia ridendo "Massaggia, su." mi ordinò "Al limite se non fa il bravo..." e mi guardò con aria sadica.

La ragazza che aveva messo quel ragazzo ad annusare le sue feci tornò altre due volte ad evacuare sopra di lui.

"Basta..." lo si sentii da dentro a un certo punto "Fatemi uscire... vi prego... fatemi uscire..."; qualche ragazza sorrise.

Quella che lo aveva messo in quello stato, invece, si avvicinò a lui, e aprì un po' la tenda. Non lo stava liberando: gli spinse la testa un po' più in giù verso le sue feci, che ora erano anche un po' visibili.

Quando gli ebbe avvicinato il viso il più possibile gli disse: "Ora la smetti di lamentarti? O devo spingerti dentro?"

"No, dai..." intervenne una, era Sara, "A me piace sentirlo." un paio di ragazze approvarono annuendo

l'aguzzina di quel poveraccio, allora, rimase un po' lì pensosa, tenendo ben ferma la testa di lui vicino alla padella. Poi disse:

"Va bene... Però io vado su un letto più lontano. Chi vuole fare cambio?"

"Posso usarlo anche io?" chiese Sara

"Trovatene uno tuo!" sbottò quella

Sara si imbronciò un po'; evidentemente, la voglia non era così tanta da mettersi a costruire una tendina sua.

La serata finì pressapoco così. Alla fine rimasero due cose da fare: far pulire al malcapitato la padella, e liberare il ragazzo legato coi calzini in bocca.

Quest'ultimo venne liberato per ultimo: prima tutte le ragazze si godettero (e constrinsero noi ragazzi a goderci) lo spettacolo di quello che puliva la padella sporca a mani nude, e poi finiva di pulirla con la lingua.

"Vai da Stefania e chiedile se è abbastanza pulita." gli ordinò Alessia "Strisciando sulle ginocchia."

"Signorina... basta così?"

"No." rispose Stefania assaporando il momento, e sputò nella padella in modo tale che la saliva andasse a finire proprio in fondo.

Poi la stessa Stefania andò a liberare il ragazzo dei calzini, però lo costrinse a toglierseli di bocca da solo (una volta slegato), ripiegarli perfettamente e metterli in ordine sopra il letto. Durante l'operazione, Stefania stava lì vicino maestosa, e ogni tanto appoggiava le gambe sulle sue spalle; impaurito dalla punizione appena ricevuta, lui non faceva neanche una smorfia.

"Adesso potete andare." disse Silver.

Praticamente stava parlando coi suoi sei schiavetti, anche se in realtà era una frase rivolta a tutti noi. Però era così rilassata che non riusciva a parlare con tutti: si era fatta massaggiare i piedi fino a quel momento.

"Sì, però uno di voi rimane in rappresentanza di tutti gli altri." precisò Alessia "Deve darci la buonanotte."

Tirarono a sorte, affidandoci un numero a seconda del letto dove ci trovavamo.

"34." disse tutta sorridente Lara. Ancora non aveva permesso a quel ragazzo di masturbarsi: ora che aveva le mani libere se le teneva tra i capelli per trattenersi.

Appena uscito sarebbe andato subito dietro qualche cespuglio, pensai; a meno che non fosse lui il sorteggiato, in quel caso sì che sarebbe stata dura...

Guardandomi intorno, però, mi accorsi con terrore che il 34 dovevo essere io.

No...! Era stata una serata tranquilla...

Appena restammo soli si misero tutte in circolo, e io in ginocchio in mezzo. Silver prestò il suo bastone/frustino a Alessia, che camminò fino a qualche metro da me.

"Ora dovrai fare tutto il giro, schiacciare la tua faccia sulla pianta dei nostri piedi, ADORANTE" mi diede un colpo con la bacchetta "e baciali, CON PASSIONE." un altro colpo "Poi ci dirai 'buonanotte'. Tutto chiaro?"

La mia lingua si contorse dal dolore: ero riuscito a stare senza piedi per tutta la serata... ora...

"Sì..." le dissi strizzando gli occhi

"Partirai con il mio piede sinistro e finirai col mio piede destro," mi colpì di nuovo con la bacchetta "NON AMMETTO che tu perda il ritmo, e se qualcuna resta insoddisfatta glie lo rifai."

Per fortuna nessuna rimase insoddisfatta. Non erano poche, però; erano almeno una trentina, ci volle un tempo che non stetti neppure a calcolare.

Mi sentivo troppo umiliato.

 
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paimei77
view post Posted on 13/2/2011, 23:24     +1   -1




L'INGIUSTA PUNIZIONE

Il giorno dopo ebbi occasione di provare anche la pelle nuda di una di loro con la lingua. Faceva abbastanza caldo per portare i sandali, quegli stessi sandali con cui gli autori di racconti erotici a sfondo feticista hanno decisamente rotto i coglioni; lei era una ragazza bionda, coi capelli lunghi, dall'aria un po' cattiva.

"Qui non ci vede nessuno." disse quando mi vide a fine intervallo per i corridoi "Entra nel bagno delle ragazze."

"Ma... signorina... la lezione..."

"Non capisci..." disse lei accarezzandomi con un dito sotto il mento (assomigliava un po' a Maga Magò quando si trasforma in una bella ragazza, notai mentre lo faceva) "è un ordine... lo sai che i nostri ordini li dovete rispettare.". Una volta dentro mi fece mettere a quattro zampe, poi alzò leggermente, senza sforzo, il piede destro "Infila la lingua tra le dita." mi ordinò seccamente "Tra le mie lunghe... affusolate, sporchissime dita... e mentre lo fai descrivi le sensazioni che provi."

io, con una smorfia piagnucolosa, mi chinai verso il suo piede. Sentii l'odore del sudore del piede che saliva verso di me, e poi lo sentii mescolato a quello della sudore che si era depositato in anni che aveva quei sandali sul plantare. Infilai la punta della lingua nello spazio più ampio, tra le prima due dita.

"Mi sento umiliato..." le dissi

"Più giù la lingua..." mi interruppe lei con uno strano tono sensuale "Devi farmi sentire il sudore che si stacca dalla pelle per finire sulle tue papille gustative... no?"

"Io..."

"Scendi fino a toccare la scarpa." mi ordinò con lo stesso tono di poco prima. Io scesi praticamente singhiozzando

"Si sente che il plantare è salato..." dissi con un certo tremore "Mi sento umiliato, e mi fa tanto schifo..." cercai di appoggiarmi alla sua gamba per supplicarla, ma col solito tono di intimò:

"Avanti."

continuai col secondo spazio: era più sudato, ma di un sudore meno liquido, c'era più sporco

"Non lo so cosa ho leccato." le dissi "Una specie di poltiglia... con un sapore come di pellicina, ma più marcio."

"Bravo. Ora continua. E ingoialo tutto, non infilare solo la lingua." mentre mi abbassavo di nuovo la sentii dirmi "Che effetto ti fa obbedire a ordini dati così?"

"Umiliante..." risposi quando riemersi

"Non mi basta." disse lei secca "Dillo meglio. Fammi capire quanto ti sto umiliando." mise una certa enfasi sull'ultima parola

"Mi sento come se..." dissi io "...tu mi potessi tenere la lingua in mezzo alle dita per tutto il tempo che vuoi, solo stringendo un pochino... io non potrei muovermi neppure di un millimetro, dovrei camminarti dietro come un gambero a quattro zampe..."

lei esplose in una risatina argentina, che nulla aveva della sua aria cattivella; mi puntò il dito contro e mi disse: "Bene, continua."

La cosa non si concluse con l'ultimo spazio ripulito: dovetti infilare la lingua di nuovo nel primo spazio, e poi farla scivolare sotto tutte le dita più piccole.

"Ugh..." feci

"Cosa provi?" mi chiese lei

"Ui... uhhhh-uhhh..."

