Sire del Loto Bianco Forum BDSM & Fetish

Posts written by Madame X

view post Posted: 29/4/2021, 21:42     +4OH, SHIT ! - VIDEO STRANIERI FETISH / BDSM
CITAZIONE (Atanomil @ 27/4/2021, 10:35) 
E' uno sporco lavoro ma qualcuno dovrà pur farlo.

https://xanandrablog-wordpress-com.cdn.amp...Foh-shit%2F

Grazie per la condivisione!
view post Posted: 6/4/2019, 13:11     +1Scoparsi la mistress Prodomme - DISCUSSIONI FORUM BDSM & FETISH
CITAZIONE (Milady Patrizia @ 5/4/2019, 18:52) 
CITAZIONE (Spitty @ 5/4/2019, 17:20) 
Io non mi straccio le vesti, non sono molto purista. Basta dire chiaramente quello che si fa anche per non generare casino in chi approccia le prodomme.

È solo il "si fa ma non si dice" che non mi piace molto perché genera confusione inutile. Molte prodomme dicono con chiarezza che non ammettono determinate pratiche, e se lo dicono penso che sia vero, o bisogna pensare che lo dicono ma non sia vero?

Le Bizzarrelady dicono come interpretano il ruolo, e tra l'altro è una interpretazione non bigotta e ampia di esperienze, che a me piace molto.

Poi aldifuori della sessione o dopo la sessione o durante la sessione se una prodomme che non include quelle pratiche vuole uscire dal ruolo e liberamente fare sesso io non ho nulla contro di lei, perché temo di essere frainteso.

Si chiama libertà

Ma libertà de che ? Che a furia di programmare tutto si finisce a parlare dei ricordi perché si sono perduti gli stimoli.
Spiegami dove sei libero quando segui un percorso già tracciato ,il mio senso di libertà lo sento quando mi lancio in una avventura con imprevisti ,o quando la strada me la spiano io.

Se non hai spirito di avventura e non ti lasci coinvolgere e stravolgere dalle sorprese sei in galera non libero.

Destabilizzare e destabilizzarsi ti fa proprio così schifo ? Devi per forza sapere prima tutto prima che accada ? Mammamia che vitaccia sarebbe per me.

Vero, verissimo.
Mi è capitato recentemente di assistere a parecchie discussioni tra i miei amici a proposito di una certa "morte" della spontaneità nei rapporti interpersonali a seguito di una persistente ricerca del politically correct a tutti i costi.
I tedeschi poi (senza generalizzare) se si sentono in colpa per qualcosa, tendono immediatamente al politically correct nel senso opposto di ciò che li ha messi a disagio, creando situazioni talora surreali.
Nell'ambito del BDSM professionale, però, è necessaria la contrattazione iniziale prima della sessione, perché si ha a che fare con dei clienti, per i quali valgono le stesse regole del commercio in generale.
Un cliente soddisfatto ritorna, ma stare nei limiti pattuiti fa si che si instauri soprattutto un rapporto di fiducia, che è fondamentale.
E ci tengo a sottolineare che l'improvvisazione, come per esempio in musica, riesce bene quando si è praticato molto e si è padroni dello strumento.
A mio parere comunque, nulla toglie che possano insorgere interazioni spontanee (non nelle mie sessioni professionali se non stabilito prima però, nella mia vita sessuale privata, siccome fare sesso mi piace e molto, direi proprio di si), del resto il sesso non vuole pensieri.
O forse si, chissà.
Perché credo che non siamo solo tigri assetate di sangue o donne "al grido di cazzo subito" (cit), né falchi predatori lanciati a 100km orari su un coniglietto indifeso, vero?
view post Posted: 5/4/2019, 15:24     +8Scoparsi la mistress Prodomme - DISCUSSIONI FORUM BDSM & FETISH
Mi è capitata sott'occhio questa discussione pochi minuti fa, ci terrei ad aggiungere una nota proveniente dalla mia esperienza di sex worker in Germania anche perché ho notato che qualcuno aveva citato la situazione in questo paese nei post più vecchi:
Io vivo e lavoro a Berlino, dove offro anche sessioni professionali come Sex Worker allo Studio Lux.
Qui in Germania le figure professionali nel settore si distinguono in diverse categorie, una delle quali è la Bizarre Lady, colei che si muove tra il mondo della Mistress-Dominatrix algida, intoccabile, irraggiungibile o quello che vi pare e la sua versione invece toccabile, sensuale e sessuale, dove il contatto fisico ma anche il rapporto sessuale è accettato e benvoluto, sempre nell'ambito di una sessione di dominazione.
Naturalmente tutto viene contrattato prima della sessione ed i desideri ed i limiti personali dichiarati e discussi.
Io appartengo a questa categoria, e sono libera di stabilire cosa mi piace di più fare in una sessione e combinare i diversi elementi tra dominazione, sensualità ed erotismo.
Alcune volte mi è capitato di avere clienti stranieri, qualcuno dagli USA, qualcun altro inglese, anche un italiano recentemente che mi hanno assicurato che sarebbe stato difficile poi ritornare ad avere sessioni con Mistress classiche visto l'alto livello di divertimento e soddisfazione che avevano provato con questa combinazione.
Direi soltanto che qui in Germania, dove la prostituzione è legale e considerata una vera e propria professione, non hanno tardato a rendere reale un altro tipo di figura che potesse soddisfare anche questa fantasia sessuale, visto esiste che poi può essere anche venduta.
In fondo perché no?
view post Posted: 20/3/2019, 18:10     Domina Bizarre studio elegance di Monaco di Baviera - INFO RESTO DEL MONDO
CITAZIONE (legend94 @ 17/3/2019, 10:31) 
Qualcuno ha esperienza diretta con questo studio in Germania? Se si, mi raccontate come vi siete trovati, quanto avete pagato,etc?

