| Parte 4
Jessica uscì dalla doccia già con l'accappatoio addosso. “Shiny, shiny, shiny boots of leather Whiplash girl child in the dark Comes in bells, your servant, don't forsake him Strike, dear mistress, and cure his heart” in quel momento la radio stava passando Venus in furs dei Velvet Underground, una delle canzoni simbolo dell’underground anni ‘60 e non solo. La ascoltò tutta prima di accendere l’asciugacapelli. In qualche modo la sentiva sua. Si immedesimava nel personaggio di Von Masoch, certo in una versione più moderna: alla pelliccia preferiva jeans e maglietta e agli stivali scarpe col tacco o da ginnastica. Però era una Venere, una dea che voleva essere adorata. Era passata una settimana da quando Max, il suo Severin, l’aveva adorata per l’ultima volta e non c’era in programma nulla per quel giorno, ma mancavano ancora tre ore all’appuntamento con le sue amiche, per una serata tutta al femminile. Poteva mandare un messaggio a quel verme e forse sarebbe venuto. Sì, quel cane sarebbe venuto scodinzolando felice per poterle leccare i piedi. E lei si sarebbe fatta trovare splendida e terribile come una dea. Disprezzava seriamente il suo schiavo, a cui non aveva perdonato gli episodi di bullismo. Adesso era lei la bella e lui lo sfigato. Ovviamente quel cane aveva accettato e lei indossò un vestito rosso, corto e scollato che terminava poco sopra il ginocchio. Indossò un paio di collant nere e completò il tutto con scarpe tacco a spillo 12 rosse come il vestito. Posizionò davanti all’ingresso una sedia imbottita, dall’alto schienale, in modo che fosse la prima cosa che Max avrebbe visto appena entrato dalla porta. Per completare il tutto mise un gatto a nove code per terra, di fianco alla poltrona sulla quale poi si sedette. Una regina assisa in trono che aspettava il suo servitore. Max arrivò non molto tempo dopo e non appena varcò la soglia di casa, prima ancora di rerendersi conto dello splendore che si trovava di fronte, gli giunse il primo ordine, semplice e secco. «Spogliati.» Il ragazzo sapeva che quel comando implicava il tenere solo le mutande e lo eseguì in fretta. Nel frattempo Jessica si era portata una sigaretta in bocca e non appena l’altro fu pronto gli porse un accendino e gli ordinò:«Accendi.» Aspirò profondamente, poi soffiò il fumo in faccia a Max. «Prostrati.» disse indicando un punto a pochi passi di distanza, Tirò un paio di boccate alla sigaretta, quindi si alzò e a passi cadenzati si avvicinò al suo tappeto umano. Si inginocchiò, lo prese per i capelli alzandosi il volto verso di lei. Lui dallo sguardo capì cosa doveva fare: tirò fuori la lingua che lei usò come portacenere, prima di lasciargli cadere la faccia a terra. Cominciò a calpestarlo, infilando i tacchi nella schiena. Max gemeva dal dolore, ma dopo anni era abituato e soffriva senza urlare. Lo calpestò per vari minuti, usandolo di tanto in tanto come posacenere, finché terminò la sigaretta. A quel punto scese da lui, andò a prendere il gatto a nove code, gli schiacciò una guancia a terra con la punta della scarpa e gli diede una frustata sulla schiena, secca ma non troppo forte. Lasciò i lacci sul punto di battuta per qualche istante, poi lentamente li trascinò fino alla base del collo, alzò la frusta e la calò in mezzo alla schiena più o meno dove aveva piazzato il primo colpo. Whiplash girl child. Le frustò in questo modo varie volte, aumentando velocità e intensità. Strike, dear mistress, and cure his heart. Guardava Max e lo vedeva agitarsi a ogni colpo, anche lei cominciò a sentire la fatica e a emettere versi per controllarla, ma non voleva diminuire la velocità e allora mulinò la frusta in modo che ci fosse sempre qualche laccio che colpiva la schiena del ragazzo. Taste the whip and now