"Hmm..." fece lei dall'alto; mi liberò la testa e mi fece alzare "Non ho capito" disse prendendomi la testa con le lunghe unghie "una parola di quello che hai detto. Sabato sarai punito per questo."

"No..." dissi io

"Sì che sarai punito" disse lei ridendo "ed ora torna giù a finire il lavoro con l'altro piede. Dai.".

Riuscii a prendere una scusa per la lezione che avevo perso. Uscendo dalla scuola, ancora umiliato per l'esperienza avuta all'intervallo, notai che c'era Alessia che discuteva con un'altra ragazza.




Il sabato successivo l'ingresso in infermeria fu, naturalmente, diverso dalla prima volta, visto che la strada la sapevo.

Scoprii che, all'arrivo, i partecipanti alla serata venivano divisi in tre gruppi. C'erano quelli specializzati in qualcosa (o quelle che cercavano ragazzi specializzati in qualcosa), ossia quelli che sapevano dare un particolare servizio alle ragazze, per intenderci, quello che avevo fatto io come estetista la volta prima; questi venivano messi da parte (c'erano due ragazze a smistare) in attesa di un accoppiamento azzeccato. Poi c'erano quelli senza specializzazioni (o velleità, nel caso delle ragazze) particolari, che venivano mandati a dei lettini a caso, lasciando che gli accoppiamenti si creassero casualmente. Di norma, io sarei dovuto andare nel primo gruppo, un bel vantaggio, dato che, per una mezz'oretta almeno, mi risparmiavo le angherie fini a sé stesse delle ragazze, ma quella sera sarei dovuto andare nel terzo gruppo: quelli che dovevano essere puniti per qualcosa.

A quanto pare, il mio nome era su una lista, e accanto c'era quello della ragazza che voleva punirmi. Mi spedirono in una stanza buia insieme ad altri del terzo gruppo e mi dissero di aspettare. Stavamo tutti seduti a terra, al massimo con la schiena appoggiata contro il muro. Sentendo il respiro degli altri malcapitati, mi venne da pensare a come ero finito lì dentro, e che, probabilmente, quella doveva essere la sorte di tutti loro: un capriccio, un'offesa che non era un'offesa, e dritti in quella stanza. Non si trattava di vere e proprie punizioni per mancanze di rispetto, quanto di punizioni per mancanze di rispetto a quel codice secondo cui bisognava essere umili con le ragazze di quel gruppo. Mi vennero in mente le parole di quella ragazza della settimana prima: "considerala una punizione per lunedì, che non ti sei inchinato a baciarmi i piedi quando ci siamo incontrati per i corridoi.".




La ragazza che mi voleva punire, a quanto pare, si chiamava Dolores. Quando arrivò, una delle due ragazze che smistavano venne a chiamarmi dicendo "È arrivata Dolores, chi di voi è...?" disse il mio nome.

Uscii approfittando del chiarore della porta aperta per vedere dove mettevo i piedi e non calpestare altri ragazzi del terzo gruppo, dopodiché mi trovai al cospetto di Dolores. Subito mi gettai ai suoi piedi e glie li baciai, erano nudi.

"Cerchi di farmi pena?" mi chiese Dolores

"No." mi affrettai a rispondere io "Le stavo solo rendendo omaggio, signorina."

"E va bene..." disse lei "Continua ancora un po', allora." continuai a baciare i suoi piedi stringendo le caviglie tra le mani "Basta." mi disse dopo un po', e mi tolse quei piedi dalle mani "Ora seguimi fino al lettino. Hmmm... facciamo nella posizione in cui sei ora." così la seguii strisciando sulla pancia, finché Dolores non si sedette su un lettino un po' isolato (forse tutti quelli del terzo gruppo si trovavano nella stessa zona) e mi indicò un punto dove inginocchiarmi "Allora... adesso sarai punito per quello che hai fatto l'altro giorno..." disse sorridendo sadicamente

"Sì, signorina." dissi io "Le chiedo scusa. Per favore, mi perdoni..." pregai

"No." disse Dolores "Ho deciso che sarai punito e così sarà. Solo dopo sarai perdonato."

"Mi scusi, signorina." mugolai io rassegnato

"Allora, ti hanno già fatto leccare le piante dei piedi di qualcuna?" mi chiese

"No, signorina." risposi io pensando a come tenevo la bocca serrata mentre strofinavo la faccia contro le piante dei piedi delle ragazze, la settimana prima

"Allora questi saranno i primi." disse Dolores, io tremai "Bhé, consolati, ti ho già allenato un po' l'altro giorno, no? In fondo al letto!"

Mi porse le piante dei piedi, e capii perché prima era scalza: erano completamente nere

"No!" piansi allora "Questo no!"

Dolores rise così forte che dovette piegare la testa all'indietro. Quello era l'effetto che voleva ottenere: un bello shock, con un ragazzo che era già terrorizzato all'idea di dover leccare dei piedi

"Ti consiglio di leccarli." mi sorrise "Possiamo convincerti in tanti modi... possiamo chiamare Flaminia, chiuderti in un armadio per una settimana dicendo ai tuoi che sei in gita con la scuola... l'abbiamo fatto altre volte, sai? Ehy... potremmo anche chiuderti in un armadio per una settimana con le scarpe di Flaminia! Magari legato... con il naso bello vicino alle scarpe..." rise di nuovo, perché avevo iniziato a leccare, sentendole dire quelle cose "Hmmm... bhé, non lecchi molto bene, ma, per iniziare..." stavo leccando solo con la punta della lingua, tenendo gli occhi chiusi "Guarda che non ti alzi da lì finché le mie piante non sono completamente pulite. Ci impieghi meno leccando con tutta la lingua e guardando dove lecchi." rise ancora.

I piedi di Dolores erano grandi, lunghi, era quello il problema. Sembrava anche che la superficie che aderiva al suolo, e quindi la parte sporca, fosse molto ampia. Le dita erano... come dire... come avevo già avuto modo di scoprire, non aveva solo una serie di dita dei piedi come alcune persone, ciascuna era ben definita... e sporca.

Ogni tanto aprivo gli occhi per vedere a che punto ero, e lo spettacolo che avevo davanti agli occhi mi dava un conato di vomito. Avevo la pianta di un piede nudo proprio davanti alla faccia, sporca, con una piccolissima strisciolina umida di saliva meno sporca del resto, la parte che avevo già pulito. Una volta aprii gli occhi anche per vedere l'espressione di Dolores, perfettamente soddisfatta, come quella di un carrozziere davanti a una macchina che funziona bene.




Quando finii fu come risvegliarsi da uno stato di trance. Sentii la voce di Dolores dirmi che le sembrava che i suoi piedi fossero abbastanza puliti, ora, e vidi che l'infermeria si era riempita. Mentre la mia punizione finiva, quella di un ragazzo nel letto vicino stava per cominciare.

"Sai come ho deciso di punirti?" disse la ragazza seduta sul letto, una ragazza con lunghi capelli rossi e lentiggini su tutta la faccia. Era di un anno più piccola di lui, e indossava un pigiama di due taglie più grande di lei. Il ragazzo scosse la testa "Allora, cosa ti sei rifiutato di fare, l'altro giorno?" chiese

"Di... mangiare una merendina che avevi tenuto nelle scarpe durante l'ora di ginnastica." ricordò lui

"Esatto. Invece cosa avresti dovuto fare?"

"Mangiarla" disse lui "appena me lo hai ordinato."

"Bravo, e perché?"