Ci lavora una mia amica e collega di Berlino, Pixie Pee Magic, lei
www.bizarrstudio-elegance.de/de/pixie-tantra-domina.html
Personalmente in questo Studio non ci ho mai lavorato, non so quali siano i costi e le condizioni ma se ci lavora la mia amica assumo che sia un buon posto, lei è molto professionale
view post Posted: 18/3/2019, 13:39     Madame X - Presentazione - PRESENTAZIONE
CITAZIONE (Madame Jacqueline Domina @ 17/3/2019, 13:34) 
Ciao benvenuta! Ho capito chi sei perché la Miss di cui parli é una mia amica con la “a” maiuscola 😊
Senti ma dimmi, dimmi...anche il Germania ci sono forum dove l’argomento più in voga è il rate delle Mistress e dove tutti gli schiavetti si lamentano che sono troppo care?? 🤣🤣
Scherzi a parte nell’ultimo anno ho fatto dei tour all’estero (Singapore due volte, Kuala Lumpur e tra pochi giorni sarò per la prima volta ad Hong Kong) e mi sto rendendo conto che tutto il mondo è paese...ci sono i segaioli, quelli che ti paccano, quelli che ti rompono il cazzo in chat a tempo perso...

...certo che si parla anche di rate decisamente più alti

Ciao e bentrovata!
Guarda io i forum tedeschi non li leggo, il mio livello di tedesco sia parlato che scritto è ancora ridicolo.
Comunque si, anche qui ci sono i segaioli che se lo tirano a lucido quando ti chiamano per fare finta di volere una sessione, quelli che ti danno pacco, i fakes...in effetti tutto il mondo è paese.
I prezzi medi a Berlino, intendo in Studio, vanno dalle 200€ alle 250€ all'ora, ma una buona parte se la prende lo Studio per l'affitto, e poi, essendo una regolare professione, devi sempre considerare di pagarci le tasse.
Alla fine i soldi che ti rimangono non sono una cifra spropositata
view post Posted: 18/3/2019, 13:34     +1Madame X - Presentazione - PRESENTAZIONE
CITAZIONE (Milady Patrizia @ 17/3/2019, 10:01) 
Benvenuta !

Grazie!
view post Posted: 18/3/2019, 12:42     +2Madame X - Presentazione - PRESENTAZIONE
CITAZIONE (Spitty @ 17/3/2019, 09:53) 
Benvenuta! Interessante la prospettiva della Germania.

Lo Studio Lux mi manca, anni fa sono stato a Berlino allo Studio Avalon (credo davvero storico) e allo Studio Palace of Sin.

Mi manca l'atmosfera degli Studio tedeschi, ero molto inesperto e le sessioni me le godevo davvero.

Benvenuta tra noi!

Ah! Vedo che qui c'è dell'esperienza!
Si lo Studio Avalon è ancora il più grande della città e veramente un pezzo di storia.
Il Lux è relativamente "nuovo", ma tenuto in piedi da tre donne con molta esperienza, ed ha uno stile leggermente diverso dal classic BDSM, diciamo che si distingue per un'atmosfera più intima e ricercata ed offre anche, nel range di diversità di personalità, corporature e servizi, una vasta scelta di professionisti/e, spesso diversi dai canoni standard.
Un po' più...bizarro, ecco :D
Grazie!
view post Posted: 18/3/2019, 12:36     +1Madame X - Presentazione - PRESENTAZIONE
CITAZIONE (MISTRESS BARBARA @ 17/3/2019, 01:38) 
CITAZIONE (Madame X @ 4/3/2019, 14:12) 
Eh si, i tedeschi mi fanno divertire abbastanza, anche se spesso lavoro più con stranieri di passaggio che con autoctoni.
Sono di base a Berlino, vivo qui da qualche anno oramai, ho degli amici nel mondo del BDSM a Milano e ho fatto lì una sola volta un tour, anche perché le due realtà mi sembrano abbastanza diverse.

Spiegati meglio..p


Non perché una sia meglio o l'altra peggio, ma visti i diversi ambienti e modalità ho visto che quello che funziona qui può non funzionare in Italia (almeno a Milano).
Tu avresti qualche consiglio da darmi nel caso dovessi fare un altro tour?

