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L'INFERMIERA, by Delicato

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paimei77
view post Posted on 6/2/2011, 23:45 by: paimei77     +1   -1




LA FESTA SEGRETA

Quel sabato, verso le dieci, mi presentai a scuola. Non potevo fare molto altro, in realtà; fuori, ad aspettarmi, c'era Lara. Mi accolse con quella sua solita aria gentile; nei giorni successivi allo spogliatoio mi avevano spiegato un paio di cosette: per esempio che i più facoltosi di noi dovevano sempre offrire al bar e alle macchinette, o che dovevamo sempre salutarle per primi, e se non c'erano estranei in giro anche chinarci a baciare una scarpa. Lei mi sorrise, non so se per gentilezza o pregustando il mio saluto.

"Buonasera, signorina." le dissi io, mi misi in ginocchio, poi poggiai le mani a terra e mi umiliai baciando la sua scarpa "Come è carina stasera." aggiunsi

lei fece un risolino

"Vieni" mi disse "andiamo in infermeria."

io la seguii spaventato, fino all'infermeria della nostra scuola, che era abbastanza grande per la media. Era l'unica luce accesa di tutta la scuola. Dentro c'erano un bel po' di lettini, quasi tutti erano occupati da una o più ragazze. Non era molto diverso da una di quelle innaturali festicciole in pigiama tra ragazze. Però era PALESEMENTE qualcos'altro: c'erano anche dei ragazzi, e ognuno di loro era impegnato in qualcosa. C'era chi faceva un massaggio a qualche ragazza, chi preparava uno spuntino, chi acconciava loro i capelli, chi si limitava a leccar loro i piedi. Guardando chi si prestava a certe umiliazioni feci una smorfia di disgusto, e Lara rise.

"Oh, ciao..." mi disse Alessia quando Lara mi ebbe portato davanti a lei. Era sdraiata con due ragazzi che le leccavano le piante dei piedi, e uno che si preparava a lavarle i piedi dalla saliva con una spugnetta. A farle da cuscino c'era un ragazzo poco più piccolo di me, tutto rannicchiato, coi suoi capelli sparsi sulla schiena "Allora... adesso ti spieghiamo cosa devi fare... ogni ragazzo qui fa qualcosa per farci passare una bella serata... in base a cosa sa fare... se non sa fare niente ci limitiamo a farci leccare i piedi, o a maltrattarlo in altri modi. Tu cosa sai fare?"

"Io... mio padre è estetista, mi ha insegnato qualche trucco del mestiere." risposi tutto impaurito all'idea di finire a leccare i piedi di qualcuno

"Bene!" disse lei "Vedi se c'è qualcuna a cui interessa una manicure.".

Mi ritrovai, così, in ginocchio vicino al letto di una ragazza con un visino un po' appuntito e un caschetto marrone chiaro. Le sue mani erano già abbastanza curate da permettermi di dare un'occhiata in giro mentre lavoravo.




Oltre a quelli che avevo già notato c'erano un sacco di ragazzi all'opera: mentre le signorine conversavano amabilmente avevano intorno un sacco di massaggiatori, o, ad esempio, di gente che le imboccava. Una di loro si divertiva a non aprire la bocca quando il suo schiavo si avvicinava con la fragola, così il poveretto, sapendo che se lo avessero sorpreso a non fare niente gli avrebbero affibbiato le mansioni più sgradevoli e umilianti, doveva per forza supplicarla di schiudere le labbra; la ragazza aveva l'aria di divertirsi un mondo. Silver si era seduta su una poltroncina e aveva preteso di avere sei ragazzi per massaggiarle i piedi. Due di loro le muovevano ritmicamente i millini e i ponduli (un po' come se stesse pedalando con le dita, per intenderci), altri due facevano la stessa cosa coi trilluci e gli illuci, mentre altri due facevano descrivere agli alluci movimenti circolari mentre le accarezzavano i talloni; Silver teneva in mano un tubo preso in palestra, sulla cui punta aveva legato una piccola cinghia con dei ganci di ferro, che usava per correggerli quando non andavano a tempo. Quelli degli schiavi di Silver quando venivano colpiti non erano gli unici lamenti che si sentivano: una ragazza aveva legato un ragazzo alle sbarre del letto, in modo che la sua faccia fosse completamente alla sua mercè (le mani erano legate troppo lontane perché potesse difendersi), e potesse tormentargliela. Per esempio gli infilava un piede in bocca, graffiando l'interno con le unghie o costringendolo a aprire la bocca a dismisura; altre volte gli spingeva il piede fino in fondo alla gola (difficile dire se per strapazzarlo o perché le piaceva la sensazione); ogni tanto gli metteva gli alluci ai lati della bocca e glie l'apriva a dismisura. Il povero ragazzo, che già non stava bene in equilibrio per come l'aveva legato, non poteva fare altro che subire. Cercai con lo sguardo le ragazze che avevo già conosciuto. Alessia e Silver le avevo già viste, cercai Sara con lo sguardo. Era vicino a una ragazza che si faceva imboccare da due ragazzi (sputando ogni boccone che le dava uno nella bocca del'altro); si stava togliendo un paio di calzini verde muffa, probabilmente si era appena fatta annusare i piedi con quei calzini da un ragazzo, e ora voleva fargli sentire anche com'erano nudi:

"No, per favore signorina" chiese il ragazzo con le mani giunte "non può farmi questo... sono qui da un'ora..."

"Dai." disse Sara con un mezzo sorriso "Non sei curioso di sapere come sono?" tolse i calzini e distese le gambe

"La prego..." supplicò il malcapitato

"Senti, guarda che sto aspettando dall'altroieri di farlo fare a qualcuno." si indispettì lei "Tieni: aiutati con questi." gli porse i calzini

"Che devo fare?"

"Per un po' puoi tenerli tra i miei piedi e la tua faccia, ma quando lo dico io si tolgono: ok?"

"Sì, signorina..." disse quello sull'orlo delle lacrime, capendo che non c'era più nulla da fare.

Cercai di vedere se, intorno a me, c'era anche quella ragazzina che qualche giorno prima mi aveva detto che se mi rifiutavo di baciare la scarpa di Silver mi avrebbero "polverizzato le palle" perché "erano in superiorità numerica".

C'era: all'apparenza non stava facendo niente. Solo dopo notai che sotto le lenzuola si distingueva una sagoma umana; l'unica parte che usciva era coperta da lei, che si era seduta sopra la faccia.

"Mi scusi, signorina..." dissi umile e remissivo alla ragazza a cui stavo acconciando le unghie

"Sì?" rispose lei

"Cosa sta facendo quella ragazza?"

"Alba? Ma si è seduta sulla faccia di un ragazzo, non vedi?"

"Sì..." feci io, poi però feci la VERA domanda che avevo in mente "Ma non c'è il rischio che soffochi?"

"Oh, no..." sorrise lei "dalla sua espressione sembra che..."

"Che...?"

"Che se svenisse lo capirebbe dal fatto che tirerebbe in dentro la lingua." mi sorrise lei, io rabbrividii e ripresi a limarle le unghie con più lena

passato lo shock cercai di vedere se c'era anche quell'altra ragazza di cui non sapevo il nome, quella che mi aveva detto che avere pietà di un ragazzo era una cosa punibile con i piedi di Flaminia.

Era sdraiata a pancia in giù su un letto, guardando un ragazzo in ginocchio davanti a lei con un'aria tra il beato e il soddisfatto. Teneva una scarpa in mano (probabilmente sua) e glie la porgeva per fargli leccare la suola. Tra una leccata e l'altra il ragazzo diceva frasi tipo "sono uno schifoso... sono un umile verme che striscia ai tuoi piedi... la mia lingua deve leccare sotto i tuoi piedi..."

Nonostante tutto notai che era molto carina, e mi venne in mente che forse molte di quelle ragazze facevano quelle cose solo per paura che Alessia le costringesse a annusare i piedi di Flaminia...

A proposito: dov'era Flaminia? la cercai con lo sguardo. Era proprio dietro di me, così non potei guardarla troppo a lungo, ma si era seduta sopra un ragazzo e gli stava facendo fare un po' di flessioni. Il ragazzo aveva l'aria di avere la bocca piena: probabilmente c'era un calzino lì dentro.

O forse lo credevo io solo per suggestione, perché proprio lì davanti a me c'era una ragazza che continuava a infilare calzini in bocca a un ragazzo (o se li era portati da casa o non erano solo suoi).

"Apri bene." gli chiese, anche se vedeva che iniziava a non entrarci più niente "Questo è con l'antiscivolo, quindi apri un po' di più... considerala una punizione per lunedì, che non ti sei inchinato a baciarmi i piedi quando ci siamo incontrati per i corridoi."