"Perché i ragazzi di questa scuola devono essere obbedienti con le ragazze del vostro gruppo." rispose lui

"Bravo. E ti avverto che sono anche arrabbiata con te, perché ho dovuto passare due giorni e due notti senza potermi togliere le scarpe, per colpa tua." si tolse la scarpa destra, rivelando un piccolo piede nudo, tutto arrossato dalla clausura dei due giorni precedenti. Estrasse qualcosa di marroncino dalla scarpa: inizialmente mi sembrò essere una soletta di sughero "La riconosci?" chiese la ragazza al ragazzo con l'espressione distaccata che la contraddistingueva, così poco fastidiosa in una ragazza giovane

"È la stessa?" mugolò il ragazzo

"Certo." confermò lei "Adesso la mangi? Dimmi di sì, perché non mi va di tenercela un'altra settimana... e, se non vorrai mangiarla neppure tra una settimana, dovrò trovare il modo di costringerti...".

Il ragazzo acconsentì, e tese la mano per prendere quel coso marroncino tutto spiaccicato.

La ragazza gli si avvicinò, chiedendogli di alzare la testa e di piegare il gomito, perché voleva vedere bene come la mangiava. Io, invece, chiusi gli occhi per evitare di vederlo: non riuscivo neppure a immaginare come fosse il sapore di quella merendina, adesso, dopo che aveva passato due giorni e due notti ad assumere la forma dei piedi di quella ragazza, a impastarsi col suo sudore, ed a memorizzare l'impronta delle sue dita.

"L'ho mangiata." mugolò il ragazzo "Ora posso andare?"

"Non lo so..." disse quella godendosi la consapevolezza che, qualsiasi cosa avesse detto da lì a poco, nessuno avrebbe potuto sollevare la minima obiezione "E i pezzetti" la merendina era secca ed erano, in realtà, pochi "che mi sono rimasti in mezzo alle dita?"

"Se li mangio, poi posso andare?" pregò il ragazzo a mani giunte

"Va bene, dai. Mangiali." disse la ragazza piazzando il piede destro in faccia al ragazzo "Però c'è ancora il mio altro piedino..." guardò verso il proprio piede sinistro, ancora chiuso in una scarpa da ginnastica "Lui non c'entrava niente, poverino, ed è stato chiuso per due giorni anche lui." il ragazzo iniziò a cercare pezzetti di merendina tra le dita di quella ragazza con la punta della lingua, nel frattempo "Avrei bisogno di qualcuno che me lo rinfreschi."

"Prova a usare lui." le suggerì Dolores, che l'aveva sentita "Ho appena finito di punirlo."

io rabbrividii: la ragazza con le lentiggini mi guardò

"Hmmm... va bene." le disse "Vieni, toglimi la scarpa." disse poi rivolgendosi a me, e precisò che dovevo tenerla vicino al viso, mentre lo facevo, così avrei sentito per bene l'odore aspro che aveva assunto il suo piede in quei due giorni "Ti sembra giusto che il piedino di una signorina si riduca così?" mi chiese

"No." risposi io

"Non ti viene voglia di rinfrescarlo?" mi chiese ancora; non potevo fare altro che dire di sì.

La ragazza, poi, mi spiegò che "rinfrescare" una parte del corpo, nell'infermeria, significava annusarla forte col naso per poi soffiarle sopra delicatamente. Mi avvisò che sarei dovuto restare così finché il suo piede non fosse tornato bello chiaro come al solito.

Ne approfittò anche per fare un esperimento: un piede si rinfrescava prima annusandolo o leccandolo? Appena l'altro ragazzo ebbe finito di mangiare i rimasugli di cibo tra le dita dei suoi piedi gli ordinò di leccare il piede.

"Ma aveva detto che potevo andare via, dopo..." piagnucolò il ragazzo

"Uffa, è vero..." disse lei "E va bene, decidi tu se andartene o restare a aiutarmi. Però, se vai via, dovrai comunque sopportare una cosa del genere da qualcuno, no? Dai, che ti costa rimanere? In fondo è anche colpa tua se ora ho il piedino tutto dolorante!" fece un faccino triste.

Non lo notai, impegnato a annusare il suo piede, ma a casa avrei riflettuto che doveva essere stato un faccino convincente, perché riuscì a convincere un ragazzo che aveva appena mangiato una poltiglia che aveva passato due giorni nella sua scarpa a restare ancora, per leccarglielo finché non fosse tornato fresco come sempre.




Si scoprì poi che un piede si rinfrescava prima leccandolo, ma la nostra aguzzina volle ugualmente vedere quanto tempo in più ci voleva col metodo tradizionale e, dopo aver lasciato andare via l'altro ragazzo, mi tenne lì per un'altra oretta.

"Dieci volte in più!" osservò poi "Però è meglio usare il metodo tradizionale," concluse "è più efficace e non sporca." difatti scoprii che le ragazze dell'infermeria non volevano che i ragazzi leccassero uno la saliva dell'altro, e, quindi, si facevano pulire accuratamente i piedi, dopo esserseli fatti leccare. Questo raramente, però, l'usanza generale era un'altra: una volta che un ragazzo aveva leccato i piedi a una ragazza, nessun altro poteva toccarglieli, per quella sera. O trascorreva il resto della serata a farsi leccare i piedi da quel ragazzo, oppure trovava altre angherie da fare agli altri.

"Quindi..." dissi io dopo che me lo ebbero spiegato "Dovrò continuare a leccare i piedi di te e Dolores per tutta la sera...?"

"No..." disse la ragazza con le lentiggini "A me non va. A te, Dolores?"

"No, direi che, per oggi, mi sono divertita abbastanza, con lui." sorrise Dolores

"Intanto vai a prendere una spugnetta per lavarmi i piedi." ordinò, allora, la ragazza con le lentiggini "Stasera voglio solo qualcuno che mi massaggi i piedi." il resto della conversazione me la persi perché mi allontanai per prendere la spugnetta, ma immaginai che stesse spiegando a Dolores su come avesse bisogno di rilassarsi i piedi dopo quei due giorni.

Le pulii i piedi accuratamente, usando detergenti e profumi. Alla fine rimasero solo l'odore e il sapore della sua pelle.

Le due ragazze mi congedarono, e mi misi mestamente alla ricerca di una ragazza che avesse bisogno dei miei servigi.

"Ehy! Ciao!" mi sentii chiamare. Era Letizia, la ragazza a cui avevo massaggiato le gambe la settimana prima "Solo soletto?" mi disse.

A Letizia piacevo parecchio, credo. Appena mi avvicinai a lei iniziò a stuzzicarmi, sapendo che non potevo reagire. Mi prese per i capelli e mi spinse sul letto.

"Ahio..." gemetti io "Dai... dimmi solo cosa vuoi che faccia..."

"Eh, no!" ridacchiò lei "Stasera voglio solo qualcuno da tormentare, e tu sei perfetto." mi salì sul petto e mi prese il naso, dondolandomi la testa di qua e di là "Sei così piccino..." mi diede uno schiaffo "Ti ho fatto male?"

"No." dissi io istintivamente, ed era la verità, vista la poca forza fisica di quella ragazza

"Bene!" ridacchiò lei "Perché ora continuo!" me ne diede un altro e chiese "Perché te la meritavi?"

"Non lo so..." risposi io cercando di difendermi voltando la testa, ma Letizia mi tirò l'orecchio rimettendomi come prima

"Sbagliato." mi disse acchiappandomi di nuovo per il naso "Devi dirmi un motivo." mi diede un altro schiaffo, questo tenendomi fermo per il naso "Questo perché te lo meritavi?"

"Perché prima non ho saputo rispondere." risposi io prontamente

"Bravo...!" rise lei, e me ne diede un altro "Questo?"

"Io..." non mi veniva in mente niente. Letizia me ne diede un altro

"Rispondi in fretta! Guarda che continuo finché non rispondi...!" altro schiaffo "Questo?"

"Perché non mi merito di avere sopra di me una ragazza così bella." improvvisai io

"Esatto!" rise Letizia, e continuò a schiaffeggiarmi

"Perché non sono degno di stare in tua presenza... perché non so spiegare quanto ti adoro... perché non faccio sempre l'impossibile per farti contenta..."

Letizia smise di schiaffeggiarmi quando ebbi la faccia paonazza e il naso formicolante.