Guarda..l'estate scorsa tramite un mio slave sono stata in contatto con una mistress che opera a Berlino..che ogni tanto viene in Italia per sessionare e girare dei video con schiavi italiani...mi ha chiesto se la ospitavo e mi sarebbe piaciuto anche confrontarmi con qualcuna che vive un'altra realtà in ambito BDSM ma poi dovevo partire per le vacanze nel periodo che lei era in Italia e non se ne è più fatto niente...e mi dispiace..Mi ha detto che non viene più in Italia perché ha ricevuto molti bidoni dagli schiavi italiani e che sono poco seri..
Pendeva una casa in affitto in Valpolicella..il paese non lo so..non so se sia un buon posto per sessionare o se magari è meglio una città come Milano..
Io in compenso vedo molti tedeschi dato che molti vengono a passare le vacanze al lago di Garda..ed hanno anche comprato parecchi appartamenti...
Il sito dove mi faccio la pubblicità ha anche il corrispettivo tedesco e mi dicono che è molto conosciuto in Germania..e molti stranieri mi trovano lì. .
Puoi essere più precisa quando dici che quello che funziona qui non funziona in Germania?
Ciao..chiamami quando vuoi...

Si sto ancora cercando di capire quale sia la modalità migliore in caso decidessi di fare un altro tour in Italia.
Quello che è diverso, almeno secondo la mia esperienza, è che qui, essendo una regolare professione, tutta la storia viene presa, generalmente, in maniera più seria.
Anche perché è il servizio offerto ad essere diverso.
Avere a disposizione uno studio professionale attrezzato ed una figura professionale che offre un servizio mette i clienti nella condizione di prendere la cosa (ripeto, generalmente, poi i fake, i rompicoglioni e le teste di cazzo non mancano mai, anzi) molto più seriamente, di godersela in tranquillità e con discrezione, e permette a noi che offriamo il servizio di avere a disposizione gli spazi, di far parte di associazioni a tutela dei lavoratori, di avere il supporto della comunità e di far parte di una rete di comunicazione piuttosto efficiente.
I contro sono che, perlomeno a Berlino, la "concorrenza" è elevatissima, c'è un numero esagerato di sex workers e molti studi professionali che offrono questo genere di servizi, devi pagare le tasse per la libera professione e spesso, come dicevo prima, i rompicoglioni non mancano.
A Milano ho avuto a che fare con una quantità ESAGERATA di fakes, gente che non s'è presentata e gente che si è soltanto lamentata del prezzo, senza avere neanche la minima idea di cosa fosse usufruire di una sessione professionale.
Ma ripeto, la realtà in Italia sembra essere diversa.
view post Posted: 11/3/2019, 12:14     "Il mio primo masochista" - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
CITAZIONE (pisellinocurioso @ 10/3/2019, 19:47) 
bel racconto

Grazie!
view post Posted: 4/3/2019, 14:25     +2Madame X - Presentazione - PRESENTAZIONE
CITAZIONE (-ADMINISTRATOR- @ 27/2/2019, 18:54)
Benvenuta :)!

CITAZIONE (JackDaniel5 @ 3/3/2019, 16:11)
Benvenuta :)

CITAZIONE (m@xim @ 3/3/2019, 16:49)
Benvenuta e...complimenti!

CITAZIONE (bottom_rm @ 3/3/2019, 19:51)
Benvenuta!!!
F.

CITAZIONE (jonesilsuonatore @ 3/3/2019, 21:24)
benvenuta :)

CITAZIONE (definitely not me @ 3/3/2019, 22:35)
Madame X's bizarre (lady) adventure

Grazie a tutti!
view post Posted: 4/3/2019, 14:12     +1Madame X - Presentazione - PRESENTAZIONE
CITAZIONE (MISTRESS BARBARA @ 3/3/2019, 22:25) 
Benvenuta...ah..gli schiavi tedeschi e stranieri in genere ...altro pianeta...quelli si che sanno far divertire...altro che piedi..piedi e ancora piedi!!!
Bastaaaaaaaaa...non se ne può più!!!! :D :D :angry:
E domani pomeriggio un bell'olandese! :wub: :incantata:-:
Dove sei di base in Italia?
Anche se mi sembra di capire che lavori solo a Berlino..

Eh si, i tedeschi mi fanno divertire abbastanza, anche se spesso lavoro più con stranieri di passaggio che con autoctoni.
Sono di base a Berlino, vivo qui da qualche anno oramai, ho degli amici nel mondo del BDSM a Milano e ho fatto lì una sola volta un tour, anche perché le due realtà mi sembrano abbastanza diverse.
Non perché una sia meglio o l'altra peggio, ma visti i diversi ambienti e modalità ho visto che quello che funziona qui può non funzionare in Italia (almeno a Milano).
Tu avresti qualche consiglio da darmi nel caso dovessi fare un altro tour?
view post Posted: 27/2/2019, 18:51     +5Madame X - Presentazione - PRESENTAZIONE
Bentrovati,
sono Madame X, sono italiana e vivo a Berlino, dove lavoro come Prodomme (esattamente come Bizarre Lady, con una leggera differenza rispetto all'accezione del ruolo tradizionale) allo Studio Lux.
In Germania questo tipo di professione è legale, ci sono gli Studio e chi lavora esercita la libera professione.
In questo paese, comunque, c'è una distinzione tra Domina e Bizarre Lady, entrambe le figure rivestono il ruolo di dominante ma la Bizarre Lady è una Domina "toccabile", che può anche essere coinvolta in attività sensuali e sessuali.
Mi ha parlato di questo forum un'amica Domina che vive in Italia e mi piace pensare di mantenere i contatti con la comunità BDSM italiana pur vivendo e lavorando all'estero.
view post Posted: 4/2/2019, 19:30     +3"Il mio primo masochista" - STORIE - RACCONTI FETISH / BDSM
Sono nata e cresciuta, almeno per la prima parte della mia vita, in un paese della provincia italiana.