Anche un'altra ragazza, nel letto successivo, stava imboccando un ragazzo: l'aveva legato dentro una specie di sacco a pelo, immobilizzandolo completamente con certi attrezzi da infermeria per le braccia rotte, e ora gli dava delle cucchiaiate di una disgustosa pappetta per bambini. Era deliziosa, a vederla così, una di quelle ragazze palesemente middleuropee (forse austriaca) ma coi capelli neri. Peccato che dall'altra parte non ci fosse un neonato, ma un ragazzo di circa diciott'anni (lei doveva averne sedici) che sembrava sull'orlo del vomito. Inoltre, lei si portava alla bocca ogni cucchiaiata che gli dava, ma, invece di soffiarci sopra amorevolmente come si fa di solito, ci sputava dentro.

Alla fine vidi anche dove si era andata a mettere Lara; era con il personaggio più insolito di tutta la stanza. Non gli stava affatto facendo qualcosa di sgradevole: anzi, gli aveva fatto togliere i pantaloni e le mutande, l'aveva legato sopra di sé con le mani dietro la schiena e gli stava stuzzicando il pene con una mano, tutta allegra e sorridente.

Il ragazzo continuava a implorarla di farlo venire, ma lei faceva finta di non sentirlo, e continuava, col braccio alzato, a solleticarlo.

Non era particolarmente cattiva, Lara, voleva solo che i ragazzi fossero... bhé... gentili con lei, le facessero inchini, baciassero i suoi piedi e tutto il resto.




Le ragazze del gruppo usavano spesso attrezzi dell'infermeria, magari per legare i ragazzi o cose simili. Forse all'inzio si limitavano a prendere le cose e stare attente a rimetterle al loro posto; ora, vidi, si erano fatte un armadietto personale di cui loro sole avevano la chiave. Vidi che la ragazza che fino a quel momento aveva infilato calzini nella bocca di un malcapitato si alzava, lasciando il ragazzo di prima legato coi calzini in bocca, dirigendosi verso quell'armadietto.

Tirò fuori un paio di panni e una cosa che sembrava una paletta per la polvere.

"Ehi, hai finito con le unghie?" mi disse la ragazza a cui avevo fatto le unghie

"Oh... sì..." dissi tornando a concentrarmi su di lei "Vuole lo smalto..."

"No." disse lei "Va a cercare qualcun'altra che abbia bisogno di un estetista, su... di corsa!"

mi rivolsi a una ragazza che sembrava avere voglia solo di rilassarsi

"Mi perdoni, signorina" mi rivolsi a lei "ha bisogno di qualcosa?" e le spiegai cosa potevo fare

"Hmmm... no, non mi va." rispose lei, aveva uno strano accento veneto "Massaggiami le gambe, e ogni tanto dimmi che sono bellissima."

"Subito, signorina." tirai un sospiro di sollievo: non era una cosa particolarmente sgradevole, e la serata era quasi finita. Forse avrei passato una prima sera tranquilla.

Ad un tratto sentii uno che si lamentava più forte del solito.

Mi voltai: due letti più avanti, sul pavimento, c'era un ragazzo accovacciato a quattro zampe, con la testa infilata in una specie di tenda fatta con teli da infermeria. Sopra la tenda c'era seduta la ragazza che avevo visto prima. Capii con terrore che quella che aveva preso era una padella da ospedale, e ora stava... mi venne un conato di vomito.

"Ah! Ah!" rise la ragazza che stavo servendo "Un giorno mi sa che dovrai farlo anche tu. Magari con me." io rabbrividì "Come sono io?"

"Lei è bellissima, stupenda, meravigliosa..."

La ragazza sorrise e si sdraiò. Io tornai a guardare la scena di prima. Il ragazzo non veniva toccato dalla pipì e dalla cacca della ragazza sopra di lui (magari qualche schizzetto sulle labbra); appena lei finì, però, chiuse ogni fessura della tendina di asciugamani che aveva creato intorno a lui, per lasciarlo da solo con quell'odore.

"Torno..." gli disse chinandosi su di lui "Lo sai che dopo devi pulirla a mani nude, la padella, vero?"

il poveretto si mosse un po', scuotendo la tendina; ma doveva averlo legato, perché riuscì solo a scuotersi un po'.

"Tranquillo..." mi disse la ragazza che stavo massaggiando, vedendo che guardavo quello spettacolo terrorizzato "Poi glie le fa lavare, le mani. Però deve pulire con la lingua tutti i segni di scuro che non vanno via alla prima passata...!" rise vedendomi completamente impietrito dal terrore "Dai, ti fermi? Guarda che se non sei bravo a massaggiare posso usarti come lui..."

"No, signorina, la prego!" dissi gettandomi sulle sue gambe "Non mi faccia soffrire così... pietà."