Si chinò su di me mettendomi le mani sulle guance

"Davvero mi adori...?" mi chiese dolcemente

"Sì..." mormorai io mentre i suoi riccioli mi ricoprivano

"Che bello...!" disse lei con un sorriso che potei vedere solo io "Allora adesso ti verrà in mente il modo per farmi passare una bella serata, no? Mica dovrò dirtelo io.".

Andò a stendersi con la testa sul cuscino e mi guardò maliziosa. Rimasi fermo un attimo a guardarla; cosa potevo fare, effettivamente...?

"Sarai... accaldata, dopo quello che..."

"Un po'." ammise Letizia

"Vado a prendere delle salviette profumate." le dissi "Aspettami qui.".

Non era il meglio del meglio, ma "andiamoci a prendere un gelato" non era una soluzione molto praticabile.
 
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ominominuscolo
view post Posted on 14/2/2011, 14:57     +1   -1




bellissima,continuala all'infinito
 
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paimei77
view post Posted on 27/2/2011, 23:14     +1   -1




LISA

La settimana prima, dopo essere torturato da Dolores, ero uscito ed avevo visto Alessia discutere con un'altra ragazza. Lì per lì non mi ero fermato a vedere di cosa stessero parlando ma, sull'autobus per tornare a casa, non potei fare a meno di sentirle. L'altra ragazza, una biondina che, dalla statura, dimostrava di essere molto più piccola di Alessia, sembrava imbronciata per qualcosa.

"Perché no." sbottò, ad un certo punto, Alessia "E non parlare ad alta voce in pubblico di certe cose... Ne parliamo a casa, da sole." aggiunse sibilando quando si rese conto d'aver alzato la voce; io, che ero seduto due posti avanti a loro, sentii comunque qualcosa

"Ma io voglio..." disse la biondina

"Non mi interessa." rispose Alessia "Non sei capace. Ho deciso così, punto."

"Perché?"

"Perché sei troppo piccola."

"Non è vero..." si lamentò la biondina "Ci sono un sacco di ragazze della mia età che lo fanno."

"Loro non sono mie sorelle." replicò Alessia "Lo sai quante sbagliano, loro? Le devo punire un giorno sì e un giorno no."

ci fu una pausa, dopodiché la biondina disse, con voce cupa:

"Puniresti anche me che sono tua sorella?"

"Appunto." concluse, quindi, Alessia "Non voglio doverlo fare, quindi aspettiamo che diventi grande."

offesa dalle parole che le erano appena state rivolte, la sorellina di Alessia fece cadere la discussione.

Alla fermata successiva, si alzarono e scesero dall'autobus. Mi passarono vicino ma Alessia, arrabbiata per il diverbio, non mi riconobbe.

A quel punto mi venne in mente che Alessia scendeva sempre prima di me dall'autobus; ero così occupato a origliare che avevo perso la fermata! La cosa più sensata mi sembrò scendere con loro.




Mi fermai a pranzare in un bar lì vicino. Non avevo voglia di aspettare un altro autobus per tornare a casa. E poi, c'era qualcosa che mi incuriosiva nella discussione a cui avevo appena assistito.

Tenni d'occhio la casa in cui entrarono le due sorelle. Dopo pranzo, vidi che Alessia usciva. Quando si fu allontanata, mi cadde l'occhio sulla finestra di casa sua.

Avevo sentito dire ad Alessia che, a casa, erano sole...




Non so cosa mi aspettassi di vedere spiando la sorella di Alessia rimasta sola in casa, ma qualcosa di piacevole lo trovai. Si era messa comoda, togliendosi i pantaloni e la felpa. Era rimasta con le mutandine, le gambe scoperte e una maglietta a maniche corte.

Era un po' rotondetta, rosea, molto carina. Si aggirava scalza per il soggiorno come a non sapere cosa fare. La cosa mi spaventava perché mi esponeva al rischio continuo di essere scoperto, visto che non capivo dove dirigesse lo sguardo. Me ne stavo accucciato vicino alla finestra, nascosto da un albero agli sguardi dei passanti; a lei non ci voleva molto per vedermi, se si fosse voltata al momento giusto, però.

Ad un certo punto sentii il campanello suonare. Sussultai e mi voltai verso l'ingresso: mi si vedeva da lì? No, neppure io vedevo la veranda, perché il muro faceva un angolo. Respirai. Vidi la biondina, tornando a guardare dentro, andare ad aprire la porta. Non si stava annoiando, stava aspettando.

"Lisa, ciao!" la salutò una ragazza, entrando. Subito dopo di lei entrarono un ragazzo ed un altra ragazza.

Le amiche di Lisa avevano la sua stessa età. Entrambe con lunghi capelli neri e tratti italici, molto simili tra di loro; forse anche loro erano sorelle.

"Ciao!" salutò Lisa. Nessuna di loro si scandalizzò per essere stata ricevuta in mutande; dovevano essere in confidenza con lei. Lisa le fece sedere, poi si diresse verso il ragazzo "Allora..." gli disse "sei stato puntuale?"

"S... sì." disse il ragazzo senza la scioltezza delle due ragazze "Mi sono fatto trovare dove mi avevi detto tu... loro sono venute a prendermi e..."

"Bene." disse Lisa con tranquillità, ma il ragazzo rabbrividì lo stesso "Adesso tu farai quello che ti ordino, capito?" il ragazzo annuì e lei strillò "Togliti la maglietta!"; lui iniziò a togliersela

"Ridammi il telefono, ti prego..." disse lui così piano che riuscii appena a sentirlo

Lisa gli sferrò un pugno, per quel che le permetteva la sua forza di ragazzina, dritto nello stomaco, che si era appena liberato della maglietta. Il ragazzo si piegò in due

"Ora tu farai solo quello che dico io!" lo rimproverò Lisa "E non voglio sentirti parlare d'altro. Capito?"

"S... sì..." disse, piano, il ragazzo

"Capito?!?" urlò Lisa

"Sì..." rispose lui

"Finisci di toglierti la maglietta." ordinò la ragazza; le sue amiche, una seduta su un divano e l'altra per terra, non si perdevano un secondo di quella scena. Quando il ragazzo si fu tolto la maglietta, Lisa iniziò a prenderlo a pugni nello stomaco, nella schiena, in qualunque parte nuda del suo corpo le capitasse a tiro, senza che lui si ribellasse. Si limitava a proteggersi con le mani, riuscendoci molto male "Ora i pantaloni." ordinò Lisa, dopo averlo picchiato un po'; il ragazzo iniziò a toglierseli "Più veloce!" urlò lei "Sdraiati a terra." lui si sdraiò per terra "Così fai prima... dai...!" lo aiutò a toglierli, per così dire, tirandoglieli via mentre lui era a terra. Lo strattone finale lo fece finire completamente disteso sul pavimento. Lisa ne approfittò per colpirlo col tallone sullo stomaco. Emettendo lo stesso lamento di quando lo aveva preso a pugni nello stesso punto, il ragazzo cercò di proteggersi con le mani "Via le mani." disse Lisa e ripeté più forte: "Via le mani!" quando vide che lui tardava a toglierle.

Al poverino arrivano una decina di calci come quello, qualcuno anche sul petto.

"Basta, Lisa..." si lamentò

"Lecca." ordinò Lisa mettendogli un piede esattamente al centro della faccia. Felice che i calci fossero finiti, il ragazzo prese il piede di Lisa con due mani e leccò. Leccò quasi con avidità, per la paura che i calci ricominciassero.

Non ricominciarono; Lisa rimase in quella posizione vittoriosa. Le sue amiche la guardavano ammirate; l'avrebbero applaudita, in quel momento.