Centro Italia per la precisione, dove la forte influenza storica e culturale della religione cristiana ha plasmato nei secoli le menti, i corpi e le usanze degli abitanti, l’architettura, insinuandosi anche nei comportamenti e nelle abitudini di generazioni e generazioni di stanziali.

Se qualcuno di voi ha mai visitato Orvieto, la mia città natale appunto, si sarà reso conto, per esempio, della innegabile maestosità del Duomo rispetto alle insignificanti casupole costruitevi attorno, così basse e modeste da far spiccare la sagoma della cattedrale immediatamente verso il cielo e da far sentire noi esseri umani così piccoli come neanche una formica al cospetto di un elefante potrebbe mai sentirsi.

Difficile avere ma soprattutto ammettere di avere pensieri e desideri sconci e sessualmente perversi quando si cresce circondati da cotanta innata ed endemica repressione, così, almeno per la prima parte della mia vita, ho seppellito i miei desideri sotto una spessa coltre di comportamenti e credenze rivestite di inadeguatezza e goffaggine.

Accadde poi che, dopo anni e anni di duro lavoro su me stessa (non ancora finito) ed un lungo pellegrinaggio fatto di continui spostamenti da un posto all’altro alla ricerca della terra ideale dove trovare il nutrimento adatto per la mia crescita, io mi sia sentita autorizzata a sperimentare qualcosa in più delle semplici frustrazioni che avevo vissuto fino ad allora, scoprendo che esiste un mondo dove tutto questo non è proibito, anzi, può essere un ottimo veicolo di realizzazione personale.

Ciò non significa che attualmente, nel profondo, io sia completamente libera da blocchi o paure o reminiscenze di quella prima parte di vita vissuta prigioniera della vergogna e del senso di colpa, lascio solo che tutto ciò non fermi la mia voglia di sperimentare e mettermi in gioco.

Fu così che, dopo qualche mese dal mio arrivo a Berlino, tra le tante esperienze che avevo avuto già la fortuna di fare, accettai anche l’invito ad uscire da parte di un uomo che avevo conosciuto poco tempo prima durante un workshop di Bondage, il quale si dichiarava apertamente “masochista”.

Nella mia mente cresciuta a pane e provincialità non avevo una chiarissima idea di come ci si comportasse in presenza di un (presunto) vero masochista visto che non ne avevo mai incontrato uno che si dichiarasse tale, l’unico appiglio certo al quale potermi aggrappare per cominciare a scrivere un altro capitolo della mia storia all’interno di questo mondo e passare una serata che avesse senso per entrambi era che i masochisti amano il dolore.

Il che, se la cosa mi fosse piaciuta (e ne ero quasi del tutto certa) avrebbe fatto di me probabilmente una sadica.

Ma naturalmente la teoria era ancora tutta da verificare.

L’invito in questione era per un party che si sarebbe svolto in uno dei locali BDSM della città, il Darkside, che a quel tempo non avevo ancora visitato.

Arrivai al locale nelle prime ore della sera, i locali BDSM a Berlino hanno degli orari di apertura che non vanno quasi mai oltre le 21:00.

Per poter accedere al locale bisognava oltrepassare una prima porta di metallo, sormontata da un archetto in mattoncini, accanto ad un grande e alto cancello sprangato che si trovava alla fine di un vicolo cieco in uno dei quartieri più famosi di Berlino, Kreuzberg.

Quella porta era sorvegliata da un guardiano in carne ed ossa il cui compito, credo piuttosto ingrato, era quello di rimanere in piedi fuori dal cancello e selezionare per tutta la sera la clientela. Se la sua decisione era favorevole significava che eri un cliente in linea con la tipologia di persone accettate nel locale, quindi quella porta ti si sarebbe servizievolmente aperta davanti ad opera delle sue grandi mani e ti si sarebbe anche gentilmente fatto notare, a parole, di fare attenzione allo scalino rialzato quasi totalmente in ombra celato diabolicamente appena dietro, scalino realizzato con gli stessi mattoncini dell’arco che contornava la parte alta di quella porta di metallo.

Dopo essere arrivata nei pressi di quella prima soglia, guardandomi attentamente attorno per capire dove quel vicolo cieco dove non ero mai stata prima mi avrebbe portata, capii di essere arrivata nel luogo prefissato proprio al momento che inquadrai quella figura maschile nella penombra, che sembrava passare già da lontano al vaglio la mia figura mentre si spostava in linea con la traiettoria dei miei passi, ancora incerti, per potermi studiare meglio.

Dopo il buonasera, lanciato nell’aria preventivamente dalla sottoscritta in inglese mentre mi avvicinavo, scambiammo immediatamente alcune parole generiche e di rito a proposito del più e del meno e di come la pioggia arrivasse sempre all’improvviso in quella città, spesso e volentieri sorprendendoti senza ombrello e, soprattutto d’estate, con le scarpe aperte.