bleed for me. Il gatto a noce code vorticava sempre più velocemente distribuendosi su tutta la schiena del ragazzo, sempre più rossa. Le urla di dolore di lui si mischiarono a quelle di fatica di lei che alla fine diede t le ultime tre frustate più forte che potè prima di lasciar cadere la frusta. Ansimava, il respiro era breve e irregolare; si diresse verso la poltrona ciondolando come un’ubriaca e vi si buttò sopra per riprendere fiato. Non appena il respiro si fece più regolare chiamò Max che, stremato dal dolore, non potè far altro che strisciare verso di lei. «Lecca la suola delle mie scarpe. In punta.» A fatica Max si mise in ginocchio, prese il piede di lei e cominciò a leccare la suola della punta, appena appena consumata. Jessica lo guardava in silenzio, imperiosa. Vedere quel rifiuto umano che le leccava le scarpe la rendeva euforica. Si sentiva forte, dominatrice; ogni leccata era prova della sua forza e grandezza. Amava essere adorata, voleva sentirsi potente. Senza preavviso tolse la scarpa dalla presa di lui, lo schiaffeggiò e gli sputò in faccia. Subito dopo gli infilò un tacco in bocca. «Succhia, schiavo, succhia!» Ordinò sprezzante per tornare nuovamente in silenzio a guardare la scena, a godersi l’umiliazione inflitta all’odiato ragazzo. A un certo punto si tolse le scarpe e gli mise i piedi in testa riportandolo a terra. Gli ordinò di baciarle il collo del piede mentre teneva l’altro saldamente ancorato sulla sua testa. Lo fece poi voltare e gli infilò un tallone in bocca che lui cominciò a succhiare e leccare. Dal tallone passò al resto della pianta, e poi cominciò a sfregare entrambi i piedi sulla sua faccia e quindi sulla lingua. Ogni tanto lo apostrofava con qualche insulto, per aumentare l’eccitazione e il brivido della dominazione nel resto del tempo lo guardava in silenzio sorridendo sadicamente. Di tanto in tanto lo prendeva a calci in faccia o sul corpo, poi tornava a farsi leccare la pianta di quelle collant; quando sentiva troppa secchezza sulla lingua gli sputava in bocca, facendogli colare un grosso fiotto caldo che lui doveva ingoiare. La dominazione continuò così per il resto del tempo, con calci, spitting e adorazione dei piedi; poi Jessica lo cacciò di casa perché era quasi ora dell’appuntamento con le amiche. Era eccitata e in fregola: quella sera avrebbe rimorchiato un uomo che potesse soddisfarla, non un verme come Max. Un vero uomo che l’avrebbe fatta urlare di piacere.
Per le prossime puntate devo fare un sondaggio. Come già detto in un altro post, questo racconto è la versione fetish di un mio scritto mai portato a termine che non c'entrava nulla con l'argomento. La parte originale era composta da tre filoni principali: Max e Jessica, Max e Nadia e Silvia e Nadia. Considerando che finora ho reso feticista solo il filone di Max e Jessica e che il filone di Max e Nadia è più una sottotrama e si riesce a gestire bene, il problema avviene con il terzo filone. Diciamo che le possibilità sono tre: A) Rendo feticistico anche questo filone con il rischio di essere ripetitivo e soprattutto dovrei far cambiare la personalità di Nadia ( e anche di Silvia, anche se l'avete conosciuta poco) rispetto a questi primi capitoli, cosa mai bella in uno scritto. B) Lo Stralcio completamente, appiattendo però la storia che naturalmente perderebbe vari personaggi oltre a Silvia. C) Lascio il filone in versione non fetish (che è la mia idea originaria) con la conseguenza che in numerosi capitoli sarà completamente assente il tema della dominazione. Ditemi voi quale di queste soluzioni preferite. Se però non ci saranno almeno dieci voti entro venerdì sera, vado per la mia idea originaria e quindi sceglierò l'opzione C.
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