Dopo essersi goduta un po' di quegli applausi invisibili, Lisa andò a sedersi su una poltrona lì vicina, intimando a quel ragazzo di mettersi in ginocchio vicino a lei e di massaggiarle i piedi. Alla fine lui aveva potuto ubbidire a metà, perché non c'era niente su cui Lisa potesse appoggiarli; si era sdraiato a pancia in sotto davanti a lei, che aveva steso le gambe appoggiandosi sui talloni, ed aveva iniziato a massaggiare. Forse presago di quel che avrei subito qualche giorno dopo, notai che aveva piedi molto puliti, per essere stata scalza fino a quel momento. Notai anche che il ragazzo ci affondava i polpastrelli come fossero di pongo... Lisa era molto giovane, del resto.

"Non vedo l'ora che lo faccia anche a me!" disse una delle due ragazze con civetteria

"No, prima fammi spiegare tutto." le disse Lisa, poi, pomposamente: "Benvenute alla nostra infermeria.". La loro infermeria? Drizzai le orecchie. "Ci riuniremo ogni martedì, quando mia sorella sta fuori tutto il giorno e i miei non ci sono. Bisogna presentarsi alle due, portando più ragazzi possibili. Durante i pomeriggi che passeremo qui, i ragazzi dovranno fare tutto quello che dicono le ragazze." il ragazzo che le stava massaggiando i piedi chinò la testa per nascondere i brividi che gli davano quelle parole; Lisa sorrise "Ci sono domande?".

Ce n'era una più che ovvia, effettivamente. Glie la rivolse la ragazza civettuola di prima.

"Come facciamo a convincerli?"

"Come io ho convinto questo qui." disse Lisa indicando il ragazzo ai suoi piedi. Gli sfilò il piede che stava massaggiando dalle mani e, con quello, lo schiaffeggiò "L'ho ricattato." si rivolse al ragazzo che, dopo lo schiaffo, si era allontanato "Vieni qui!" tornò a rivolgersi alle amiche "Gli ho rubato dalla cartella il cellulare che gli hanno appena comprato i suoi."

"Ah..." disse l'amica "e che ti fanno se vengono a sapere che non ce l'hai più...?" chiese, canzonatoria, al ragazzo, che fece una smorfia come di pianto

"Ma glie lo ridò..." disse Lisa ridendo "Glie lo ridò tra una settimana, però deve comportarsi bene!" alzò la voce "Vero che devi comportarti bene?"

"S... sì." rispose lui facendosi piccolo

"Ma, scusa..." obiettò parlando per la prima volta l'altra amica; aveva una voce molto più pacata "E dopo?"

"Dopo vediamo." disse Lisa mettendo un piede sulla testa del ragazzo e strofinando "Se vogliamo lo facciamo andare via e basta, sennò ci facciamo dare qualcos'altro e lo ricattiamo finché ci va..." si alzò in piedi. Ricominciò a colpire il ragazzo con calci, stavolta, ai fianchi

"Ahi..." si lamentò lui "Lisa... per favore... basta..."

"Ma come 'basta'?" disse lei ridendo "Siamo solo all'inizio...!" gli sferrò un calcio più forte degli altri, con il tallone, per non farsi male alle dita

"Io ho un amico con cui posso fare una scommessa..." le disse l'amica più vivace "È un tifoso sfegatato; se gli chiedo di scommettere che la sua squadra vince una partita impossibile, perde di sicuro!"

"Ma no..." la rimproverò l'altra "Non dev'essere una scommessa. Devi ricattarlo."

Lisa salì con entrambi i piedi sulla schiena del ragazzo, che, ormai, non cercava più di difendersi, ma se ne stava disteso a terra pregandola di smettere.

"Hai ragione." disse soffocando i gemiti del ragazzo sotto di lei con un saltino "Anche se ti dice che farà una cosa del genere, poi, si tirerà indietro." altro saltino, questo per puro piacere. Si lasciò cadere con le ginocchia in mezzo alle sue spalle, strappandogli un grido

"Allora che faccio?" le chiese l'amica

"Prova a scommettere qualcosa con cui potrai ricattarlo." suggerì l'altra amica, quella con la voce più pacata

"Sì!" esultò quella come se avesse avuto un'idea "Gli dico che, se perde, deve farsi una foto con addosso il mio reggiseno."

"All'inizio potrebbe funzionare..." disse l'altra

"Va bene." disse Lisa smettendo di tormentare il poveretto "La prossima settimana, venite tutte qui con almeno un ragazzo." si rivolse al ragazzo sul pavimento "Tu, alzati e inginocchiati davanti a me." il ragazzo stava per alzarsi, ma lei lo colpì lo stesso con un calcio gridando "Forza!".

Più in fretta che gli fu possibile, il poverino si mise in ginocchio di fronte a lei

"Ti prego, Lisa..." la pregò "non farmi male..."

Lisa rise.

"Ma no..." disse "voglio che adesso baci i piedi a tutte noi per prometterci che sarai sottomesso."

il ragazzo si chinò baciando i piedi di Lisa, poi gattonò verso la sua amica con l'amico tifoso, che commentò i baci che le diede ai piedi con risolini acuti.

"Ma, scusa" disse l'altra amica a Lisa mentre il ragazzo si umiliava anche di fronte a lei "abbiamo già finito? Non sono neanche le tre! Hai detto che avevamo tempo fino alle sei."

"Che ci posso fare?" disse Lisa "Voi siete ancora senza ragazzo!"

"Guardiamo te mentre picchi lui!" propose la prima amica; lui si gettò, quasi d'istinto, ai piedi di quella ragazza, tenendo le mani giunte e scuotendo la testa "Dai... io non voglio andarmene subito."

"Oppure ce lo passiamo." disse l'altra "Non sta scritto da nessuna parte che un ragazzo deve servire una sola ragazza."

Lisa parve pensarci un po' su

"Volete che lo picchiamo tutte insieme?" chiese alle amiche

"Vi prego..." implorò il ragazzo strisciando a terra "Non mi picchiate ancora..."

Lisa rise

"Va bene." disse "Mi è venuta un'altra idea.". Si allontanò dalla stanza. Quando tornò, teneva in mano un paio di scarpette nere, probabilmente quelle che aveva quella mattina a scuola. Le lanciò in mezzo al salotto "Lecca le suola!" ordinò al ragazzo "Forza!" urlò, e lui corse a quattro zampe verso le scarpe

"Stai girato verso di noi, mentre lo fai!" gli disse la prima amica. Lui si voltò verso di loro, prese in mano una scarpa e ne leccò la suola "Ma come sei bravo!" commentò la ragazza ridendo. Quando ebbe finito, si tolse le proprie scarpe da ginnastica e glie le gettò, lanciandole un metro circa di fronte a sé (evidentemente, voleva vedere quella scena più da vicino).

Quando fu il turno della terza ragazza, l'effetto della paura di essere picchiato da Lisa era terminato, e il ragazzo esitò, prima di prendere le scarpe che gli vennero gettate.

Probabilmente era solo un'esitazione e le avrebbe raccolte subito, ma Lisa non volle rischiare e lo colpì con un calcio alla schiena.

"Allora? Cosa aspetti?" gli disse mentre lo faceva "Metti le mani dietro la testa." ordinò, non contenta

"No... adesso le lecco..." pregò lui

"Dietro la testa!" insistette Lisa; lui obbedì. Gli si mise di fianco e iniziò a prenderlo a calci nello stomaco "Adesso lecca." ordinò alla fine.

Il ragazzo raccolse le scarpe della seconda amica e le leccò. Vidi fare a quella ragazza il primo sorriso da quando era arrivata.




Quello che avevo visto fino a quel momento mi bastava. Facendo attenzione a non fare rumore, mi allontanai dalla finestra e, poi, dalla casa di Alessia, più in fretta che potei.

 
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paimei77
view post Posted on 6/3/2011, 12:23     +1   -1




DOLCE FAR NIENTE



Il lunedì successivo Letizia venne a fare i compiti a casa mia. Ci chiudemmo in camera mia, le offrii una sedia e le chiesi:

"Da cosa vuoi cominciare?"