Mi sembrò subito chiaro che non avrei avuto grandi problemi ad entrare, difatti poco dopo quella porta di metallo mi venne gentilmente aperta accompagnando il gesto con gli auguri per una buona serata ed una buona permanenza nel locale.

Entrai nella penombra facendo attenzione che quel gradino fantasma poco prima annunciato non avesse la meglio sui miei passi.

Quella porta si apriva su di un cortile interno racchiuso tra tre palazzi ed un muro di cinta abbastanza grande da contenere una decina di macchine.

La prima cosa che mi saltò agli occhi subito dopo entrata fu il cono di luce generato da un unico lampione che, almeno durante quelle ore notturne, cercava di dare una vaga visibilità al cortile mettendo in risalto anche alcune finestre di un paio di uffici situati al primo e al secondo piano dell’edificio di fronte all’ingresso.

In fondo al cortile a sinistra, blandamente illuminata da una luce fioca sui toni del giallo scuro che ricordava vagamente la luce emessa da una lanterna, un’altra piccola porta al piano terra sembrava essere esattamente la destinazione verso la quale ero diretta.

Ci arrivai a piccoli passi guardandomi attorno, tenendo stretta in mano la borsa di pelle rossa che mi ero portata dietro contenente alcuni attrezzi che pianificavo di usare durante la serata e facendo attenzione ad evitare alcune pozzanghere rimaste lì dall’ultimo acquazzone.

Arrivai in breve tempo dinnanzi alla porta, alla sua destra solo un campanello con il nome del locale, scritto neanche troppo grande a caratteri gotici su uno sfondo bianco, la serratura chiusa a chiave ed una telecamera in bella vista sopra il campanello, un occhio meccanico grande come un pugno con la pupilla dilatata messo lì a fare da secondo tramite per ottenere il lasciapassare definitivo.

Suonai, e dovetti aspettare un paio di minuti buoni prima che il rumore dell’apertura a distanza della serratura segnalasse che evidentemente avevo finalmente conquistato l’accesso al locale.

Sarà stato per via della borsa di pelle rossa piena di attrezzi per torture che portavo in mano, che ricordava quella del dottore, o più verosimilmente per la mia faccia dichiaratamente velata di quell’espressione famelica di chi sta per assaggiare e cibarsi di qualcosa di veramente gustoso e succulento per la prima volta, con la sensazione di volerne già in quello stesso momento ancora di più.

Appena aperta la porta una scala di legno affiancata da un corrimano intarsiato in maniera decisamente barocca e la carta da parati color porpora mi invitavano a scendere al piano interrato.

Gli scalini di legno scuro erano ricoperti da un tappeto rosso, fissato con una lamina dorata ai margini, che seguiva il discendere di ogni gradino finché la scalinata non voltava verso destra, per scomparire dietro un angolo, segno evidente che bisognava scendere ancora.

Chiusi la porta alle mie spalle, per fortuna (o no, visto che avrebbero potuto dare un’aria più slanciata alla mia figura) non indossavo scarpe col tacco, le mie ginocchia non me lo avrebbero mai permesso, si sarebbero rifiutate di fare anche solo un passo in avanti con qualcosa che ahimè sentivano come innaturale e mi avrebbero fatto passare tutta la serata seduta in un angolo nella più totale tristezza, e scesi le scale.

Una volta arrivata al piano interrato mi trovai davanti ad una tenda di tessuto pesante nera, scostata la quale arrivai finalmente al piccolo ingresso.

Il banco della reception aveva una forma stondata, era fatto anch’esso di legno scuro impreziosito da uno strato esterno di pelle nera e segnava un avamposto al quale bisognava naturalmente fermarsi, pagare il biglietto di ingresso, lasciare i cappotti e ricevere in cambio una tessera magnetica nero satinato con un numero a tre cifre sovra scritto in rosso lucido.

Venni invitata a cambiarmi d’abito nello spogliatoio, al quale si accedeva tramite una porta di legno scuro situata appena davanti al bancone della reception che si apriva su una stanza neanche tanto piccola, con una parete completamente occupata da dagli armadietti per lasciare eventualmente in sicurezza i propri oggetti di valore.

Alla parete opposta c’erano anche alcuni attaccapanni non custoditi sotto i quali ci si poteva sedere su delle panche di legno, magari per togliersi le scarpe, ed un grande specchio rettangolare, lungo quanto tutta la parete di fondo, appeso sopra un tavolo di legno davanti al quale era stata messa una sedia-poltrona in pelle nera, dava insistentemente l’idea di essere in un camerino teatrale.

Anche le luci provenienti dalla parte superiore e direzionate verso il basso, perennemente concentrate su chiunque si fosse seduto su quella sedia-poltrona, davano l’idea che qualcuno di importante si sedesse di solito lì, mancavano solo una decina di parrucche, una quantità innumerevole di oggetti per make up e i boa di piume di struzzo da spargere tutto attorno.

Una carta da parati a righe verticali panna e bordeaux rifiniva la ricercatezza dell’ambiente e non c’erano molte cose lasciate lì, segno evidente che era davvero molto presto ed il locale era ancora scevro di clienti.

Mi cambiai, avevo portato con me una gonna lunga in stile vittoriano, nera naturalmente, sopra la quale indossavo soltanto un body nero con lo scollo a balcone e le rifiniture di pizzo.