"Un giorno lo usiamo davvero così, Letizia?" disse una ragazza venendo a sedersi vicino a lei

"Dai, non me lo spaventare." rispose Letizia ridendo "Massaggia, su." mi ordinò "Al limite se non fa il bravo..." e mi guardò con aria sadica.

La ragazza che aveva messo quel ragazzo ad annusare le sue feci tornò altre due volte ad evacuare sopra di lui.

"Basta..." lo si sentii da dentro a un certo punto "Fatemi uscire... vi prego... fatemi uscire..."; qualche ragazza sorrise.

Quella che lo aveva messo in quello stato, invece, si avvicinò a lui, e aprì un po' la tenda. Non lo stava liberando: gli spinse la testa un po' più in giù verso le sue feci, che ora erano anche un po' visibili.

Quando gli ebbe avvicinato il viso il più possibile gli disse: "Ora la smetti di lamentarti? O devo spingerti dentro?"

"No, dai..." intervenne una, era Sara, "A me piace sentirlo." un paio di ragazze approvarono annuendo

l'aguzzina di quel poveraccio, allora, rimase un po' lì pensosa, tenendo ben ferma la testa di lui vicino alla padella. Poi disse:

"Va bene... Però io vado su un letto più lontano. Chi vuole fare cambio?"

"Posso usarlo anche io?" chiese Sara

"Trovatene uno tuo!" sbottò quella

Sara si imbronciò un po'; evidentemente, la voglia non era così tanta da mettersi a costruire una tendina sua.

La serata finì pressapoco così. Alla fine rimasero due cose da fare: far pulire al malcapitato la padella, e liberare il ragazzo legato coi calzini in bocca.

Quest'ultimo venne liberato per ultimo: prima tutte le ragazze si godettero (e constrinsero noi ragazzi a goderci) lo spettacolo di quello che puliva la padella sporca a mani nude, e poi finiva di pulirla con la lingua.

"Vai da Stefania e chiedile se è abbastanza pulita." gli ordinò Alessia "Strisciando sulle ginocchia."

"Signorina... basta così?"

"No." rispose Stefania assaporando il momento, e sputò nella padella in modo tale che la saliva andasse a finire proprio in fondo.

Poi la stessa Stefania andò a liberare il ragazzo dei calzini, però lo costrinse a toglierseli di bocca da solo (una volta slegato), ripiegarli perfettamente e metterli in ordine sopra il letto. Durante l'operazione, Stefania stava lì vicino maestosa, e ogni tanto appoggiava le gambe sulle sue spalle; impaurito dalla punizione appena ricevuta, lui non faceva neanche una smorfia.

"Adesso potete andare." disse Silver.

Praticamente stava parlando coi suoi sei schiavetti, anche se in realtà era una frase rivolta a tutti noi. Però era così rilassata che non riusciva a parlare con tutti: si era fatta massaggiare i piedi fino a quel momento.

"Sì, però uno di voi rimane in rappresentanza di tutti gli altri." precisò Alessia "Deve darci la buonanotte."

Tirarono a sorte, affidandoci un numero a seconda del letto dove ci trovavamo.

"34." disse tutta sorridente Lara. Ancora non aveva permesso a quel ragazzo di masturbarsi: ora che aveva le mani libere se le teneva tra i capelli per trattenersi.

Appena uscito sarebbe andato subito dietro qualche cespuglio, pensai; a meno che non fosse lui il sorteggiato, in quel caso sì che sarebbe stata dura...

Guardandomi intorno, però, mi accorsi con terrore che il 34 dovevo essere io.

No...! Era stata una serata tranquilla...

Appena restammo soli si misero tutte in circolo, e io in ginocchio in mezzo. Silver prestò il suo bastone/frustino a Alessia, che camminò fino a qualche metro da me.

"Ora dovrai fare tutto il giro, schiacciare la tua faccia sulla pianta dei nostri piedi, ADORANTE" mi diede un colpo con la bacchetta "e baciali, CON PASSIONE." un altro colpo "Poi ci dirai 'buonanotte'. Tutto chiaro?"

La mia lingua si contorse dal dolore: ero riuscito a stare senza piedi per tutta la serata... ora...

"Sì..." le dissi strizzando gli occhi

"Partirai con il mio piede sinistro e finirai col mio piede destro," mi colpì di nuovo con la bacchetta "NON AMMETTO che tu perda il ritmo, e se qualcuna resta insoddisfatta glie lo rifai."

Per fortuna nessuna rimase insoddisfatta. Non erano poche, però; erano almeno una trentina, ci volle un tempo che non stetti neppure a calcolare.

Mi sentivo troppo umiliato.

 
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