"Hmmm..." mi rispose lei "Non ho voglia di fare i compiti." sorrise "Ho voglia... che mi annusi i piedi."

"No, per favore..." mi lamentai io

"Dimmi 'sì, per favore'." mi ordinò lei incrociando le braccia

"Ma Letizia..."

"Dimmelo."

"Sì, per favore."

"Oh... allora hai proprio voglia di annusare i miei piedi, oggi!"

"E io compiti?" chiesi mentre lei si alzava e si guardava intorno in cerca di un posto più morbido

"Bah... i miei sono solo disequazioni di secondo grado... non devo studiare niente." mi rispose

"Vuoi che te le faccia io?" le chiesi accarezzandole il collo, lei piegò la testa per il solletico

"Che carino...!" mi disse "Va bene. Te le lascio qui e domani me le porti. Ora sul letto, su, da bravo." mi distesi sul mio letto e Letizia, toltasi le scarpe, si sedette vicino alla mia testa, in modo che i suoi piedi fossero vicini alla mia faccia "Così, solo vicini, giusto per farti sentire l'odore... Dopo li lecchi anche, ok? Intanto io ti spupazzo un po'." iniziò ad arricciarmi i capelli, a pizzicarmi le guance... a un certo punto mi disse "Dimenticavo una cosa! Dimmi 'Per favore, Letizia, le scarpe'."

"Letizia..."

"Sì?"

"Per favore, Letizia, le scarpe...".

Ridendo, Letizia recuperò le proprie scarpe da tennis e me le mise davanti alla faccia. Con una delle sue lisce e fresche mani mi coprì la bocca perché mi rimanesse solo il naso, per respirare. Poi ricominciò a giocherellare con quanto del mio corpo aveva a portata di mano.

Dopo un po', Letizia decise che non bastava che l'odore dei suoi piedi mi aleggiasse intorno, così decise di togliersi i calzini, allargare le dita e mettermele intorno al naso. Era sempre a ginocchia conserte, quindi mi ritrovai con tutte e quattro le dita davanti alle narici, mentre l'alluce mi toccava la punta del naso.

Poi si prese il piede da sola con le mani, e iniziò a ricalcare, con cura, il contorno della mia narice sinistra con l'alluce, come si fa con un bicchiere per sentirlo fischiare. Così facendo, me la allargava sempre di più. Aveva dovuto togliere la mano dalla mia bocca ma, ipnotizzato dai suoi gesti, la tenevo ugualmente chiusa.

Ripeté il procedimento con l'altra narice, provando ad usare anche altre dita. Dopo passò a inumidirmi il sottosetto nasale usandolo per asciugarsi il sudore tra le dita. Cosa restava ancora da fare? Sembrò non le venisse in mente niente, così tornò a farmeli semplicemente annusare. Si sdraiò in senso contrario al mio, senza cuscino, con la testa all'altezza del mio inguine, poi piegò la gamba destra e mi fece finire il piede sul mento. Mi mise una scarpa in faccia e ci infilò sotto un po' di piede. Andò a tentoni per trovare il mio naso e lo schiacciò in modo che le narici fossero bene aperte.

"Adesso ci riposiamo, ok?" mi disse, poi chiuse gli occhi rilassata.

Ogni tanto, sentivo che giocherellava con un mio capezzolo attraverso la mia maglietta.




Chiusi gli occhi anch'io, cercando di pensare a qualcosa di meno umiliante. A un certo punto, sentii che la scarpa di Letizia veniva sollevata, e il mio naso tornare alla forma normale.

Aprii gli occhi. Letizia si era spostata, anche se mi sentivo ancora come se avessi il suo piede in faccia.

"Che ore sono?" le chiesi

"Non lo so." rispose lei "Però ho ancora voglia di rilassarmi..." mi disse

"Come?" le domandai

"Ancora i piedi." disse lei guardandoseli "Voglio che me li accarezzi un po'... me li sento rigidi..."

"Va bene." assentii io umilmente "Vuoi sdraiarti?"

"Sì." rispose lei, e si distese sul letto, stavolta occupandolo completamente "Passaci sopra le mani come se mi stessi massaggiando la schiena."

piegò un po' le gambe in modo che le piante dei suoi piedi si guardassero tra di loro, facendo un po' di spazio in fondo al letto. Mi misi in ginocchio, seduto sulle caviglie, in quello spazio libero

"Subito, Letizia." dissi mettendo le mani sui talloni della ragazza e iniziando a strofinare i suoi piedi per lungo "Il ritmo va bene, così?" le chiesi; lei annuì, poi si accomodò con le mani dietro la testa e mi guardò mentre la massaggiavo.




Quando scese la sera, per lei fu ora di andarsene.

Fui io a rimetterle calzini e scarpe, anche se lei non me lo chiese. Non mi chiese neppure di salutarla (sempre in camera mia, ovviamente) baciandole i piedi, ma lo feci lo stesso. Dopo quella giornata sdraiati sul letto, mi sentivo completamente succube di lei.

Alla fermata dell'autobus, invece, la salutai baciandole la guancia. Baciarle la bocca non doveva essere così piacevole, perché, a baciarle la guancia, si finiva immersi in quei ricciolini.

"Ti ricordi di portarmi i compiti domani, vero?" mi disse

a quel punto mi venne in mente che dovevo ancora cominciare a studiare e fare anche i compiti di Letizia

"Certo." le risposi; lei mi spettinò i capelli, poi la porta dell'autobus si chiuse.

Dopo una giornata così intensa, avrei preferito riposami un po', ma mi rassegnai e mi avviai verso casa.

 
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paimei77
view post Posted on 13/3/2011, 13:24     +1   -1




LA PARTITA


Il giorno dopo andai a portare a Letizia i compiti che le avevo fatto la sera prima. Si trovava in palestra, il luogo dove era iniziata la mia umiliazione.

"Sei un tesoro." mi disse quando glie li consegnai "Ti permetto di darmi un bacino." aggiunse porgendomi la guancia. La baciai più vicino ai capelli che fu possibile "Ahi!" si lamentò toccandosi l'orecchio "Mi ci hai soffiato dentro."

"Scusa." le dissi dolcemente; lei mi guardò con un broncetto "Sono qui in zona, se ti serve qualcosa. Oggi entro alla seconda ora.".




Rimasi lì. C'erano due classi in quella palestra, che facevano lezione insieme. Una era quella di Letizia, che stava facendo non so che esercizi, mentre l'altra, composta da ragazzi più giovani, era stata abbandonata dal professore e stava giocando.

Una ragazza mi si avvicinò.

"Ciao." disse "Vuoi giocare?" mi mostrò due racchette e un volano

"Certo." dissi io. Mi alzai dalla panchina e mi avviai verso un angolino della palestra camminandole davanti

"Cosa scommettiamo che vinco io?" la sentii dire alle mie spalle.

La voce, con la leggerissima inflessione sarda che aveva, mi suonò familiare e mi voltai. A quel punto la riconobbi e mi si gelò il sangue: era una delle due ragazze more che avevo visto a casa di Lisa.

"Niente." le risposi "Non voglio scommettere."

"Hai paura di perdere?" mi accusò lei

"Sì." le risposi. Ce l'avevo davvero! Ed era meglio ammetterlo piuttosto che rischiare di dover accettare la scommessa

"Sei un cagasotto..." mi disse lei con aria arrabbiata, e mi sculacciò con la racchetta. Era di legno, fece malissimo. Mi lamentai. "Sei anche così deboluccio, oltre che cagasotto?" disse lei colpendomi di nuovo; un suo compagno di classe notò la situazione e si avvicinò

"Silvia, che succede?"

"Questo schifoso non vuole giocare con me perché ha paura di perdere." gli rispose lei

"Non è vero!" protestai io "Ho detto solo di non voler scommettere."