Una collana di perle (finte ovviamente) faceva almeno apparentemente la sua figura circondando il mio collo e non mancava, come al solito, il rossetto rosso sangue alle mie labbra.

Lasciai i capelli sciolti sulle spalle, diedi una occhiata alla mia figura riflessa in quel lungo specchio teatrale appeso alla parete di fondo e con la borsa degli attrezzi in mano uscii con passo deciso dalla porta del camerino (lapsus, era uno spogliatoio).

Una volta fuori mi sentii immediatamente diversa, lo capii dal ritmo dei miei passi, da come i piedi poggiavano sul pavimento, dalla schiena decisamente più arcuata, da come tenevo la borsa in mano e dall’espressione con la quale guardavo chiunque incontrassi sulla mia via.

Mi diressi verso la sala principale, adornata da tavolini bassi e rotondi e poltroncine in pelle nera, pareti e soffitto costruite a mattoncini rossastri e luci morbide e calde.

Appena entrata la mia vista venne catturata da un paio di specchi, slittando poi su un numero considerevole di quadri con fotografie minimali di corpi legati in pose sicuramente poco confortevoli ma deliziosamente artistiche.

In fondo alla sala una gabbia di metallo rigorosamente nero rifiniva la ricercatezza stilistica sotto un paio di lampade a luce rossastra che ne ombreggiavano la sagoma a tratti inquietante.

Già dall’ingresso era possibile intravedere un paio di salette laterali, senza porte, verso le quali mi diressi con passo lento e cadenzato, neanche stessi sfilando per il Corpus Domini (processione religiosa, ma non solo, che si tiene una volta l’anno ad Orvieto, la mia città natale di cui sopra) attraversando la sala principale.

Le salette erano tre, una, situata in fondo, fece la sua apparizione ai miei occhi soltanto una volta arrivata molto vicina.

Al suo interno c’era una croce di S:Andrea alla parete ed una sedia ginecologica, in pelle nera ovviamente, ancora in attesa di qualche vittima da inforcare tra le sue fauci.

Passai rapidamente ad esplorare le altre nicchie, al loro interno una gogna, una gabbia pendente, catene appese ai muri, e appliques fissate poco sopra l’altezza degli occhi che emanavano quella luce soffusa e calda che richiamava, assieme ai mattoncini rossastri i vicoli poco illuminati di una cittadina medievale.

In tutto questo il bancone del bar era discostato dalla sala vera e propria, una colonna con due sgabelli attorno divideva idealmente i due spazi.

In una vetrina rettangolare in un angolo del bar erano esposti almeno 3-4 dildi di varie dimensioni, alcuni plug anali, pinze metalliche per capezzoli, un paio di fruste raggomitolate come serpenti ed un collare interamente realizzato in metallo, acciaio probabilmente.

Un paio di baristi in camicia nera e pantaloni attillati poggiavano le loro schiene alla parete di fondo, davanti alla non esageratamente grande quantità di bottiglie messe in fila su scaffali di vetro, braccia conserte, in attesa che qualche gola profonda e secca s’avventurasse tra le righe del libretto del menù per ordinare loro di servirgli da bere.

Quella sala non era l’unico spazio offerto dal locale, c’era in realtà un’altra porta che avevo notato subito dopo il mio arrivo, una porta socchiusa accanto alla porta dello spogliatoio dalla quale si intravedeva un ulteriore spazio da poter esplorare.

Mi diressi verso quella zona, aprii lentamente la porta, e scoprii che v’erano ben più di una sola sala, ognuna comunicante in qualche modo con quella successiva, luci basse, pareti a mattoncini, tanti e diversi strumenti di tortura.

In una sala laterale era imposto il divieto di parola, con un cartello alquanto eloquente appeso all’ingresso.

Entrai, pochi silenziosi passi attorno, quando abbassando lo sguardo scoprii una gabbia “interrata” nel pavimento, angusta, poco profonda e con solo una minuscola feritoia verso l’alto.

Uscii in punta di piedi trattenendo il fiato, continuando la mia esplorazione.

Un’altra sala abbastanza grande con un piccolo salotto arrangiato davanti ad un caminetto finto e varie panche per sculacciamenti vari faceva da intermediario con l’ultima e forse più suggestiva parte del locale, le “segrete”, una serie di piccole celle in stile medievale alle quali si accedeva da una porta-cancello proprio in fondo a quella sala.

Lì dentro la luce veniva quasi meno, si trattava di un breve corridoio strozzato alla fine da una grande porta di legno lungo il quale una serie di 5-6 anguste celle si apriva nella parete di sinistra.

Ognuna aveva qualcosa di diverso, dove una panca, dove delle catene, dove un gancio o un piccolo materasso sospeso.

Ero ferma, in piedi di fronte ad una delle piccole celle ancora vuote ed avevo le visioni, mi sembrava di sentire tutte le grida calde, sudate, sofferte che quelle mura potevano aver assorbito, delle quali potevano essersi cibate, immaginavo tutte quelle persone che per scelta avevano pagato un biglietto di ingresso per poter soffrire e gemere, urlare e infine (ma non era del tutto scontato) accoppiarsi più o meno selvaggiamente.