"Zitto!" mi intimò lei colpendomi di nuovo; stavolta il colpo arrivò dritto all'inguine, e dovetti piegarmi in due "Guardalo..." rise Silvia indicandomi "È così deboluccio che basta un colpetto per farlo cadere a terra..."

la mia caduta richiamò l'attenzione del resto della classe

"Dai." disse il suo amico "Non trattarlo così, adesso."

"E perché, Mario?" chiese lei "Non lo vedi che è un verme? Se ci tiene tanto a dimostrarmi il contrario, perché non accetta la scommessa?"

"Non puoi costringerlo!" disse Mario

"Allora continuo a picchiarlo, così impara." disse Silvia dandomi un altro paio di colpi. Sopportai; sopportai sia i colpi che l'umiliazione pubblica... qualunque cosa succedesse, non dovevo assolutamente scommettere su qualcosa con lei

"Impara cosa?" chiese Mario

"Ad essere un verme."

"Per te, basta che uno non voglia scommettere perché sia un verme?"

"Sì, perché ha solo paura di perdere."

"Va bene." disse lui "Scommetto io con te.".

Trasalii. Guardai Mario sperando che lui stesse guardando me, ma fu inutile... non potevo in nessun modo spiegargli a cosa stava andando incontro...




Tornai a sedermi in panchina, dolorante per i colpi ricevuti, e sperai per Mario che vincesse.

Cavallerescamente, quest'ultimo concesse la prima mossa a Silvia. L'incontro si sarebbe giocato in una sola match.

Mi rincuorai pensando che, comunque, Silvia non poteva avere tutte le possibilità di vincere... mi sbagliavo.

Quando Mario raccolse il primo lancio, non riuscì neppure a rispedirlo al mittente... applausi dei tifosi di lei. Col secondo lancio, la cosa si ripeté, e, stavolta, i tifosi iniziarono anche a prendere in giro lui. Al terzo lancio, io che sapevo che Silvia voleva la certezza assoluta di vincere, capii che stava succedendo. Aveva truccato il volano, l'aveva reso più pesante. Lanciarlo era possibile, colpendolo dal basso, ma riprenderlo no. Alla fine era così stanco per i tentativi che aveva fatto con gli altri che gli ultimi due non riuscì nemmeno a prenderli.

"Dieci a zero!" esultò Silvia acclamata dai suoi tifosi "L'ho schiacciato! L'ho calpestato come un tappetino! Mario..." chiamò "Vieni qui..." Mario la raggiunse "Non c'è una scommessa da pagare?"

"Sì." ammise lui a testa bassa

"Cosa gli fai fare?" chiese un'amica di Silvia a Silvia. Lei sapeva benissimo cosa rispondere, ma finse di pensarci su un po' per godersi l'imbarazzo dell'avversario

"Lo devo ancora decidere." rispose dopo un po' "Farai la penitenza quando vorrò e dove vorrò, ok?" disse rivolgendosi a lui

"Sì, certo..." rispose il ragazzo rincuorato dalla proroga.




Non ci fu alcuna proroga, ovviamente. Alla fine dell'ora di palestra mi attardai per controllare se la mia teoria sul volano era giusta e sentii le loro voci venire dallo spogliatoio. Anche loro si erano attardati, ma perché Silvia aveva una cosa da spiegare al compagno di classe...

"Allora..." la sentii dire "Pensavo di farti pagare la scommessa costringendoti ad essere sculacciato con la racchetta... davanti a tutta la classe."

"No, Silvia, questo no, ti prego." disse Mario

"Silenzio! Non puoi decidere tu la penitenza. Coi pantaloni abbassati..." specificò gongolando "Il sederino scoperto... ti farò mettere in ginocchio piegato su quella panchina."

sentii che Mario si buttava in ginocchio

"Per favore, no! Silvia! Questo no..."

Silvia rise

"Ma l'hai sentito o no quando ho detto 'silenzio'?" gli chiese "Se ne ricorderanno tutti per molto tempo..." aggiunse

"Non puoi farmi questo..."

"Lo decido io che penitenza farti fare." gli ricordò Silvia "Questa mi sembra abbastanza umiliante..."

"Ma ti sto pregando in ginocchio." singhiozzò lui "Non ti basta come umiliazione?"

"Voglio vederti umiliato davanti a tutti." spiegò Silvia "A meno che..."

"Sì!" disse lui "Qualunque cosa tu stia per chiedermi, sì!"

"Allora oggi pomeriggio ci vediamo davanti al cimitero." decise Silvia "Hai capito?"

"Sì." disse Mario con un sospiro di sollievo.

Poggiai la testa al muro. Tutti avevano assistito alla scommessa, e non potevo fare niente per aiutare quel ragazzo, ormai.

 
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paimei77
view post Posted on 21/3/2011, 07:55     +1   -1




L'INFERMERIA DI LISA


Non sapevo se andare o no ad assistere, quel pomeriggio, ma la tentazione fu troppo forte.

Seguii lo stesso itinerario della settimana prima e mi appostai fuori da casa di Alessia solo quando vidi quest'ultima uscire. Restai accovacciato ai piedi dell'albero di prima, il cui fogliame arrivava fino a terra, e mi avvicinai alla finestra solo quando sentii suonare alla porta le amiche di Lisa.

Le vidi entrare. Silvia si portava dietro addirittura due ragazzi, uno dei quali era Mario, mentre l'altra ragazza solo uno.

"Wow!" esclamò Lisa rivolta a Silvia "Come hai fatto?"

"Bhè..."

"No, aspetta." la interruppe la padrona di casa "Sediamoci e raccontiamoci tutto con calma."




Il ragazzo che non conoscevo, scoprii, era l'amico tifoso di cui aveva parlato già l'altra volta. Una storia non particolarmente interessante, ma Silvia si rifece con la seconda.

La raccontò con la massima enfasi, ovviamente, spiegando come aveva stracciato Marco davanti a tutti... disse che lui, alla fine, stava quasi per piangere, tanta era stata l'umiliazione di perdere quasi senza mai toccare il volano. Non una parola sul fatto che fosse truccato, ovviamente, ma suppongo che quel dettaglio le sue amiche già lo conoscessero. La parte in cui si sbizzarrì alla grande fu quella in cui Mario veniva a supplicarla di non infliggergli una penitenza troppo umiliante.

Gli chiese anche di ripetere, per lei, alcune scene che avevano vissuto nello spogliatoio. Lo minacciò di attuare la penitenza, se non lo avesse fatto.

"Allora... è venuto da me nello spogliatoio dicendomi... 'Sei bravissima. Scusa se ho anche solo pensato di poter competere con te... hai tutto il diritto di farmela pagare come vuoi.'." guardò Mario "Dillo."

"Sei bravissima. Scusa..." cominciò Mario

"Ma no!" sbuffò lei "Non avevi questa espressione. Non te lo ricordi? Eri più piagnucoloso..." Mario ripeté quella frase con un'aria più lamentosa "Poi ha cominciato a dirmi che sperava che fossi buona e non lo umiliassi troppo. Dicci un po' come hai detto, Mario..."

"Però spero che non vorrai farmi fare una penitenza troppo umiliante..."

"No." lo corresse Silvia "Hai detto 'Spero che non vorrai far fare una penitenza troppo umiliante a questo verme', vero?"

"Ma..."

"Vero?!?"

"S... sì."

"Insomma, è entrato nello spogliatoio in ginocchio." disse Silvia "Poi mi ha detto che era giustissimo che tutta la classe lo vedesse mentre lo sculacciavo, perché è giusto che io lo umili... però aveva paura che gli facessi male con la racchetta, perché io sono troppo forte per lui. Vero, Mario?"

"S... sì." confermò Mario "Ho detto proprio..."

"E me lo hai detto baciandomi i piedi, vero?" disse Silvia

"Sì." rispose lui "Io... adesso devo baciarteli?"

"Certo." disse Silvia "Voglio che le mie amiche capiscano come è andata."