Anche se in passato il dolore (non ricercato attivamente) era stato parte attiva della mia esistenza ed ero nel mondo del BDSM già da un po’ mi domandavo (e mi domando ancora) cosa spingesse le persone a ricercare quella sofferenza, quella messa alla prova, cosa c’era nelle storie personali che si celavano dietro a tutto questo, se tutti quelli che si inabissavano in un’esperienza del genere erano davvero coscienti riguardo quello a cui si stavano sottoponendo oppure no, o se in tanti erano lì ciechi e sordi alla ricerca di qualcosa che non sapessero cosa fosse solo per sentirsi parte di qualcosa, per sentirsi vivi, per sentire il sangue pulsare nelle vene e la spina dorsale ribollire almeno una volta nella vita.

Me lo domandavo anche perché stavolta c’ero io dall’altra parte, dalla parte di chi il dolore lo avrebbe evocato, creato, messo a disposizione per chi ne avesse fatto richiesta.

E sentivo anche il carico di tutta la responsabilità che ne sarebbe derivata.

Fu quando tornai dall’esplorazione della seconda parte del locale che incontrai il mio partner appena arrivato, ancora alle reception, assieme a degli amici, tutti volti che riconobbi perché già visti a qualche party ma mai conosciuti di persona.

Quell’uomo mi venne incontro ancora con cappello e soprabito indosso, che dopo un caloroso saluto lasciò finalmente al guardaroba, invitandomi alla sua personale presentazione del locale.

Facemmo un giro assieme durante il quale mi mostrò ogni angolo di quel posto, non mi disse nulla del ritardo accumulato col quale si era presentato ma neanche io proferii parola, volevo tenermi quel primo strato di risentimento come incentivo per quando saremmo passati alla parte effettiva del nostro incontro.

Mi illustrò minuziosamente ogni parte del locale, dimostrando di conoscerlo piuttosto bene, sembrava essere un cliente abituale.

Finimmo il tour dirigendoci verso il bar, dove i suoi amici avevano già trovato posto a sedere in uno dei tavoli rotondi circondati da poltroncine di pelle nera, proprio sotto ad uno degli archi a mattoncini rossi.

Ci presentammo immediatamente e con alcuni fu impossibile non dire “c’eravamo già visti”, cosa che sembrò a tutti un’ottima maniera di rompere il ghiaccio.

Ordinammo da bere ed iniziammo i nostro primo gioco da lì, sotto gli occhi di tutti, mentre i nostri calici di vino stavano arrivando al tavolo.

Vietai immediatamente al mio partner di sedersi con noi, gli fu concesso soltanto di rimanere in ginocchio accanto a me, non prima di essersi tolto i vestiti di dosso, rimanendo con un perizoma nero a testa bassa lì, sul pavimento, mostrando già qualche segno di sofferenza alle ginocchia.

Mi feci consegnare i mazzo delle chiavi che teneva appese ai pantaloni, mi disse immediatamente che aveva sempre paura di perderle da qualche parte, per queso le teneva lì assicurate da un moschettone. Per me fu come se mi fossi fatta consegnare un qualche piccolo controllo su una sua paura. Misi sprezzante le chiavi sul tavolo, in bella vista tra i bicchieri di vino rosso e cominciai a tirare fuori i miei strumenti.

La prima cosa che presi dalla magica borsa di me in versione Mary Poppins sadica furono le pinze per capezzoli, rotonde, dentate, con una rotella che ne regolava la pressione ed una catenella che le teneva unite.

Ci misi poco a piantarle nei grandi capezzoli maschili di quell’uomo, la reazione fu immediata, dalla sua posizione in ginocchio il mio partner si contorse lateralmente in un mezzo grido di dolore.

Non potei fare a meno di notare quanta vitalità ci possa essere in una spirale ascendente di vibrante calore, quella sensazione che ci ricorda, nel mezzo del torpore della fluente noia quotidiana, che siamo ancora vivi.

Presi il mazzo delle chiavi poggiato poco prima sul tavolo, lo feci tintinnare vicino alle orecchie di quel corpo nudo inginocchiato su un freddo pavimento ancora in torsione per il dolore, arrivato probabilmente nelle parti più recondite del sistema nervoso, e cominciai a graffiargli la schiena, il collo, l’interno delle braccia, finché non lasciai ciondolare quel mazzo di chiavi appendendolo alla catenella che teneva assieme le due pinze dentate per capezzoli, ovviamente ancora saldamente ancorate a quei due insolitamente grossi pezzi di carne.

Era la prima volta che ci incontravamo, eravamo assieme da neanche un’ora e quell’uomo stava già iniziando a lacrimare.

I nostri compagni di tavolo erano intenti ad osservare incuriositi quanto stava accadendo mentre sorbivano lentamente il vino dai loro bicchieri, conversammo piacevolmente mentre stavo regalando quella splendida agonia al mio partner e trovammo anche di avere alcune cose in comune che non avremmo mai pensato di avere.

Decisi , dopo aver finito il mio primo bicchiere di rosso ed aver rimosso quelle pinze dai grandi capezzoli che le avevano così calorosamente accolte, che era il momento di passare a qualcos’altro.

Avevo con me le mie prime corde di canapa, usate, avute in regalo da un amico ed avevo tutta l’intenzione di usarle ed un flogger in pelle nera scalpitava all’interno della borsa chiedendomi di venir messo in funzione al più presto.