Mario si chinò sulle scarpe di Silvia fino a toccarle con la punta del naso

"Silvia, ti prego..." disse a quel punto

"Che c'è?" disse lei "Oggi non ti sei lamentato tanto, quando l'hai fatto." Mario baciò "Devi dire quella cosa, intanto." gli ricordò lei

"Spero che sarai buona..." disse Mario ricordando a tentoni le parole, tra un bacio e l'altro "Spero che non mi farai male... non sopporto di essere picchiato da te... sei troppo forte per me..."

"Poi hai detto 'non fare male al mio culetto'." gli ricordò Silvia "Ridillo."

"Non fare male al mio culetto... te ne prego..." implorò Mario senza smettere di baciarle le scarpe

"Allora io gli ho detto che, se non voleva che gli facessi male, doveva presentarsi qui oggi. Così è stato..." concluse Silvia

"Brava." si complimentò Lisa mentre Mario si rimetteva in piedi "E l'altro ragazzo?"

"Oh! Lì è stato facile." rispose l'amica "In pratica, stavamo camminando insieme per il corridoio, quando ci passa vicino una ragazza vestita con un tanga, una minigonna e una canottiera trasparente sotto la quale non portava il reggiseno. Dopo che si è allontanata, lui mi fa: 'Certo che quella ragazza, almeno quando è a scuola, potrebbe vestirsi un po' meglio.'. 'Voi uomini ragionate col cazzo!' ho sbottato io. 'In che senso?' mi fa lui, allora io approfitto per far partire la scommessa: 'Scommetto che non resisti un mese senza avere un orgasmo!' gli ho detto. Lui mi fa: 'E che c'entra?'. 'Secondo me non ci riesci.' ho rincarato io 'Scommettiamo?'. 'Ma perché dovrei?' mi fa lui 'Mica siamo in convento! Da dove salta fuori tutta questa sessuofobia?'. A quel punto l'ho tramortito con colpendolo con un estintore e gli ho fatto una foto con il mio reggiseno addosso mentre era svenuto."

"Quando si dice l'astuzia..." commentò l'altra amica

"Già." disse lei

"E tu, Elisa?" chiese Lisa, a quel punto "Come hai fatto?"

"Facile." disse Elisa "Nella mia classe stiamo facendo una ricerca... è da tre mesi che la stiamo preparando... oggi l'ha portata a scuola e io glie l'ho rubata." tirò fuori una risma di fogli scritti a mano dalla propria borsa "Ecco... aiutatemi a conservarla." diede qualche foglio ad ognuna delle sue amiche "Ogni giorno viene a trovarci in classe e glie ne restituiamo una frase. Se farà il bravo, avrà la sua ricerca entro il termine. Se non farà il bravo, la bruceremo." si rivolse a uno dei ragazzi presenti "Vieni a baciarmi i piedi!" il ragazzo si mise a terra e si diresse verso le scarpe di Elisa.

Lisa si allontanò un momento per poggiare la sua parte di ricerca in un cassetto. Quando tornò, vide soddisfatta che tutti i ragazzi erano intenti a baciare le scarpe delle sue amiche; ce n'era uno per ogni scarpa.

"Forza, adoratele!" disse loro, e ne colpì uno con un calcio. Si sedette sulla poltrona ed usò il ragazzo che aveva appena colpito come poggiapiedi "Mi sembrate abbastanza umili... forse possiamo cominciare un giochino che avevo in mente."

"Che cosa?" chiese Silvia

"Hmmm... ce ne vogliono tre..." disse Lisa, poi chiamò uno dei ragazzi "Tu mi farai da cuscino."

Era il secondo ragazzo portato da Silvia. Fino a quel momento, ancora frastornato per la botta presa quel giorno, era stato trascinato dalla ragazza per tutto quello che aveva fatto, ma ora sembrava star recuperando un po' di lucidità.

"No..." biascicò "Che cosa...? Siete cattive!"

"Ah, sì?" disse Lisa; si alzò, lo prese per un braccio e lo mise in ginocchio davanti a Silvia "Fagli vedere quella fotografia, Silvia..."

Silvia estrasse dalla tasca una macchinetta fotografica, la accese e la sventolò davanti alla faccia del ragazzo, che sbiancò

"Vuoi che la faccia vedere a tutti?" chiese

"No!" esclamò lui

"Allora vieni qui..." gli disse Lisa con un'espressione malvagia; lo mise sulla poltrona, con le gambe e le braccia che spuntavano dalle braccia della sedia,e gli si sedette sopra. Anzi, gli saltò addosso, a giudicare dal lamento che emise.

Silvia rise.

"Chi è il sessuofobo adesso?" chiese al ragazzo

"Bhé, sempre tu." le rispose Elisa "'Sessuofobo' non vuol dire 'ricattabile'."

"Lasciamo stare." disse Lisa "Sapete che gioco ho in mente?"

"Dai, diccelo." la incalzò Silvia

"Allora," disse Lisa "mentre questo verme sotto di me soffre," fece un saltello come a sistemarsi il cuscino, in realtà per tormentare il ragazzo "gli altri puliranno le suole delle nostre scarpe con le loro lingue... Secondo voi saranno contenti di volerlo fare?" le ragazze risero "Secondo me no, ma c'è un'altra regola... quello che finirà per ultimo verrà frustato senza pietà. Dai, ragazze, mettetevi comode e con le suole sulla loro faccia...".

Il ragazzo ricattato da Lisa, che era il più sciolto, finì per primo. Gli altri due, quando capirono che la lista dei candidati per le frustate si restringeva, iniziarono a farsi coraggio contro il disgusto che provavano e leccarono più in fretta. Dovettero passare dieci minuti buoni, però, perché uno di loro annunciasse che aveva finito.

Gli sguardi sadici delle ragazze si posarono su quello rimasto, inginocchiato ai piedi di Elisa.

"Tocca a te..." gli disse Elisa. Lisa si alzò in piedi

"Tu" disse indicando il poveretto che doveva essere frustato "mettiti a quattro zampe in mezzo alla stanza. Voi tre mettetevi in ginocchio e assistete...".




Pensai che sarebbero state solo quattro frustate date più per umiliarlo che per altro, invece le ragazze furono spietate. Si misero intorno al ragazzo armate di righelli, bastoncini e quant'altro, poi cominciarono a frustarlo con tutta la forza che avevano. Se uno degli altri ragazzi distoglieva lo sguardo, Lisa gli urlava di guardare cosa stavano facendo, e non doveva mai ripeterglielo due volte. Pensai di scappare, terrorizzato all'idea che lo avrebbero fatto anche a me, se avessero scoperto che le stavo spiando.

Il ragazzo in mezzo alla stanza si mise a urlare dopo meno di un minuto, e sarebbe anche scappato, se le ragazze non si fossero disposte in modo tale che, ovunque il torturato si girasse, si trovasse davanti una di loro con la su frusta in mano. Quando finirono di torturarlo, si trovava disteso a terra, dolorante, intento a baciare lentamente i piedi di Lisa.
 
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dolcesogno24
view post Posted on 18/4/2011, 22:25     +1   -1




sarebbe bello vedere come continua con letizia..
 
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dolcesogno24
view post Posted on 25/2/2012, 00:19     +1   -1




Allora?
 
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Delicato.Autore
view post Posted on 25/2/2012, 16:18     +1   -1




Avete ragione. Scusate... è che lavorare a una saga così lunga è complicato, e ultimamente mi sono messo a lavorare su così tante altre cose (sceneggiature in primis) che non me la sono sentita di cominciare con... "la terza stagione", diciamo. Prestissimo ricomincerò, comunque.
 
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dolcesogno24
view post Posted on 25/2/2012, 22:42     +1   -1




È fantastica :-) almeno tu non ci lasciare xD
 
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dolcesogno24
view post Posted on 12/2/2013, 01:54     +1   -1




lo riprenderai?
 
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12 replies since 2/2/2011, 07:57   24330 views
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