Mi alzai e ordinai al masochista di fare altrettanto, facendolo piazzare davanti all’ingresso della sala, di nuovo a terra, di nuovo in ginocchio, stavolta col deretano all’insù.

Peccato che al tempo non avessi altro che quel flogger, ripensandoci ora una bella frusta schioccante ci sarebbe stata proprio bene.

Mi feci bastare quel che avevo, e cominciai a flagellare quelle natiche agghindate dal perizoma nero fino a farle diventare rosse, viola quasi, mentre le grida del (malcapitato?) masochista riempivano la sala.

Lo presi anche a calci, spingendo prepotentemente quell’ammasso di carne faccia a terra.

Mi avvicinai lentamente, gli ordinai di alzarsi.

Fu lento e ansimante nell’alzarsi, e non appena fu in piedi gli lasciai un bacio in fronte, dato col rossetto rosso, come una specie di marchio.

Lo legai, la sessione non era ancora finita, lo legai stretto, passando più e più volte le corde attorno al torso quasi a togliergli il fiato, poi gli legai le braccia, bloccandole dietro la schiena e passai una ultima corda attorno alla vita, lasciandone un bel pezzo libero ancora nelle mie mani cosicché avrei potuto usarlo per strattonarlo e trainarlo via con me.

Ci dirigemmo verso la sala secondaria, quella che dava accesso al corridoio con le piccole celle quasi totalmente buie, lui camminava legato e all’indietro, avendo io lasciato ovviamente la corda per il traino sporgere dalla sua schiena.

Ci fermammo infine su un materasso rialzato nell’angolo di quella sala, proprio davanti al salottino col finto caminetto.

Lo slegai, per legarlo di nuovo, stavolta più stretto ancora, facendo passare la corda tra le sue gambe, annodandola attorno ai genitali, facendo pressione sull’ano per sentirlo gemere ancora, sculacciandolo sulle natiche viola per farlo contorcere mentre sedevo sulle sue gambe per tenerlo fermo, bloccando ogni tentativo di “ribellione” col peso del mio corpo.

Infilai un guanto nero di lattice nella mia mano destra, scostai il filo del perizoma all’altezza dell’ano prendendo anche la corda tra le mie dita con la mano sinistra, il che strozzò ancora di più i suoi genitali facendolo sobbalzare e gridare all’improvviso.

Avevo del lubrificante con me, sentendomi piuttosto magnanima ne presi un po’ tra le dita e cominciai a giocare con quell’ano, infilandoci prima uno, poi due e poi tre dita, lasciandole scivolare su e giù, con crescente rudezza.

Tiravo quella corda con l’altra mano nel frattempo, e sentivo irrigidire quel corpo sdraiato sotto di me ad ogni strattone, ma ancora niente safeword, niente blocchi, nessuna interruzione, segno evidente che quello che stava accadendo era ancora nei ranghi della sua tollerabilità.

Le dita ricoperte dal quel guanto nero ed impiastrate di lubrificante non bastavano più a solleticare il mio sadismo, non mi dava più alcuna soddisfazione vedere che quel pertugio si stava dilatando e che le dita scivolavano dentro con troppa poca resistenza.

Presi un plug di silicone nero che avevo portato con me, una misura media, non piccolo ma neanche enorme, e lo spinsi con decisione dentro quella carne aperta, forzandone l’ingresso noncurante delle contorsioni del corpo del mio partner e delle sue grida.

Ma tanto era legato.

Lo spinsi in profondità, rigirandolo per farlo aderire bene alle pareti interne e fermandolo poi all’esterno posizionando nuovamente il filo nero del perizoma e la corda a fare pressione, accentuando la cosa con un paio di altri nodi.

Ansimante, sudato, le natiche viola, legato e con un plug infilato nell’ano.

Ripresi a sculacciarlo, noncurante dell’aspetto della pelle, quando ad un tratto una delle ragazze che era seduta con noi al tavolo si affacciò sulla scena con il mazzo di chiavi di quell’uomo in mano, dicendo che loro stavano andando via e non volevano lasciarlo sul tavolo.

Lo presi in custodia e la ringraziai con un caldo abbraccio, mentre i rantolii del masochista facevano da sottofondo.

Decisi che per quella prima volta poteva bastare, d’altronde il locale si stava svuotando di nuovo, avevo evidentemente perso del tutto la cognizione del tempo.

Slegai pian piano il mio partner, lasciando il plug per ultimo, come una ciliegina sulla torta.

Sudato, rosso in faccia e in culo, tremante e con le gambe poco stabili si alzò in piedi ringraziandomi, per poi prendere in mano le sue chiavi e dirigersi verso la sala principale, dove i suoi vestiti stavano ancora aspettando il suo ritorno appollaiati su una delle poltroncine in pelle nera.

Io raccolsi i miei strumenti, realizzai che una parte della gonna nera che indossavo si era rovinata e dentro di me imprecai silenziosamente, avrei potuto chiedere a quell’uomo i danni.

Tornai nel camerino, comunque soddisfatta della performance e della venuta alla luce di quel lato sadico latente che mi aveva permesso di esplorare una parte consistente della mia ombra.

Ah ma quello non era un camerino, era un semplice spogliatoio…
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